Gli studi di Pietro Calderini sulla geologia del Monte Fenera. Il contributo scientifico dei...

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ROBERTO FANTONI Gli studi di Pietro Calderini sulla geologia del Monte Fenera. Il contributo dei ricercatori locali nell’Ottocento valsesiano estratto da FANTONI R., CERRI R. & DELLAROLE E. (2005) – D’acqua e di pietra. Il Monte Fenera e le sue collezioni museali, pp. 44-52.

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ROBERTO FANTONI

Gli studi di Pietro Calderini sulla geologia del Monte Fenera. Il contributo dei ricercatori locali nell’Ottocento valsesiano

estratto da FANTONI R., CERRI R. & DELLAROLE E. (2005) – D’acqua e di pietra. Il Monte Fenera e le sue collezioni museali, pp. 44-52.

In Valsesia l’Ottocento fu un momento digran fermento culturale, che portò alla nascitadi tutte le principali associazioni locali (CAGNA,questo volume, pp. 23-28). I protagonisti diquesta stagione si distinsero per un singolareeclettismo e per una molteplicità d’interessi,che permise loro di affrontare con competenzatanto le ricerche a carattere storico quantoquelle a carattere scientifico. Alcuni di questiricercatori, come l’abate Antonio Carestia diRiva Valdobbia,1 raggiunsero una notorietàscientifica internazionale nel settore di compe-tenza. Ma a fianco di quest’attività di ricercache risultarono rilevanti anche se svolte fuoridel mondo accademico, altri valsesiani porta-rono altri significativi contributi, soprattutto insettori e aree di ricerche ancora pionieristiche.Emblematiche di questi tipi di studi furono lericerche geologiche 2 condotte sulla montagnache domina Borgosesia, quel Monte Fenerache GASTALDI (1871) riteneva “il più bel montedelle nostre prealpi”.

GLI STUDI PIONIERISTICI SULLAGEOLOGIA DEL MONTE FENERA

Le prime descrizioni del Monte Fenera furonoeseguite nei decenni centrali dell’Ottocentodai ricercatori impegnati nella redazione delleprime carte geologiche. Gli studi effettuati ave-vano prevalentemente carattere estemporaneo,limitandosi, come riportano gli stessi titoli deilavori pubblicati, ad “osservazioni notizie e schia-rimenti”. Talora queste relazioni contenevanodescrizioni minuziose, ma altre volte riportava-no grossolani errori d’interpretazione litologi-ca o stratigrafica destinati ad essere progressi-vamente corretti dagli autori successivi. Il primo di questi lavori è opera di Angelo Si-

smonda,3 cui si deve una descrizione geologicadel Monte Fenera, identificato nel lavoro sem-plicemente come “Orlongo” (SISMONDA, 1840), ela stesura della prima carta geologica del setto-re alpino compreso tra il Torrente Elvo e il Fiu-me Ticino (in scala 1:430.000)4 (fig. 1). Nel1848 1’autore pubblicò nuovi dati sull’area,producendo una nuova carta geologica in scala

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GLI STUDI DI PIETRO CALDERINI SULLA GEOLOGIA DEL MONTE FENERA.IL CONTRIBUTO SCIENTIFICO DEI RICERCATORI LOCALINELL’OTTOCENTO VALSESIANO

Roberto Fantoni (CAI Varallo - Società Valsesiana di Cultura - Zeisciu Centro Studi)

1 - Sulla figura e gli scritti dell’abate Antonio Carestia sirimanda al recente volume a lui dedicato (BONOLA,1998).

2 - Una bibliografia geologica completa del Monte Fene-ra, costituita da 40 pubblicazioni edite tra il 1818 e i11991, riprodotte da originali giacenti in diverse bibliote-che di istituti scientifici, ordinata e commentata critica-mente da Elena Fantoni è depositata in un volume uni-co (Bibliografia del Monte Fenera) presso la Biblioteca Civi-ca di Borgosesia.

3 - Angelo Sismonda nacque a Corneliano d’Alba il 20agosto 1807; successe a Borsone nella cattedra di mine-ralogia a Torino e nella direzione del museo mineralogi-co (che fu successivamente trasferito a Palazzo Carigna-no). Nel 1860 divenne preside della Facoltà di scienze fi-siche, naturali e matematiche dell’università di Torino.Morì nel 1878 (RICOTTI, 1879; SOBRERo, 1879).

4 - La carta, “colorata a mano”, è senza titolo; è censita inPELLATI (1904, p. 140) come “carta della valle d’Ossola e diparte della valle Sesia dal Lago Maggiore a Biella”.

Fig. 1 - Carta geologica del settore alpino compreso tra il T. Elvo e il F. Ticino allegata al lavoro di Sismonda del 1840

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1:300.000 (SISMONDA, 1848).5 SuccessivamentePARETO (1858-59) introdusse alcune interessan-ti precisazioni litostratigrafiche e STOPPANI(1859), in una breve memoria sul lavoro di Pa-reto, propose alcune correlazioni regionali cheevidenziavano la frammentarietà del quadro li-tostratigrafico ricostruibile in quella fase deglistudi. L’inconsistenza delle correlazioni basate sulleosservazioni estemporanee dei primi studi re-gionali pose alla ricerca geologica l’esigenza distudi monografici di dettaglio. Portis nel 1886sottolineava come “la scienza abbia ... bisogno distudi monografici, anche troppo minuziosi su localitàlimitatissime e particolarmente interessanti, sui qualibasarsi, per estendersi con successive osservazioni sud’aree più vaste e meno complicate”. AnalogamenteSTRUEVER (1890) suggeriva che il miglior meto-do di ricerca, era “quello di moltiplicare gli studi didettaglio”, metodo ritenuto “lungo e faticoso, maassai più utile al vero progresso della Scienza”.Il primo di questi lavori monografici sul MonteFenera fu condotto da un naturalista nato e vissu-to alla base del monte: Pietro Calderini (BONOLA;FANTONI et alii, questo volume, pp. 41-43, 30-40),alla cui attività è legata la nascita dell’omonimomuseo (DELLAROLE, questo volume, pp. 53-58).

LE RICERCHE DI PIETRO CALDERINISUL MONTE FENERA

La passione alpinistica, coniugata ad una viva-ce curiosità naturalistica, spinse il Calderini adun’osservazione attenta di tutto l’ambiente na-turale che ospitava le sue escursioni ed ascen-sioni. Ma la curiosità superò ben presto i limitidel dilettantismo: la minuziosità con cui esa-minò gli affioramenti del Monte Fenera è testi-moniata dal dettaglio con cui descrisse l’area

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5 - Durante i rilievi nelle Alpi occidentali Sismonda rac-colse oltre 4000 campioni litologici, mineralogici e pa-leontologici, raccolti e catalogati nella “Collezione Alpi”,conservata presso il Dipartimento di Scienze della Terradi Torino e attualmente depositata presso il Museo regio-nale di Scienze naturali di Torino (fig. 2). I campionisono censiti nel “Catalogo della Raccolta Geologica delleAlpi”, manoscrito inedito in due volumi; il catalogo origi-nariamente redatto da un amanuense tra il 1835 e il 1870

fu continuamente aggiornato dal Sismonda. I campionirelativi al Monte Fenera conservano ancora l’etichetta au-tografa di Sismonda, relative alla località di campiona-mento (“monte S. Bernardo sopra Grignasco Valle Sesia”), equella di Luigi Bellardi, cui si deve probabilmente la de-terminazione della specie (“Ammonites Thonarensis Liasinf”). I campioni relativi alla Valsesia sono censiti nel v. 1,pp. 25-38. La collezione fu riorganizzata da Carlo FeliceParona, che divenne direttore del museo nel 1879.

Fig. 2 – Campione di calcari giurassici ad ammoniti apparte-nente alla ‘Collezione Alpi’, raccolta da Sismonda e depositatapresso il Museo di Scienze Naturali di Torino (campione34629). Il campione conserva ancora l’etichetta autografa diSismonda, relativa alla località di campionamento (“monte S.Bernardo sopra Grignasco Valle Sesia”), e quella di Luigi Bel-lardi, cui si deve probabilmente la determinazione della specie(“Ammonites Thouarsensis Lias inf”). Il campione è censito nel-l’inedito “Catalogo della Raccolta Geologica delle Alpi” (p. 38),con il numero 3144 ed è descritto come “Calcare cristallino, bi-gio scuro, scistoso con impronta dell’Amonites Thouarsensisd’Orb Lias inf preso passata la cappella di St. Bernardo nellamontagna La Colma al L. di Borgo Sesia”

nella prima monografia scientifica ad esso de-dicata, pubblicata sugli atti della Società discienze naturali.La profondità dei suoi studi è documentata an-che dall’intensa collaborazione scientifica con

i più validi ricercatori dell’epoca. IlCalderini fu, infatti, punto di riferi-mento locale per tutti i geologi ita-liani che in quegli anni studiaronoquesto settore delle Alpi occidenta-li. I fossili da lui raccolti nei deposi-ti pliocenici della Val Strona furo-no determinati da Micheletti ed illoro elenco fu successivamentepubblicato da GASTALDI (1871).6

Il Calderini collaborò successiva-mente con Meneghini, uno strati-grafo specializzato nello studio del-le serie giurassiche delle Alpi Meri-dionali. Meneghini esaminò le fau-ne fossili raccolte dal Calderinipresso l’alpe Fenera, sul lato nord-orientale del monte e la descrizio-ne di questi esemplari fu pubblica-

ta in una possente monografia (MENEGHINI,1867). Calderini diede da esaminare a Mene-ghini anche le foglie rinvenute nelle argilleplioceniche della Val Strona di Valduggia. Peruna di queste, riconosciuta come specie nuova,Meneghini propose il nome specifico di PerseaCalderinii (TONETTI, 1891, p. 27) (fig. 3).7

Fu poi lo stesso Calderini a suggerire lo studio delMonte Fenera ad un altro geologo, Carlo FabrizioParona,8 che, “invitato dall’ottimo amico e egregio na-

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Fig. 3 - Foglie di ‘Persea Calderinii’ provenienti dai depositipliocenici della Val Strona di Valduggia conservate al MuseoCalderini

6 - Bartolomeo Gastaldi nacque a Torino il 10 febbraio1818; dopo la laurea in legge, ottenuta nel 1839 si con-vertì alle scienze naturali. Nel 1861 divenne assistente enel 1863 assunse la cattedra di mineralogia presso la Scuo-la superiore di ingegneria di Torino e nel 1867 aprì il cor-so di geologia all’Università di Torino. Morì nel 1878 (SEL-LA, 1879, SOBRERO, 1879) La collaborazione fu contraccambiata dal Gastaldi, allorapresidente del CAI, che venne in aiuto all’amico nella co-stituzione del locale museo di storia naturale (‘Il MonteRosa’, 18 agosto 1867). Numerosi geologi concorsero poialla dotazione di fossili e minerali. Una raccolta di minera-li fu donata da Luigi Bombicci, professore di mineralogiaall’Università di Bologna. La sezione mineralogica si arric-chì progressivamente, tanto da poter affermare, alcunianni dopo, che la raccolta mineralogica è di primissimo ordine,e musei universitari potrebbero invidiarcela (‘Corriere Valsesia-no’, 26 maggio 1906).Ugualmente ricca fu la sezione paleontologica. L’archiviodella Società d‘incoraggiamento allo studio del disegnodi Varallo – Museo Calderini (sASV, m. 21) conserva unCatalogo delle conchiglie classificate per l’istituto Tecnico di Va-rallo con l’indicazione in nota “conchiglie fossili terziarie spe-

dite dal prof Balsamo-Crivelli. Conchiglie del Pliocene” trovate“sopra Bettole, vicino al Ponte S. Quirico”, sono segnalate trale donazioni pervenute al museo (‘Gaudenzio Ferrari’, 15marzo 1884).

7 - La denominazione Persea Calderinii in realtà non fu maiformalizzata. SORDELLI (1896, p. 93) scrive di aver visto lefilliti di Valduggia “per gentilezza del prof. Ab. Piero Calderini …esse erano state vedute dal compianto prof. Meneghini che le avveaaccompagnate con qualche nome. Per quanto mi consta tali deno-minazioni non furono mai rese pubbliche …”. Sordelli riporta ladenominazione Persea princeps, che costituisce probabil-mente una sinonimia del nome attribuito da Meneghini.

8 - Carlo Felice Parona nacque l’8 maggio 1855 a Mele-gnano. Dopo aver conseguito la laurea in scienze naturalinell’Università di Pavia nel 1878 rimase nell’ateneo comeassistente di Torquato Taramelli. Nel 1888 assunse la cat-tedra di geologia all’Università di Torino, ove rimase peroltre quarant’anni, svolgendo ricerche prevalentementein campo paleontologico. Negli stessi anni ampliò ed ar-ricchì il museo di Torino affidato alle sue cure. Morì il 15gennaio 1939 (D’ERASMO, 1939).

turalista prof. cav. Calderini, Presidente della Sezionedel C.A.I. di Varallo, e onorato dall’incoraggiamento diSella e del Prof. T. Taramelli”, nel 1886 estese i suoistudi geologici alla Valsesia e trovò nello studiosolocale un valido collaboratore che gli permise di

esaminare le collezioni di fossili da lui raccolte econservate nel museo di storia naturale. I campioni raccolti dal Calderini furono poi con-servati nel museo aperto nello stesso periodo aVarallo (DELLAROLE, questo volume pp. 53-58).

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9 - Il lavoro fu pubblicato nel 1869 anche dall’editoreColleoni di Varallo. L’esemplare conservato nella Biblio-teca civica ‘Farinone-Centa’ di Varallo (proveniente dal-

la biblioteca di Federico Tonetti) reca sul frontespizio ladedica autografa del Calderini “al suo amico farmacistaBernardo Regaldi. Omaggio di Calderini Pietro” (fig. 6).

Fig. 4 - Campioni raccolti da Pietro Calderini depositati presso il museo e appartenenti al Complesso Vulcanico Permiano (a), allaDolomia di S. Salvatore (b) e ai Calcari spongolitici (c, d)

IL PRIMO STUDIO MONOGRAFICOSUL MONTE FENERA

Nella memoria La geognosia e la geologia delMonte Fenera allo sbocco di Valsesia, presentataalla riunione straordinaria della Società italia-na di Scienze Naturali svoltasi a Verona nel1868 e successivamente pubblicata sugli attidella società,9 Calderini raccolse organica-mente le osservazioni effettuate durante lenumerose escursioni geologiche effettuate sulmonte (fig. 5). Il lavoro, dopo un’attenta edaggiornata analisi bibliografica, fornisce unaprecisa descrizione geologica dell’area soste-nuta da un notevole dettaglio stratigrafico(CALDERINI, 1868). Alla base del monte l’autore descrive una po-tente serie di porfidi quarziferi di età paleo-zoica.10 Sopra ai porfidi segnala, lungo la stra-da che sale ad Ara, un conglomerato rosso brunocorrispondente al banco a tritumi di SISMONDA(1838) che l’autore, sulla scorta del PARETO(1858), correla con il Verrucano e ritiene ilpunto di transizione tra i terreni paleozoici equelli mesozoici. Questa correlazione, anchese oggetto di recenti revisioni (FARABEGOLI eDE ZANCHE, 1984; FANTONI, 1990-91), costituìper oltre un secolo il caposaldo dell’interpre-tazione della base della serie sedimentaria tra

il lago di Como e la terminazione occidentaledelle Alpi meridionali. Lungo la strada Varallo-Novara segnala anchel’interposizione per un breve tratto di banchidi calcare argilloso stratificato in letti,11 che sullascorta di STOPPANI (1859), sono paragonati alServino. Sopra ai porfidi, e localmente sopra ai conglo-merati e ai calcari argillosi, descrive una seriecostituita da dolomie bigie, dolomie scure edolomie attraversate da “venuzze rossigne”. Nel-la parte superiore dell’unità distingue una do-lomia di color bianco-rossastro che ritiene at-tribuibile al Triassico superiore, a differenzadel resto del corpo dolomitico, ritenuto di etàTriassico inferiore-media.12

Fornisce infine un buon dettaglio della seriesopra la dolomia descrivendo calcari rossi at-traversati da “filoncini di calcare bianco-latteo”,13

“un’arenaria calcare rosso-violacea”, e un’arena-ria rossa quarzosa,14 un’arenaria calcarea stra-tificata di colore variabile dal verdastro all’az-zurrognolo al bigio che ritiene paragonabilealla Pietra di Viggiù.15 Paragona i sovrastanticalcari neri alla pietra calcare di Saltrio e ri-porta per la presenza d’ammoniti l’attribuzio-ne del PARETO (1858) al Lias. Anche questecorrelazioni, sostanzialmente ancora valide,testimoniano oltre al già documentato aggior-

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10 - La nomenclatura delle unità litostratigrafiche è spes-so caratterizzata da sinonimie: il porfido quarzifero di CAL-DERINI (1868) corrisponde al porfido quarzifero di SISMON-DA (1839); porfido di NERI (1878); porfido di RASETTI(1898); 1t del REGIO UFFICIO GEOLOGICO (1927); Comples-so Vulcanico Permiano di FANTONI (1990-91).

11 - L’unità corrisponde a: Calcare nerastro di NERI (1874);Calcare nero bituminoso di PARONA (1888); Calcare bituminosodi RASETTI (1897); T2 p.p. del REGIO UFFICIO GEOLOGICO(1927) ove questi litotipi sono descritti in legenda come“calcari bituminosi con intercalazioni scistose”; Dolomie ed argillenere del Pissone di FANTONI (1990-91).

12 - L’unità corrisponde a: Dolomie e calcari di NERI(1874); Dolomie e calcari dolomitici di PARONA (1888); Do-lomia a Gyroporelle (Diplopore) di RASETTI (1897); T2 delREGIO UFFICIO GEOLOGICO (1927); Trias sup. e medio diGOVI (1977); Undifferentiated Anisian-Ladinian dolomitesdi FARABEGOLI e DE ZANCHE (1984); Dolomia di S. Salvato-re in FANTONI (1990-91).

13 - L’unità non era mai stata segnalata in precedenza. Ilitotipi che la costituiscono erano stati erroneamentedefiniti da RASETTI (1897) calcari variegati (p. 162) ecome tali sono inclusi nella parte superiore della Dolo-mia a Gyroporelle. Corrispondono alle Brecce del M. Feneradi FANTONI (1990-91).

14 - Questa unità corrisponde a: arenarie rosse di NERI(1874); arenarie giallastre-violacee e rosse di RASETTI(1897); L1 del REGIO UFFICIO GEOLOGICO (1927); Liasmedio (Pliensbachiano?) di GOVI (1977); Arenarie di S. Qui-rico di FANTONI (1990-91).

15 - L’unità corrisponde al Membro inferiore dei Calcarispongolitici di FANTONI (1990-91), corrispondenti a: 15,Calcare selcioso del Lias inf. con arenaria di PARONA (1886;tav. I e tav. III, fig. 5); Calcari selciosi, arenaria calcare eschisti calcareo-arenacei del Monfenera p.p. di PARONA(1886; p. 98); L2 p.p. del REGIO UFFICIO GEOLOGICO(1927); Lias medio (Domeriano) p.p. di GOVI (1987).

namento bibliografico, la buona capacità in-tuitiva del Calderini. Il Calderini si soffermò sugli aspetti geologicidel monte anche nel “discorso letto all’adunanzadel Club Alpino Italiano il 29 agosto 1869” in Va-rallo, successivamente pubblicato nel bolletti-no del sodalizio (CALDERINI, 1869). Il Calderi-ni fu anche il primo autore a sottolineare lapresenza di grotte sul fianco del monte, auspi-candone un’esplorazione più dettagliata.16

I SUCCESSIVI STUDI MONOGRAFICI SINO ALLA PUBBLICAZIONE DEL FOGLIO GEOLOGICO ‘VARALLO’

Lo stesso Calderini, un anno dopo la pubbli-cazione della sua monografia, in un discorsosulla Valsesia tenuto al primo congresso nazio-nale del CAI (CALDERINI, 1869) ammettevache le ricerche sulla geologia del Monte Fene-ra non erano certo concluse, e riteneva anziche “pochi finora fra i cultori della scienza geologi-ca studiarono nella loro intierezza le molteplici for-mazioni che vi esistono, e che pur meritano tuttal’attenzione di sperimentato osservatore”. Il lavorodi dettaglio stratigrafico fu proseguito, con di-versa competenza da altri ricercatori locali:Carlo Neri e Carlo Zoia. Carlo Neri 17 fu, come molti uomini del suotempo, appassionato alpinista ed attento natu-

ralista. I frutti delle sue osservazioni sul M. Fe-nera furono presentati all’adunanza del 24agosto 1873 della sezione del CAI di Varallo,di cui era entrato a far parte l’anno preceden-te. Il testo della sua conferenza sulla “Costitu-zione geologica del Monte Fenera” fu successiva-mente pubblicato sul bollettino del CAI (NERI,1874).Al lavoro di Neri si devono importanti precisa-zioni stratigrafiche che ancora una volta testi-moniano non solo una dettagliata osservazio-ne di tutti gli affioramenti del monte, ma an-che una notevole capacità intuitiva applicataad una disciplina non praticata professional-mente. Nella ricostruzione degli eventi geologici si hainfine il primo accenno noto in letteratura“alla linea che passa da Arona, Invorio, Gozzano,Monte Fenera, Crevacuore e Valle di Roasenda”quale limite settentrionale al dominio marinomesozoico. Linea che sarà successivamenteenfatizzata come uno dei principali lineamen-ti strutturali delle Alpi attualmente noto inletteratura come Linea della Cremosina. Lamonografia è corredata da un profilo in scala1:25.000 attraverso la bassa Valsesia. Pochi anni dopo fu Carlo Zoia 18 ad occuparsidel Monte Fenera.19 Una sua nota senza prete-se scientifiche e priva dei contenuti innovativipresenti nei lavori di Calderini e Neri fu pub-blicata sul bollettino del CAI (ZOIA, 1880).

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16 - Sul Monte Fenera e nelle sue grotte il Calderinicondusse anche i partecipanti all’assemblea del Club Al-pino svoltasi nel 1873 a Varallo. La cronaca, a firma del-lo stesso Calderini, è riportata su ‘Il Monte Rosa’ del 30agosto 1873.Il ruolo carismatico assunto dal Calderini nelle ricerchesul Monte Fenera è testimoniato da una cronaca apparsasu ‘La Rivista Valsesiana’ del 1908. L’autore, Aldo Canto-ne, descrive una sua campionatura di fossili sul monte eil colloquio con un viandante: “- E lei cosa cerca? - Conchiglie fossili…- Mi duole per lei; non ne troverà- E pure il professore Calderini ne raccolse trentacinque esem-plari e nel museo di Varallo …- Viaggia per conto del professore Calderini lei?Qui debbo confessare la mia bugia, la quale non mirava affat-

to ad adornarmi con un titolo superiore a’ miei meriti …nonvalse il nome autorevole dell’illustre mio concittadino a smuo-ver il giudizio di quell’uomo”.

17 - Carlo Neri nacque a Varallo nel 1849. Esercitò laprofessione di notaio a Cravagliana e Fobello. Rimastovedovo si trasferì a Grottammare Marche ove si risposòe rimase sino alla morte, sopravvenuta nel 1925. Qui fuconservatore del locale archivio notarile e consiglierecomunale. Fu attivamente presente nella scena cultura-le valsesiana come collaboratore del giornale ‘Il MonteRosa’ e multiforme pubblicista ed anche dopo il suotrasferimento nelle Marche rimase legato al mondoculturale valsesiano, intrattenendo una fitta corrispon-denza con lo storico d’ arte varallese Pietro Galloni econtinuando a collaborare con il giornale il periodicovalsesiano (‘Corriere Valsesiano’, 7 marzo 1925; BARBA-NO, 1990, p. 191).

Alla geologia del monte dedicò alcuni appun-ti, rimasti inediti, anche il sacerdote GiovanniBattista Rasario, vissuto negli anni centralidell’Ottocento. Alcune notizie sulla geologiadella Val Strona e del Monte Fenera sonocontenute in una relazione inedita intitolatasemplicemente “Valduggia”; ma il Rasario sisoffermo sulla geologia del Monte in un “sup-plemento alla relazione”, anche quest’inedito enon datato.20 Il contributo, mancando del cor-retto approccio metodologico presente nei la-vori sopra citati, risulta abbastanza disordina-to e privo d’apporti innovativi.

I lavori di Calderini e Neri furono le basi diriferimento per le note geologiche inseritenelle prime guide della Valsesia a partire daTONETTI (1891), che cita esplicitamente i dueautori precedenti e riporta un’accurata eprecisa descrizione della serie geologica, l’u-nica presentata nella descrizione delle loca-lità valsesiane.21.Negli anni successivi “invitato dall’ottimo amicoe egregio naturalista prof cav. Calderini, Presiden-te della Sezione del C.A.I. di Varallo, e onoratodall’incoraggiamento di Sella e del Prof. T. Tara-melli”, iniziò i suoi studi geologici in ValsesiaCarlo Fabrizio Parona, socio della sezione diVarallo del CAI dal 1882, che aveva in prece-denza lavorato sulle aree contigue del lagod’Orta (PARONA, 1880a, 1880b, 1882a, 1882b).La voluminosa memoria geologica, estesa atutta la Valsesia e al lago d’Orta, sintesi diprecedenti studi di dettaglio, fu pubblicatanel 1886 (PARONA, 1886). A quest’autore si deve la prima interpretazio-ne geologica del fenomeno carsico nelle do-lomie. Il voluminoso lavoro è corredato dauna carta geologica in scala 1:250.000 e dauna serie di profili in scala 1:25.000. Una memoria del 1897 di Emilio Rasettichiude in modo esauriente questo ciclo distudi monografici. L’autore fornisce una pre-cisa analisi bibliografica, un’accurata descri-zione delle unità litostratigrafiche e una loroattribuzione cronostratigrafica. Al lavoro ven-gono allegate una carta geologica e due se-zioni in scala 1:25.000 22 (fig. 6). Ad inizio secolo compaiono una serie di rela-zioni di Silvio Franchi sul rilevamento geolo-gico eseguito per la realizzazione di alcunifogli della Carta Geologica d’Italia. Di parti-

colare interesse è la segnalazione del 1904 dinuovi affioramenti di Triassico e Liassico inValsesia. Tra questi è correttamente segnala-to il lembo di Valduggia in Val Strona ma vie-ne anche erroneamente attribuito a questeunità l’affioramento del Sasso Bianco a norddi Grignasco. Ma a quest’Autore si deve so-prattutto la descrizione dei sistemi di fratturadella Cremosina e della Colma, evidenziatenella sezione geologica unita al lavoro (FRAN-CHI, 1904). La sintesi di quasi cinquant’anni di studi didettaglio avvenne nel 1927 con la pubblicazio-ne da parte del Regio Ufficio Geologico delfoglio Varallo della Carta Geologica d’Italia.

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18 - Carlo Zoia nacque a Varallo ne11806. Esercitò laprofessione notarile a Valduggia ed a Varallo sino allasua scomparsa, avvenuta ne11886. Fu valente alpinistaed attivo uomo pubblico, partecipò alla vita pubblica val-sesiana e fu presente in alcune delle principali istituzio-ni varallesi: la sezione del CAI, il Comizio agrario, gliistituti di belle arti e di beneficienza (‘Gaudenzio Ferra-ri’, 2 gennaio 1886; BARBANO, 1990, p. 190).

19 - Con una lettera di accompagnamento datata Varallo8 giugno 1885 Carlo Zoia trasmise a Pietro Calderini imanoscritti di Giovanni Battista Rasario, da lui avuti econservati senza aver avuto modo di occuparsene (sASV,FSln, b. 20, f. 7). Tra i manoscritti (Valduggia, Supplemen-to a Valduggia e Monte Fenera, Alcune osservazioni geologichesulle fenditure del Monte Fenera) compaiono alcune osser-vazioni geologiche sul Monte Fenera e sulla valle di Val-duggia.

20 - Ma successivo al 1841, anno di pubblicazione del la-voro di Sismonda citato dall’autore (sASV, Archivio dellaSocietà d‘incoraggiamento allo studio del disegno di Va-rallo – Museo Calderini, b. 20).

21 - Alla “Costituzione geologica e litologica del territorio” èinvece dedicata una specifica sezione dei paragrafi intro-duttivi generali, dotata di bibliografia completa ed ag-giornata (pp. 18-25).

22 - A Rasetti si deve anche la prima segnalazione delrinvenimento, avvenuto nel 1871, di faune pleistoceni-che nella breccia ossifera di Ara (cfr. SANTI et alii, questovolume, pp. 223-229), già collocate nel Museo Calderinidi Varallo (DELLAROLE, questo volume, pp. 53-58).

RINGRAZIAMENTISi ringrazia Franca Campanino (Museo regio-nale di Scienze naturali di Torino) per leinformazioni sulle collezioni del museo; LucaMartire e Daniele Ormezzano per le ripresefotografiche dei campioni del Museo di Tori-no; Luigi Garavaglia per quelle del Museo Cal-derini a Varallo.Si ringraziano inoltre Edoardo Martinetto(Dipartimento di Scienze della Terra dell’Uni-versità di Torino) per le informazioni sullaPersea Calderinii e Piera Mazzone (Bibliotecacivica ‘Farinone-Centa’, Varallo) per la ricercae la riproduzione del frontespizio dell’estrattodello studio di Calderini sulla geologia delMonte Fenera stampato nel 1869 dall’editoreColleoni di Varallo.

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Fig. 6 - Sezioni geologiche attraverso il Monte Fenera allegate alla monografia di Emilio Rasetti del 1897

Fig. 5 - L’estratto stampato da Colleoni del lavoro di Pietro Calderini

sulla geologia del Monte Fenera apparso nel 1869 sul Bollettino

del Club Alpino Italiano