Demetra e Kore a Enna, tra cultura europea e istanze locali. Formazione della tradizione e rilettura...

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TRISKELES COLLANA DI STUDI ARCHEOLOGICI

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TRISKELESCOLLANA DI STUDI ARCHEOLOGICI

X Convegno di StudiViaggio in Sicilia.Racconti, segni e città ritrovateAuditorium della Biblioteca Comunale “L.Scarabelli”Caltanissetta, 10-11 maggio 2013

Organizzato da SiciliAntica, sede di Caltanissetta

Con il patrocinio di:Soprintendenza BB.CC.AA. di CaltanissettaProvincia Regionale di Caltanissetta, Assessorato alla CulturaCittà di Caltanissetta, Assessorato alla Cultura

Con il contributo di:Camera di Commercio di CaltanissettaBanca di Credito Cooperativo “San Michele” di Caltanissetta e PietraperziaAssociazione Duciezio, F.lli Alessi - Mazzarino, Unicredit, Impresa Venniro Calogero, Mi.Lo. di Milazzo e Lomonaco s.n.c.

Comitato organizzatore:Massimo Arnone, Lillo Cammarata, Silvana Chiara, Marina Congiu, Michelangelo Lacagnina, Calogero Miccichè, Sergio Milazzo,Simona Modeo, Luigi Santagati

Redazione atti:Simona Modeo, Marina Congiu, Calogero Micciché, Silvana Chiara, Sergio Milazzo

Segreteria organizzativa:Silvana Chiara, Stefania D’Angelo, Salvatore Difrancesco,Sergio Milazzo, Federica Spinelli

Si ringraziano inoltre:Salvatore Sciascia EditoreIstituto Professionale Alberghiero di CaltanissettaL’angolo dell’Avventura di Caltanissetta’A ferabio. Mercatino equosolidaleSplokay di Antonio Talluto, studio di grafica

Il presente volume è stato pubblicato con il contributo della Banca di Credito Cooperativo del Nisseno

Viaggio in SiciliaRacconti, segni e città ritrovate

Atti del X Convegno di Studi

a cura diMarina Congiu

Calogero MiccichéSimona Modeo

con la collaborazione diSilvana Chiara e Sergio Milazzo

SALVATORE SCIASCIA EDITORE

SiciliAnticaSede di Caltanissetta

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA©

Copyright 2014 by Salvatore Sciascia Editore s.a.s.Caltanissetta-Roma

[email protected]

ISBN 978-88-8241-441-2

Stampato in Italia / Printed in Italy

In copertina:Cartolina che riproduce la foce del fiume Gela sulla quale compare la firma di Saverio Cavallari.

Demetra e Kore a Enna, tra cultura europea e istanze locali

Formazione della tradizione e rilettura di dati archeologicidi Rosario P.A. Patané *

Il 29 aprile 1787, domenica, Johann Wolfgang Goethe si trovava a Enna. Lapioggia aveva funestato il viaggio, condotto attraverso strade sconnesse e fan-gose; il Salso in piena era stato guadato con l’aiuto di un gruppo di robusti “tra-ghettatori” che a due a due afferrarono i muli sotto la pancia, con tutto il ba-gaglio e il cavaliere, aiutandoli a non farsi travolgere dalla corrente. La sistema-zione in città non fu da meno: le imposte senza vetri imposero la scelta tra sta-re al buio o lasciar entrare la pioggia; la cena si dovette limitare agli avanzi del-le provviste. Comprensibile quindi il solenne giuramento di non scegliere piùcome meta un nome mitologico. Qualche giorno prima, lasciando Agrigento,aveva deciso di non imbarcarsi per Malta e da lì raggiungere Siracusa, ma di at-traversare l’interno, proprio per vedere i campi di grano, per rendersi conto delrapporto di Demetra con l’Isola1.L’episodio riportato mette a fuoco una serie di temi. La cultura europea del

XVIII secolo cercava le proprie radici nell’antichità classica. Il fenomeno delGrand Tour porta esponenti della cultura europea a visitare le località dell’Ita-lia e della Sicilia legate al passato classico, portando l’attenzione sulla memoriadell’antico. Enna normalmente rimane fuori dai percorsi del Grand Tour: solopochi viaggiatori d’eccezione, o spedizioni scientifiche, si spingono tanto all’in-terno alla ricerca dei luoghi di Demetra. Protagonisti del Grand Tour sono gio-vani, accompagnati da un erudito di professione con funzione di pedagogo2.Un ovvio corollario è il fenomeno del collezionismo di arte antica e delle pittu-

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* Museo Interdisciplinare Regionale Giuseppe Alessi - Enna. Ringrazio gli organizzatori delconvegno, in particolare Marina Congiu, per l’opportunità di anticipare in questa sede alcunirisultati di un lavoro in corso. Queste riflessioni pigliano le mosse dall’attività di rivitalizzazionedel Museo di Palazzo Varisano, in atto sotto la guida di Francesco Santalucia, direttore respon-sabile del Servizio Museo, che qui ringrazio, non solo per le continue stimolanti chiacchierate.Le foto sono state realizzate da Giuseppe Catania (Figg. 3, 5-7) e Angelo Tornabene (Figg. 2, 8);il disegno alla Fig. 4 è stato realizzato da Enzo Castiglione.

1 Goethe 1965, pp. 450-451. Sul viaggio in Sicilia, cfr. Gringeri Pantano 2009, ivi conbibl. precedente.

2 De Seta 1992; Brilli 1995; Wilton- Bignamini 1996.

re di vedute: i dilettanti ci tengono a portare a casa souvenir e ad esibire pittu-re che documentino le loro conquiste3.Il Kavaliersreise di Goethe non rientra nella categoria del viaggio di forma-

zione alla fine di un corso di studi: all’arrivo in Italia aveva trentasei anni, eragià un autore molto noto in Germania, ministro del principato di Weimar eamico personale del duca Karl August. Ancora diverso è il caso di spedizioniscientifiche e imprese editoriali che, partendo dalla lettura dei classici, vannoalla ricerca di monumenti antichi e di luoghi descritti in quelle opere che costi-tuiscono la base comune della cultura dell’epoca.Le fonti antiche danno grande importanza al santuario di Demetra e Kore

a Enna, in particolare il lungo racconto di Cicerone4 e di Diodoro5, un roma-no e un locale6. Cicerone dà grande importanza al santuario di Enna, dove Ce-rere “è nata e ha scoperto i cereali”7; e Cicerone parlava con cognizione di cau-sa, dal momento che egli stesso era stato iniziato ai misteri di Eleusi. Raccontadiffusamente il ratto di Kore nei boschi di Enna, il profondo antro rivolto anord da dove balzò fuori Plutone sul suo cocchio, il lago che si formò dove siinabissò nel sottosuolo. Nell’elencare i misfatti di Verre nel santuario, Cicero-ne dà una descrizione dei luoghi e di opere d’arte ivi conservate8. Diodoro asua volta dà un ampio racconto del rapimento di Kore e dei luoghi del mito9.La storia degli studi di antichistica ha un suo interesse, per vedere i diversi

modi di approccio: perché certe cose sono state fatte in certi ambienti. L’inte-resse per il periodo classico si può far risalire in fondo all’Italia del Rinascimen-to; c’era bisogno di una definizione del potere diversa dai motivi religiosi delMedioevo: il mezzo scelto per la legittimazione politica fu l’antichità10. La filo-sofia e il pensiero politico dell’Illuminismo furono precondizioni cruciali per ilsuccessivo emergere del nazionalismo. Le collezioni di antichità, che avevanocontribuito a definire l’immagine del principe, vengono ora viste per la defini-zione dell’immagine della nazione; non più oggetto di curiosità, ma in vista delprogresso delle arti e della scienza: nella ricerca del progresso della comunità,si cerca di imparare dal passato. Le circostanze in cui questi cambiamenti so-no avvenuti sono molto indicative. Nel 1789 la Rivoluzione Francese mise indiscussione il potere politico e l’ordine sociale prima sacrosanti. Gli stati nonpotevano più fondarsi sull’eredità della monarchia; occorreva un nuovo tipo di

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3 Pinelli 2010.4 2Verr. 4, 106-115.5 5, 3, 1-3.6 Ma anche Strabo 6, 2, 6; Liv. 24, 39, 8-9; Ov. fast. 4, 421-422, 454-464; Sil. 14, 238.7 Cic., 2Verr. 4, 108.8 Cic., 2Verr., 4, 109-110.9 5, 3, 1-3.10 Schnapp 1994, pp. 109-193; Trigger 1996, pp. 33-47; Pomian 2004, pp. 155-170;

Hooper Greenhill 2005, pp. 43-47; Dìaz-Andreu 2008, pp. 32-40; ivi bibliografia.

legittimazione. Nella prima metà del XIX secolo il concetto di nazione assun-se questo ruolo; il nuovo tipo di storia cominciò a occuparsi del passato dellanazione, e non degli eventi della casa reale11.L’attenzione alla Rocca di Cerere è ricorrente nella bibliografia antiquaria

tra XVI e XIX secolo: si riconosce che il luogo si presta per ospitare l’area sa-cra, ma non si riesce a individuare chiari resti materiali; in ogni caso è eviden-te che la costruzione del castello ha condizionato pesantemente l’aspetto deiluoghi. Nella bibliografia antiquaria trova largo spazio il tema del santuario diDemetra a Enna: si dedica largo spazio alla lettura dei classici; si perlustra l’areadel lago e si segnalano resti di antichità nei dintorni12. Dello stesso tenore so-no i resoconti di viaggio di Hoüel13 e di Denon14: arrivano alla ricerca di restitangibili, forti della lettura dei classici e muniti di lettere di raccomandazioneper l’élite colta. Esprimono delusione sia per il livello di quest’ultima, sia per imonumenti che non trovano.Lo studio dell’antico ha un ruolo nella cultura locale; si va formando quella

tradizione che contribuirà a stabilire l’identità. Vincenzo Littara, netino, eccle-siastico, una delle più interessanti figure dell’umanesimo siciliano, approdò incittà con diversi contratti per curare l’istruzione di rampolli di famiglie locali;ebbe anche l’incarico per una Storia di Enna, presentata nel 158715. Mette siste-maticamente l’accento sulla grande antichità della città e sull’importanza delculto di Demetra. L’interesse per l’antichità della città ha motivazioni politiche:la storiografia municipalistica siciliana dell’epoca riteneva di poter accrescere ilpotere contrattuale delle singole città, nei confronti della corte viceregia, trovan-do testimonianze della loro antichità basate sull’autorità dei classici; esattamen-te come, per il rango delle persone, era importante stabilire a quando risaliva lanobiltà della famiglia16. L’importanza del santuario nell’antichità viene ribaditaanche in un’altra maniera: su arredi liturgici della Chiesa Madre, tra la fine delXVI e il XVII secolo, col linguaggio delle immagini si cerca di stabilire una con-tinuità tra il culto di Cerere e il culto della Madonna (Figg. 1-2)17; quella diret-ta continuità che si tende a far vedere con una serie di argomentazioni18.

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11 Trigger 1996, pp. 58-71; Poulot 2006; Dìaz-Andreu 2008, pp. 57-59.12 Fazellus 1558, I, 10; Cluverius 1719, II.VII, pp. 315-327; Amico 1855, I, pp. 382-396 s.v.

Enna o Castrogiovanni; II, p. 11, s.v. Magella; II, pp. 340-341, s.v. Pergusa; II, p. 437, s.v. Rosmanno.13 Hoüel 1785, III, pp. 53-54, tav. CLXXI; Pecoraino 1989, n° 210; Gringeri Pantano

2009, pp. 61-68.14 Saint-Non 1785, IV, pp. 120-126; Settecento Siciliano; Gringeri Pantano 2009, pp. 68-76.15 Vigiano, Introduzione a Littara 2002, pp. X-XI. Il manoscritto è stato utilizzato per le

successive ‘storie’. È stato pubblicato, con traduzione italiana e commento, nel XXI secolo.16 Vigiano, Introduzione a Littara 2002.17 Indicativi ad esempio i candelieri d’argento realizzati nel 1596: sulla base, in diversi

medaglioni, sono associati la Madonna sul castello turrito con in braccio il Bambino e nelladestra un mazzetto di spighe, Cerere con cornucopia e mazzetto di spighe, lo stemma dellacittà di Enna. Di Natale 1996, pp. 11-31.

18 Di Natale 1996, pp. 13-29.

Negli antiquari siciliani della prima metà dell’Ottocento all’interesse perl’Isola si accompagnò l’esaltazione della propria terra nell’epoca greca. Fu do-po l’unificazione in un solo regno della Sicilia e di Napoli, e soprattutto dopola repressione dei moti siciliani del 1820 da parte del governo centrale, che tragli intellettuali siciliani si affermò in modo deciso la valutazione del passato gre-co, accompagnata da un giudizio ostile per il dominio romano19. Tra fine Set-tecento e Ottocento la mentalità antiquaria appare caratterizzata da interesserivolto esclusivamente alle antichità dell’isola, ma apertura alla conoscenza discoperte e ricerche nell’intero bacino del Mediterraneo20.L’opera di Domenico Scinà21 tende a sottolineare l’esistenza di una civiltà

progredita già prima dell’arrivo dei Greci; mentre viene sottolineata la partico-larità della cultura greca di Sicilia. Nell’opera di Giuseppe Alessi22 il momen-to di maggiore splendore viene visto nella fase precedente l’arrivo dei Greci: iSiculi praticano l’agricoltura, dispongono di ricchezze e vivono pacificamente,governati da capi scelti per i loro meriti; l’arrivo dei Greci rafforza la loro iden-tità. La sicilianità è parte dello Zeitgeist; nel resto d’Europa prevaleva l’idea del-la superiorità della cultura greca. In effetti, in tutta Italia dalla metà del Sette-cento c’è un filone che rivaluta le civiltà indigene in contrapposizione a Grecie Romani identificati con i poteri forti del tempo23; un filone di ispirazione il-luministica e massonica, che mira a riscoprire una presunta età dell’oro passa-ta24. È una sorta di canto del cigno dell’antiquaria, che ormai sta cedendo ilpasso all’impostazione scientifica degli studi di antichistica, non a caso defini-ta in tedesco: Altertumswissenschaft25.L’impostazione della collezione Alessi è la stessa che aveva caratterizzato la

collezione del principe di Biscari26: quadri, archeologia (e in questa, presenzadi cose egiziane), sezione naturalistica: è la collezione di un illuminista, neglianni Trenta del XIX secolo. Alla morte del canonico Giuseppe Alessi, a Cata-nia, nell’epidemia di colera del 1837, la collezione viene destinata per testa-mento “alla venerabile collegiata Chiesa Matrice di Castrogiovanni per riporliin luogo pubblico ed a pubblica Istruzione”27. La collezione era stata costitui-

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19 Salmeri 1991, pp. 290-293; Salmeri 1992, pp. 72-75; Salmeri 1996, pp. 212-221;Ceserani 2000.

20 Momigliano 1979; La Rosa 1987; Salmeri 1991; Salmeri 1992; Salmeri 1996; Ceserani2000.

21 Scinà 1840 (postuma: Scinà era morto nel colera del 1837).22 Alessi 1834.23 Castorina 2008, pp. 94-97. Per il contemporaneo interesse per gli Etruschi come affer-

mazione di identità nazionale, cfr. Colonna 1992; Harari 2012, pp. 22-32, con bibl. a pp. 42-44.

24 Fedi 2006, pp. 52-56.25 Salmeri 1992, pp. 61-62; De Vido 1993.26 Pafumi 2006; Pafumi 2012; Giarrizzo 2012.27 Mancuso 2012.

ta a Catania, dove Alessi insegnava diritto all’Università; comprendeva oggettiarcheologici provenienti dall’area di Enna, ma anche cose acquisite altrove28.La donazione alla propria città rientra nella cultura siciliana dell’epoca: un col-lezionismo attento ai materiali della storia.Lo storico locale Paolo Vetri, 1883, segue il filone del momento. Nel dare

largo spazio al culto locale di Demetra, si impegna nella ricerca di una miticaetà dell’oro, alla quale tornare scrostandosi di dosso gli effetti delle varie inva-sioni: Enna, città sicana, resiste indenne alle invasioni di Siculi e Greci29.Tra gli anni Trenta e Sessanta del XX secolo una tendenza della storia del-

le religioni ha visto, dietro alla figura di Demetra, una ‘Grande Madre’ indige-na della natura che i Greci avrebbero identificato con la loro divinità della ce-realicoltura; ma normalmente nei processi di interrelazione culturale i modellipassano dai gruppi egemoni ai gruppi subalterni30. La Demeter Hennaia sipropone come divinità simbolo di una città greca, in un luogo strategico tra lacosta sud-occidentale (Gela) e quella orientale (Siracusa), in un luogo che saràdefinito umbilicus Siciliae. Il ruolo di Henna si inserisce nella politica espansio-nista di Gelone di Siracusa; la Sicilia e non l’Attica viene indicata come luogodel rapimento di Kore. Un antenato di Gelone proveniente da Rodi, aveva par-tecipato alla fondazione di Gela; i suoi discendenti erano diventati hierophan-tai delle divinità ctonie31.Tra gli ultimi anni del XIX secolo e i primi decenni del XX, con l’attività di

Paolo Orsi comincia l’archeologia scientifica a Enna e nell’area del lago di Per-gusa32. Affrontando sistematicamente lo sperone roccioso di ‘Rocca di Cere-re’33, trova che i segni superstiti nella roccia erano compatibili con le basi del-le due statue colossali, nello spazio aperto davanti al tempio34. Alla localizza-zione ha certo contribuito un’iscrizione, scoperta su un masso 250 metri a val-le della Rocca di Cerere, datata tra IV e III secolo a.C.: un cippo di confine delsacro giardino di Demetra35, in fondo è il solo dato materiale sulla localizzazio-

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28 Basta pensare agli oggetti egizi (Verga 1987); oppure a statuette provenienti da Cataniae Centuripe (Ansaldi 1839; Mancuso 2012, p. 72), dove si approvvigionava anche il Biscari.

29 Vetri 1883.30 Hinz 1998, pp. 19-25; Sfameni Gasparro 2008.31 Hdt. 7, 153. Hinz 1998, pp. 19-30; Chirassi Colombo 2008; Schipporeit 2008; Sfameni

Gasparro 2008.32 Nell’osservare che nei secoli VIII-VI a.C. le colline attorno al lago di Pergusa doveva-

no essere “assai più fittamente abitate, che oggi non sieno”; parla di necropoli “spogliata daivillani che ne trassero materiali in piccola parte ceduti al Museo della Matrice inCastrogiovanni, o messi in commercio”, accenna alla tipologia funeraria e al tipo di materia-li. Orsi 1898, pp. 345-346.

33 Orsi 1931; De Agostino 1942; Bejor- Marotta D’Agata 1989.34 Numerosi “piccoli serbatoi campanati”, individuati nell’area del castello, furono messi

in relazione con il santuario di Cerere. Orsi 1915.35 ---]ARCOS / ---]DAM / ---]ENNAIWN. Orsi 1931; Bejor- Marotta D’Agata 1989, p. 190.

ne dell’area sacra. Le statue descritte da Cicerone sono state identificate sullemonete.Dopo le pionieristiche indagini sul territorio negli anni Sessanta con foto

aeree e uso dell’elicottero36, dagli anni Ottanta del XX secolo si è avuta una ri-presa di scavi e ricerche, a Enna e sulle colline intorno al lago di Pergusa. Re-lazioni preliminari sono state diffuse tempestivamente37; una selezione di ma-teriali è stata prontamente esposta al museo di Palazzo Varisano38; ma non di-sponiamo della pubblicazione completa dei rinvenimenti.Su colline attorno al lago di Pergusa sono diversi abitati fortificati attivi in

età greca. Cozzo Matrice domina le vie di comunicazione naturali lungo il Dit-taino. L’abitato di età arcaica è protetto da una cinta muraria39. Un’ampia grot-ta volta a nord è stata messa in relazione con il luogo in cui si localizzava il rat-to di Kore. Frammenti architettonici di età arcaica, frammenti di kalypter ege-mon, documentano la presenza di un tempio di tipo greco, o comunque di unedificio pubblico40. A Rossomanno sono stati individuati resti di abitato di etàarcaica, protetto da una cinta muraria, con le relative necropoli41. Questi cen-tri indigeni si vanno trasformando in seguito all’impatto delle città greche del-la costa; la presenza di cinte murarie, che sembrano apparire proprio intornoal VI secolo a.C., e di armi chiarisce che si tratta di contatti non esattamentepacifici42. Una serie di indicatori archeologici fa pensare a una società in svi-luppo, che si va stratificando in senso gentilizio. Si va consolidando il potere digruppi di guerrieri, in contatto con l’elemento greco43.

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36 Adamesteanu 1962. In precedenza, Bernabò Brea 1947 è il frutto di intense ricogni-zioni nel 1944 in collaborazione con le autorità militari, per verificare i danni di guerra eriprendere il controllo del territorio.

37 Cilia 1985; Canzanella 1987; Bejor- Marotta D’Agata 1989; Di Noto 1992; Canzanella1994; Guzzardi 1997-1998, pp. 292-297, 306-310.

38 Lagona 1984; Minissi 1984.39 La necropoli relativa fornisce dati che rimandano a siculi ellenizzati: tombe a camera

tagliate nella roccia, con tetto a doppio spiovente e letto funebre; allo stesso tipo di culturarimandano i corredi funerari, con ceramiche locali e ceramiche importate. Sono stati identi-ficati resti di un villaggio officina della tarda età del rame, che aveva occupato lo stesso sito.

40 Cilia 1980-1981; Tusa- De Miro 1983, pp. 312-313; Canzanella 1987.41 I materiali sono tipici di centri siculi ellenizzati. Resti di armi di ferro: punta di lancia,

punta di giavellotto, un coltello distrutto intenzionalmente. Vistose decorazioni in bronzodocumentano la presenza di signore di rango, abbigliate con un costume non greco. Due sca-rabei sono notevolmente più antichi del contesto funerario nel quale sono stati rinvenuti: sitratta di gioielli di famiglia, che erano rimasti in uso a lungo prima di entrare a far parte diun corredo funerario. Un’antefissa gorgonica, frammentaria, documenta l’esistenza di un edi-ficio probabilmente sacro di tipo greco. Di Noto 1992.

42 Procelli 1989.43 Su tutto il problema, quanto meno: La Rosa 1989; Albanese Procelli 1999; Morgan

1999; Antonaccio 2001; De Angelis 2003.

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Fig. 1. Kore e Madonna col Bambino col mazzetto di spighe in mano, sul castello di Enna.Particolari di candeliere d’argento, 1596. Tesoro del duomo di Enna (da Di Natale 1996).

Fig. 2. Tavoletta votiva con processione della Madonna della Visitazione, prima metà delXVIII secolo. Tesoro del duomo di Enna (foto Museo interdisciplinare regionale “G. Alessi”- Enna / A. Tornabene).

Materiali archeologici da collezione dall’area di Pergusa, confluiti al Museodi Palazzo Varisano, contribuiscono a dare uno spaccato di questa società mul-tietnica. Si tratta appunto di materiale da collezione, frutto di una selezione eprivo di dati di rinvenimento: può rispondere solo a un limitato ventaglio didomande; è comunque possibile fare una serie di riflessioni, proporre dei filo-ni di ricerca.34

Rosario Patané

Fig. 3. Frgg. di crateri attici e grattugia di bronzo (foto Museo interdisciplinare regionale “G.Alessi” / G. Catania).

Fig. 4. Cratere siculo geometrico, frg.(disegno Museo interdisciplinare regionale“G. Alessi” / E. Castiglione).

Fig. 5. Hydria sicula, frg. (foto Museo interdi-sciplinare regionale “G. Alessi” / G. Catania).

Diversi frammenti di crateri attici a figure nere, databili grossomodo dallametà del VI secolo a.C., fanno toccare con mano la massiccia presenza di que-sto oggetto di prestigio, che rimanda alla cerimonia del simposio (Fig. 3). I te-mi delle scene figurate sono consoni all’ambiente che si va delineando: scenemitologiche44, parte di una scena di armati45. Allo stesso ambiente appartieneuna grattugia di bronzo, oggetto tipico del simposio46. La presenza di cerami-che sicule di imitazione, appartenenti allo stesso ambito, documenta la comple-ta assimilazione del modello (Figg. 4-5)47.Alla sfera della guerra (e della caccia) appartengono punte di freccia e pro-

iettili da fionda: anche qui sono possibili delle considerazioni. L’arco in uso èl’arco scitico, l’ “arco di Cupido”: un arco composito, a doppia curvatura, cor-to. Questo tipo di arco, di cui la punta di freccia è il solo indicatore archeolo-gico48, era certo in uso in Sicilia in età arcaica49. Può trattarsi di frecce usate inguerra o per la caccia50. Per la fionda, le rare raffigurazioni di uso in battagliasono tra VII e VI secolo a.C.51. Si potevano scagliare sassi, o i più potenti pro-iettili ellittici in piombo, che avevano una portata di gran lunga maggiore52, disolito noti come ghiande missili (il calco dal latino dà un’aura di scientificità).

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44 Sono visibili scene mitologiche di ambiente dionisiaco (MPV507c: processione consatiri e menadi. MPV507b: un satiro barbuto fronteggia un personaggio a cavallo); una scenasembra appartenere al mito di Eracle, personaggio che ha un ruolo importante nei fenome-ni di acculturazione (MPV507a).

45 MPV507d.46 (MPV469) L’uso di grattugiare formaggio nel vino è documentato nei poemi omerici;

è ovvio ricordare la ‘Coppa di Nestore’ per la precoce conoscenza dei poemi omerici inOccidente; ma è stato anche richiamato l’uso di spezie polverizzate nel vino. Hom., Il. 11,618-643. Murray 1994; Kistler 2009.

47 Frg. di cratere siculo geometrico MPV464. Altri frammenti con le stesse caratteristi-che tecniche appartengono a forme come anfore e hydriai, si riferiscono quindi al consumodi vino e acqua. È stato anche osservato che la qualità di pietanze e bevande, e del vasellamein cui servirle, può corrispondere a diversi gradini della scala gerarchica, diversi gradi diapprezzamento da parte dell’ospitante. Albanese Procelli 1991; Kistler 2009, p. 747.Interessante anche il frammento da Cozzo Matrice con la raffigurazione di un pesce; è imme-diato pensare all’imitazione di hydriai con delfini sulla spalla: ancora una volta un motivodionisiaco.

48 Le punte di freccia sono piccole (raramente superano i cm 2,5 di lunghezza), in bron-zo fuso, con manicotto cavo, adattabili solo a un’asticciola molto sottile (di solito una cannao un ramoscello di tasso), lunga intorno ai 45 cm. Snodgrass 1991, pp. 108-113.

49 Albanese- Procelli 1988-1989, p. 41 fig. 39, pp. 136-138. Ma rimane in uso per moltotempo; in assenza di datazioni sulla base di connessioni stratigrafiche, è possibile che si trat-ti di oggetti provenienti da diversi orizzonti cronologici, recuperati con un uso intensivo delmetal detector.

50 Va detto però che l’imagerie della ceramica attica sembrerebbe indirizzare su un usodel giavellotto, anche da cavallo, nella caccia a prede di grande taglia, come cervi o cinghia-li. Durand- Schnapp 1986. Il giavellotto è documentato a Rossomanno.

51 Snodgrass 1991, p. 113.52 Xen. an. 3, 3, 16.

Diverse terracotte appartengono alla sfera del sacro (Fig. 6). Si datano do-po la metà del VI secolo a.C., più o meno come la ceramica attica, e rimanda-no al culto di Demetra e Kore53.I contatti con i Greci ovviamente non scoppiano all’improvviso, in un mo-

mento di poco precedente la metà del VI secolo a.C.; contatti con città calci-desi della costa orientale sono documentati già nella prima generazione dei co-loni (Fig. 7)54.È stato studiato, anche in Sicilia, attraverso i riflessi nei riti funerari, il ruo-

lo del simposio nel delineare una società in cui si consolida la posizione di ca-pi; le connessioni tra le élites creavano le condizioni richieste per la leader-ship55. Il guerriero siculo che era l’acquirente finale dell’oggetto di prestigio,doveva in qualche modo riconoscersi nel tema raffigurato. Un frammento con-serva una scena di armati: un carro, l’auriga curvo nel tendere le redini, sfila da-vanti a una schiera di opliti armati di scudo e di una coppia di giavellotti (Fig.3a). Nella Sicilia arcaica l’importanza bellica del cavallo doveva essere benmaggiore che in Grecia56. Sulla figura dell’oplita è incentrata tutta la retoricabellica greca dell’epoca57; e il modello era stato senz’altro adottato dai guerrie-ri siculi58. Al di là di certe convenzioni culturali, forse non è azzardato pensa-re che la realtà dei combattimenti, più che schiere di opliti affrontate in batta-glie campali, avrà visto bande impegnate in razzie ed imboscate59.

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53 Una statuetta femminile, con la mano destra regge davanti al petto un fiore di loto(MPV501). Una statuetta di offerente con porcellino (MPV502). Diverse protomi femminili(MPV 503, MPV504, MPV505). Un volto frammentario (MPV506) può appartenere a unamaschera dello stesso tipo o a una statuetta. Cfr. il recente Albertocchi-Pautasso 2012, ivibibliografia precedente.

54 MPV500. Mercuri 2004, pp. 98-100; Guzzo 2011, pp. 61-62.55 Kistler 2009.56 Senza stare a riassumere dati ben noti, basta ricordare le vittorie olimpiche dei tiran-

ni sicelioti; a Sicilia e Magna Grecia si riferiscono la gran parte dei frontali destinati a pro-teggere il muso del cavallo; Gelone di Siracusa nel 480 a.C. offrì di inviare in Grecia (e quin-di poteva privarsene) 2000 cavalieri e 2000 cavalleggeri; nello stesso anno la cavalleria ebbeun ruolo importante nella vittoria di Gelone ad Imera. Hdt. 7, 158; Diod. 11, 21 ss.Snodgrass 1991, pp. 118-119.

57 Cartledge 1996.58 L’esempio più chiaro è costituito dai due opliti, certo non greci, da una tomba da

Montagna di Marzo: Mussinano 1966; Mussinano 1970; Albanese Procelli 1999, pp. 349-351; Albanese Procelli 2006. Ma c’è una serie non trascurabile di dati relativi ad armi inambito funerario siculo: La Rosa 1989, p. 90; Albanese Procelli 2006, pp. 109-110.

59 Albanese Procelli 1999, pp. 351-352. Così avviene nel coevo ambito etrusco-italico, ecome in fondo è testimoniato anche nell’imagerie greca. Breccia 2012, pp. 12-19; Lissarague1986, pp. 36-37, figg. 56, 59. Il modello del chiefdom pare in fondo il più adatto per questecomunità agro-pastorali, in cui un capo militare (chieftain) riesce a tenere unito un gruppograzie alla sua abilità nel garantire una buona preda; la razzia non ha come fine l’eliminazio-ne del nemico e la conquista del territorio, ma l’appropriazione di una parte delle risorse conil minimo rischio.

Mi piace citare un cratere attico figurato delMuseo di Palazzo Varisano (Fig. 8)60. Si data qual-che decennio prima di Ducezio61; non conoscia-mo il contesto di provenienza, ma è facile pensareche sia stato usato nei banchetti di un guerriero si-culo ormai profondamente imbevuto di culturagreca, prima di essere deposto nella sua tomba. Lescene figurate sono molto indicative per capirel’immagine che il proprietario voleva dare di sé: indue scene è sintetizzata l’attività di un cittadino-soldato di cultura greca62. Il vaso deve essersi rot-to già in antico, ma evidentemente lo considerava-no un oggetto prezioso e si provvide a ripararlo:sono rimasti ben evidenti i fori per le grappe dipiombo.Altrettanto chiaro è il ruolo dei matrimoni mi-

sti: lui greco, lei sicula di rango elevato63. In que-sti ambienti di frontiera, l’elemento greco è rap-

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60 MPV201.61 La cronologia può essere provvisoriamente fissata nel secondo venticinquennio del V

secolo a.C.: Boardman 1975, pp. 179-193.62 In una, un oplita saluta una donna che ha in mano una fiale e una brocca per fare una

libagione, alla presenza di un uomo che, per il mantello che indossa e il bastone al quale siappoggia, è caratterizzato come un cittadino; nell’altra, un personaggio caratterizzato dall’ab-bigliamento del cittadino, si staglia tra due atleti impegnati in attività diverse.

63 Nenci- Cataldi 1983, pp. 592-594; Albanese Procelli 1999, pp. 337-338; Morgan 1999,pp. 135-137.

Fig. 6. Terracotte (foto Museo interdisciplinare regionale “G. Alessi” / G. Catania).

Fig. 7. Oinochoe di tipo euboi-co (foto Museo interdisciplina-re regionale “G. Alessi” / G.Catania).

presentato da guerrieri e mercanti (non necessariamente distinti); non è solita-mente presente l’elemento femminile. D’altra parte, in una società che si vastratificando in senso gentilizio, il matrimonio della figlia del capo comportadei problemi con le alleanze familiari; l’eroe straniero non ha radici e viene co-optato nella famiglia di lei. In ambiente etrusco, romano arcaico, c’è tutta unacasistica di passaggi di potere da suocero a genero straniero. In ambiente sicu-lo non abbiamo fonti scritte; ma tutta una serie di indicatori archeologici sem-bra deporre in tal senso. La presenza nelle tombe di ornamenti femminili di ti-po non greco documenta signore di origine sicula. In un paio di casi si è ipo-tizzata la partecipazione al simposio di signore dal nome siculo: donne di ran-go elevato dovevano partecipare al simposio assieme ai commensali di sessomaschile64.Le terrecotte rinviano al culto di Demetra e Kore. D’altra parte, è chiaro

che a Cozzo Matrice siamo in presenza di un naiskos di tipo greco, strettamen-te connesso all’abitato indigeno: una tipologia di cui conosciamo diversi esem-pi nell’area circostante e che va ricondotta al tipo del santuario di frontiera65.Il culto ctonio di Demetra e Kore implica riti celebrati da donne66 che, alme-no in una certa misura, saranno state sicule mogli di greci o, se di generazionisuccessive, discendenti di matrimoni misti; in ogni caso figure in cui c’è una no-

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Fig. 8. Cratere attico (foto Museo interdisciplinare regionale “G. Alessi” / A. Tornabene).

64 Kistler 2009, p. 476. Cratere di Kypara da Morgantina: Antonaccio- Neils 1995;Morgan 1999, pp. 113-114. Pateretta di Tita da Sabucina: Panvini 2009, p. 165.

65 Veronese 2006; Cottonaro 2010; Castorina 2011; Panvini 2011; Pirronello 2011.66 Albanese Procelli 1999, p. 338; De Miro 2008.

tevole componente di cultura indigena assieme ad una notevole componentegreca. È chiaro quindi il ruolo di luogo di scambio culturale che è stato ampia-mente discusso in relazione alla tipologia del santuario di frontiera67. Il cultogreco di Demetra e Kore è presente in questi centri dell’interno in un momen-to precedente ai Dinomenidi: è chiaro quindi che la politica di Gelone raffor-za certi fenomeni, ma non ne determina la comparsa68.È ancora il caso di continuare a citare un giudizio chiaro e sintetico espres-

so una quarantina di anni fa da Filippo Coarelli: “La cultura greca ut sic èun’astrazione, non esiste, come non esiste d’altra parte un mondo indigeno,che a quella si opponga in un complesso sistema di influssi e relazioni, in unafacile e illusoria dialettica… Sarebbe interessante chiarire quali elementi della[cultura] greca penetrino nel mondo indigeno, perché, quando, in quali zonegeografiche, e soprattutto in relazione con quali strati sociali”69.

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67 Albanese Procelli 1999, pp. 337-339; Torelli 1999; Albanese Procelli 2003, pp. 215-216.68 Hinz 1998, pp. 219-228.69 Torelli 1977.

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Veronese 2006 = F. Veronese, Lo spazio e la dimensione del sacro. Santuari gre-ci e territorio nella Sicilia arcaica, Padova 2006.

Vetri 1883 = P. Vetri, Storia di Enna dai primordi alla invasione araba, PiazzaArmerina 1883, rist. an. Bologna 1988.

Wilton- Bignamini 1996 = A. Wilton - I. Bignamini (a cura di), Grand Tour:The Lure of Italy in the Eighteenth Century, London 1996.

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Demetra e Kore a Enna, tra cultura europea e istanze locali

Progetto grafico e impaginazioneSplokay di Antonio Talluto

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Finito di stampareper conto dell’Editore Salvatore Sciascia

nel mese di maggio 2014