L. Cerchiai, R. Bonaudo, V. Ibelli, La ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione:...

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MEDITERRANEA

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MEDITERRANEA

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Francesco Roncallidiretta da

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MEDITERRANEAquaderni annuali dell’ i st itutodi studi sulle c iv iltà italiche

e del mediterraneo anticodel consiglio nazionale delle r icerche

già

«quaderni d i archeolo gia etrusco- italica»

v i i · 2010

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LA CERAMICA A FIGURE NERE DI TIPO ATTICOPRODOTTA IN ITALIA

· volume i ·

a cura div incenzo bellelli

SOMMARIO

Vincenzo Bellelli, Alla maniera attica 11Stefano Bruni, Note micaliane. Contributi per il catalogo del Pittore di Micali 17Luca Cerchiai, Raffella Bonaudo, Virginia Ibelli, La ceramica etrusca

a figure nere come sistema di produzione: alcuni spunti di ricerca per la defini-zione del metodo 49

Monica de Cesare, Per un approccio critico allo studio dell’incidenza dei mo-delli attici sulle produzioni ceramiche della Sicilia arcaica 99

Laurent Hugot, Les représentations des espaces sacrificiels sur la céramiqueétrusque à figures noires 135

Mario Iozzo, Un’anfora a New York: osservazioni sui vasi “calcidesi” e “pseudo-calcidesi” 169

Marco Minoja, Ceramica campana a figure nere in contesto. Nuovi dati dall’abi-tato e dalla necropoli di Capua 185

Andrea Celestino Montanaro, La ceramica a figure nere in area apula. Pro-duzioni, diffusione e contesti 203

Abstracts 269Recapiti dei collaboratori 273Norme redazionali 275

uesto lavoro costituisce parte diun più complessivo progetto di ri-

cerca sulle produzioni figurate etrusche,condotto avvalendosi di una lettura in-tegrata del sistema di dati che possonoscaturire dalle molteplici tec niche di indagine applicate agli studi ceramici,dalla tipologia all’esame del repertorioiconografico.1 Pur senza sottovalutarel’apporto degli studi attribuzionistici, èsembrato necessario affrontare l’esamedelle produzioni etrusche a figure nerecome un corpus strutturato, di cui è pos-sibile descrivere e approfondire l’artico-lazione: l’ipotesi su cui si fonda la nostraricerca è che, attraverso un esame siste-matico degli elementi costitutivi del si-stema e l’individuazione delle regole dicomposizione, sia possibile mettere afuoco distinti segmenti produttivi all’in-terno della produzione etrusca a figurenere secondo una prospettiva di tipo re-lazionale che ne consenta di definire an-che i rapporti re ciproci.

A tale proposito si è scelto di esplicita-re il nostro approccio attraverso dueesempi: uno è relativo all’analisi morfo-

tipologica del patrimonio vascolare, se-lezionando il caso tipo dell’anfora, laforma più attestata nell’intera produzio-ne figurata;2 l’altro riguarda, invece, lostudio del repertorio iconografico, sce-gliendo il caso paradigmatico dell’image-rie di Eracle.

[Luca Cerchiai]

L’analisi morfo-tipologica

Il primo tentativo di esaminare la produ-zione etrusca a figure nere nel suo com-plesso si deve, agli inizi del xx secolo, a T.Dohrn:3 i risultati conseguiti dallo stu-dioso, in larga parte ancora validi, privi-legiano il dato stilistico, trascurandol’esame del supporto ceramico. La stessaimpostazione si conserva sostanzial-mente anche negli studi che dagli annisessanta si sono succeduti nell’affrontaree nel ridefinire singoli gruppi o produ-zioni: uno dei limiti più gravi che hannocondizionato questa impostazione è co-stituito, come naturale, dalla ricorrenteassenza dei contesti, secondo lo stessogap che ha interessato la coeva ceramicaattica figurata.

1 Lo studio è stato sviluppato nell’ambito di dueprogetti di ricerca, di post-dottorato e di dottorato, rispettivamente condotti da Raffaella Bonaudo e Vir-ginia Ibelli, presso l’Università degli Studi di Salerno.Nel corso della ricerca è stato possibile usufruire del-la cortese ospitalità e della disponibilità al confron-to della Dott.ssa F. Gaultier del Museo del Louvre.

2 Lo studio ha interessato l’intera produzione figurata ad eccezione del Gruppo pontico e delGruppo di Orvieto, esclusione determinata dall’im-possibilità di gestire una documentazione troppodisomogenea. 3 Dohrn 1937.

Q

LA CERAMICA ETRUSCA A FIGURE NERECOME SISTEMA DI PRODUZIONE:

ALCUNI SPUNTI DI RICERCAPER LA DEFINIZIONE DEL METODO

Luca Cerchiai · Raffaella Bonaudo · Virginia Ibelli

Anche per quest’ultima, infatti, la ne-cessità di estendere l’indagine all’aspet-to morfologico per approfondire i mec-canismi sottesi al funzionamento delleofficine e alle relazioni tra ceramisti e ce-ramografi, benché avvertita dallo stessoJ. D. Beazley,1 ha orientato solo recente-mente alcuni studi dedicati a segmentispecifici della produzione.2 Particolar-mente interessante appare l’analisi con-dotta sulle lekythoi dei pittori di Saffo edel Diosphos da C. Jubier Galinier, che,avvalendosi della combinazione di datiemersi da diversi ambiti di ricerca appli-cati alla produzione, ha il merito di averconsiderato il vaso figurato nell’interacomplessità delle sue fasi di produzione,senza privilegiare la decorazione figura-ta a discapito del supporto ceramico.Proprio partendo da quest’ultimo, infat-ti, la studiosa definisce un’articolazionepiù complessa di maestranze tra cerami-sti e ceramografi.3

Per la ceramica etrusca a figure neresolo negli ultimi anni si è avvertita la ne-cessità di accompagnare l’esame stilisti-co allo studio della morfologia del sup-porto vascolare. Il primo tentativo diarticolazione del repertorio morfologi-co è stato dedicato anche in questo caso,prima ancora che alle produzioni figura-te vere e proprie, alla cosiddetta patternclass a decorazione fitomorfa.4

Un esame più organico della produ-zione figurata anche in relazione allamorfologia si incontra nella recente mo-nografia dedicata da I. Werner al Grup-po delle Foglie d’Edera.5 La studiosa esa-mina separatamente le singole formevascolari, valutandone per ciascuna ele-menti formali, profilo e rapporti propor-zionali.6 I dati così ricavati, combinaticon quelli emersi dall’analisi dei motivi edei sistemi decorativi7 e delle scene figu-rate, sono esaminati in rapporto alleproduzioni coeve, con particolare riferi-mento a quelle attiche, e conducono adelineare una seriazione interna alla pro-duzione, ancorata ad alcuni agganci cro-nologici.8

Una sperimentazione più recente ditale tipo di approccio è costituita dal la-voro di revisione della produzione cam-pana a figure nere9 in cui l’analisi morfo-tipologica è stata associata all’esame delrepertorio decorativo e dei contesti

1 Beazley 1942; ABV; ARV. Tale presuppostoinforma un ampio filone di studi tra i quali è pos-sibile annoverare quelli condotti da Bloesch 1951sulle anfore attiche, da Philippaki 1967 sugli stam-noi e da Green 1971 e 1972 sulle oinochoai a figurenere. Per il problema in generale con relativa po-sizione, si veda Webster 1972, p. 1 sgg. Nel com-plesso gli studiosi si sono interrogati sulla possibi-lità di individuare l’attività dei singoli ceramistinell’ambito della produzione attica, cercando diistituire le relazioni con altri artigiani o botteghein base alla valutazioni delle varianti, per cui cfr.anche Euwe 1988, in part. pp. 149-150, e, per l’ana-lisi condotta sull’evoluzione dell’anfora nolana,Euwe 1986 e 1988. Piuttosto vasta è la bibliografiaconcernente le problematiche relative al funziona-mento delle officine per cui è possibile citare perl’ampia discussione Stissi 2002.

2 Per una messa a punto critica sulle più recentitendenze di studio che investono la ceramica atticacfr.Pontrandolfo 2007, in particolare p. 329 sgg.

3 Jubier-Galinier, Laurens 1998, Jubier-Galinier 2003.

4 Bruni 1996; Paolucci 1999-2000.5 Werner 2005.6 Werner 2005, pp. 34-37. La parte più articolata

all’interno del lavoro interessa le anfore, che rappre-sentano la forma maggiormente attestata nell’inte-ra produzione, per le quali è possibile proporre unadistinzione tipologica in ‘sub-groups’, su cui si torne-rà oltre, infra.

7 Werner 2005, pp. 37-42.8 Werner 2005, pp. 53-56.9 Falcone, Ibelli 2007.

50 luca cerchiai · raffaella bonaudo · virginia ibelli

tombali. La lettura integrata dei datiemersi da ciascun campo di ricerca haconsentito di definire ulteriormentetempi e articolazioni interne della pro-duzione.1 Infine i risultati conseguiti so-no stati interpolati con quelli dell’analisiiconografica e iconologica condotta sul-l’intero corpus.

Ribaltando la consuetudine invalsanegli studi che, nell’esame dei vasi figu-rati, privilegia gli aspetti propriamenteiconografici e stilistici, si proverà a veri-ficare le potenzialità rivestite dall’ap-proccio morfo-tipologico per mettere afuoco criteri di articolazione della pro-duzione, su cui calibrare l’analisi del re-pertorio figurato. A titolo esemplificati-vo si è presa in considerazione la formadell’anfora che costituisce il supportomaggiormente attestato all’interno del-l’intera produzione e per ogni singola“bottega” e / o pittore individuati su basistilistiche.

Si è in un primo momento esclusiva-mente analizzata la forma vascolare,senza tenere conto della decorazione: lavalutazione anche di questo elementoassume, comunque, il massimo interes-se poiché consente di integrare all’inter-no di una stessa seriazione tipologica gliesemplari figurati accanto a quelli ap-partenenti alla cosiddetta pattern class edeventualmente a quelli completamenteverniciati, istituendo ulteriori meccani-smi di articolazione delle dinamiche diproduzione.

La ricerca è stata condotta esclusiva-mente sul materiale edito e, dunque, ècondizionata dallo stato della documen-tazione, di qualità disomogenea a causadello scarso interesse che sovente, nella

tradizione degli studi sulle classi figura-te, ha rivestito il supporto.2

Il campione di disegni editi di cui ci siè potuti avvalere è piuttosto limitato.Gli esemplari non rappresentati grafica-mente sono stati considerati in base allerestituzioni fotografiche, selezionando,ove possibile, quelle ortogonali, per di-sporre di una documentazione in cui leproporzioni del vaso non fossero defor-mate; per le immagini selezionate è sta-to elaborato il profilo grafico del vasomediante supporto informatico: per taliesemplari è stata indicata la possibile ap-partenenza ai diversi tipi individuati.3

L’elaborazione di una proposta di se-riazione tipologica suscita una serie diproblemi di natura metodologica legatiin primo luogo alla stessa definizione di“tipo”.

In questo lavoro tale nozione è stataintesa come un concetto astratto corri-spondente al modello mentale dell’ar -tigiano4 che, tuttavia, non trascura le

1 Falcone, Ibelli 2007, pp. 21-31, 175 sgg.

2 Solo negli ultimi tempi, infatti, si è diffusol’uso di affiancare alla documentazione fotograficala restituzione grafica del vaso come, ad esempio,nei volumi più recenti del CVA, tra i quali particolar-mente utili i due ultimi del Museo del Louvre,Gaultier 1995 e 2003.

3 Per i problemi connessi alla restituzione grafi-ca da fotografia, in particolare rispetto alle anforeda trasporto, cfr. Fano 1977, pp. 155-156.

4 Il problema è stato posto inizialmente soprat-tutto in ambito pre e proto-storico, per cui, in par-ticolare, Childe 1930, p. 53 sgg. Il tentativo di co-struire una tipologia per il mondo classico è statoapplicato in modo sistematico, anche se con presup-posti metodologici diversi, nella classificazione del-le produzioni standardizzate. Per la vernice nera ancora sostanzialmente valide le osservazioni diMorel 1981, per il quale il tipo costituisce una astra-zione corrispondente alla ricorrenza di una serie dicaratteristiche formali che accomunano un certonumero di esemplari, anche in maniera trasversa-le a diverse produzioni, da spiegare e distinguere

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 51

necessità tecniche proprie delle fasi diproduzione del vaso.1 È evidente che lamaggiore o minore stabilità del reperto-rio formale condiziona la possibilità diaggregare un campione variabile diesemplari intorno ad un numero discre-to di tipi, introducendo una componen-te empirica di soggettività nella sceltadei parametri del procedimento tipolo-gico.2

L’analisi tipologica è stata condottaassociando alla descrizione morfologicala valutazione dei rapporti dimensionalidelle parti.

La struttura, gerarchica ed aperta, èstata articolata in primo luogo in forme(A). Nei livelli “alti” della gerarchia sonostati accorpati esemplari che presenta-vano analoghe caratteristiche morfolo-giche.

Sulla base della morfologia, sono statequindi distinte le anfore a “profilo conti-nuo” da quelle “a collo”, secondo unadiversificazione attestata in letteraturache corrisponde anche ad aspetti stretta-mente connessi alla tecnologia di realiz-zazione del vaso.3 Questo livello di arti-colazione tipologica è stato identificatocon quello della famiglia (10, 20).

Sulla stessa base metodologica sonostate poi distinte in raggruppamenti leanfore caratterizzate dallo stesso tipo diorlo, a fascia o a echino, secondo un’ar-ticolazione che si ripropone per entram-be le famiglie individuate (10A, 10B…

20A, 20B…). Segue il livello dei tipi, peri quali, ai criteri più specificamente mor-fologici, si aggiunge la valutazione deirapporti dimensionali, privilegiando ilrapporto tra l’altezza del vaso e il diame-tro massimo, che è sembrato forniremaggiori indicazioni sullo sviluppo deitipi, soprattutto quando non è stato pos-sibile definire criteri morfologici condi-zionanti. All’interno dei tipi, l’articola-zione in varietà obbedisce ancora unavolta prevalentemente a criteri morfolo-gici, che, tuttavia, non condizionano i li-velli gerarchici superiori.

[Raffaella Bonaudo ·Virginia Ibelli]

Nel catalogo sono adottate le seguentiabbreviazioni:

h: altezza del corpo;h totale: altezza complessiva del vaso;Largh. max.: larghezza del corpo alla

massima espansione;Largh. inf.: larghezza del corpo alla

base, in prossimità dell’attacco con ilpiede.

A10. Anfore a profilo continuo

A10A-LABBRO A FASCIA (Tav. i)A10A1- Corpo globulare, collosvasato:

A10A1a- spalla tesa: Paris CA 3349;Paris CA 1870, a cui è possibile ag-giungere Boston 62.970; LondonSotheby’s; New York 48.11.6; Ham-burg 1225.A10A1b- spalla arrotondata: Tar-quinia RC 7176; Tarquinia RC 7945;Tarquinia s.n.; Tarquinia RC 7946, acui è possibile aggiungere LeidenR.Sx.2; Leiden R.Sx.3; Munich 835;London Christie’s; London 1948.10.

all’interno di una struttura gerarchicamente orga-nizzata “ad albero”.

1 Pucci 1983, p. 279.2 d’Agostino, Gastaldi 1988, pp. 13-17.3 La suddivisione tra queste due famiglie è già in

Richter, Milne 1935. Sulla realizzazione delle di-verse parti di cui si compone il vaso Cuomo DiCaprio 2007, p. 193 sgg.

52 luca cerchiai · raffaella bonaudo · virginia ibelli

A10A2- Corpo ovoide; anse im-postate tra la base del collo e laspalla; rapporto h / largh. max.<1,62

A10A2a- spalla tesa: Würzburg HA17.L.793; Paris E 723; WürzburgL799, a cui è possibile aggiungereZürich ETH 14; Ascona Market;

London Coins and Antiquities; Ri-chmond 60-3; Berlin 2154.A10A2b- spalla arrotondata: Göte-borg 1910; Tarquinia RC 5285, a cui èpossibile aggiungere London Sothe-by’s; Bonn 568; Basle coll. Zü 394;Jonkersland coll. privata

A10A3- Corpo ovoide molto ras-

Tav. i. Morfo-tipologia delle anfore a profilo continuo (A10A).

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 53

Tav. ii. Morfo-tipologia delle anfore a collo distinto con labbro a fascia (A20A)dell’atelier del Pittore di Micali (scala 1:20).

56 luca cerchiai · raffaella bonaudo · virginia ibellitremato, anse a sezione circolareimpostate tra la spalla e il puntodi massima espansione; rapportoH / largh. max >1,62: CopenhagenH. 146c; a cui è possibile aggiungereBasle coll. Zü 396; Berlin F1676; Stoc-kholm 1964.19; Munich 832; Firenze3771; Cambridge G58; Mississippi77.3.66; Budapest 51.92; Warsaw 138522;Kurashiki s.n.

A20. Anfore a collo distinto (Tav. ii)

A20A- LABBRO A FASCIA

A20A1- Corpo ovoide tendente alglobulare, ansa a sezione circo-lare e piede ad anello, rapportonon ricostruibile:

A20A1a- spalla sfuggente: Tarqui-nia 856, a cui è possibile aggiungerein base alla valutazione della docu-mentazione fotografica: Berlino F2152.A20A1b- spalla arrotondata: Vatica-no 17689; Tarquinia RC 632; Tarqui-nia RC 867, a cui si possono aggiun-gere Brescia MR 16; Basle Mercato.

A20A2- Corpo ovoide, ansa asezione nastriforme1 e piede adisco modanato, rapporto h. to-tale / h. ≥1,51:

A20A2a- spalla sfuggente: LouvreCA 3185. A cui è possibile aggiunge-re gli esemplari valutati medianterestituzione fotografica: Orvieto2737; Berlino V.I. 3226; Vaticano35767; Louvre E 754; Camposervoli

s.n.; Villa Giulia 131311; CiancianoTerme, coll. Grossi dispersa; Sartea-no s.n., Vulci 76104.A 20A2b- spalla arrotondata: Tar-quinia 858; Würzburg HA 18; a cui èpossibile aggiungere, in base allavalutazione della documentazionefotografica: Firenze 169; Chiusi 74 /15835; Orvieto s.n.; Monaco 843;Monaco 844, Amburgo 1917.509; Pa-lermo NI 5613; Heidelberg E 31; Vul-ci 133348.

Potrebbe inquadrarsi entro questo ti-po l’esemplare Milano coll. H.A., sebbe-ne la documentazione a disposizione ri-chieda ulteriore cautela.

A20A3- Corpo ovoide tendente alpiriforme, ansa a sezione nastri-forme, piede a disco, rapporto h.tot. / h. >1,60:2

A20A3a- spalla arrotondata: Baltimo-ra 48.7.

A20a3b- spalla piana: MelbourneEtr.61; Orvieto 2659.

A20B- LABBRO A ECHINO

A20B1- Corpo rastremato, labbroe piede ad echino, passaggio tracollo e spalla segnalato da uncollarino, ansa a sezione circo-lare impostata tra la metà delcollo e la spalla, rapporto h. to-tale / largh. max. compreso tra1,36 e 1,55 (Tav. iii)

A20B1a- breve collo tendenzial-mente concavo, spalla tesa: ParisCA 7422; Paris E 719; Paris E 720, acui è possibile aggiungere Boston F1 L’ansa a sezione nastriforme è considerata co-

me caratteristica morfologica opposta a quella consezione circolare o a bastoncello; essa può, tuttavia,essere a nastro o a triplice bastoncello. Non è possi-bile escludere che esistano anche esemplari a dupli-ce bastoncello.

2 L’intero tipo è determinato esclusivamente inbase alla valutazione della documentazione foto-grafica e, pertanto, suscettibile di rettifiche.

Tav. iii. Morfo-tipologia delle anfore a collo distinto A20B (Gruppo di La Tolfa).

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 57

550; Cerveteri T. 86 Nuovo Recinto;Cerveteri 1154179A20B1b- corpo tendenzialmenteglobulare: Paris E 724; Göttingen,Acc. Inv. iii 5; Göttingen, Acc. Inv.iii 6; Paris E 728; Paris E 721; Paris E729; Paris CA 7324; Paris E 730; ParisE 727; Gri. 29.6-10.1; Tolfa 61405, acui è possibile aggiungere Vaticano35709; Vaticano 35710; Cerveteri115453; Cerveteri 115452; Cerveteri115701; Cerveteri 115702; Firenze92181; Firenze 92182; Firenze 84819;Karlsruhe 2592; Roma 150;1 Tolfa61405.A20B1c- corpo ovoide: Paris 731;Tolfa 62612; Tolfa 60127, a cui è pos-sibile aggiungere Tarquinia 1038.2

A20B2- Corpo ovoide tendenzial-mente globulare, rapporto h.largh. max. corpo compreso tra0,85 e 0,99 (Tav. iv):3

A20B2a- basso collo cilindrico,spalla arrotondata, piede ad anellosemplice: Vulci 64426;4 Vulci64428,5 Vaticano 279,6 Würzburg800,7 Faina 2440.8A20B2b- collo cilindrico con diame-tro inferiore, spalla tendenzialmen-te piana: Vaticano 278;9 Vaticano277.10

A20B3- Corpo ovoide espanso, spal-la piana e distinta, rapporto h./

largh. inf. a valore 0,85, anse conampio profilo (Tav. iv):

A20B3a: ansa a duplice bastoncello:Louvre S6120.A20B3b: ansa a triplice bastoncello:Tolfa 63635; Tolfa 63636.

A questi esemplari si possono aggiun-gere sulla scorta della documentazionefotografica: Faina 2439; Berkley 8.201,Vaticano 235;11 Tolfa 60076.12

A20B4- Corpo ovoide, rapportoh. / largh. max. 1-1.1; largh. max. /largh. inf. 2.6-3.3, piede a discomodanato (Tav. v):

A20B4a- anse a triplice bastoncello,orlo espanso: Göteborg s.n.; Tar-quinia s.n.13A20B4b- anse a triplice bastoncello,orlo schiacciato: Tarquinia RC6884;14 Louvre CA 1901.A20B4c- anse a duplice bastoncello,orlo schiacciato: Tarquinia RC

01 L’anfora presenta, tuttavia, un collo piuttostosviluppato.

02 Nella pubblicazione dell’anfora in Ginge1987, pp. 31-32, n. 9, si deve riscontrare un’evidentedifformità tra la foto riprodotta a tav. xv e il disegnofornito a tav. xcvii; secondo Rallo 2009, n. 45, l’an-fora è da espungere dal corpus di La Tolfa, ma la stu-diosa non fornisce motivazioni.

03 Non è stato possibile valutare in base alla sola

documentazione fotografica le anfore CambridgeGR 22.1952; Melbourne 127.76.117; Monaco 845.

04 Falconi Amorelli 1968, p. 233, n. 5, tav.lxxv.2.

05 Falconi Amorelli 1968, p. 232, n. 4, tav.lxxv.2.

06 Albizzati 1926, p. 96, n. 279, tav. 26.07 Langlotz 1932, n. 800, tav. 229.08 Cappelletti 1992, p. 99, n. 28.09 Albizzati 1926, p. 96, n. 278, tav. 28.10 Albizzati 1926, pp. 95-96, n. 277, tav. 28.11 Albizzati 1926, p. 83, n. 235, tav. 23.12 Questo esemplare è stato inserito solo in base

alla documentazione fotografica sebbene Rendeli1996, p. 48, 87 ne riporti anche la restituzione grafi-ca: il disegno in questione è, tuttavia, indicato comereferente per più esemplari con caratteristiche mor-fologiche piuttosto distanti, quali un diverso rap-porto proporzionale per il corpo, la spalla più o me-no distinta, le anse tangenti o meno il labbro.

13 Ginge 1987, pp. 50-51, n. 22, tavv. xxxiv-xxxv,xcviii; Ginge 1988-1989, p. 76, n. 4.

14 Ginge 1987, pp. 47-48, n. 20, tavv. xxvii-xxix,xcvii.

58 luca cerchiai · raffaella bonaudo · virginia ibelli

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 592803;1 Tarquinia RC1042, Tolfa60087.

Potrebbero rientrare in questo tipo iseguenti esemplari valutati sulla scortadella sola documentazione fotografica:Berlino F4756; Faina 2740; Londra 1938;Vaticano 34604; Stoccolma MM1974.28;Vaticano 39734; Chianciano, Budapest T764; Faina 2735; Karlsruhe 82 / 347; Paler-mo 1498; Vulci 01CM.AT; Vulci 64423;Würzburg HA 19; Perugia 180, Roma5200 e probabilmente gli esemplariframmentari Vaticano 35289; Ginevra,coll. Tardivat.

A20B5- Corpo ovoide, rapporto h./largh. max. 1-1.05; ∅ max. corpo/ largh. inf. 3.5-5, piede a discocon attacco a profilo concavo,insellatura delle anse (Tavv. v-vi): Paris S 4154; Perugia)

A20B5a- anse a triplice bastoncello,orlo espanso: Tarquinia RC 5284,Tarquinia RC 960,2 Tarquinia 857,3Tarquinia 965, Orbetello 706; ParisCp 11069; Paris S 4151; Malibu68.AE.17; Bologna 28846; Tolfa125847; Malibu 71.AE.249, a cui pos-sono essere avvicinate Karlsruhe 71/ 37; Roma MC 14; Boston 13.158;Milano 7200; Civita 18597; MilanoA.O.9.7205; Budapest 50.908; Braun-schweig, Coll. Priv.; CopenhaghenH 148 (collo svasato); Perugia 182;Harrow HA 20;A20B5b- anse a triplice bastoncello,orlo schiacciato: Tarquinia RC 1881;4

Tarquinia 1940; Paris E755, a cui è pos-sibile aggiungere Chiusi 577; Ham-bourg, Coll. Priv.; Copenhaghens.inv.; Firenze 70997; Roma 74933;Hamburg 437; Hambourg 1223.

Sembrano inquadrabili, mediante la va-lutazione della documentazione foto-grafica, entro il tipo i seguenti esemplari:Londra B 64; Firenze 73723; Chianciano;Chianciano; Monaco 861; Copenhagen4812; Monaco 867; Chianciano 29 e pro-babilmente Copenhagen H.I.N. 676.5

A20B6- corpo ovoide con sensibilestrozzatura della vasca all’at-tacco con il piede, alto orlo, col-lo affusolato e anse a sezionenastriforme (Tav. iv):Monaco 864, Monaco 862, Tarquinia

859, Firenze 170.

A20B7- Corpo ovoide tendente alpiriforme, rapporto h. / largh.max. ≥ 1,1 (Tavv. v-vi): CamporsevoliColl. Grossi; Siena Mieli 2; Perugia 183.

A20B7a- anse a triplice bastoncello,piede ad anello sagomato, orloespanso: Tarquinia RC 947, RC 7289,Paris S 4155 / E756; Tarquinia RC8219 - Monaco 882; Richmond62.1.8; Viterbo 337 / 228; BasileaR. H. 41; Bruxelles 270; Firenze 4138;

1 Ginge 1987, pp. 64-65, n. 31, tavv. lv-lvi, xcii.2 Ginge 1987, pp. 49-50, n. 21, tavv. xxx-xxxiii,

xciv; Spivey 1987, p. 40, n. 1 (Gruppo di Bisenzio).3 Ginge 1987, p. 63, n. 30, tavv. liii-liv, ic;

Spivey 1987, p. 36 (Gruppo di Kape Mukathesa).4 Ginge 1987, pp. 61-62, n. 29, tavv. li-lii, xciv.

Sono morfologicamente confrontabili con questoesemplare altre due anfore tarquiniesi: Tarquinia1940 e 965, rispettivamente in Ginge 1987, n. 27,tavv. xlviii-xlix, ci; n. 26, tavv. xlv-xlvii, ci.

5 Restano esclusi gli esemplari Vulci 64428,64426, Vaticano Guglielmi 94, Würzburg 800, Vati-cano 278, Vaticano 279, Vaticano 235 a causa delladocumentazione non adeguata. Non è stato possi-bile, inoltre, inserire i seguenti esemplari assegnatida Beazley alla produzione non figurata del Pittoredi Micali: Racc. Gugliemi, p. 85, nn. 1,4, 6, 7, 9-13, 15-16, 18-21.

Tav. iv. Morfo-tipologia delle anfore a collo distinto con labbro a echino dell’atelierdel Pittore di Micali (scala 1:10).

Tav. v. Morfo-tipologia delle anfore a collo distinto e con labbro a echino dell’atelierdel pittore di Micali (scala 1:20).

Tav. vi. Morfo-tipologia delle altre produzioni etrusche a figure nere.

Tarquinia 1939; Orvieto 373; Firenze19; Firenze 20; Firenze 464; TolleT.126; Vagnonville 19; Vagnonville20; Vagnonville 22; Vagnonville 23;Vagnonville 464.A20B7b- anse a triplice bastoncello,piede ad anello sagomato, orloschiacciato: Paris S 4150; Firenze 22;Firenze 23; Washington 136413; Wa-shington 136415; Washington 136416;Cerveteri 115458.

Si possono comprendere entro questotipo, in base alla sola valutazione delladocumentazione fotografica, i seguentiesemplari: Bourges 883.71.113;1 Palermo14989; Ginevra coll. privata; Monaco847; Monaco 851; Villa Giulia 539, Ticino,coll. privata; Chianciano T.447; Washin-gton 136617.2

A20B8- Corpo ovoide, rapportoh. / largh. max. 1-1.1; max.corpo /largh. inf. 2.6-3.3, anse con ampioprofilo, piede a disco semplice(Tav. iv):Amburgo 1917.502; Tolfa 125827; Tolfa

125819; Faina 2442.

A20B9- Corpo tendenzialmentecilindrico, alto collo cilindri-co, piede modanato (Tavv. v-vi):Chianciano 229518; Tolle T. 155 / 2; Tol-

le T. 131; Siena Mieli 1; Perugia 179; TolleT. 155 / 1.

L’evoluzione della forma dell’anfora nellaprima produzione etrusca a figure nere

La prima generazione di pittori etruschia figure nere è documentata dalle botte-

ghe delle Foglie d’Edera e di La Tolfa,che cominciano a produrre subito dopola metà del vi sec. a.C. Per quanto riguar-da i supporti vascolari, il primo gruppoproduce con una maggiore varietà vasidestinati al servizio del simposio: calici,kyathoi, oinochoai, dinoi e, soprattutto,anfore, che costituiscono una percentua-le pari a circa il 70% della produzione. Sitratta nella quasi totalità di anfore a pro-filo continuo, con labbro a fascia, legger-mente insellato, per le quali è valida lasuddivisione in raggruppamenti già pro-posta da I. Werner, benché sia possibileproporne una maggiore articolazione ti-pologica 3 (Tav. i).

Il primo tipo (A10A1) si distingue dalpunto di vista morfologico per il corpoglobulare e il collo svasato: all’interno deltipo è possibile distinguere due varietàin base alla conformazione della spalla,che può essere tesa (A10A1a) o arroton-data (A10A1b), analogamente a quanto siverifica anche per il tipo caratterizzato dacorpo ovoide (A10A2). Può, forse, rien-trare in questo primo tipo anche l’anforaCerveteri inv. scavo n. 3 dalla T. 118 delNuovo Recinto della Banditaccia, già av-vicinata da M. A. Rizzo al Gruppo delleFoglie d’Edera, ma, purtroppo, mutila epriva del contesto di riferimento.4

Il tipo dell’anfora a profilo continuodi forma globulare ricorre nella produ-zione attica a figure nere già del secon-do quarto del vi sec. a.C.:5 rispetto al ti-

1 Per l’inserimento di quest’anfora cfr. la discus-sione finale all’analisi tipologica delle anfore.

2 Potrebbe rientrare per le proporzioni del cor-po anche l’esemplare Monaco 854.

3 Werner 2005, pp. 35-37; è la stessa studiosa, delresto, a mettere in guardia sull’estrema variabilitàmorfologica dei supporti.

4 Rizzo 1994, pp. 7-9, figg. 33-35. In Rallo 2009,n. 80, l’anfora si dice erroneamente attribuita alGruppo di La Tolfa.

5 Solo come esempio, Boardman 1990, fig. 52,del Pittore di Camtar.

66 luca cerchiai · raffaella bonaudo · virginia ibelli

po attico la varietà con la spalla tesa(A10A1a) sembra una rielaborazione lo-cale, forse condizionata da forme ditransizione tra il tipo a profilo continuoe quello a collo distinto.1 Analogamentealle forme attiche, nella produzione del-le Foglie d’Edera le anse sono impostatetra il collo e il punto di massima espan-sione del vaso:2 un’evoluzione del tipo,attestata per entrambe le varietà, sem-bra, invece, documentata dalle anforeprodotte da un gruppo ancora di diffici-le inquadramento, denominato da F.Gaultier Gruppo CA 1870,3 e nella varie-tà con spalla arrotondata dalle anfore aprofilo continuo del Gruppo degli Uc-celli Acquatici (Tarquinia RC 7945; Tar-quinia s.n.).4 Entrambe le officine, sullabase delle provenienze note, sembranoessere localizzate a Tarquinia (Tav. i).

Le altre anfore prodotte dal Gruppodelle Foglie d’Edera sono del tipo a pro-filo continuo con corpo ovoide (A10A2e A10A3): il tipo può trovare confronticon le produzioni di Amasis, anche perla dislocazione della decorazione figura-ta entro un ampio pannello metopale, e

di Nikosthenes:5 analogamente ai vasiprodotti da quest’ultimo atelier, le anfo-re sembrano presentare una evoluzioneverso forme più slanciate (A10A3). Uninsieme omogeneo, forse completa-mente ascrivibile alla varietà A10A2a, ècostituito dai vasi attribuiti al Pittore diMonaco 833, del quale sono stati più vol-te ribaditi i contatti con il Gruppo delleFoglie d’Edera.6

Mancano, purtroppo, contesti di rin-venimento che permettano di ancorarela tipologia proposta ad una griglia cro-nologica: l’anfora rinvenuta a Tolle,7 ilcui stato di conservazione permette unagenerica assegnazione ai tipi A10A2-A10A3, costituisce l’unico elemento delcorredo, per cui la cronologia si fonda subasi esclusivamente stilistiche; lo stessopuò dirsi per l’anfora dalla T. 118 delNuovo Recinto. L’anfora di Vulci attri-buita al Pittore di Monaco 833 provienedalla T. 170 della Necropoli dell’Osteriaed è datata sulla base delle associazionial 530 a.C.8

Nella produzione etrusca a figure ne-re, fatta eccezione per il Gruppo delleFoglie d’Edera, l’anfora a profilo conti-nuo è molto meno diffusa rispetto al-l’anfora a collo distinto. All’interno dellastessa produzione del Gruppo delle Fo-glie d’Edera si riconoscono quattroesemplari con corpo globulare e anse asezione circolare (A20A1b) (Fig. 1), chetrovano un significativo confronto conl’anfora Vaticano 17689, attribuita da N.

1 Per esempio, Boardman 1990, fig. 92, delGruppo E.

2 Così anche nell’anfora Cerveteri inv. scavo n. 3.3 Gaultier 1995, p. 53. Sulla connessione al

gruppo anche dell’anfora Tarquinia RC 7946 giàRizzo 1988, p. 34; oltre a questa, può essere avvici-nata al gruppo l’anfora Hamburg 1225, pubblicata inMerklin 1937, pp. 359-360, n.1 e, forse, anche nel-l’esemplare n. 2.

4 Ginge 1987, pp. 33-41. Più complicato, invece,sembra inserire in modo corretto all’interno dellatipologia le due anfore a collo distinto attribuite allostesso gruppo e caratterizzate da una forma globu-lare tendente all’ovoide poco rastremata verso ilbasso e da un basso collo cilindrico (Tarquinia RC5709) o solo leggermente svasato (Tarquinia RC7451), per le quali è forse necessario approfondire ilegami con gli esemplari della pattern class.

5 Rizzo 1987, pp. 31-42.6 Louvre E 723, a cui è possibile aggiungere Mo-

naco 833; New York 22.139.83; Budapest 51.135; Vulcisenza inv. Sul Pittore di Monaco 833, da ultimo conbibliografia Werner 2005, pp. 57-58.

7 Paolucci 2007, p. 31.8 Emiliozzi Morandi 1975, p. 47.

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 67

Spivey alla sottofase Early i del Pittore diMicali,1 costituendo, in questo senso untipo “sperimentale” rispetto alle formepiù evolute.

La famiglia delle anfore a profilo con-tinuo conosce al momento due sole atte-stazioni più recenti, che rivestono, però,particolare interesse nel panorama dellaceramografia etrusca tardo-arcaica a fi-gure nere (Würzburg L799; Berlin 2154)(Tav. i).2 Senza affrontare la complessaquestione dell’attribuzione,3 è necessa-rio segnalare come esse costituiscano un

unicum anche dal punto di vista dellamorfologia del supporto vascolare: ben-ché assimilabili alla varietà A10A2a permorfologia e rapporti proporzionali, iltipo di ansa a sezione rettangolare del-l’anfora Berlin 2154 e, per entrambi gliesemplari, lo sviluppo del labbro e lostretto piede (a echino in Berlin 2154; mo-danato in Würzburg L 799), ricolleganole anfore alla prima produzione attica afigure rosse,4 evidenziando un fenome-no di adattamento nella tecnica a figurenere, più familiare ai ceramografi etru-schi tardo-arcaici.

L’officina del Gruppo di La Tolfa ècoeva a quella delle Foglie d’Edera e si

1 Cfr. infra2 Le due anfore sono pubblicate con l’hydria da

Napoli 2781 già in Bronson 1966; da ultimo sull’ico-nografia dell’anfora di Würzburg Bruni 2007, pp.61-62.

3 I vasi sono assegnati in maniera non semprecondivisa da Gaultier 1987 b al Pittore della Dan-zatrice con i crotali.

4 Il tipo sembra riconducibile alle produzioni diAndokides e dell’Eukleo Group; sull’evoluzionemorfologica di questi, Bloesch 1955, pp. 29-35, tav.xvii.

68 luca cerchiai · raffaella bonaudo · virginia ibelli

Fig. 1. Tipologia delle anfore a collo del Gruppo delle Foglie d’Edera(rielaborato da Werner 2005).

localizza probabilmente a Cerveteri onel territorio immediatamente circo-stante.

La produzione, secondo una forma dispecializzazione inaugurata dall’atelierdelle hydriai ceretane, sembra dedicatain maniera quasi esclusiva alle anfore.1

La struttura delle anfore è caratteristi-ca (A20B1, Tav. iii): corpo ovoide più omeno rastremato, orlo e piede ad echi-no, basso e largo collo cilindrico sottoli-neato da un collarino plastico al passag-gio con la spalla, anse a sezione circolareimpostate quasi ad angolo retto tra lametà del collo e la spalla. All’interno deltipo si possono distinguere tre varietà,per ognuna delle quali è possibile intuireulteriori articolazioni. In particolare,per quella maggiormente attestata(A20B1b), all’interno della quale si ri-propone la differenziazione tra spalla te-sa e arrotondata, si delinea una ulteriorearticolazione in relazione alla progressi-va compressione del piede e del labbro ealla morfologia dell’orlo che tende ad in-clinarsi verso l’esterno.

Particolarmente interessante è la pos-sibilità di avvicinare tipologicamente alGruppo di La Tolfa l’anfora dalla T. 86della Banditaccia, con la lotta tra Hera-kles e Juno Sospita. M. A. Rizzo ha sug-gerito di accostare l’esemplare alle anfo-re pontiche,2 ma la forma ed elementiquali il collarino plastico e l’imposta del-

le anse, la avvicinano piuttosto al tipo ca-ratteristico del Gruppo di La Tolfa (va-rietà A20B1a): il dato confermerebbel’inquadramento del vaso a cerniera traquest’ultima produzione e la bottega diqualità più elevata delle hydriai ceretane.

Apparentabile alla varietà A20B1asembra l’anfora con toro incedente dallaT. 183 di Monte Abatone (Cerveteri115479), già avvicinata al Gruppo di LaTolfa da M. A. Rizzo che la riconduce adambiente ceretano;3 dal punto di vistamorfologico il vaso presenta le caratte-ristiche proprie del gruppo, benché ab-bia labbro e piede meno convessi e laforma delle anse meno acuta: il contestodi rinvenimento dell’anfora suggerisceuna datazione al passaggio tra secondoe terzo quarto del vi sec. a.C.

Anche per le anfore attribuite al Grup-po di La Tolfa bisogna segnalare una ca-renza di dati contestuali: la coppia di an-fore Cerveteri 115452-115453 provienedalla T. 450 di Monte Abatone, databileal terzo quarto del vi sec. a.C.4 Allo stes-so orizzonte cronologico è possibile farrisalire una seconda coppia di anfore dal-la camera centrale della T. 424 della stes-sa necropoli (Cerveteri 115701-115702).5Le due coppie rientrano nella varietàA20B1b e si distinguono per la spalla, te-sa nel caso delle prime due e arrotonda-ta per le altre: i vasi presentano l’orlo giàpiuttosto compresso, ma il piede ten-denzialmente ancora alto. La stessa cro-nologia può essere proposta per l’anforadalla T. 1 della necropoli della Castellinadel Ferrone (Tolfa 61405), anch’essaascrivibile alla varietà A20B1b, ma, ri-

1 Controversa l’attribuzione al gruppo delle al-tre forme vascolari, proposta in Gaultier 1987a: ildinos Coll. Castellani 50600 (M 408) (rifiutata daRizzo 1987 e, da ultimo, da Rallo 2009), il lydionTubingen 67.5809 (attribuito talvolta al Gruppopontico), la lekythos Coll. Schimmel (da Rizzo1987 ritenuta un falso) e un aryballos globulare dallaT. 171 di Monte Abatone (considerato da espungerein Rallo 2009).

2 Rizzo 1989, pp. 8-10.

3 Rizzo 1994, pp. 6-7.4 Rizzo 1994, pp.2-4.5 Rizzo 1994, pp. 4-6.

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 69

spetto alle precedenti, connotata da unpiede più basso.1

Alla varietà A20B1c, o, comunque, aduna fase di transizione a questa, sembra-no ascrivibili le anfore Tolfa 62612, par-zialmente verniciata e decorata da unafascia nel punto di massima espansionerinvenuta nella T. 9 della Castellina delFerrone insieme ad un altro esemplareframmentario dello stesso gruppo, eTolfa 60127, decorata a fasce e prove-niente dalla T. 17 della stessa necropoli:2il contesto della prima sembra databileal passaggio tra terzo e ultimo quartodel vi sec. a.C.,3 mentre, per l’altra, si èproposta una generica datazione alla se-conda metà del secolo.4

Le due anfore rinvenute all’interno

della T. 291 Laghetto ii, benché mutile,sembrano apparentabili alla varietàA20B1c e, comunque, presentano orlo epiede compressi:5 come suggerito da F.Gaultier,6 sulla base dei materiali asso-ciati la datazione proposta al terzo quar-to del vi sec. a.C. potrebbe abbassarsi alquarto di secolo successivo, conferman-do la linea evolutiva indicata.

Il tipo adottato all’interno dell’atelierdi La Tolfa trova rare attestazioni nel pa-trimonio delle anfore attiche a figure ne-re del secondo quarto del vi sec. a.C.,7 alcui interno, tuttavia, non sembra possi-bile individuare forme rastremate appa-rentabili alla varietà A20B1c. L’ispirazio-ne comune per il tipo deriva, forse, dalleanfore greco-orientali, tuttavia provvi-ste generalmente di un alto piede atromba.8

Occorre, comunque, ricordare che inEtruria sono documentate anfore conpiede ad echino, anche se resta incertose si tratti di produzioni greco-orientaliovvero di imitazioni locali9 (Fig. 2): ilprecedente tipologico potrebbe essereindividuato in anfore destinate al tra-sporto,10 forse a rimarcare lo stretto rap-porto del contenitore con il mondo delvino, recentemente valorizzato ancheda A. Rallo in relazione alla produzionedel Gruppo di La Tolfa.11

[Raffaella Bonaudo]

1 Rendeli 1996, pp. 19-21.2 Entrambe le anfore sono da espungere dal cor-

pus dei vasi prodotti dal Gruppo di La Tolfa secondoRallo 2009.

3 Rendeli 1996, pp. 78-81.4 Rendeli 1996, pp. 151-152.

5 Gli Etruschi e Cerveteri, p. 164; Rizzo 1987, p. 42,nota 69. 6 Gaultier 1995, p. 38.

07 Richter, Milne 1935, fig. 12.08 CVA Gela ii, tav. 34; Pierro 1984, tav. xxxv.09 Per esempio, l’anfora dalla Tomba dei troni

(Colonna 1983, p. 577, n.5) o quella dalla T. 19 dellaRiserva del Ferrone (Brocato 2000, p. 247, n. 53)

10 Agorà xii. Storage Amphora, n. 1503.11 Rallo 2009.

70 luca cerchiai · raffaella bonaudo · virginia ibelli

Fig. 2. Anfora greco-orientale o di tipogreco-orientale (da Brocato 2000).

L’evoluzione della forma dell’anforanell’atelier del Pittore di Micali

(Tavv. ii, iv-v)

All’interno dell’atelier micaliano le anfo-re a collo distinto (A 20) costituiscono il50% ca. degli esemplari attestati: in par-ticolare sono documentati i tipi A20A1-3 e A20B2-8.

Gli esemplari inseribili nel raggruppa-mento A sono caratterizzati dall’orlo afascia; i tipi descrivono una tendenza cheevolve verso proporzioni più slanciatedel corpo, cui corrisponde una maggio-re articolazione di elementi morfologiciquali le anse e il piede che, inizialmentea bastoncello e ad anello semplice, di-vengono progressivamente a triplice ba-stoncello e a disco sagomato.

Il tipo A20A1 presenta anse a sezionecircolare e piede ad anello semplice: uninsieme di caratteristiche formali checonsentono di individuarne i modellinella ceramica attica a figure nere1 dove,accanto alle anfore a profilo continuo,più diffuse durante la prima metà del visec. a.C.,2 si attestano, già a partire daiprimi anni dello stesso secolo, anfore acollo distinto, con labbro a fascia, corpoovoide e anse concave. Il tipo presentasovente l’orlo decorato con una teoria diuccelli acquatici, mentre la superficieesterna del labbro è occupata da una se-

rie di tratti verticali:3 una decorazioneattestata anche su esemplari dei tre tipiindividuati nel raggruppamento A dellaproduzione micaliana.

Da prototipi attici dipendono anche lecaratteristiche morfologiche riscontratenel Gruppo delle Foglie d’Edera.4 Per latettonica complessiva le anfore di que-sto primo tipo sono confrontabili anchecon un unico esemplare di anfora a collodistinto attribuito al Gruppo di La Tolfa,sebbene con labbro a echino.5

La diffusione del modello attico in-fluenza anche la produzione in bucche-ro: esemplari di anfore con collo distintosono attestati nella necropoli della Can-nicella di Orvieto,6 recentemente attri-buiti a produzione locale e datati al ter-zo quarto del vi sec. a.C. (Fig. 3);7 ad

1 Agorà xxiii, p. 8.2 Al suo interno sono stati distinti tre tipi da J. D.

Beazley: tipo A, con orlo a fascia, anse “flanged” e piede modanato, introdotto da Exekias durante ilterzo quarto del vi sec. e prevalentemente destinatoall’esportazione; tipo B, il più antico, con anse a se-zione circolare, orlo a fascia e piede ad anello sempli-ce; tipo C, analogo al precedente ma connotato dallabbro ingrossato, per cui si veda Agorà xxiii, p. 4, no-te 1 e 3, con bibliografia precedente.

3 Agorà xxiii, p. 8, in particolare l’esemplareframmentario a pl. 17, n. 138.

4 Cfr. supra. 5 Cfr. supra.6 Bonamici, Stopponi, Tamburini 1994, p. 180,

n. 3, pp. 187-188, n. 2, fig. 58.7 Tamburini 2004, pp. 190-191, tav. I.2.

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 71

Fig. 3. Anfore a collo distinto in bucchero diproduzione orvietana (Bonamici et alii).

essi è possibile aggiungere, significativa-mente, un esemplare vulcente.1

Gli esemplari citati condividono conquelli compresi nell’ambito del tipoA20A1 le caratteristiche morfologichedel labbro a fascia, anse a sezione circo-lare, piede ad anello semplice che, per-tanto, sembrano costituire indicatoricronologici di anteriorità.

All’interno del tipo A20A1 è nota laprovenienza solo dell’esemplare Tarqui-nia 856, da Tarquinia. Altri due esempla-ri che vi appartengono (Berlino F 2152 eVaticano 17689) sono assegnati omoge-neamente alla prima fase della produ-zione del pittore (Early), sebbene le sot-tofasi siano diverse: alla prima sottofaseSpivey assegna solo l’anfora Vaticano17689, alla seconda quelle berlinese e tar-quiniese.2

Il secondo tipo del primo raggruppa-

mento (A20A2) è connotato da un cor-po più slanciato rispetto al precedente(h. tot. / h. ≥1,51), al quale si aggiungonoelementi morfologici, quali il piede a di-sco modanato e le anse a sezione nastri-forme, a duplice o triplice bastoncello:3un insieme di caratteristiche che, perl’impostazione complessiva, trovano ri-scontro anche in esemplari in buccheroa Tarquinia, anch’essi dipendenti da mo-delli attici (Fig. 4).4 Esso si articola indue varietà.

La prima (A20A2a) si distingue per laspalla breve e tesa e comprende undiciesemplari, solo quattro dei quali con pro-venienza nota: tre da Vulci e uno da Cer-veteri. La maggior parte di essi sono statiattribuiti da Spivey alla fase Early i del Pittore di Micali. Si segnala la possibileappartenenza a questo tipo dell’esem-plare Vaticano 35767, ritenuto da Spivey“very close to the Micali painter” ma non in-serito tra le opere di certa attribuzione.5

Particolare importanza riveste in que-sta varietà l’anfora da Vulci, Villa Giulia131311, proveniente dalla cosiddetta Tom-ba dei vasi del Pittore di Micali, in cui èassociata a vasellame attico a figure neredatabile agli anni 520-505 a.C.6

Questa cronologia si accorda con lasequenza interna che i tipi descrivononell’ambito del primo raggruppamentoe trova conferma nel contesto dalla ne-

1 Ricci 1964, p. 26, n. 518, tomba 149.2 Spivey 1987, p. 10, n. 34; p. 10, n. 28; p. 8, n. 6.

3 Tale variabilità è stata verificata puntualmentesolo per gli esemplari che, valutati in base alla docu-mentazione fotografica, sono corredati da scheda-tura fornita dei dati necessari. Tale variabilità potrebbe in futuro necessitare della ulteriore scan-sione in varianti.

4 Rasmussen 1979, p. 75, tipo 2, fig. 25 e datato “noearlier than the last quarter of the sixth century”.

5 Spivey 1987, p. 33.6 Veio, Cerveteri, Vulci, pp. 226-227, iii.B.6. 10-11,

tav. xv.

72 luca cerchiai · raffaella bonaudo · virginia ibelli

Fig. 4. Anfora a collo distinto in bucchero,Tarquinia inv. RC 7245 (da Rasmussen 1979).

cropoli vulcente dell’Osteria, recupera-to da scavi clandestini, da cui provienel’anfora Vulci 133348, appartenente allamedesima varietà e datato alla fine delvi sec. a.C.1

Rientrano nella varietà A20A2b quasiesclusivamente anfore assegnate al Pit-tore di Micali, eccetto l’esemplare Tar-quinia 858 che, attribuito da J. D. Beaz-ley2 e da B. Ginge3 rispettivamente allascuola e al Pittore di Micali, è stato esclu-so da Spivey dalla produzione immedia-tamente riconducibile all’entourage delpittore vulcente;4 ad esso si aggiungel’esemplare Firenze 169 e probabilmenteOrvieto s.n. Dei dieci esemplari inseritinella varietà, quattro sono compresi nella fase Early, due nella Middle i.

Per quanto concerne i contesti tomba-li si segnala l’anfora Vulci 76104, prove-niente dalla tomba vulcente in proprietàRadicetti, edita da M. A. Rizzo e assegna-ta all’ultimo quarto del vi sec. a.C.

Trova significative corrispondenzemorfologiche con questa varietà anchel’anfora Firenze 80675, proveniente dallanecropoli degli Sterpeti di Saturnia edeponima del gruppo, cui sono assegnatida Spivey anche due esemplari con de-corazione geometrica e fitomorfa che,per l’orlo ad echino e la strozzatura dellaparte inferiore del corpo all’attacco conil piede, possono essere compresi nel ti-po A20B6. 5

L’ultimo tipo (A20A3) è caratterizzatoda un corpo dal profilo piriforme conrapporto proporzionale tra altezza e lar-

ghezza maggiore di 1,60, caratteristicache conferisce un aspetto più slanciatoal tipo. Ad esso sono assegnati tre esem-plari: di uno solo è nota la provenienzada Castel Campanile (Baltimora 48.7),mentre due sono compresi nella faseEarly di Spivey (Baltimora 48.7 e Mel-bourne 61). Sebbene non siano noti datidi contesto, è ragionevole supporre chesi tratti dell’esito finale della tendenzaevolutiva, per il parallelismo istituibilecon l’ultimo tipo del raggruppamento Bche descrive un analogo sviluppo delleproporzioni del corpo.

Il raggruppamento A20B presentauna sequenza interna che in parte si ri-chiama a quella descritta per le anforecon labbro a fascia (A20A).

Esso è costituito dalle anfore a collo di-stinto con orlo a echino: una caratteristi-ca morfologica che compare nella pro-duzione attica a figure nere delle anfore acollo a partire dal secondo quarto del visec. a.C., in tipi connotati dalle anse a se-zione circolare e piede ad anello sempli-ce.6 La produzione micaliana riconduceal tipo attico della “standard neck-ampho-ra” che diviene canonico a partire daglianni 540-530 e si caratterizza per il corpoovoide, il labbro ad echino, le anse a tri-plice bastoncello e il piede sagomato.

Al tipo si associa anche una peculiaresintassi decorativa che varia nelle singo-le botteghe ma manifesta una imposta-zione generale comune, la cui intro -duzione è fatta risalire ad Exekias:7 le

1 Scoperte e riscoperte, p. 98.2 Beazley, Magi 1939, p. 80, B n. 3.3 Ginge 1987, p. 54, cat. 24.4 Spivey 1987, p. 32.5 Spivey 1987, p. 37, n. 1; Un artista etrusco, p. 86,

n. 43, figg. 148-150, con bibliografia.

6 Agorà xxiii, p. 9.7 Agorà xxiii, pp. 11-12. Tale tipo rientra nel più

generico tipo iia, di Richter, Milne 1935. Il tipo aprofilo continuo con orlo a fascia non viene del tut-to soppiantato dalle anfore a collo con labbro adechino, si pensi ad esempio alla produzione di An-dokides, per cui cfr. Bloesch 1951, pp. 30-31.

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 73

scene figurate sui due lati del vaso sonodistinte da un intreccio di palmette eboccioli disposti al di sotto delle anse; unmotivo a linguette sottolinea il punto diattacco tra la spalla e il collo, in generedecorato con una catena di palmette efiori di loto.1 Un più preciso confrontocon i tipi etruschi è ravvisabile nella pro-duzione di Leagros.2

Il primo tipo del raggruppamento(A20B2) è costituito sia da anfore figu-rate sia da esemplari con decorazione fi-tomorfa e geometrica, tutti di piccoledimensioni. Si caratterizza per il corpotendente al globulare. Al suo interno sidistinguono due varietà per il diversoprofilo della spalla e del collo. Tra essenon figurano esemplari attribuiti diret-tamente al Pittore di Micali. Le due an-forette figurate sono Würzburg HA 21di Kape Mukathesa, e Faina 2440.3 Le dueanforette Vaticano 277-278, inserite nellavarietà A20B2b, sono invece ascritte alGruppo di Firenze 80675 da N. Spivey.4Non sono noti contesti che possanocontribuire a fissare cronologicamenteil tipo.

Il tipo A20B3 presenta il corpo ovoideespanso, con rapporto proporzionale

tra altezza e diametro inferiore a 0,85, espalla breve e piana. Comprende l’anfo-ra Parigi S6120, attribuita recentementeal Pittore di Micali da F. Gaultier, l’anfo-ra Berkeley 8 / 201 compresa nella pro-duzione micaliana dalla stessa studiosa,5l’anfora Faina 2439 ritenuta da Spiveyopera tarda del pittore vulcente,6 dueanfore (Tolfa 63635-63636) attribuite alGruppo di Kape Mukathesa, provenientidalla tomba x del Ferrone edita da Ren-deli, che propone di datare il nucleo dipertinenza alla fine del vi-inizi del v sec.a.C. per l’associazione con esemplari at-tici compresi tra il 520-490 a.C.7

A questi si aggiungono due esemplaricon decorazione fitomorfa e geometri-ca, uno dei quali, proveniente dalla tom-ba vi del Ferrone, risulta associato al-l’esemplare con scena figurata Tolfa60087, confrontabile con il tipo A20B7a.In questo contesto tombale i due esem-plari dell’atelier micaliano sono associatiad un’anfora attica della fine del vi sec.a.C. Nei due esemplari tolfetani M. Ren-deli ha proposto di riconoscere “variantilocali prodotte in maniera scadente e af-frettata che ricordano i vasi della scuoladel Pittore di Micali”.8

I tipi A20B4 e A20B5 sono accostabiliper le proporzioni generali del corpo,ma si distinguono per il differente rap-porto che intercorre tra diametro massi-mo e diametro inferiore del corpo, chedetermina un profilo più rastremato nelsecondo caso. Il tipo A20B5 associa a ta-le caratteristica proporzionale la pecu-liarità delle anse insellate, dal caratteri-

1 Solo a titolo di esempio si menzionano i possi-bili confronti con CVA, New York, Metropolitan Mu-seum of Art iv, p. 27, pl. 28.1-4; pp. 55-56, pl. 46.1-4; p.30, pl. 31.1-4, pp. 45-46, pl. 39.5-8; pp. 42-43, pl. 38.1-4;pp. 36-37, pl. 35.5-8; CVA, Cambridge, Fogg Museumand Gallatin Collection, pp. 86-87, pl. 38.a-b; CVA, Cle-veland, Museum of Art I, p. 28, pls. 10.1-2, 11.1; CVA,Oxford, Ashmolean Museum iii, p. 8, pls. 18.1-2, 19.1-2;CVA, Hannover, Kestner-Museum I, p. 25, pls. 9.4, 13.1-2, 14.4.

2 CVA, Munich, Museum Antiker Kleinkunst viii,pp. 85-86, pls. 424.4, 427.1-2, 430.4; CVA, Frankfurt amMain i, p. 30, pl. 31.1-2.

3 Avvicinata da M. Cappelletti al Gruppo di KapeMukathesa, Cappelletti 1992, p. 99, n. 28.

4 Spivey 1987, p. 37, nn. 5-6.

5 Gaultier 2003, pp. 49-51, pls. 24-25.1-2; p. 38,n. 1.

6 Spivey 1987, p. 34; Cappelletti 1992, pp. 84-85,n. 23. 7 Rendeli 1996, pp. 82-99.

8 Rendeli 1996, p. 53.

74 luca cerchiai · raffaella bonaudo · virginia ibelli

stico profilo curvilineo, mentre il piedeassume all’attacco un profilo concavo.Sono assegnati al tipo A20B4 anfore at-tribuite al Pittore di Micali e alla suascuola, nella maggior parte dei casi pri-ve di provenienza. Gli esemplari ricon-dotti direttamente alla figura del capo-scuola sono: l’anfora Tarquinia RC1042,assegnata da Spivey alla fase Middle i,1l’anfora di Göteborg, recentementepubblicata da M. Strandberg Olofsson2che la colloca tra le fasi Middle ii e Late,e l’anfora Parigi CA1901 della fase Middlei.3 L’anfora Tarquinia RC 6884 è stata at-tribuita da J. D. Beazley e B. Ginge allabottega vulcente, mentre è avvicinatada Spivey al Gruppo di Bisenzio.4 Analo-go è l’inquadramento dell’anfora Tar-quinia RC 2803.5

Esemplari associati a contesti di scavonoti sono Villa Giulia 5200, inserito in uncorredo datato al 510-505 a.C.,6 Stoccol-ma MM 1974.28, proveniente dalla tom-ba 115 degli scavi Hercle del 520-510 a.C.,7Vulci 133361 dal contesto della necropolidell’Osteria, in località Pelagone, dellafine del vi a.C.,8 Tolfa 60087 dalla tombavii del Ferrone, la cui cronologia, piùcontroversa, non contraddice l’inqua-dramento del tipo all’ultimo decenniodel vi sec. a.C.9

Il tipo A20B5 comprende prevalente-mente opere assegnate da Spivey allascuola del ceramografo vulcente, comele anfore Tarquinia RC 960 (Gruppo diBisenzio), Tarquinia 857 (Gruppo di Ka-pe Mukathesa) e Orbetello 706 (Gruppodi Orbetello), proveniente da Vulci. Gliesemplari restanti sono attribuiti all’offi-cina vulcente dalla Ginge (Tarquinia RC5284; Tarquinia 965; Tarquinia 1940 eTarquinia RC 1881). Ad essi si aggiungo-no altri nove esemplari la cui pertinenzaè stata valutata in base alla restituzionefotografica. Di essi tre sono di prove-nienza nota; uno da Chianciano (Firen-ze 73723) e due da Vulci (Monaco 861,867). Si può, inoltre, aggiungere l’anforadalla Tomba 97 ancora da Chianciano,datata alla fine del vi-inizi v a.C., unacronologia che sembra confermare ilrapporto di contemporaneità tra i tipiA20B4 e A20B5.

È possibile, inoltre, assegnare più ge-nericamente ad uno dei due tipi un co-spicuo gruppo di esemplari per i quali sidispone esclusivamente di documenta-zione fotografica. Di essi, 7 provengonoda Vulci, 2 da Tolfa, 1 da Narce e 1 daChiusi; dei restanti 12 non è noto il luogodi rinvenimento. La maggior parte è as-segnata da Spivey alle fasi Middle i e Mid-dle ii, tuttavia non mancano esemplarigià compresi nelle fasi Early i (Tolfa60087), Early ii (Parigi CA 1901, Tarqui-nia RC 1042) e Late (Londra 1938.3-18.1,Firenze 73723, Orvieto 2740).

L’anfora Parigi S 4155, recentementeassegnata al pittore da F. Gaultier, pro-viene probabilmente da Caere e rientranel tipo A20B7.10 Di esso fanno parte

1 Spivey 1987, p. 10, n. 35. L’anfora è stata asse-gnata alla scuola del pittore da Beazley, Magi 1939,p. 80, B n. 1; mentre è opera del Pittore della Sirenasecondo Dohrn 1937, n. 270.

2 Strandberg Olofsson 1996, p. 112.3 Spivey 1987, p. 10, n. 30.4 Beazley, Magi 1939, p. 80, B n. 5; Ginge 1987,

pp. 47-48; Spivey 1987b, p. 82.5 EVP, pp. 12-15, n. 296; Ginge 1987, pp. 64-65.6 Un artista etrusco, p. 77.7 Rizzo 1988, p. 77.8 Scoperte e riscoperte, pp. 102-104.9 Rendeli 1996, pp. 54-60, tavv. xviii-xxi, figg.

27-28.10 È infatti giunta al Louvre con la collezione

Campana, Gaultier 2003, pp. 47-48.

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 75

76 luca cerchiai · raffaella bonaudo · virginia ibelliesclusivamente vasi attribuiti al Pittoredi Micali: le anfore Tarquinia s.n. (fasematura);1 Tarquinia RC 947, TarquiniaRC 7289, Parigi S4150, alle quali è possi-bile aggiungere, sulla scorta della resti-tuzione fotografica, altri 9 esemplari.Nell’ambito della cronologia relativa de-scritta da Spivey, le anfore di questo tiposi distribuiscono prevalentemente nellefasi Middle i-ii e Late e a esse si associal’anfora da collezione privata ticinesedella fase atticizzante. La distribuzioneè, come di consueto, variabile, con unamaggiore concentrazione a Vulci (4 vasi)e esemplari isolati da Falerii, Chiusi,Chianciano e Cerveteri. In base alla ten-denza evolutiva delineata è ragionevolesupporre che il tipo A20B7 sia successivoa A20B4 e A20B5, come potrebbe con-fermare l’unico contesto noto, costituitodalla tomba 447 dalla necropoli di Tolle,datata alla fine del vi-inizi v sec. a.C.2

Può rientrare nel tipo A20B7 l’anforaBourges 883.71.113, con corpo dalle pro-porzioni molto slanciate, anse a triplicebastoncello e alto piede a tromba, nonconfrontabile all’interno del gruppo.3Un referente esterno può essere indivi-duato in un esemplare attribuito al Pitto-re di Gerusalemme da G. Paolucci, im-piegato come cinerario nella tomba 155della necropoli di Tolle, presso Chiancia-no e datato al 500-480 a.C.4

Trova difficile inquadramento l’anfo-ra Londra B 65 che, caratterizzata dacorpo ovoide e piede ad anello sempli-ce, presenta un largo collo cilindrico eanse con sezione nastriforme dall’am-pio profilo.5

Non sono confrontabili con i tipi rico-nosciuti le anfore recentemente edite daP. Brocato, appartenenti ai corredi dellatomba 19 del Ferrone. Lo studioso, in-fatti, ascrive alla scuola del Pittore di Mi-cali due anfore a figure nere, ciascunadelle quali rinvenuta in una delle due ca-mere della tomba. Entrambe sono statedatate alla fine del vi sec. in base a con-siderazioni stilistiche: il rapporto con laproduzione vulcente è istituito sia in ba-se ai temi rappresentati – prothesis e sire-ne – sia per un “preciso riferimento ti-pologico” per quanto concerne lamorfologia degli esemplari.6 Tuttavia,gli esemplari del Ferrone sono distantidalla produzione vulcente tanto per latettonica complessiva, quanto per le pe-culiarità morfologiche: non trovano ri-scontro il labbro a fascia compresso conl’orlo sensibilmente inclinato verso l’in-terno e il corpo globulare associato alpiede a tromba con profilo concavo, ac-centuato alla base da un listello ingros-sato (Figg. 5-6).

Diverso è l’inquadramento delle anfo-rette con decorazione geometrica e fi -tomorfa, provenienti dal medesimocomplesso tombale:7 esse possono age-1 Un artista etrusco, p. 70, n. 15; Gaultier 2003, p.

37 con esaustiva bibliografia.2 Paolucci 2007, pp. 94-99.3 In base alla documentazione fotografica edita

è possibile annotare che il piede è stato restaurato,come indica la frattura ben visibile, e potrebbe nonessere pertinente al vaso benché non vi sia menzio-ne del particolare nella scheda relativa in CVA, Fran-ce 30, Tour et Bourges, p. 59.

4 Paolucci 2001, pp. 210-212, figg. 6-8 con resti-tuzione grafica dell’esemplare. Cfr. infra.

5 Spivey 1987, p. 26, n. 127. Le anse, per l’ampioprofilo che descrivono, ricordano le anfore nicoste-niche anche se non sono direttamente impostatesull’orlo.

6 Brocato 2000, pp. 245-246, 250-251, figg. 247-254, 277-282, 292, 297.

7 Tolfa 125827, 125819, Brocato 2000, p. 251, n.83; p. 249, n. 71.

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 77

volmente inserirsi nel tipo A20B4 in basealle caratteristiche morfologiche e ai rap-porti proporzionali e si distinguono dagliesemplari provenienti dalla stessa necro-poli editi da M. Rendeli, precedentemen-te citati,1 rispetto ai quali presentano unamaggiore accuratezza nella realizzazio-ne, evidente anche nell’impiego dellesuddipinture in bianco, largamente atte-stato anche negli esemplari ricadenti neltipo A20B2. Il nucleo del contesto al qua-le appartengono questi esemplari è data-to, sempre in base all’associazione con laceramica attica, tra la fine del vi e il se-condo quarto del v sec. a.C.2

Trovano significativa corrispondenzaall’interno della maglia tipologica deli-

neata gli esemplari assegnati al Gruppodi Orbetello, due dei quali provenientida contesti tombali di recente acqui -sizione. Sono inquadrabili nell’ambitodel tipo A20B4, in base alle peculiaritàmorfologiche e per i rapporti proporzio-nali del corpo, gli esemplari Orbetello26, Vulci V.01CM.A.;3 nell’ambito diA10B6 le anfore Cerveteri 115459 e Tori-no 4652. L’esemplare vulcente impiega-to come cinerario nella tomba a buca2001 proviene da un contesto datato al520-510 a.C. Una cronologia al primoquarto del v sec. a.C. è proposta perl’esemplare ceretano dalla tomba 567 diMonte Abatone, associato ad un’anfora

1 Tolfa 60077, 60076, Rendeli 1996, p. 48, n. FE6.10, tav. xvi, fig. 110; FE.6.9, tav. xvi, fig. 109.

2 Brocato 2000, p. 251.

3 Ai quali è forse possibile aggiungere l’esempla-re Monaco 850, mentre non sono valutabili le re-stanti anfore attribuite al gruppo: Monaco 848-849,Siena 38477, Finarte Milano 13-14.3.1963, n. 80 inSpivey 1987, p. 39.

Fig. 5. Anfora etrusca a figure nere.Tolfa, necropoli del Ferrone T19, n. 41

(da Brocato 2000).

Fig. 6. Anfora etrusca a figure nere.Tolfa, necropoli del Ferrone T19, n. 82

(da Brocato 2000).

attribuita al Gruppo di Monaco 892, unoskyphos attico a figure nere e un askosattico a figure rosse.1 Rientra, invece,nel tipo A20B5 l’anfora Orbetello 706.

Infine, un ulteriore tipo peculiare del-le anfore di piccole dimensioni potrebbeessere individuato dalle due anforette diLeipzig T 3309 e T 3310, assegnate da Spi-vey al Pittore di Micali.

Dall’analisi finora condotta è possibilecogliere alcune linee di tendenza evoluti-va: partendo da tipi con proporzioni piùmassicce, progressivamente si adottanoprofili più slanciati che si accompagnanoad una più accentuata articolazione dielementi morfologici quali anse e piedi.

Il tipo più antico, per i confronti isti-tuibili con la produzione attica ed etru-sca (Gruppi delle Foglie d’Edera, La Tol-fa) è costituito da A20A1. Gli altri duetipi del primo raggruppamento (A20A2e A20A3) mostrano una tendenza a svi-luppare le proporzioni del corpo, secon-do un’evoluzione che si delinea anchenel secondo raggruppamento. Avvalo-rano tale ipotesi alcune considerazionirelative allo sviluppo delle anse e del pie-de. Le prime, infatti, a nastro o a triplicebastoncello in A20A2, divengono stabil-mente a triplice bastoncello in A20A3. Ilpiede, invece, ad anello semplice inA20A1, assume progressivamente unprofilo più articolato già nell’ambito deltipo A20A2. In questa prospettiva, laprotratta adozione dell’orlo a fascia,condivisa dai tipi A10A2-3 e A20B2-4,può verosimilmente individuare la con-tinuità di un repertorio morfologico daascrivere a differenti botteghe o all’atti-vità di più ceramografi nell’ambito diuna stessa officina.

Nell’ambito del secondo raggruppa-mento (A20B) il corpo ovoide delle an -fore con orlo a echino subisce una mag-giore rastremazione nell’ambito del tipoA20B5, fino ad assumere proporzioni piùslanciate, con i corpi delle anfore tenden-ti al piriforme. Le anse, a duplice o tripli-ce bastoncello in A20B4 e A20B5, sonoquasi esclusivamente a triplice costola -tura in A20B7. Il labbro, inoltre, si carat-terizza per un progressivo assottiglia-mento evidente nell’ultimo tipo A20B8.

[Virginia Ibelli]

Le altre produzioni etrusche a figure nere(Tav. vi)

Tra la fine del vi e gli inizi del v sec.a.C., contemporaneamente all’affer-marsi della bottega del Pittore di Micali,si sviluppano altre officine, delle quali,tuttavia, non sembra ancora possibiletracciare in maniera definita i contorni,a causa di un’attribuzione affidata a pa-rametri di tipo esclusivamente stilistico.Un gruppo cospicuo di vasi è stato riu-nito sotto il nome del Gruppo dei Boccidi Loto, identificato per la prima voltada T. Dohrn sulla base del motivo deco-rativo secondario della spalla.2 All’inter-no del gruppo alcuni vasi sono stati riu-niti e attribuiti al Pittore dei Satiridanzanti, individuato per la prima voltada J. G. Szilágy.3

1 Rizzo 1994, pp. 9-15.

2 Dohrn 1938, pp. 289-290. Il gruppo, limitatoda J. D. Beazley (EVP, p. 18) a tre soli esemplari è sta-to notevolmente incrementato nel tempo, con attri-buzioni non sempre unanimemente condivise, perle quali cfr. Schwarz 1989 e 1991; Gaultier 2003,pp. 64-72 e 2005.

3 Szilágy 1981. Elenchi non completamentecorrispondenti delle opere del pittore sono fornitida Gaultier 2003 e Martelli 2004.

78 luca cerchiai · raffaella bonaudo · virginia ibelli

I pittori del Gruppo dei Bocci di Lotodipingono su diversi supporti vascolari:anfore, crateri, oinochoai, olpai, conuna netta prevalenza delle prime, cherappresentano più del 50% dell’interaproduzione.

Dal punto di vista tipologico le anforeper le quali è possibile individuare il pro-filo (Paris S 4154; Paris Cp 11069; Paris S4151; Malibu 68.AE.17; Karlsruhe 71 / 37;Roma MC 14; Boston 13.158; Milano 7200;Civita 18597; Milano A.O.9.7205) possonoessere comprese all’interno della varietàA20B5a e si assimilano, pertanto, adesemplari attribuibili prevalentementealla scuola del Pittore di Micali,1 pur pre-sentando rispetto a questi una più legge-ra insellatura delle anse. Lo stato delladocumentazione disponibile, costituitaprevalentemente da fotografie, non con-sente di precisare l’evoluzione morfolo-gica del tipo all’interno della bottega, male anfore attribuibili al Pittore dei Satiridanzanti sembrano caratterizzarsi perun rapporto altezza / larghezza massi-ma più prossimo a 1 rispetto agli altri vasidello stesso tipo prodotti dal Gruppo deiBocci di Loto, rivelando una progressivatendenza ad assumere una forma piùslanciata e un orlo più basso.

Non trova riscontro immediato la for-ma dell’anfora Firenze 4168, apparenta-ta da M. Martelli al Pittore dei Satiri dan-zanti, benché non attribuita alla manodell’artigiano.2

Come è stato recentemente propostoda F. Gaultier, le provenienze noteorientano a collocare l’attività della bot-tega a Cerveteri, piuttosto che a Vulci oad Orvieto.3

Per la cronologia non si dispone di ag-ganci precisi: le anfore Milano A 7199 eA 7200 provengono dalla T. 211 di MonteAbatone, di cui non è stato possibile ri-costruire la pertinenza dei corredi, chepresentano materiale databile tra l’ulti-mo quarto del vi e la prima metà del vsec. a.C.;4 l’anfora Milano A 15290, è sta-ta rinvenuta nella tomba a camera 290della Banditaccia (Laghetto ii), in asso-ciazione a materiale prevalentementedatabile tra fine vi e inizi v sec. a.C.;5l’anfora s. inv. del Museo Civico di Cer-veteri, che, data la documentazione, so-lo genericamente può essere assimilataalla varietà tipologica A20B5, è stata uti-lizzata come cinerario della T. 349 dellazona A del Nuovo Recinto, ma anche inquesto caso si può solo proporre unadatazione generica tra fine vi e inizi vsec. a.C.6

Non trova confronti morfo-tipologiciné all’interno del Gruppo dei Bocci diLoto, né nel panorama tipologico dellealtre anfore etrusche a figure nere l’anfo-ra Berkeley 8.445, caratterizzata da corpoovoide rastremato, alto labbro ad echino,piede a disco e anse a sezione insellata, at-tribuita al Gruppo dei Bocci di Loto da L.Bonfante,7 ma, forse più correttamente,avvicinata da F. Gaultier alla UprooterClass.8

1 Cfr. infra. 2 Martelli 2004.3 Gaultier 2005; la proposta era già in Dohrn

1938, pp. 289-290. Contro tale attribuzione Roncal-li, Bonfante 1991, p. 245, che rifiutano l’ipotesi ba-sandosi sull’esame stilistico che, secondo gli studio-si, avvicina la produzione dei Bocci di Loto alGruppo di Orvieto.

4 Gli Etruschi e Cerveteri, pp. 183-188.5 Gli Etruschi e Cerveteri, pp. 154-160. Si segnala,

tuttavia, la presenza di una pelike attica a figure ros-se che può arrivare cronologicamente fino alla me-tà del v sec. a.C. 6 Ricci 1955.

7 Roncalli, Bonfante 1991, pp. 248-249.8 Gaultier 2003, pp. 71-72.

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 79

Un gruppo di anfore (Paris E 755;Chiusi 577; Hambourg, Coll. Priv.; Co-penhaghen s. inv.) si inquadra in manieraomogenea all’interno della varietàA20B5b: i vasi rientrano tra quelli attri-buiti da F. Gaultier al Pittore della Dan-zatrice con i crotali1 e datati, solo su basistilistiche, tra il 480 e il 460 a.C., con unsensibile abbassamento della cronologiarispetto alle anfore della scuola del Pitto-re di Micali ascrivibili alla stessa varietàtipologica.2 Allo stesso pittore la studio-sa connette le anfore a profilo continuoWürzburg L 7993 e Civita 18597, altre vol-te attribuita al Gruppo dei Bocci di Loto,che, in base alla documentazione foto-grafica, può solo ipoteticamente ricon-nettersi al tipo A20B5, presentando ri-spetto agli altri esemplari un collocilindrico più basso e stretto.

Problemi maggiori rispetto alla docu-mentazione si presentano se si passa aconsiderare la produzione dei cosiddetti“Pittori Atticizzanti”: si dispone, infatti,quasi sempre di fotografie, spesso nonverticali, per cui risulta difficile ricostrui-re i profili delle anfore.

La valutazione delle dinamiche pro-duttive connesse a questi gruppi oscillasostanzialmente tra due posizioni: lapossibilità di considerare i vasi – e, in par-ticolare, quelli attribuiti ai Pittori Mona-co 892, Monaco 883 e Vaticano 265 – co-me prodotti di un’unica bottega4 e quelladi riconoscere anche all’interno del rag-gruppamento riconducibile ai tre pittoriun’organizzazione complessa delle offi-cine con un fitto intreccio di collabora-zioni.5

Le due posizioni si fondano prevalen-temente sull’esame stilistico delle raf -figurazioni, anche se si può segnalarel’accuratezza dell’analisi condotta re-centemente da M. Pistolesi sul Gruppodi Monaco 892.6

I vasi attribuibili ai gruppi atticizzantisi collocano tra il tipo A20B5 e il tipoA20B7, con una netta prevalenza dei va-si connessi al Pittore di Monaco 892 al-l’interno del primo tipo. Per quanto ri-guarda le anfore che rientrano nel tipoA20B7, in assenza dei disegni, si intuisceun processo evolutivo che, contempora-neamente all’assottigliamento della for-ma del corpo da ovoide a piriforme, pre-vede una maggiore altezza e svasaturadel collo.

Molti esemplari sono stati rinvenutinel territorio chiusino, dove sono spessoadoperati come cinerario. Da Campor-sevoli proviene l’anfora di Dresda conscena di sacrificio.7 Dalla T. 30 di Sartea-no sono stati recuperati alcuni fram-menti di anfora attribuita al Pittore Vaticano 265.8 Da Camporsevoli proven-gono anche due prodotti impegnativi at-tribuiti al Gruppo di Monaco 892: l’an -fora frammentaria con scena diGigantomachia9 e quella della collezio-ne Grossi con scena erotica, che trovastretti confronti dal punto di vista stilisti-co e tettonico con l’unica attestazione fi-gurata dall’Etruria padana costituita dal-l’anfora Bologna 28846, inseribile neltipo A20B5 e databile al passaggio tra vie v sec. a.C.10 La stessa cronologia puòessere proposta per l’anfora dalla T. 515

1 Gaultier 1987b e 2003, pp. 59-62.2 Cfr. supra. 3 Cfr. supra.4 Schwarz 1984, p. 70; Martelli 1992, p. 348,

nota 1. 5 Pistolesi 2004.

06 Pistolesi 2004.07 Martelli 1992; Colonna 1997.08 Paolucci 2007, p.14.09 Rizzo 1994, p. 312.10 Govi 2003.

80 luca cerchiai · raffaella bonaudo · virginia ibelli

di Tolle, anch’essa assimilabile al tipoA20B5, associata ad una kylix attica da-tabile tra 500 e 490.1 Allo stesso tipo rin-via l’anfora Tolfa 125847, attribuita alGruppo di Monaco 883, rinvenuta nellaT. 19 della Riserva del Ferrone, la cui se-conda fase di utilizzo si data tra la finedel vi e la prima metà del v sec. a.C.2Mancano, invece, associazioni determi-nanti per chiarire la cronologia della T.126, dalla quale proviene l’anfora-cinera-rio attribuita al Gruppo di Monaco 883,apparentabile al tipo A20B7.3 Allo stessotipo sembra rinviare l’anfora Cerveteri115458,4 rinvenuta nella T. 567 di MonteAbatone, in associazione, tra l’altro, adun’anfora del Gruppo di Orbetello, e da-tata entro il primo quarto del v sec. a.C.5

La fase finale della produzione etru-sca a figure nere sembra conoscereun’ultima personalità di spicco nel Pitto-re di Gerusalemme, la cui produzione siconcentra su anfore e stamnoi.6 La pro-duzione del Pittore di Gerusalemme in-teressa tutto il territorio di Chiusi, doveè possibile localizzare le provenienzenote e i vasi sono generalmente adope-rati come cinerari, secondo un uso do-cumentato nel territorio anche per leanfore dei gruppi atticizzanti.7

Per quanto riguarda la tettonica le an-fore del Pittore di Gerusalemme rientra-

no nei tipi A20B7 e A20B9 e indicanouna tendenza evolutiva che dai primitentativi, ancora fortemente condizio-nati dalle produzioni atticizzanti, muo-ve autonomamente verso l’elaborazio-ne di una forma caratterizzata da unprofilo quasi cilindrico, con uno svilup-po graduale del piede, che non trovaconfronti all’interno della produzioneetrusca a figure nere e nelle produzioniattiche non solo figurate. Un analogosviluppo del piede, che, però, sembra as-sumere una forma sostanzialmente atromba, si riscontra solo nell’anfora mi-caliana Bourges 883.71.113.8

Non tutti i contesti consentono di de-finire una griglia cronologica per la pro-duzione del pittore: l’anfora dalla T. 131di Tolle è adoperata come cinerario diuna delle due sepolture che interessanoin un breve lasso di tempo compreso nelprimo quarto del v sec. a.C.9

Due esemplari attribuibili al pittoresono stati rinvenuti nella stessa necropo-li all’interno di un unico contesto (T.155), in cui svolgevano, l’uno, la funzio-ne di cinerario, l’altro di offerta pressol’ingresso della tomba: gli elementi delcorredo consentono di datare la sepoltu-ra tra 500 e 480, cronologia che coincidecon quella proposta da G. Paolucci perl’attività del pittore.10

[Raffaella Bonaudo]

Conclusioni

L’analisi del repertorio tipologico dellaforma dell’anfora, anche se ad uno sta-dio preliminare, che andrebbe integrato

1 Paolucci 2007, pp. 100-107.2 Brocato 2000, pp. 238 e ss.3 Paolucci 2007, pp. 5t0-57.4 Del vaso, purtroppo, non si dispone del dise-

gno ovvero di una fotografia verticale utile a definir-ne con precisione il profilo.

5 Rizzo 1994, pp. 9-12.6 Identificato per la prima volta da Martelli

1992, p. 346; cfr. Paolucci 2007, p. 27, per un elencodei vasi attribuiti al pittore.

7 Paolucci, Rastrelli 1999; Paolucci 2001;2004; 2007.

08 Cfr. supra.09 Paolucci 2007, pp. 58-75.10 Paolucci 2007, pp. 76-87.

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 81

in primo luogo con l’esame tipologicodei sistemi decorativi, consente di indi-viduare alcune linee di approfondimen-to utili a chiarire aspetti connessi con ledinamiche di produzione dell’interaclasse.

Nella fase iniziale della produzioneetrusca figurata non sembra possibileindividuare immediatamente un refe-rente tipologico privilegiato dai cerami-sti: il termine di confronto è costituitosempre dalla produzione attica figurata,benché ancora forti appaiano i legamicon il repertorio di tradizione greco-orientale. Dalla metà del vi sec. a.C. siassiste alla nascita di officine ben distin-guibili e spesso specializzate nella pro-duzione di poche forme. L’officina delleFoglie d’Edera adotta tipi diffusi dal Pit-tore di Amasis, producendo la formadell’anfora a profilo continuo ovoide,che non riscuoterà successo nelle produ-zioni più recenti. Rispetto al modello at-tico, il gruppo ripropone sostanzialmen-te lo stesso processo evolutivo da formepiù tozze (A10A2) a proporzioni piùslanciate (A10A3). L’altro tipo individua-to, l’anfora di forma globulare con collosvasato (A10A1), sembra corrisponderepiuttosto ad una prima fase di produzio-ne dell’officina, ancora legata alle piùantiche esperienze attiche. Di contro, ilGruppo di La Tolfa si inserisce più pie-namente nel filone dello ionismo tardo-arcaico, adottando un tipo di anfora(A20B1) che, benché assimilabile ai mo-delli greco-orientali ai quali attinge an-che il repertorio formale attico, sembratrovare all’interno dell’atelier forme disperimentazione altrove ignote.

Accanto alle produzioni che si svilup-pano intorno ai centri di Vulci e Caere siriconoscono segmenti di produzione

non ben definibili (Gruppi CA 1870 e Uc-celli acquatici”), che probabilmente at-tingono agli stessi modelli, ma li rielabo-rano autonomamente, senza, tuttavia,dar vita a botteghe, nelle quali la produ-zione figurata non risulti un’esperienzaoccasionale.

L’esperienza di queste officine sem-bra, tuttavia, esaurirsi nel corso di unagenerazione per cedere il passo all’atelierdel Pittore di Micali, l’officina che domi-na il panorama delle produzioni etru-sche figurate dell’ultimo quarto del visec. a.C., destinata ad essere un referen-te anche per le produzioni successive.

L’atelier micaliano è dedito alla produ-zione di un’ampia gamma di forme va-scolari, caratterizzate da una pronuncia-ta variabilità tipologica, come si èpotuto verificare nel caso dell’anfora. Ilconfronto con le produzioni cronologi-camente anteriori delle Foglie d’Edera eLa Tolfa consente di individuare in unnumero esiguo di esemplari la testa diserie della produzione.1 Si tratta di treanfore già assegnate da N. J. Spivey allafase Early i-ii, che si connotano per pe-culiarità mor fologiche comuni, quali illabbro spesso e pronunciato, l’ansa consezione a bastoncello ed il piede ad anel-lo semplice. Nell’ambito delle anforecon labbro a fascia è possibile individua-re una linea di tendenza evolutiva chedal primo tipo descritto (A20A1) siestende al terzo (A20A3): in modo nondissimile dalla sequenza descritta per lacoeva ceramica attica,2 si assiste ad unprogressivo sviluppo delle proporzionidel corpo che da ovoide, con tendenza alglobulare, diviene slanciato, mentre il

1 Tarquinia 856, Berlino F2152, Vaticano 17689.2 Bloesch 1951; Agorà xxiii, p. 8.

82 luca cerchiai · raffaella bonaudo · virginia ibelli

labbro assume un profilo lievementeconcavo e meno aggettante. Contempo-raneamente l’atelier produce anfore conlabbro a echino (A20B) per le quali la se-quenza dei tipi delinea una tendenzaevolutiva analoga a quella delle anforecon labbro a fascia, sebbene articolata inuna variabilità tipologica maggiore, de-terminata anche dalla produzione di an-fore di piccole dimensioni, decorate solocon motivi fitomorfi e geometrici. Pureper le anfore con labbro a echino (A20B)i corpi assumono progressivamenteproporzioni più slanciate che conduco-no ad un profilo tendente al piriforme,associato ad un progressivo assottiglia-mento del labbro e allo sviluppo del col-lo. La comune evoluzione tipologica la-scia supporre una contemporaneità tra itipi A20A2 e A20B3, A20A3 e A20B6. Lafrequenza dei tipi A20A2 e A20B3 indi-ca, inoltre, che essi coincidono con ilmomento di maggiore attività dell’offi-cina, ancorabile in base ai contesti di rin-venimento, agli anni 520-510 a.C. Sebbe-ne ad uno stadio iniziale della ricerca,l’alta variabilità morfologica riscontrataper le anfore, in accordo con la contem-poranea produzione di esemplari conlabbro a fascia e a echino, contribuisce atratteggiare per la produzione micalianai primi lineamenti di un atelier in cuioperano contemporaneamente piùmaestranze, le cui peculiarità potrannoessere definite mediante l’estensionedell’analisi tipologica alle altre formevascolari e lo studio dei motivi decorati-vi e dei programmi figurativi.

Questa linea di sviluppo della ricercapuò contribuire a chiarire le relazioni tral’atelier del Pittore di Micali e le altre coe-ve botteghe etrusche a figure nere, chesembrano selezionare solo alcune delle

forme lì elaborate, arrivando con il Pitto-re di Gerusalemme a sperimentare tipo-logie innovative altrove non attestate(A20B9).

[R.B.-V.I.]

Il repertorio iconografico:il caso di Eracle nella produzione

dell’atelier micaliano

Tappe successive della ricerca sono l’ana-lisi dei sistemi decorativi e la disaminadei programmi figurativi, mediante l’ap-plicazione di un approccio di tipo semio-logico. L’adozione di tale metodo si basasull’ipotesi che la combinazione dei datiscaturiti dall’analisi morfo-tipologica edall’indagine sui sistemi decorativi sia ingrado di rendere conto delle regole sot-tese alla produzione e alla organizzazio-ne di uno o più ateliers, nell’ambito deiquali coopera una pluralità di maestran-ze impiegate in ambiti specializzati.

Si tratta, come è ovvio, di un program-ma molto ampio e ambizioso, che do-vrebbe implicare un lavoro di équipe: inquesta sede si presenta solo un ‘saggio’esplorativo dedicato al tema di Eraclenella produzione micaliana, benché lostadio iniziale della ricerca non consentadi apprezzare a pieno la relazione tra il te-ma iconografico e le forme.

Appare, infatti, un dato non trascurabi-le che l’eroe sia rappresentato nove voltenell’ambito della produzione, in due hy-driai e sette anfore: una frequenza signifi-cativa se si considera che il repertorio ico-nografico micaliano è prevalentementeriservato a scene ‘di genere’. Tra le atte-stazioni sono compresi due esemplari dieccezionale qualità quali l’hydria Firenze4139 e l’anfora Ticino, coll. privata, com-presa nel tipo A20B7, connotato dal cor-

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 83

84 luca cerchiai · raffaella bonaudo · virginia ibellipo slanciato tendente al piriforme. Treesemplari, invece, rientrano nel tipoA20B4 (Vaticano 34604, Orvieto 2740, Pa-lermo 1498), mentre solo due apparten-gono al raggruppamento delle anforecon labbro a fascia (tipo A20A2: Vaticano35767, Würzburg HA 18).

In particolare le ricorrenze rinviano atre schemi iconografici riservati all’eroe:il primo tipo è stante, il secondo è dispo-sto all’attacco, come indica sia l’impo -stazione delle gambe, distanziate e sal -damente impiantate al suolo, sia ladisposizione delle braccia piegate al go-mito, una lievemente protesa, l’altra por-tata più in alto. Il terzo è, invece, in corsae si distingue dal secondo schema perl’assenza del braccio sollevato con la cla-va: l’arto, in questo caso, è portato in bas-so, determinando l’apertura delle brac-cia distanziate ai lati del corpo.

Gli esemplari considerati sono stati as-segnati al Pittore di Micali, eccetto l’an-fora Vaticano 35767 della collezione Asta-rita1 e l’anfora orvietana (Orvieto 2740)ascritta alla bottega micaliana da M. Cap-pelletti che l’avvicina stilisticamente allaprecedente.2

Eracle è caratterizzato dagli attributidi arco e clava, mentre la leontè è attestatasolo in tre esemplari del secondo tipo. Ènel complesso denotato come giovaneper l’assenza della barba, attestata solonell’hydria Firenze 4139, in cui è rappre-sentata la sua apoteosi.

Altra peculiarità iconografica che con-nota l’eroe nell’intero corpus è la capiglia-tura riccioluta raccolta in un krobylos de-

sinente con una frangia sulla fronte, se-condo uno stilema caratteristico del Pit-tore di Micali.3 Tale tipo di capigliaturadenota Eracle anche nel repertorio dellehydriai ceretane e rappresenta un attri-buto “che l’eroe condivide con gli atleti esoprattutto con i lottatori, costituendo-ne una sorta di precedente”.4

Sostanzialmente uniforme è anche iltipo di costume, di solito costituito dalperizoma tipico degli atleti, non estra-neo all’iconografia etrusca dell’eroe(Fig. 7): a tale proposito si deve rimanda-re all’analisi di G. Colonna sulla statua diEracle del donario di Portonaccio a Veio,con l’eroe che indossa la spoglia del leonedi Nemea avvolta intorno alla vita comeun perizoma.5

Nella serie vascolare la leontè è attesta-ta solo in tre casi, in ciascuno dei quali ècaratterizzata da peculiarità distintive.

Il primo caso è rappresentato dall’an-fora Vaticano 34604 (Fig. 8), che restitui-sce anche il tipo iconografico più com-pleto, in cui sono presenti tutti gliattributi dell’eroe – clava, arco e faretra;la leontè è annodata sul petto, con le zam-pe della fiera ben distinguibili, mentre latesta è disposta alle spalle dell’eroe, rove-sciata. Dagli avambracci sollevati di Era-cle partono due linee incise che si con-giungono sull’addome e ai fianchi è unmorbido panneggio, mosso in numerosepieghe, non dissimile dal perizoma più

1 Spivey 1987, p. 33. Rizzo 1989 vi riconosce unpiù deciso legame con la produzione delle hydriaiceretane.

2 Cappelletti 1992, p. 98.

3 Spivey 1987, pp. 48-49.4 Bonaudo 2004, p. 98, con bibliografia.5 Un particolare che, come ha sottolineato lo

studioso, trova confronto nella piccola bronzisticaetrusca e italica dalla fine dell’arcaismo fino all’etàellenistica, Colonna 1987a, p. 21. Per la presenzadell’abbigliamento atletico nel Gruppo del Perizo-ma come una precisa scelta dei ceramografi atticideterminata dalla committenza etrusca cfr. McDonnel 1993.

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 85

ampiamente attestato: la disposizionedella pelle ferina rinvia all’iconografia ci-priota dell’eroe, attestata nell’acroteriodi S. Omobono, in cui l’eroe indossa sot-to alla pelle ferina una corta tunica, quipiù vicina all’indumento degli atleti.1

Più difficile appare descrivere, in basealle immagini disponibili, la precisa di-sposizione della pelle ferina nell’hydriaMarsiglia 3098: è tuttavia possibile nota-re che la testa del leone è eretta, con lefauci spalancate, quasi fosse ancora ani-mata.

In entrambi i casi il contesto della rap-presentazione è stato interpretato comeuna gigantomachia.

La leontè, infine, ricorre nell’anforaWürzburg HA 18 (Fig. 9), in cui la spo-glia del leone è avvolta e annodata a pro-teggere il braccio sinistro.

Ma non è questa l’unica peculiaritàiconografica che connota l’eroe nellarappresentazione, dal momento che egli

indossa una corazza: un abbigliamentoalternativo, non estraneo all’iconografiaetrusca dell’eroe, che compare in un’hy-dria ceretana con l’athlon dell’hydra, perla quale R. Bonaudo ha proposto di rico-noscere l’Eracle oplismenos,2 attestatoanche nel gruppo acroteriale del tempioB di Pyrgi.3

Può essere opportuno approfondire lapertinenza delle soluzioni iconografichedell’anfora Würzburg HA 18, conside-rando l’intera rappresentazione dipintasul corpo del vaso, costruita come un fre-gio continuo. Partendo da Eracle e proce-dendo da sinistra verso destra, l’eroe risulta affrontato ad un personaggio bar-bato che indossa corazza e schinieri edimbraccia lo scudo nella sinistra, mentre

1 Colonna 1987a, pp. 32-33.2 Bonaudo 2004, pp. 103-104.3 Colonna 2000, pp. 289-291.

Fig. 7. Anfora etrusca a figure nere. Orvieto,Museo Claudio Faina, inv. 2740 (particolare

rielaborato da Cappelletti 1992).

Fig. 8. Anfora etrusca a figure nere.Vaticano, Museo Gregoriano Etrusco,inv. 34604 (particolare rielaborato da

Un artista etrusco).

il braccio destro, piegato al gomito, è sol-levato con la mano stretta in un pugno.Segue una serie di quattro coppie affron-tate, costituite da figure maschili, imber-bi e barbate, che indossano una panopliacompleta: elmo, schinieri e, come l’av-versario di Eracle, lo scudo, sollevandol’altro braccio con il pugno chiuso. Si di-stingue per lo schema compositivo il pe-nultimo gruppo costituito da tre unità:una coppia di guerrieri armati, uno deiquali, retrospiciente, si rivolge verso unterzo personaggio che, privo di scudo,solleva entrambe le mani chiuse a pugno.

Anche in questa scena si è proposto diriconoscere una gigantomachia del-l’eroe,1 in modo non dissimile dalle rap-presentazioni del combattimento tra di-vinità e giganti che ricorrono nell’hydriaMarsiglia 3098, nell’anfora Monaco 853,nell’anfora Vaticano 34604 e probabil-mente nell’anfora Orvieto 2740.2

Senza entrare nello specifico delleidentificazioni dei personaggi che inter-vengono in queste rappresentazioni, per

le quali si rende indispensabile un’inda-gine iconografica puntuale, è possibilenotare la distanza che separa la rappre-sentazione dell’anfora Würzburg HA 18dalle altre rappresentazioni della gigan-tomachia appena citate.

Nell’anfora di Würzburg, alle notatepeculiarità iconografiche che investonola figura di Eracle, si aggiunge, infatti,che gli armati contrapposti non sonodifferenziati gli uni dagli altri, ma sonodotati di armatura e, privi di lancia, di-spongono lo scudo in posizione di difesa(Fig. 10).

L’assenza di distinzione tra i personag-gi armati appare evidente se confronta-ta, ad esempio, con la rappresentazionedell’hydria Marsiglia 3098 in cui i giganti,sebbene dotati di corazza, si servono dimassi per combattere, un’arma ‘natura-le’ della quale è stata sottolineata l’ap-partenenza alla sfera della sauvagerie. Adessi si oppongono Eracle ed Atena perl’abbigliamento, ma anche per le armiadottate: il primo impugna l’arco e la cla-va mentre la dea reitera il gesto, serven-dosi di un’arma in cui è possibile ricono-scere un arbusto o forse l’arto che la deaha già divelto al suo avversario. Tale par-ticolare, come osservato da G. Cam -poreale, consente di identificare nel gi-gante sconfitto Akrathe attraverso ilconfronto con uno specchio etrusco dietà ellenistica, dove il personaggio èidentificato dall’iscrizione.3 È interes-sante notare che dalla cornice che inqua-dra il fregio figurato sul corpo della stes-sa hydria spuntano due foglie d’edera,non dissimili da quelle rappresentate inalcune scene di caccia e di komos,1 ascrit-te al Pittore di Micali e più facilmente ri-

1 LIMC v, s.v. Hercle, p. 228, n. 296 (S. J. Schwarz)che rinvia al numero 406 della voce dedicata ai Gi-gantes, n. 409.

2 In questo caso l’editrice del vaso sembra piut-tosto propendere per identificarvi un’amazzono-machia, Cappelletti 1992, p. 97. 3 LIMC i, s.v. Akrathe, p. 447, n. 1.

Fig. 9. Anfora etrusca a figure nere.Würzburg, M. Wagner Museum, inv. HA18,

particolare (da CVA, Würzburg).

86 luca cerchiai · raffaella bonaudo · virginia ibelli

conducibili alla sfera dionisiaca: appareopportuno chiedersi se anche nel casodell’hydria marsigliese l’edera che spun-ta dalla cornice possa essere in grado dievocare la presenza del dio.

Tornando all’anfora di Würzburg ladistanza dalle scene in cui Eracle è coin-volto in una gigantomachia è ancor piùmarcata dalla disposizione di uno degliarti superiori sollevato e con la manochiusa in pugno che connota tutti i par-tecipanti alla scena eccetto l’eroe stesso

che, tuttavia, reca la leontè annodata allasinistra, quasi fosse un cestus. Lo sche-ma, per la peculiare disposizione degliarti superiori, trova confronto nella pra-tica atletica del pugilato, ampiamenteattestato nell’imagerie etrusca e nonestraneo neppure al repertorio micalia-no, come, ad esempio sull’hydria Orvie-to 2700 (Fig. 11).

La pratica atletica del pugilato è ac-compagnata dal suono del flauto nelcomplesso fregio dell’anfora Londra B64.2 Inoltre, la componente musicalenon è forse assente in altre due ricorren-ze offerte dal repertorio micaliano, lehydriai Budapest T 765 (Fig. 12) e Firen-ze 172 (Fig. 13).

È merito di J. Szilágyi e J.-P. Thuilleraver individuato in quest’ultime duerappresentazioni una performance chepartecipa contemporaneamente dellapratica atletica e della danza.3 In en-

1 Ad esempio cfr. l’hydria Monaco 895 o l’anforaWürzburg HA 19.

2 Thuiller 1993; van der Meer 1986.3 CVA, Budapest I, pp. 53-56; Thuiller 1993, pp.

34-42; la danza mimetica del pugilato trova un pun-tuale confronto con la ceramica attica a figure nerein una pelike del Pittore di Acheloo, in cui la prati-ca atletica, accompagnata dal suono del doppioflauto, è omologata “all’attitudine gioiosa di Sile-no” sull’altro lato del vaso, cfr. Cerchiai 2003, p.85, fig. 7.

Fig. 10. Anfora etrusca a figure nere.Würzburg, M. Wagner Museum, inv. HA18,

fregio del corpo (da CVA, Würzburg).

Fig. 11. Hydria etrusca a figure nere.Orvieto, Museo Claudio Faina, inv. 2700

(da Cappelletti 1992).

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 87

trambi i casi giovani appartenenti a dif-ferenti classi d’età, come indicano le di-verse fogge di capelli e l’abbigliamentoindossato – perizoma o corto chitone –si dispongono affrontati con le bracciasollevate, una mano chiusa a pugno el’altra con il palmo disteso, secondo unoschema attestato anche nei rilievi chiusi-ni, in cui la pratica atletica è accompa-gnata da un auleta. A tal proposito nonsembra casuale che sulla spalla di en-trambe le hydriai micaliane ricorra larappresentazione di una gorgone, la cuivoce nelle fonti letterarie è assimilata alsuolo dell’aulos.1

In uno studio recente L. Cerchiai ha

valorizzato la relazione istituibile tramusica e pugilato anche nelle tombe di-pinte, dove gli atleti disposti ai lati dellaporta di ingresso possono essere omolo-gati ai comasti rappresentati nelle paretilunghe.2

La scena dell’anfora di Würzburg con-nota, dunque, il combattimento di Era-cle come una lotta simile al pugilato, co-me è confermato dal rapporto istituibilecon l’agone dei satiri raffigurato sui pan-nelli della spalla (Fig. 14): sul lato di Era-cle, un sileno affronta un satiro nerboru-to; entrambi recano le braccia sollevatecon una mano chiusa a pugno e l’altradistesa, come se fossero pugili. Alla sce-na si accompagnano due satiri più picco-li, uno dei quali suona l’aulos.1 Nell’esemplare di Budapest il gorgoneion cen-

trale è alato come le due pantere che lo inquadrano;in quello fiorentino la gorgone con il volto di pro-spetto è inquadrata da due figure femminili alate.

2 Tombe Cardarelli, della Fustigazione, del Te-schio e del Citaredo.

Fig. 12. Hydria etrusca a figure nere. Budapest, Musée Hongrois des Beaux Artes, inv. T765(da CVA, Budapest).

88 luca cerchiai · raffaella bonaudo · virginia ibelli

Nell’altro riquadro, i satiri si sciolgo-no nella frenesia della danza, ma unaperdita di equilibrio travolge alcuni diloro, caduti come se fossero stati messial tappeto.

Il gioco dei satiri delinea una mimesidella pratica atletica, il cui significato siproietta sulla scena dipinta sul corpo:Eracle imberbe è intento in un combat-timento non istituzionalizzato controun avversario adulto che, pur indossan-do corazza e scudo, non può identificar-si con un oplita; lo stesso agone si redu-plica nelle coppie di armati pertinenti adiverse classi di età, rispetto alle qualil’eroe costituisce l’exemplum per la sferadei giovani.

Ma, attraverso la connessione istitui-

bile con il tiaso dei sileni, l’anfora contri-buisce anche ad evocare la stretta rela-zione tra Dioniso ed Eracle: un rappor-to strutturale che sembra trovareconferma in un’anfora della collezioneAstarita (Vaticano 35767), prodotta nel-l’atelier micaliano, in cui l’eroe armatodi clava ed arco affronta una figura conlunghi capelli, generalmente interpreta-ta come Hera / Uni, in soccorso dellaquale l’eroe interviene contro i sileni.

Alla silenomachia, nota da pochi mo-numenti figurativi, tra i quali le metopedell’Heraion alla foce del Sele e una cele-bre coppa di Brygos, allude probabil-mente la scena di un’altra anfora asse-gnata al Pittore di Micali della collezioneCasuccini (Palermo 1498, Fig. 15): Era-cle avanza di corsa nella direzione di unafigura femminile con lunghi capelli, ve-stita di chitone, che corre inseguita datre sileni itifallici. Un tralcio d’ederasembra avvolto al polso sinistro della fi-

Fig. 13. Hydria etrusca a figure nere.Firenze, Coll. Poggiali 172 (particolare

rielaborato da Un artista etrusco).

Fig. 14. Anfora etrusca a figure nere. Wür-zburg, M. Wagner Museum, inv. HA18,

spalla lati a-b(da CVA, Würzburg).

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 89

gura femminile. Lo schema iconografi-co adottato è distante tanto da quellopestano, di tradizione argivo-pelopon-nesiaca,1 in cui la divinità è alle spalledell’eroe che avanza contro i sileni,quanto dalla scena della coppa di Bry-gos, che si compone di due gruppi af-frontati costituiti da Eracle, Hera ed Her-mes che si oppongono ai sileni.2

Nell’anfora del Pittore di Micali a Pa-lermo l’intervento di Eracle è calato nel-lo schema tipico dell’inseguimento delsileno alla menade: anche in assenza diattributi specifici, la composizione fa ri-ferimento come modello paradigmaticoall’episodio mitico in cui l’eroe culturaleprotegge la dea, o la sua ancella Iris, dal-la sauvagerie dei sileni.

Un’analoga prospettiva informa ilprogramma figurativo dell’hydria Firen-ze 4139 con apoteosi di Eracle, già ap-profondito da B. d’Agostino: l’eroe ac-colto dall’assemblea olimpica, rivolge losguardo fuori dal campo ed è quasi sepa-rato da essa da un tralcio verticale; l’esca-motage adottato dal ceramografo ricolle-ga Eracle alle rappresentazioni sullaspalla e sul collo dello stesso vaso, confi-gurando «un programma figurativocoerente che oppone alla sauvagerie deisileni sia il cosmo degli efebi che il mon-do degli dei».3

Rispetto a questa breve serie, più pro-blematica si presenta la scena dell’anfo-ra Astarita (Vaticano 35767): in primoluogo, è opportuno sottolineare la co-struzione dello schema, che si compone

di due gruppi affrontati: Eracle si dispo-ne all’attacco con arco e clava; alle suespalle è una figura, identificabile conAtena, armata di elmo e scudo, con chi-tone e, forse, corazza che solleva la de-stra con la mano chiusa ma priva di lancia. Ad essi si contrappone il perso-naggio con lunghi capelli con le bracciasollevate e le gambe lievemente divari-cate, che indossa un lungo chitone orna-to da una fascia resa con suddipintura,ma sulla veste indossa, come notato daL. Cerchiai, una «clamide avvolta ai fian-chi che lo accomuna ad Eracle come inuna sorta di travestimento agonistico».4Alle sue spalle sono due sileni: il primoprotende entrambe le braccia, redupli-cando il gesto di difesa, il secondo sem-bra atteggiare un passo di danza.

J.-P. Thuiller, in uno studio dedicato al-le scene agonistiche del repertorio mica-liano, ha proposto di riconoscere nella fi-gura contrapposta ad Eracle proprio lostesso Dioniso, intravedendo un legamecon la performance che mima la praticadel pugilato; a conforto di tale ipotesi è ilricorso di Atena alle spalle dell’eroe, as-sente nelle rappresentazioni in cui l’eroeè intento a difendere Hera / Uni: si tratta,infatti, di due distinte tradizioni del mitodi cui N. Valenza Mele ha chiarito origi-ne, significato e scarti.5

Si aggiunga, inoltre che rappresenta-zioni del dio del vino non sono assentinella produzione micaliana: si può infat-ti proporre di riconoscere l’anodos diDioniso in almeno due ricorrenze, l’oi-nochoe S. Pietroburgo B 4368 e l’anforaMonaco 861 dove il volto di grandi di-1 Pontrandolfo, Mugione, Salomone 1996,

p. 284.2 L. Cerchiai, in d’Agostino, Cerchiai 1999, p.

172 sgg., figg. 95-97.3 B. d’Agostino, in d’Agostino, Cerchiai 1999,

pp. 149-150.

4 Cerchiai 2009.5 Valenza Mele 1979, pp. 29 e ss.; B. d’Agosti-

no, in d’Agostino, Cerchiai 1999, p. 149.

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Fig. 15. Anfora etrusca a figure nere. Palermo, Museo Archeologico Regionale,inv. 1498 (da Coll. Casuccini).

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 91

mensioni del dio è rappresentato di pro-spetto e compreso tra due occhioni.1 Se-condo una prospettiva non dissimile, D.Paleothodoros ha recentemente propo-sto un’analoga identificazione per unaoinochoe a Göttingen, ascritta alla pro-duzione micaliana, in cui il volto del diodi prospetto è inquadrato da occhioni egiovani con tralci d’edera.2

Si prospetta pertanto la possibilità diriconoscere anche nell’anfora Vaticano35767, in cui Eracle affronta direttamenteDioniso, la stessa connessione tra prati-ca mimetica del pugilato e danza già de-scritta nella serie di rappresentazioniprecedentemente esaminata. In questadirezione sembra indirizzare non solol’ultimo sileno sulla destra che disponegli arti in una cadenza ritmata ma anchela scena di komos rappresentata sull’altrolato del vaso, in cui due giovani nudi simuovono sollevando una gamba al rit-mo dell’aulos (Fig. 16).

Infine, nell’ambito della produzionemicaliana solo un’anfora da collezioneprivata ticinese mostra uno degli athla

dall’eroe: la contesa per la tutela dellacerva protetta da Artemide, reduplicatacon poche variazioni, sotto le anse. Taleesemplare, oggetto di un recente contri-buto al quale si rinvia per la discussio-ne,3 presenta ancora una volta Eraclegiovanile e vestito dell’indumento pro-prio della palestra: in modo non dissimi-le dalle ricorrenze precedentementeanalizzate, l’episodio potrebbe fungereda exemplum mitico del mondo dei gio-vani, al quale esplicitamente rinvia lascena di colloquio e scambio di pegniamorosi rappresentata sul lato seconda-rio della stessa anfora.

[Virginia Ibelli]

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fig. 15-17, 19-20.2 Paleothodoros 2004-2007, pp. 189-190, figg.

3-4. 3 Ibelli 2010.

Fig. 16. Anfora etrusca a figure nere.Vaticano, Museo Gregoriano Etrusco,

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Webster 1972: T. B. L. Webster, Potter andPatron in Classical Athens, London, 1972.

Werner 2005: I. Werner, Dionysos in Etru-ria. The Ivy Leaf Group, Stockolm 2005.

la ceramica etrusca a figure nere come sistema di produzione 97

composto in carattere dante monotype dallafabriz io serra editore, p i sa · roma.

stampato e r ilegato nellatipografia di agnano, agnano p i sano (p i sa) .

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Giugno 2011(cz 3 · fg 22)