Nuovi dati per una rilettura della cultura vbq in Emilia occidentale

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Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria Rivista di Scienze Preistoriche fondata da Paolo Graziosi LXII - 2012 - Firenze

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Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria

Rivista di ScienzePreistoriche

fondata da Paolo Graziosi

LXII - 2012 - Firenze

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Associatoall’Unione Stampa

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MEMORIE

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IntroduzIone

Le indagini condotte soprattutto negli ultimi 15 anni nelle province di Parma e Piacenza hanno portato alla luce numerose testimonianze relative alla gente dei vasi a bocca quadrata, che indicano una frequentazione capillare del territorio e rico-

prono tutto l’arco cronologico noto per la cultura (tabella 1). In questa sede si intende presentare la sintesi di un lavoro analitico (Mazzieri 2011)1 che ha preso in esame tutti i siti inediti o parzialmente editi, alcuni dei quali (Ponte Ghiara, Benefizio, Pontetaro e Parma via Guidorossi)2 hanno re-stituito un’ingente quantità di dati sia di cultura

Rivista di Scienze Preistoriche - LXII - 2012, 83-120

Paola MazzIerI(1)

Nuovi dati per una rilettura della cultura vbqin Emilia occidentale

AbStRAct - Surveys conducted over the past 15 years in the districts of Parma and Piacenza have revealed substantial claims about the population during the Middle Neolithic, sometimes allowing the exploration of sites of vast extent. the analysis of the considerable amount of new acquisition data, permitted to formulate a framework partially new compared to the one offered in the 90s of last century. Here it will be presented a summary of an analytical work conducted over all the sites in this area. the study involved the analysis of totally unpublished settlements such as Benefizio, Via Guidorossi and Pontetaro which returned a significant amount of data concerning material culture, structural evidences and burials. beside these, an analysis of unpublished or partially published sites with a review of Ponte Ghiara materials is added. the detailed study of the different complexes mentioned above allowed to better articulate the diachronic development of the SMP culture in the concerned area. The first evidences come from the Trebbia valley settlements which seem to show that SMP culture and first Neolithic padan groups are partially contemporaneous. The site of Ponte Ghiara reveals strong Fiorano and Vhò components within the ergologic system of the early SMP culture. At this time the SMP culture appears, however, already formed in the distinctive characters, that are largely unchanged even in the later stages. the “geometric-linear style, as known in Literature, is nowadays well documented in western Emilia. It can match several sites which show a high degree of standardization of the industries at the larger scale of entire northern Italy. “Meander-spiral style” sites, also well documented, illu-strate the introduction of symbolic elements that bring back to Peninsular or trans-Adriatic cultures in pottery productions or in exotic raw materials circulation. Furthermore, some of second style settlements point out the issue of the contacts with the “western” cultures.

Parole chiave: Neolitico medio, cultura vbq, Emilia occidentale, produzioni materiali, sviluppo diacronico.Key words: Middle Neolithic, SMP culture, western Emilia, material productions, diachronic development.

(1) collaboratrice Soprintendenza per i beni Archeologi-ci dell’Emilia Romagna, Museo Archeologico Nazionale di Parma, Palazzo Pilotta 1, e-mail:[email protected].

1 Oggetto della tesi di dottorato recentemente discussa presso l’Università degli Studi di Pisa.2 Gli altri siti presi in esame sono: collecchio, Felino, Basilicanova, Marano, Gaione (Cinghio e La Perla), Vico-fertile, Le Mose, travo-S. Andrea.

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Sito Laboratorio Materiale Date n.c. Cal 1 σ Cal 2 σ Bibliografia

Travo Casa Gazza I-13799 Carbone 5830 ± 210 BP 4950-4450 BC

5300-4200 BC

Bernabò Brea et alii 1986

Travo, Cassa di Risparmio

I-12.585 Carbone 6580±150 BP 5640-5370 BC

5800-5200 BC

Inedita

Travo, Cassa di Risparmio

I-12769 Carbone 6310 ± 105 BP 5470-5080 BC

5480-5020 BC

Bagolini, Biagi 1990

Travo, S. Andrea US 348

Hd-23010 Carbone 6011 ± 26 BP 4954-4845 BC

4990-4830 BC

Bernabò Brea et alii 1998-99

La Razza di Campegine (RE) US 283

GX-29087-AMS

Carbone 5940±40 BP 4900-4730 BC

4940-4720 BC

Bernabò Brea et alii 2008

Piacenza Le Mose T.28

LTL1353A Osso umano 5900±45 BP 4830-4710 BC

4910-4680 BC

Bernabò Brea et alii 2010

Piacenza Le Mose US 1108

Hd-25827 Carbone 5885±26 BP 4785-4720 BC

4828-4706 BC

Maffi, Frasca cds

Ponte Ghiara, T.5 LTL-4572A Osso umano 5842±40 BP 4790-4620 BC

4800-4580 BC

Dal Santo, Mazzieri 2010

Piacenza Le Mose US 1108

Hd-26275 Carbone 5821±46 BP 4770-4600 BC

4784-4552 BC

Maffi, Frasca cds

Piacenza Le Mose T. 24

LTL1351A Osso umano 5766±50 BP 4690-4550 BC

4730-4490 BC

Bernabò Brea et alii 2010

Piacenza Le Mose T.1

LTL1528A Osso umano 5658±75 BP 4590-4360 BC

4690-4350 BC

Bernabò Brea et alii 2010

Vicofertile(Pr) T 2 LTL4571A Osso umano 5740±45 BP 4690-4530 BC

4705-4485 BC

Bernabò Brea et alii 2010

Collecchio T.5 LTL5041A Osso umano 5685±45 BP 4590-4450 BC

4690-4400 BC

Bernabò Brea et alii 2010

Pontetaro T.2 LTL 5040A Osso umano 5656±45 BP 4545-4445 BC

4600-4340 BC

Bernabò Brea et alii 2010

Gaione Perla (PR) US7 Hd-25829 Carbone 5656±30 BP 4520-4455

BC 4549-4374 BC

Inedita

Vicofertile T.2 LTL5042A Osso umano 5630±50 BP 4520-4370 BC

4560-4350 BC

Bernabò Brea et alii 2010

Pontetaro T.1 LTL5039A Osso umano 5603±50 BP 4465-4360 BC

4600-4340 BC

Bernabò Brea et alii 2010

Piacenza Le Mose T.37 LTL1531A Osso umano 5594±50 BP 4460-4360

BC 4520-4340 BC

Bernabò Brea et alii 2010

Parma-via Guidorossi T.24 LTL5035B Osso umano 5544±60 BP 4330-4235

BC 4510-4310 BC

Bernabò Brea et alii 2010

Piacenza Le Mose T. 5 LTL1348A Osso umano 5543±55 BP 4450-4340

BC 4500-4320 BC

Bernabò Brea et alii 2010

La Razza (RE) 1968-‘72 Birm 829 Carbone 5530±150 BP 4550-4170

BC 4540-4300 BC

Cazzella et alii 1976

Parma-via Guidorossi T.28 LTL4573A Osso umano 5520±45 BP 4450-4340

BC 4460-4320 BC

Bernabò Brea et alii 2010

Parma-via Guidorossi T.29 LTL4570A Osso umano 5488±45 BP 4450-4330

BC 4450-4255 BC

Bernabò Brea et alii 2010

Piacenza Le Mose T. 12 LTL1349A Osso umano 5447±60 BP 4350-4240

BC 4450-4220 BC

Bernabò Brea et alii 2010

Piacenza Le Mose T.36 LTL1530A Osso umano 5419±55 BP 4340-4230

BC 4360-4220 BC

Bernabò Brea et alii 2010

Benefizio T.5 LTL5036A Osso umano 5407±45 BP 4335-4320 BC

4350-4060 BC

Bernabò Brea et alii 2010

Vicofertile (Pr) T 3 LTL4569A Osso umano 5357±50 BP 4320-4070 BC

4275-4050 BC

Bernabò Brea et alii 2010

Tabella 1 - datazioni disponibili per i siti vbq dell’Emilia occidentale (calibrazioni effettuate tramite OxCal 3.10).Western Emilia SMP settlements C14 dates (calibration by OxCal 3.10).

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materiale che strutturali e sepolcrali (Bernabò brea et alii 2010). La corposa mole di dati di nuova acquisizione, ai quali si è aggiunta la ri-lettura di quelli già noti, ha permesso non solo di ricostruire il popolamento del territorio, ma an-che, più in generale, di formulare un quadro dello sviluppo diacronico della cultura più articolato rispetto a quello offerto negli anni ’90 del secolo scorso. È quest’ultimo il tema del presente lavoro.

Le più antiche attestazioni provengono dai siti della Val Trebbia di Case Gazza e Cassa di Risparmio che rivelano l’interazione tra i gruppi di primo Neolitico padano e il vbq.

A questi siti seguono le evidenze offerte dal sito di Ponte Ghiara, che rappresenta un momen-to in cui accanto a rielaborazioni di elementi di primo Neolitico, la cultura vbq appare già forma-ta nei caratteri distintivi che rimarranno in gran parte immutati anche nelle fasi successive. Lo “stile geometrico lineare” è ora ben documentato in Emilia occidentale; a questo momento si pos-sono far corrispondere i siti di Le Mose (alme-no per alcune strutture), Benefizio, parzialmente quello di Pontetaro, collecchio-via Giardinetto e le poche testimonianze offerte dai ritrovamenti di Marano e di basilicanova. I siti di “stile me-

Fig. 1 - Posizionamento dei siti vbq dell’Emilia occidentale. In bianco siti di I stile; in grigio siti di I e II stile; in nero siti di II stile. 1) Travo (Cassa di Risparmio e S. Andrea); 2) Le Mose; 3) Ponte Ghiara; 4) Pontetaro; 5) Vicofertile; 6) Benefizio-via Guidorossi; 7) Gaione; 8) collecchio; 9) Felino; 10) Marano; 11) basilicanova.Distribution of western Emilia SMP settlements. White squares: phase I sites; Grey squares: phase I and II sites; Black squares: phase II sites. 1) Travo (Cassa di Risparmio and S. Andrea); 2) Le Mose; 3) Ponte Ghiara; 4)Pontetaro; 5) Vicofer-tile; 6) Benefizio-via Guidorossi; 7) Gaione; 8) Collecchio; 9) Felino; 10) Marano; 11) Basilicanova.

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andro-spiralico” sono rappresentati da via Gui-dorossi, Pontetaro, Vicofertile, Gaione (Cascina-catena e La Perla).

1. I sItI dI casa Gazza e cassa dI rIsParMIo

Nel sito di Neolitico antico-facies del Vhò di Casa Gazza a Travo (Bernabò Brea 2004), si riconoscono alcuni frammenti vbq che appaiono chiaramente come elementi “intrusivi”. I pochi pezzi mostrano decorazioni a graffito (motivo a scaletta3 e filo spinato) presenti e ben caratteriz-zanti anche in siti cronologicamente più avanzati (fig. 2.2-5). Stilisticamente più composito è un fiaschetto graffito in ceramica fine che appartie-ne al vbq per tecnologia e sintassi decorativa (fig. 2.1)4. Il 70% degli elementi ceramici diagnostici del sito è costituito dalle forme più tipiche del Vhò (vasi profondi monoansati su basso piede cavo, scodelle troncoconiche, vasi a fiasco con corpo globulare a collo alto e stretto). Un ristret-to numero di reperti rivela influenze o contatti con altri aspetti culturali; un vaso impresso a un-ghiate, un fiasco a corpo ovoidale con cordone orizzontale che ricorda le ceramiche Impresse liguri, una tazza Fiorano, alcune tazze tipo “ce-ramica a linee incise” un fiaschetto a corpo glo-bulare con anse a listello e decorazione graffita a cerchi concentrici che nella forma ricorda ma-teriali adriatici, vasi a fiasco con piccole ansette forate all’altezza dell’orlo che richiamano mo-delli peninsulari anche se realizzate con impasto fine anziché in ceramica figulina. Una peculiare valenza anche cronologica sembrano infine avere due vasetti a pipa del tipo noto nel vbq ligure.

I non abbondanti reperti rinvenuti nel sito di cassa di Risparmio rivelano una forte com-mistione di elementi vbq e di primo Neolitico padano (Bernabò Brea et alii 1986), sia di am-biente Fiorano che di ambiente Vhò, riconosci-bili a livello tanto formale e decorativo quanto tecnologico. La produzione fine è realizzata sia con impasti vbq che con impasti tipo Fiorano mentre alcuni tipi vascolari e alcune decorazio-ni riecheggiano produzioni di Primo Neolitico,

3 Anche in alcuni siti del Vhò di Piadena compare spora-dicamente questo motivo (bagolini, biagi 1975).4 Un parziale confronto proviene dallo strato 23 delle Arene Candide (Maggi, Starnini 1997: fig. 19.2).

sia di ambiente Fiorano che di ambiente Vhò. Si notano inoltre elementi di ambigua attribuzione, come una tazza carenata in impasto fine tipo vbq leggibile o come una rielaborazione di modelli Fiorano (analoga a quelle ritrovate in contesti vbq della Liguria, spesso inornate: bagolini, biagi 1973) o come riedizione di un tipo della ceramica a Linee Incise, a cui si accosta special-mente per il profilo della vasca (fig. 2.10)5.

Un’altra componente di tradizione primo-neolitica appare nella presenza di vari elementi plastici come i cordoni poco rilevati a punti im-pressi rintracciabili sia in produzioni Fiorano che in quelle della facies della Pianaccia e del Vhò.

L’industria litica, per certi versi, sembra confrontabile con quella del vicino sito di casa Gazza sia per la buona percentuale di produzio-ne lamellare che per la scelta dei litotipi, tra cui si nota un consistente impiego di materie prime di reperibilità locale. La presenza di una lama di ossidiana di provenienza liparota rimanda al mondo delle tarde ceramiche impresse piuttosto che ai complessi di Primo Neolitico padano6.

Il sito di cassa di Risparmio mostra quindi l’interazione tra diverse compagini culturali, che si configura come una rielaborazione di elementi tipici di Fiorano e del Vhò, a cui si affiancano elementi tipicamente vbq a livello sia tecnologico che formale.

I due siti di casa Gazza e di cassa di Ri-sparmio aprono una problematica complessa, e di non facile soluzione allo stato attuale delle conoscenze, riguardo la coesistenza e una pos-sibile interazione tra gruppi di primo Neolitico

5 L’ingresso di elementi dedotti dalla sfera delle Cera-miche a Linee Incise dell’Italia centrale va collegato alla diffusione della tarda ceramica Impressa tirrenica/facies della Pianaccia nota in Emilia occidentale dal sito di be-nefizio (Bernabò Brea et alii 2006). Successivamente que-sti elementi entrano nel gusto tettonico e decorativo delle produzioni vascolari del Vhò come il profilo di alcuni bic-chieri o gli elementi plastici verticali (segmenti di cordoni, talvolta a sezione triangolare).6 Ossidiana è presente con un singolo elemento nel sito Fiorano di Savignano sul Panaro (Bernabò Brea et alii 1990a) e con due lamelle dall’insediamento noto esclusi-vamente da raccolte di superficie di Formigine-Villa Gan-dini (Dal Santo 2009) mentre appare più frequente nei siti riconducibili alla facies della Pianaccia come a Benefizio (Bernabò Brea et alii 2006), Muraccio e Pian di Cerreto (bonato et alii 2000), Godiasco di Monte Alfeo (Simone 2004), cascina cascinetta (Padovan et alii 2004).

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padano e gli esordi del vbq. Anche dalle date in nostro possesso: 6130 ± 160 BP e 5830 ± 210 BP per Casa Gazza e 6580±150 BP e 6310 ± 105 BP per cassa di Risparmio, è evidente una parziale sovrapposizione cronologica del vbq con Gruppi Vhò (che sembrano rimanere attivi per i primi due secoli del V millennio, Pessina, Tinè 2008: p. 39). Nel caso di Fiorano, l’attardamento è di-mostrato non solo dalle compresenze Fiorano/Vhò (ad esempio a Isorella: Starnini 1998), ma soprattutto dai materiali Fiorano e Vhò nei con-testi vbq liguri (come gli Strati 12 e 13-scavi

tinè delle Arene candide: Del Lucchese, Star-nini cds, fig. 2.1, 3; Odetti 1999, Tinè V. 1999)7. Più rari sono al momento i contatti espliciti tra il mondo vbq e la cultura di Fiorano in Pianura Padana, individuati a Lugo di Grezzana (fram-menti di vasi a bocca quadrata in associazione a ceramiche Fiorano: Pedrotti et alii 2000) e nel recupero di Fimon-Pianezze (frammenti Fiorano

7 Nel Finalese sono inoltre noti elementi tipo Fiorano alla Pollera e alla Caverna dell’Acqua (Bagolini, Biagi 1973).

Fig. 2 - 1-5) Frammenti riconducibili al vbq dal sito Vhò di Casa Gazza; 6-14) Cassa di Risparmio (1 da Bernabò Brea 2004, 6-14 da Bernabò Brea et alii 1986, 1:3).1-5) SMP sherds from Vhò settlement at Casa Gazza; 6-14) Cassa di Risparmio (1 after Bernabò Brea 2004, 6-14 after Ber-nabò Brea et alii 1986, 1:3).

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e vbq accanto a elementi “misti”: bianchin cit-ton, Pedrotti 1987, fig. 2)8.

concludendo, rimane al momento aperta la possibilità della nascita del vbq prima della fine del VI millennio in area padana, in quanto si notano elementi vbq già formati all’interno di contesti di primo Neolitico Padano che pre-suppongono una fase formativa che ci è anco-ra ignota. In secondo luogo sono numerosi gli apporti dal Primo Neolitico padano nel reper-torio vascolare e litico del vbq I “arcaico” che denunciano una chiara consuetudine di contat-ti reciproci nell’arco di alcuni secoli. Bisogna infine tener presente che in Liguria l’esordio del vbq appare come un fenomeno intrusivo e nuovo con chiari rimandi al mondo padano (Del Lucchese, Starnini cds) accompagnato anche da probabili importazioni dal Vhò e da Fiora-no. Appare dunque sempre meno probabile una formazione del vbq dal mondo della ceramica Impressa tirrenica.

2. Ilvbq“arcaIco”:l’esempIodIponte GhIara

L’aspetto caratterizzato dalla presenza di elementi vbq già pienamente formati associati a tratti di tradizione di primo Neolitico padano nei primi due secoli del V millennio, individua-to inizialmente nel sito di Rivaltella-Ca’ Ro-mensini (Tirabassi 1987), può essere oggi me-glio descritto dai ritrovamenti di Ponte Ghiara (Dal Santo, Mazzieri 2010) e in minor misura de Le Mose.

Per l’inquadramento crono-culturale di Pon-te Ghiara si è fatto riferimento, oltre alla data ottenuta per la Sepoltura 05 (5842±40 BP), ai siti con cui si è riscontrato il maggior numero di confronti, quasi tutti inquadrabili nei primi due secoli del V millennio a.C. I siti per i quali sono disponibili date c14 ai quali ci si può richiama-re sono esclusivamente emiliani (Rivaltella, via Rivoluzione d’Ottobre, Razza di Campegine,

8 Non va però sottovalutato che in Emilia centrale (Reg-gio Emilia e Modena) si nota una puntuale coincidenza tra gli insediamenti Fiorano e quelli vbq, come ad esempio La Razza di campegine, chiozza di Scandiano, Rivaltella e lo stesso Fiorano.

Le Mose9 e forse cantone di Magreta10) e ligu-ri (Arene candide-strati 23-19 e strato 13-tinè, Pollera-strato 1b, Pian del ciliegio)11.

I confronti con gli insediamenti citati si riferi-scono a un insieme di aspetti, tra cui le somiglian-ze formali nella produzione fine, la rielaborazione di tratti di primo Neolitico e la cospicua presenza di ceramiche figuline, anche dipinte, sia con for-me tipiche delle culture peninsulari (ollette, vasi a fiasco, elementi di presa) sia con forme rielaborate (vasi a fiasco e scodelle a imboccatura quadrata).

2.1. Le industrie ceramiche

L’analisi della produzione vascolare di Pon-te Ghiara (Dal Santo, Mazzieri 2010) dimostra la compresenza di diverse tradizioni espresse sia nella manifattura, con la scelta di specifici impa-sti, sia nel repertorio delle fogge e delle sintassi. In ogni classe ceramica sono evidenti tratti mu-tuati da precedenti tradizioni accanto a elementi di novità. Il caso più emblematico è rappresen-tato dalla presenza tra le ceramiche fini di un impasto di tipo Fiorano; le forme confezionate in questa classe sono per lo più tazze carenate, bicchieri troncoconici e scodelle. Le tazze sono molto vicine a tipi Fiorano, ma ne è manifesta la volontà di traduzione, espressa nell’imboccatura quadrata e nell’assenza di decorazione o nell’u-so di sintassi graffite tipiche vbq (fig. 5.2-4). Al-cuni bicchieri troncoconici sono molto vicini a modelli Vhò, ma in essi sono raffigurate motivi graffiti vbq. Anche nel caso delle piccole scodel-le, infine, è ravvisabile una sorta di trasposizio-ne, in quanto vengono sistematicamente prodotti esemplari a bocca quadrata con impasto Fiorano e scodelle a imboccatura tonda in impasto vbq.

9 Rivaltella-Ca’ Romensini (6070±110 BP, I-12519: Tira-bassi 1987 e cds), via Rivoluzione d’Ottobre (6050±110 BP, I-12519: Tirabassi 1984). Razza, scavi TAV e Le Mose cfr tab. 1.10 Cantone di Magreta (5756±50 BP, LTL2437A e 5727±50 bP, LtL5252A:date inedite ottenute per la cortesia di Giu-liana Steffè). Oltre a queste date, alcuni elementi del sito confrontabili con quelli del Benefizio lasciano aperta la possibilità di un inquadramento più recente.11 Arene Candide Strati 23-19 scavi Bernabò Brea (con date comprese tra 6010±110 BP e 5850±90 BP, Beta 60688, Beta-60697: Maggi 1997), Pollera, strato Ib (6080±100 BP, Mc-1145: Odetti 1991) e Pian del Ciliegio (6000±60 BP e 5810±70 BP, Beta-109796 e Beta-77356/ETH-13181: Del Lucchese 2009).

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Fig. 3 - Ceramica fine da Ponte Ghiara (1:3).Fine ware pottery from Ponte Ghiara (1:3).

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Fig. 4 - ceramica medio-grossolana da Ponte Ghiara (1:3).Coarse ware pottery from Ponte Ghiara (1:3).

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Un approfondimento merita senza dubbio la riproduzione di tazze tipo Fiorano. Occorre tener presente che già a partire dal Neolitico antico la distribuzione e la replica formale, ma non decorativa, dei boccali Fiorano è ben docu-mentata in culture che già possiedono recipienti

potori (come ad esempio al Gaban, nel Vhò12 e nei gruppi Friulani) (Ferrari, Pessina 2000). La

12 Si veda ad esempio il caso di Isorella in cui questa fog-gia compare con assiduità (Starnini 1998).

Fig. 5 - Rielaborazione di tazze Fiorano e bicchieri Vhò da siti vbq. 1,9) Arene Candide; 2-4) Ponte Ghiara; 5) Razza di Campegine; 6) Benefizio; 7) Pontetaro; 8) Quinzano Veronese; 10) Rivaltella (1, 8: Bagolini, Biagi 1973; 9: Del Lucchese, Starnini cds, 10: tirabassi 1987, ca. 1:3).Reshaping of Fiorano cups and Vhò beakers from SMP settlements. 1-9) Arene Candide; 2-4) Ponte Ghiara; 5) Razza di Campegine; 6) Benefizio; 7) Pontetaro; 8) Quinzano Veronese; 10) Rivaltella (1, 8: after Bagolini, Biagi 1973; 9: after Del Lucchese, Starnini in press, 10: after Tirabassi 1987, ca. 1:3).

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distribuzione di questo recipiente è stata colle-gata alla circolazione della selce dei Lessini, come parte integrante del codice simbolico, le-gato allo scambio, delle comunità Fiorano (Pes-sina 1998). La valenza simbolica di questi vasi è esplicitata dalla presenza, su alcuni di essi, di un motivo antropomorfo inciso. Di contro, bicchie-ri troncoconici tipo Vhò sono documentati in vari contesti Fiorano, come ad esempio a Lugo di Grezzana (Moser 2000, p. 139 con relativa bi-bliografia).

La presenza di rielaborazioni del boccale Fiorano è documentata in quasi tutti i contesti di vbq iniziale noti sia padani che liguri. In Li-guria repliche di boccali Fiorano sono presenti in molti siti; si tratta di produzioni che presen-tano caratteristiche differenti da sito a sito ma in cui al contempo si riconosce il prototipo di origine e l’intento di declinarlo in un nuovo oggetto che risente di molteplici commistioni culturali (Bernabò Brea 1946; Bagolini. Biagi 1973). I manufatti provenienti dalle Arene can-dide sono decorati solo con bugnette plastiche e talvolta vi si nota la rielaborazione di carat-teri anche mutuati dal Vhò (breve piede cavo e bugne allungate sulla vasca). tazze Fiorano rielaborate con l’imboccatura quadrata sono al momento note solo da insediamenti del bacino padano, come appunto a Ponte Ghiara, a Razza di Campegine scavi TAV (fig. 5.5) e a Canto-ne di Magreta (Ferrari, Steffè 1994: fig. 12.1). In Veneto, oltre alla già citata commistione di elementi registrata a Fimon-Pianezze, si citano alcuni elementi del sito di Quinzano Veronese tra cui la nota tazza carenata che mostra motivi sintattici misti Fiorano e vbq (fig. 5.8: Bagolini, biagi 1973).

Tornando all’analisi della produzione cera-mica di Ponte Ghiara, si considerano le cerami-che fini a impasto micaceo con superfici lustrate nere come la piena espressione della cultura vbq. La scelta di un impasto contenente un’abbon-dante quantità di sabbie micacee, che non trova confronti in precedenti produzioni neolitiche del bacino padano, è da vedersi come un chia-ro carattere di innovazione e di frattura con le precedenti tradizioni. Inoltre, in questa classe ceramica è ben visibile una standardizzazione di produzione che si esprime sia nella dimensione dei vasi (soprattutto nelle forme troncoconiche come le scodelle e i vasi profondi) sia a livello di elementi decorativi, e come temi scelti e come di-

sposizione degli stessi. tutte le forme realizzate con questi impasto riproducono modelli sempre presenti nei siti di I stile, dichiarando una vera uniformità culturale e tecnologica. I vasi a boc-ca quadrata sono predominanti rispetto a quelli a imboccatura tonda (in un rapporto di circa 2:1), sottolineando così la volontà di affermazione e di distinzione rispetto a tutte le altre culture coeve e passate. Nello stesso tempo si riscontrano gli stessi tipi funzionali caratterizzanti le produzioni del primo neolitico padano: scodelle, bicchieri a bocca quadrata, vasi biconici a collo distinto e vasi profondi su piede si sostituiscono infatti alle scodelle, tazze e fiaschi Fiorano e ai bicchieri su piede del Vhò.

Nelle forme si riconoscono rimandi al pri-mo neolitico con particolare riferimento al mon-do del Vhò. Il profilo dei profondi vasi a bocca circolare su alto piede cavo rimanda a quello dei bicchieri Vhò, così come quello delle scodelle a parete rettilinea o concava (fig. 3.1-5). Il tratto più evocativo è dato dall’alta incidenza di vasi su pie-de cavo rispetto a quelli a fondo piatto (71 a 23). Un'altra analogia è rappresentata dall’applicazio-ne di anse o tubercoli in prossimità del fondo del vaso. In Emilia centro-occidentale tale elemento è presente su alcune scodelle di Ponte Ghiara e di Razza di Campegine-scavi TAV (Bernabò Brea et alii 2008) e soprattutto nel sito di Rivaltella Ca’ Romensini dove i profondi boccali tenden-zialmente troncoconici con imboccatura appros-simativamente quadrata con anse “pendenti” e tubercoli in prossimità del fondo del vaso sono leggibili come una traduzione del classico boc-cale Vhò (fig. 5.10: Tirabassi 1987). Anche in Liguria è evidente l’acquisizione/rielaborazione di modelli Vhò nell’assetto formativo del vbq, ad esempio nello Strato 13-scavi tinè delle Arene candide, dove compaiono due boccali tronco-conici su basso piede cavo di cui uno con ansa applicata tra attacco del piede e vasca che ripro-duce perfettamente il tipico bicchiere Vhò (fig. 5.9: Del Lucchese, Starnini cds).

A livello di decorazione si possono ricono-scere alcuni tratti di affinità espressi soprattut-to nell’impaginazione dei motivi decorativi; dal Vhò è ripreso il gusto per le linee che si svilup-pano in verticale, funzionali ad esaltare l’altezza dei vasi. La disposizione, invece, di alcune sin-tassi come le bande orizzontali impostate sulle carene dei fiaschi biconici sembra piuttosto ri-chiamare Fiorano.

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Una rievocazione di elementi di primo neo-litico è manifesta anche nelle ceramiche medie e grossolane (fig. 4), soprattutto per quanto riguar-da i temi decorativi, che risultano estremamente ridotti rispetto a quelli rappresentati sulle cera-miche fini. Si tratta quasi esclusivamente di ban-de di triangoli ascendenti campiti a tratteggio, al cui apice spesso si innestano doppie linee che arrivano all’orlo, che rimandano genericamente a Fiorano e ai gruppi affini. Le forme rappresen-tate sono semplici e poco articolate e ancora una volta bisogna guardare ai gruppi primo-neolitici padani per i confronti: olle e tazze per quanto ri-guarda Fiorano e vasi troncoconici profondi per il Vhò, così come i fondi a tacco ben rappresen-tati nel sito.

Un tratto distintivo delle ceramiche a impa-sto medio e grossolano di Ponte Ghiara è la pre-senza pressoché costante di vasi a imboccatura irregolarmente quadrata (178 su 196). Come nel caso delle ceramiche fini, anche in questa classe è ben avvertibile la volontà di traduzione di un nuova forma che si esplicita nell’imposizione di un’imboccatura quadrata effettuata mediante la compressione di una bocca originariamente ton-da. Questo gesto non si discosta molto da quello effettuato per la resa dei vasi a bocca quadrilo-bata che caratterizzano gli strati più antichi del-la frequentazione vbq delle grotte del Finalese (Bernabò Brea 1946).

Un aspetto che contraddistingue i siti data-bili nei primi due secoli del V millennio è la

Fig. 6 - Pintaderas da siti dell’Emilia occidentale. 1-3) Ponte Ghiara; 4) S.Andrea-Travo; 5A) Razza di Campegine, scavi Chierici; 5B) Profilo in visione frontale di una statuetta muliebre vbq assemblato sulla ricostruzione di Luigi Bernabò Brea (1956) (5A: disegno originale di Gaetano Chierici da Magnani 2010) (1-4: 1:3, 5A fuori scala).Clay stamp (pintaderas) from western Emilia sites. 1-3) Ponte Ghiara; 4) S.Andrea-Travo; 5A) Razza di Campegine, Chierici excavations; 5B) Front view of a SMP female figurine deduced from Luigi Bernabò Brea reconstruction (5A: original draw-ing by Gaetano Chierici after Magnani 2010) (1-4: 1:3, 5A: out of scale).

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presenza di ceramiche figuline quantitativamen-te abbondanti e con un repertorio di forme ab-bastanza ampio che indica assidui contatti con l’area adriatico-peninsulare, ripercorrendo un fenomeno già avviato alla fine del VI millen-nio13. Questa presenza risulta particolarmente importante oltre che nel sito di Ponte Ghiara, in quelli di Rivaltella (tirabassi cds) e Felino. Benché sporadicamente si riscontrino forme aperte (scodelle troncoconiche o a calotta), ten-denzialmente le forme confezionate in cerami-ca figulina sono chiuse. Tra gli elementi che compaiono con più assiduità è il fiasco a collo distinto, presente praticamente in tutti i siti di I stile presi in esame. Quasi tutti gli esemplari analizzati mostrano caratteristiche abbastanza standardizzate: larga spalla, collo cilindrico con orlo leggermente esoverso e tendenzialmente assottigliato e, dove si conservano, anse a na-stro verticale impostate sul punto di massimo diametro e più raramente sulla spalla. Di con-suetudine in bibliografia vengono attribuiti alla cultura di Ripoli; vista l’assenza di corrispon-denze esatte è allo stato attuale delle ricerche impossibile determinare con precisione la sfera culturale di provenienza, che sembra comun-que rintracciabile nell’area centro-meridionale adriatica (ceramiche tricromiche, Ripoli, Serra d’Alto) (Colombo cds). Una forma che appare abbastanza caratteristica dei contesti di vbq ar-caico è costituita dalle ollette a bordo ingros-sato e forato presenti nei siti di Ponte Ghiara e di Rivaltella (tirabassi cds) e documentate an-che in alcune grotte della Liguria modellate sia in ceramica figulina che in impasto fine (Del Lucchese, Starnini cds). L’esemplare rinvenuto

13 La presenza di elementi adriatici e in particolare delle Ceramiche Impresse medio-adriatiche è rintracciabile già nel primo Neolitico padano, costituita da vasi decorati a impressioni a unghiate nella facies della Pianaccia (Benefi-zio; Bernabò Brea et alii 2006, Bologna-via Andrea Costa; Ferrari, Steffè 2006), nel Vhò (Casa Gazza; Bernabò Brea 2004), Fiorano (Lugo di Grezzana e Ca’ Bissara; Moser 2000, con relativa bibliografia). Un altro elemento adriati-co, (Catignano/Ripoli) ben documentato nel VI millennio in Pianura Padana è rappresentato dai fiaschi a collo distin-to con piccole ansette impostate sotto l’orlo. Questa fog-gia è documentata in diversi siti Fiorano (per una rassegna Moser 2000 con relativa bibliografia), Vhò (Bagolini, Biagi 1975), nella facies di Sammardenchia (cermesoni et alii 1999), nel Gaban (Mezzocorona-borgonuovo: bazzanella et alii 2000) e a Casa Querciolaia (Iacopini 2000).

a Pian del Ciliegio, in ceramica figulina, pre-senta una decorazione dipinta in colore bruno a riquadri campiti da punti, che richiama l’am-biente Ripoli. Questa forma non trova puntuale confronto in contesti peninsulari ma rimanda nell’insieme a ollette sferiche in ceramica fine, talvolta con bordo forato, rinvenute nei livelli a Tarda Ceramica Impressa della Grotta Sant’An-gelo (Di Fraia, Grifoni Cremonesi 1996, fig. 21.11-20). Allo stesso tempo uno dei frammenti provenienti da Rivaltella reca sulla spalla un’an-setta a riavvolgimenti Serra d’Alto (Tirabassi cds). Proprio questo caso esemplifica la difficol-tà di individuare un singolo ambiente culturale di riferimento per le produzioni in figulina del vbq. Gli unici elementi chiaramente attribuibi-li sono individuabili in alcuni temi dipinti che in parte rimandano a Ripoli, come per esempio le bande a punti in bruno dallo strato 13 delle Arene Candide (Del Lucchese, Starnini cds, fig. 4.8-9)14, e in parte a Serra d’Alto, come le linee a tremolo da Rivaltella (tirabassi cds).

In area padana resta incerta l’importazione di manufatti dall’Italia peninsulare, mentre esi-ste un’importante produzione locale di ceramica figulina indiziata da una cospicua presenza di pseudo-figuline sensu Malavolti (1940), dal ri-trovamento di una coppia di fornacette nel sito di Rivaltella Ca’-Romensini (Tirabassi 1987) e infine da forme rielaborate che talora portano un’imboccatura quadrata.

tra i più interessanti esempi di rielaborazio-ni vi sono i fiaschi rinvenuti nel sito di via Rivo-luzione d’Ottobre decorati da una fascia di spira-li a uncino rese a graffito che ripropongono temi dedotti dalla sfera Serra d’Alto (Tirabassi 1984, fig. 7.27 e 8.6, 8) assenti nel I stile e rari nel II. La forma particolarmente schiacciata di uno di questi ricorda il profilo di un recipiente dai livelli Serra d’Alto di Masseria Candelaro (Cassano et alii 2004, fig. 6.38).

14 Altri frammenti dipinti tipo Ripoli sono noti da chioz-za di Scandiano (tra i materiali vi sono reperti Fiorano; ba-golini, Barfield 1971) e dall’Arma del Morto nel Finalese da un contesto genericamente inquadrabile nel vbq I (ber-nabò Brea 1946, Tav. XLIX.8).

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Fig. 7 - Ceramica fine dal sito di Benefizio (1:3).Fine ware pottery from Benefizio (1:3).

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Fig. 8 - Ceramica fine dalle unità di vbq I di Pontetaro (1:3).SMP 1 fine ware pottery from Pontetaro (1:3).

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2.2 L’industria litica

L’industria litica di Ponte Ghiara molto ab-bondante (5300 pezzi per un peso di 17,9 kg) si presta particolarmente bene all’analisi tecno-tipologica15. Analizzando nuclei, strumenti e débitage risulta immediatamente evidente che la maggior parte dei manufatti è realizzata in sel-ce del biancone, pochissimi quelli dalla Scaglia Variegata e praticamente assente la selce della Scaglia Rossa. compare un singolo frammento di selce dai calcari eocenici, sempre di prove-nienza veronese (Dal Santo, Mazzieri cds a). I materiali locali sono estremamente rari e sono spesso lavorati secondo sequenze operative a schegge poco formalizzate o piuttosto sfruttati come percussori.

La circolazione di selci provenienti dal bian-cone e, in minor misura, dalla Scaglia Variegata, inizia in modo massivo durante il Neolitico an-tico in rapporto diretto ed esplicito con la dif-fusione della cultura di Fiorano in area padana (Ferrari, Mazzieri 1998; Pessina 1998). Nel mo-mento iniziale del vbq I del Parmense le modalità di approvvigionamento continuano la tradizione del primo Neolitico manifestando un’ancor mag-giore predilezione verso i materiali del biancone. Questa preferenza, riscontrata anche nei siti di Le Mose, Gaione-cinghio e Felino sembra dimo-strare una precisa scelta delle genti vbq. La selce giallo olivastra della Scaglia Variegata e quella rosso-bruno della Scaglia Rossa e dei ciottoli di spiaggia, tutti materiali che, seppur limitata-mente, hanno un certo peso presso le comunità di primo Neolitico emiliane, vengono scarsamen-te considerati o impiegati per catene operative espedienti. Un altro elemento di continuità con la tradizione Fiorano è rappresentato dalla pre-senza di tracce di raschiamento dei cortici inter-pretata come pratica di pulizia dei noduli dalle argille da cui venivano estratti (chelidonio 2002; Dal Santo, Mazzieri cds a). Questa pratica è ad oggi documentata solo sulla selce veronese a par-tire dal Neolitico antico (S. Giustina di baldaria, Lugo di Romagna e Casa Gazza) fino al Neolitico medio-recente, come riscontrato su alcuni reperti di Bannia Palazzine di Sopra. Questo fenomeno

15 Le industrie litiche dei siti vbq dell’Emilia occidentale sono state oggetto di studio in collaborazione con Nicola Dal Santo a cui si devono molte delle osservazioni riportate in questo lavoro (Dal Santo, Mazzieri 2010, cds a e b).

non è dunque inscrivibile in un singolo momento culturale ma piuttosto sembra indicare l’esistenza di una consuetudine dei primi gruppi dei cava-tori che operavano in Lessinia tramandata fino a fasi più avanzate del Neolitico, suggerendo inoltre una continuità nel controllo delle fonti.

Aldilà della continuità nell’uso delle mate-rie prime, come notato da Nicola Dal Santo (Dal Santo, Mazzieri 2010) l’industria litica di Ponte Ghiara mostra numerosi elementi riportabili alle industrie del Neolitico antico padano per vari aspetti tecno-tipologici come la tecnica del mi-crobulino (fig. 13.11-13), i geometrici (fig. 13.6-10), i bulini a stacco laterale e la preparazione del piano di percussione per realizzare talloni faccettati. Alcuni di questi elementi appaiono però o marginali, ad esempio i bulini Ripabianca (fig. 13.1), oppure adattati a un nuovo sistema er-gologico, come i geometrici e i dorsi-troncatura estremamente standardizzati per la posizione prossimale del piquant trièdre e per le dimen-sioni maggiori rispetto ai modelli precedenti (fig. 13.4-10). Alcuni elementi innovativi rappresenta-no la base tecnologica che in larga parte resterà immutata per tutta la durata del vbq in Emilia occidentale: tra questi la preferenza per lame di grosse dimensioni, l’uso della percussione indi-retta, l’abbondanza di grattatoi massicci, le lame di falcetto a usura parallela al margine e infine gli scagliati. Alcuni elementi indicano possibili influenze dal mondo delle Ceramiche Impres-se liguri, come la percussione indiretta (binder 1987; Starnini 1999), che è invece marginale ri-spetto alla tecnica a pressione nella tradizione Fiorano/Fioranoide (Dal Santo 2009). Analoga-mente gli strumenti scagliati, solitamente poco frequenti nel mondo padano, sono attestati negli orizzonti a ceramiche Impresse delle Arene can-dide (Starnini, Voytek 1997).

2.3. Gli elementi simbolici: compresenza di archetipi “orientali” e tradizioni locali

La presenza a Ponte Ghiara di numerosi og-getti legati al rituale apre diverse problematiche tra cui soprattutto l’annosa questione delle in-fluenze balcaniche e l’introduzione di elementi cultuali orientali nell’assetto della cultura vbq16.

16 Per una discussione della problematica si rimanda a ba-golini 1980.

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Fig. 9 - Ceramica medio grossolana dai siti di I stile maturo del Parmense. 1-2, 4-7, 10) Pontetaro; 3, 8) Benefizio; 9) Basili-canova (1:4).Coarse ware pottery from advanced phase I settlements in Parma territory. 1-2, 4-7, 10) Pontetaro; 3, 8) Benefizio; 9) Ba-silicanova (1:4).

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Fig. 10 - Ceramica fine dal sito di via Guidorossi (1:3).Fine ware pottery from via Guidorossi (1:3).

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Riguardo alla plastica muliebre risulta indiscu-tibile la totale assenza di prototipi analoghi nel Neolitico antico dell’Italia settentrionale e un’al-ta omogeneità a livello stilistico fin dagli esordi del vbq, accanto a una certa fissità dei modelli originali, che rimangono sostanzialmente inva-riati fino ai momenti finali della cultura. Questo forte tradizionalismo degli oggetti rituali è forse imputabile al carattere conservativo dell’ambito rituale/religioso, in cui sono spesso detenuti gli elementi fondanti della società17.

Tra gli oggetti più emblematici sono le fi-gurine, i cui caratteri sono riassumibili nella po-sizione seduta, nella rappresentazione del busto con le braccia raccolte sotto il seno e nella resa dei glutei volumetricamente importanti. La testa è di forma cilindrica e in molti casi con uno spor-gente naso “a becco d’uccello”, spesso si nota la raffigurazione della capigliatura (plastica o inci-sa), mentre occhi e bocca sono frequentemente assenti. tutte queste caratteristiche sono ben svi-luppate in diversi contesti culturali e cronologi-ci dei balcani e del bacino del Danubio e fanno senza dubbio parte dei caratteri simbolicamente codificati di queste rappresentazioni. Come nei contesti orientali anche all’interno della cultura vbq si notano lievi varianti che comportano diver-si gradi di stilizzazione, la restituzione di alcuni particolari (le braccia, la capigliatura), elementi che possono esprimere caratteri di tipo locale (tipicità di costume di un determinato gruppo o anche dell’entità raffigurata) o una specificità di impiego. Risulta dunque impossibile individua-re un singolo ambito culturale di ispirazione, ma sembra piuttosto che si possa parlare della rievo-cazione di un archetipo ormai condiviso da varie popolazioni neolitiche stanziate nell’Europa sud-orientale. Nello stesso tempo questa produzio-ne fittile si discosta con decisione da quella del primo Neolitico padano del Vhò18, che possiede

17 A questo si aggiunge che presso molte società tradi-zionali i depositari della memoria culturale e collettiva, e quindi assegnati alla trasmissione della tradizione, sono le stesse persone alle quali è affidato lo svolgimento dei ritua-li (sciamani, sacerdoti, etc.).18 I pochi frammenti noti da siti Fiorano (Albinea e Ri-valtella) sembrano molto affini alle statuette Vhò (Ba-golini 1978, fig. 16.2-4). Appartiene al mondo Fiorano anche la riproduzione di elementi simbolico/rituali come rappresentazione di antropomorfi sulle ceramiche. Si noti che nella decorazione vascolare vbq non sono riportati temi esplicitamente antropomorfi, sempre che non siano

statuette con caratteri estremamente differenti (figure stanti anche bicefale).

Ponte Ghiara è l’unico sito vbq nel quale sono compresenti statuette di tipo già franca-mente vbq accanto a elementi dell’iconografia Vhò (testa a fungo e gambette di figurine stan-ti) (Bernabò Brea, Mazzieri 2009, fig. 8.2, 7-8). Questi ultimi risultano nel complesso impoveri-ti, soprattutto a livello di cura nelle manifattu-ra, dai prototipi originali e fanno pensare alla rievocazione di un elemento immediatamente di-stinguibile attraverso la restituzione di un tratto specifico. Nel patrimonio ideologico vbq il codi-ce simbolico delle genti Vhò era dunque ancora espressivo.

La compresenza di diverse tipologie di figu-rine fittili nel sito di Ponte Ghiara, oltre a illustra-re la permanenza o una reciprocità di elementi del rituale tra vbq e Vhò, suggerisce la presenza di riti differenziati o l’esistenza di più significati intrinseci nella rappresentazione umana (bagoli-ni 1978, 1980)19.

Se è vero che un archetipo femminile risul-ta centrale nel rituale (Bagolini 1980; Bernabò Brea, Mazzieri 2009) non va però sottovalutata la possibile presenza dell’elemento maschile, per la prima volta individuata, seppur ipoteti-camente in una statuina frammentata del sito di via Guidorossi (Bernabò Brea, Mazzieri 2009, fig. 12.3).

Indizi sul significato e sull’uso rituale delle figurine vbq sono forniti dalla frequente fram-mentarietà di queste e da altre forme di mani-polazione (Bernabò Brea, Mazzieri 2009) che richiamano al mondo dei balcani20. In alcuni casi è esplicita la non casualità delle fratture col-locate in punti massicci dei manufatti, che po-trebbe rappresentare l’esito di gesti intenzionali (uccisione rituale degli oggetti o condivisione dei simulacri impiegati nel rituale).

Ben si potrebbe inserire, nell’ottica della

celati dietro a stilemi troppo stilizzati e quindi a noi in-comprensibili.19 Per una discussione analitica del tema si rimanda a ber-nabò Brea, Mazzieri 2009.20 La pratica della frammentazione intenzionale delle statuette è diffusa in tutti balcani centrali, e recentemente si è notato che molte delle figurine sono state assemblate da parti singolarmente modellate (testa, torso e gambe) per agevolare la loro separazione (chapman, Gaydarska 2007).

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manipolazione delle statuette nel corso di ceri-monie, la presenza dei cosiddetti tokens rinvenuti insieme alle figurine a Ponte Ghiara e in diversi contesti vbq dell’Emilia centro-occidentale (Le Mose, Pontetaro, Gaione-cinghio, via Guidoros-si, via Rivoluzione d’Ottobre-Tirabassi 1984), la cui implicazione nel rituale è confermata dalla loro presenza in contesti sepolcrali anomali (ri-duzioni e deposizioni di singole parti dello sche-letro) (Bernabò Brea et alii cds). Pur nell’impos-sibilità di verificare la precisa corrispondenza di significati, sorprende la stretta analogia di alcuni di questi oggetti con manufatti rinvenuti in al-cuni siti neolitici tra Serbia e Bulgaria (Bernabò Brea, Mazzieri 2009 con relativa bibliografia), tra i quali figurano anche protomi taurine, imi-tazioni di ossa o di parti anatomiche e di semi. Alcuni dei cilindretti fittili con un’estremità ap-piattita e l’altra appuntita si avvicinano ai cosid-detti pins presenti in diversi contesti dei balcani centro-meridionali (budja 2003).

Una differenza rispetto al mondo balcanico e a quello peninsulare è costituita dall’assenza di statuette che riproducono animali con l’unica eccezione del quadrupede proveniente dal fon-do di capanna scavato da Malavolti sulla Roc-ca del Pescale (osservazione personale) in cui la frammentazione e abrasione delle zampe e della testa impedisce di riconoscere la specie raffigu-rata. Un impiego in parte diverso poteva avere la protome di volatile originariamente fissata su una diafisi forse di cervo21 rinvenuta nel sito di Pontetaro.

come in vari contesti dei balcani centro-meridionali anche nel mondo vbq fin dall’esordio della cultura si ripropone talvolta l’associazione di vari elementi simbolico/rituali: figurine fittili frammentate, tokens e pintaderas. Queste ultime sono infatti attestate, in associazione con figuri-ne, a Ponte Ghiara con tre esemplari e Rivaltella-Ca’ Romensini con due esemplari frammentari (tirabassi cds). Al momento sono più numerose dai siti di I fase come a travo-S. Andrea, Raz-za di campegine22, Spilamberto, sito I (bagolini 1981); resta dubbia la datazione dell’esemplare di Chiozza di Scandiano (Bagolini, Barfield 1971)

21 Identificazione di Noelle Provenzano.22 La pintadera fu rinvenuta nel fondo di capanna mag-giore scavato da Chierici (1877), nell’inventario degli al-tri manufatti provenienti dalla fossa figurano vasi a bocca quadrata, romboidi e microbulini.

molto simile a quella di Razza. Gli unici esem-plari sicuramente databili alla II fase sono i tre del Pescale (Ferrari et alii 2006).

La pintadera di S.Andrea di Travo (fig. 6.4) con motivo a linee e a scacchiera impressi trova confronti puntuali in Liguria dove questo tipo di manufatti è particolarmente abbondante (De Pa-scale cds).

La pintadera a motivo spiraliforme di fig. 6.2 presenta analogie con un reperto da Grotta del Sanguineto, quella a riquadri di fig. 6.3 con grotta Scaloria (orizzonti ceramiche tricromi-che), infine, quella probabilmente raffigurante una doppia spirale di fig. 6.1 con la Vela di Tren-to, Isolino di Varese, Caverna dell’Erba (probabi-le orizzonte Serra d’Alto), Porto Badisco (proba-bilmente Serra d’Alto).

La pintadera di Razza di Campegine raffi-gura un profilo antropomorfo (fig. 6.5A) che per alcuni tratti può ricordare quello delle classiche statuette vbq caratterizzate da una testa spropor-zionata rispetto al resto del corpo, il busto a gruc-cia e i fianchi larghi. La brevità delle appendici che riproducono le gambe potrebbe essere ricol-legata alla visione in prospettiva frontale di una figura seduta (fig. 6.5B). Simile a questa sembra essere quella frammentaria da chiozza di Scan-diano. Un esemplare del Pescale è a spirale, il secondo a scacchiera, mentre il terzo di forma ovale presenta un motivo a linea orizzontale e a tratteggio laterale che ricorda un manufatto pro-veniente dalla Macedonia definito a forma vul-vare (Naumov 2008).

Si sottolinea inoltre come le pintaderas in qualche modo introducano simbologie, come il tema della spirale, che diverranno solo in segui-to parte del patrimonio culturale del quotidiano, come denunciano le decorazioni vascolari di II stile. Nonostante l’esistenza di esemplari come quelli di Razza e di chiozza che non trovano alcun confronto, per la maggior parte dei temi, invece, sussistono confronti sia nel mondo dei balcani che in quello peninsulare. Resta quindi aperto il problema della via di penetrazione del “pacchetto” simbolico/rituale in gran parte con-diviso nell’Europa sud-orientale che sembra ac-quisito dalle genti vbq già formato, all’inizio del V millennio.

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Fig. 11 - Ceramica fine dalle unità di II stile di Pontetaro (1:3).SMP 2 fine ware pottery from Pontetaro (1:3).

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Fig. 12 - Ceramica medio grossolana dai siti di II stile del Parmense. 1, 13) Gaione-La Perla; 2, 6-12) via Guidorossi; 3-5) Pontetaro (1:4).Coarse ware pottery from phase II settlements in Parma territory. 1, 13) Gaione-La Perla; 2, 6-12) via Guidorossi; 3-5) Pontetaro (1:4).

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3 Il I stIle “classIco”: I sItI dI benefIzIo e Pontetaro

Questo aspetto è caratterizzato dalla dilui-zione degli elementi di primo Neolitico e da una maggior formalizzazione delle industrie cerami-che, che mostrano minor variabilità sia dal punto di vista formale/sintattico che da quello tecnolo-gico. In tutti i siti presi in considerazione com-paiono inoltre elementi che preludono allo stile successivo leggibili in termini di sintassi deco-rative, di forme e di aspetti tecnologici/formali nell’industria litica.

A questo momento appartengono i siti di Benefizio e alcune evidenze di quello di Pon-tetaro, assieme agli insediamenti di collecchio, Marano, alcune strutture delle Mose, e i pochi ritrovamenti di basilicanova. Da collecchio si riporta la data ottenuta per la T. 5 al 5685±45 BP e da Pontetaro quella della T. 2 al 5656±45 bP. Dal sito delle Mose si citano le date dispo-nibili per due sepolture (T. 1: 5658±75 BP e T. 24: 5766±50 BP ). Il quadro di raffronto offer-to dalla tipologia ceramica, dalla tecno-tipo-logia litica e in parte dalle date radiometriche si estende, oltre alla Liguria (Arene candide strati 20-16 degli scavi Bernabò Brea e strato 12 scavi tinè), alla bassa lombarda (bancole-Porto Mantovano), anche al Veneto (Quinzano Veronese e Fimon Molino Casarotto), fino alla toscana (Spazzavento)23.

3.1. Le industrie ceramiche

Per quanto concerne le industrie ceramiche di questo momento, si nota una riduzione degli impasti impiegati per la manifattura dei vasi che si riducono a tre (figulina, fine e grossolana) e che corrispondono a tre distinte produzioni.

La ceramica figulina rinvenuta in questi siti, che tende a diminuire rispetto al momento prece-dente, è rappresentata sostanzialmente da fiaschi e ollette, mentre scompaiono scodelle e forme a bocca quadrata. Il principale apporto culturale peninsulare individuabile rimane quello di Serra d’Alto, come dimostrano le tipiche ansette.

23 Arene Candide (5860 ± 70 BP - 5620 ± 70 BP: Maggi 1997), Bancole (5710±50 BP: Starnini et alii 2004), Fimon-Molino Casarotto (5810±70 BP - 5640 ± 50 BP: Bagolini et alii 1973), Spazzavento (5770 ± 70 BP: Sarti, Martini 1993).

Le ceramiche fini rimangono sostanzial-mente invariate rispetto a quelle di Ponte Ghiara: permangono le fogge “tipiche” come le scodelle e i vasi profondi troncoconici, i bicchieri a boc-ca quadrata e i fiaschi biconici a bocca quadrata, spesso anche nelle dimensioni (scodelle e vasi profondi) e permane la scelta dei temi e la loro disposizione in associazione a specifiche forme. Accanto a questi compaiono però tipi assenti nel momento precedente quali le scodelle a bocca quadrata (quantitativamente ben rappresentate sia a Pontetaro che a Benefizio), le tazze e le ol-lette sempre a bocca quadrata. Le forme a im-boccatura quadrata anche in questo momento si assestano al 75% della produzione vascolare fine.

Un altro elemento di trasformazione è la diminuzione delle forme su piede, che stanno a quelle a fondo piatto in un rapporto di 1 a 3. Que-sto fattore può essere visto nella prospettiva di un graduale allontanamento dai prototipi di primo Neolitico che avevano influenzato le prime pro-duzioni vbq.

Nei siti di Benefizio e Pontetaro compaiono ancora fogge che richiamano la tazza Fiorano, confezionate però con tutti i criteri tecnologici del vbq, a differenza di quanto avveniva a Ponte Ghiara. A ben vedere il riferimento alle forme Fiorano si fa ancora più esplicito con la resa di alcuni particolari come l’accentuazione della carena rimarcata da una profonda risega o la ri-presa evidente di temi del patrimonio decorati-vo di Fiorano rielaborati come la linea ondulata (fig. 5.6). Nel caso di un frammento di Ponte-taro (fig. 5.7) il riferimento è reso palese anche da un tema vegetale reso a graffito che ricorda la serie di punti impressi a chicco di grano di Fiorano. Il tema della linea ondulata è specifico di questa forma. Questo fatto sembra denotare quanto il patrimonio simbolico Fiorano sia en-trato nell’assetto culturale vbq che lo ha ormai “assimilato”.

Rispetto al momento precedente si notano profonde differenze nella ceramica grossola-na (fig. 9); scompaiono le imboccature irrego-larmente quadrate e al loro posto sono presenti forme a imboccatura tonda (tendenzialmente predominanti) o francamente quadrata. I temi decorativi si riducono a semplici fasci di linee, mentre compaiono le impressioni a scorrimento e le superfici trattate a scopettato.

L’analisi complessiva delle forme vascolari (classi fini e medio-grossolane) dei siti presi in

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esame rivela una spiccata standardizzazione tec-nologica, formale e decorativa non solo limitata all’Emilia occidentale, ma estesa anche ai siti del Veneto, della Lombardia, del Piemonte, del Trentino e della Toscana. Questa normalizzazio-ne sembra essere l’espressione di un codice con-diviso in un ampio areale. L’unica regione che si distingue è la Liguria con la quale sussistono notevoli confronti per le ceramiche fini ma non per quelle grossolane24.

Il divario formale tra le ceramiche fini e quel-le medio-grossolane, accomunate solo dall’im-boccatura quadrata che compare comunque con differente frequenza (40-45%), riflette l’esistenza di produzioni destinate a scopi differenti; azione sociale che può richiamare gli attributi simbolici che hanno ben caratterizzato la cultura vbq fin dagli esordi. totalmente diversa è la posizione delle ceramiche per la conservazione delle der-rate alimentari e per la preparazione del cibo che sono in genere produzioni limitate all’uso dome-stico, quindi meno ostentate, ma non necessaria-mente meno codificate. Questa categorizzazione così rigida degli oggetti di uso, e quindi dei gesti quotidiani, potrebbe essere inoltre sottesa a una maggior gerarchizzazione e strutturazione socia-le come ben messo in evidenza da diversi studi antropologici e sociologici (tra cui ad esempio i classici Durkheim, Mauss 1903; Parsons 1968; Dumont 1991).

3.2. L’industria litica

Una forte continuità con il momento pre-cedente è rivelata dalla scelta dei litotipi, tra cui continua a essere predominante la selce del bian-cone affiancata da pochi pezzi in Scaglia Varie-gata, e da alcune caratteristiche tecnologiche e alcuni strumenti (grattatoi frontali realizzati su lame spesse). Si notano però anche elementi in-novativi e un graduale allontanamento da tipi di retaggio dal Neolitico antico padano (minor presenza della tecnica del microbulino). Accanto a queste componenti è evidente la vasta condi-visione di un certo bagaglio tecnologico, come mostrano le analogie anche molto strette anche con siti a nord del Po (Dal Santo, Mazzieri cds a e b). Nel dettaglio, dal punto di vista tecnologico

24 Rarissime le decorazioni a scorrimento e assenti le su-perfici a scopettato.

emergono alcune tendenze già evidenziate a Pon-te Ghiara, in particolare nell’obiettivo laminare e nell’utilizzo della percussione indiretta, mentre non è attestata la pressione. Per quanto riguarda i moduli di scheggiatura si nota uno spostamento verso la frazione laminare a scapito delle lamelle. Questo dato conferma una tendenza al macroliti-smo già individuata a Quinzano Veronese (Biagi 1972) e in modo evidente a Fimon Molino ca-sarotto (bagolini et alii 1973; Barfield, Broglio 1986). Un tratto decisamente innovativo rispetto a Ponte Ghiara è la comparsa del ritocco piatto per pressione e delle cuspidi foliate (fig. 13.21, 28), mentre si rarefanno gli elementi a dorso e le punte a dorso e piquant triédre.

L’insieme litico del Benefizio sembra il pro-dotto di specifiche attività artigianali, non solo attestate da due strutture legate alla fabbricazio-ne di perline in steatite (Dal Santo et alii cds), ma anche dall’assetto tipologico dell’industria, caratterizzato da strumenti scagliati, bulini e perforatori. La ricorrenza di questi specifici stru-menti nell’intera, estesa, area indagata portano a pensare che questa attività non fosse legata a un singolo momento o a una singola zona ma che fosse piuttosto una caratteristica dell’assetto eco-nomico/produttivo del villaggio.

4. Il II stIle: I sItI dI vIa GuIdorossI e Pontetaro

In questo momento stilistico compaiono, come noto in Letteratura, decorazioni dinamiche sulla produzione vascolare fine accanto all’in-troduzione, in alcuni siti massiccia, di materie prime esotiche. I siti che testimoniano questo stile in Emilia occidentale sono via Guidorossi a Parma, alcune strutture di Pontetaro, quasi tutte le aree di Gaione (soprattutto cascina catena e La Perla), Vicofertile, Collecchio Tangenziale e Le Mose25. Rispetto al momento precedente il quadro cronologico a nostra disposizione è de-cisamente più consistente (compreso tra il 5656 ±30 BP e il 5357±50 BP -tab. 1) e coerente con le date disponibili per altri siti, con i quali sussisto-no numerosi elementi di confronto a livello delle

25 A Le Mose le testimonianze di II stile sono sporadi-che e si riferiscono soprattutto all’uso sepolcrale dell’area (Maffi, Frasca cds; Bernabò Brea et alii 2010).

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produzioni, tra cui Razza di Campegine, La Vela (siti VII e VIII), Casatico di Marcaria e Villa Gi-ribaldi26.

tutte le produzioni dei siti presi in esame denunciano due fenomeni principali che costitu-iscono sia un tema di continuità, e in certo senso di esasperazione, con il momento stilistico pre-cedente (la nettissima divisione delle classi delle industrie), che di novità assoluta (come l’intro-duzione dell’esotico nel bagaglio culturale vbq). Le produzioni sia fittili che litiche risentono en-trambe di queste tendenze e saranno di seguito illustrate nell’ottica di sottolineare questi fattori.

4.1. La produzione vascolare

La ceramica durante questo momento illu-stra una netta specificità produttiva che tende a sottolineare differenze sostanziali tra le varie classi che si esprimono a livello di forme (e quin-di di impiego) e decorazioni.

Le ceramiche figuline si rarefanno sensibil-mente e sono sempre riconducibili a Serra d’Alto; a livello di forme si riconoscono solo ollette men-tre sembrano scomparire i fiaschi.

La distinzione tra ceramiche fini e medio-grossolane si fa ancor più marcata sotto tutti gli aspetti, tra i quali spicca l’impiego dell’imboc-catura quadrata che nelle prime arriva ad esse-re applicata al 90% dei contenitori mentre nelle seconde scende al 20%. Le differenze sono rese ancor più palesi dall’uso di differenti tecniche decorative (incisione/excisione e graffito per le fini e impressioni a scorrimento per le grosso-lane), a sottolineare la volontà di tenere separa-ti due livelli produttivi e di uso. Questo fatto è inoltre rafforzato dalla presenza tra le ceramiche fini di prodotti molto accurati che sembrano con-fezionati da mani particolarmente esperte (fig. 10.5-6, 9, 15; 11.5, 7; 16. 7-9).

Durante questo momento vi è un sensibile cambiamento delle produzioni fini che, dal pun-to di vista delle decorazioni, vede l’introduzione di nuovi schemi ed elementi sintattici e coincide con nuove tecniche di decorazione (l’incisione e l’excisione). Scompaiono alcune forme ed ele-

26 Razza di Campegine (5530±150 BP: Cazzella et alii 1976); La Vela (siti VII e VIII tra il 5579±45 BP e il 5458±28 BP; Mottes et alii 2010); casatico di Marca-ria (5500±40 BP: Starnini et alii 2004), e Villa Giribaldi (5495±50 BP; Binder 1990).

menti tettonici che caratterizzavano lo stile pre-cedente quali le scodelle, i vasi profondi tronco-conici e i piedi cavi mentre vengono introdotte scodelle a tesa e i cosiddetti coperchi. La forma in assoluto più rappresentata è la scodella a boc-ca quadrata (63-72%) e nel complesso le forme a imboccatura quadrata divengono dominanti (cir-ca il 90%).

È ben nota in questo momento l’introduzione di nuovi elementi simbolici, che si affiancano ai motivi tradizionali (filo spinato, motivo a reticolo, etc) e che indicano la partecipazione ad un feno-meno culturale ampiamente diffuso e condiviso nell’Europa sud-orientale del V millennio. Nel contempo, il mutamento potrebbe essere anche l’indice della necessità di riformulare il proprio codice simbolico nel momento in cui le comunità vbq allacciano relazioni profonde con il mondo Serra d’Alto. Molti dei temi riprodotti propongo-no motivi dinamici (spirali e meandri) che si svi-luppano in molteplici declinazioni; spesso si trat-ta di elementi talmente generici e diffusi che non è possibile indicare un singolo ambiente culturale di ispirazione, ma nel caso di alcune sintassi è in-vece chiaro l’influsso Serra d’Alto (motivo a ser-pentina che richiama la linea a tremolo, spirali a S allungata, spirali a uncino per citare gli elementi più emblematici; fig. 16.6-9).

Una forma di normalizzazione delle cerami-che fini è ravvisabile nella regolarità della dispo-sizione delle sintassi, visibile già nel momento precedente. come esempio si possono citare i co-perchi sui quali la decorazione del piattello segue una disposizione fissa che vede una spirale cen-trale da cui se ne dipartono altre a raggiera. Ac-canto a questi si citano le forme articolate (bic-chieri, tazze e ollette) su cui specifiche sintassi e relative tecniche si dispongono rigidamente sulle diverse parti del vaso: i motivi verticali a graffito sul collo, una fascia orizzontale campita a moti-vi dinamici excisi sulla carena la vasca sempre inornata (fig. 10.9-10).

Nei siti di II stile, come si è anticipato, compaiono ceramiche che sono sicuramente da intendersi come prodotti artigianali di estrema qualità e ad alto investimento tecnologico27; una

27 La comparsa di produzioni ceramiche specializzate nel II stile è un altro tratto che avvicina il mondo vbq a quello Serra d’Alto in cui è nota la presenza di manifatture specializzate. come evidenziato da Italo Muntoni (Mun-toni cds) queste prevedono una serie di conoscenze (scelta

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particolare cura è ravvisabile nella presenza di impasti depurati con superfici molto accurate, lustrate quasi a specchio. Si può pensare che fos-sero produzioni destinate a scopi che esulano dal quotidiano e quindi a eccezionali occasioni delle comunità28 o indirizzate a particolari individui, come oggetti da ostentare al pari di altri beni. Queste ceramiche sono rare (circa il 5% della produzione fine) e presentano caratteristiche dif-ferenti da villaggio a villaggio (soprattutto forti variazioni cromatiche dell’impasto e in minor misura dell’ingobbiatura); questo fatto potrebbe denunciare la presenza di produzioni specializ-zate in ogni sito e operate distintamente l’una dall’altra. Questi manufatti, che riproducono esattamente le stesse forme delle tipiche cera-miche fini, denotano una particolare cura nella manifattura che si esprime anche nella presenza di motivi decorativi “atipici” in cui è evidente una notevole maestria. Si trovano tuttavia anche esemplari inornati, il cui pregio doveva essere dato dalla lucentezza delle superfici. Una produ-zione meno fine ma il cui intento finale doveva essere analogo a quello delle ceramiche depu-rate è stato rinvenuto nel solo sito di Pontetaro: si tratta di un impasto che vede l’aggiunta come smagrante di una quantità piuttosto consistente di mica che caratterizza anche la patina esterna. La caratteristica di riflettere la luce è spesso con-siderata uno dei criteri che definiscono il valore dell’oggetto come sembrano inoltre confermare alcune scelte orientate su materiali che sono na-turalmente brillanti (selce del biancone, ossidia-na, cristallo di rocca, etc.). Questo gusto per le su-perfici brillanti non si esaurisce nelle produzioni estremamente accurate, ma è un tratto peculiare delle ceramiche fini fin dagli esordi della cultura e che si riconosce dall’aggiunta come dimagrante negli impasti di una buona quantità di mica che conferisce ai vasi un peculiare aspetto lucente. A livello di suggestione si fa presente che incro-

delle argille adatte, preparazione degli impasti, tecnologia di cottura) che presuppongono l’esistenza di figure specia-lizzate. A questi sviluppi tecnologici vengono fatti coinci-dere anche nuove modalità di produzione che passano da un sistema a gestione “familiare” a quello controllato da un’intera comunità. 28 Gran parte degli scodelloni che per le dimensioni sug-geriscono un impiego durante particolari occasioni (feste collettive, famiglie allargate, etc), sono confezionati con questo impasto.

stazioni di mica si trovano frequentemente sui blocchi di giadeite del Monviso, fatto che potreb-be conferire a questa scelta tecnologica anche un carattere simbolico29. con questo non si intende un puntuale impiego di miche del Monviso ma semplicemente che con ogni probabilità l’asso-ciazione tra giada e mica era ben impressa nel bagaglio di conoscenze delle popolazioni vbq.

Un altro aspetto del II stile illustrato dal-le produzioni ceramiche è quello relativo a una scarsa uniformità tra i siti presi in esame. Para-gonando infatti le produzioni fini dei siti di via Guidorossi e di Pontetaro30 ne emerge una non aderenza completa soprattutto dal punto di vista delle sintassi riprodotte che potrebbero essere ri-conducibili a un fattore cronologico, ma anche segnalare l’esistenza di differenti tradizioni tra i villaggi. Se si confrontano ad esempio i temi che compaiono sulle scodelle, la forma più diffusa e documentata, in ciascun sito si notano specifiche predilezioni. Se già questo fenomeno è ravvisabi-le tra siti dislocati a breve distanza l’uno dall’al-tro, prendendo in considerazione aree più ampie diviene macroscopico. Seppur nella limitatezza delle evidenze inquadrabili in questo momento, nel sito di Le Mose si registrano alcune sintassi e tipi di disposizione che non si ritrovano nei siti parmensi e una generica tendenza alla riduzione delle sintassi. Ancor più marcate sono le diffe-renze con il Pescale nel Modenese, sia a livello di forme (in questo sito la forma più caratteri-stica è la scodella a imboccatura tonda) che di decorazioni, assenti più a occidente (la serie di triangoli a lati stondati), o testimoniate da pochi frammenti (motivo a spina di pesce31 o fasce a li-nee oblique che ricordano trame di tessuti) (Fer-rari et alii 2002).

29 Si ricorda la forte valenza simbolica di certi tipi di asce, rimarcata dal loro impiego sul piano del rituale, come nel caso delle asce “cerimoniali” o di quelle poste a corredo delle sepolture, tutti oggetti confezionati solo su giade del Monviso (Bernabò Brea et alii 2012). Un fatto analo-go in ambito Serra d’Alto è rappresentato dall’uso come smagrante di calciti speleotemiche provenienti dunque da grotte che, come noto, giocano un ruolo di fondamentale importanza sul piano rituale/cultuale (Muntoni cds).30 Questo fatto è evidente anche nei siti di Vicofertile e Gaione-La Perla, esclusi dalla comparazione solo per limi-tatezza del campione.31 Motivo forse riconducibile a contatti con gruppi dell’I-solino di Varese o di “stile a incisioni e impressioni”.

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Fig. 13 - Industria litica dai siti di I stile di Ponte Ghiara, Benefizio e Pontetaro. 1-13) Ponte Ghiara; 14-23) Benefizio; 24-29) Pontetaro.Lithic assemblages from Ponte Ghiara, Benefizio and Pontetaro phase I settlements. 1-13) Ponte Ghiara; 14-23) Benefizio; 24-29) Pontetaro.

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Fig. 14 - Industria litica dai siti di II stile di via Guidorossi e Pontetaro. 1-16) via Guidorossi; 17-32) Pontetaro. 3-5) selce dalle formazioni dell’Oolitico; 11-14, 27-29) Ossidiana; 15-16, 30-32) cristallo di rocca.Lithic assemblages from via Guidorossi and Pontetaro phase II settlements. 1-16) via Guidorossi; 17-32) Pontetaro. 3-5) flint from the Oolitico formations; 11-14, 27-29) Obsidian; 15-16, 30-32) rock cristal.

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4.2. L’industria litica: tra esotico e identitario

Le tendenze evidenziate per le industrie fit-tili si ritrovano pienamente espresse anche nelle produzioni litiche, in cui tra l’altro la distinzione tra i vari piani produttivi è resa ancor più espli-cita dall’uso di tecniche differenti applicate a di-versi materiali.

A livello di impiego di materie prime le lito-logie alpine (Biancone, Scaglia Variegata e Sca-glia Rossa) continuano a prevalere mantenendo tra loro le stesse proporzioni; compaiono la selce oolitica, sempre di provenienza veronese, e ma-teriali esotici come il quarzo ialino, l’ossidiana e selce che macroscopicamente sembra riferibile alla Maiolica e ad altre formazioni selcifere del Gargano. Dai siti di Le Mose e Pontetaro sono attestati anche due oggetti confezionati in selce bionda francese32.

Nel tentativo di suddividere i vari livelli di produzione si nota una forte scansione dei gesti produttivi che nel particolare si può riassumere in questo schema:

Litotipi locali. Sono scarsamente rappre-sentati ma si nota un rinnovato interesse nei loro confronti rispetto al I stile. È presente infatti una produzione di schegge da nuclei poliedrici e discoidi e compaiono sporadicamente manu-fatti da sequenze bifacciali. Selci e diaspri locali vengono utilizzati esclusivamente per queste ca-tene operative a scarso investimento tecnologico, rappresentando dunque il gradino più basso nella gerarchia delle industrie litiche.

Selci Veronesi. Prevalgono i supporti lami-nari di media e grossa taglia a percussione diretta e indiretta sempre prodotte con la selce del bian-cone e della Scaglia Variegata, quasi mai invece si riscontrano lamelle. Si avverte dunque una ten-denza a un esasperato macrolitismo che si esprime in una progressiva gerarchizzazione degli oggetti, in quanto le lame di pezzatura maggiore sono ri-servate alla produzione di grattatoi frontali, quelle più strette vengono destinate a lame e falcetti e, in-fine, il livello più basso della scala di produzione è rappresentato da un’industria su scheggia ottenuta da nuclei precedentemente sfruttati per una pro-duzione laminare, che si interrompe nel momento in cui i prodotti non soddisfano più le esigenze di-mensionali stabilite come standard.

32 Nell’opinione di Didier Binder, Alain Beeching ed Eli-sabetta Starnini.

Selci dell’Oolitico. La selce oolitica è pre-sente in piccole quantità, ma in modo costante nei siti meandro-spiralici. A livello tecnologico è evidente un trattamento specifico, poiché si ri-trova sotto forma di lame larghe e robuste con spessori compresi tra 5 e 10 mm, prodotte per percussione diretta e forse indiretta (fig. 14.3-5). Sono completamente assenti nuclei, sotto-prodotti di scheggiatura, incidenti di lavorazio-ne, mentre tutti i manufatti sono ritoccati o con tracce macroscopiche d’uso. A livello tipologico prevalgono di gran lunga i grattatoi, accanto a poche lame variamente ritoccate o usurate o a ritocco scagliato. La specificità della lavorazio-ne, della trasformazione in strumenti e l’assenza di sottoprodotti di preparazione e gestione, o di tracce dell’esaurimento dei nuclei, sembrerebbe indicare l’importazione di semilavorati. Questo dato sarebbe confermato dalla costante presenza di strumenti su lama in selce oolitica o eoceni-ca in siti coevi (Maserà, Casatico di Marcaria, chiozza di Scandiano, Le Mose). tutto sembra dunque indicare una produzione specializzata di supporti destinati a circolare a distanza. La dif-fusione di questo litotipo che, per quanto noto, in precedenza non viene quasi mai esportato al di fuori delle aree di approvvigionamento, può essere legata a varie motivazioni. tra queste non si può escludere un particolare significato lega-to ai luoghi di provenienza di queste selci, che si trovano spesso ad altitudini elevate e talvolta caratterizzati da morfologie a erosione differen-ziale di grande impatto visivo.

Ossidiana e cristallo di rocca. Per entrambe queste materie prime si rileva il medesimo trat-tamento tecnologico. I supporti di piena scheg-giatura sono prodotti esclusivamente a pressione e consistono in lamelle e rare lame (fig. 14.12-13, 16,31), mentre le fasi di messa in forma e gestione avvengono per percussione diretta. I talloni sono sia lisci che faccettati. Nel campione sono pre-senti schegge di preparazione e gestione e nuclei esauriti (fig. 14. 11, 15, 27-30), a testimonianza che la lavorazione avveniva in situ. Oltre che dal-le tecniche di lavorazione, ossidiana e cristallo di rocca sono accomunati anche a livello tipologico dalla prevalenza di lamelle a ritocco inframar-ginale e dall’assenza delle tipologie di strumenti più usuali per la selce: non sono attestati gratta-toi, elementi di falcetto o lame a dorso profondo, mentre i foliati sono presenti solo con tre cuspidi di freccia (una in ossidiana da via Guidorossi e

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Fig. 15 - 1-6) ceramiche di tipo chasseano; 7) Cucchiaio fittile; 8) Spatola in ceramica; 9) scodella tipo stile “elementi plastici”; 10-12) elementi tipo Isolino; 13-18) ceramiche grossolane con diversi elementi di presa (1-6, 9-10, 12: via Guidorossi, 7-8, 11, 13-18 Pontetaro, 1:3).1-6) Chassey type pottery; 7) clay spoon; 8) clay spatula; 9) square mouthed bowl Piemonte type; 10-12) Isolino elements; 13-18) coarse ware pottery bearing atypical handles (1-6, 9-10, 12: via Guidorossi, 7-8, 11, 13-18 Pontetaro, 1:3).

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due in cristallo da Pontetaro e Felino-Ca’ Resga: fig. 14. 14, 32). Questo trattamento specifico non sembra necessariamente intrinseco alle caratte-ristiche meccaniche dei materiali, ma piuttosto alla loro speciale valenza “estetica”. Al momen-to mancano completamente i dati funzionali, tuttavia la citata “anomalia” tipologica sembra indicare che non venissero utilizzati nello svolgi-mento di molte delle normali attività quotidiane. I dati tecno-tipologici lasciano dunque ritenere che questi materiali, antitetici per colore, ma ac-comunati dalla lucentezza, dalla trasparenza e da una provenienza esotica, fossero investiti di una diversa valenza ideologica rispetto al consueto strumentario in selce.

Selci del Gargano e silex blond. I pochi pezzi identificabili sono tutti realizzati su lama e sono strumenti (lame con tracce d’uso, elemen-ti di falcetto, una cuspide foliata). troppo esigui numericamente per poter formulare ipotesi sulla loro modalità di introduzione, tuttavia, mancan-do tracce legate ad una lavorazione sul posto, è probabile la circolazione di singoli manufatti. Nel caso di due lame in selce del Gargano di grossa taglia provenienti da Gaione è ipotizza-bile la lavorazione a pressione a leva. Le ragio-ni della loro presenza sono forse ricollegabili a singoli individui e sicuramente non rientrano nel consueto canale di scambio consolidatosi per al-tri materiali.

Analogamente alle produzioni ceramiche, una progressiva regionalizzazione è evidente dalle disparità di presenze e/o quantità di ma-terie prime esotiche rinvenute in diverse aree vbq. Per quanto concerne l’Emilia si individuano quattro zone con differenze alquanto marcate: il Piacentino in cui compare solo sporadicamente ossidiana, il Parmense con consistente utilizzo di materie prime esotiche, il Reggiano in cui è attestata ossidiana ma non cristallo di rocca (con la sola eccezione di Razza di campegine- caz-zella et alii 1976; Bernabò Brea et alii 2008) e il Modenese, rappresentato solo dalla stazione del Pescale, da cui viene un’ingente quantità di os-sidiana (950 reperti) (Pessina, Radi 2006) della quale sono ben noti i problemi di attribuzione dei reperti litici tipologicamente non caratterizzanti (Ferrari et alii 2002).

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4.3. Rapporti con altre culture

Dagli insediamenti di vbq II del Parmense provengono vari elementi che segnalano contatti con diverse sfere culturali peninsulari e occiden-tali.

Frequenti sono i rapporti con Serra d’Alto, come denunciano varie ansette (a riavvolgimen-ti o a piastra) in ceramica figulina (fig. 16.1-5) e la ripresa di alcuni temi decorativi su forme vbq (fig. 16.6-9).

L’unico elemento che rimanda alla sfera Diana è costituito da una scodella (fig. 16.10) con pseudo-ansa a sopraelevazione proveniente da via Guidorossi che trova precisi confronti nel sito romagnolo di Vecchiazzano33 (Massi Pasi, Prati 1998, fig. 71.14-15). Meno preciso è il riferimen-to costituito da un lobo “a rocchetto” impostato su una scodella, ritenuto da Bagolini e Barfield (1971) pertinente a un aspetto misto Serra d’Al-to/Diana. In realtà la presenza di Diana in Italia settentrionale deve essere ancora valutata sia in termini cronologici che nella sua associazione o mediazione con culture adriatiche34.

Alcuni frammenti riportano a contatti con la facies di Ripoli/Fossacesia, come due anse a orecchia (una impostata su scodella a bocca quadrata) da Gaione-La Perla (fig. 16. 11-12) e una pseudo-ansa a margini rialzati da Pontetaro. Anse analoghe sono abbastanza frequenti, anche se in impasto medio-grossolano, nel sito del Pe-scale dove sono apposte anche su forme a imboc-catura quadrata (Ferrari et alii 2002: fig. 4). Una forma che sembra dichiarare una rivisitazione di modelli tardo Ripoli è quella del fiasco con orlo a tesa (fig. 16.13) che si ritrova ad esempio nei siti di Fossacesia (Pessina, Radi 2002, fig. 8) e di Monte Tinello (Silvestrini, Carlini 2002, fig. 3.1)35.

Dai siti di via Guidorossi e Pontetaro vengo-no alcuni elementi che sono riconducibili al mon-do chassey o ai gruppi di tradizione occidentale. Questi contatti sono denunciati da evidenze di carattere tipologico, tecnologico e da importa-

33 Dove l’aspetto culturale Diana si sovrappone stratigrafi-camente al vbq II.34 Questo aspetto a carattere misto con elementi vbq è documentato in Romagna a Riolo terme (Pacciarelli, von Eles 1994) e a Miramare- sito X (bagolini et alii 1991).35 Nei siti citati questa forma è realizzata in ceramica figu-lina.

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zione di materie prime36. Le forme di via Gui-dorossi che rimandano al mondo chasseano sono scodelle (con carena e con bordo o fortemente ingrossato a formare una piccola tesa o distin-to che interrompe il profilo del vaso: fig. 15.1-4) e bicchieri ovoidi (fig. 15.5-6). Forme analoghe si ritrovano nel sito pre-chasseano di Escanin II (Lepère 2009) e nei livelli dello chasseano antico

36 I già citati esemplari in silex blond a Pontetaro e Le Mose.

di Villa Giribaldi (Crepaldi 2004, fig. 39 e 45). I cucchiai fittili con manico cilindrico come quello da Pontetaro (fig. 15.7), al momento sconosciuti nel vbq, sono noti dai livelli chassey delle Arene Candide (Bernabò Brea 1946: p. 73, Tav. XV, 2, E) e S. Andrea di travo37. Ancora da Pontetaro

37 Maria Maffi comunicazione personale. Altre attesta-zioni in Italia centrale provengono da Quadrato di Torre Spaccata (Anzidei, carboni 1995) e Santa Maria in Selva (Silvestrini et alii 2002).

Fig. 16 - 1-5) Anse tipo Serra d’Alto da via Guidorossi e Pontetaro; 6-9) imitazioni di decorazioni Serra d’Alto su forme vbq da via Guidorossi; 10) scodella tipo Diana; 11-12) anse tipo Ripoli/Fossacesia; 13) fiasco con orlo a tesa (1-4, 6-10, 13 via Guidorossi, 5 Pontetaro, 11-12 Gaione-La Perla, 1:3).1-5) Serra d’Alto handles from via Guidorossi and Pontetaro, 6-9) reproduction of Serra d’Alto decorative patterns on SMP from via Guidorossi; 10) Diana bowl; 11-12) Ripoli/Fossacesia handles; 13) flattened rim flask (1-4, 6-10, 13 via Guidorossi, 5 Pontetaro, 11-12 Gaione-La Perla, 1:3).

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viene una stecca da vasaio in ceramica (fig. 15.8); questo tipo di manufatto è noto da alcuni contesti chasseani dell’Italia settentrionale come: Botte-ghino (Mazzieri, Dal Santo 2007: fig. 6.18), Tra-vo e Le Mose (Bernabò Brea et alii 2002, figg. 5.20; 12.22), Pescale (berni 2004) e Arene can-dide (Bernabò Brea 1946, tav. XL.5; 1956, tav. XV. 2b,3). Infine il manufatto litico con tracce di trattamento termico di via Guidorossi attesta una pratica, diffusa in ambito chasseano38 (bin-der 1984), al momento sconosciuta nel Neolitico medio della Pianura Padana.

Viceversa in alcuni siti chasseani dell’Emi-lia occidentale compaiono elementi vbq, come a botteghino Mazzieri, Dal Santo 2007) dove sono attestate varie forme con imboccatura irregolar-mente quadrata o frammenti con impressioni a scorrimento, per lo più provenienti da strutture con datazioni piuttosto antiche e in gran parte sovrapponibili con la sequenza cronologica vbq nota in regione. Imboccature irregolarmente qua-drate sono presenti anche nel sito di S. Andrea di Travo o da quello di Le Mose (Bernabò Brea et alii 2002)39. In tutti questi manufatti è ben evi-dente l’intento di riprodurre tratti caratteristici del vbq, anche se l’esito finale è ben lontano dai prototipi originali.

Piuttosto suggestiva, anche se poco docu-mentabile in termini di relazioni dirette, è la pre-senza di due fogge vascolari che, per quanto for-temente differenziate per il tipo di decorazione, compaiono parallelamente sia nel vbq che nello chassey, divenendone caratterizzanti: le scodelle a tesa e i coperchi/vasi supporto40. Un richiamo al mondo vbq sembra inoltre manifesto nei vasi supporto quadrati (vasi “à socle cubique”)41 pre-senti anche nel sito di botteghino (Dal Santo, Mazzieri 2007).

completamente differente, e molto più pro-

38 Osservazione di Nicola Dal Santo. In Emilia a botte-ghino (Mazzieri, Dal Santo 2007) e a S. Andrea di travo (Alain beeching, comunicazione personale 2011).39 Anche con datazioni più recenti. Altre commistioni sono note al Pescale (berni 2004) e alle Arene candide (Maggi, Starnini 1997, fig. 38.2).40 Le scodelle secondo binder in ambito chassey sono de-rivate dal vbq (binder, Lèpere cds). Non a caso la tesa delle scodelle chasseane, così come i vasi supporto, è sempre de-corata, diversamente dal resto delle produzioni ceramiche, con superfici lisce e inornate.41 cfr ad esempio chassey-le-camp, nel liv. 9, uno dei più antichi (Thevenot 2005, fig. 47).

blematica, risulta la presenza a Pontetaro di ele-menti estranei sia al vbq che allo Chassey (fig. 15.13-18) ma che si ritrovano condivisi in alcuni siti come ad esempio le doppie bugne accostate o le prese a lingua (presenti a botteghino) e le anse ad anello (attestate a botteghino e S.Andrea e nell’aspetto di Fossacesia: Pessina, Radi 2002)42.

Sempre a contatti occidentali, nello specifi-co al Piemonte, riporta una scodella a bocca qua-drata a bassa vasca con bugna quadrata di fig. 15.9 dal sito di via Guidorossi (Gambari et alii 1992).

Più ambigua risulta la connotazione della decorazione a spina di pesce parallela all’orlo che compare su due frammenti di scodelle da via Guidorossi e Pontetaro (fig. 15.10-11) o del moti-vo a fasci di linee (fig. 15.12) che trova numerosi confronti con il sito del Pescale (Ferrari et alii 2002, fig. 1) che potrebbe richiamare sia il vbq di III stile che la facies Isolino, più probabile anche per la tecnica di realizzazione a incisione.

5. alcune consIderazIonI conclusIve

La documentazione oggi disponibile in Emilia occidentale conferma la sovrapposizione di vbq e gruppi di primo Neolitico padano, per quanto le poche date disponibili impediscano di valutare l’effettiva estensione cronologica del fe-nomeno.

Nel sito di Ponte Ghiara gli elementi caratte-ristici della cultura vbq appaiono già pienamente formati anche se, sia nelle industrie ceramiche che litiche, sono evidenti cospicui tratti mutuati dal primo Neolitico padano. L’esplicita incor-porazione di aspetti di primo neolitico dimostra l’intenzione di attualizzare le precedenti tradizio-ni ma contemporaneamente ostenta una “forma” nuova, l’imboccatura quadrata, come afferma-zione di un nuovo codice, condiviso da un nuo-va configurazione culturale che tende a superare la frammentazione della fine del VI millennio. Un esempio è fornito dalla rielaborazione di ele-menti decorativi di primo Neolitico e dalla loro impaginazione nel repertorio della ceramica fine vbq, che dimostra l’ancora attuale comprensio-

42 Anse analoghe, ma con l’applicazione di tubercoli plastici, sono note anche dal sito tardo Ripoli di Misano Adriatico (bressan 2002).

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ne di del codice simbolico che era stato in gran parte condiviso dalle più antiche culture della Pianura Padana. La ripresa abbastanza puntuale, invece, di sintassi decorative Fiorano sulla cera-mica media e grossolana vbq sembra indicare la persistenza di un substrato culturale ancora for-temente attivo43. Il patrimonio Fiorano è utilizza-to in maniere differenti, come ad esempio indica la replica della sua forma più caratterizzante, la tazza; le prime produzioni vbq ne riproducono la forma ma non la sintassi decorativa mentre il vbq I maturo la evoca sia nella forma che nella deco-razione. Il primo caso sembra mostrare l’adesio-ne a uno “stile di vita” e a un codice simbolico condiviso da tutte le culture dell’Italia settentrio-nale a cavallo tra la fine del VI e l’inizio del V millennio. Il secondo caso invece denota quanto la tradizione Fiorano sia entrata nel bagaglio cul-turale delle genti vbq che lo hanno “incorporato”, tanto da perpetuare elementi significativi e anco-ra evocativi di una cultura non più esistente. Il bisogno di richiamare più espressamente alcuni tratti specifici denuncia come un archetipo ormai lontano sia diventato tipo formalizzato e ormai visto unicamente in rapporto alla propria tradi-zione culturale. La formalizzazione del passato, in cui vengono fissati, “dogmatizzati”, i caratteri delle proprie origini avviene infatti nel momento di transizione tra quella che viene definita me-moria attiva e la tradizione, in cui al posto del ricordo comunicativo subentra la rievocazione organizzata (Assmann 1997).

Il I stile pieno rappresentato principalmente dai siti di Benefizio, Pontetaro e Le Mose e cir-coscrivibile tra il 4700 ei 4500 a.c., è il momen-to in cui le industrie appaiono standardizzate in tutto l’areale di diffusione della cultura44 e in cui è visibile netta differenzazione tra produzioni di pregio e manufatti comuni.

Il vbq II tende ad esasperare queste tenden-ze giungendo a un’estrema gerarchizzazione del-le industrie, sottolineata anche dalla presenza di

43 Una permanenza delle tradizioni locali è evidente an-che in Liguria, dove negli aspetti più antichi del vbq, non sono attestate sintassi di tradizione Fiorano, ma elementi di tradizione tardo-Impresse come la decorazione a file di punti impressi.44 In questo momento solo la Liguria sembra dichiarare una certa autonomia dal bacino Padano come dimostrano le differenze nelle produzioni vascolari più grossolane e nella circolazione di alcune materie prime (Starnini 1999).

prodotti di alto livello tecnologico ed estetico. I siti rappresentativi di questa fase sono via Guido-rossi, Pontetaro, Gaione, Vicofertile e principal-mente per le attestazioni funerarie Le Mose. Le date a nostra disposizione collocano il momento meandro-spiralico tra il 4500 e il 4300/4200 a.c.

Le differenze riscontrabili nelle industrie li-tiche e ceramiche sembrano mostrare l’emergere di peculiarità territoriali e addirittura di singoli siti insieme a un progressivo allentamento del-la precedente tradizione comune. Esempio ne è la difformità nella distribuzione delle materie prime che rivela un progressivo distacco dalle scelte e dai codici condivisi e sembra riformu-lare in senso strettamente localistico la gestione dei rapporti con altre comunità. Un altro esempio è fornito dalle differenze riscontrabili in zone o siti diversi nel costume (scelta degli elementi di ornamento) e nelle tradizioni funerarie (deposi-zione di vasi nelle tombe maschili a Le Mose, focolari nei pressi delle sepolture a chiozza)45. tutti questi fattori indicano una progressiva di-sgregazione della forte coesione avvertita per il momento precedente, verso realtà territorial-mente più contenute, illustrando una graduale “balcanizzazione”46 del territorio vbq. Il fenome-no sembra andare di pari passo con una sempre più accentuata caratterizzazione dei ruoli di al-cuni insediamenti (ad esempio Gaione: Bernabò brea et alii 1990b) e corrispondere inoltre a una crescente diseguaglianza sociale rivelata dal-la dotazione dei corredi funerari e dalle norme sepolcrali sempre più complesse (Bernabò Brea et alii 2010). La progressiva strutturazione dei codici funerari avvertibile nel corso del II stile potrebbe dunque rispecchiare anche l’esigenza di tenere salde le tradizioni della comunità in un momento di graduale disgregazione del patrimo-nio culturale vbq, ordinando la società degli an-

45 Il dato diviene ancor più macroscopico comparando i dati con necropoli vbq fuori dall’Emilia come in Trenti-no, nel Mantovano e in Liguria. Ognuno di questi areali presenta caratteristiche proprie nel costume e nel rituale, solo in parte sovrapponibili alle evidenze offerte da altre necropoli, indicando, come già segnalato per le produzioni materiali, una progressiva frammentazione culturale delle genti vbq verso realtà più contenute territorialmente.46 Termine impiegato con l’attuale accezione geo-politica, ovvero di progressivo smembramento di una precedente unità culturale e territoriale che si articola in realtà minori che tendono a sottolineare nella loro affermazione le varie differenze che possono essere di tipo etnico e/o religioso.

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tenati perché questa si rifletta su quella dei vivi (Hertz 1970).

come si è accennato la gerarchizzazione sociale sembra andare di pari passo con l’in-troduzione di piani produttivi differenziati. L’e-sempio più eclatante è offerto dalla tecnologia litica che realizza produzioni specifiche desti-nando ad ognuna di esse determinati materiali: produzione lamellare effettuata esclusivamente su ossidiana e cristallo di rocca, uso della selce Oolitica solo per grandi lame, lame a pressione in selce del Gargano etc (Dal Santo, Mazzieri cds a e b). tale riorganizzazione include anche nuovi valori attribuiti alle diverse materie pri-me come dimostrato dalla loro specificità d’im-piego. A questa organizzazione non è estranea nemmeno l’industria in pietra levigata che tende a operare su due livelli distinti; quella riservata agli oggetti di uso quotidiano realizzati in eclo-giti e rocce provenienti dal Massiccio Voltri/beigua su grandi schegge e quella destinata agli oggetti di maggior pregio, che possono anche mostrare implicazioni sul piano simbolico e ri-tuale, confezionati su giade del Monviso (ber-nabò Brea et alii 2012).

L’introduzione di litotipi esotici come os-sidiana, cristallo di rocca e occasionalmente selce francese e garganica dimostra l’accetta-zione e la valorizzazione dell’esotico nel vbq, un fenomeno che non a caso è estraneo alle fasi formative e di stabilizzazione della cultura. Il mutamento non concerne solo ampiezza e inten-sità di contatti, ma piuttosto una riformulazione della tecnologia e delle basi ideologiche che ne stanno alla base.

I rapporti più assidui, almeno fin dagli esordi della cultura, rimangono quelli intessuti con il mondo Serra d’Alto, sia come produzio-ni materiali che sotto l’aspetto simbolico, come denunciano la ripresa di temi decorativi Serra d’Alto su forme vbq e la condivisione di aspetti del rituale funerario il cui caso più emblematico è rappresentato dalle ollette S. Martino (Maz-zieri et alii 2012). I rapporti allacciati tra le due compagini risultano infine manifesti anche dall’introduzione nelle comunità vbq di indivi-dui provenienti da ambienti peninsulari iden-tificati dalle analisi sugli isotopi dell’ossigeno (Iacumin et alii cds).

Altri elementi soprattutto sul piano simboli-co che accomunano vbq e Serra d’Alto in realtà sono rintracciabili in un milieu culturale molto

più ampio che include i Balcani; si può fare l’e-sempio dei temi decorativi meandro-spiralici, le figurine muliebri, l’incorporazione del passato (bailey 2000)47 e la scelta di oggetti che conno-tano il prestigio sociale48.

I dati relativi ai contatti tra il vbq e la sfera transalpina occidentale sembrano al momento delineare un notevole apporto di influssi che partono da oriente, probabilmente legati alla diffusione delle lame in rocce dure alpine, al-meno dall’inizio del V millennio (Beeching 1999 e 2003). Seppur i contatti tra le due com-pagini siano testimoniati solo da pochi tratti di cultura materiale, in realtà la condivisione di elementi immateriali con l’Europa centro-occidentale sembra essere più profonda, come dimostra la distribuzione delle grandi asce da parata (Jade 2012) o la costruzione delle en-ceintes (La Razza di Campegine: Bernabò Brea et alii 2008).

Nonostante questo, la documentazione esistente per l’Emilia occidentale sui rappor-ti intercorsi tra comunità vbq e Chassey tra il 4300 e il 4200 a.c.49 è al momento limitata ai pochi elementi citati, malgrado la presenza di abitati chasseani all’interno del territorio vbq. Da tale scarsità si potrebbe desumere una for-ma di intenzionale esclusione reciproca. In un momento successivo, compreso tra il 4200 e il 3900, la cultura chassey sembra sostituirsi completamente al vbq, anche se quest’ultimo resta presente come tradizione, quasi a livello di substrato, in tutti i siti chasseani finora inda-gati, come si vede da alcuni caratteri delle pro-duzioni vascolari (fondi piatti, bordi impressi e imboccature irregolarmente quadrate: Bernabò brea 2004). Restano ancora da chiarire, dun-que, i tempi e le modalità di questa sostituzione culturale che sembra comunque avvenire piut-tosto repentinamente.

47 In ambito vbq la frequente deposizione di defunti all’in-terno di elementi strutturali più antichi (fosse polilobate), in ambito Serra d’Alto lo scavo delle fosse sepolcrali nei fossati dei villaggi delle ceramiche Impresse. 48 In ambito vbq e Serra d’Alto soprattutto grandi lame e asce litiche.49 Si vedano le date disponibili per il sito di botteghino (Mazzieri, Dal Santo 2007) e per il sito di S.Andrea di tra-vo (Visentini et alii 2004).

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La Rivista di scienze PReistoRiche, rivista an-nuale dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, pubblica memorie, note e comunicazioni di alto con-tenuto scientifico.

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albeRto cazzella(1) - maRa silvestRini(2)

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2) Titolo del contributo in minuscolo al centro e privo di rimandi.

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Rivista di Scienze Preistoriche - LXII - 2012, 421-426

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5) Testo con uso di maiuscoletto per i titoli dei paragrafi in cui è suddiviso e del corsivo per i titoli di ulteriori suddivisioni al loro interno.

- Le note a piè di pagina, dopo quelle degli enti di appartenenza, dovranno avere una numerazione pro-gressiva. I riferimenti bibliografici, anche con indica-zione di pagine e di figure, devono essere inseriti nel testo, non nelle note.

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- RifeRimenti bibliogRafici nel testo (per il la-vori in corso di stampa usare la sigla cds):

(Bernabò Brea 1985)(Bernabò Brea 1985, 1988, per più lavori dello

stesso autore)(Bernabò Brea e Cavalier 1980, per 2 autori)(Bernabò Brea et alii 1989, per 3 o più autori)Per i riferimenti contenenti indicazione di pagine e

figure seguire i seguenti esempi (nel caso di due o più lavori dello stesso autore v. terzo esempio (non deve essere ripetuto il nome né inserito Idem o Id.):

(Bernabò Brea 1985, p. 138, fig. 122.3)(Bernabò Brea 1985, pp. 138-141, figg. 121;

123.5-7)(Bernabò Brea 1985, pp. 138-141, figg. 121;

123.5-7; 1988, pp. 476-477, figg. 1.5,6; 2.7,8) (Ber-nabò Brea 1985, pp. 130, 138-141, figg. 121-123; Bietti Sestieri cds).

Nel caso di due riferimenti successivi allo stesso lavoro o a lavori dello stesso autore seguire i seguenti esempi:

(Bernabò Brea 1985, p. 138, fig. 122.3) - testo - (Ibid., pp. 138-141, figg. 121, 123.5-7)

(Bernabò Brea 1985, p. 138, fig. 122.3) - testo - (Id. 1988, pp. 476-477, figg. 1.5,6; 2.7,8). Nel caso di un’autrice: Ead.abbReviazioni

- N, S, W, E per i punti cardinali (es. NW, SE ecc.)- mm; cm, m; km; m2, km2; ha- largh. = larghezza; lungh. = lunghezza; h = al-

tezza; diam. = diametro; spess. = spessore; max. = massimo/a

6) Eventuali ringraziamenti e citazioni di contribu-ti finanziari (da non inserire in note a piè di pagina, ma a questo punto, prima dei riferimenti bibliografi-ci), indicazione degli autori dei disegni (se non ripor-tata nelle singole didascalie alle figure), in corsivo. Es.

(disegni di G. Pignocchi)

7) RifeRimenti bibliogRafici in ordine alfabetico, senza numerazione né rientri, per i quali si prega di seguire i seguenti esempi nei caratteri e nella pun-teggiatura, usando le abbreviazioni dell’elenco di se-guito riportato. Per i lavori in corso di stampa vale la sigla cds; “a cura di” deve essere nella lingua del con-tributo. L’Autore potrà utilmente includere il nome della casa editrice, prima di quello della città.

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esemPio PeR aRticoli in atti di convegni, cata-loghi di mostRe, ecc. (qualora un volume non abbia curatori, mettere aa.vv. come nel penultimo esem-pio; la città prima delle pagine è quella di edizione (copyright), non il luogo in cui si è svolto il congresso o è stata realizzata la mostra; nel caso di un volume in cds, di cui non si conoscono i curatori e il luogo di edizione, mettere dopo il titolo del convegno o del-la mostra il luogo e l’anno in cui si sono svolti come nell’ultimo esempio):anzidei a.P., caRboni g. 2000, L’Eneolitico del ter-ritorio di Roma: aspetti culturali e ambiti cronologi-ci, in silvestRini m., a cura di, Recenti acquisizioni, problemi e prospettive della ricerca sull’Eneolitico dell’Italia centrale, Atti dell’Incontro di Studio, An-cona, pp. 215-230.bietti sestieRi a.m. 2006, Dal sostantivismo all’archeologia contestuale, AttiIIPP XXXIX, I, pp. 25-51.

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Per due o più contributi contenuti in uno stesso volume, introdurre un’abbreviazione per il volume come da esempi, inserendola in ordine alfabetico e di-stinguendola con il maiuscoletto corsivo:anzidei a.P., caRboni g. 2000, L’Eneolitico del ter-ritorio di Roma: aspetti culturali e ambiti cronologi-ci, in Atti Arcevia, pp. 215-230.atti aRcevia - silvestRini m., a cura di, 2000, Recenti acquisizioni, problemi e prospettive del-la ricerca sull’Eneolitico dell’Italia centrale, Atti dell’Incontro di Studio, Ancona.baldelli g. 2000, L’approccio di Salvatore M. Pu-glisi alla Civiltà Picena, in Atti Arcevia, pp. 119-121.bRonzoni l., foRnaRi c. 1997, Chiaravalle della Colomba (PC), in Terramare, pp. 311-312.teRRamaRe - beRnabò bRea m., caRdaRelli a., cRemaschi m., a cura di, 1997, Le terramare: la più antica civiltà padana, Catalogo della mostra, milano.tiRabassi J. 1997, La Braglia (RE), in Terramare, pp. 313-314.

Per contributi di uno stesso autore in uno stesso anno:tiRabassi 1997a,tiRabassi 1997b,tiRabassi 1997c,

Nei riferimenti bibliografici nel testo per indicare due o più lavori di uno stesso anno:(tiRabassi 1997a-b) (tiRabassi 1997a-c) (tiRabassi 1997a,c)

8) Didascalie delle illustrazioni in italiano e in inglese, tutte denominate figure e con numeri ara-

bi progressivi (Fig. 1 - …..), con indicata la scala di riduzione (ad es. 1:1; 1:2; 1:4) e, eventualmen-te, l’Autore dei disegni o i riferimenti bibliografici. usare i caratteri e la punteggiatura come nei seguen-to esempi:

Fig. 1 - Bronzo Antico. Elementi tipologici del grup-po di Ancarano-Sant’Angelo: 1, 3, 5, 7. Ancarano di Sirolo; 2. Grotta di Frasassi; 4, 6. Borgo Cappuccini; 8, 9. Cervidone di Cingoli (da Lucentini 1996, 1997; Peroni 1971) (1:4).

Early Bronze Age ecc.

Fig. 3 - Cisterna di Tolentino: 1-8. ceramica subap-penninica; 9. manufatto in osso; 10. vago di pasta vitrea; 11-15. pugnali e fibule in bronzo (dis. G. Pi-gnocchi) (1-9, 11-13, 1:3; 10, 1:2).

Cisterna di Tolentino: ecc.

Inserire le didascalie in fondo al testo, non in un file diverso o all’interno delle figure.

documentazione iconogRafica. Il formato delle figure in stampa è di 16 cm di larghezza fino ad un massimo di 22,5 cm di altezza, esclusa la didascalia (se ne valuti l’ingombro se non è breve); le misure si riferiscono allo spazio occupato dai disegni o foto, non inclusi i margini. La larghezza deve essere rispet-tata, l’altezza può essere inferiore.

Per risparmiare spazio si invita ad avvicinare i sin-goli elementi della figura che, se di altezza inferiore al formato della pagina, potrà essere seguita da una parte di testo.

La documentazione deve essere su CD in formato tiff, con risoluzione 350 (pixel/poll.) per le foto e 600 per i disegni, in scala di grigio. Si invita ad inviare an-che fotocopie di buona qualità degli originali.

Per i reperti (ceramiche, metalli, industria litica ecc.) si richiede la presentazione mediante disegno, eventualmente integrato da fotografie.

Le riduzioni dei materiali devono essere effettuate su scale predefinite, di norma 1:3 o 1:4 per le cerami-che, 1:2 o 1:3 per i metalli, 1: 1 per le industrie litiche salvo necessità di riduzioni per i manufatti di grandi dimensioni.

Fotografie a colori sono pubblicate solo in casi ec-cezionali e di particolare rilievo; in tal caso la Reda-zione si riserva di chiedere un contributo finanziario alle spese per la stampa.

Deve essere cura dell’Autore comporre le singole immagini entro le figure, nelle dimensioni sopra indi-cate; non devono essere inviate separatamente.

Per conferire un carattere uniforme alla rivista, si richiede di numerare i singoli elementi con carattere Times New Roman Regular dim. 9 punti (1, 2, 3), ponendo il numero in basso a destra di ciascun ele-mento.

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Eventuali lettere per suddivisioni interne alla figura devono essere in maiuscolo dim. 12 punti (A, B, C).

Si consiglia inoltre un riferimento metrico all’in- terno dell’immagine stessa per il quale si prega di usare lo stesso carattere Times New Roman Regular ma di dim. 6 punti.

Verificare che le immagini siano di buona qualità e che il testo in esse contenute sia leggibile; per questo è indispensabile che siano composte e inviate nelle misure sopra indicate.

estRatti. Agli autori delle memorie, o ai referenti nel caso di più autori, sarà trasmesso il loro contribu-to in formato pdf. Eventuali copie a stampa andranno espressamente ordinate, con buono d’ordine, al mo-mento della riconsegna delle prime bozze corrette; i relativi costi saranno a carico del committente.

ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE

AA Archäologhischer AnzeigerAAE Archivio per l’Antropologia e

l’EtnologiaAEA Archivio Español de ArqueologiaAION Annali dell’Istituto Orientale di

NapoliAIRRS Acta Instituti Romani Regni Sue-

ciaeAJA American Journal of ArchaeologyAK Archäologisches Korrespondenz-

blattAN Aquileia nostraAnnBari Annali dell’università di BariAnnBenac Annali BenacensiAnnCagliari Annali dell’università di CagliariAnnFerrara Annali dell’università di FerraraAnnGavardo Annali del museo di GavardoAnnLecce Annali dell’università di LecceAnnPadova Annali dell’università di PadovaAnnSpezia Annali del museo Civico “u.

Formentini” di La SpeziaAntAfr Antiquité AfricainesAntrAlp Antropologia Alpina Annual Re-

portAnzSchwAltert Anzeiger für Schweizerische Al-

tertumskundeArchCl Archeologia ClassicaArchLaz Archeologia LazialeArchLig Archeologia in LiguriaArchSard Archeologia SardaArchStPugl Archivio Storico PuglieseArchStSard Archivio Storico SardoArchStSicOr Archivio Storico per la Sicilia

Orientale ArchVen Archeologia VenetaASISN Atti della Società Italiana di

Scienze Naturali

ASV Annuario Storico della Valpoli-cella

Athesia Athesia. Rivista del Centro Ri-cerche Ambientali “Athesia”

AttiCivmusTrieste Atti dei Civici musei di Storia ed Arte di Trieste

AttiDaunia Atti del... Convegno sulla Prei- storia, Protostoria, Storia della Daunia

AttiIIPP Atti della...Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria

(es. AttiIIPP XXXIX)Attimemmarche Atti e memorie della Deputazi-

one di Storia Patria delle marcheAttimemmG Atti e memorie della Società

magna GreciaAttimusCivTrieste Atti del museo Civico di Storia

Naturale di TriesteAttiPPE Atti del... Incontro di Studi “Pre-

istoria e Protostoria in Etruria” (es. AttiPPE II)

AttiRovigno Atti del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno

AttiSEI Atti del…Convegno di Studi Etruschi e Italici

AttiSocFriuli Atti della Società per la Preisto-ria e la Protostoria della Regione Friuli-Venezia Giulia

AttiSocTosc Atti della Società Toscana di Sci-enze Naturali, memorie

AttiTaranto Atti del…Convegno di Studi sul-la magna Grecia

AttiuISPP Atti del...Congresso Internazio-nale di Scienze Preistoriche e Protostoriche

BAR British Archaeological ReportsBCCSP Bollettino del Centro Camuno di

Studi PreistoriciBCuneo Bollettino della Società per gli

Studi Storici Archeologici ed Ar-tistici della Provincia di Cuneo

BdA Bollettino d’ArteBdArch Bollettino di ArcheologiaBEPAA Bulletin d’Etudes Préhistoriques

et Archéologiques AlpinesBmonaco Bulletin di musée Préhistorique

de monacoBPI Bullettino di Paletnologia ItalianaBRGK Bericht der Römisch-Germani-

schen KommissionBSA Annual of the British School at

AthensBSGI Bollettino del Servizio Archeo-

logico ItalianoBSPF Bulletin de la Société Préhisto-

rique FrançaiseBTorino Bollettino della Società Piemon-

tese di Archeologia e Belle Arti

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BVerona Bollettino del museo Civico di Storia Naturale di Verona

DArch Dialoghi di ArcheologiaDocA Documenta AlbanaDocAmérid Documents d’Archéologie méri-

dionaleEJA European Journal of Archaeol-

ogyEP Emilia PreromanaERAuL Études et recerches Ar-

chéologiques de l’université de Liège

ÉtPr Études PréhistoriquesGallia Pr Gallia PréhistoireIG Incunabola GraecaJAS Journal of Archaeological Sci-

enceJFA Journal of Field ArchaeologyJmA Journal of mediterranean Ar-

chaeologyJRGZm Jahrbuch des Römisch-

Germanischen Zentralmuseums mainz

mAL monumenti Antichi dell’Acca- demia dei Lincei

mDAI-AA mitteilungen des Deutschen Archaeologischen Instituts, Athenische Abteilung

mDAI-RA mitteilungen des Deutschen Archaeologischen Instituts, Roemische Abteilung

mEFRA mélanges de l’École Française de Rome, Antiquité

mémFranç mémoires de la Societé Préhisto-rique Française

memLinc memorie dell’Accademia dei Lincei

memTorino memorie dell’Accademia delle Scienze di Torino

memVeneziaTrid memorie del museo di Storia Na-turale della Venezia Tridentina

memVerona memorie del museo Civico di Storia Naturale di Verona

NAB Notizie Archeologiche Bergo-mensi

NBAS Nuovo Bullettino Archeologico Sardo

NmusKlitsche Notiziario del museo Civico “A. Klitsche de la Grange”

NSAL Notiziario della Soprintendenza Archeologica della Lombardia

NSc Notizie degli Scavi di AntichitàOrigini Origini. Preistoria e Protostoria

delle Civiltà AntichePA Preistoria AlpinaPadusa Padusa. Bollettino del Centro

Polesano di Studi Storici, Arche-ologici ed Etnografici

PBF Prähistorische Bronzefunde PBSR Papers of the British School at

RomePCIA Popoli e civiltà dell’Italia anticaPDA Profili della Daunia AnticaPP La Parola del PassatoPPS Proceedings of the Prehistoric

SocietyPSAT Patrimonio storico e artistico del

Trentino, Collana di pubblica-zioni del Servizio Beni Cultur-ali della Provincia Autonoma di Trento

PZ Praehistorische Zeitschrift QAbr Quaderni del museo delle Tra-

dizioni Popolari AbruzzesiQAV Quaderni di Archeologia del

VenetoQPiRg Quaderni del Parco delle Incisio-

ni Rupestri di Grosio, Sondrio. QProt Quaderni di Protostoria

dell’università di PerugiaQSACO Quaderni della Soprintenden-

za Archeologica di Cagliari e Oristano

QSAL Quaderni della Soprintendenza Archeologica della Liguria

QSAP Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte

QSASN Quaderni della Soprintendenza Archeologica di Sassari e Nuoro

RassA Rassegna di ArcheologiaRivA Rivista di ArcheologiaRSF Rivista di Studi FeniciRSL Rivista di Studi LiguriRSP Rivista di Scienze PreistoricheSA Studi di Antichità dell’università

di LecceSDA Studi e Documenti di Archeolo-

giaSE Studi EtruschiSEQ Studi per l’Ecologia del Quater-

narioSibrium Sibrium. Collana di studi e docu-

mentazioniSicA Sicilia ArcheologicaSImA Studies in mediterranean Ar-

chaeologysmea Studi micenei ed Egeo-Anatolici SS Studi SardiSSA Studies on Sardinian Archaeol-

ogySTSN Studi Trentini di Scienze NaturaliSTSS Studi Trentini di Scienze StoricheTaras Taras. Rivista di ArcheologiauFzPA universitätforschungen zur

prähistorischen ArchäologieVF Vorgeschichtlichen Forschungen

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A. Segre, F. Mallegni, On the environment and age of Homo cepranensis ..........................................

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M.a. Borrello, J. BoSch, J. De groSSi MaZZorin, a. eStraDa Martín, X. eSteVe, M. gorgoglio-ne, F. MariéthoZ, J. naDal, X. oMS, Les parures néolithiques en corail (Corallium rubrum L.) d’Europe occidentale .....................................................................................................................

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M. MigliaVacca, Tra Veneti e Reti: individuazione di polities nella montagna veneta dell’età del Ferro ..............................................................................................................................................

a. MoraVetti, Ricordo di Giovanni Lilliu ............................................................................................

RECENSIONE .......................................................................................................................................

ISTITUTO ITALIANO DI PREISTORIA E PROTOSTORIA. Attività 2011 ........................................

NORME PER GLI AUTORI ..................................................................................................................

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RIVISTA DI SCIENzE PREISTORICHEVol. LXII - 2012

INDICEMEMORIE

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Edizioni ETSPiazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa

[email protected] - www.edizioniets.comFinito di stampare nel mese di maggio 2013

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