La geografia giudiziaria: luoghi e interpreti della giustizia in Sicilia, in Cultura e tecnica...

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STORIA DELL’AVVOCATURA IN ITALIA

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storia dell’avvocatura in italia

storia dell’avvocatura in italia

collana fondata dall’avv. sen. nicola Buccico

consiglio nazionale Forense

Presidente: prof. avv. Guido alpa

commissione per la storia dell’avvocatura (2010-2013)

coordinatore: avv. stefano Borsacchi

societÀ editrice il Mulino

cultura e tecnica Forense tra diMensione siciliana

e vocazione euroPea

a cura di

Francesco Migliorino e giacoMo Pace gravina

con la collaborazione di Maria sole testuzza

isBn 978-88-15-24234-1

copyright © 2013 by società editrice il Mulino, Bologna. tutti i di-ritti sono riservati. nessuna parte di questa pubblicazione può essere fotocopiata, riprodotta, archiviata, memorizzata o trasmessa in qual siasi forma o mezzo – elettronico, meccanico, reprografico, digitale – se non nei termini previsti dalla legge che tutela il diritto d’autore. Per altre informazioni si veda il sito www.mulino.it/edizioni/fotocopie

i lettori che desiderano informarsi sui libri e sull’insieme delle attività della società editrice il Mulino possono consultare il sito internet: www.mulino.it

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indice

introduzione, di Francesco Migliorino e Giacomo Pace Gravina

Parte PriMa: l’avvocatura tra continuità e cesure

Per una antropologia dell’avvocato siciliano dell’ottocento, di Giacomo Pace Gravina

le istituzioni dell’avvocatura italiana tra le due guerre, di Antonella Meniconi

Biblioteca, archivo, escribanía. Portrait del abo-gado Manuel cortina, di Carlos Petit

circoli, seminari, studi: spazi di contributo professionale alla cultura giuridica tra otto e novecento, di Aurelio Cernigliaro

Professioni legali: uno sguardo al futuro, di Vincenzo Di Cataldo

Parte seconda: avvocati siciliani tra Foro e Politica

Giovan Battista impallomeni avvocato tra «li-bertà politiche», questione sociale, «eccesso di potere nel giovane regno d’italia», di Floriana Colao

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catania 1863: il tempo della legge. i fatti di Bronte (agosto 1860), di Barnaba Maj

dossier carnazza: foro, accademia e potere politico dall’unità al fascismo in sicilia, di Giuseppe Speciale

il diritto in periferia: Giovanni sangiorgio Mazza e il suo Repertorio, di Agatino Cariola

Parte terza: luoghi della MeMoria

Patrimoni e incapacità. le corti siciliane tra otto e novecento, di Giovanna Sciuto

in difesa di chi «non chiese la vita e non merita di patire per conto d’altri», di Maria Sole Testuzza

retorica forense e valori della comunità. Que-stioni d’onore in alcuni processi siciliani, di Ernesto De Cristofaro

la geografia giudiziaria: luoghi e interpreti della giustizia in sicilia, di Antonio Cappuccio

la figura dell’avvocato siciliano nelle fonti let-terarie e cinematografiche, di Rossana Lista

indice dei nomi

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Quando trattasi di amministrare giustizia ogni sentimento di economia deve quasi tacere.

A. Margani Ortisi, La legge sull’ordinamentogiudiziario pel Regno d’Italia, 1866

1. Il problema della distribuzione dei presìdi giudiziari in Italia

La locuzione «geografia giudiziaria», coniata nel secolo XX per indicare la dislocazione sul territorio nazionale degli uffici giudiziari, campeggia assiduamente sulle pagine dei quotidiani d’informazione, nei dibattiti politici, nelle rela-zioni istituzionali1. Un coro di voci insoddisfatte si leva alto contro l’inadeguatezza dell’attuale assetto ordinamentale rispetto alla domanda di giustizia proveniente dalla comuni-

Antonio CAppuCCio

LA GEOGRAFIA GIUDIZIARIA: LUOGHI E INTERPRETI DELLA GIUSTIZIA IN SICILIA

1 Già nel Libro verde sulla spesa pubblica, voluto nel 2007 dall’allora ministro dell’Economia e delle Finanze Tommaso Padoa Schioppa, vi era un’apposita sezione dedicata alle spese della giustizia (pp. 24 ss.). «Le principali funzioni giudiziarie sono svolte non più da nove – come accadeva prima della riforma del giudice unico di primo grado attuata con la legge delega 16 luglio 1997, n. 254 – ma da sette tipologie di uffici giudiziari e il numero di sedi (anche a seguito di ulteriori interventi correttivi della geografia giudiziaria) è attualmente così articolato: 848 Uffici del Giudice di Pace; 165 Tribunali e relative Procure; 220 Sezioni distaccate di Tribunale; 29 Tribunali per minorenni; 29 Corti d’Appello (di cui tre sezioni distaccate) e relative Procure generali; Corte di Cassazione e relativa Procura generale; Tribunale Superiore delle acque pubbliche» (pp. 28-29). Dati importanti che, secondo la lettura offerta dal Ministero, imponevano «una revisione della geografia giudiziaria volta ad accorpare gli uffici di minori dimensioni» (p. 35). A distanza di cinque anni però si attende ancora che questi propositi vengano trasformati in un concreto riordino del sistema giudiziario italiano.

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tà2, e per far ciò sciorina dati statistici, tavole geopolitiche, analisi economiche, parametri insomma utili a documentare le presunte deficienze quantitative di certe sedi giudiziarie. Ma per i giuristi di professione, e tra questi segnatamente per lo storico del diritto3, l’esame non può esaurirsi, almeno non solamente, nell’approfondimento di piani cartesiani e tabelle; esistono altre variabili ugualmente condizionanti e pervasive: quella sociale, quella normativa, quella storica. Sono questi indicatori ad avvisarci dell’esistenza di carenze qualitative delle singole unità giudiziarie e dell’apparato nel suo complesso. Lo hanno asserito con convinzione e com-petenza tanto l’avvocatura quanto la magistratura.

Con il XXIX Congresso Nazionale Forense, svoltosi a Bologna nel 2008, si è avviata una discussione per appro-fondire i «criteri per un equilibrato riassetto» della geografia giudiziaria del nostro paese4. Qui è emerso come l’auspicata riforma non debba essere ridotta ad un «mero taglio delle

2 Tanto che qualcuno inizia a parlare di vexata quaestio: cfr. S. Pelle-grini, Il contenzioso giudiziario in Italia tra mutamento e riforme, Milano, 2008, pp. 109 ss., e lett. ivi citata.

3 Sulla centralità dell’opera che oggi è chiamato a compiere lo sto-rico del diritto si vedano le fondamentali pagine di P. Grossi, Storia del diritto e diritto positivo nella formazione del giurista di oggi, in «Rivista di storia del diritto italiano», 70 (1997), ora in Id., Società, diritto, Stato. Un recupero per il diritto, Milano, 2006, pp. 13 ss.; Id., Il diritto tra norma e applicazione. Il ruolo del giurista nell’attuale società italiana, in «Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno», 30 (2001), pp. 493 ss.; Id., La formazione del giurista e l’esigenza di un odierno ripensamento metodologico, in «Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno», 32 (2003), pp. 25 ss.; Id., Il ruolo del giurista, oggi, in «Studia et documenta historiae et iuris», 76 (2010), pp. XI ss.; Id., L’identità del giurista, oggi, in «Rivista trimestrale di diritto e procedura civile», 64 (2010), pp. 1089 ss.; Id., Un impegno per il giurista di oggi: ripensare le fonti del diritto, in Paolo Grossi, a cura di G. Alpa, Roma-Bari, 2011, pp. 19 ss.

4 Il testo, dal titolo La geografia giudiziaria. Quali criteri per un equi-librato riassetto, è stato curato da E. Prati, A. Garibotti, G. Agnusdei, G. Vaccaro (cfr. pagina web www.consiglionazionaleforense.it/on-line/Home/Eventi/Congressi/articolo5793.html). Sull’incontro bolognese cfr. M. Clarich, Sotto i colpi della crisi economica l’Avvocatura ridisegna la sua strategia, in «Guida al diritto», 47 (2008), pp. 11 ss.

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strutture esistenti»5, in quanto il cittadino ha diritto «ad un Tribunale a misura d’uomo all’interno del quale trovare celere risposta alle sue domande». Al bando una «gestione aziendalistica» dell’amministrazione della giustizia, che deve invece puntare a garantire

accessibilità senza fatica e a costi ragionevoli, vicinanza del po-tere statuale ai bisogni della gente, rapidità nella soluzione delle controversie e nella celebrazione dei processi, effettività delle decisioni adottate nell’ambito degli stessi6.

E per farlo occorre tener conto

della fondamentale considerazione che le realtà dei singoli uffici giudiziari si collocano in contesti territoriali, storico-culturali ed economici profondamente disomogenei7.

Anche il Consiglio superiore della magistratura ha pro-mosso e incentivato un aperto confronto8,

atteso che dall’unità di Italia ad oggi non vi è mai stato un inter-vento legislativo organico che si sia preoccupato di ridisegnare la geografia giudiziaria conformemente alla struttura ed ai reali bisogni della società civile9.

Le proposte del Csm però appaiono metodologicamente differenti da quelle sviluppate in seno all’organo forense. Al «reticolo giudiziario diffuso» immaginato dal Cnf per «avvicinare quanto più possibile il presidio di giustizia alla collettività», nella risoluzione del 31 gennaio 2010 l’organo di autogoverno della magistratura risponde con l’unificazione degli uffici giudiziari composti da meno di dieci magistrati e quelli che superano detta soglia, per poi arrivare – «a

5 Cfr. La geografia giudiziaria, cit.6 Ibidem.7 Ibidem.8 Cfr. Risoluzione concernente la revisione delle circoscrizioni giudi-

ziarie del 13 gennaio 2010 (consultabile sulla pagina web www.csm.it/circolari/100113_6.pdf).

9 Ibidem.

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regime» – ad «ulteriori accorpamenti», necessari a rispet-tare «la dimensione ottimale di venti unità»10. I motivi sarebbero plurimi: i tribunali con organici ridotti risultano «disfunzionali»; «l’affinamento di competenze specialisti-che per materie omogenee e predeterminate» dei singoli magistrati non appare attuabile; l’impiego frazionato delle somme destinate al settore giustizia genera una dispersione controproducente11.

Considerazioni di diversa matrice sostengono poi le argomentazioni dell’Organismo unitario dell’avvocatura, che ha inviato un’autonoma proposta al Csm12. Tre i punti nodali: raggiungimento di standard apprezzabili d’efficienza attraverso la informatizzazione di tutti gli uffici giudiziari e l’adeguamento del loro personale; conferma soltanto di alcune sedi distaccate, in specie quelle che «per particolare lontananza dalla sede di Tribunale o per particolare esten-sione di territorio o elevata urbanizzazione richiedono che il processo si svolga effettivamente in loco»; ridistribuzione all’interno di ciascun distretto o regione degli attuali cir-condari,

superando i confini geografici così da costituire Uffici con termini il più possibile omogenei, anziché chiudere strutture funzionanti e complete sotto il profilo dell’organizzazione delle persone e dei locali13.

In definitiva Cnf, Csm, Oua mettono in campo valori e interessi ugualmente meritevoli di tutela ma difficilmente conciliabili. Nonostante ciò i dislivelli si appianano su una

10 Si veda la sintesi del 17 dicembre 2010 pubblicata sul sito dell’As-sociazione Nazionale Magistrati: pagina web www.associazionenaziona-lemagistrati.it/notizie/2010/12/17/geografia-giudiziaria.aspx.

11 Cfr. Risoluzione concernente la revisione delle circoscrizioni giudi-ziarie, cit.

12 La Proposta di revisione della geografia giudiziaria è stata pubblicata sul sito dell’Oua: pagina web www.oua.it/NotizieOua/scheda_notizia.asp?ID=4653.

13 Ibidem. Sul punto cfr. anche M. De Tilla, Giustizia: senza l’avvio del processo di riforma nessun intervento sulla geografia giudiziaria, in «Guida al diritto», 8 (2010), pp. 11 ss.

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questione: una riforma globale – come quella che oggi si preannuncia alla luce della delega concessa al governo al fine di provvedere alla «riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari»14 – non può trascurare

14 Si tratta della legge 14 settembre 2011, n. 148, che all’art. 2 recita: «Il Governo [...] è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza, con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi: a) ridurre gli uffici giudiziari di primo grado [...]; b) ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l’assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell’estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell’indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d’impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane; c) ridefinire l’assetto territoriale degli uffici requirenti non distrettuali, tenuto conto [...] della possibilità di accorpare più uffici di procura anche indipendentemente dall’eventuale accorpamento dei rispettivi tribunali, prevedendo, in tali casi, che l’ufficio di procura accorpante possa svolgere le funzioni requirenti in più tribunali [...]; d) procedere alla soppressione ovvero alla riduzione delle sezioni distaccate di tribu-nale, anche mediante accorpamento ai tribunali limitrofi, nel rispetto dei criteri di cui alla lettera b); e) assumere come prioritaria linea di intervento, nell’attuazione di quanto previsto dalle lettere a), b), c) e d), il riequilibrio delle attuali competenze territoriali, demografiche e funzionali tra uffici limitrofi della stessa area provinciale caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni; f) garantire che, all’esito degli interventi di riorganizzazione, ciascun distretto di Corte d’Appello, incluse le sue sezioni distaccate, comprenda non meno di tre degli attuali tribunali con relative procure della Repubblica; g) prevedere che i magistrati e il personale amministrativo entrino di diritto a far parte dell’organico, rispettivamente, dei tribunali e delle procure della Repubblica presso il tribunale cui sono trasferite le funzioni di sedi di tribunale, di se-zioni distaccate e di procura presso cui prestavano servizio, anche in sovrannumero riassorbibile con le successive vacanze; h) prevedere che l’assegnazione dei magistrati e del personale prevista dalla lettera g) non costituisca assegnazione ad altro ufficio giudiziario o destinazione ad altra sede, né costituisca trasferimento ad altri effetti; i) prevedere con successivi decreti del Ministro della giustizia le conseguenti modificazioni delle piante organiche del personale di magistratura e amministrativo; l) prevedere la riduzione degli uffici del giudice di pace dislocati in sede diversa da quella circondariale, da operare tenendo in specifico conto, in

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talune «eccezioni». Sedi giudiziarie la cui sopravvivenza è irriducibilmente svincolata dai «numeri», come quelle pre-senti in certe regioni afflitte da gravi forme di criminalità15. E la Sicilia è indubbiamente tra queste, anche se per (de)meriti che non appartengono soltanto al presente, ma hanno radici assai profonde.

Questo saggio rivolto alla particolare storia giuridica del contesto siciliano nasce quindi da un preciso intento: non un vagabondaggio alla ricerca di antiche quanto sal-vifiche erbe medicinali contro gli acciacchi di un sistema ultracentenario, bensì un percorso, dal basso verso l’alto, dal particolare al generale, teso a sollecitare una riflessione più distesa e matura, e forse più oggettiva.

coerenza con i criteri di cui alla lettera b), dell’analisi dei costi rispetto ai carichi di lavoro; m) prevedere che il personale amministrativo in servizio presso gli uffici soppressi del giudice di pace venga riassegnato in misura non inferiore al 50 per cento presso la sede di tribunale o di procura limitrofa e la restante parte presso l’ufficio del giudice di pace presso cui sono trasferite le funzioni delle sedi soppresse; n) prevedere la pubblicazione nel bollettino ufficiale e nel sito internet del Ministero della giustizia degli elenchi degli uffici del giudice di pace da sopprimere o accorpare; o) prevedere che, entro sessanta giorni dalla pubblicazione di cui alla lettera n), gli enti locali interessati, anche consorziati tra loro, possano richiedere e ottenere il mantenimento degli uffici del giudice di pace con competenza sui rispettivi territori, anche tramite eventuale accorpamento, facendosi integralmente carico delle spese di funziona-mento e di erogazione del servizio giustizia nelle relative sedi, ivi incluso il fabbisogno di personale amministrativo che sarà messo a disposizione dagli enti medesimi, restando a carico dell’amministrazione giudiziaria unicamente la determinazione dell’organico del personale di magistratura onoraria di tali sedi entro i limiti della dotazione nazionale complessiva nonché la formazione del personale amministrativo; p) prevedere che, entro dodici mesi dalla scadenza del termine di cui alla lettera o), su istanza degli enti locali interessati, anche consorziati tra loro, il Ministro della giustizia abbia facoltà di mantenere o istituire con decreto ministeriale uffici del giudice di pace, nel rispetto delle condizioni di cui alla lettera o); q) dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

15 L. Palamara, Una buona soluzione la deroga sulle sedi disagiate ma la geografia giudiziaria va rivista in profondità, in «Guida al diritto», 6 (2010), pp. 11 ss.

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2. L’amministrazione della giustizia in Sicilia dopo la restau-razione

Sappiamo che una stagione fondante per l’affermazione della cultura giuridica della Sicilia nel più ampio panorama continentale è la seconda metà dell’Ottocento16. Sono gli anni dei civilisti Enrico Cimbali17 e Antonio Fulci18, dei penalisti Francesco Faranda19 e Giovan Battista Impallo-meni20, dei costituzionalisti Vittorio Emanuele Orlando21 e

16 Questo fecondo periodo è stato oggetto negli ultimi anni di attente ricerche, che, scavando in diverse direzioni, hanno fatto emergere vicende trascurate o sconosciute alla precedente storiografia: cfr. G. Cianferotti, Il pensiero di V.E. Orlando e la giuspubblicistica italiana fra Ottocento e Novecento, Milano, 1980; M.A. Cocchiara, Vito La Mantia e gli studi storico-giuridici nella Sicilia dell’Ottocento, Milano, 1999; M. Fioravanti, La scienza del diritto pubblico. Dottrine dello stato e della costituzione tra Otto e Novecento, Milano, 2001; G. Speciale, Antologia giuridica. Laboratori e rifondazioni di fine Ottocento, Milano, 2001; P. De Salvo, La cultura delle riviste giuridiche siciliane dell’Ottocento, Milano, 2002; V. Calabrò, Istituzioni universitarie e insegnamento del diritto in Sicilia (1767-1885), Milano, 2002; Avvocati a Messina. Giuristi tra foro e cattedra nell’età della codificazione, a cura di G. Pace Gravina, Messina, 2007; Il «giureconsulto della politica». Angelo Majorana e l’indirizzo sociologico del Diritto pubblico, a cura di G. Pace Gravina, Macerata, 2011.

17 Il giurista di Bronte vinse il concorso a cattedra bandito dalla Regia Università degli Studi di Messina nel 1886, e qui vi rimase per un solo anno accademico, quando ancora trentunenne fu colpito da una grave malattia. Su Cimbali cfr. P. Grossi, Scienza giuridica italiana. Un profilo storico 1860-1950, Milano, 2000, ad ind.

18 Sull’avvocato e docente di S. Lucia del Mela, nonché fondatore di una delle scuole private di diritto più note di Messina, sia consentito rinviare ad A. Cappuccio, Antonio Fulci, in Avvocati a Messina, cit., pp. 101-114.

19 Al penalista liberale è dedicato G. Pace Gravina, Francesco Faranda, in Avvocati a Messina, cit., pp. 115-120.

20 Cfr. G. Leotti, Giovan Battista Impallomeni, in Avvocati a Messina, cit., pp. 121-128; G. Pace Gravina, Giovan Battista Impallomeni o del coraggio del giurista, in Scritti in onore di Antonino Metro, a cura di C. Russo Ruggeri, IV, Milano, 2010, pp. 443-453; A. Cappuccio, Per una bibliografia di Giovan Battista Impallomeni, in Scritti in onore di Antonino Metro, cit., pp. 454-467; nonché l’interessante saggio firmato nel presente volume da F. Colao, Giovan Battista Impallomeni avvocato tra «libertà politiche», questione sociale, «eccesso di potere nel giovane regno d’Italia».

21 Cfr. G. Cianferotti, Il pensiero di V.E. Orlando, cit.

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Angelo Majorana22; gli anni delle riviste giuridiche23 e delle solide opere monografiche; gli anni dei giuristi impegnati su tutti i fronti: nelle aule universitarie, nei tribunali e nel parlamento24.

Ma i prodromi di siffatta crescita vanno rintracciati più indietro. In quella monarchia restaurata che, dopo aver definitivamente mortificato ogni ambizione autonomista, ha ridisegnato (con la promulgazione dei codici del 181925 e con la Legge organica dell’ordine giudiziario pe’ reali do-minj oltre il Faro26 del 7 giugno dello stesso anno) l’assetto

22 La cui concreta dimensione intellettuale e politica può oggi cogliersi grazie alle riflessioni a lui dedicate in Il «giureconsulto della politica», cit.

23 Sulle quali sono specifici: G. Speciale, Antologia giuridica, cit.; P. De Salvo, La cultura delle riviste, cit.; R. Pace, La Temi zanclea, in Avvocati a Messina, cit., pp. 71-78; A. Cappuccio, Il Foro messinese: eco di una cultura, in Avvocati a Messina, cit., pp. 79-95.

24 L’avvocato «uno e trino», per usare l’efficace espressione di A. Mazzacane, Secolo dell’università - secolo delle professioni: le ragioni di un incontro, in Università e professioni giuridiche in Europa nell’età liberale, a cura di A. Mazzacane e C. Vano, Napoli, 1994, p. 9. Mi sia permesso rinviare anche ad A. Cappuccio, Dalle università del sapere all’università della scienza: la formazione del giurista siciliano nel secolo XIX, in Il «giureconsulto della politica», cit., pp. 127-159.

25 La codificazione napoletana è stata oggetto di molti studi, che ne hanno anche rilevato la centralità nel più generale disegno politico dei Bor-boni: A. De Martino, Tra legislatori e interpreti. Saggio di storia delle idee giuridiche in Italia meridionale, Napoli, 1975; A.M. Stile, Il Codice penale del 1819 per lo Regno delle Due Sicilie, in Diritto penale dell’Ottocento. I codici preunitari ed il Codice Zanardelli, raccolta di studi coordinata da S. Vinciguerra, Padova, 1993, pp. 183-195; Codice per lo Regno delle Due Sicilie (1819), Parte seconda, Leggi penali, ristampa anastatica con scritti di M. Da Passano, A. Mazzacane, V. Patalano e S. Vinciguerra, Padova, 1996; D. Novarese, Istituzioni e processo di codificazione nel Regno delle Due Sicilie. Le «leggi penali» del 1819, Milano, 2000; F. Mastroberti, Co-dificazione e giustizia penale nelle Sicilie dal 1808 al 1820, Napoli, 2001; F. Masciari, La codificazione civile napoletana. Elaborazione e revisione delle Leggi civili borboniche (1815-1850), Napoli, 2006.

26 Legge organica dell’ordine giudiziario pe’ reali dominj oltre il Faro, 7 giugno 1819, n. 1612, in Collezione delle leggi e de’ decreti reali del Regno delle Due Sicilie, Anno 1819 semestre I (da Gennajo a tutto Giugno), Napoli, 1819, pp. 397-450. Per le differenze con la legge del 29 maggio 1817, n. 727 sull’organizzazione delle magistrature nei reali domini di qua del Faro cfr. G. Landi, Istituzioni di diritto pubblico del Regno delle Due Sicilie (1815-1861), II, Milano, 1977, pp. 842 ss.; Id.,

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giuridico dell’Isola e creato la base normativa cui ancorare il quotidiano agire.

Prima dell’esperienza costituzionale del 181227, infatti, troviamo ancora delle magistrature municipali operanti «in ogni città demaniale – con il nome di Regia Corte civile – o feudale – Corte civile»28, ma anche curie che a seconda dei luoghi assumono una diversa denominazione29, nonché numerosi fori speciali30, oltre alle magistrature centrali come la Regia Gran corte e il Tribunale del regio patronato.

L’organizzazione giudiziaria nel Regno delle Due Sicilie, in L’ordinamento giudiziario. I: Documentazione storica, a cura di N. Picardi e A. Giuliani, Rimini, 1985, pp. 569 ss. Si vedano inoltre R. Perrella, Inventario degli atti delle magistrature speciali («Processi politici» 1821-1848) esistenti nell’Archivio di Stato di Messina, in «Archivio storico messinese», VI (1954-1955), pp. 69-84; G. Flore, Le Gran Corti Speciali del Regno delle Due Sicilie, in Scritti in memoria di Antonino Giuffrè, I, Milano, 1967, pp. 503-518; R. Feola, Dall’Illuminismo alla Restaurazione. Donato Tommasi e la legislazione delle Due Sicilie, Napoli, 1977, pp. 274 ss.; G. Greco, Istituzioni e procedure delle Gran Corti Criminali, in Il Mezzo-giorno preunitario. Economia, società e istituzioni, a cura di A. Massafra, Bari, 1988, pp. 533-547; A.A. Seminara, L’ordinamento giudiziario in Sicilia tra Borboni e Savoia, Messina, 1991; A. De Martino, Per la storia della Cassazione a Napoli, in Università e professioni giuridiche, cit., pp. 483-535; O. Abbamonte, Amministrare e giudicare. Il contenzioso nell’equilibrio istituzionale delle Sicilie, Napoli, 1997; C. Castellano, Il mestiere di giudice. Magistrati e sistema giuridico tra i francesi e i Borboni (1799-1848), Bologna, 2004; F. Mastroberti, Tra scienza e arbitrio. Il problema giudiziario e penale nelle Sicilie dal 1821 al 1848, Bari, 2005; M.R. Di Simone, Istituzioni e fonti normative in Italia dall’antico regime al fascismo, Torino, 2007, pp. 250 ss.; Tribunali e giurisprudenza nel Mezzogiorno. I: Le Gran Corti civili (1817-1865): Napoli e Trani, a cura di F. Mastroberti, Napoli, 2010.

27 Su cui cfr. E. Pelleriti, 1812-1848. La Sicilia fra due costituzioni, Milano, 2000. È dedicato invece all’ordinamento giudiziario siciliano durante l’antico regime il volume di M.A. Cocchiara, Istituzioni giudiziarie e amministrazione della giustizia nella Sicilia borbonica, Milano, 2003. In appendice al testo può leggersi anche l’edizione del Progetto del codice per la parte che riguarda il rito nelle cause civili esposto dal causidico D. Salesio Emmanuele pubblicato a Palermo nel 1813. Ha invece indagato la composita realtà del meridione continentale A. De Martino, Giustizia e politica nel Mezzogiorno 1799-1825, Torino, 2003.

28 M.A. Cocchiara, Istituzioni giudiziarie, cit., pp. 118 ss.29 Ibidem, pp. 121 ss.30 Ibidem, pp. 147 ss.

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Lo scenario che si scorge dopo l’unificazione ferdinandea delle due parti del regno è invece meno incerto. La legge giudiziaria dei Borboni mutua, con piccole varianti, la già sperimentata struttura piramidale di ascendenza francese31: alla base i conciliatori e i giudici di circondario – in luogo del juge de paix32 – e all’apice la Corte suprema di giustizia; nel mezzo i tribunali civili, i giudici d’istruzione e le Gran Corti (civili, criminali e speciali).

L’articolo 11 recita: «In ogni comune vi sarà un conci-liatore. Nelle città di Palermo, di Messina e di Catania ve ne sarà uno per ciascheduno dei loro rispettivi circondarj o quartieri»33. La logica è immediatamente intuibile: per assicurare una risposta alle «controversie tra gli abitanti del comune» e alle liti «dipendenti dalle sole azioni personali relative a’ mobili [...] sino alla somma di due once» viene istituito un giudice onorario di nomina regia, un funziona-rio scelto tra i «proprietari abitanti nel comune più distinti nella pubblica opinione» che possa essere interpellato con facilità34.

31 In questo senso si è già espresso G. Landi, Istituzioni di diritto pubblico, cit., p. 843. E più di recente anche E. Dezza, Saggi di storia del diritto penale moderno, Milano, 1992, p. 178; C. Castellano, Tra Francia e Italia. L’ordinamento giudiziario della Restaurazione in Piemonte e nelle Due Sicilie, in Magistratura e potere nella storia d’Europa, a cura di R. Romanelli, Bologna, 1997, pp. 111-146; Ead., Il mestiere di giudice, cit.; A. De Martino, Giustizia e politica, cit., p. 215. Sulla stretta relazione di molti ordinamenti europei con quello francese si veda AA.VV., Influence du modéle judiciaire Français en Europe sous la Révolution et l’Empire. Colloque juin 1998, Lille, 1999.

32 Cfr. M. Rousselet, Histoire de la magistrature française des origines à nos jours, Paris, 1957; AA.VV., Une justice de proximité: la justice de paix 1790-1958, Paris, 2003, pp. 35-52; J.-C. Farcy, Les sources judiciaires de l’époque contemporaine (XIXe-XXe siècles), Rosny-sous-Bois, 2007, pp. 51-58.

33 Legge organica dell’ordine giudiziario pe’ reali dominj oltre il Faro, cit. Come spiega Armando De Martino, «ogni circondario disponeva infatti di un giudice; tranne alcuni comuni più popolosi che da soli co-stituivano un circondario. Per questa ragione le città di Napoli, Palermo, Messina e Catania erano state divise in quartieri o sezioni equivalenti a circondari con altrettanti giudici»: cfr. A. De Martino, Giustizia e politica, cit., p. 222.

34 Titolo II, De’ conciliatori, art. 12: «I conciliatori saranno eletti da Noi

421

Capillare è anche la presenza dei giudici di circonda-rio35, distinti in tre classi: alla prima appartengono «quelli che risiedono ne’ capoluoghi delle sette valli minori»; alla seconda «quelli che risiedono ne’ capoluoghi de’ distretti, e quelli che amministreranno giustizia ne’ circondari la cui popolazione non sia al di sotto di quindicimila anime»; e per finire «quelli che non risedendo ne’ capoluoghi delle valli minori o de’ distretti, avranno un circondario la cui popolazione sia al di sotto di quindicimila anime»36. Così a Palermo troviamo dieci circondari (quattro «interni», cinque «esterni» e uno nella campagna di San Lorenzo), sei a Mes-sina (Priorato, Arcivescovato, Pace, Gazzi, Gesso, Galati), e tre a Catania (Duomo, S. Marco e Borgo)37. Quanto alle

in ogni anno, e potranno essere confermati»; art. 13: «Saranno eletti sulle terne che in ogni anno i rispettivi decurionati proporranno all’Intendente. Saranno le terne formate de’ proprietari abitanti nel comune più distinti nella pubblica opinione, non esclusi i decurioni stessi e gli ecclesiastici. L’Intendente farà le sue osservazioni sulle mentovate terne»; art. 15: «Le funzioni de’ conciliatori saranno 1. di conciliare le controversie tra gli abitanti del comune, se ne sia richiesto: in questo caso le conciliazioni avranno luogo di arbitramento, e ne produrranno tutti gli effetti; 2. di decidere inappellabilmente con procedimento verbale, e senza osservanza di rito giudiziario, sino alla somma di due once, pari a sei ducati, tutte le controversie dipendenti dalle sole azioni personali relative a’ mobili, e che non sono garentite da titolo autentico ed esecutorio»; art. 16: «Le funzioni de’ conciliatori saranno puramente onorifiche, e serviranno di merito per ottenere pubblici impieghi».

35 Titolo III, De’ giudici di circondario, art. 19: «Vi sarà in ogni cir-condario un giudice che risiederà nel comune capoluogo. Nelle città di Palermo, di Messina e di Catania ve ne sarà uno per ogni circondario o quartiere»; art. 20: «Le funzioni de’ giudici di circondario saranno triennali. Potranno essere confermate da tre in tre anni». Complessiva-mente i giudici di circondario siciliani sono centosessantacinque: cfr. G. Landi, Istituzioni di diritto pubblico, cit., p. 880.

36 Titolo III, De’ giudici di circondario, art. 21: «I giudici di circon-dario saranno divisi in tra classi. La prima classe comprenderà quelli che risiedono ne’ capoluoghi delle sette valli minori: la seconda classe quelli che risiedono ne’ capoluoghi de’ distretti, e quelli che ammini-streranno giustizia ne’ circondari la cui popolazione non sia al di sotto di quindicimila anime: la terza classe comprenderà quei giudici che, non risedendo ne’ capoluoghi delle valli minori o de’ distretti, avranno un circondario la cui popolazione sia al di sotto di quindicimila anime».

37 Cfr. sul punto G. Landi, Istituzioni di diritto pubblico, cit., p. 869.

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funzioni, esercitate «secondo le disposizioni del codice per lo regno delle Due Sicilie», la norma ne attribuisce loro in materia «civile», «di polizia», «correzionale» e «di polizia giudiziaria»38.

Si occupano esclusivamente dei fatti di reato i giudici d’istruzione39, i quali «[raccolgono] le pruove de’reati, e [procurano] la scoverta e l’arresto de’ rei, instruendo i pro-cessi e perseguitando i colpevoli»40. Veri e propri ufficiali di polizia giudiziaria alle dipendenze delle Gran Corti criminali e dei procuratori regi41, per tutta la Sicilia sono otto, uno per ciascun distretto capoluogo di valle, ad esclusione di Palermo a cui, dovendo coprire un’area notoriamente estesa e «turbolenta», ne vengono affidati due42.

Può sembrare strano leggere di «sette valli minori», abituati come siamo ad immaginare la Sicilia divisa nelle tre grandi aree del Val Demone, Val di Noto e Val di Mazara, ma la riorganizzazione amministrativa del 1817 (Decreto sull’amministrazione civile de’ dominj oltre il Faro, 11 ottobre 1817, n. 932, in Collezione delle leggi e de’ decreti reali del Regno delle Due Sicilie, Anno 1817 semestre II (da luglio a tutto dicembre), Napoli, 1817, pp. 249-315) aveva prodotto anche questo effetto. Sulle origini della ripartizione in valli dell’Isola si veda A. Marrone, Circoscrizioni amministrative, compiti e reclutamento dei giustizieri siciliani dal 1282 al 1377, in «Mediterranea. Ricerche storiche», 21 (2011), pp. 17-50.

38 Titolo III, De’ giudici di circondario, art. 23: «I giudici di circondario eserciteranno le funzioni, secondo le disposizioni del codice per lo Regno delle Due Sicilie, 1. di giudici in materia civile, 2. di giudici di polizia, 3. di giudici in materia correzionale, 4. di uffiziali di polizia giudiziaria». Più diffusamente sulle singole competenze si vedano gli artt. 24-43.

39 Titolo IV, De’ giudici istruttori, art. 48: «Nel capoluogo di ciascun distretto risederà un giudice istruttore. La sua competenza comprenderà il territorio del distretto. Salva l’eccezione transitoria dell’articolo 51, il suo rango sarà di giudice di tribunale civile. Egli avrà alla sua imme-diazione un cancelliere».

40 Ibidem, art. 54: «Essi nella qualità indicata nel precedente articolo raccorranno le pruove de’reati, e procureranno la scoverta e l’arresto de’ rei, instruendo i processi e perseguitando i colpevoli nel modo permesso dalla legge».

41 Ibidem, art. 55: «I giudici istruttori dipenderanno dalle gran Corti criminali e da’ regj procuratori generali presso le medesime».

42 Ibidem, art. 49: «Ne’ distretti capoluoghi delle valli le funzioni di giudice istruttore saranno esercitate da uno de’ giudici del tribunale civile della stessa valle. Nella città e distretto di Palermo vi saranno due giudici istruttori; e le loro funzioni saranno esercitate da due giudici di quel

423

Se con i conciliatori ed i giudici di circondario, arruolati tra i cittadini «comuni» i primi e «classificati “giudici inferio-ri” ed ammessi solo all’onore della mezza toga»43 i secondi, non si riescono ancora a percepire le composite dinamiche che regolano i rapporti tra potere sovrano e poteri locali nell’amministrazione della giustizia, l’orizzonte si schiarisce quando ci accostiamo ai tribunali, civili e di commercio, e alle Gran Corti. Qui entrano in gioco politiche di governo, ambizioni di ceto, strategie di affermazione e ascesa sociale delle famiglie più in vista, tra le quali troviamo solide di-nastie di avvocati.

I tribunali civili, ad esempio, vengono dapprima istituiti nei sette capoluoghi di valle44, creando una corrispondenza pressoché assoluta tra centro giudiziario e centro ammini-strativo (cfr. fig. 1). Circa le competenze di questi togati, la norma dispone che vengano investiti «in prima istanza di tutte le cause personali, reali e miste»45, «in ultima istanza sull’appello delle sentenze de’ giudici di circondario in materia civile»46, nonché dei conflitti «tra i giudici di cir-condario compresi nella rispettiva giurisdizione» e «delle ricuse prodotte avverso i medesimi»47. L’equilibrio fu tuttavia spezzato nel 1837, quando, per punire gli «eccessi avvenuti in Siracusa e gli attentati ivi commessi per sovvertir l’ordine pubblico» – così recitava il preambolo del r.d. 23 agosto 1837, n. 420948 – taluni uffici giudiziari furono trasferiti a

tribunale civile»; art. 51: «Negli altri distretti che non sono capoluoghi di valle, le funzioni d’istruttore saranno provvisoriamente esercitate dal giudice di circondario residente nel capoluogo del rispettivo distretto».

43 G. Landi, Istituzioni di diritto pubblico, cit., p. 869.44 Titolo V, De’ tribunali civili, art. 66: «In ciascheduna valle minore

vi sarà un tribunale civile residente nel capoluogo»; art. 67: «Ogni tri-bunale civile sarà composto di un presidente, di tre giudici, di un regio procuratore e di un cancelliere; salvo il disposto nel seguente articolo»; art. 68: «Il tribunale civile della valle di Palermo sarà composto di un presidente, di un vicepresidente, di otto giudici, di un regio procuratore, di un cancelliere e di un vicecancelliere. Sarà diviso in due Camere».

45 Titolo V, De’ tribunali civili, art. 71.46 Ibidem, art. 72.47 Ibidem, art. 73.48 Decreto prescrivente che la città di Siracusa, cessando di essere capo-

luogo di valle e di distretto, resti solamente capo-luogo di circondario, 23

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Noto. In realtà le vicende che generano i disordini aretusei sono tragicamente legate all’epidemia di colera che si diffon-de rapidamente in tutta l’Isola49. Con il pretesto di scovare i presunti «avvelenatori» – che per le truppe borboniche avevano i volti dei liberali autoproclamatisi coordinatori della rivolta – le forze di polizia massacrano innocenti cittadini, scatenando reazioni incontrollate e sanguinose. Dietro il provvedimento legislativo agostano c’è però anche un malcontento verso l’atteggiamento assunto dalla magi-stratura e dal ceto forense. Le cronache di poco successive descrivono magistrati e funzionari in fuga dalla città per paura «dell’inaudito flagello»50, ma anche avvocati intenti a far valere con la forza la propria fede liberale, come Mario Adorno, fucilato insieme con il figlio in quanto autore del proclama contro il governo sottoscritto dal sindaco Emanuele Francica barone di Pancali51. L’attribuzione di una piazza giudiziaria passa quindi attraverso un calcolo squisitamente politico, tanto che solo nel 1850, sanati i dissidi con le élites locali, per volere del luogotenente generale Carlo Filangieri Siracusa riottiene l’originario privilegio52.

Nell’àmbito del commercio la monarchia premia inizial-mente le storiche tradizioni mercantili53 e istituisce appositi tribunali a Palermo, Messina e Trapani54 (fig. 1). Catania

agosto 1837, n. 4209, in Collezione delle leggi e de’ decreti reali del Regno delle Due Sicilie, Anno 1837 semestre I (da Gennajo a tutto Giugno), Napoli, 1837, pp. 44-45.

49 Cfr. P. Preto, Epidemia, paura e politica nell’Italia moderna, Roma-Bari, 1987, pp. 145-154. Pagine lucide sono quelle di E. De Benedictis, Siracusa sotto la mala signoria degli ultimi Borboni, Torino, 1861, pp. 16 ss.

50 Così ad esempio E. De Benedictis, Siracusa sotto la mala signoria, cit., pp. 20 ss.

51 Ibidem, pp. 31 ss. Si veda anche F. Brancato, Adorno, Mario, in Dizionario Biografico degli Italiani, I, Roma, 1960, pp. 302-303.

52 Cfr. G. Landi, Istituzioni di diritto pubblico, cit., p. 863.53 Sui Consolati di mare e sul Supremo Magistrato di Commercio

cfr. M.A. Cocchiara, Istituzioni giudiziarie, cit., pp. 157 ss. e lett. ivi citata. Per il commercio nella città peloritana cfr. R. Battaglia, L’ultimo «splendore». Messina tra rilancio e decadenza, Soveria Mannelli, 2003, pp. 11 ss.; Statistica commerciale di Messina per l’anno 1839, a cura di R. Battaglia e G. Molonia, rist. anas. Messina, 2005.

54 Titolo VI, De’ tribunali di commercio, art. 77: «In ciascheduna

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nondimeno reclama la propria indipendenza in forza delle numerose fabbriche che producono e lavorano beni e materie prime esportati all’estero, tra cui lo zolfo55 e la rena rossa che fanno da sfondo alle pagine verghiane di Rosso Malpe-lo56. Eppure la risposta positiva arriverà molto tempo dopo, con il r.d. del 20 luglio 1859, n. 13557. Per i restanti centri vale la regola sancita dall’articolo 75, in base alla quale «le funzioni – del tribunale di commercio – sono esercitate dal tribunale civile colle regole e forme stabilite pe’ tribunali di commercio»58. Oggetto dell’attività giudicante di questa magistratura sono gli «atti di commercio così di terra, come di mare, qualunque sia il valore delle cause medesime»59.

Ma è la dislocazione delle Gran Corti a chiarire su quali sedi poggia l’intero sistema giudiziario della Sicilia di inizio secolo XIX. Quelle criminali60, competenti «in

delle valli di Palermo, di Messina e di Trapani vi sarà un tribunale di commercio nel capoluogo».

55 F. Squarzina, Produzione e commercio dello zolfo in Sicilia nel secolo XIX, Torino, 1963; G. Barone, Zolfo. Economia e società nella Sicilia industriale, Catania, 2000.

56 G. Verga, Rosso Malpelo, in Tutte le novelle, a cura di C. Riccardi, Milano, 1979.

57 Decreto col quale s’instituisce un tribunale di commercio per la provincia di Catania da risedere nel comune capoluogo, 20 luglio 1859, n. 135, in Collezione delle leggi e de’ decreti reali del Regno delle Due Sicilie, Anno 1859 semestre II (da Luglio a tutto Dicembre), Napoli, 1859, pp. 35-36.

58 Titolo V, De’ tribunali civili, art. 75.59 Ibidem, art. 83. L’art. 85 statuisce inoltre che «le sentenze pronun-

ciate da’ tribunali di commercio in prima istanza saranno inappellabili, quando il valore della causa non eccederà la somma di cent’once, pari a trecento ducati; o quando le parti abbiano dichiarato in iscritto di voler essere giudicate deffintivamente e senza appellazione».

60 Titolo VII, Delle gran Corti criminali, art. 92: «Ciascuna delle sette valli minori avrà una Gran corte criminale residente nel capoluogo; salve le disposizioni che saranno espresso nel titolo delle gran Corti civili relativamente alle valli di Palermo, di Messina e di Catania». Questi stessi collegi giudicanti erano definiti Gran Corti speciali per gli affari penali indicati dal Titolo VIII, ovvero, ai sensi dell’art. 100, «previa la dichiarazione di competenza speciale, da farsi dalla Gran corte criminale nel modo stabilito dalle leggi della procedura ne’ giudizi penali». L’art. 103 precisa inoltre che «le decisioni delle gran Corti speciali non [sono]

427

prima ed unica istanza per tutte le cause di misfatti»61 e «in appello, ne’ casi stabiliti dalle leggi, riguardo alle sentenze profferite da’ giudici di circondario ne’ giudizi di polizia e correzionali»62, si trovano a Siracusa, Girgenti, Caltanissetta e Trapani; quelle civili63, che giudicano «sull’appello delle sentenze degli arbitri, e de’ tribunali civili e di commercio; su’ conflitti di giurisdizione elevati fra più tribunali civili o di commercio della rispettiva dipendenza, o fra giudici di circondario posti nella giurisdizione di esse gran Corti e non soggetti allo stesso tribunale civile; [...] sull’azione civile, o sia presa a parte contro i giudici di circondario, ed i tribunali civili e di commercio»64, com’era immaginabile, a Palermo, Messina e Catania (fig. 1).

Alcune precisazioni sono purtuttavia opportune. In-nanzitutto la Gran corte civile di Palermo riceve gli appelli avverso i provvedimenti dei tribunali di tutte le province della parte occidentale e persino della valle di Siracusa65 – poi Noto – che comprende anche Modica, Ragusa, Terranova (oggi Gela), Scicli e Palazzolo. Ai nostri occhi questo col-legamento potrebbe apparire privo di senso, un dispendio di risorse economiche ed umane ingiustificato, soprattutto in ragione della maggiore vicinanza delle terre siracusane a Catania. Per i protagonisti di queste vicende non è però così: non lo è tanto per la influente classe forense66 della

soggette né ad appello né a ricorso alla Corte suprema di giustizia. Le condanne però alla morte o a pene perpetue, profferite senza l’uniformità di sei voti, saranno sottoposte alla revisione che di officio la Corte suprema dovrà farne sugli atti stessi delle cause». Cfr. su questa magistratura G. Flore, Le Gran Corti Speciali del Regno delle Due Sicilie, cit.

61 Titolo VII, Delle gran Corti criminali, art. 94.62 Ibidem, art. 95.63 Titolo IX, Delle gran Corti civili, art. 108: «Ne’ nostri dominj

oltre il Faro vi saranno tre gran Corti civili. Una risederà nella città di Palermo; e la sua giurisdizione comprenderà le valli di Palermo, di Girgenti, di Siracusa, di Trapani e di Caltanissetta: risederà la seconda nella città di Messina, e la terza nella città di Catania, con giurisdizione della sola valle rispettiva».

64 Ibidem, art. 111.65 Cfr. supra, art. 108.66 Affrontano il tema dell’avvocatura nella Sicilia dell’Ottocento G.

Pace Gravina, Le periferie della codificazione, in Avvocati a Messina,

428

Val di Noto, che non di rado si forma nel contesto culturale palermitano, quanto per i locali ceti dirigenti, legati alla «capitale» da rapporti politici di vecchia data e da strade più sicure e di facile accesso67.

Sulle Gran Corti civili di Messina e di Catania, poi, non dobbiamo dimenticare che esercitano entrambe le giurisdizio-ni, civile e penale68, mentre Palermo mantiene questa doppia «veste» fino alla legge del 27 dicembre 1840, n. 6803, che istituisce nella città un’autonoma Gran corte criminale69. Di conseguenza anche la composizione di tali organi risulta differente. La Gran corte civile palermitana – della cui pro-duzione v’è traccia grazie all’opera meritoria degli avvocati Giovan Battista De Caro, Zaccaria Dominici, Antonino Ferro, Vincenzo Grimaldi70, e poi dell’avvocato Giuseppe

cit., pp. 17-24; P. Fiorentini, Nel Regno delle Due Sicilie. Intellettuali, potere, scienze della società nella Sicilia borbonica, Catania, 2008. Per il contesto continentale si veda A. Cernigliaro, L’avvocatura in età liberale, in Themis. Tra le pieghe della giustizia, a cura di A. Cernigliaro, Torino, 2009, pp. 117-134, e la letteratura ivi citata. Qui basti ricordare che anche nell’Isola vigeva, in virtù degli articoli 183-189 della legge sull’ordinamen-to giudiziario del 1819, la distinzione tra avvocati e procuratori, e che solo per i primi era stata istituita un’apposita Camera di disciplina, con il r.d. 2 dicembre 1841, n. 40. Su questi aspetti sia consentito rinviare ad A. Cappuccio, Il tocco, la toga e l’abito nero: la professione forense nella Sicilia dei Borboni, in Tra foro e scienza giuridica. Le fonti per la storia dell’avvocatura in Sicilia nell’età della codificazione, a cura di A. Cappuccio, Messina, 2010, pp. 25 ss.

67 Sappiamo infatti che, sino all’Ottocento, l’area che separa Ca-tania dalla terre più a sud dell’Isola era quasi impraticabile, una zona paludosa attraversata dal Simeto. I più importanti lavori di bonifica e di collegamento viario furono realizzati infatti tra la seconda metà del secolo XIX e la prima del successivo. Cfr. G. Barone, Mezzogiorno e mo-dernizzazione. Elettricità, irrigazione e bonifica nell’Italia contemporanea, Torino, 1986, pp. 191 ss.

68 Titolo IX, Delle gran Corti civili, art. 115: «Le gran Corti civili di Messina e di Catania, oltre le attribuzioni civili divisate nell’articolo 111, eserciteranno parimenti le funzioni di gran Corti criminali».

69 Legge con la quale s’insistuisce una gran Corte criminale a Palermo, in Collezione delle leggi e de’ decreti reali del Regno delle Due Sicilie, Anno 1841 semestre I (da gennajo a tutto giugno), Napoli, 1841, pp. 146-148.

70 La raccolta Decisioni della Gran Corte civile di Palermo venne pubblicata, con cadenza mensile, soltanto per due anni. Nella prefazione al primo numero, che risale appunto al 1838, si può apprezzare come,

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Nicolò Pipitone71 – è «divisa in due camere» e consta di un presidente, un vicepresidente, quattordici giudici, due supplenti, un procuratore generale e un sostituto, oltre ad un cancelliere con il suo vice72; a questi si aggiungeranno nel ’40 gli incaricati della sezione criminale: un presidente, otto giudici, un procuratore regio, un procuratore generale, il cancelliere e il suo sostituto. Catania e Messina sono for-mate invece da un presidente, sette giudici, due supplenti, un procuratore regio generale e un cancelliere73.

Si palesa insomma una spaccatura ideale dell’Isola in due aree, due microsistemi ancorati ad una visione tradizionale del potere (fig. 2): l’uno che abbraccia i territori prima compresi in Val di Mazara e in Val di Noto, quindi due terzi dell’intera Sicilia, e che fa capo a Palermo; l’altro diviso tra le rispettive aree di ingerenza politica ed economica di Catania e di Messina.

Purtroppo, allo stato delle ricerche, non è dato conoscere la sequenza esatta dei nomi dei giudici di Gran corte che si

benché le leggi del 1819 siano ormai in vigore da quasi due decenni, i suoi compilatori tentino ancora di riconoscere un margine di autonomia normativa ed interpretativa all’Isola: «Noi annoteremo quelle Decisioni, le quali mantenendo puri li principi di dritto lasciano tuttavia vuoti da riempire e difficoltà da delucidare; osserveremo poi su quelle, le cui massime non sono conformi alli principi legislativi; locché faremo non confutando le decisioni, che ciò né a noi spetta, né vorremo praticarlo, ma solamente rimarcando le teorie applicabili alle materie. Per siffatto scopo ci serviremo sì del codice attualmente in vigore, che delle leggi ch’erano nostre prima dell’anno 1819, vale a dire dei libri di Giustiniano Imperatore, delle costituzioni dei Re Normanni, e Svevi, dei Capitoli Aragonesi, dei Castigliani, e degli Spagnuoli, delle Prammatiche, e di quant’altro si mantenne certo, ed immutabile in Sicilia malgrado le continue, e non interrotte vicende». Su questa rivista cfr. P. De Salvo, La cultura delle riviste, cit., pp. 441 ss.

71 Come ha osservato M.A. Cocchiara, il lavoro intrapreso con le Decisioni della Gran Corte civile di Palermo, «conclusosi per l’appunto nel ’40, veniva ripreso ad opera del’avv. Giuseppe Nicolò Pipitone, che pubblicava la Raccolta di Decisioni della Gran Corte Civile di Palermo, ma anche di questa furono editi solo due volumi (Palermo, 1853 e 1856), che contenevano le sentenze degli anni 1841 e 1850»: cfr. M.A. Cocchiara, Vito La Mantia, cit., p. 146, n. 147.

72 Titolo IX, Delle gran Corti civili, art. 109.73 Ibidem, art. 110.

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sono avvicendati nelle diverse sedi durante i quattro decenni di attività. Malgrado ciò, per merito dell’Almanacco Reale del Regno delle Due Sicilie e delle poche informazioni sparse nei saggi di fine Ottocento e inizi Novecento, sappiamo almeno che nel 1819 si insediano a Palermo il presidente Giambattista Finocchiaro, il vicepresidente Felice Todaro, i giudici della prima camera Matteo Longo, Giambattista Fogliani, Giovanni Mancuso, Marullo Fardella, Francesco Saverio Emmanuele, Gregorio Damiani, i giudici della seconda camera Mariano Cannizzaro, Antonino Malvica, Mauro Celesti, Paolo Ventura, Domenico Corsari, Francesco Martinez, il regio procuratore sostituto Salvatore Bartolo, il procuratore generale Michele Pasciuta, i cancellieri Fran-cesco Imbrunone e Ferdinando Locascio, il vicecancelliere Vincenzo de Giorgio74; mentre a Messina il presidente Francesco Sollima, i giudici Giuseppe Rizzotti, Placido Scoppa, Domenico Gentiluomo, Pasquale Cicala, Letterio de Domenico, Giuseppe Rapisardi, Giovanni Ardizzone, il regio procuratore generale facente funzioni di giudice Luigi Ieni, il procuratore generale esercente Innocenzio de Cesare, il cancelliere Giuseppe Golia, il vicecancelliere Vincenzo Cianciolo75.

Chi tra questi abbia mantenuto la toga negli anni immediatamente successivi non possiamo dirlo. La repres-sione dei moti del ’20-’21 e poi del ’4876, i decessi dovuti

74 Cfr. Archivio di Stato di Napoli, Ministero della presidenza, f. 998 (Bozze dell’Almanacco delle Due Sicilie del 1820). Ringrazio il profes-sore Francesco Mastroberti per le indicazioni fornitemi a tal riguardo.

75 L’avvocato Domenico Puzzolo Sigillo ricorda che la prima udienza della Gran corte civile di Messina si tenne il 16 dicembre 1819: cfr. D. Puzzolo Sigillo, Origine e vicende della Magistratura di Appello in Mes-sina dall’epoca normanna ai nostri giorni, in «Atti della Regia Accademia Peloritana», 32 (1926), pp. 270-336.

76 Un’accorata testimonianza sulle agitazioni patite dalla magistratu-ra peloritana nel periodo compreso tra gennaio 1848 e maggio 1849 è offerta da un «custode della legge» presso la Gran corte civile di Mes-sina, Antonio Galatti, in occasione del «riaprimento» della stessa corte il 7 aprile 1848. Con prosa poetica e toni volutamente enfatici, Galatti coinvolge l’uditorio pronunciando frasi del tipo: «è ad un’era novella di politica rigenerazione che la Sicilia si avvia»; «le nostre massime,

432

alle pestilenze, le fortune e le disgrazie – economiche e sociali – dei casati più influenti, gli altalenanti legami con il governo centrale, lasciano comunque supporre continue metamorfosi collegiali. L’orazione pronunciata da Francesco Mistretta il 2 gennaio 1852 in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario nella provincia messinese lo testimonia. Il «consigliere della Corte suprema di giustizia in missio-ne di procuratore generale del re presso la G.C. civile di Messina» – così si legge nel frontespizio della pubblicazione affidata ai torchi della stamperia Fiumara77 – riferisce di una malsana «amministrazione» ad opera di alcuni giudici di cui conserva «nel segreto della coscienza i nomi», auspicandone una tempestiva epurazione:

talune cause, come dadi al giuoco, si scambiano d’una mano all’altra; e vanno tramutandosi da’ titolari a’ supplenti, e da questi a quello sordamente, e per occulti motivi, quasi fossero merci di contrabbando78.

Verso la fine della parabola borbonica spetta all’Almanac-co Reale fotografare i volti della giustizia isolana. Nel 1855 i magistrati d’appello del distretto palermitano sono Carmelo Martorana (presidente), Giuseppe Marsala (vicepresidente), Giuseppe Castagna, Gaetano Parisi, Fedele Caliri, Salvatore Schiavo, Santi di Grazia, Sebastiano Pugliatti, Emmanuele Cammarata, Salvatore Pinto, Alessio Bondì, Pietro Crispo Floran, Pietro Castiglia, Domenico Sommariva, Agostino

i nostri usi, le nostre discipline, la nostra giurisprudenza in somma, prodotto della sapienza e de’ bisogni locali, non dovranno più cedere il posto a massime, ad usi, a discipline, a giurisprudenza che nostri non fossero»; «rivendicato ha la patria il suo foro, la sua magistratura, la sua legislazione». Ma sono effimere illusioni, come dimostrerà la storia. cfr. Allocuzione di Antonio Galatti, custode della legge presso la Gran Corte Civile di Messina, pronunziata da lui alla pubblica udienza del 7 aprile 1848 in occasione del riaprimento della Corte medesima, Messina, 1848.

77 F. Mistretta, Per la inaugurazione del nuovo anno giuridico. Ora-zione censoria del Cavaliere Francesco Mistretta, Consigliere della Corte Suprema di giustizia in missione di Procuratore Generale del Re presso la G.C. Civile in Messina pronunziata all’udienza del 2 gennaro 1852, Messina, 1852.

78 Ibidem, p. 23.

433

Invidiato (giudici), Vincenzo Maria Ramò (procuratore regio), Ferdinando Cutrona (sostituto procuratore)79; nel distretto messinese, Pietro Calì (presidente), Michele Nobile, Giuseppe Delisi Rondinella, Raffaele Marletta, Nicolò Cre-scimanno, Vittorio Barbera, Salvatore De Luca, Pietro Tes-sitore (giudici), Fortunato Jannelli (procuratore regio)80; nel distretto etneo, Francesco Maiolino (presidente), Vincenzo Miserendino, Raffaele Foderà, Giuseppe Bonaiuto, Giuseppe Puleo, Salvatore Ursino, Pasquale Sorce, Giuseppe Figlia (giudici), Vincenzo Costa Lucchesi (giudice supplente), Pie-tro Ventimiglia (procuratore regio)81. Per quel che concerne gli altri capoluoghi di valle, a Girgenti fanno stanza nella Gran corte criminale Gioacchino Triolo (presidente), Vito Ingrassia, Giovanni Burgio, Vincenzo Paternò Asmundo, Gaetano Raymo, Giuseppe Crescimanno (giudici), Angelo Aronne (procuratore regio); a Siracusa, Antonio Giaconia (presidente), Antonio Ferlito, Alfio Monsù Joppolo, Gia-como Vinciguerra, Carlo Russo Scinà, Vincenzo Tenerelli (giudici), Sebastiano Barbagallo (procuratore regio); a Tra-pani, Giuseppe Marini (presidente), Gioacchino Giandalia, Leonardo Baviera, Nicola Antonio Paula, Benedetto Pilati, Giuseppe Galatioto (giudici), Rosario Pasciuta (procurato-re regio); a Caltanissetta, Antonino Candela (presidente), Giorgio Calcara, Vincenzo D’Anna, Giovanni De Cola, Gianbattista Spalletta, Girolamo La Lumia, Ferdinando Scoppa (giudici), Giuseppe Vinci Orlando (procuratore regio); e infine a Palermo, Pietro Calandro (presidente), Francesco Prado, Antonino Correnti, Salvatore Russo, Luigi Prestipino, Giovanni Ardizzone, Salvatore Nicolosi, Antonino Calabrò, Ferdinando Judica (giudici), Giuseppe Arigò (procuratore regio)82.

E la Corte suprema di giustizia? Unica per la Sicilia, ha sede a Palermo83 ed è indipendente da quella napoletana che

79 Almanacco Reale del Regno delle Due Sicilie, Napoli, 1855, pp. 192-194.

80 Ibidem, p. 194.81 Ibidem.82 Ibidem, pp. 201 ss.83 Titolo X, Della Corte suprema di giustizia, art. 118: «Risederà in

434

decide per i domini al di qua del Faro84. Articolata in un presidente, un vicepresidente, otto consiglieri, due supplenti, un procuratore regio, un avvocato generale, un cancelliere e un vice85, essa attende ad una funzione nomofilattica poiché «[giudica] non nell’interesse de’ litiganti, ma di quello delle leggi». Il suo sindacato attiene non al merito delle questioni bensì «al solo oggetto se siano o no conformi alle leggi»86. Per rendere meno astratto il quadro già tratteggiato sugli uffici d’appello dell’Isola, ricordiamo che nel 1855 occupano le cariche istituite presso il massimo organo giudicante Michele Muccio (presidente), Domenico Corvaja, Giuseppe Pagano La Rosa, Nicolò Sciales, Filippo Majorana, Giovanni Rizzotti, Pasquale Noce, Giuseppe Filippone, Francesco Calcagno, Pietro Cirino (consiglieri), Giuseppe Napolitani (avvocato generale)87. Degli arresti emessi da alcuni di loro abbiamo contezza attraverso la collezione curata da Vito La Mantia88, data alle stampe per i tipi di Clamis e Roberti con il titolo Decisioni della Corte Suprema di Sicilia dall’anno 1819 al 1858. Sul modello proposto dal Journal des audiences de la Cour de cassation di Victor-Alexis-Désiré Dalloz89, fatto proprio a Napoli da Ferdinando Albisinni con la sua Raccolta90,

Palermo una Corte suprema di giustizia, nella cui giurisdizione saran compresi tutti i tribunali e tutte le gran Corti, e generalmente l’intero ordine giudiziario de’ nostri dominj oltre il Faro».

84 Ibidem, art. 119: «Sarà essa indipendente dalla Corte suprema di giustizia de’ nostri dominj al di qua del Faro, come questa lo sarà da quella, a’ termini dell’articolo 8 della nostra legge degli 11 di dicembre 1816». Sulla Corte di Cassazione a Napoli è specifico A. De Martino, Per la storia della Cassazione a Napoli, cit.

85 Ibidem, art. 120.86 Ibidem, art. 122. Per le modalità con cui è disciplinato il giudizio

di rinvio in caso di annullamento di una sentenza si vedano gli artt. 127-131. Sui conflitti di giurisdizione invece cfr. agli att. 132-133. Complessivamente sono dedicati alla Corte suprema gli artt. 118-150.

87 Almanacco Reale del Regno delle Due Sicilie, cit., p. 188.88 Ha studiato questo importante giurista M.A. Cocchiara, Vito La

Mantia, cit.89 V.A.D. Dalloz, Journal des audiences de la Cour de cassation. Juris-

prudence générale du royaume: recueil périodique et critique de législation, de doctrine et de jurisprudence en matière civile, commerciale, criminelle, administrative et de droit public, Paris, ad annum.

90 F. Albisinni, Giurisprudenza civile, ossia Raccolta con ordine crono-

435

La Mantia progetta la compilazione delle motivazioni rese dal «supremo Collegio», in specie quelle che «risolvono questioni di diritto, premettendovi (ove sia necessario) un cenno de’ fatti, e sempre facendole precedere dalla indi-cazione della questione risoluta»91. Anche questa «fatica» sarà però interrotta «a causa delle vicende rivoluzionarie siciliane»92.

Ebbene lo schieramento geografico e le prerogative giuridiche dell’ordinamento giudiziario borbonico sin qui descritti verranno parzialmente modificati con l’estensione del c.d. decreto Rattazzi del 13 novembre 1859, n. 3781, applicato alla Sicilia in forza del d.lgt. 17 febbraio 1861, n. 3293.

3. L’ordine sabaudo per l’Italia unita

Prima dell’annessione dell’Isola al regno sardo, la Sicilia vive per due mesi sotto la guida del dittatore Giuseppe Garibaldi – proclamato «in nome di Vittorio Emanuele Re d’Italia» con apposito decreto94 controfirmato dal segreta-rio di stato Francesco Crispi95 – per poi essere consegnata

logico delle decisioni della Corte Suprema di Giustizia di Napoli, Napoli, 1849-1859.

91 Propositi tratti dall’Introduzione al primo numero, trascritta in P. De Salvo, La cultura delle riviste, cit., p. 439.

92 M.A. Cocchiara, Vito La Mantia, cit., p. 154.93 Decreto che applica alla Sicilia con talune modificazioni i Codici

penali e di procedura penale e le Leggi sull’ordinamento giudiziario e sugli stipendi dei funzionari dello stesso ordine, pubblicati in Torino in novembre 1859, non che i regolamenti che vi hanno relazione, 17 febbraio 1861, n. 32, in Raccolta degli atti del Governo della Luogotenenza generale del Re in Sicilia, Palermo, 1862, pp. 183-187.

94 Decreto col quale Giuseppe Garibaldi Comandante in capo le forze Nazionali di Sicilia assume la Dittatura, 14 maggio 1860, n. 1, in Collezione delle leggi, decreti e disposizioni governative compilate a cura dell’avvocato Nicolò Porcelli, Palermo, 18612, p. 3.

95 Crispi in realtà assunse ufficialmente la qualifica di segretario di stato tre giorni dopo la nomina di Garibaldi a dittatore: cfr. Decreto di istituzione e nomina del Segretario di Stato, 17 maggio 1860, n. 3, in Collezione delle leggi, decreti e disposizioni governative, cit., p. 6.

436

nelle mani del prodittatore Agostino Depretis96, nel mese di luglio, e del prodittatore Antonio Mordini97, a settembre.

Nell’alluvione di provvedimenti che si abbatte sulla Trinacria – sono più di seicento i decreti promulgati che recano una data anteriore al giorno del plebiscito98 – la macchina giudiziaria ereditata dai Borboni viene posta al vaglio di una Commissione censoria formata da Pietro Scrofani (presidente), Pietro Castiglia, Vincenzo Di Marco, Salvatore De Luca, Gaetano Sangiorgio, Pietro Lo Jacono (cancelliere), appositamente istituita il 21 giugno allo sco-po di «iscrutinare la condotta dei funzionari appartenenti all’ordine giudiziario»99. Ma i risultati delle indagini svolte sul corpo giudicante tardano ad essere comunicati: le nuove nomine dei magistrati si registrano soltanto tra agosto e settembre, per quanto già il 29 giugno Pasquale Calvi, sulla cui fede antiborbonica non v’era alcun dubbio100, era stato incaricato della presidenza della Corte suprema al posto di Paolino Nicastro101.

Il 3 agosto sono ufficialmente destituiti Francesco Majolino, Fortunato Jannelli, Raffaele Foderà, Sebastiano Barbagallo, Gioachino Giandolia, Angelo Aronne, Antonino

96 Decreto di nomina del Sig. Depretis a Prodittatore, 22 luglio 1860, n. 254, in Collezione delle leggi, decreti e disposizioni governative, cit., pp. 127-128.

97 Decreto di ricostituzione del Prodittatore e dei Segretari di Stato, 17 settembre 1860, n. 472, in Collezione delle leggi, decreti e disposizioni governative, cit., pp. 378-379.

98 Sulla difficile fase di transizione politica e legislativa che l’Italia vive nel 1860 si veda E. Mongiano, Il voto della Nazione. I plebisciti nella formazione del Regno d’Italia (1848-1860), Torino, 2003.

99 Decreto di istituzione di una Commissione censoria sui passati funzionari dell’ordine giudiziario, 21 giugno 1860, n. 115, in Collezione delle leggi, decreti e disposizioni governative, cit., p. 59.

100 Il giurista messinese era noto agli ambienti rivoluzionari dell’Isola, avendo egli preso parte attiva ai moti del ’20-’21 e del ’48. Su Calvi sia consentito rinviare a A. Cappuccio, Paquale Calvi (1794-1867), in Avvocati che fecero l’Italia, a cura di S. Borsacchi e G.S. Pene Vidari, Bologna, 2011, pp. 750-758.

101 Decreto di nomina del Sig. Calvi a Presidente della Corte Suprema, 29 giugno 1860, n. 332, in Collezione delle leggi, decreti e disposizioni governative, cit., p. 156.

437

Calabrò, Francesco Salvo, Luigi Prestipino, Giuseppe Galici Galletti, Antonino Calabrese102; e nella medesima data è operata la rimodulazione dei «Collegi giudiziari residenti in Palermo»103: i consiglieri della Corte suprema, che ai sensi dell’art. 6 sono ridotti al numero di sette104, rispondono ai nomi di Vincenzo Errante, Benedetto Castiglia, Giovanni Interdonato, Francesco Calcagno, Pietro Cirino, Giuseppe Natoli, Filadelfo Faro105; alla Gran corte civile sono assegnati Pietro Calì, Fedele Caliri, Salvatore Schiavo, Giuseppe Pu-leo, Pasquale Sorce, Salvatore Pinto, Pietro Crispo Floran, Domenico Sommariva, Giuseppe Crescimanno, Giuseppe Galatioto, Vincenzo Cacioppo, Filippo Orlando, Andrea Guarneri, Pasquale Patti, Gaetano Caruso, Salvatore Nico-letti, Nicolò Musumeci106; alla Gran corte criminale, Dome-nico Arista, Alessio Bondì, Vincenzo d’Anna, Giovanni De Cola, Giovan Battista Conte, Andrea La Porta, Francesco Simoncini, Luigi Greco107.

Il 2 settembre è la volta del «rimpasto» in virtù del quale ad Antonio Agnetta è assegnata la vicepresidenza della Corte suprema, a Giovanni Rizzotti la presidenza della Gran corte civile di Messina, a Fedele Caliri la presidenza di quella catanese108. Inoltre nella magistratura d’appello peloritana si insediano Antonino Giaconia, Giuseppe Rondinella, Ga-spare Guzzo, Ferdinando Scoppa, Mariano Minissale, Luigi

102 Decreto di destituzione di alquanti componenti del passato ordine giudiziario, 3 agosto 1860, n. 336, in Collezione delle leggi, decreti e disposizioni governative, cit., pp. 160-161.

103 Decreto di formazione del personale della Corte Suprema di giustizia e Gran Corti civili e penali, e Tribunale civile, 3 agosto 1860, n. 334, in Collezione delle leggi, decreti e disposizioni governative, cit., pp. 157-160.

104 Ibidem, art. 6: «La Corte suprema di giustizia deciderà per ora con sette votanti».

105 Cfr. anche Decreto di nomina di alquanti consiglieri della Corte Suprema, 3 agosto 1860, n. 333, in Collezione delle leggi, decreti e dispo-sizioni governative, cit., pp. 156-157.

106 Decreto di formazione del personale della Corte Suprema di giustizia e Gran Corti, cit., pp. 157-160.

107 Ibidem, p. 158.108 Decreto di nomina di alquanti componenti della Corte Suprema e

delle Gran Corti civili di Messina e Catania, 2 settembre 1860, n. 435, in Collezione delle leggi, decreti e disposizioni governative, cit., pp. 340-341.

438

Patti, Rosario Murabito; a Catania, Giuseppe Vinci Orlando, Salvatore Ursino, Ignazio Abrignani, Andrea Gallo, Matteo Muratori, Giuseppe Aspa, Giuseppe Cacopardo109. Un nuovo decreto dello stesso giorno indica poi i componenti delle Gran corti criminali: Giuseppe Figlia, Federico Jeni, Alfio Monsù Ioppolo, Gaetano Lo Giudice, Gaetano Chirico, Nicolò Schirò, a Siracusa; Benedetto Pilati, Giovanni Bur-gio, Francesco Invidiato, Nicolò Donato, Filippo Di Stefani, Luigi Basile, Ercole Fileti, a Trapani; Sebastiano Pugliatti, Leonardo Baviera, Antonino Giuliani, Gioacchino Mustac-cio, Antonino Sangiorgio, Ippolito Lo Presti, Gaetano De Pasquali, a Girgenti; Pietro Tessitore, Giuseppe Pensabene, Giuseppe Ruffo, Antonino De Luna, Francesco Paolo Pa-gano, Carlo Gorritte, Emmanuele Milone, a Caltanissetta110.

Non passano che poche settimane quando vengono di-sposte altre rotazioni nell’ambito della Corte suprema, segno di una evidente precarietà governativa111: Pietro Ventimiglia succede ad Agnetta – deceduto – alla vicepresidenza, Vin-cenzo Errante a Filodelfo Faro, Salvatore Schiavo a Bene-detto Castiglia, Antonino Giaconia a Francesco Calcagno, il quale è promosso avvocato generale, Gabriele Carnazza ad Errante, Vincenzo Cacioppo a Giuseppe Natoli, oltre ai neoeletti Pietro Castiglia, Giuseppe Puleo, Giuseppe Vinci Orlando112. Ma accade anche nelle Gran corti: a Palermo Pie-

109 Ibidem, p. 340.110 Decreto per la componenza della gran Corte criminale di Siracusa,

Trapani, Girgenti e Caltanissetta, 2 settembre 1860, n. 436, in Collezione delle leggi, decreti e disposizioni governative, cit., pp. 342-343.

111 Basti ricordare che è il 17 settembre 1860 la data del passaggio di consegne tra Depretis e il nuovo prodittatore Antonio Mordini, nonché la nomina dei segretari di Stato: Domenico Peranni alla Finanza, Paolo Orlando ai Lavori pubblici, Gregorio Ugdulena al Culto ed Istruzione pubblica, Pietro Scrofani alla Giustizia, Giorgio Tamajo alla Sicurezza pubblica, Battista Fauché alla Marina, Nicola Fabrizi alla Guerra, Dome-nico Pirajno agli Affari esteri e Commercio. Cfr. Decreto di ricostituzione del Prodittatore e dei Segretari di Stato, 17 settembre 1860, n. 472, in Collezione delle leggi, decreti e disposizioni governative, cit., p. 368.

112 Decreto di nomina dei componenti della Corte Suprema di giustizia, 4 ottobre 1860, n. 553, in Collezione delle leggi, decreti e disposizioni governative, cit., pp. 412-413.

439

tro Crispo Floran prende il posto di Fedele Caliri, Gaetano Sangiorgio di Salvatore Schiavo, con gli innesti di Giovanni Costantini Bracco, Francesco D’Onofrio, Diego Orlando; a Messina Paolo La Spada rimpiazza Rosario Murabito; a Catania giungono Vincenzo Minichelli, Salvatore Marchese e Giuseppe Catalano113.

Una lunghissima sfilza di nomi, una cascata di ingranaggi strumentalmente intercambiabili, un ordine caotico. Con il governo dittatoriale si registrano in effetti soltanto l’allonta-namento forzato degli uomini «conniventi agli atti arbitrari della cessata tirannide»114 e il frenetico avvicendamento nelle cariche strategiche di persone fedeli o quantomeno vicine di volta in volta a Garibaldi, Crispi, Depretis e Mordini.

È con la breve parentesi della luogotenenza generale115, invece, che la rappresentanza del potere regio dei Savoia inizia a plasmare le istituzioni isolane.

Il primo «dono prezioso» che riceve la Sicilia – almeno secondo le parole del segretario di stato per la Giustizia Errante116 – è l’adozione della legge sarda del 23 ottobre 1859, n. 3702 sulla «divisione del territorio del Regno»117.

113 Ibidem. Ulteriori assestamenti si avranno con i seguenti decreti: 7 ottobre 1860, n 22; 20 ottobre 1860, n. 86; 20 ottobre 1860, n. 87; 3 novembre 1860, n. 228, tutti in Collezione delle leggi, decreti e disposizioni governative, cit., ad ind.

114 Così recita ad esempio il preambolo del decreto del 3 agosto 1860, n. 328 sopracitato.

115 Secondo quanto disposto dall’articolo 1 del r.d. 5 gennaio 1862, n. 91 (Regio decreto col quale viene soppressa la Luogotenenza Generale di Sicilia), la luogotenenza cessò l’1 febbraio 1862. Cfr. il testo del provvedimento in Raccolta degli atti del Governo della Luogotenenza generale, cit., pp. 305-307.

116 Questa è l’espressione che Errante usa nella relazione fatta al prodittatore Depretis, poi allegata al Decreto di adozione in Sicilia della legge provinciale e comunale del Regno italico, 26 agosto 1860, n. 414, in Collezione delle leggi, decreti e disposizioni governative, cit., pp. 231-269.

117 Legge sul nuovo ordinamento provinciale e comunale del Regno, 23 ottobre 1859, n. 3702, in Raccolta di Leggi, Decreti, circolari ed altri provvedimenti, cit. Cfr. sul punto G. Melis, Storia dell’amministrazione italiana. 1861-1993, Bologna, 1996, pp. 75 ss.; L’altro Piemonte e l’Italia nell’età di Umberto Rattazzi, a cura di R. Balduzzi, R. Ghiringhelli e C. Malandrino, Milano, 2010, passim.

440

«La circoscrizione amministrativa» dell’Isola subisce due evidenti correttivi118: «i nuovi circondari corrispondono agli antichi distretti e i mandamenti agli antichi circondari»119 e «le attribuzioni già date ai Consigli distrettuali e provinciali, agli intendenti e sottointendenti, da leggi e provvedimenti tuttora in vigore, saranno esercitate dai Consigli provinciali, dai governatori, e dagli intendenti di circondario»120. Tutto il regno è ripartito quindi in «Provincie, circondari, man-damenti e comuni». Più precisamente la Sicilia consta di 7 province, 24 circondari, 174 mandamenti e 314 comuni121.

Reca la firma di Umberto Rattazzi anche un secondo provvedimento concepito per il «Regno Italico» e poi con-cesso ai territori annessi, il decreto del 13 novembre 1859, n. 3781 sull’amministrazione della giustizia122. Facendo leva sullo schema verticistico di derivazione francese, anche qui, come era stato in precedenza per il regno del Sud, il mini-stro123 sceglie la via della graduazione delle competenze124. È sufficiente quindi mettere a fuoco le peculiarità. Anzitutto al posto dei giudici «di pace» – conciliatori nelle Due Sicilie – ora abbiamo quelli di mandamento, che non solo sono destinati ad aree più estese – corrispondenti appunto ai mandamenti – ma vengono nominati tra «laureati in leggi» o «notai esercenti da tre anni»125. Per lo stesso principio

118 Decreto di adozione in Sicilia della legge provinciale e comunale del Regno italico, 26 agosto 1860, n. 414, cit.

119 Ibidem, art. 2.120 Ibidem, art. 9.121 Cfr. la tabella pubblicata in ibidem.122 Legge sul nuovo ordinamento giudiziario, e circoscrizione territoriale

delle Corti d’Appello, dei Tribunali e dei Mandamenti, 13 novembre 1859, n. 3781, in Raccolta di Leggi, Decreti, circolari ed altri provvedimenti dei Magistrati ed Uffizii pubblicati negli Stati Sardi, Torino, 1859. Su cui cfr. E. Dezza, Saggi di storia del diritto, cit., pp. 185 ss.; F.A. Genovese, L’ordinamento giudiziario di Rattazzi e il pensiero di Giuseppe Pisanelli, in Giuseppe Pisanelli. Scienza del processo, cultura delle leggi e avvocatura tra periferia e nazione, a cura di C. Vano, Napoli, 2005, pp. 39 ss.

123 Rattazzi emanò questo decreto in forza dei pieni poteri conferitigli dalla legge 25 aprile 1859.

124 Cfr. A. Sciumè, I principi generali del diritto nell’ordine giuridico contemporaneo (1837-1942), Torino, 2002, p. 153.

125 A differenza quindi del conciliatori e dei giudici di circondario

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di carattere amministrativo, il primo grado dei giudizi più importanti è affidato ai tribunali circondariali126, il secondo alla Corte d’Appello127, e l’ultimo alla Corte di Cassazione128.

Organi del tutto inediti – almeno se usiamo come termi-ne di paragone la legge del 1819 – sono invece il pubblico Ministero, presente «presso ogni tribunale e corte»129, e le corti d’assise, attive «in ogni distretto di Corte d’Appello», salva la formazione di due o più unità nello stesso distretto «ove il bisogno della giustizia lo richiegga»130. È inoltre previsto che alle assise, da tenersi «ordinariamente ogni trimestre»131, partecipino un presidente e due giudici, scelti tra i componenti della Corte d’Appello132, nonché quattordici giurati133 in possesso di determinati requisiti134.

Dal Piemonte alla Sicilia. Nell’arco di qualche mese, il luogotenente Massimo Cordero di Montezemolo, affiancato dai consiglieri135 Giuseppe La Farina, Matteo Raeli, Filippo Cordova, Casimiro Pisani, Romualdo Trigona, è chiamato ad

delle Due Sicilie, la «scala» giudiziaria sarda è composta integralmente da togati dotati di una pur essenziale cultura giuridica. Cfr. Titolo II, capo I, Dei giudici di Mandamento o di Polizia, art. 21: «Per poter essere nominato Giudice di Mandamento o di Polizia i laureati in leggi che abbiano i requisiti necessari per essere ammessi al patrocinio, ed i Notai esercenti da tre anni».

126 Ibidem, artt. 26-33.127 Ibidem, artt. 34-40.128 Ibidem, artt. 89-92.129 Ibidem, art. 1.130 Ibidem, art. 42.131 Ibidem, art. 52.132 Ibidem, art. 43.133 Ibidem, art. 85: «Il presidente fa poscia ritirare gli stessi giurati

nella stanza per essi destinata; indi, a porta chiuse, ed in presenza del Pubblico Ministero e dell’accusato, assistito dal proprio difensore, procede all’estrazione a sorte di 14 giurati necessari pel giudizio». La scansione dei passaggi relativi all’elezione dei giurati e alla formazione delle liste è sancita dagli artt. 53-77.

134 Ibidem, art. 53: «Per poter essere giurato si richiede il concorso delle seguenti condizioni: 1. Saper leggere e scrivere; 2. Avere compiuta l’età d’anni 30; 3. Essere elettore politico».

135 Decreto di nomina dei Consiglieri e del Segretario Generale della Luogotenenza, 4 dicembre 1860, n. 5, in Raccolta degli atti del Governo della Luogotenenza generale, cit., p. 31.

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attuare in concreto il nuovo ordinamento giudiziario e dar vita alle Camere di disciplina degli avvocati136. Il primo passo è compiuto con il già citato d.lgt. n. 32/1861, che abroga la «legge organica dell’ordine giudiziario del 7 giugno 1819», salvando esclusivamente le disposizioni sulla «materia della competenza civile e commerciale»137. Il decreto prevede

136 Decreto che istituisce in Messina la Camera di disciplina degli Avvo-cati, 1° marzo 1861, n. 39, in forza del quale vengono nominati Giuseppe Cacopardo (presidente), Paolo La Spada (censore), Mariano Mirone (segretario), Giovanni Marino (tesoriere), Antonio Ricciardi (relatore), e Domenico Rombes, Salvatore Natoli, Giuseppe Sergi, Giovanni Bonfiglio (componenti); Decreto che istituisce in Catania la Camera di disciplina degli Avvocati, 1° marzo 1861, n. 40, con Santo Di Grazia (presidente), Antonio Ursino (censore), Filadelfo Faro (relatore), Salvatore Di Bar-tolo (segretario), Rosario Morabito (tesoriere), Giacomo Bellia, Carlo Crispo, Giacomo Patti, Giovanni Fernandez (componenti); Decreto che istituisce in Caltanissetta la Camera di disciplina degli Avvocati, 1° marzo 1861, n. 41, con Carlo Miraglia (presidente), Luigi Lanzirotti (censore), Giovanni Scoto (segretario), Liborio Marrocco (tesoriere), Salvatore Martines, Giuseppe Felice Scarlata, Giuseppe Zacco, Giuseppe Rava (componenti); Decreto che istituisce in Girgenti la Camera di disciplina degli Avvocati, 8 aprile 1861, n. 49, con Giuseppe De Luca (presidente) Giambattista Picone (censore), Rosario Cipollina (relatore), Pasquale Vaccaro (segretario), Michele Biondi (tesoriere), Giuseppe d’Alessandro, Diego Cigna, Giuseppe Mirabile (componenti); Decreto che istituisce in Siracusa la Camera di disciplina degli Avvocati, 28 maggio 1861, n. 57, con Emmanuele Vasquez (presidente), Antonio Failla (censore), Nicolò Bonincontro (relatore), Francesco Accolla (segretario), Luigi Greco Cassia (tesoriere), Gaetano Adorno, Gabriele Rizzo, Giuseppe Serafino, Alessandro Jozia (componenti); tutti i provvedimenti sono consultabili in Raccolta degli atti del Governo della Luogotenenza generale, cit., ad ind. Per un quadro complessivo di questi interventi sia consentito rinviare ad A. Cappuccio, Il tocco, la toga e l’abito nero, cit., pp. 38-42. Ha invece indagato l’avvocatura nazionale dopo l’Unità F. Tacchi, Gli avvocati italiani dall’Unità alla Repubblica, Bologna, 2002, con riferimento alle Camere di disciplina nel Regno di Napoli, pp. 37-38.

137 D.lgt. 17 febbraio 1861, n. 32, art. 2: «Dal detto giorno 1° no-vembre 1861 cesseranno di aver vigore nelle Siciliane Provincie le leggi penali e le leggi di procedura penale che formano la seconda e quarta parte del Codice del già Regno delle Due Sicilie, come ancora tutt’altre disposizioni di diritto o rito speciale penale che sieno incompatibili coi Codici penali e di procedura penale, di cui è stata sopra ordinata la pubblicazione. Cesseranno contemporaneamente di aver vigore la legge organica dell’ordine giudiziario del 7 giugno 1819, e tutt’altre disposi-

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l’istituzione della Corte di Cassazione nella città di Palermo (art. 3)138, e delle Corti d’Appello a Palermo, Messina139 e Catania, con «giurisdizione sulle provincie sulle quali finora hanno rispettivamente esercitato giurisdizione le Gran Corti Civili» (art. 4)140. «Restano siccome sono le magistrature e le giurisdizioni in materia commerciale» (art. 10)141, mentre le individuate Corti d’Appello, «ogni trimestre», sono altresì chiamate a comporre le «Assisie»142.

zioni legislative; in quanto concernono la materia dell’organizzazione giudiziaria; rimanendo bensì in vigore, in quanto riguardano la materia della competenza civile e commerciale, e non si trovino incompatibili coi Codici e Leggi da pubblicarsi come sopra. Cesseranno infine alla stessa epoca di aver vigore le leggi finora esistenti sugli stipendi dei funzionari dell’ordine giudiziario».

138 Ibidem, art. 3: «Sarà in Sicilia una Corte suprema di Cassazione con la residenza nella città di Palermo, e con giurisdizione su tutte le Provincie siciliane. Uno o più decreti del Luogotenente Generale del Re fisseranno il numero e i gradi dei funzionari componenti la medesima Corte di Cassazione non che gli opportuni regolamenti, in vista delle leggi in vigore sulla procedura civile e penale, del numero ed importan-za degli affari, e di tutt’altre circostanze speciali di queste Provincie». Sulle vicende legate alla Cassazione è specifico M. Meccarelli, Le Corti di cassazione nell’Italia unita. Profili sistematici e costituzionali della giurisdizione in una prospettiva comparata (1865-1923), Giuffrè, 2005.

139 I nomi dei giudici assegnati a Messina, nonché degli avvocati e procuratori di questo foro, per gli anni 1875 e 1877, possono leggersi in A. Busacca, Annuario della Città di Messina, I (1875), Messina, 1875, ad ind., e Id., Annuario della Città di Messina, III (1877), Messina, 1877, ad ind.; entrambe le opere sono state recentemente ristampate a cura di R. Battaglia nei volumi II e III delle Guide e Annuari di Messina nell’Ottocento, Messina, 1994.

140 D.lgt. 17 febbraio 1861, n. 32, art. 4: «Vi sarà una Corte di Appello in Palermo, altra in Messina, altra in Catania. Le dette Corti eserciteran-no giurisdizione sulle provincie sulle quali finora hanno rispettivamente esercitato giurisdizione le Gran Corti Civili residenti nelle menzionate città. Uno, o più decreti del Luogotenente Generale del Re fisseranno il numero e i gradi dei funzionari componenti le dette Corti d’Appello, come ancora le Sezioni in cui andranno divise, in vista de’ bisogni della giustizia che dovranno amministrare ai termini di legge».

141 Ibidem, art. 10.142 Ibidem, art. 5: «Restano sin da ora fissate come Circoli delle Corti

di Assisie del Distretto della Corte di Appello di Palermo le provincie comprese in esso Distretto. Le Assisie, ai termini dell’art. 52 della legge sull’ordinamento giudiziario, si terranno ogni trimestre nella città capo-

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Più macchinosa si rivela la fondazione dei quindici tri-bunali circondariali, «da distribuirsi nelle città capi-luoghi di provincia, e in altre città capi-luoghi di circondario, in cui si riconosca il bisogno di istituirli»143. Quest’ultima condi-zione – il bisogno – scuote non a caso l’ambiente politico-forense dell’Isola. Impegnato con fervore a supportare le motivazioni che legittimano la presenza del tribunale in un capoluogo di circondario piuttosto che nell’altro, esso sot-tovaluta forse la decisione del governo centrale di rinviare l’esecuzione della riforma e la designazione dei giudici144. Particolarmente significativa è l’attività parlamentare che sancì il differimento. Tra i protagonisti di un acceso dibat-tito, giocato sia sul piano strettamente tecnico-giuridico che su quello ideologico-politico, troviamo nomi illustri del peso di Giovanni Battista Cassinis, Giuseppe Pisanelli, Giuseppe Pica, Francesco Crispi, Matteo Raeli, Giuseppe Mirabelli. Nella tornata del 30 aprile 1861 all’ordine del giorno della Camera c’è «la presa in considerazione della proposta di legge del deputato Mirabelli sull’ordinamento

luogo del Circolo; senza pregiudizio delle straordinarie convocazioni di cui è parola nel medesimo articolo».

143 Ibidem, art. 7: «Vi saranno Tribunali circondariali in numero non maggiore di quindici, da distribuirsi nelle città capi-luoghi di provincia, e in altre città capi-luoghi di circondario, in cui si riconosca il bisogno di istituirli. Uno, o più decreti del Luogotenente Generale del Re fisseranno il numero e i gradi dei componenti i diversi Tribunali circondariali, e le Sezioni in cui dovranno dividersi. Gli stessi, o altri decreti del Luogote-nente Generale da emanarsi pria del 1° novembre 1861 provvederanno alla istituzione ed alle residenze dei Tribunali circondariali che dovranno stabilirsi oltre a quelli delle città capi-luoghi di provincia; come ancora a determinare le circoscrizioni territoriali su cui i Tribunali circondariali dovranno esercitare giurisdizione. Questo, o questi decreti saranno dati, intesi pria i voti dei Consigli provinciali, che saranno a tal uopo al più presto convocati. Salve le disposizioni precedenti, vi sarà in ogni comune capo-luogo di circondario un Giudice istruttore, che si reputerà far parte del Tribunale circondariale esercente giurisdizione nel Circondario».

144 Legge con cui si proroga nelle Provincie Napolitane e Siciliane l’attuazione dell’ordinamento giudiziario, e delle leggi di procedura del 17 febbraio 1861, 30 giugno n. 56, in Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, Anno 1861, dal n. 1 al 408 novies, I, Torino, 1861, pp. 122-124.

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giudiziario»145. Il disegno presentato dal partenopeo Mira-belli mira ad ottenere, «per le sole province napoletane», la proroga all’1 gennaio 1862 dell’entrata in vigore del nuovo sistema giudiziario e del codice di procedura penale sardo. Le motivazioni che egli adduce sono tre:

non ancora si sono fatte le circoscrizioni giudiziarie, non si sono ancora trovati i locali; nello stato di ebullizione in cui trovansi quelle provincie [è] imprudentissimo di mutare sedi di tribunali, e modificar la magistratura; bisogna tener pronto il personale [...], e non solo il personale dei magistrati, ma anche gli impiegati che da essi dipendono, i quali costituiscono una parte importante dell’amministrazione giudiziaria, e la cui corruzione suole spargere il discredito sulla magistratura medesima146.

Parole che ricevono un primo ben augurale consenso dell’aula: a richiesta del presidente facente funzione, Vincen-zo Fardella di Torrearsa, la proposta viene «appoggiata». Si passa pertanto al parere del ministro di Grazia e Giustizia, Cassinis, il quale si dice favorevole alla discussione sul testo in questione, precisando che per dar seguito alla riforma «del numero e delle sedi delle varie autorità giudiziarie, delle circoscrizioni e delle tabelle [...] occorrono ponderati studi»147. Così anche l’onorevole Pica, che però approfitta dell’occasione per lanciare severe accuse contro i giudici partenopei, proprio quei giudici che nel 1849 lo avevano condannato a ventisei anni di ferri per aver preso parte ai moti dell’anno precedente:

la magistratura napoletana, signori, salve sempre onorevoli ec-cezioni, è stata lo strumento principale della tirannia borbonica. È la magistratura napoletana quella che è rimasta colpita dalla riprovazione generale d’Europa148.

145 Cfr. Atti ufficiali del Parlamento italiano. Camera dei Deputati, Legislatura VIII, sessione I, 1861, Torino, 1861, pp. 362-363.

146 Ibidem, p. 362.147 Ibidem, p. 363.148 Ibidem.

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Ecco che dal problema strutturale l’attenzione viene spostata sulla classe dei togati meridionali. Prontamente incalzano Nicola Schiavoni e Agostino Plutino. Il primo, nel ricordare i fatti che lo avevano portato alla ingiusta detenzione, afferma: «io mi pregio d’aver trascinato la ca-tena coll’illustre Poerio per ben dieci anni, e per giudizio di quella magistratura»149. Il secondo poi riesce persino a suscitare l’allusiva ilarità di una parte del consesso:

io mi oppongo a che sia presa in considerazione la proposta dell’onorevole preopinante, appunto perché, quando si porranno in atto le nuove disposizioni legislative, allora sarà il caso che il guardasigilli possa provvedere a quello spurgo nella magistratura che è tanto necessario [...]. Io non attacco certamente tutta la magistratura, ma dico che è necessario ci sia una depurazione150.

Gli animi sono evidentemente troppo accesi, le «ferite» riportate da alcuni deputati ancora vive, come vivi sono i ricordi delle persecuzioni patite. La discussione viene dunque rinviata al 17 giugno. Uno slittamento che si rivela proficuo per la Sicilia. Alla riapertura prende la parola il catanese Salvatore Marchese:

è da notarsi intanto che il progetto Mirabelli non riferivasi se non solo alle provincie napoletane. Ora, poiché lo stesso inconveniente esiste identico per le provincie siciliane, domando che il sistema che sarà per adottarsi dalla Camera relativamente a questo par-ticolare, cioè al differimento della esecuzione di questa legge, sia comune ancora alle provincie siciliane151.

La rettifica è ben accetta, e Vincenzo Maria Miglietti – che il 6 giugno era stato nominato guardasigilli – la «ammette assai di buon grado». Si passa così agli emendamenti. Enrico Castellano e Giuseppe Garofano propongono di «sospendere l’attuazione dell’ordinamento giudiziario e delle leggi di procedura penale sinché non sia provveduto con una legge

149 Ibidem.150 Ibidem, p. 753.151 Ibidem.

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generale per tutte le provincie del regno», quindi «indefi-nitivamente»152. L’idea, condivisa da Crispi, è recisamente osteggiata da Raeli, il quale teme che dalla posticipazione possa scaturire l’isolamento dell’Italia meridionale:

credo che nessuno [...] ha osato di allegare che l’ordinamento giudiziario e la procedura non sieno un beneficio generalmente desiderato [...]. Non so comprendere che, quando per una legge – si riferisce ovviamente al d.lgt. n. 32/1861 – avete già soddisfatto un desiderio così universale, del beneficio della istituzione dei giurati, [...] sia sana politica, sia giusto, sia regolare di annien-tare questa speranza, di ordinare la sospensione indefinita [...]. Questa sospensione indefinita sarebbe un malumore fortissimo, e ne nascerebbe il sospetto che non si vuol venire all’unificazione della legislazione153.

Un’analisi lucida ed efficace, per questo accolta dall’as-semblea, la quale con 194 voti favorevoli e 16 contrari ap-provò l’originaria stesura, opportunamente rivista secondo le indicazioni di Marchese. Il 20 giugno, infine, dalla Camera il progetto Mirabelli venne trasmesso al Senato, dove ricevette il consenso definitivo154.

Torniamo quindi agli uffici circondariali. Sottratti i sette tribunali destinati alle rispettive province155, la competizione si apre per le restanti otto sedi, da individuare attraverso un giudizio congiunto del governo, della commissione a tal fine istituita e dei Consigli provinciali156. Si propongono in tanti, ma i criteri principali che guidano la scelta sono due: la distanza dei circondari dai centri giudiziari e la difficoltà oggettiva di raggiungere gli stessi, ovvero accesso alle strade, presenza di sentieri impervi, monti e fiumi. Questi almeno

152 Ibidem, p. 758.153 Ibidem, p. 759.154 Cfr. Atti del Parlamento italiano. Camera dei Senatori, sessione del

1861, Torino, 1861, pp. 242, 246.155 Regio decreto che determina provvisoriamente il numero, le sedi

e le circoscrizioni territoriali delle Autorità giudiziarie nelle Provincie Siciliane, 24 novembre 1861, n. 334, in Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, Anno 1861, dal n. 1 al 408 novies, II, Torino, 1861, pp. 1809-1816.

156 Cfr. supra.

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quelli ufficiali. Costituirebbe infatti un grave errore di pro-spettiva trascurare le sollecitazioni provenienti dalla classe forense. Mascherata da custode del senso civico e sostenitrice della giustizia, essa riesce di provincia in provincia a incidere sulle candidature, a dirottare voti, a bilanciare interessi. Non abbiamo a che fare, ovviamente, con un ceto di mestieranti in toga, sono però uomini che, dopo essere riusciti a gettarsi alle spalle la vecchia immagine dell’azzeccagarbugli, cercano ora di mantenere la dimensione sociale e lo «spazio pub-blico»157 faticosamente conquistati. E lo fanno con tutti i mezzi di cui dispongono: convincenti e persuasive orazioni, solide argomentazioni giuridiche, sviluppo di trame politi-che, e perché no con l’astuzia del professionista attento a preservare le proprie fonti di approvvigionamento.

Tra i diciassette circondari siciliani non capoluogo di provincia158, Mistretta ha maggiore agio a far valere le proprie ragioni. Situata su una altura scoscesa a quasi mille metri sul mare, dista da Messina ben 111 miglia «di cattivissimo e pericoloso cammino»159. Non di rado, durante l’inverno, il centro nebroideo rimane isolato per via delle difficili con-dizioni climatiche cui è esposto e per l’assenza, ancora nel 1861, di ponti e collegamenti necessari a superare fiumi e torrenti che lambiscono il territorio160. Quanto alla paventata riunione in un’unica sede giudiziaria di Mistretta e Patti, nella relazione che sponsorizza l’autonomia della prima non v’è timore di definirla, e a più riprese, una «evidente» ed «imperdonabile stoltezza»161.

157 Su tale aspetto si vedano le considerazioni di Carlos Petit nel presente volume, nonché P. Beneduce, Il corpo eloquente. Identificazione del giurista nell’Italia liberale, Bologna, 1996.

158 Ovvero: Cefalù, Corleone, Termini (provincia di Palermo); Ca-stroreale, Mistretta, Patti (provincia di Messina); Acireale, Caltagirone, Nicosia (provincia di Catania); Bivona, Sciacca (provincia di Girgenti); Piazza, Terranova (provincia di Caltanissetta); Alcamo, Mazara (provincia di Trapani); Modica, Siracusa (provincia di Noto). Cfr. la tabella annessa alla Legge Provinciale e Comunale, 26 agosto 1860, n. 414, cit.

159 Cfr. Ragioni per assegnarsi Mistretta a sede di Tribunale, Palermo, 1861.

160 Ibidem, p. 6.161 Ibidem, p. 8.

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Altri aspetti supportano l’istanza presentata dai modicani. Non potendo lamentare disagi imputabili al clima e alla terra, l’antica contea preme sul ruolo assunto nella cacciata dei Borboni – «ora che tutto è in assesto, e la schiatta borbonica può dirsi completamente annientata» –; sulla «ricchezza ben distribuita», frutto «dell’aria salubre che respira e della mano incallita del suo industre agricoltore»162; e, soprattutto, sull’estensione della propria provincia, la quale conta una popolazione più numerosa di molti altri distretti isolani163.

Motivi politici e culturali stanno invece alla base della candidatura di Caltagirone e Nicosia. Città tra le più ricche della Sicilia, collocate in una favorevole posizione geografica, sono note anche per aver dato i natali a grandi giuristi164. Ciononostante l’iter per la nascita del tribunale calatino non fu breve né semplice, e dovette fare i conti con le aperte resistenze del Consiglio provinciale di Catania. In una seduta di luglio del 1861 l’organo rappresentativo giudicò infatti «non necessaria» e «priva di utilità» la creazione di un se-condo tribunale nella provincia etnea, motivando la decisione con l’assenza di un carico giudiziario arretrato in capo alla magistratura giudicante catanese165. Al di là, tuttavia, delle lodevoli «preoccupazioni» espresse dal Consiglio, non sem-

162 Siracusa, Noto e Modica pel decreto del 17 febbraro 1861 ai con-siglieri provinciali di Noto, Governo siciliano e corpo legislativo italiano. Poche parole di G.D.A., Modica, 1861.

163 Ibidem, p. 15: «Guardiamo per poco anche le cose sotto un profilo più lontano. Ravviciniamo il distretto di Modica a tutti gli altri distretti dell’Isola (tolti quelli di Palermo, Messina e Catania, che pei grandi centri delle loro città capitali, e solo per questo motivo, portano materialmente uno sbilancio nella cifra) troveremo che i distretti di Termini, Cefalù, Corleone, Castroreale, Patti, Mistretta, Caltagirone, Nicosia, Acireale, Bivona, Sciacca, Caltanissetta, Terranova, Piazza, Alcamo, e Mazzara, sono tutti per popolazione, al disotto di quello di Modica; e si marchi che due dei nominati distretti Caltanissetta e Trapani sono insieme sede di capo-provincia».

164 Ha indagato il contesto istituzionale e culturale della città di Cal-tagirone G. Pace, Il governo dei gentiluomini. Ceti dirigenti e magistrature a Caltagirone tra Medioevo ed età moderna, Roma, 1996.

165 Una prima ricostruzione è offerta dalla tesi di laurea di G. Floridia, Il tribunale di Caltagirone: vicende storiche di un’istituzione giudiziaria, Università degli Studi di Catania, anno accademico 2008-2009.

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bra azzardato ipotizzare che alla base vi siano altri, e meno nobili, calcoli. Uno per tutti il fatto che molti consiglieri catanesi fossero anche avvocati del foro cittadino, titolari di affermati studi legali le cui fortune non potevano dirsi insensibili ai grandi numeri della provincia, e quindi inclini a non accogliere il decentramento giudiziario.

Fortunatamente, comunque, gli interessi personali non riuscirono ad avere la meglio su quelli della società, e, grazie all’impegno di apprezzati uomini politici originari dell’Isola – tra cui il ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio, l’avvocato Filippo Cordova – nella tabella A allegata al r.d. 9 febbraio 1862, n. 452 figura il circondario calatino, assieme a quelli di Nicosia166, Modica167, Patti, Mistretta168, Sciacca, con giurisdizione anche su Bivona, Termini, con giurisdizione su Cefalù169.

Arriviamo dunque al numero complessivo di quattordici unità (fig. 3). Una in meno rispetto a quanto previsto dal de-creto del 1861, nonostante alcune circoscrizioni, come Bivona e Cefalù, si siano viste negare l’ambìto riconoscimento. Non è quindi un problema generale di scarsa adesione ai lavori per l’edificazione del nuovo apparato giudiziario. Tuttavia, né la consultazione degli atti parlamentari e dei decreti

166 Cfr. Discorso inaugurale pronunziato a 2 giugno 1862 dal Procuratore del Re Calogero Vinci Orlando nel tribunale del circondario in Nicosia, Nicosia, 1862.

167 Si veda il Discorso dell’avvocato Carlo Morena, Procuratore del Re, nella solenne apertura del Tribunale del Circondario di Modica il di 2 giugno 1862, Modica, 1862.

168 Il tribunale di Mistretta venne inaugurato all’udienza del 14 giugno 1862 con un discorso del procuratore del re, Giuseppe Di Lorenzo: cfr. l’intervento di S. Porracciolo in occasione del convegno su La raziona-lizzazione delle circoscrizioni giudiziarie. Verso un modello organizzativo giudiziario efficiente e funzionale alla ragionevole durata del processo e alle peculiarità del territorio di riferimento, Mistretta, 7 febbraio 2009.

169 Regio decreto col quale sono istituiti nuovi Tribunali di Circondario nelle Provincie Siciliane, 9 febbraio 1862, n. 452, in Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, Anno 1862, dal n. 409 al 1100, III, Torino, 1862, pp. 308-316. Poi integrato con il Regio decreto contenente una rettificazione alla Tabella A annessa al Decreto 9 febbraio 1862, n. 452, relativa alla circoscrizione giudiziaria delle Provincie siciliane, 6 aprile 1862, n. 543, in ibidem, pp. 610-612.

 F

ig.

3. S

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1861

-186

2.

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normativi né lo spoglio delle pubblicazioni e dei periodici locali coevi hanno permesso di far luce su tale questione. Non resta pertanto che affidarsi a presunte deduzioni, ra-gionamenti, intuizioni. Una su tutte la convinzione che la vicenda rechi in sé due concause, due fattori inscindibili che hanno «suggerito» al governo centrale di istituzionalizzare una situazione difforme dal dettato normativo. Mi riferisco da un lato alla spinta antilegalista esercitata da una parte del ceto dirigente del profondo entroterra palermitano, eloquentemente disinteressato ad ottenere un presidio della giustizia, tanto da non averne fatto neppure richiesta al Consiglio provinciale; e dall’altro alle pressioni operate sulla monarchia dalle élites della ex capitale del regno, pres-sioni intese a dilatare i confini amministrativi e giudiziari già assegnatigli. Non è un caso, infatti, che persino con il nuovo ordinamento sabaudo la Corte d’Appello di Palermo conservi, oltre alla giurisdizione sulle terre della Sicilia oc-cidentale e centrale, quella sull’area siracusana e modicana.

Quanto al reclutamento dei magistrati dopo l’Unità, ne vennero assunti in tutta la nazione circa milleduecento170. Durante la selezione «se pure si tenne conto anche del loro valore “tecnico”, ancor di più si considerò la loro posizione politica»171. Elemento distintivo e qualificante fu senza dub-bio la partecipazione al Risorgimento. Per l’Isola il caso più emblematico è quello di Pasquale Calvi: avvocato, presidente del terzo Comitato di rivoluzione nel ’48, a capo di diversi dicasteri nella breve esperienza del parlamento generale, risponde al richiamo dei Mille ricevendo la nomina a presi-dente della Corte suprema di Palermo, poi diventata Corte di Cassazione. Da qui, sempre in veste di presidente, il 26 ottobre 1862 arriva alla Corte di Cassazione di Firenze, ed infine a quella di Torino il 17 dicembre 1865172.

170 P. Saraceno, Il reclutamento dei magistrati italiani dall’unità al 1890, in Università e professioni giuridiche, cit., p. 540.

171 Ibidem, p. 541.172 Su Calvi e gli altri giuristi siciliani protagonisti del Risorgimento

si veda G. Pace Gravina, Avvocati siciliani, in Avvocati che fecero l’Italia, cit., pp. 733 ss.

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Appena tre anni dopo la pubblicazione della tabella A, entra in vigore il r.d. 6 dicembre 1865, n. 2626173. La struttura della magistratura in esso accolta non subisce apprezzabili modifiche174, così come invariata rimane la dislocazione degli uffici giudiziari nell’Isola, inseriti ora nel contesto generale dell’Italia unita.

Gli unici mutamenti rispetto al disegno originario del 1859 – osserva Antonella Meniconi – furono l’istituzione dei giudici con-ciliatori (mutuati dalla legge napoletana del 1817) e la sostituzione dei giudici di mandamento (denominati giudicature di polizia) con i pretori (secondo gli ordinamenti toscani e lombardi)175.

I giuristi siciliani non tardano a mettere in evidenza pregi e difetti di questa legge176. Antonino Margani Ortisi,

173 Regio decreto sull’Ordinamento giudiziario, 6 dicembre 1865, n. 2626, in Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, Anno 1865, dal n. 2114 al 2753 quinquies, Torino, 1865, pp. 2768-2810. Per la contiguità normativa in materia di ordinamento giudiziario tra regno sardo e italiano cfr. E. Piola-Caselli, voce Ordinamento giudiziario, in Il Digesto Italiano, XVII, Torino, 1907, pp. 941-974; M. D’Addio, Politica e magistratura (1865-1935), Milano, 1966; N. Picardi, La riforma giudizia-ria fra il XIX ed il XX secolo, in I progetti di riforma del processo civile (1866-1935), a cura di G. Tarzia e B. Cavallone, Milano, 1989, pp. 3 ss.; M. Taruffo, La giustizia civile dal ’700 a oggi, Bologna, 1980; M. Saija, Le circoscrizioni giudiziarie italiane dall’Unità alla repubblica, Messina, 1992; E. Dezza, Saggi di storia del diritto, cit., pp. 185 ss.; A. Sciumè, I principi generali del diritto, cit., pp. 151 ss.; M. Meccarelli, Le Corti di cassazione nell’Italia unita, cit., pp. 9 ss.; F.A. Genovese, L’ordinamento giudiziario di Rattazzi, cit., pp. 39 ss.; A. Meniconi, Note sul sistema delle circoscrizioni giudiziarie, in Territorialità e delocalizzazione nel governo locale, a cura di M. Cammelli, Bologna, 2007, pp. 183-200; P. Alvazzi del Frate, Giustizia e garanzie giurisdizionali. Appunti di storia degli ordinamenti giudiziari, Torino, 2011, pp. 75-77.

174 L’art. 1 del r.d. 6 dicembre 1865, n. 2626 dispone: «La giustizia, nelle materie civili e penali, è amministrata: da conciliatori; da pretori; da tribunali civili e correzionali; da tribunali di commercio; da corti d’appello; da corti di assise; dalla corte di cassazione. La giurisdizione pei reati militari e marittimi è regolata da leggi speciali».

175 A. Meniconi, Note sul sistema delle circoscrizioni giudiziarie, cit., p. 185.

176 Con riferimento all’accoglienza riservata alla legge del 1865 anche nel resto della penisola cfr. G. Musio, Di una novella legge organica

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ad esempio, consegna un primo commento ad un periodico della provincia di Agrigento, poi stampato per i tipi di Mon-tes nel 1866. L’avvocato agrigentino e professore dell’ateneo di Catania elogia la «provvida istituzione» dei conciliatori, grazie ai quali si è voluto «avvicinare i giudici ai litiganti», ma è critico verso il principio d’inappellabilità sancito dalla norma per i giudizi di loro competenza177:

per quali valide ragioni possono dichiararsi inappellabili quelle sentenze? No certo per la infallibilità del magistrato, ché gli errori han luogo nelle lievi come nelle gravi contestazioni; non per la poca entità della causa, conciossiaché ha mai sempre una importanza relativa, e tanto fan lire 30 per un disgraziato proletario, quanto 300 per l’uomo agiato, 3.000 pel facoltoso, e così di seguito178.

Circa i pretori, per cui egli rispolvera antiche origini romanistiche, si professa contrario al tentativo di accorpa-mento proposto per taluni centri:

qual plausibile ragione giustificherebbe questa riduzione, questo assorbimento di uno in un altro comune? [...] Elargando la sfera materiale de’ pretori, l’azione governativa si spiegherà meno di-rettamente; e divenuta più lenta in quei luoghi da’ quali sarà il magistrato remosso, non potrà la giustizia procedere con quella speditezza con cui è necessario che sia amministrata per assicurare i vantaggi ai quali essa intende179.

Le parole più benevole sono tuttavia riservate ai tribunali civili e correzionali. «Gettato uno sguardo» alla legislazione comparata, «che è divenuta oggimai parte essenziale della scienza giuridica», Margani Ortisi tesse le lodi delle magi-strature collegiali:

dell’ordine giudiziario, Firenze, 1868; G. Cisotti, L’ordinamento giudizia-rio, in «Il Monitore delle cancellerie di pretura», 8 (1878), pp. 1-23; V. Aschettino, Sulla riforma giudiziaria: riflessioni e voti, Catanzaro, 1885; E. Piola-Caselli, voce Ordinamento giudiziario, cit.

177 A. Margani Ortisi, La legge sull’ordinamento giudiziario pel Re-gno d’Italia esaminata e discussa alla luce di principi razionali, Girgenti, 1866, p. 17.

178 Ibidem.179 Ibidem, p. 20.

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sin dai tempi vetusti si riconobbe mai sempre la necessità del concorso di più intelligenze [...]; attesa la fallibilità dello spirito umano, è stato altresì riconosciuto il bisogno del secondo esame180.

Insufficienti sono dunque i quattordici tribunali presenti in Sicilia:

per la sua estensione e popolazione – l’Isola – dovrebbe averne 16 [...]. Ignoriamo qual sia stato il termometro dell’attuale cir-coscrizione; e siam fermamente convinti che se un criterio vi fu non venne attinto che alla ragion politica, al bisogno di unificar prestamente181.

L’orizzonte però sembra annunciare l’arrivo di venti riformatori.

4. Assestamenti, scosse e metamorfosi

Nell’ultimo trentennio del secolo XIX nei circoli culturali del paese si accendono serrati dibattiti attorno agli uffici «minori», al massimo organo giudicante e alle magistrature di commercio. Le risposte del governo appaiono tuttavia settoriali e temporanee, incapaci insomma di imporsi sulle pretese delle amministrazioni locali.

Con la caduta della Destra storica, sulla scorta di prece-denti interventi concepiti per alcune sedi del centro-nord, nel 1876 a Catania e Palermo vengono istituite le preture urbane182, così definite per distinguerle dalle altre che pote-vano essere insediate in centri non capoluoghi di provincia.

Ben più significativa è invece la legge n. 3994 del 5 agosto dell’anno successivo183, seguita dal r.d. del 13 dicembre n.

180 Ibidem, p. 129.181 Ibidem, pp. 163 ss.182 Per Catania è il r.d. 5 maggio 1876, n. 3083, mentre per Palermo

il r.d. 1° giugno 1876, n. 3151, entrambi in Raccolta degli atti ufficiali del governo. Leggi, decreti, istruzioni, circolari, ecc. pubblicati nel Regno d’Italia nell’anno 1876, XXV, Milano, 1876, pp. 241-242, 294.

183 Legge che separa la provincia di Siracusa dal distretto della Corte d’Appello di Palermo e l’aggrega a quello della Corte d’Appello di Catania,

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4177184. I due provvedimenti si riferiscono alla separazione della provincia di Siracusa dal distretto di Corte d’Appello di Palermo e la conseguente annessione a quella di Catania. Viene definitivamente reciso il filo rosso che dal medioevo aveva unito queste terre a Palermo: a fronte di un evidente decremento del bacino giudiziario della ex capitale del regno si registra un apprezzabile accrescimento di quello catanese, quindi del suo ceto forense. È il punto di partenza di una len-ta erosione che, come vedremo, culminerà nella breve inva-sione persino della sfera di competenza della città di Messina.

Vani tentativi di soppressione colpiscono poi la Corte di Cassazione di Palermo185. Non è un attacco politico contro la Sicilia, ma una questione che investe tutta l’Italia. Nono-stante il dettato normativo del 1865, continuano infatti ad operare quattro Corti di Cassazione c.d. regionali (Torino, Firenze, Napoli, Palermo), e dal 1875 la quinta a Roma186.

5 agosto 1877, n. 3994, in Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, Roma, 1877, pp. 1933-1934.

184 Regio decreto contenente disposizioni transitorie per l’attuazione delle leggi, colle quali la provincia di Siracusa fu separata dal Distretto della Corte d’Appello di Palermo ed aggregata a quello della Corte d’Appello di Catania, e le modificazioni dei quadri organici del personale delle due corti, 13 dicembre 1877, n. 4177, in Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, cit., pp. 2852-2857.

185 Contro la sua abolizione si pronunciano tutte le istituzioni isolane. Nella tornata del 15 marzo 1872, ad esempio, il Consiglio comunale di Palermo firma «una petizione al Parlamento italiano». Con espressioni risolute e convincenti «la municipale rappresentanza» si oppone alla «nuova minaccia di una ferita di un interesse così vitale». Per il Consi-glio comunale infatti l’obiettivo della «uniformità della giurisprudenza», decantata dai promotori della riforma «per legittimare l’unità della Corte di Cassazione», sarebbe soltanto «una grande utopia»: «l’uniformità è impossibile ottenersi, attesa la pluralità delle Sezioni, indispensabili per il servizio, la quale equivarrebbe alle varie Corti di Cassazione in atto esistenti nei varii centri d’Italia». E ancora: «l’uniformità sarebbe sott’al-tro rapporto priva di effetti, non essendo obbligati i giudici inferiori, e neanco quelli che giudicano, dietro annullamento, in linea di rinvio, di conformarsi ai responsi della Cassazione sulla intelligenza della legge, li quali sol possono valere ed accettarsi come a consulti». Il documento è trascritto in «Il Circolo Giuridico», 3 (1872), pp. 65-70.

186 Cfr. M. Meccarelli, Le Corti di cassazione nell’Italia unita, cit., pp. 14 ss.

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In Parlamento si discute sull’opportunità di porre fine alla transitorietà di tale regime. Si alternano progetti di legge, il cui esito positivo è compromesso dal «disaccordo di fondo circa la natura di terza istanza o di cassazione della giurisdizione superiore»187. Tra i contributi offerti sul tema dai giuristi isolani meritano attenzione il saggio di Ignazio Caruso188, che propone una magistratura a metà strada tra i due modelli189, e quello di Gabriello Carnazza190, il quale più dimessamente rimette al legislatore la scelta:

confesso che nulla so poter aggiungere a quanto è stato detto e scritto intorno ai diversi progetti sull’organizzazione giudiziaria, e che perciò non resta al legislatore se non osservare come in un quadro i diversi sistemi, i diversi progetti per iscegliere il miglio-re, dappoiché cercare il perfetto è seguire i ragazzi che vogliono l’impossibile191.

Nel 1888 sono aboliti tutti i tribunali di commercio192. In favore delle magistrature civili e correzionali di Palermo, Messina, Catania e Trapani, chiamate a decidere sulle cause prima assegnate ai giudici di commercio delle stesse città,

187 Ibidem.188 I. Caruso, Sulla Suprema magistratura del regno, in «Il Circolo

Giuridico», 3 (1872), pp. 30-64.189 Ibidem, p. 33: «È per ciò che con sano consiglio il Congresso

Giuridico, nell’aprire la discussione sulla convenienza di unificare la Corte di Cassazione, o di preferire questo istituto alla Terza istanza, soggiunge: ovvero un sistema che li ammetta entrambi con diversità di attribuzioni. Io mi propongo di dimostrare come quest’ultimo partito sia il più convenevole, il più adatto ai bisogni dei cittadini; e presento un progetto di nuova organizzazione della Suprema Magistratura, che contiene il buono dell’uno e dell’altra istituzione, senza presentarne i difetti, ed intanto meglio adempie allo scopo, al quale deve mirare ogni Magistratura, il miglior vantaggio dei cittadini amministrati».

190 G. Carnazza, Sull’organizzazione giudiziaria, in «Il Circolo Giuri-dico», 10 (1879), pp. 61-83.

191 Ibidem, p. 62.192 Legge che abolisce i Tribunali di commercio ed affida gli affari di

loro competenza ai Tribunali civili e correzionali, 25 gennaio 1888, n. 5174, in Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, Roma, 1888, pp. 36-38.

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viene pertanto sancito un incremento di organico193. Ma è l’ennesimo atto provvisorio.

Più che i citati assestamenti, la parziale rilettura nove-centesca dell’apparato isolano sarà infatti frutto di inattesi eventi naturali e politici: da un lato il terribile sisma che si è abbattuto su Messina il 28 dicembre 1908194, dall’altro l’ascesa del fascismo.

L’ira del terremoto sgretola – materialmente e idealmente – tutte le strutture portanti della città del Faro. Crollano l’imponente Palazzata, il Duomo, l’università e le sedi dei pubblici uffici, tra cui quelli giudiziari, ospitati dal 1887 nei locali dell’ex convento di S. Andrea Avellino195. La giustizia perde i propri luoghi e smarrisce l’orientamento. È l’anarchia del diritto: iniziano i saccheggi e i detenuti fuggono dalla prigione196. La cittadinanza è proiettata in una dimensione quasi irreale, di quieto terrore. Qualcuno propone persino di abbandonare definitivamente il sito su cui sorge Messina. Soltanto la tenacia di pochi avvocati eletti al Parlamento, tra cui Salvatore Buscemi197 e Ludovico Fulci198, scongiura il secondo attacco rivolto alla città, questa volta dall’uo-

193 Regio decreto che aumenta provvisoriamente il numero delle Sezioni e dei funzionari di alcuni Tribunali civili e correzionali, in dipendenza della legge 25 gennaio 1888 per l’abolizione dei Tribunali di commercio, 23 febbraio 1888, n. 5215, in Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, Roma, 1888, pp. 143-144.

194 Una tragedia allo stesso momento personale e collettiva che ha suscitato le riflessioni di molti autori, tra cui M. La Torre, Messina come metafora e luogo idealtipico della politica, Soveria Mannelli, 2000; J. Dickie, Una catastrofe patriottica. 1908: il terremoto di Messina, Roma-Bari, 2008; E. Iannelli, Messina 1908-2008, un terremoto infinito: storia di una città tornata alla vita ma rimasta incompiuta, Palermo, 2008.

195 Così precisa D. Puzzolo Sigillo, Origine e vicende della Magistratura di Appello, cit., p. 316.

196 Un primo approccio a questi temi lo si deve a J. Dickie, Una catastrofe patriottica, cit.

197 Notizie biografiche sul giurista in A. Cappuccio, Il Foro messinese, cit., 81. Sul ruolo del senatore nell’ambito dell’organo rappresentativo degli avvocati peloritani si veda N. Nastasi, Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Messina (1909-1943), in Avvocati a Messina, cit., ad ind.

198 R. Roselli, Lodovico Fulci, in Avvocati a Messina, cit., pp. 129-136.

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mo199. Il 21 maggio 1909, stando alle parole dell’avvocato Puzzolo Sigillo, lentamente si riavvia la macchina giudiziaria peloritana: si tiene «in locali baraccati la prima udienza»200.

Con Benito Mussolini al potere il tema dell’ordinamento giudiziario torna in auge. Le prime «cure» legislative vengono apprestate già nel 1923: la c.d. riforma Oviglio201. Il Regio decreto 24 marzo n. 601 sancisce la fine delle cassazioni regionali202. Per la Sicilia significa cedere parte di quell’au-tonomia e di quel potere che le appartenevano da più di un secolo. Congiuntamente a questo atto va letto quello successivo, n. 602, di pari data, che all’articolo 1 dispone: «le preture, i tribunali e le corti non compresi nelle tabelle annesse al decreto n. 601 si intenderanno soppressi»203. La scure fascista falcia così il tribunale di Mistretta. I motivi sono probabilmente politici, ma vengono celati dietro la scelta di mantenere tribunali e preture delle sedi di pianu-

199 Cfr. A. Romano, Studi e cultura nella Messina del primo Novecento. L’Università fra crisi e terremoto, in «Atti della Accademia Peloritana dei Pericolanti», 58 (1991), pp. 46 ss.; G. Pace Gravina, La rinascita dell’Ateneo messinese e della Facoltà di Giurisprudenza (1908-1920), in La Facoltà di Giurisprudenza della Regia Università degli Studi di Messina (1908-1946), a cura di G. Pace Gravina, Messina, 2009, p. 20.

200 D. Puzzolo Sigillo, Origine e vicende della Magistratura di Appello, cit., p. 317, ove è anche trascritto il foglio d’udienza. Importanti notizie possono trarsi anche da G. Siracusa, Il Riordinamento dell’Amministra-zione della Giustizia in Messina dopo il terremoto del 28 dicembre 1908, in «Archivio storico messinese», 18 (1917), pp. 5-37; C. Bianchini, La giustizia nel distretto della Corte d’Appello di Messina dopo il terremoto del 28 dicembre 1908. Relazione statistica dei lavori compiuti nell’anno 1909, Messina, 1910.

201 Per le scelte operate dal fascismo in materia giudiziaria cfr. E. Dezza, Saggi di storia del diritto, cit., pp. 191 ss.; M. Saija, Le circoscrizioni giudiziarie italiane, cit., pp. 17 ss.; A. Meniconi, Note sul sistema delle circoscrizioni giudiziarie, cit., pp. 189 ss.; P. Alvazzi del Frate, Giustizia e garanzie giurisdizionali, cit., pp. 77 ss.

202 Regio decreto di approvazione della nuova circoscrizione giudiziaria del Regno, 24 marzo 1923, n. 601, in Lex. Legislazione italiana, Anno IX Gennaio-Giugno, Torino, 1923, pp. 727-739. Su cui cfr. M. Meccarelli, Le Corti di cassazione nell’Italia unita, cit., pp. 33 ss.

203 Regio decreto sulle norme processuali per l’attuazione della nuova circoscrizione giudiziaria del Regno, 24 marzo 1923, n. 602, in Lex. Legi-slazione italiana, Anno IX, Gennaio-Giugno, Torino, 1923, pp. 673-680.

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ra a discapito di quelle di montagna, come si legge in una lettera inviata dall’allora ministro delle Poste e Telegrafi al Sindaco Salamone204. È poi la volta della Corte d’Appello di Messina, che, pur vedendo accresciuta la propria sfera di competenza in ragione dell’inclusione della provincia di Reggio Calabria205, viene declassata a sezione distaccata di Catania. Il pretesto è la mancanza di locali idonei ad ospitare gli uffici giudiziari, che dopo il disastro del 1908 non erano stati ancora ricostruiti. In verità, il progetto del palazzo di giustizia era stato presentato dall’architetto Marcello Pia-centini nel 1912, ma la prima guerra mondiale e le lentezze burocratiche fecero slittare il completamento dei lavori al 1927206. Peraltro gli uffici giudiziari di Messina «avevano dato ampia prova di essere poco governabili dall’esecutivo»207. Per un tribunale che viene soppresso, Mistretta, due nuovi ne vengono istituiti, Enna e Ragusa; quest’ultimo decreta anche il declino dell’antica magistratura della capitale della contea, Modica. Il Regio decreto 31 maggio 1928, n. 1320208, in forza della costituzione delle rispettive province ammi-nistrative avvenuta l’anno prima209, assegna a ciascuna sede un presidente e quattro giudici, oltre ad un procuratore del re ed un sostituto.

204 Cfr. le parole del presidente del Consiglio dell’ordine degli av-vocati di Mistretta, Salvatore Porracciolo, pronunziate in occasione del convegno svoltosi nella cittadina nebroidea il 7 febbraio 2009 sul tema La razionalizzazione delle circoscrizioni giudiziarie.

205 Un caso analogo a quello di Messina, come ricorda Antonella Meniconi, è quello della Corte di Genova che «arriva a comprendere il tribunale di Massa, sottratto alla Corte d’Appello di Firenze»: cfr. A. Meniconi, Note sul sistema delle circoscrizioni giudiziarie, cit., p. 191.

206 F. Chillemi, Il tempio della giustizia, in La giustizia a Messina: i sessant’anni di Palazzo Piacentini, a cura di R. Sisci, Messina, 1989, pp. 76-77. La precarietà dei locali fu anche rappresentata dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di Messina con un telegramma al guardasigilli: cfr. N. Nastasi, Il Consiglio dell’Ordine, cit., p. 40.

207 M. Saija, Le circoscrizioni giudiziarie italiane, cit., p. 56.208 Regio decreto per le modificazioni alla circoscrizione giudiziaria del

Regno, 31 maggio 1928, n. 1320, in Lex. Legislazione italiana, Anno XIV, Gennaio-Giugno, Torino, 1928, pp. 796-806.

209 Cfr. L. Giovenco, voce Circondario, in Enciclopedia del diritto, VII, Roma, 1960, pp. 42-45.

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Nel giro di poco tempo si sommano, quindi, evidenti scosse sulla geografia giudiziaria dell’Isola, e la circoscrizione della Corte d’Appello di Catania cresce vertiginosamente a discapito di quella palermitana (fig. 4). Chi trae maggiore giovamento è il ceto forense etneo, che può così estendere i propri affari alle ricche e fertili zone della punta estrema della Sicilia e tentare qualche incursione nei «domini» dei colleghi peloritani.

Il disegno organizzativo è però nuovamente modificato nel 1930: a Messina, dopo l’inaugurazione di palazzo Pia-centini e le accese proteste fatte pervenire al governo dalle autorità cittadine210, è riassegnato un giudice d’appello211; a Caltanissetta viene creata una sezione decentrata del tribunale di secondo grado palermitano212, che otterrà la completa autonomia nel 1948.

Da questo momento più nulla. L’ordinamento Grandi del 1941, che giunge in pieno conflitto mondiale, lascia praticamente invariato lo status quo213. La ricostituzione

210 Su tale «ripensamento» come è noto giocò un ruolo di primo piano l’arcivescovo Angelo Pajno, il quale intercesse personalmente con Mussolini. Per i rapporti tra Pajno e Mussolini cfr. G. Barone, Sull’uso capitalistico del terremoto: blocco urbano e ricostruzione edilizia a Messina durante il fascismo, in «Storia urbana», 19 (1982), p. 56; Id., Egemonie urbane e potere politico locale (1882-1913), in Storia d’Italia. Le Regioni dall’Unità ad oggi. La Sicilia, a cura di M. Aymard e G. Giarrizzo, Torino, 1987, p. 362; A. Checco, Messina dal terremoto del 1908 al fascismo. La ricostruzione senza sviluppo, in «Storia urbana», 46 (1989), pp. 176-177.

211 Articolo 10 del Regio decreto per le norme sul reclutamento e sulla carriera dei magistrati, 17 aprile 1930, n. 421, in Lex. Legislazione italiana, Anno XVI, Gennaio-Giugno, Torino, 1930, pp. 394-397.

212 Ibidem.213 Regio decreto sull’ordinamento giudiziario, 30 gennaio 1941, n. 12,

in Lex. Legislazione italiana, Torino, 1941, pp. 189-255. Sulla riforma Grandi cfr. M. Saija, Le circoscrizioni giudiziarie italiane, cit., pp. 78 ss.; A. Meniconi, Note sul sistema delle circoscrizioni giudiziarie, cit., pp. 191 ss.; P. Alvazzi del Frate, Giustizia e garanzie giurisdizionali, cit., pp. 78 ss. Efficacemente Meniconi (p. 192) così schematizza la struttura dell’ordinamento Grandi: «il pretore con sede in ogni capoluogo di mandamento; le sedi distaccate di pretura nei Comuni, con possibilità di soppressione con decreto reale su proposta del ministro della Giustizia, sentito il parere del ministro delle Finanze; il tribunale in ogni capoluo-go (o circondario); la Corte d’Appello in ogni capoluogo di distretto;

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del tribunale di Mistretta nel 1946214 e la fondazione ex novo di quelli di Marsala215 (1968), Gela216 (1990) e Bar-cellona Pozzo di Gotto217 (1991), rimangono pur sempre degli episodici interventi, reclamati tra l’altro da esigenze di sicurezza sociale218.

La verità è che in Italia non è mai venuta meno l’ambi-zione riformatrice, sono mancate semmai le condizioni – e in alcuni casi la volontà – per trasformare le intenzioni in fatti tangibili, le parole in testi normativi. D’altronde è sem-pre più facile e popolare affidarsi ad una blanda terapia di contenimento piuttosto che cedere alle lusinghe di aleatorie sperimentazioni. Ed eccone i frutti: la riforma Vassalli del 1989, la legge sul giudice monocratico del 1990 e quella che ha sostituito i conciliatori con i giudici di pace del 1991219. In attesa quindi della vagheggiata metamorfosi si può, e si deve, discutere sulla concreta necessità di mante-nere ciascuna sede giudiziaria, sulle eventuali diseconomie che generano taluni uffici, sull’allocazione delle risorse umane. Questo breve saggio dimostra però che, oggi come

la Corte d’Assise d’Appello in ogni distretto in cui è prevista la Corte d’Appello; il giudice di conciliazione in ogni comune».

214 Articolo 1 del Regio decreto legislativo per le modificazioni alla circoscrizione giudiziaria, 31 maggio 1946, n. 584, in Lex. Legislazione italiana, Torino, 1946, p. 848.

215 Legge per l’istituzione di nuove sedi di tribunale civile e penale a Civitavecchia, Marsala e Prato, 1° marzo 1968, n. 198, in Lex. Legislazione italiana, Torino, 1968, pp. 781-782.

216 Legge per l’istituzione del tribunale ordinario e della pretura cir-condariale di Gela, 1° marzo 1990, n. 42, in Lex. Legislazione italiana, Torino, 1990, pp. 399-340.

217 Legge per l’istituzione del tribunale ordinario e della pretura cir-condariale di Barcellona Pozzo di Gotto, 26 luglio 1991, n. 246, in Lex. Legislazione italiana, Torino, 1991, p. 1795.

216 In questa direzione sembra orientata anche la prossima riforma sulla riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie al vaglio del Par-lamento. In Sicilia, tuttavia, dovrebbero – il condizionale ancora oggi è d’obbligo – essere soppressi i tribunali di Mistretta, Modica e Nicosia. Cfr. lo schema di d.lgs. recante nuova organizzazione dei tribunali or-dinari e degli uffici del pubblico ministero (n. 494).

219 Cfr. A. Meniconi, Note sul sistema delle circoscrizioni giudiziarie, cit., pp. 195 ss.

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nell’Ottocento, nessun cambiamento degno di rilievo potrà vedere la luce senza la fattiva collaborazione di tutti: non solo degli organi di governo, ma anche della magistratura e degli «eredi» di quegli avvocati liberali che hanno costruito l’identità nazionale.