I nuovi diritti dei consumatori - Commentario al d.lgs. 21/2014

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Articolo 57 Obblighi del consumatore nel caso di recesso 1. A meno che il professionista abbia offerto di ritirare egli stesso i beni, il consumato- re restituisce i beni o li consegna al professionista o a un terzo autorizzato dal profes- sionista a ricevere i beni, senza indebito ritardo e in ogni caso entro quattordici giorni dalla data in cui ha comunicato al professionista la sua decisione di recedere dal con- tratto ai sensi dell’articolo 54. Il termine è rispettato se il consumatore rispedisce i beni prima della scadenza del periodo di quattordici giorni. Il consumatore sostiene solo il costo diretto della restituzione dei beni, purché il professionista non abbia concordato di sostenerlo o abbia omesso di informare il consumatore che tale costo è a carico del consumatore. Nel caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali in cui i beni sono stati consegnati al domicilio del consumatore al momento della conclusione del contratto, il professionista ritira i beni a sue spese qualora i beni, per loro natura, non possano essere normalmente restituiti a mezzo posta. 2. Il consumatore è responsabile unicamente della diminuzione del valore dei beni ri- sultante da una manipolazione dei beni diversa da quella necessaria per stabilire la natura, le caratteristiche e il funzionamento dei beni. Il consumatore non è in alcun caso responsabile per la diminuzione del valore dei beni se il professionista ha omes- so di informare il consumatore del suo diritto di recesso a norma dell’articolo 49, comma 1, lettera h). 3. Qualora un consumatore eserciti il diritto di recesso dopo aver presentato una ri- chiesta in conformità dell’articolo 50, comma 3, o dell’articolo 51, comma 8, il cons u- matore versa al professionista un importo proporzionale a quanto è stato fornito fino al momento in cui il consumatore ha informato il professionista dell’esercizio del diritto di recesso, rispetto a tutte le prestazioni previste dal contratto. L’importo proporzionale che il consumatore deve pagare al professionista è calcolato sulla base del prezzo to- tale concordato nel contratto. Se detto prezzo totale è eccessivo, l’importo proporzi o- nale è calcolato sulla base del valore di mercato di quanto è stato fornito. 4. Il consumatore non sostiene alcun costo per: a) la prestazione di servizi o la fornitura di acqua, gas o elettricità, quando non sono messi in vendita in un volume limitato o in quantità determinata, o di teleriscaldamen- to, in tutto o in parte, durante il periodo di recesso quando: 1) il professionista ha omesso di fornire informazioni in conformità all’articolo 49, comma 1, lettere h) ed l); oppure 2) il consumatore non ha espressamente chiesto che la prestazione iniziasse durante il periodo di recesso in conformità all’articolo 50, comma 3, e dell’articolo 51, comma 8; oppure b) la fornitura, in tutto o in parte, del contenuto digitale che non è fornito su un suppor- to materiale quando: 1) il consumatore non ha dato il suo previo consenso espresso circa l’inizio della pre- stazione prima della fine del periodo di quattordici giorni di cui all’articolo 52; 2) il consumatore non ha riconosciuto di perdere il diritto di recesso quando ha espresso il suo consenso; oppure 3) il professionista ha omesso di fornire la conferma conformemente all’articolo 50, comma 2, o all’articolo 51, comma 7.

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Articolo 57

Obblighi del consumatore nel caso di recesso

1. A meno che il professionista abbia offerto di ritirare egli stesso i beni, il consumato-re restituisce i beni o li consegna al professionista o a un terzo autorizzato dal profes-sionista a ricevere i beni, senza indebito ritardo e in ogni caso entro quattordici giorni dalla data in cui ha comunicato al professionista la sua decisione di recedere dal con-tratto ai sensi dell’articolo 54. Il termine è rispettato se il consumatore rispedisce i beni prima della scadenza del periodo di quattordici giorni. Il consumatore sostiene solo il costo diretto della restituzione dei beni, purché il professionista non abbia concordato di sostenerlo o abbia omesso di informare il consumatore che tale costo è a carico del consumatore. Nel caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali in cui i beni sono stati consegnati al domicilio del consumatore al momento della conclusione del contratto, il professionista ritira i beni a sue spese qualora i beni, per loro natura, non possano essere normalmente restituiti a mezzo posta. 2. Il consumatore è responsabile unicamente della diminuzione del valore dei beni ri-sultante da una manipolazione dei beni diversa da quella necessaria per stabilire la natura, le caratteristiche e il funzionamento dei beni. Il consumatore non è in alcun caso responsabile per la diminuzione del valore dei beni se il professionista ha omes-so di informare il consumatore del suo diritto di recesso a norma dell’articolo 49, comma 1, lettera h). 3. Qualora un consumatore eserciti il diritto di recesso dopo aver presentato una ri-chiesta in conformità dell’articolo 50, comma 3, o dell’articolo 51, comma 8, il consu-matore versa al professionista un importo proporzionale a quanto è stato fornito fino al momento in cui il consumatore ha informato il professionista dell’esercizio del diritto di recesso, rispetto a tutte le prestazioni previste dal contratto. L’importo proporzionale che il consumatore deve pagare al professionista è calcolato sulla base del prezzo to-tale concordato nel contratto. Se detto prezzo totale è eccessivo, l’importo proporzio-nale è calcolato sulla base del valore di mercato di quanto è stato fornito. 4. Il consumatore non sostiene alcun costo per: a) la prestazione di servizi o la fornitura di acqua, gas o elettricità, quando non sono messi in vendita in un volume limitato o in quantità determinata, o di teleriscaldamen-to, in tutto o in parte, durante il periodo di recesso quando: 1) il professionista ha omesso di fornire informazioni in conformità all’articolo 49, comma 1, lettere h) ed l); oppure 2) il consumatore non ha espressamente chiesto che la prestazione iniziasse durante il periodo di recesso in conformità all’articolo 50, comma 3, e dell’articolo 51, comma 8; oppure b) la fornitura, in tutto o in parte, del contenuto digitale che non è fornito su un suppor-to materiale quando: 1) il consumatore non ha dato il suo previo consenso espresso circa l’inizio della pre-stazione prima della fine del periodo di quattordici giorni di cui all’articolo 52; 2) il consumatore non ha riconosciuto di perdere il diritto di recesso quando ha espresso il suo consenso; oppure 3) il professionista ha omesso di fornire la conferma conformemente all’articolo 50, comma 2, o all’articolo 51, comma 7.

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5. Fatto salvo quanto previsto nell’articolo 56, comma 2, e nel presente articolo, l’esercizio del diritto di recesso non comporta alcuna responsabilità per il consumato-re.

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. La restituzione dei prodotti da parte

del consumatore (e l’ipotesi di perimento del bene). – 3. Se-

gue: la restituzione di prodotti voluminosi consegnati al mo-

mento della conclusione di un contratto negoziato fuori dei

locali commerciali (la c.d. vendita “porta a porta”). – 4. Il

costo per la restituzione dei prodotti. – 5. La responsabili-

tà del consumatore per perdita di valore del prodotto resti-

tuito (e metodi di quantificazione del deprezzamento) - 6. La

particolare disciplina delle restituzioni per prestazioni di

servizio ed utilities. – 7. Derogabilità del diritto di re-

cesso per l’acquisto di contenuti digitali privi di supporto

materiale (e connessi oneri formali). – 8. Il riaffermato

principio di gratuità dello ius poenitendi.

Commento di

Iacopo Pietro Cimino

1. Una delle novità più rilevanti apportate all’istituto

dello ius poenitendi dalla recente novella normativa tocca

la disciplina delle obbligazioni (restitutorie) susseguenti

all’esercizio del diritto di recesso da parte del consumato-

re. Una volta esercitato il recesso, soprattutto qualora il

contratto abbia avuto ad oggetto l’acquisto di una res, sor-

ge, infatti, in capo al consumatore l’obbligo di restituire

la prestazione ricevuta, oltre alla correlata obbligazione,

facente capo al professionista, di corrispondere quanto ver-

sato in pagamento dal consumatore. Finalità dichiarata del

riassetto arrecato dalla novella in commento è quella di re-

golare restituzioni e rimborsi in modo tale da scongiurare

il rischio, da un lato, di dissuadere il consumatore

dall’esercizio del diritto (di recesso) attribuitogli ex le-

ge, dall’altro, di esporre il professionista ad abusi del

diritto medesimo ad opera del consumatore. Nel perseguire

l’anzidetta finalità – già in sede comunitaria - si è optato

per l’adozione di una tecnica legislativa di tipo analitico.

In particolare, si è mirato a dirimere, attraverso

l’introduzione di norme di dettaglio, le principali proble-

matiche applicative emerse dall’esame della pregressa casi-

stica giudiziale in subiecta materia. Peculiare attenzione,

in tal senso, è stata dedicata alla giurisprudenza della

Corte di Giustizia rinveniente – attraverso la lente delle

norme di recepimento emanate dai Paesi membri - sotto il vi-

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gore della Direttiva 85/577/CEE del Consiglio, del 20 dicem-

bre 19851 e della Direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e

del Consiglio, del 20 maggio 19972.

Nel coniugare la tutela del consumatore con l’obiettivo

dell’efficienza del mercato comune, la Direttiva 85/577/CEE

e la Direttiva 97/7/CE hanno rappresentato, infatti, le pri-

me iniziative europee di armonizzazione del settore. Supe-

rando e sostituendo il pregresso quadro normativo, la Diret-

tiva 2011/83/UE del parlamento europeo e del consiglio del

25 ottobre 20113 introduce oggi una regolamentazione, per

molti aspetti, più avanzata e dettagliata degli obblighi re-

stitutori derivanti dall’esercizio del diritto di recesso,

nell’ambito di acquisti di beni e servizi effettuati tramite

teleselling, Internet o comunque, fuori dei locali commer-

ciali del professionista. Obbiettivo dichiarato della Diret-

tiva 2011/83/UE (ed a cascata, della novella al Codice del

Consumo oggetto di commento) è, inoltre, quello di operare

una armonizzazione completa di alcuni aspetti chiave della

disciplina concernente le obbligazioni restitutorie conse-

guenti al recesso, allo scopo di accrescere considerevolmen-

te la uniformità giuridica degli scambi. L’osservazione da

cui si muove è che l’armonizzazione costituisca un vantag-

gio, tanto per i consumatori, i quali potranno finalmente

contare su regole consolidate e uguali in tutta l’Europa;

quanto per i professionisti (che operano al livello paneuro-

peo), venendo incontro a quell’esigenza di omogeneità nego-

ziale che caratterizza soprattutto i processi automatizzati

o semiautomatizzati di scambio4. Le significative differen-

ziazioni riscontrabili tra le diverse disposizioni sinora

adottate dagli Stati membri, oltre che nelle modalità

d’esercizio del recesso, nella stessa disciplina delle ob-

bligazioni restitutorie conseguenti - in capo alle parti ne-

goziali - per effetto dello ius poenitendi, sono state, in-

fatti, fonte di costi crescenti per i professionisti che

operano ad un livello transfrontaliero. In questo quadro,

l’attività ermeneutica e nomofilattica svolta negli anni

trascorsi dalla Corte di Giustizia ha, peraltro, ulterior-

mente evidenziato le sussistenti diversificazioni – assi so-

vente non banali – evidenziabili (al livello normativo, se-

condario, dei Paesi membri) tra le varie leggi d’attuazione

delle anzidette Direttive 85/577/CEE e 97/7/CE. Anche per

1 Per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei

locali commerciali.

2 Riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a

distanza. 3 Da cui deriva il Decreto Legislativo, 21 febbraio 2014, n. 21 in com-

mento. 4 In questo senso viene maggiormente in rilievo la disciplina dei con-

tratti a distanza.

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tale ragione con la Direttiva 2011/83/UE si è operato un mu-

tamento di prospettiva. Il Legislatore comunitario si è, in-

fatti, distanziato dal precedente approccio che caratteriz-

zava le direttive abrogate (Direttive 85/577/CEE e 97/7/CE),

col quale si era approdati all’obiettivo di una c.d. armo-

nizzazione minima5. Mediante la Direttiva 2011/83/UE si è vo-

luto, infatti, un livello di armonizzazione c.d. completa.

Non essendo ad oggi più consentito agli Stati membri mante-

nere o adottare, disposizioni divergenti da quelle fissate

nella direttiva in questione, anche qualora si tratti di di-

sposizioni più vantaggiose per il consumatore.

2. L’atto di recesso del consumatore, che sia esercitato entro i tempi e modi previsti dal legislatore, provoca (come

noto) lo scioglimento del rapporto e - qualora la prestazio-

ne di dare, fornire o facere, scaturente dal contratto sia

stata nel frattempo, in tutto o in parte, eseguita - deter-

mina in capo al consumatore6 una obbligazione di tipo resti-

tutorio. L’art. 57, primo comma, del Codice del Consumo –

sulla scia del previgente art. 67 - impone, infatti, al

consumatore che abbia esercitato lo ius poenitendi di ricon-

segnare al professionista (ovvero ad un adiectus solutionis

causa) quanto ricevuto in esecuzione del contratto, senza

indebito ritardo e comunque, entro il termine massimo di 14

giorni dalla comunicazione del recesso. È ammesso, tuttavia,

dalla medesima norma in commento, che il professionista as-

suma egli stesso l’impegno di ritirare i beni oggetto di re-

cesso; sollevando, così, il consumatore dall’obbligo di

provvedere alla restituzione.

Qualora dunque il professionista non si sia vincolato a

recuperare in prima persona i beni oggetto di recesso, sarà

il consumatore a doverli spedire o riconsegnare alla propria

controparte, non oltre il termine suddetto di 14 giorni

dall’invio della comunicazione di recesso.

E’ opportuno notare che l’obbligazione di restituire i be-

ni gravante sul consumatore, presuppone – a nostro avviso -

l’avvenuto perfezionamento di un valido recesso; costituen-

do, anzi, essa l’effetto tipico del recesso stesso. Aderendo

a quest’orientamento, pertanto, l’adempimento dell’obbligo

restitutorio non si pone affatto quale momento conclusivo di

una supposta formazione “progressiva” del recesso. Ne conse-

gue, dunque, quale logico corollario, che l’eventuale tardi-

va restituzione dei beni – che sia, cioè, effettuata oltre

5 Vale a dire il principio che consente agli Stati membri di mantenere o

adottare norme più severe rispetto a quelle stabilite dalle direttive. 6 Oltre che, ovviamente, al professionista.

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il suddetto termine di 14 giorni7 - non avrà incidenza in al-

cun modo sulla validità ed efficacia dell’esercitato diritto

(di recesso) da parte del consumatore. Ciò, ovviamente, non

equivale, tuttavia, a ritenere che la tardività nella resti-

tuzione non dia luogo ad altro tipo di conseguenze. Tra que-

ste – principalmente – si evidenziano la mora debendi e la

correlata sospensione dell’obbligazione (facente capo al

professionista) di rifondere al consumatore il prezzo

d’acquisto. Eccependo l’omessa restituzione del bene di con-

sumo oggetto del recesso, sarà, infatti, consentito al pro-

fessionista sottrarsi al rimborso delle somme già versate

dal consumatore al momento dell’acquisto, come espressamente

previsto dal novellato art. 56, comma terzo, Codice del Con-

sumo8. Sempre nell’ipotesi di mancata o ritardata restituzio-

ne della merce, il consumatore sarà, peraltro, da ritenersi

in mora ipso facto, senza necessità di intimazione formale

(in ossequio al disposto all’art. 1219, secondo comma, n.3,

c.c.). Quale conseguenza della mora, scaduto il termine sud-

detto di 14 giorni, dovrebbe, inoltre, essere a carico del

consumatore il rischio di sopravvenuta impossibilità della

restituzione del prodotto, derivata dal perimento del bene

durante le operazioni di trasporto eseguite dal vettore9.

Tuttavia, disponendo tout-court che il professionista sia

tenuto comunque a rimborsare il consumatore alla sola condi-

zione che quest’ultimo gli abbia dimostrato di aver rispedi-

to i prodotti, la norma dell’art. 56, terzo comma, Codice

del Consumo, parrebbe porre una deroga all’anzidetto princi-

pio generale (dell’art. 1221 c.c.)10. Per come è formulata –

e cioè, stante l’assenza di alcun riferimento al rispetto

del termine di 14 giorni per la riconsegna - la disposizione

7 Come chiarisce la norma in commento, il termine è rispettato se il

consumatore rispedisce i beni prima della scadenza del periodo di 14 gior-

ni. 8 Come si è già anticipato tale interpretazione postula l’adesione

all’orientamento che ritiene la restituzione del bene una conseguenza del

recesso e non un presupposto dello stesso. Ne consegue che, costituendo la

restituzione un effetto obbligatorio del recesso, il mancato adempimento a

tale obbligo offrirà al venditore la possibilità di negare il rimborso, ec-

cependo l’inadempimento del consumatore. La reazione al mancato o ritardato

adempimento di tale obbligo si colloca, pertanto, su un piano diverso ri-

spetto a quello dell’inefficacia del recesso (e cioè, su quello governato

dalle tutele restitutorie). 9 Diversamente, come di seguito vedremo, nell’ipotesi di consegna tempe-

stiva allo spedizioniere, il consumatore è certamente liberato da ogni re-

sponsabilità afferente alla perdita del bene. 10 Cfr. art. 1221 c.c. “(Effetti della mora sul rischio). Il debitore

che è in mora non è liberato per la sopravvenuta impossibilità della pre-

stazione derivante da causa a lui non imputabile, se non prova che l'ogget-

to della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore. In qua-

lunque modo sia perita o smarrita una cosa illecitamente sottratta, la per-

dita di essa non libera chi l'ha sottratta dall'obbligo di restituirne il

valore”.

OBBLIGHI DEL CONSUMATORE NEL CASO DI RECESSO ART. 57

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anzidetta lascia, infatti, supporre che l’obbligo di rifon-

dere il prezzo pagato possa valere in ogni caso: anche,

cioè, nell’ipotesi di un bene che, spedito dal consumatore

oltre il termine massimo concessogli ex lege, sia andato

perduto durante il trasporto11.

In ogni caso, anche a prescindere da chi debba effettiva-

mente sostenere il costo di una ipotetica perdita del pro-

dotto tardivamente consegnato al vettore (circostanza questa

su cui permangono, comunque, alcune incertezze), resta fermo

il diritto del professionista al risarcimento dell’eventuale

danno patito a seguito della ritardata restituzione (v. art.

1223 c.c.)12.

Il primo periodo del primo comma dell'art. 57 si chiude

con la statuizione secondo cui, ai fini della scadenza del

termine di 14 giorni, la merce si può intendere restituita

nel momento in cui viene rispedita mediante consegna allo

spedizioniere. Tale previsione, già contenuta nel previgente

art. 67 del Codice del Consumo, costituisce una presunzione

legale liberatoria per il consumatore e corrisponde ad una

delle ipotesi di messa a disposizione del bene al professio-

nista o a persona da questi designata, di cui alla prima

parte del comma. Da tale momento il consumatore è liberato

da tutte le proprie obbligazioni relative alla restituzione

del bene13, compresa l'obbligazione relativa alla conserva-

zione del bene nella sua sostanziale integrità. Pertanto,

dall’attimo di (tempestiva)14 consegna del prodotto allo spe-

dizioniere, il rischio di perimento del bene passa in capo

al professionista. Il consumatore non risponderà, dunque,

dell’eventuale inadempimento del vettore, come, invece, do-

vrebbe qualora operasse il principio generale di cui

all’art. 1228 c.c.

Oltre al caso di mancato rispetto del termine di 14 giorni

11 Tale lettura parrebbe ulteriormente confermata dalla norma di chiusu-

ra contenuta al quinto comma dell’art. 57 in commento, secondo la quale,

salvo gli specifici casi ivi descritti, l’esercizio del diritto di recesso

non comporta responsabilità alcuna per il consumatore. 12 Il consumatore che, dopo avere receduto dal contratto, trattiene il

bene nella sua disponibilità oltre il termine per la restituzione dovrebbe

quantomeno rispondere in via restitutoria - per tale periodo di prolungata

illegittima ritenzione – secondo le regole dell’indebito e/o

dell’arricchimento senza causa. 13 Ai sensi dell’art. 56, terzo comma, Codice del Consumo, per la prova

liberatoria occorre che il consumatore possa dimostrare di aver rispedito i

beni, fornendo, ad esempio, al professionista copia della bolla di traspor-

to rilasciatagli dal vettore.

14 Nell’ipotesi di consegna dei prodotti allo spedizioniere oltre il

termine (di 14 giorni), per effetto della mora debendi, il rischio di peri-

mento o danneggiamento nel corso delle operazioni trasporto – come in pre-

cedenza anticipato – potrebbe essere ipoteticamente posto a carico del con-

sumatore, salvo che l’art. 1221 c.c. non si ritenga derogato dalla fatti-

specie speciale di cui all’art. 56, terzo comma, Codice del Consumo.

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per la restituzione (mora debendi), residuano margini per

enucleare profili di responsabilità in capo al consumatore,

nell’ipotesi in cui vi sia stata sua inadempienza al con-

tratto, per aver consegnato il prodotto ad un soggetto terzo

differente da quello indicato dal professionista. In aggiun-

ta a tale fattispecie, permangono ulteriori margini di re-

sponsabilità del consumatore nel differente caso in cui sia

ipotizzabile sua colpa per aver disatteso la comune diligen-

za nella scelta del vettore15 ovvero delle modalità di spedi-

zione16.

Poiché – salve le anzidette ipotesi di (i) mora debendi,

(ii) restituzione del prodotto a soggetto terzo diverso da

quello designato o colpa nelle (iii) modalità di spedizione

o nella (iv) scelta del vettore - per effetto della consegna

del prodotto allo spedizioniere il possesso della merce pas-

sa figurativamente in capo al professionista e con esso il

rischio di perimento del bene, il professionista potrà agire

direttamente nei confronti del vettore17, allo scopo di otte-

nere il risarcimento del danno patito a seguito del perimen-

to della merce durante il trasporto o di eventuali ritardi

nella consegna.

Un’ulteriore annotazione merita l’eventualità di perimento

del prodotto nel periodo temporale intercorrente tra il re-

capito del bene da parte del professionista e (l’attimo an-

tecedente) la restituzione dello stesso ad opera del consu-

matore. Con riguardo a tale circostanza, alla luce dei prin-

cipi generali, parrebbe doversi distinguere l’ipotesi in cui

il consumatore abbia già esercitato il diritto di recesso,

da quella in cui sia ancora decorrente lo spatium deliberan-

di di 14 giorni concesso per avvalersi dello ius poentiendi.

Con riguardo alla prima ipotesi, in virtù del principio

res perit domino, nella fase che segue l’esercizio del re-

cesso (attraverso lo strumento dichiarativo) e prima

dell’adempimento (tempestivo) all’obbligo di restituzione,

essendo già intervenuto lo scioglimento del contratto e con

esso, il passaggio di proprietà del bene, la perdita del be-

ne medesimo, anche per caso fortuito, dovrebbe astrattamente

gravare sul professionista18.

15 Esemplificando si può ipotizzare la scelta di un vettore “occasiona-

le”, che non svolga, cioè, l’attività di trasporto quale attività profes-

sionale principale. 16 Esemplificando si può pensare ad un prodotto di cristalleria o comun-

que fragile, che venga rispedito dal consumatore privo di un efficacie im-

ballo protettivo.

17 In forza del titolo di trasporto già intestato al consumatore.

18 Si noti comunque che, dal momento successivo alla comunicazione di

recesso e sino alla consegna del prodotto al vettore, perdura in ogni caso

una relazione tra consumatore e bene, sia pure nei termini di una detenzio-

ne c.d. non qualificata. In ragione di ciò, pur essendo la proprietà del

prodotto (per effetto dello ius poenitendi) nuovamente tornata in capo al

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Nell’altra ipotesi in cui il consumatore non abbia ancora

inviato al professionista la comunicazione di recesso, si

dovrebbe – di contro - affermare che, per effetto del potere

pieno ed esclusivo di godere e disporre del bene19, il consu-

matore debba farsi carico del rischio di perimento dello

stesso, anche qualora la perdita sia dovuta a causa a lui

non imputabile.

La delineata distinzione tra le due ipotesi non sembrereb-

be, tuttavia, rilevare alla luce della disciplina speciale

dettata dalla novella al Codice del Consumo, che pare voler

uniformare le conseguenze giuridiche derivanti dalla perdita

del bene in ambedue i casi. Tale risultato si ricava – a

contrario - dall’esegesi del già evocato art. 56, comma ter-

zo, Codice del Consumo. La norma in questione consente, in-

fatti, al professionista di trattenere il rimborso del prez-

zo sino a quando il consumatore non abbia dimostrato di aver

rispedito i beni. Si può, pertanto, ritenere che nel caso di

perimento del bene, anche se avvenuto successivamente alla

comunicazione di recesso (e quand’anche non imputabile

all’omessa custodia del consumatore)20, quest’ultimo non ver-

si più nella condizione di giovarsi efficacemente del reces-

so (rectius, di ottenere il rimborso del prezzo pagato21). In

conseguenza di ciò deve, pertanto, ritenersi che dal momento

di recapito del bene al consumatore sino a quello di (tempe-

stiva) consegna allo spedizioniere, il rischio di perdita

della res incomba integralmente sulla parte acquirente

(alias, il consumatore).

Un ultimo accenno riguarda, invece, i creditori del consu-

matore, i quali abbiano posto in essere azioni di pignora-

mento sui beni oggetto del contratto. Poiché lo ius poeni-

tendi non è retroattivo ma ha efficacia ex nunc, tali atti

saranno regolati sulla base degli artt. 2913 e 2914 c.c. Non

avranno, pertanto, effetto nei confronti dei creditori pro-

professionista, la condizione di detentore non qualificato del consumatore

implica per quest’ultimo la necessità di provvedere ad una diligente atti-

vità di custodia e conservazione del bene rispetto a fattori estrinseci al

bene stesso da cui possa discenderne il perimento. Più correttamente, do-

vrebbe forse trattarsi di onere e non di obbligo, poiché il consumatore è

tenuto ad attivarsi, nel senso che si è descritto, al fine di potere conse-

guire dal professionista la restituzione del prezzo pagato. 19 Il consumatore è, infatti, proprietario a tutti gli effetti del bene.

20 V. precedente nota 18.

21 Come detto in precedenza, infatti, il recesso si perfeziona – a no-

stro avviso - sin dal momento della comunicazione al professionista della

volontà di recedere. La restituzione del bene costituisce, pertanto, obbli-

go che scaturisce da una manifestazione di volontà (diretta allo sciogli-

mento del vincolo) che ha già posto in essere i suoi effetti e non incide

sulla caducazione del contratto, che appunto si è già verificata. Gli ef-

fetti del recesso vengono, tuttavia, “paralizzati” dall’eccezione di manca-

ta restituzione (alias, spedizione o consegna) del bene, che il professio-

nista può far valere nei confronti del consumatore, ex art. 56, comma ter-

zo, Codice del Consumo.

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cedenti eventuali dichiarazioni di recesso trasmesse al pro-

fessionista successivamente alla data del pignoramento. Di

contro, non potranno, invece, essere assoggettati a procedu-

ra esecutiva eventuali beni che – pur non ancora restituiti

al professionista – siano stati oggetto di recesso da parte

del consumatore anteriormente alla data del pignoramento.

3. Restando sul tema degli obblighi restitutori conseguenti all’esercizio del diritto di recesso e con riguardo ai soli

contratti negoziati fuori dei locali commerciali22, un caso

particolare è quello delineato nell’ultima parte del primo

comma dell’art. 57 in commento.

Tale norma contempla l’ipotesi di vendite c.d. “porta a

porta”, disponendo che, nel caso in cui i prodotti oggetto

d’acquisto siano consegnati al domicilio del consumatore “al

momento della conclusione del contratto”, in ipotesi di re-

cesso del consumatore, il professionista sia tenuto a riti-

rare i beni a sue spese, alla condizione che i beni stessi,

per loro natura, non possano “normalmente” essere oggetto di

spedizione a mezzo posta.

La norma in esame costituisce, pertanto, una eccezione al-

la regola generale che impone al consumatore – salva diversa

volontà del professionista - di provvedere all’adempimento

dell’obbligazione restitutoria (dovendo quindi assumere, il

consumatore, il costo e l’onere di procedere alla riconsegna

del prodotto, mediante rimessa dello stesso al vettore ovve-

ro attraverso consegna diretta al professionista).

Pur potendo sussistere alcune incertezze in merito alla

casistica oggetto della fattispecie - in quanto delineata

solo nei suoi tratti essenziali - le ipotesi che certamente

dovrebbero interessare l’applicazione della norma, sono

quelle di vendita “porta a porta” di elettrodomestici di me-

dia o grande dimensione23 o comunque di prodotti significati-

vamente voluminosi24, che non si prestino, cioè, ad essere

agevolmente (ed economicamente) rispediti a mezzo degli or-

dinari servizi postali.

Un elemento di debolezza della disposizione appare rinve-

nibile – a nostro avviso - nella limitazione della fattispe-

cie alla sola ipotesi di prodotti che siano consegnati al

domicilio del consumatore in occasione della sottoscrizione

del contratto. Al fine di eludere la norma, sarà infatti

sufficiente che il professionista si riservi di consegnare

il bene al consumatore in un momento successivo a quello di

conclusione della vendita.

22 Esclusi, dunque, i contratti a distanza.

23 Si può esemplificare pensando ad un aspirapolvere o ad un impianto di

depurazione e sanificazione dell’acqua corrente ad uso alimentare. 24 Ad esempio, materassi da letto, cyclette, ecc.

OBBLIGHI DEL CONSUMATORE NEL CASO DI RECESSO ART. 57

10

4. Quale causa di scioglimento del contratto ed in quanto strumento volto a consentire ad una delle parti di “pentir-

si” del consenso prestato, il recesso estingue le obbliga-

zioni che dal negozio discendono. La ratio del ritorno allo

status quo ante comporta che la parte che si avvale del di-

ritto di recesso - per il solo fatto di averlo esercitato -

non sia tenuta a sopportare alcun costo o spesa, salvo quel-

li derivanti dall’adempimento all’obbligazione restitutoria

(avente ad oggetto il prodotto).

In virtù del dedotto carattere di gratuità del diritto di

recesso, le uniche spese che il consumatore è tenuto a so-

stenere sono, quindi, quelle occorrenti per la restituzione

dei beni resi dal professionista ed unicamente ove ciò sia

stato espressamente previsto dal contratto e debitamente co-

municato al consumatore (v. art. 57, primo comma).

Già prima dell’approvazione della Direttiva 2011/83/UE (e

della susseguente novella al Codice del Consumo, oggetto del

presente commento) sulla questione dei costi conseguenti

all’esercizio del diritto di recesso era intervenuta la Cor-

te di giustizia, la quale - nella nota sentenza “Heinrich

Heine”25 - aveva affermato che, nell’ambito dei contratti a

distanza, è contrastante con il diritto dell’Unione il man-

tenimento di una norma nazionale che permetta al professio-

nista di addebitare le spese di consegna dei beni al consu-

matore.

Anche in ossequio alla richiamata Sentenza, l’attuale di-

sciplina posta dal Codice del Consumo chiarisce che il pro-

fessionista è tenuto a restituire (non oltre 14 giorni

dall'informazione dell'avvenuto recesso) tutti i pagamenti

ricevuti, incluse le spese di consegna, a meno che il consu-

matore non abbia scelto un tipo di consegna diverso da quel-

lo meno costoso, che gli era stato offerto26.

Riassumendo, se il professionista non si è, dunque, vinco-

lato a riprendere i beni oggetto del contratto27 – ai sensi

dell’art. 57, primo comma - il consumatore dovrà inviarli o

consegnarli senza ritardo e in ogni caso, non oltre 14 gior-

ni dall'informazione dell'avvenuto recesso. Il consumatore

sarà, conseguentemente, tenuto a sostenere i costi di spedi-

25 V. Corte di Giustizia, 15 Aprile 2010, n. C511/08. La Sentenza resa

dalla Corte di Giustizia ha statuito che, ai sensi dell'articolo 6, numeri

1 e 2, della Direttiva 97/7/CE sulla protezione dei consumatori in materia

di contratti a distanza, le normative nazionali (attuative della Direttiva)

non possono consentire ai fornitori, nell’ambito di contratti conclusi a

distanza, di addebitare le spese di consegna dei beni ai consumatori, qua-

lora questi esercitino il loro diritto di recesso. 26 Cfr. art. 56, secondo comma, Codice del Consumo. In questa ipotesi i

costi supplementari non sono oggetto di rimborso. 27 Si tratta, infatti, di una volontaria scelta da parte del professio-

nista.

IACOPO PIETRO CIMINO ART. 57

11

zione o di consegna dei beni, salva l’ipotesi di omessa in-

formazione circa la spettanza di tali costi (di riconsegna)

in capo al consumatore stesso.

Per ottemperare a tale obbligo informativo sarà, peraltro,

necessaria la quantificazione espressa del costo di restitu-

zione del bene28. Oltre a ciò, per quanto concerne, inoltre,

l’ipotesi di beni che, per loro natura, non possano essere

normalmente restituiti a mezzo posta, l’obbligo di informare

il consumatore in merito al costo della restituzione potrà

essere considerato ottemperato solo qualora il professioni-

sta abbia espressamente fatto riferimento alla circostanza

che tali beni non potranno essere restituiti dal consumatore

mediante gli ordinari servizi postali. Qualora, poi, il pro-

fessionista non possa ragionevolmente calcolare in anticipo

il costo di restituzione dei beni, dovrebbe quantomeno ren-

dere una dichiarazione in cui si precisa che tale costo sarà

in carico al consumatore e che la sua entità potrebbe essere

elevata. Detta comunicazione dovrà, inoltre, essere accompa-

gnata da una stima ragionevole del costo massimo di restitu-

zione, eventualmente parametrata sulla spesa sostenuta per

la consegna al consumatore29.

Ferma restando la disciplina anzidetta – la quale prevede

che il professionista sia tenuto a rimborsare le spese di

consegna, mentre il consumatore debba sostenere il costo di

restituzione - nulla vieta che, su base consensualistica, le

parti regolino tra loro un diverso assetto “finale” dei sud-

detti costi. L’ipotesi è quella - ricorrente nella pratica

- di prevedere negozialmente che le spese sostenute per la

originaria consegna del prodotto al consumatore divengano il

corrispettivo, pagato dal consumatore al professionista

(alias, trattenuto dal rimborso del prezzo), per acquistare

il servizio di restituzione dei prodotti, messo accessoria-

mente a disposizione del consumatore dal professionista

stesso. In altri termini, l’ipotesi è quella di prevedere

negozialmente che le spese sostenute per la consegna del

prodotto al domicilio del consumatore, anziché essere “di-

rettamente” rimborsate al consumatore, su richiesta espressa

del consumatore stesso, vengano impiegate per sostenere il

costo di restituzione dei prodotti oggetto di recesso30. Vale

evidenziare che il suddetto meccanismo può operare esclusi-

vamente su base consensualistica. Sarà, pertanto, facoltà e

non già obbligo del consumatore avvalersi - per la restitu-

zione del prodotto - del servizio accessorio (di reso merce)

28 V. art. 49, primo comma, lett. e) ed i) Codice del Consumo e trenta-

seiesimo Considerando della Direttiva 2011/83/UE. 29 V. la precedente nota 28.

30 Sarà dunque il professionista a regolare il rapporto con l’eventuale

vettore incaricato del recapito dei prodotti oggetto di reso.

OBBLIGHI DEL CONSUMATORE NEL CASO DI RECESSO ART. 57

12

offerto dal professionista31.

5. Qualora il prodotto riconsegnato al professionista (in esito allo ius poenitendi) abbia subito un deterioramento ad

opera del consumatore, con la novella al Codice del Consumo

– e sulla scorta della decisione “Messner”32 – è stata intro-

dotta la regola per cui il consumatore medesimo è tenuto a

risarcire il professionista, unicamente, per l’ipotesi di

una diminuzione di valore (del bene restituito) che sia di-

pesa da una manipolazione del prodotto, diversa da quella

necessaria a stabilirne la natura, le caratteristiche o il

funzionamento33. In deroga al canone di gratuità del rimedio

offerto dallo ius poenitendi, i principi del divieto di ar-

ricchimento ingiustificato e di buona fede, legittimano in-

fatti l’imposizione di un obbligazione riparatoria in capo

al consumatore che abbia abusato del proprio diritto. Tale

regola soffre, peraltro, di un’eccezione nell’ipotesi in cui

il professionista abbia omesso di informare il consumatore

dell’esistenza del diritto di recesso34. In tal caso, infat-

ti, il depauperamento del prodotto restituito - in ragione

del mancato adempimento al suddetto obbligo di informazione

– resta comunque a carico del professionista, anche cioè nel

caso in cui sia determinato da una manipolazione del bene

31 Sarà il consumatore a dover scegliere liberamente se avvalersi del

servizio di reso merce messo a disposizione dal professionista ovvero opta-

re per altra modalità di restituzione. Per essere ritenuta autenticamente

“libera”, la scelta dovrebbe essere consentita contestualmente o successi-

vamente all’invio della comunicazione di recesso (e non prima).

32 V. Corte di Giustizia, 3 Settembre 2009, n. C-489/07. La Sentenza re-

sa dalla Corte di Giustizia ha statuito che, l’art. 6, n. 1, secondo perio-

do, e n. 2, della direttiva (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 20

maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia

di contratti a distanza, dev’essere interpretato nel senso che esso osta ad

una normativa nazionale la quale preveda in modo generico che il venditore

possa chiedere al consumatore un’indennità per l’uso di un bene acquistato

tramite un contratto a distanza nel caso in cui quest’ultimo ha esercitato

il suo diritto di recesso entro i termini. Tuttavia, questo stesso articolo

non osta a che venga imposto al consumatore il pagamento di un’indennità

per l’uso di tale bene nel caso in cui egli abbia fatto uso del detto bene

in un modo incompatibile con i principi del diritto civile, quali la buona

fede o l’arricchimento senza giusta causa, a condizione che non venga pre-

giudicato il fine della detta direttiva e, in particolare, l’efficacia e

l’effettività del diritto di recesso. L’indennità non è comunque dovuta se

il deterioramento è esclusivamente riconducibile all’esame della cosa. 33 Sotto il vigore dell’abrogato art. 67, secondo comma, Codice del Con-

sumo, la “sostanziale integrità” del bene era condizione essenziale per il

diritto di recesso; essendo, tuttavia, considerato sufficiente che il bene

fosse restituito in un normale stato di conservazione, in quanto custodito

ed eventualmente adoperato con l’ordinaria diligenza. La novella si confi-

gura, quindi, come una disposizione più favorevole per il consumatore, ri-

spetto a quella contenuta al suddetto secondo comma del previgente art. 67

del Codice del consumo, secondo il quale un utilizzo non diligente del bene

era irrimediabilmente di pregiudizio all’esercizio del diritto di recesso. 34 Secondo quanto dispone l’art. 49, primo comma, lettera h), Codice del

Consumo.

IACOPO PIETRO CIMINO ART. 57

13

eccedente le finalità valutative concesse ex lege al consu-

matore.

Questa essendo la regola, occorre anzitutto tracciare il

confine, travalicato il quale sorge in capo al consumatore

l’obbligo di riparare la diminuzione di valore del bene re-

stituito. Muovendo la nostra analisi – a contrario -

dall’individuazione dei comportamenti assentiti, si eviden-

zia che il consumatore sarà, senza dubbio, abilitato a tutte

quelle attività che siano espressione della necessità di

procedere all’esame del bene. Ciò, non implica, evidentemen-

te, solo controlli e valutazioni, per così dire “statici”

delle caratteristiche apparenti ed esteriori di quest’ultimo

ma anche la verifica delle funzionalità e qualità del pro-

dotto, che siano apprezzabili unicamente attraverso un im-

piego c.d. di prova. Tali verifiche si articolano, ovviamen-

te, in modalità diverse a seconda del tipo di prodotto. Sul

piano concreto, il consumatore dovrà, in ogni caso, poter

aprire la confezione del prodotto, rimuovere sigilli, invo-

lucri protettivi e, appunto, servirsi del bene al fine di

testarlo; fermo restando che, tale impiego, sotto il profilo

temporale e quantitativo, dovrà essere espressione esclusiva

di tale scopo35. Il ruolo della buona fede oggettiva in rela-

zione a tali attività - nel contesto di un’operazione nego-

ziale in cui il consumatore sia stato correttamente informa-

to dal professionista – comporta, quindi, un’attenuazione

dell’intensità della “condotta proprietaria” del consumato-

re, implicando, inoltre, attività di custodia e conservazio-

ne del prodotto, rispetto a fattori estrinseci al bene dai

quali possa discenderne il deterioramento36.

La distribuzione, tra le parti, del rischio di depaupera-

mento del bene che sia intercorso entro lo spazio temporale

per l’esercizio dello ius poenitendi, è frutto di una compo-

sizione di contrapposti interessi. La diminuzione di valore

della cosa acquistata grava, infatti, sul professionista

qualora il consumatore si sia limitato ad usare il bene per

saggiarne le qualità. Diversamente, essa rappresenta, inve-

ce, un rischio a carico del consumatore dal momento in cui

questi abbia proceduto ad una “manipolazione” eccedente tale

limite37. In breve, le modalità di utilizzazione del bene co-

35 Pertanto, l'unico uso ammesso dal diritto è quello strettamente lega-

to alla verifica della merce. Ad esempio, il consumatore che acquista

su Internet un paio di scarpe può indossarle per verificarne la misura, ma

non può utilizzarle e successivamente esercitare il recesso senza essere

considerato responsabile della perdita di valore.

36 V. precedente nota 18.

37 Secondo il quarantasettesimo Considerando della Direttiva 2011/83/UE:

“per stabilire la natura, le caratteristiche e il funzionamento dei beni il

consumatore dovrebbe solo manipolarli e ispezionarli nello stesso modo in

cui gli sarebbe consentito farlo in un negozio. Ad esempio, il consumatore

dovrebbe solo provare un indumento, senza poterlo indossare. Di conseguen-

OBBLIGHI DEL CONSUMATORE NEL CASO DI RECESSO ART. 57

14

stituiscono l’aspetto da determinare al fine di affermare o

meno, una responsabilità del consumatore ex art. 57, secondo

comma. Si verte, in altri termini, sull’accertamento di una

pura quaestio facti.

Al di là delle presumibili difficoltà intrinseche

nell’accertare, ex post, se il deterioramento del prodotto

sia riconducibile ad un godimento dello stesso ovvero ad un

mero impiego c.d. di prova38, la questione più spinosa posta

dalla novella del secondo comma dell’art. 57 in commento,

ruota probabilmente attorno alla tematica della quantifica-

zione della riparazione dovuta al professionista, qualora

risulti accertato un qualche abuso da parte del consumatore.

Occorre, pertanto, isolare le conseguenze negative da por-

re in capo al consumatore, il quale - travalicando il limite

costituito dalla necessità di collaudare il prodotto - abbia

utilizzato il bene allo scopo di goderne (esercitando, suc-

cessivamente, lo ius poenitendi).

Si impone, in concreto, di provvedere alla quantificazione

della diminuzione di valore del prodotto (causata dal com-

portamento illegittimo del consumatore), individuando quali

costi possano essere addebitati al consumatore e quali deb-

bano, invece, restare in carico al professionista.

A tal fine occorre premettere una osservazione di princi-

pio. Qualsiasi bene di consumo che sia stato utilizzato, in

misura anche non particolarmente incisiva, subisce un inevi-

tabile deprezzamento sul mercato. Ovviamente, sull’entità

patrimoniale di tale svalutazione incidono caratteri speci-

fici attinenti alla tipologia dei beni che, di volta in vol-

ta, vengono in considerazione39.

Al riguardo, già in termini metodologici, appare indispen-

sabile premettere una considerazione: pur essendo la manipo-

lazione del prodotto oltre i limiti dello scopo valutativo

una forma (illegittima) di godimento del bene, anche in li-

nea teorica, il costo di mercato per il godimento del bene

non costituisce, tuttavia, rappresentazione speculare del

deterioramento (eventualmente) subito dal prodotto stesso.

Focalizzando, infatti, l’attenzione sul godimento del bene

si pone erroneamente l’accento sulla condotta, in sé, del

consumatore; anziché – come dovrebbe, invece, essere – sulle

conseguenze che da quella (illegittima) condotta discendono.

za, durante il periodo di recesso il consumatore dovrebbe manipolare e

ispezionare i beni con la dovuta diligenza”. 38 In ossequio ai principi generali processual-civilistici, l’onere di

provare che il depauperamento del prodotto è stato causato da una manipola-

zione eccedente le mere finalità valutative incombe in capo al professioni-

sta, il quale potrà tuttavia valersi di presunzioni c.d. semplici

(praesumptiones hominis), rimesse, cioè, al libero apprezzamento del giudi-

ce. 39 Il discorso, in questo senso, muta se si pensa al mercato automobili-

stico, piuttosto che a quello dell’hardware informatico.

IACOPO PIETRO CIMINO ART. 57

15

Si tratta di un ragionamento, questo, da cui è possibile

trarre una considerazione immediatamente applicativa, in re-

lazione alla novella di cui si discute. Appare, infatti, do-

veroso scongiurare la tentazione di commisurare automatica-

mente ed apoditticamente la riparazione dovuta dal consuma-

tore, per l’uso del bene eccedente la finalità valutativa,

al costo ipotizzato di godimento del prodotto.

Sembra, invece, più condivisibile il criterio che mira a

legare la riparazione dovuta dal consumatore alla differenza

di margine ricavabile (per il professionista) tra il prodot-

to nuovo e quello usato. Ciò, in tutti quei casi in cui il

bene – per effetto di una manipolazione eccedente le finali-

tà valutative - non possa essere (economicamente) reinserito

nel circuito distributivo come nuovo (per l’ipotesi contra-

ria si dirà nel prosieguo del presente paragrafo). Al pro-

fessionista, in questa ipotesi, sarà consentito trattenere

dal rimborso dovuto (al consumatore) una somma equivalente a

colmare il minor margine che il professionista stesso possa

ragionevolmente incassare dalla vendita del prodotto nel

mercato dei beni usati, rispetto alla vendita del prodotto

quale nuovo40. Si potrebbe definire il metodo anzidetto come

“differenziale di margine tra prodotto nuovo e usato”.

Il rischio intrinseco ad un tale metodo è che la possibi-

lità di “addebitare” al consumatore il delta di margine (tra

prodotto nuovo ed usato) disincentivi il professionista ad

attivarsi per reinserire il bene restituito nel circuito di-

stributivo quale prodotto nuovo. Occorre, in altre parole,

evitare il rischio che il professionista ometta

l’implementazione di quei processi industriali di riconfe-

zionamento/ricondizionamento, pure possibili; che non siano,

cioè, espressione di politiche industriali anti-economiche.

Al fine di scongiurare tale pericolo, sarà, dunque, necessa-

rio imporre quale onere probatorio in capo al professionista

l’allegazione e la prova dell’anti-economicità di eventuali

processi industriali di riconfezionamento/ricondizionamento

del prodotto restituito (depauperato).

Il riferito criterio del differenziale di margine tra pro-

dotto nuovo e usato appare, tuttavia, insoddisfacente laddo-

ve il bene non sia suscettibile di reintroduzione nel merca-

to dei prodotti nuovi, neppure nell’ipotesi di utilizzo del-

lo stesso entro i ristretti limiti dello scopo valutativo41.

40 A rigore occorre nettare dalla riparazione dovuta dal consumatore an-

che l’eventuale minor costo che il professionista assume nell’ipotesi di

vendita di prodotti usati (anziché, nuovi). Il pensiero corre, principal-

mente, al minor lasso temporale (da due anni ad uno soltanto) di decorrenza

della garanzia legale di funzionamento del prodotto. 41 Al riguardo si è soliti fare l’esempio del mercato automobilistico,

in cui la mera immatricolazione del prodotto implica un sensibile calo di

OBBLIGHI DEL CONSUMATORE NEL CASO DI RECESSO ART. 57

16

In tal caso, infatti, la differenza di margine (tra nuovo e

usato) non risulta direttamente imputabile al comportamento

del consumatore; restando, anzi, quasi insensibile alla sua

condotta.

In questa ipotesi si deve sinceramente affermare che il

comportamento illegittimo del consumatore non è causativo,

in senso proprio, di un “autonomo” danno risarcibile. Tale

comportamento determina, piuttosto, il solo trasferimento in

capo al consumatore di un costo che sarebbe esistito comun-

que – almeno in larga parte - per il professionista: anche,

cioè, laddove il consumatore avesse maneggiato il bene entro

i limiti meramente valutativi imposti dalla norma.

L’alternativa, paradossale, sarebbe quella di mandare

esente il consumatore da qualsivoglia responsabilità (in

quanto il deprezzamento non sarebbe – a rigore - “risultan-

te” da suo comportamento, ex art. 57, secondo comma Codice

del Consumo) ovvero circoscrivere quanto da egli dovuto al

minor depauperamento (se individuabile) direttamente ascri-

vibile al comportamento illegittimo tenuto42; incentivando,

però, in tal modo, condotte abusive del diritto.

Ulteriore limite intrinseco al suddetto metodo è quello di

presuppore l’esistenza di un mercato dell’usato del prodotto

depauperato, da adoperarsi quale parametro di riscontro.

Ciò, tuttavia, non è sempre vero. Si pensi, ad esempio, al

segmento dei prodotti calzaturieri. L’inesistenza di un (si-

gnificativo) mercato delle scarpe usate, implica pertanto

l’inapplicabilità del metodo.

In tali ipotesi, si potrebbe ipotizzare di gravare il con-

sumatore di un importo pari alla differenza tra il prezzo

d’acquisto ed il valore stimato dei componenti grezzi, lavo-

rati o semi-lavorati del prodotto restituito, che possano

essere utilmente reimpiegati nella produzione43. Si potrebbe

pensare di denominare tale criterio quale “differenziale tra

prezzo e valore delle materie prime”.

Simmetrico al più sopra riferito criterio del differenzia-

le di margine tra prodotto nuovo e usato, è infine il metodo

che parametra il risarcimento dovuto dal consumatore al co-

sto di riconfezionamento/ricondizionamento del prodotto de-

pauperato, in tutti quei casi in cui, ciò, sia (economica-

valore del prodotto, anche qualora l’auto non sia stata affatto utilizzata

(c.d. auto “a chilometri zero”). 42 Riprendendo l’esempio del mercato automobilistico (di cui alla prece-

dente nota 41), si tratterebbe, in sostanza, di limitare quanto dovuto dal

consumatore al solo costo di sostituzione dei componenti di ricambio even-

tualmente usurati, anziché al maggior deprezzamento derivante

dall’immatricolazione stessa dell’auto. 43 Esemplificando: prezzo pari a 22 Euro, valore dei componenti reimpie-

gabili nella produzione pari a 3 Euro, importo dovuto dal consumatore ugua-

le a 19 Euro (22-3=19).

IACOPO PIETRO CIMINO ART. 57

17

mente) possibile per il professionista44 ed il prodotto re-

stituito dal consumatore possa, pertanto, essere reinserito

nel circuito distributivo come nuovo.

In questa ipotesi, il professionista sarà, pertanto, le-

gittimato a trattenere dal rimborso del prezzo pagato dal

consumatore (per l’acquisto), una somma equivalente al costo

industriale necessario per reintrodurre il bene nel circuito

distributivo dei prodotti nuovi. Si potrebbe, dunque, defi-

nire tale metodo di quantificazione del depauperamento come

“costo di rigenerazione a nuovo del prodotto”.

Resta, a questo punto, da affrontare l’ipotesi che più

d’uno dei riferiti canoni utili a determinare la svalutazio-

ne del bene siano contestualmente disponibili nel caso con-

creto. Si impone, infatti, in tale circostanza la necessità

di accordare preferenza ad un criterio piuttosto che agli

altri, pure eventualmente utilizzabili. Al fine di operare

la scelta appare, pertanto, necessario stabilire un ordine

gerarchico tra i suddetti criteri.

In quest’ottica, quale criterio primario di determinazione

del dovuto dovrebbe essere indicato quello che abbiamo defi-

nito come metodo di quantificazione del costo di rigenera-

zione a nuovo del prodotto.

Il suddetto metodo è, infatti, quello che meglio realizza

il ripristino dell'assetto patrimoniale antecedente la sti-

pula del contratto, poiché il costo quantificato consente di

riportare il prodotto restituito allo stato antecedente la

consegna al consumatore. La ratio del ritorno allo status

quo ante (il contratto) implica, pertanto, che il metodo di

quantificazione da preferirsi sia proprio quello che quanti-

fica quanto dovuto dal consumatore in relazione al costo ne-

cessario per reintrodurre il bene nel circuito distributivo

dei prodotti nuovi.

Gerarchicamente subordinato al suddetto canone sta il me-

todo indicato come differenziale di margine tra prodotto

nuovo e usato. Pur allontanandosi dall’ottica di un ritorno

allo status quo, il metodo in esame appare, infatti, prefe-

ribile rispetto a quello che abbiamo qualificato differen-

ziale tra prezzo e valore delle materie prime. Mentre, in-

fatti, nella prima ipotesi il costo quantificato implica il

reinserimento del prodotto restituito, quanto meno, nel mer-

cato dei beni usati (e dunque, suppone il ricollocamento del

bene per la vendita, sia pure in un mercato diverso); nella

ipotesi residuale (differenziale tra prezzo e valore delle

materie prime) ci si allontana vieppiù dall’ottica anzidetta

di un ritorno allo stato antecedente alla stipulazione del

44 Ovvero, in alternativa, nel caso in cui il professionista non abbia

raggiunta la prova dell’anti-economicità dei processi industriali all’uopo

necessari.

OBBLIGHI DEL CONSUMATORE NEL CASO DI RECESSO ART. 57

18

contratto. In questa ipotesi, infatti, l’utilità residua at-

tribuita al prodotto restituito – presa a base per determi-

nare quanto dovuto dal consumatore – è del tutto avulsa

dall’ottica di un reimpiego del bene per la vendita.

6. Si è già detto che in conseguenza del recesso esercitato occorre procedere ad un ritorno allo status quo ante rispet-

to al momento di stipulazione del contratto. Tale principio

impone, pertanto, al consumatore di restituire il bene rice-

vuto in esecuzione del contratto. L'effetto retroattivo che

consegue all'esercizio dei rimedi estintivi svolge la fun-

zione di rimuovere alla radice il contratto ma non è - di

per sé - idoneo a governare la restituzione delle prestazio-

ni (eventualmente) eseguite e non ripetibili.

Il terzo e quarto comma, dell’art. 57 in commento, disci-

plinano proprio il regime delle restituzioni (e dei relativi

costi) in relazione a fattispecie in cui una restituzione in

natura del bene si mostra inesigibile45. In particolare, le

fattispecie soggette alla disciplina speciale in commento

sono elencate nella norma medesima e segnatamente riguarda-

no: a) contratti per la prestazione di servizi; b) alcuni

contratti aventi ad oggetto utilities (in dettaglio, forni-

tura di acqua, gas, corrente elettrica o teleriscaldamento)

purché non offerte in una limitata quantità o in un volume

determinato46; c) contratti concernenti contenuti digitali

erogati mediante download da Internet (alias, commercializ-

zati a distanza in assenza di “supporto materiale”).

Con riguardo ai contratti per la prestazione di servizi e

a quelli aventi ad oggetto utilities (sub a e b), il terzo

comma dell’art. 57 in commento, prevede che qualora il con-

sumatore abbia espressamente chiesto che la prestazione del

professionista iniziasse già in pendenza del periodo di re-

cesso47, avendo il consumatore goduto, sia pure solo in par-

45 Il presupposto implicito della norma è, infatti, che il bene ricevuto

dal consumatore in esecuzione del contratto, non possa essere – agevolmente

- restituito in natura. Le disposizioni sul contratto in generale non con-

templano una disciplina organica degli effetti restitutori conseguenti

all'operare di rimedi contrattuali. Constatata la mancanza di altri dati

positivi, gli interpreti hanno valorizzato l'art. 1463 c.c., unica disposi-

zione apparentemente inequivoca e per tramite del rinvio ivi contenuto,

hanno individuato nel pagamento dell'indebito l'istituto su cui modellare

il regime delle obbligazioni restitutorie conseguenti all'intervento di ri-

medi contrattuali. 46 Si può fare l’esempio della vendita di acqua imbottigliata o comun-

que, in quantità definita ovvero della vendita di gas combustibile in bom-

bole. 47 Nella diversa ipotesi in cui il consumatore non abbia espressamente

richiesto che la prestazione del professionista iniziasse prima del decorso

del termine per esercitare lo ius poenitendi, non si avrà, infatti, luogo

alla necessità di procedere ad alcuna restituzione.

IACOPO PIETRO CIMINO ART. 57

19

te48, dell’utilità e/o del bene oggetto del rapporto, sia te-

nuto ad una restituzione “per equivalente”49. Il consumatore

è, infatti, tenuto a versare al professionista un importo

proporzionale alla prestazione effettivamente ricevuta50 fino

al momento in cui il consumatore stesso abbia informato il

professionista della propria volontà di recedere dal con-

tratto. Il medesimo terzo comma dell’art. 57 in commento

precisa, inoltre, che l’importo proporzionale dovuto al pro-

fessionista è calcolato sulla base del prezzo totale concor-

dato nel contratto. Più in particolare, s’impone al consuma-

tore, il quale abbia esercitato lo ius poenitendi (dopo aver

chiesto esplicitamente d’intraprendere l’adempimento della

prestazione in pendenza del termine di recesso) di effettua-

re un versamento pro rata del corrispettivo pattuito.

Al riguardo occorre precisare che le eventuali disposizio-

ni contrattuali volte a regolare detta ipotesi (alias, la

quantificazione del pro rata) devono unicamente avere natura

di clausole restitutorie c.d. pure51. L'autonomia privata

delle parti può, infatti, avere ad oggetto le sole modalità

di reversione della prestazione scambiata. Si dovrà tratta-

re, in altri termini, di mere clausole sulla conversione in

moneta delle prestazioni non restituibili in natura. La re-

gola convenzionale eventualmente dettata nel contratto po-

trà, pertanto, reputarsi legittima nel limite in cui non sia

di ostacolo alla funzione di ripristino dell'assetto econo-

mico antecedente la stipula del contratto, propria delle ob-

bligazioni restitutorie susseguenti ex lege all’esercizio

dello ius poenitendi.

Ove, per converso, tali clausole mettano in campo valori

diversi da quelli affermati (e dunque protetti) nel sinal-

lagma, le stesse risulteranno esposte al meccanismo legale

di correzione allestito al terzo comma dell’art. 57 in com-

mento. Nell’ipotesi in cui l’importo pro rata del corrispet-

48 Qualora, infatti, la prestazione di servizi fosse completamente esau-

rita, il consumatore – ricorrendo i presupposti di cui all’art. 59 lett. a)

Codice del Consumo - avrebbe perduto la possibilità di esercitare il dirit-

to di recesso. 49 La reintegrazione e/o restituzione per equivalente rappresenta, in-

fatti, un sostitutivo legale della reintegrazione del patrimonio del credi-

tore in forma specifica, nell’ipotesi in cui, la restituzione dell’eadem

res debita sia impossibile o comunque non confacente in relazione alla cau-

sa negoziale. 50 Rispetto a tutte le prestazioni previste dal contratto.

51 Queste si distinguono dalle clausole c.d. indirettamente restituto-

rie, in cui la deviazione dell’effetto restitutorio dipende da una modifica

pattizia dei parametri che si collocano a monte dell'effetto restitutorio.

È il caso delle c.d. clausole di irresolubilità e dei c.d. patti di irre-

troattività, dove la restituzione assume una veste “punitiva” più che com-

pensativa.

OBBLIGHI DEL CONSUMATORE NEL CASO DI RECESSO ART. 57

20

tivo dovesse risultare “eccessivo”52, potrà, infatti, essere

ricalcolato (rectius, rideterminato) dall’autorità giudizia-

ria, sulla base del valore di mercato53 di quanto è stato

fornito. Sotto tale aspetto, appare degno di nota evidenzia-

re che non si tratta - come prima facie potrebbe apparire -

di garantire la congruità economica dello scambio, ossia

l’equità del corrispettivo (tant’è che lo stesso non è su-

scettibile di riduzione in caso di mancato esercizio dello

ius poenitendi). Si tratta, piuttosto, di evitare che una

quota eccessiva di prezzo, assunta a base di calcolo del va-

lore della prestazione parzialmente resa, realizzi, indiret-

tamente, una penalità “occulta” a carico del consumatore,

per l’esercitato recesso.

Il successivo quarto comma, lett. a) dell’art. 57 in com-

mento, uscendo, invece, dall’ottica compensativa delle pre-

stazioni negoziali ricevute dal consumatore, costituisce

norma di carattere sanzionatorio a carico del professionista

che non abbia ottemperato agli obblighi, non solo di infor-

mazione54, connessi alla stipulazione del contratto (col con-

sumatore). La disposizione in questione libera, infatti, il

consumatore dall’obbligazione di pagare il valore della pre-

stazioni ricevuta durante il termine di recesso, ricorrendo

una delle seguenti ipotesi: a) il consumatore non abbia pre-

viamente formulato un’esplicita richiesta di ricevere la

prestazione del professionista in pendenza del termine (ri-

chiesta questa che, limitatamente ai contratti negoziati

fuori dei locali commerciali, deve essere effettuata su

“supporto durevole”55); ovvero b) qualora il professionista

abbia omesso di informare il consumatore della sussistenza

del diritto di recesso (ivi comprese le condizioni, i termi-

ni e le procedure per esercitarlo); oppure c) del fatto che,

esercitando il recesso, il consumatore avrebbe dovuto versa-

re al professionista un importo proporzionale a quanto rice-

vuto, da calcolarsi sulla base del prezzo totale concordato

nel contratto.

Giova - da ultimo - precisare che il lemma “costo”, conte-

52 L’onere di dimostrare che il prezzo è eccessivo ricade sul consumato-

re. 53 Per quanto concerne l’individuazione del valore di mercato, ai sensi

del cinquantesimo Considerando della Direttiva 2011/83/UE occorre prendere

a riferimento il prezzo di un servizio equivalente prestato da altri pro-

fessionisti alla data di conclusione del contratto. 54 Il professionista è, infatti, tenuto a documentare la richiesta

espressa ricevuta dal consumatore ad iniziare l’esecuzione della (propria)

prestazione prima del decorso del termine di pendenza dello ius poenitendi. 55 V. art. 50, terzo comma, Codice del Consumo. Per i contratti a di-

stanza non è, invece, richiesta alcuna formalità, essendo sufficiente che

il consumatore “ne faccia richiesta esplicita” (v. art. 51, ottavo comma,

Codice del Consumo). Al professionista incombe comunque l’onere di provare

la richiesta del consumatore (v. precedente nota 41).

IACOPO PIETRO CIMINO ART. 57

21

nuto nell’inciso iniziale del quarto comma, equivale tout-

court al “valore” della prestazione eseguita, da restituirsi

per equivalente monetario.

7. L'espressa equiparazione dei contenuti digitali56 ai beni di consumo è stato un approdo della Direttiva 2011/83/UE (ed

a cascata, della novella al Codice del Consumo oggetto di

commento). La novella normativa non si spinge, tuttavia, ad

una generale estensione della disciplina gius-consumeristica

ai prodotti digitali ma si limita, invece, a rendere appli-

cabili alcune disposizioni di tale disciplina anche allo

scambio dei suddetti contenuti digitali. Si tratta, quindi,

di un'equiparazione parziale, mirante soprattutto a coordi-

nare (e conciliare) il commercio elettronico di contenuti

digitali con lo ius poenitendi riconosciuto al consumatore57.

In linea di principio, nell’ipotesi di contratti per il

trasferimento di contenuti digitali non forniti “su un sup-

porto materiale” (e dunque, per i casi in cui il contenuto

digitale venga trasferito o messo a disposizione on line)58,

il consumatore dispone del consueto termine di quattordici

giorni per l’esercizio del diritto di recesso. Termine que-

sto che decorre, però, dal giorno della conclusione del con-

tratto59. Giova, tuttavia, evidenziare che il diritto di re-

cesso nell’ipotesi di commercializzazione di contenuti digi-

tali si atteggia in maniera differente rispetto alla vendita

di manufatti o alla prestazione di servizi. Mentre, invero,

in tali ultime fattispecie, la ratio dello ius poenitendi è

quella di consentire al consumatore di potersi sottrarre dal

contratto una volta che abbia appurato la natura, le carat-

teristiche ed il funzionamento dei beni ovvero abbia potuto

sperimentare l’efficienza del servizio erogato dal profes-

sionista, in relazione alla fornitura di contenuti digitali

la finalità del recesso appare ben più limitata. Essendo,

infatti, preclusa al consumatore la possibilità di accedere

(in pendenza del termine per il recesso), anche solo par-

56 Cioè, i dati prodotti e forniti in formato digitale, quali programmi

informatici, applicazioni, videogiochi, musica, video o testi, indipenden-

temente dal fatto che l’accesso a tali dati avvenga tramite download,

streaming, supporto materiale o tramite qualsiasi altro mezzo. 57 La scelta del legislatore europeo di disciplinare espressamente i

contenuti digitali nel contesto della revisione dell’acquis comunitario del

consumatore, dimostra la sensibilità dell'Unione verso la necessaria modu-

lazione delle regole tradizionali ai nuovi prodotti del mercato e della

tecnologia.

58 Si tratta del c.d. commercio elettronico “diretto”, in cui non solo

la stipula del contratto ma anche l’esecuzione della prestazione del pro-

fessionista avviene mediante Internet. 59 Diversamente nell’ipotesi di c.d. commercio elettronico “indiretto” e

cioè, di vendita di una res, il termine decorre dalla data di consegna al

consumatore.

OBBLIGHI DEL CONSUMATORE NEL CASO DI RECESSO ART. 57

22

zialmente60, al contenuto digitale al fine di valutarlo, og-

getto di ripensamento potrà unicamente essere la determina-

zione - in sé - di procurarsi (o meno) detto contenuto digi-

tale, oggetto del contratto61.

La scelta di escludere il consumatore da qualsiasi accesso

al contenuto digitale entro lo spatium deliberandi dei 14

giorni (negando, per l’ipotesi contraria, la possibilità di

esercitare lo ius poenitendi) è, peraltro, dettata dalla ra-

gionevole necessità di scongiurare il rischio di un eventua-

le abuso (del diritto) da parte del consumatore medesimo. In

caso contrario, il consumatore potrebbe, infatti, richiedere

il trasferimento di contenuti digitali “in prova” e dopo

averli interamente goduti62 o addirittura memorizzati

63, di-

chiarare il proprio recesso dal contratto.

Proprio al fine di scongiurare tale eventualità, il quarto

comma, lett. b) dell’art. 57 in commento - letto a contra-

rio64 - prevede, dunque, che il consumatore non possa più di-

sporre dello ius poenitendi ricorrendo determinati presuppo-

sti. In particolare occorre che l’esecuzione del contratto:

(i) sia iniziata con l’accordo espresso del consumatore me-

desimo (alias, il consumatore abbia espressamente richiesto

l’accesso al contenuto digitale) e con la sua accettazione

del fatto che avrebbe perduto – così accedendo al file - il

diritto di recedere dal contratto ed alla ulteriore condi-

zione (ii) che il professionista abbia fornito conferma del

contratto su supporto durevole nei modi prescritti.

In presenza della prevista informativa (sul diritto di re-

cedere) e qualora sussista il consenso del consumatore a che

i contenuti digitali vengano erogati on line subito dopo la

conclusione del contratto e previa conferma d’ordine su sup-

porto durevole, il diritto di recesso legislativamente pre-

visto può, pertanto, essere pattiziamente escluso (rectius,

60 Come, invece, possibile per la prestazione di servizi o per i con-

tratti aventi ad oggetto fornitura di acqua, gas, corrente elettrica o te-

leriscaldamento, v. § 6. che precede. 61 Giova, comunque, evidenziare che nella prassi, al di fuori della sti-

pulazione del contratto a distanza, i fornitori di contenuti digitali on

line sono soliti consentire l’accesso gratuito ad un abstract del prodotto

offerto, in modo tale da consentire al consumatore di apprezzarne le carat-

teristiche (così, ad esempio, per gli e-book). 62 Si pensi, ad esempio, alla visione di un’opera cinematografica.

63 Così, ad esempio, in relazione ad un videogioco.

64 La norma dispone che il consumatore non è tenuto a sostenere alcun

costo anche per la fornitura, in tutto o in parte, del contenuto digitale

che non è fornito su un supporto materiale quando: non ha dato il suo pre-

vio consenso espresso sull’inizio della prestazione prima della fine del

periodo di quattordici giorni previsti per l’esercizio del diritto di re-

cesso; quando il consumatore non ha accettato espressamente la perdita del

diritto di recesso nel momento in cui ha espresso il suo consenso oppure

quando il professionista ha omesso di fornire la conferma del contratto su

supporto cartaceo o su altro mezzo durevole nei modi prescritti.

IACOPO PIETRO CIMINO ART. 57

23

derogato).

Siffatta possibilità, assegnata all’autonomia negoziale

delle parti, di derogare all’attribuzione del diritto di re-

cesso in relazione al trasferimento on line di contenuti di-

gitali, consente al professionista di procedere ad una imme-

diata erogazione degli stessi (cosa che del resto accade

nella prassi) e rende, pertanto, possibile per il consumato-

re realizzare un acquisto - per così dire - “contestuale”

alla stipula del contratto a distanza.

Nella prassi, dunque, qualora il professionista intenda

incentivare il consumatore a rinunciare al proprio diritto

di recedere – in analogia al criterio della c.d. button so-

lution, di cui all’art. 51, secondo comma, Codice del Consu-

mo – potrà semplicemente limitarsi a predisporre, sul pro-

prio sito web, uno specifico campo compilabile (c.d.

webform) in cui sia messa a disposizione del consumatore

un’adeguata informativa sull’esclusione del diritto di re-

cesso. Sarà – a questo punto – sufficiente che detto campo

compilabile venga debitamente “cliccato” dal consumatore65 il

quale intenda prestare il proprio consenso ad una immediata

esecuzione del contratto ed alla contestuale abdicazione al

proprio diritto di recesso66.

Fermo restando che quella di derogare allo ius poenitendi

costituisce ex lege una mera facoltà concessa alle parti,

nella pratica, appare assai arduo evocare l’immagine di un

consumatore, il quale, pur potendo optare per l’immediato

godimento del contenuto digitale appena acquistato sulla Re-

te, prima di accedervi scelga liberamente di attendere ben

quattordici giorni. Una tale immagine appare vieppiù invero-

simile sol che si consideri che l’attesa (di 14 giorni)

avrebbe il solo ed unico fine di consentire al consumatore

di sottrarsi dal contratto a distanza, senza possibilità al-

cuna di valutare – medio tempore e sia pure in “prova”- il

bene acquistato67 (cioè, il contenuto digitale).

Relativamente ai contratti aventi ad oggetto contenuti di-

gitali trasferiti mediante download, il (derogabile) diritto

di recesso attribuito al consumatore sembra, pertanto, do-

65 L’atto di selezionare la casella on line deve essere rimesso al con-

sumatore. Secondo quanto rilevato, tra gli altri, dall’Autorità garante

della concorrenza e del mercato è, infatti, ingannevole la pratica di impu-

tare al consumatore dichiarazioni di scienza o di volontà mediante una ca-

sella, precostituita automaticamente, da spuntare in caso di rifiuto (c.d.

opt out). Ogni sistema di preselezione automatica, a giudizio dell'Autori-

tà, finisce, infatti, per ingenerare nel consumatore il dubbio sulla obbli-

gatorietà o facoltatività della richiesta di consenso (v. ad esempio, AGCM,

Provvedimento n. 24760 in Bollettino n. 6/2014, del 10 febbraio 2014). 66 Fermo restando l’ulteriore adempimento, a carico del professionista,

relativo all’invio al consumatore della conferma del contratto su supporto

durevole (alias, anche mediante una e-mail). 67 Come, invece, avviene per i manufatti.

OBBLIGHI DEL CONSUMATORE NEL CASO DI RECESSO ART. 57

24

versi relegare sul piano di un rinnovato formalismo nego-

ziale68, piuttosto che su quello di una apprestata tutela

sostanziale.

Fermo tale rilievo, qualora, tuttavia, non vengano ri-

spettati i riferiti presupposti di legge (alias, requisiti

formali) per derogare validamente allo ius poenitendi, il

quarto comma dell’art. 57 in commento – con norma, questa

sì, di protezione - esonera del tutto il consumatore dal pa-

gamento del “costo” della prestazione ricevuta.

Vale evidenziare al riguardo che, in questa ipotesi, la

locuzione “costo” designa tout-court il corrispettivo stesso

pagato per l’acquisto del contenuto digitale. Alla luce di

tale rilievo, il professionista sarà, pertanto, tenuto a

rimborsare il consumatore dell’intero prezzo pagato, nei me-

desimi modi e termini previsti per l’ipotesi di esercizio

dello ius poenitendi.

8. Tipica norma di chiusura è, infine, quella contenuta al quinto comma dell’art. 57 in commento, secondo la quale,

salvo gli specifici casi ivi descritti, l’esercizio del di-

ritto di recesso non comporta responsabilità alcuna per il

consumatore. Rimangono, tuttavia, a carico del consumatore –

per l’espressa previsione di legge - i costi supplementari

sostenuti nel caso in cui, il consumatore stesso, abbia

scelto espressamente un tipo di consegna diverso dal tipo

meno costoso offerto dal professionista.

La disposizione in esame mira, pertanto, unicamente a ri-

badire i principi generali della discrezionalità e gratuità

dello ius poenitendi.

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clusione del contratto. In quest’ottica, innegabilmente la produzione nor-

mativa europea di quest'ultima stagione, divisa tra informative da conse-

gnarsi in tempo utile prima della stipula e solenni conferme o copie del

contratto, è tutta punteggiata di procedimenti, rigorosamente tipizzati, di

emissione di singole dichiarazioni o informative e pertanto, accede abbon-

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