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ATTI DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA ROMANA DI ARCHEOLOGIA (SERIE III) RENDICONTI VOLUME LXXXV ANNO ACCADEMICO 2012-2013 TIPOGRAFIA VATICANA 2013

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ATTI DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA ROMANA DI ARCHEOLOGIA(SERIE III)

RENDICONTI

VOLUME LXXXV

ANNO ACCADEMICO 2012-2013

TIPOGRAFIA VATICANA

2013

ATTI DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA ROMANA DI ARCHEOLOGIA(SERIE III)

RENDICONTI

VOLUME LXXXIV

ANNO ACCADEMICO 2011-2012

TIPOGRAFIA VATICANA

2012

COMITATO DI REDAZIONE

Marco Buonocore, Elisa Lissi Caronna, Letizia Pani Ermini, Paolo Liverani,Federico Guidobaldi, Maria Pia Muzzioli, Gian Luca Gregori, Maria LetiziaLazzarini, Margherita Bonanno Aravantinos.

Curatore delle stampe: Giuseppina Pisani Sartorio

Le comunicazioni scientifiche sono sottoposte a peer-review.

ISSN 1019-9500© Città del Vaticano 2013 - Pontificia Accademia Romana di ArcheologiaVia della Conciliazione, 5 - 00193 - Roma - tel. 06 [email protected] - www.pont-ara.org

I N D I C E

Elenco degli Accademici V

Consiglio Accademico XIII

Verbali delle adunanze pubbliche XV

COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE

G. De Tommaso, Alla ricerca di Alessandria: vetri dipinti 3

o. DiliberTo, Celio Calcagnini: umanista del Sedicesimo secolo e giurista ‘dimenticato’ 13

m. Gras, H. DuDay, La necropoli meridionale di Megara Hyblaea Storiografia, archeologia, antropologia biologica 27

a. GuiDi, Dai rituali ctonii alla religione di stato: evoluzione delle manifestazioni del culto nell’Italia centrale protostorica 63

s. orlanDi, C. ConTi, Sui travertini del Colosseo tra restauro ed epigrafia 71

a. esCH, Spolia minora Il reimpiego dell’antico lungo le strade romane nell’Italia centrale 89

J. remesal roDríGuez, El Monte Testaccio: de vertedero a archivo 111

m. PiranomonTe, Nuovi ritrovamenti sulla via Flaminia 129

m. aoyaGi, C. anGelelli, La c d Villa di Augusto a Somma Vesuviana (NA) Nuove ipotesi di lettura sulla base delle più recenti ricerche archeologiche 171

P. zanDer, La necropoli di San Pietro in Vaticano alla luce degli ultimi restauri 203

e. CeCCaroni, F. GalaDini, C. evers, n. massar, C. leTTa, Recenti scoperte archeologiche nella città romana di Alba Fucens

i. e. CeCCaroni, Alba Fucens: gli interventi della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo nell’isolato di via del Miliarioe nel piazzale del santuario di Ercole 245

ii. F. GalaDini, Il piano della civita pre-Alba Fucens Indicazioni da sondaggi geognostici nel settore meridionale dell’area archeologica 279

iii. C. evers, n. massar, Découvertes archéologiques récentes à Alba Fucens La zone sud-occidentale du forum 295

iv. C. leTTa, Prime osservazioni sui Fasti Albenses 315

l. ambrosini, Le divinità dei pocola deorum: un nuovo pocolomdi Voluptas del Volcani group 337

m. massaro, L’impaginazione delle iscrizioni latine metriche e affettive 365

F. PaoluCCi, La statua di Elena seduta della Galleria degli Uffizi alla luce dei recenti restauri 415

e. rosCini, Varia epigraphica da Carsulae (Umbria) 433

r. marCHionni, La tradizione non solo manoscritta del‘carmen epigraphicum’: Patris opus munusque suum (CIL VI 1163) I segreti dell’obelisco lateranense 455

COMMEMORAZIONI

H. PaTTerson, CHr. smiTH, David Whitehouse (1941-2013) 475

LA C.D. VILLA DI AUGUSTO A SOMMA VESUVIANA (NA).

NUOVE IPOTESI DI LETTURA SULLA BASE DELLE PIÙ RECENTI

RICERCHE ARCHEOLOGICHE1*DI

MASANORI AOYAGI - CLAUDIA ANGELELLI______

Le esplorazioni archeologiche in corso dal 2002 nel sito della cosiddetta Villa di Augusto a Somma Vesuviana (Napoli), condotte dall’Università di Tokyo, stanno riportando alla luce i resti di un imponente complesso architettonico, sepolto in età tardoantica da due eruzioni verificatesi fra il 472 e gli inizi del VI secolo. I dati scaturiti dalle indagini archeologiche (fino al 2012) smentiscono la tradizionale ipotesi di identificazione del monumento con la ‘ Villa di Augusto’: il monumento, costruito agli inizi del III ed occupato (con trasformazioni strutturali) fino alla seconda metà del V secolo, fu probabilmente il vestibolo di un esteso complesso residenziale, villa o palatium, anche se non si possono escludere ipotesi alternative (ad es. la sede di un collegium).Parole chiave: ville romane, area vesuviana, architettura romana, tarda antichità.

Archaeological investigations in progress since 2002 at the ‘ Villa of Augustus ’ (Somma Vesuviana, Naples, Italy), carried out by the University of Tokyo, are bringing to light the remains of an impressive architectural complex, buried in late Antiquity by two eruptions that occurred between 472 and the early 6th century. Data collected from archaeological excavations (until 2012) contradict the traditional hypothesis of ‘Villa of Augustus’: the building, erected in the beginning of the 3th century and inhabited (with transformations) until the second half of the 5th century, was probably the vestibule of a large villa or palatium, although alternative interpretations are possible (eg. a residence of collegium).

Keywords: Roman villas, Vesuvian area, Roman architecture, Late Antiquity.

1* Letta nell’Adunanza pubblica del 21 marzo [email protected]

REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. - VOL. LXXXV172

Oggetto di questo contributo sono le indagini archeologiche in corso nella cosiddetta ‘Villa di Augusto’, situata in località Starza della Regina, comune di Somma Vesuviana, a 23 km a nord-est di Napoli, area caratterizzata in epoca romana da insediamenti sparsi, prevalentemente di tipo rustico 1 (fig. 1).

Le ricerche nel sito, ubicato alla base del monte Somma sul versante nord del Vesuvio, sono condotte e coordinate dall’Università di Tokyo, che ha avviato dal 2002 (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, rinnovata fino al 2016) un programma multidisciplinare di ricerca che prevede, tra le varie attività, l’esecuzione di indagini archeologiche sistematiche, giunte nel 2012 alla undicesima campagna consecutiva.2

1 Manca finora uno studio topografico d’insieme sul territorio di Somma Vesuviana nell’antichità. Sulle testimonianze di epoca romana si vedano comunque R. D’Avino, Note su presenze romane a Somma. I, Somma Vesuviana 1994; iDem, Note su presenze romane a Somma. II, Somma Vesuviana 1998. Cfr. anche A. Di mAuRo, Continuità produttiva e sistema viario negli antichi insediamenti del Monte Somma, in Antiquitates Summae. Studi e memorie in onore di Raffaele D’Avino, a cura di A. Di mAuRo, Salerno 2007, pp. 58-73. Per le fasi successive al 79 d.C., v. il contributo di m. PAgAno, L’area vesuviana dopo l’eruzione del 79 d.C., in Rivista di Studi Pompeiani, VII, 1995, pp. 35-44.

2 Il progetto di ricerca (sito web: http://www.somma.l.u-tokyo.ac.jp/somma-scavo/index_it.html; villasomma.exblog.jp), coordinato dal prof. Masanori Aoyagi, coinvolge, oltre alla University of Tokyo, gli atenei giapponesi di Ochanomizu e Tohoku, l’Istituto Politecnico di Tokyo, e, in Europa, l’Università di Napoli “Suor Orsola Benincasa”, The University of London “UCL” e l’Université de Provence “Aix-Marseille I”. Lo scavo, diretto sul campo dai

Fig. 1. La ‘Villa di Augusto’, posizionamento topografico (da Google Maps©)

M. AOYAGI, C. ANGELELLI - LA C.D. VILLA DI AUGUSTO A SOMMA VESUVIANA 173

Ci corre l’obbligo di ricordare che la prima notizia relativa ai lavori in corso venne data proprio in occasione di una delle Adunanze Pubbliche di questa Accademia, il 24 febbraio 2005: 3 il quadro presentato all’epoca era completamente diverso e molte delle ipotesi allora avanzate sono state sottoposte a revisione, a partire – come si vedrà – dalla cronologia assoluta del complesso. Questo contributo, comunque, vuole essere non soltanto un aggiornamento dei dati di scavo, ma anche un modo per promuovere la conoscenza del sito, che per molti versi presenta caratteristiche di assoluta originalità e prive di confronti specifici.

In sintesi gli scavi 4 stanno riportando alla luce i resti di un imponente e vasto complesso architettonico articolato su terrazze digradanti da sud a nord (fig. 2), sepolto da potenti e durissimi strati di debris flow pertinenti a due eruzioni tardoantiche, documentate dalle fonti letterarie e verificatesi una nel 472 e l’altra fra 505 e 512.5

Le indagini archeologiche hanno peraltro permesso di accertare che il primo evento eruttivo – noto in letteratura anche come ‘eruzione di Pollena’ – si depositò su strutture in stato di abbandono, già in buona parte spogliate e parzialmente crollate.

Gli edifici finora scoperti, già in parte individuati nel corso di campagne di scavo eseguite negli anni Trenta del secolo scorso,6 sono distribuiti su una

dott. Claudia Angelelli e Satoshi Matsuyama, si è finora svolto su concessione quinquennale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (aut. Prot. N°GP 9066/2002 del 06/06/2002, rinnovata nel 2007 per un altro quinquennio, prot. N°1659 34.31.07/123-1 del 20/02/07 e di nuovo fino al 2016 con nota prot. n. DG 6849 class. 3.31.07/263.1 del 27/06/12), sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei (già di Napoli e Caserta). Un ringraziamento specifico va al funzionario responsabile di zona e referente per il MIBAC, dott. G. Vecchio, per la disponibilità mostrata.

3 Successivamente pubblicata nei Rendiconti: m. AoyAgi, C. Angelelli, S. mAtSuyAmA, Nuovi scavi nella “Villa di Augusto” a Somma Vesuviana (NA): campagne di scavo 2002-2004, in RendPontAcc, LXXVIII, 2005-2006, pp. 75-109.

4 Già illustrati in due ampi reports preliminari, ai quali il presente testo attinge ampiamente: M. AoyAgi, C. Angelelli, S. mAtSuyAmA, La cd. Villa di Augusto a Somma Vesuviana alla luce delle recenti scoperte archeologiche (campagne di scavo 2002-2008), in Amoenitas. Rivista Internazionale di Studi Miscellanei sulla Villa Romana Antica, I, 2010, pp. 177-219; iDem, Somma Vesuviana, cd. Villa di Augusto. Aggiornamenti dalle indagini 2009-2010, in Amoenitas. Rivista Internazionale di Studi Miscellanei sulla Villa Romana Antica, II, 2012, pp. 219-240 (entrambi con ampia bibliografia precedente).

5 V. da ultimo K. niihoRi, m. nAgAi, t. KAneKo, t. Fujii, S. nAKADA, m. yoShimoto, A. yASuDA, m. AoyAgi, Detailed Stratigraphical and Geological Characteristics of Volcanic and Epiclastic Deposits Burying a Roman Villa on the Northern Flank of Mt. Vesuvius (Italy), in Bulletin of the Earthquake Research Institute, University of Tokyo, 82, 2007, pp. 119-178 (http://www.eri.utokyo.ac.jp/BERI/ pdf/IHO82201.pdf). Cfr. anche le fonti e la bibliografia citate in E. SAvino, Campania tardoantica (284-604 d.C.), Bari 2005, pp. 316-321.

6 Cfr. per una sintesi: AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, La cd. Villa di Augusto cit. (nota 4), pp. 177-180, figg. 1-5.

REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. - VOL. LXXXV174

superficie di circa 1.800 m2; essi consistono principalmente in una grande esedra poligonale (delle dimensioni di m 17,80 x 15,60, per un’altezza massima conservata di circa m 6) in opera mista di tufo e laterizi, con pareti interamente rivestite di intonaco e pavimentata da un semplice tessellato bianco (figg. 3-4).

Fig. 3. L’esedra vista da nord (2004)

Fig. 2. Planimetria schematica del complesso (aggiornamento 2013)

M. AOYAGI, C. ANGELELLI - LA C.D. VILLA DI AUGUSTO A SOMMA VESUVIANA 175

Fig.

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La struttura, posta su una sorta di podio sopraelevato di circa m 1,30, aperta verso nord e con probabile funzione di vestibolo d’ingresso, era delimitata ad ovest e ad est da muri articolati in nicchie semicircolari e rettangolari, originariamente ornate da statue; sulla parete meridionale, decorata con stucchi policromi, si aprivano tre grandi ingressi, che immettevano su un’area lastricata, verosimilmente in buona parte scoperta: di questo settore torneremo comunque a parlare più avanti. L’esedra era divisa trasversalmente in due parti (denominate ‘ vano 1 ’ e ‘ vano 4 ’: fig. 2, 1 e 4) da una monumentale struttura ad arcate ribassate, alta non meno di 9 m, anche questa con paramento in opera mista, poggiante su pilastri quadripartiti in pietra lavica sormontati da cornici e architravi di calcare bianco.7

L’esedra era chiusa sulla fronte nord da una fila di sei colonne di marmo africano (alte circa m 3,60) con capitelli corinzi asiatici (fig. 5), su cui si impostavano piattabande alternate ad arcate a tutto sesto, di cui sono state rinvenute alcune porzioni in stato di crollo.8

L’analisi d’insieme dei dati archeologici permette di ricostruire per il ‘ vano 1 ’ una copertura a doppio spiovente, mentre il potente strato di crollo rimesso in luce nell’area del ‘ vano 4 ’ (successivamente asportato per consentire la prosecuzione dello scavo) attesta in questo settore la presenza di una copertura a volta.

Fra i materiali rinvenuti meritano di essere menzionate le due statue marmoree rinvenute nel ‘ vano 1 ’, attualmente al Museo Archeologico di Nola.9

La prima di queste, una peplophòros (fig. 6), è stata scoperta ancora in situ e sostanzialmente integra all’interno di una delle nicchie rettangolari del muro ovest. La scultura, con varie tracce di rilavorazione che ne determinarono verosimilmente la trasformazione prima in Artemide e poi in Menade, è stata assegnata, sulla base dei caratteri stilistici, all’età adrianea.

7 Per una descrizione di dettaglio delle strutture e degli apparati decorativi dell’esedra, cfr. ivi, pp. 180-186, figg. 6-7, 10-19, 26-28; pp. 194-197, figg. 32-38; AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, Somma Vesuviana cit. (nota 4), p. 219, figg. 2-3.

8 AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, La cd. Villa di Augusto cit. (nota 4), pp. 184-185, figg. 20-25; AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, Somma Vesuviana cit. (nota 4), p. 219, fig. 4.

9 Per le quali si rimanda a: AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, La cd. Villa di Augusto cit. (nota 4), p. 190, figg. 29-30; K. SengoKu-hAgA, m. AoyAgi, Due statue marmoree dalla ‘Villa di Augusto’ a Somma Vesuviana: il Dioniso e la Peplophoros, in Amoenitas. Rivista Internazionale di Studi Miscellanei sulla Villa Romana Antica, I, 2010, pp. 237-252, con bibl. prec.

REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. - VOL. LXXXV178

Una statua di Dioniso (fig. 7), datata all’età augustea, è stata invece rinvenuta spezzata in più parti e a diretto contatto con il pavimento in tessellato. La scultura, alta 1,45 m ed in origine probabilmente collocata all’interno di una delle nicchie semicircolari, è stata in gran parte ricomposta, aggiungendo a quelli da noi recuperati anche alcuni frammenti dagli scavi degli anni ’30 del XIX secolo.

Fig. 6. Statua di peplophoros rinvenuta in situ in una delle nicchie del muro perimetrale ovest dell’esedra

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Nell’area del vestibolo sono state individuate consistenti tracce di almeno due fasi di frequentazione successive alla perdita della funzione originaria del complesso. In un primo momento nel ‘ vano 4 ’ e nella metà est del ‘ vano 1 ’ vennero messe in opera alcune grandi vasche, poco profonde e separate da cordoli rivestiti in cocciopesto, associate a tratti di pavimenti anch’essi in cocciopesto o in laterizi10 (figg. 8-9). In un momento successivo alla cessazione d’uso delle vasche e al disopra di quelle furono installati due forni, addossati alle strutture dell’esedra11 (fig. 9); forse contemporanee alla medesima fase sono le cospicue tracce di attività di spoliazione, finalizzata al recupero di metalli e materiale edilizio, evidenziate in corrispondenza della costruzione ad arcate su pilastri, che proprio per questo motivo – compromessa nella sua stabilità – rovinò a terra poco prima dell’eruzione del 472 (probabilmente a causa dello sciame sismico a quella correlato).

10 AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, La cd. Villa di Augusto cit. (nota 4), pp. 198-199, figg. 39-41.11 Ibidem, figg. 42-43.

Fig. 7. Statua di Dioniso rinvenuta in frammenti ed originariamente collocata in una delle nicchie

dell’esedra, dettaglio

REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. - VOL. LXXXV180

Fig. 8. Resti dell’impianto produttivo tardoantico installato nell’esedra

(‘ vano 4 ’), vista da est

Fig. 9. Resti dell’impianto produttivo e di uno dei forni tardoantichi installati nell’esedra (‘ vano 4 ’), vista da nord-ovest

M. AOYAGI, C. ANGELELLI - LA C.D. VILLA DI AUGUSTO A SOMMA VESUVIANA 181

Passiamo ora alla terrazza inferiore, alla quale si accedeva tramite due strette rampe di scale, che conducevano ad una sorta di corte scoperta a pianta rettangolare denominata ‘ area 6 ’ 12 (fig. 2, 6). L’area, pavimentata in cocciopesto, era caratterizzata dalla presenza di tre strutture ipogee a pianta quadrangolare (fig. 10: 221, 608, 715), profonde circa 3 m, probabilmente dotate di copertura lignea orizzontale (di cui si vedono ancora gli incassi) e con fondo rivestito in cocciopesto. La funzione di tali strutture, contemporanee all’impianto della corte e definite convenzionalmente ‘ cisterne ’, non è stata ancora chiarita in via definitiva: esse mancano infatti di alcuni elementi caratteristici di quel tipo di costruzioni (ad esempio rivestimento in cocciopesto sulle pareti, sistemi di adduzione e/o deflusso idrici: a tal proposito occorre precisare che la canaletta, che taglia l’area da sud-est a nord-ovest e rappresentata a fig. 15, non ha alcun rapporto funzionale con le citate strutture); di conseguenza non si possono escludere altre interpretazioni (come quella di contenitori per derrate alimentari).13

12 Ibidem, pp. 202-203, figg. 49-50; AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, Somma Vesuviana cit. (nota 4), pp. 229-230, figg. 23-26.

13 Significative, in tal senso, le analogie riscontrabili con le ‘vasche cilindriche’ ipogee sotto la basilica di S. Cecilia in Trastevere a Roma, che condividono con le nostre strutture la profondità cospicua, l’assenza di un sistema di scolo, di un rivestimento impermeabilizzante sulle pareti e per le quali è stata a suo tempo proposta l’identificazione come ‘siloi per grano’: n. PARmegiAni, A. PRonti, S. Cecilia in Trastevere. Nuovi scavi e ricerche, Città del Vaticano 2004 (Monumenti di Antichità Cristiana pubblicati dal Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, XVI), pp. 43-44, figg. 42-44.

Fig. 10. Il colonnato corinzio sul limite nord dell‘ esedra e le tre ‘ cisterne ’ in ‘ area

6 ’, vista da ovest

REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. - VOL. LXXXV182

Un ulteriore indizio a favore dell’interpretazione come cisterne sembrerebbe essere costituito dalle caratteristiche stesse dei riempimenti, dai quali si ricava che almeno le strutture 608 e 715 accolsero lentamente, al loro interno, piccole quantità di rifiuti per un arco di tempo abbastanza lungo (inizi III-IV secolo), determinando la formazione, sul fondo, di sottili strati contenenti materiali databili tra il II ed il III secolo: 14 la creazione di tali depositi potrebbe in effetti essere ben compatibile con la presenza, all’interno, di acqua o di altri liquidi. Un vero e proprio interro (con probabile cessazione della funzione originaria) si ebbe soltanto nella seconda metà del IV secolo, per giungere infine alla definitiva obliterazione dopo la seconda metà del secolo successivo: 15 una sorte del tutto diversa sembra invece aver subìto la struttura 221 (l’unica tra le tre ad essere stata mantenuta in qualche modo in uso fino ad epoca tarda), che fu riempita – probabilmente in un unico momento – da due grossi scarichi di terra mista a materiali edilizi e ceramici soltanto verso la metà - terzo quarto del V secolo.16 Ugualmente riconducibile ad epoca tarda è la larga canaletta (in gran parte asportata da successive spoliazioni e della quale sopravvive soltanto l’impronta) individuata sul limite est dell’area, alla base della scala d’accesso al podio (fig. 15): la struttura si ricollega infatti, tramite un foro di adduzione, alle vasche individuate nella terrazza soprastante e rappresenta il collegamento con il settore più a valle, la ‘ area 12 ’, che descriveremo fra breve.

Delimitata verso sud da un prospetto colonnato quasi completamente raso al suolo dall’erosione dei flussi vulcanici (se ne conserva solo la parte inferiore, con le tracce delle basi di due colonne in laterizio rivestite di stucco, una delle quali rinvenuta in stato di crollo alla base del muro), la ‘ area 6 ’ permetteva di accedere ad una serie di ambienti disposti rispettivamente ad ovest e a nord-est dell’esedra.

14 Nella struttura 608 i depositi a contatto con il fondo (US 650-651) restituiscono ceramiche databili nell’arco del II secolo, mentre materiali databili nell’ambito del III secolo sono stati recuperati negli strati immediatamente soprastanti (US 633, 635, 640-642, 647-649); nella ‘ cisterna ’ 715, invece, i frammenti più antichi (anche questi presenti negli strati deposti sul fondo della struttura, US 730, 733, 757) sono databili ad un’epoca non precedente al III secolo.

15 Angelelli, AoyAgi, mAtSuyAmA, La cd. Villa di Augusto cit. (nota 4), p. 203; T. muKAi, C. SugiyAmA, K. WAtAnAbe, i. hiRoSe, Nota preliminare sui materiali ceramici rinvenuti nella ‘Villa di Augusto’ a Somma Vesuviana, in Amoenitas. Rivista Internazionale di Studi Miscellanei sulla Villa Romana Antica, I, 2010, pp. 221-235, in part. pp. 225-229. V. anche infra.

16 V. bibliografia a nota precedente.

M. AOYAGI, C. ANGELELLI - LA C.D. VILLA DI AUGUSTO A SOMMA VESUVIANA 183

Il primo è il ‘ vano 2 ’ 17 (fig. 2, 2; 11), delimitato da muri con ammorsature in opera mista di tufelli e laterizi e specchiature in opera incerta di tufo e dotato di una grande apertura a sud, posta ad una quota coincidente con quella del lastricato dell’‘ area 3 ’, così come altre tre aperture sul lato est, comunicanti con l’esedra. Al centro del lato nord si apriva un grande portale fiancheggiato da due ingressi minori, mentre un altro ingresso secondario si trovava nell’angolo sud-ovest; sulla parete ovest si aprivano inoltre tre grandi finestre rettangolari. Il ‘ vano 2 ’ fu in un momento successivo dotato di abside, che venne addossata al lato sud chiudendo l’apertura su quel lato: la struttura, in seguito tamponata ed obliterata, era decorata con un pavimento in opus sectile in materiali misti di reimpiego e rivestimenti parietali in lastre marmoree, entrambi quasi del tutto scomparsi. La decorazione del resto dell’ambiente era invece più modesta: il pavimento era in tecnica mista, con tessellato monocromo bianco e cornice perimetrale nera su tre lati e tappeto centrale in sectile a modulo quadrato (con formelle marmoree di tipo misto, Q2 e Q3), conservato quasi esclusivamente in impronte, mentre le pareti erano interamente rivestite di intonaci a fondo monocromo bianco con partizioni in stucco dipinto (di cui molti frammenti sono stati recuperati in stato di crollo).

17 Angelelli, AoyAgi, mAtSuyAmA, La cd. Villa di Augusto cit. (nota 4), pp. 215-217, figg. 70-73; AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, Somma Vesuviana cit. (nota 4), pp. 222-223, fig. 8.

Fig. 11. Il colonnato corinzio sul limite nord dell’esedra e il ‘ vano 2 ’, vista da nord-est

REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. - VOL. LXXXV184

Il ‘ vano 2 ’ è uno dei settori più ‘ vissuti ’ del complesso (fig. 12): esso ha restituito cospicue testimonianze relative ad almeno due fasi di frequentazione posteriori alla perdita della funzione originaria dell’ambiente. Una prima fase vede la riorganizzazione e redistribuzione dello spazio interno, attraverso la costruzione di tramezzi, tamponature e soppalchi lignei, con conseguente cambiamento della destinazione d’uso del vano (la parte orientale viene utilizzata come ricovero per animali, mentre nell’altra il rinvenimento di alcuni dolia con resti alimentari all’interno e di numerosi oggetti ceramici interi suggerisce una rioccupazione

ad uso abitativo). La seconda fase di frequentazione, successiva al disfacimento

della copertura e delle strutture murarie del vano e precedente all’eruzione, è

infine rappresentata da un forno in laterizi, di forma conica e tipologia affine a

quelli individuati nel ‘ vano 4 ’, individuato nell’angolo nord-ovest dell’ambiente

ed impostato sulla superficie dei crolli, calpestati e compattati 18 (fig. 12,

nell’angolo a destra).

18 Angelelli, AoyAgi, mAtSuyAmA, La cd. Villa di Augusto cit. (nota 4), p. 219, fig. 75.

Fig. 12 - Il ‘ vano 2 ’: veduta zenitale da nord

M. AOYAGI, C. ANGELELLI - LA C.D. VILLA DI AUGUSTO A SOMMA VESUVIANA 185

Per completare la descrizione del settore occidentale del complesso ricordiamo che immediatamente a nord del ‘ vano 2 ’ (fig. 13) è stato individuato ma scavato solo in parte un altro ambiente, denominato ‘ vano 5 ’: di esso sono state osservate solo le tracce della copertura ed un’ampia porzione della parete est, crollata in blocco e giacente, ancora con il suo rivestimento pittorico, alla base del muro perimetrale nord del ‘ vano 2 ’.19

Passiamo ora al settore nordorientale, in cui gli scavi hanno permesso di rimettere in luce quattro ambienti (figg. 2, 7-10). Il primo è un’ampia sala rettangolare absidata (m 13 di lunghezza

19 Ivi, pp. 213-214, figg. 68-69.

Fig. 13. ‘ Vano 5 ’: det-taglio del muro peri-metrale est, rinvenuto in stato di crollo (vista

da est)

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x 6,5 di larghezza), denominata ‘ vano 7 ’ 20 (fig. 14), anche questa in opera listata ed aperta verso nord con tre arcate a tutto sesto impostate su pilastri (di cui solo una parzialmente conservata); verso sud l’aula comunicava con un piccolo ambiente rettangolare (‘ vano 8 ’),21 quasi completamente rasato dall’erosione del debris flow e pertanto individuato soltanto in pianta. Il ‘ vano 7 ’ conserva resti di un apparato decorativo di livello medio-basso (figg. 15-16), con pavimenti in cementizio a base fittile decorato con tessere e/o inserti e pareti rivestite per tutta la loro altezza da intonaco dipinto 22: nel catino absidale è stata riportata in luce – a seguito di un complesso intervento di pulitura – un’articolata rappresentazione di tiaso marino, con figure di grandi dimensioni disposte appena sopra la linea d’imposta del catino su un fondo di colore blu intenso (fig. 17); la metà superiore della calotta è invece decorata con il motivo così detto ‘ della conchiglia ’, da leggersi più esattamente come la trasposizione pittorica di decorazioni tessili ampiamente in uso in epoca romana. Nella parte inferiore e fino alla quota d’innesto del catino troviamo invece due strati di pitture, di cui il più recente – l’unico leggibile – è una decorazione a pannelli geometrici, su registri sovrapposti, ad imitazione dell’opus sectile parietale (i marmi riprodotti sono porfido rosso e verde, giallo antico e pavonazzetto, regolarmente alternati all’interno dei pannelli e nelle cornici perimetrali).

Attraverso una porta presso lo spigolo nord dell’abside del ‘ vano 7 ’ si accede ad un piccolo disimpegno di forma trapezoidale, denominato ‘ vano 9 ’; l’ambiente è decorato con affreschi in ‘ stile lineare ’, con grandi riquadri delineati da linee rosse su fondo monocromo bianco, all’interno dei quali si collocano piccoli quadretti figurati.23

20 Ivi, pp. 204-207, figg. 52-56.21 Ivi, pp. 20-208, figg. 57-58.22 AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, Somma Vesuviana cit. (nota 4), pp. 230-232, figg.

28-32. Sulla decorazione pittorica del “Vano 7”si veda anche A. De Simone, m. AoyAgi, Il thiasos marino dalla villa di Somma Vesuviana, in Atti del X Congresso Internazionale dell’AIPMA (Association Internationale pour la Peinture Murale Antique), Napoli, 17-21 settembre 2007, a cura di I. Bragantini, Napoli 2010 (AIONArchStAnt Quad.18), pp. 583-593, tavv. LVI-LVII.

23 Angelelli, AoyAgi, mAtSuyAmA, La cd. Villa di Augusto cit. (nota 4), pp. 208-209, fig. 59.

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Fig. 14. Il settore nord-est dello scavo (‘ area 6 ’, ‘ vano 7 ’, ‘ area 12 ’), vista da ovest

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Dal ‘ vano 9 ’ si accedeva ad un’altra aula absidata (‘ vano 10 ’: figg. 2, 10),24 di dimensioni minori rispetto alla prima (7,30 m di lunghezza x 4,60 di larghezza) ed in migliori condizioni di conservazione, nonostante anche qui i flussi di debris flow abbiano gravemente danneggiato le pareti sud ed ovest, rasate fino a metà della loro altezza originaria. Questo vano, al momento dell’eruzione, doveva essere ancora in uso e dotato della copertura, come sembra indicare sia il buono stato delle decorazioni pavimentali e parietali, sia la presenza al suo interno di diverse suppellettili ceramiche e lignee che al momento dell’eruzione erano qui ricoverate.

Il pavimento (fig. 18) è rivestito da un tessellato bicromo a motivi geometrici con una composizione di ottagoni, quadrati e triangoli e pseudoemblema centrale in opus sectile di marmi policromi; il tappeto centrale è separato dal pavimento dell’abside, in tessellato monocromo bianco con cornice perimetrale nera, da una doppia fascia, di cui una a motivi geometrici e l’altra con andamento curvilineo, costituita da una fila di delfini guizzanti fra onde marine.

Altrettanto ben conservati sono i rivestimenti pittorici (fig. 19), che, analizzati insieme alle strutture murarie, hanno permesso di elaborare alcuni modelli ricostruttivi dell’ambiente e del suo apparato decorativo parietale, nel quale – come per il ‘ vano 7 ’ – si distinguono due fasi.

24 Per un inquadramento generale, v. ivi, pp. 209-211, figg. 60-63; per un’analisi di dettaglio dell’apparato decorativo, cfr. AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, Somma Vesuviana cit. (nota 4), pp. 232-235, figg. 33-42.

Fig. 17. ‘ Vano 7 ’: decorazione pittorica dell’abside, dettaglio

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Fig. 18. ‘ Vano 10 ’: ve-duta zenitale da ovest

Fig. 19. ‘ Vano 10 ’: ab-side, vista da nord-ovest

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Nell’abside la decorazione di prima fase è costituita da uno zoccolo dipinto ad imitazione del giallo antico, da un registro mediano, articolato in pannelli gialli e rossi, inquadrati da fasce verde scuro e rosso e coronato da una cornice con un kyma ionico. Sulla calotta absidale troviamo di nuovo il motivo così detto ‘ della conchiglia ’, che qui è più chiaramente la riproduzione pittorica di un variopinto tendaggio, ben riconoscibile dagli ampi drappeggi posti alla base. Nell’angolo sud-est del vano, poco al disopra dell’arco absidale, si osserva inoltre – sullo strato di intonaco di prima fase – una maschera di Dioniso da cui nascono tralci di vite.

Anche la decorazione della parete nord dell’aula è divisa in tre registri, di cui quello mediano ripartito in pannelli gialli e rossi, inquadrati da una fascia rossa o verde scuro e separati da una fascia più chiara in cui si dispone un candelabro stilizzato; un pavone è posto alla base del candelabro di destra. Nel registro superiore troviamo un’edicola centrale decorata con due colombe ai lati di un candelabro vegetale; nei due pannelli laterali, sui quali si aprono finestrine con scorci prospettici, pendono festoni.

La decorazione pittorica di prima fase – in particolare quella della parete nord – è riconducibile allo schema ‘ modulare edicolare ’, tipico dell’età antoniniana: 25 tuttavia sembrano già evidenti in essa i segni del viraggio verso lo ‘ stile lineare ’, proprio della pittura romana del III secolo e caratterizzato da un marcato bidimensionalismo. Nel registro superiore della parete nord permane ancora qualche accenno di prospettiva, ma i dettagli architettonici denunciano una progressiva geometrizzazione delle forme e una tendenza all’astrazione, elementi che indirizzano verso una datazione all’età dei Severi.

In un momento successivo alla decorazione di prima fase fu sovrapposto un secondo strato di pittura che risparmiò il registro superiore delle pareti, che fu tagliato per l’alloggiamento di un controsoffitto. In questa fase gli affreschi riproducono pannelli e fasce bordati da listelli in colore contrastante, dipinti ad imitazione dell’opus sectile, come nel ‘ vano 7 ’. Anche le pitture della calotta absidale furono oggetto di restauri, come attestano le tracce di decorazione emerse al disotto dello strato di colore blu del secondo registro dall’alto, in cui l’esecuzione di alcuni tasselli di pulitura ha permesso di riportare in luce diverse figure di animali (un cervide, un felino e due uccelli) dipinte a mezzo fresco in azzurro su fondo bianco 26 (fig. 20).

25 H. joyCe, The Decoration of Walls, Ceilings and Floors in Italy in the Second and Third Centuries A.D., Roma 1981, pp. 26-31; v. da ultimo S. FAlzone, Scavi di Ostia XIV. Le pitture delle insulae (180-250 d.C.), Roma 2004, pp. 185-192 (con ulteriore bibliografia).

26 L’intervento – compreso nelle attività di manutenzione straordinaria del sito archeologico – è stato eseguito nell’ottobre 2010 dal dott. Gianfranco Zarrillo, restauratore qualificato presso l’ISCR: i dati tecnici e la documentazione fotografica qui presentati sono desunti dalla relazione scientifica redatta al termine dei lavori.

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Restano ora da descrivere i settori più periferici del complesso, che sono stati oggetto di indagine proprio nelle più recenti campagne.

Nella fascia immediatamente a ridosso dell’angolo nord-est del ‘ vano 10 ’ (fig. 21), scavi effettuati allo scopo di liberare dall’umidità le pareti affrescate hanno permesso di riportare in luce parte di una struttura rivestita in cocciopesto,27 interpretabile come vasca/cisterna per la raccolta delle acque pluviali, data la posizione e l’apparente relazione con una canaletta posta alla base della copertura del catino absidale e considerate anche le analogie con la struttura – di dimensioni decisamente minori – esistente sul retro dell’abside del ‘ vano 7 ’.28 Nell’area immediatamente a nord dello stesso ambiente sono state invece messe in evidenza la prosecuzione del muro perimetrale W del ‘ vano 10 e, alla base della parete settentrionale, una fogna con copertura a cappuccina ed incamiciatura cementizia (fig. 22), dotata di pozzetti di ispezione dall’alto e priva di rapporti diretti con la citata cisterna. Sulla base della stratigrafia evidenziata – nell’ambito della quale non sono stati individuati livelli pavimentali – sembra possibile affermare che il settore a nord del ‘ vano 10 ’ fosse un’area scoperta, con piano di calpestio costituito da semplice terra battuta.

27 AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, Somma Vesuviana cit. (nota 4), p. 238, fig. 45.28 Angelelli, AoyAgi, mAtSuyAmA, La cd. Villa di Augusto cit. (nota 4), p. 205.

Fig. 20 – ‘ Vano 10 ’: absi-de, dettaglio decorativo af-fiorato nel corso di recenti interventi di restauro (foto:

G. Zarrillo, 2010)

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Fig. 21. Cisterna parzialmente rimessa in luce ad est del ‘ vano 10 ’, vista da nord

Fig. 22. Canaletta rimessa in luce a nord del ‘ vano 10 ’, vista da nord-est

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Le indagini più recenti hanno inoltre interessato la terrazza inferiore del complesso (‘ area 12 ’),29 posta ad una quota di circa m 1,80 al disotto del livello pavimentale dell’‘ area 6 ’ e raggiungibile da questa tramite una scala (figg. 2, 12; 14, 23). In quest’area sono stati finora portati in luce diciassette grandi dolia di terracotta, alcuni dei quali ancora provvisti dell’originaria copertura. I contenitori, infissi nel terreno, erano disposti a distanza abbastanza regolare su tre file parallele e collegati funzionalmente ad un condotto di distribuzione (fig. 23), identificabile con certezza grazie alla presenza di fori circolari posti in corrispondenza delle file di dolia. Il citato condotto – rivestito all’interno di lastre di marmo e, all’esterno, di un bauletto di cocciopesto – riutilizza una preesistente canaletta, originariamente inglobata nel muro di contenimento della terrazza superiore ed usata per lo smaltimento delle acque pluviali.

I dati archeologici finora raccolti, piuttosto coerenti tra loro, permettono di identificare nell’allestimento formato dai contenitori fittili e dalla canaletta una cella vinaria, realizzata – in base ai dati stratigrafici – non prima della

29 Ivi, pp. 212-213, figg. 8, 58, 67; AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, Somma Vesuviana cit. (nota 4), p. 238, fig. 45.

Fig. 23. ‘ Area 12 ’: veduta panoramica da nord-est

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seconda metà del IV secolo e collegata – tramite il canale individuato in ‘ area 6 ’ – alle grandi vasche evidenziate nell’area dell’esedra, nelle quali analisi chimiche effettuate sui rivestimenti in cocciopesto confermano un utilizzo per la produzione del vino, verosimilmente su scala industriale, dato il numero e la capacità dei dolia e, in generale, l’estensione del complesso. È peraltro interessante notare che l’impianto produttivo di Somma Vesuviana trova strettissime analogie, nelle parti costitutive, nella monumentale cella vinaria recentemente scavata nella villa di Passolombardo (presso Tor Vergata, nel suburbio est di Roma), anch’essa installata su strutture preesistenti e databile ad epoca tardoantica.30

Concludiamo la presentazione dei dati con il settore denominato ‘ area 3 ’, in buona parte pavimentato con basoli di lava e comprendente tutta l’area a sud dell’esedra e del ‘ vano 2 ’ (figg. 2, 3; 24). Qui lo scavo è stato condizionato in estensione dalla presenza di un potente strato costituito per lo più da cospicue porzioni di strutture murarie (con nucleo cementizio e paramento in opera mista) in stato di crollo, fra le quali si riconoscono tratti pertinenti a strutture verticali riconducibili all’elevato dell’esedra, ma anche parti di una copertura, superiormente piana – con rivestimento in cocciopesto – e internamente voltata, che, per la posizione decisamente eccentrica, difficilmente può essere attribuita alla copertura dell’esedra, quanto piuttosto ad un ambiente – forse un corridoio – posto alle spalle di questa, ma al momento non individuabile con certezza.

In questo settore, ad eccezione di due setti murari in asse con l’esedra e chiaramente pertinenti alla prima fase del sito, tutte le strutture e le stratigrafie rinvenute sono riconducibili a fasi di occupazione successive alla perdita della funzione originaria del complesso. Si tratta di livelli di rialzamento, scarichi di materiale ceramico ed edilizio, piani di calpestio e muretti a secco che documentano la continuità d’uso di questo settore periferico e in gran parte libero da costruzioni. Fra queste testimonianze per così dire ‘ minori ’ merita di essere menzionata la serie di grandi fosse circolari evidenziata verso il limite sud dello scavo (fig. 25), probabilmente utilizzate come depositi per derrate alimentari, e le tracce di coltivazione ortiva, risalenti al periodo immediatamente precedente all’eruzione, evidenziate negli strati soprastanti (fig. 26).

30 Prima metà del V secolo: A. RiCCi, Palladio e la villa di Passolombardo: note e suggestioni da una ricerca in corso, in Annali del Dipartimento di storia, 1, pp. 169-187; eADem, Una cella vinaria della villa di Passo Lombardo (Tor Vergata), in Ricerche in corso sui magazzini romani - Roma – Ostia – Portus, Incontro di Studi, 13-15 aprile 2011 (http://www.entrepots-anr.fr/sitefiles/files/roma_042011/5. POSTER/5.Suburbio di Roma/Ricci - Poster.pdf)

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Fig.

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Veniamo ora alla sintesi di quanto fin qui esposto. In merito alla cronologia assoluta, i dati archeologici raccolti nel corso delle campagne di scavo, non soltanto smentiscono in via definitiva l’ipotesi tradizionale della ‘ Villa di Augusto ’, ma permettono di stabilire per il complesso una cronologia decisamente posteriore al 79, con la seguente ipotesi di periodizzazione.31

La fase iniziale può essere assegnata, su base stratigrafica, ad un periodo non precedente alla seconda metà del II secolo e più precisamente all’epoca severiana, periodo al quale può essere assegnato l’impianto dell’intero complesso e dei singoli ambienti, che sono chiaramente frutto di un progetto architettonico unitario. Coerenti con questa datazione sono d’altronde elementi quali l’uso dei pilastri quadripartiti, le caratteristiche tecniche e stilistiche delle pavimentazioni, degli affreschi e della decorazione architettonica, in particolare i capitelli (figg. 5, 10-11), riconducibili al tipo corinzio asiatico ad acanto spinoso e puntualmente databili tra la fine del II e la prima metà del III secolo.

Ad una fase poco più tarda, forse collocabile verso la prima metà del IV secolo, appartengono gli interventi di restauro nel ‘ vano 2 ’ (con l’aggiunta dell’abside sul lato sud) e nel ‘ vano 10 ’ (con rifacimento parziale dell’apparato decorativo parietale).

31 Per la quale si rimanda anche a AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, Somma Vesuviana cit. (nota 4), pp. 219-222.

Fig. 26. ‘ Area 3 ’: tracce di coltivazione di età tardoantica (campagna di scavo 2012)

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In un momento successivo, non precedente alla seconda metà del IV secolo, il complesso subì una radicale trasformazione, con perdita della sua originaria funzione residenziale: a questa fase appartengono i resti di vasche rinvenuti nel ‘ vano 1 ’ e nel ‘ vano 4 ’, ricollegabili con la cella vinaria scoperta nella ‘ area 12 ’ e pertinenti ad un vasto impianto per la produzione del vino.

Alle ultime fasi di vita (prima metà-terzo quarto del V secolo) sono invece riferibili le tracce di frequentazione individuate all’interno del ‘ vano 2 ’, i tre forni rinvenuti nel ‘ vano 2 ’ e ‘ 4 ’ e la spoliazione dell’esedra. Su queste ultime testimonianze si depositò infine l’eruzione del 472, che seppellì il complesso sotto una potente coltre di depositi vulcanici dello spessore di diversi metri.

Vorremmo ora spendere qualche parola sull’interpretazione delle strutture riportate in luce, sulla quale restano ancora molti dubbi. L’ipotesi che finora ha prevalso è quella che vedrebbe almeno una parte di esse – e cioè l’esedra, i muri a nicchie, il prospetto con arcate e pilastri quadripartiti, il colonnato – come elementi costitutivi del vestibolo di un estesissimo complesso di carattere residenziale privato.32 Va tuttavia osservato che le strutture tornate in luce, sia per le dimensioni monumentali, sia per la presenza di elementi architettonici come i pilastri quadripartiti, non sembrano trovare per ora confronti puntuali nell’ambito dell’architettura privata.33 La grandezza dei volumi architettonici è inoltre decisamente ‘ fuori scala’ se messa a confronto con le più grandi ville dell’area vesuviana, territorio in cui però, in effetti, non sono finora documentate grandi residenze di impianto successivo al 79. Queste considerazioni potrebbero opporsi all’interpretazione del complesso come residenza privata: è però anche vero che, soprattutto a partire dalla media e tarda età imperiale, il settore della villa a cui viene dato maggior risalto è proprio l’ingresso, poiché esso, oltre a svolgere funzione di raccordo tra interno ed esterno della residenza, offriva al proprietario la possibilità di rappresentare con efficacia ed immediatezza il proprio status sociale ai visitatori e ai viandanti.34

32 Cfr. AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, La cd. Villa di Augusto cit. (nota 4), p. 108; AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, Somma Vesuviana cit. (nota 4), p. 218.

33 Per la soluzione dei piedritti quadripartiti occorre infatti fare riferimento a monumenti pubblici di area microasiatica costruiti in età adrianea e antonina, come, ad esempio, i tetrapili di Afrodisia e Palmira (con colonne al posto dei pilastri e decorazione architettonica assai più elaborata). Certamente si tratta di aree geografiche e di contesti architettonici molto distanti tra loro, ma la similitudine non ci sembra trascurabile e può anzi rappresentare un ulteriore indizio per l’inquadramento cronologico del complesso di Somma.

34 Si vedano in proposito le osservazioni in: C. SFAmeni, Ville residenziali dell’Italia tardoantica, Bari 2006, pp. 82-86.

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Questa considerazione potrebbe dunque bastare a spiegare la scelta di un’architettura così imponente e ‘ scenografica ’ per il vestibolo del nostro complesso, che però dovrebbe essere l’ingresso di un palatium di estensione davvero enorme (di proporzioni paragonabili a quello della Villa del Casale di Piazza Armerina) e probabilmente articolato in padiglioni, anche non contigui e disposti su terrazze – sul modello della celeberrima ‘ Villa Adriana ’ di Tivoli – con sviluppo verso la pendice nord del monte Somma.

Tuttavia è proprio ‘ scomodando ’ gli illustri confronti appena citati che si vede quanto sia stridente il contrasto fra la monumentalità dell’impianto architettonico e la qualità decisamente modesta delle decorazioni parietali e pavimentali, nelle quali il marmo risulta praticamente assente.35 Questo elemento è già da solo sufficiente ad indicare una committenza di livello non troppo elevato e sicuramente non imperiale, poiché l’uso esteso e capillare di rivestimenti marmorei pavimentali e parietali può essere considerato quasi un marker identificativo per le residenze di proprietà dell’imperatore e/o della sua famiglia e anche per quelle appartenenti ai membri più importanti della classe senatoria. La modestia dell’apparato decorativo potrebbe al limite trovare una spiegazione nella funzione e nella posizione degli ambienti, che erano vani ‘ di passaggio ’ o comunque, più periferici e che, per l’ubicazione probabilmente prossima alla viabilità, potevano essere di uso almeno in parte pubblico. La funzione del ‘ vano 2 ’ e delle due sale absidate ‘ vano 7 ’ e ‘ vano 10 ’ non è stata finora definita, anche se almeno per quest’ultima alcuni elementi (come la decorazione pittorica con temi di ispirazione marina e, soprattutto, la presenza di una cisterna sul retro dell’abside) 36, sembrano suggerire piuttosto chiaramente una relazione con l’acqua.

Se dunque l’interpretazione come villa potrebbe ancora trovare qualche appiglio – ma abbiamo visto con quali difficoltà – è pur vero che ancor meno praticabile sembra essere l’altra ipotesi, decisamente opposta, che vedrebbe nel complesso di Somma un edificio pubblico con possibile valenza sacra: e questo non tanto perché la presenza di un santuario nell’area non possa essere

35 Le uniche tracce di rivestimento marmoreo ancora in situ (un basso zoccolo in lastre di africano, in gran parte asportato) sono quelle presenti alla base dei due brevi setti murari che costituiscono le testate est ed ovest del colonnato corinzio. Tutti gli altri settori del complesso risultano rivestiti – dalla quota di calpestio fino alle volte, ove conservate – con decorazioni ad affresco e/o stucco (notizie preliminari in AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, La cd. Villa di Augusto cit. (nota 4), pp. 194-196, figg. 32-38; pp. 205-207, figg. 52-56; pp. 208-211, figg. 61-63; sulle pitture del ‘ vano 7 ’, cfr. anche De Simone, AoyAgi, Il thiasos marino cit. (nota 22).

36 Sulle pitture, cfr. De Simone, AoyAgi, Il thiasos marino cit. (nota 22); per la vasca v. AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, La cd. Villa di Augusto cit. (nota 4), p. 205.

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giustificabile (il silenzio delle fonti letterarie non sarebbe certo un argomento valido a dimostrare il contrario), ma perché tale interpretazione si porrebbe in contrasto con i dati archeologici, che indicano in maniera chiara una precoce trasformazione d’uso del complesso (con occupazione e chiusura, peraltro, degli accessi e dei principali assi di percorrenza), decisamente improbabile nel caso di uno spazio consacrato.

Esistono dunque altre ipotesi sostenibili? Al momento non abbiamo certezze, ma ci permettiamo di esprimere qualche considerazione che forse potrà contribuire a stimolare la ricerca.

La prima riflessione riguarda la composizione architettonica nel suo insieme, con il vestibolo, fiancheggiato da due nuclei di ambienti, che introduce ad un’ampia area scoperta: non ci sembra troppo azzardato ricordare che un’articolazione planimetrica simile si ritrova ad esempio ad Ostia – pur se su scala poco più piccola e in un contesto urbano – nella cd. Schola del Traiano (IV, 5, 15),37 complesso a cui si accedeva tramite un monumentale propileo ad esedra con prospetto colonnato affacciato sul decumanus maximus. Va inoltre sottolineato che la maggiore imponenza architettonica del nostro vestibolo rispetto al confronto citato è in qualche modo ‘ ridimensionata ’ dalla qualità inferiore dell’apparato decorativo, non troppo distante – sempre per restare in ambito ostiense – dagli standards dei grandi complessi ‘ polifunzionali ’ (ad esempio il Caseggiato del Serapide, III, 10, 3).38 Da tenere in considerazione sono anche le caratteristiche architettoniche e decorative del ‘ vano 2 ’, un ampio salone absidato con pavimento in tecnica mista ripartito in ‘ settori ’ e probabilmente fornito di sedili lignei su tre lati; 39 in questa sala si potrebbe bene identificare una sala per banchetti pubblica, come ad esempio nel Sacello degli Augustali di Miseno (datato ai primi decenni del II secolo).40

37 Edificio impiantato verso la metà del II, con fasi di frequentazione fino al tutto il IV secolo: C. PAvolini, Ostia, nuova ed. riveduta e aggiornata, Bari-Roma 2006 (Guide Archeologiche Laterza, 11), pp. 190-191. Sugli scavi più recenti, v. th. moRARD, Ostie: La reprise des fouilles sur le site de la Schola du Trajan (Reg. IV, Is. V, 15-17), in MEFRA, 115, 2004, pp. 433-443.

38 Sulla decorazione del caseggiato cfr. S.T.A.M. molS , Decorazione e uso dello spazio a Ostia. Il caso dell’Insula III x (Caseggiato del Serapide, Terme dei Sette Sapienti e Caseggiato degli Aurighi), in MededRom, 58, 1999, pp. 247-386; PAvolini, Ostia cit. (nota 37), p. 139.

39 La presenza di strutture lignee addossate alle pareti, è suggerita, oltre che dalla ripartizione pavimentale in ‘ settori ’ (v. infra), anche dal dislivello tra il piano di calpestio del ‘ vano 2 ’ e quelli dell’esedra (‘ vano 1 ’) e della ‘ area 3 ’, posti ad una quota superiore (+ m 1,30 circa): AoyAgi, Angelelli, mAtSuyAmA, Somma Vesuviana cit. (nota 4), p. 215.

40 Cfr. S. buonAguRo, Il sacello degli Augustali di Miseno: un pavimento “sommerso”, in Atti del XIII Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico (AISCOM), Canosa di Puglia, 21-24 febbraio 2007, a cura di C. Angelelli e F. Rinaldi, Tivoli 2008, pp. 175-186.

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Pur se non dimostrabile con certezza, l’ipotesi di un legame fra il monumentale complesso di Somma e qualche importante collegio non sembra dunque impossibile. E ci si domanda se l’insistente rimando al tema dionisiaco presente nel programma decorativo dell’intero complesso e documentato in particolare nella scultura, nella decorazione pittorica dell’esedra e del « vano 7 » e del « 10 » non abbia qualche significato, soprattutto in considerazione del momento di notevole ripresa vissuta dal culto di Dioniso proprio durante l’età severiana,41 epoca a cui – come si è visto – è possibile far risalire l’impianto del nostro monumento.

41 Dioniso-Bacco-Liber Pater, insieme ad Eracle-Ercole, è infatti nume tutelare di Leptis Magna, patria dell’imperatore Settimio Severo (sul legame tra imperatore e divinità, cfr. A. bRuhl, Liber Pater, Paris 1953, pp. 191-194. L’immagine del dio conobbe una grandissima diffusione anche in ambito pubblico, come documentato dalle serie monetali e anche dal ciclo scultoreo del santuario di Liber Pater sulla via Cassia (v. in generale C. gASPARRi, A. veneRi, s.v. Dionysos, in LIMC, III, 1986, pp. 414-514). Sul tempio ‘ smisurato ’ (Úpermegšqhj) fatto costruire a Roma da Settimio Severo e dedicato agli dei patri della sua città natale, cfr. CASS. Dio, LXXVII, 16, 3.