Dalla Villa al paesaggio. Il tema della protezione e della musealizzazione del sito archeologico di...

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Bari 2014 Centro Interuniversitario di Studi sull’Edilizia abitativa tardoantica nel Mediterraneo E S T R A T T O Insulae Diomedeae Collana di ricerche storiche e archeologiche 23

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Bari 2014

Centro Interuniversitario di Studi sull’Edilizia abitativa tardoantica nel Mediterraneo

E S T R A T T O

Insulae DiomedeaeCollana di ricerche storiche e archeologiche

23

© 2014 Edipuglia srl

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LA VILLA RESTAURATA E I NUOVI STUDI SULL’EDILIZIA RESIDENZIALE TARDOANTICA - ISBN 978-88-7228-723-1 - © 2014 Edipuglia srl - www. edipuglia.it651

1. Il sistema del fiume Gela e l’insediamento della Villa

C’è, nell’immaginario collettivo, un’idea della Sicilia in-terna come terra assolata e desolata, arsa dal sole. Un’im-magine che si è ancora più affermata negli ultimi decenniquando le pagine della cronaca hanno mostrato le popola-zioni di alcune delle città che ne punteggiano il territorio at-tendere l’acqua potabile dai rubinetti per dieci o forsequindici giorni. C’è, come in tutti i fotogrammi che com-pongono tale immaginario, un fondo o molto di vero, ma, altempo stesso, c’è la rimozione di ciò che a questa definizionenon corrisponde.Succede così che molti non conoscano quelle parti della

Sicilia (e sono tante e sono estese) in cui il sempreverde delleconifere o il verde caduco di querce, castagni e altri alberi oi colori delle estese coltivazioni fruttifere e a ortaggi smen-tiscono palesemente l’idea di aridità del sentire comune. Edè qui, più che altrove, che l’acqua si è fatta storia e ha pro-dotto territorio.Il territorio del fiume Gela o “fiume di Piazza”, come

viene chiamato in molti documenti relativi alla città costierain una relazione toponomastica biunivoca che testimonia in-discutibilmente del legame fra le due realtà, è l’elemento diunione e caratterizzazione di questa parte della Sicilia cen-tro meridionale. La presenza del fiume e le sue caratteristi-che sono fondamentali per comprendere come fosseorganizzato il ciclo produttivo più importante, quello del

grano e, in particolare, della sua trasformazione in farina. Imulini che altrove potevano utilizzare la forza del vento siasulla costa (Gela, Marsala, tra le altre) che all’interno(Troina) o che, in mancanza di altre fonti di energia a bassocosto, dovevano basarsi sulla forza animale, potevano quiutilizzare la forza dell’acqua con opportune opere di inter-cettazione e deviazione del suo flusso, o con l’utilizzazionediretta di sorgenti poste a quote più alte rispetto al mulinostesso.Questo ciclo produttivo ha costellato l’intero territorio

siciliano, e quello della Sicilia interna in particolare, di ungrande numero di piccole centrali energetiche quali mulini eparatori, talvolta addirittura essi stessi oggetto di usi civici 1,che solo negli ultimi anni sono stati posti al centro dell’at-tenzione di ricercatori e istituzioni, diventando oggetto dicensimenti, catalogazioni e studi estesi a tutto il territorio re-gionale oppure ad ambiti più ristretti 2. Un assetto territorialedi grande interesse, dunque, che sarebbe rimasto del tuttoipotetico se non fosse stata salvata da un privato una mappaad acquerello su carta incollata su tela di canapa nella qualeè rappresentato il territorio che, dai confini settentrionali del-l’ambito amministrativo di Piazza, giunge fino alla città diMazzarino, con il nord a sinistra (fig. 1). Al centro della rap-presentazione, in senso orizzontale, proprio l’asta fluvialedel Gela con i suoi affluenti.Non sappiamo per quale motivo questa carta fu disegnata,

né da chi venne commissionata e neppure chi ne fu l’autore.

Il saggio è frutto del lavoro dei due autori che l’hanno concepito ediscusso in tutte le sue parti. In particolare, a Fausto Carmelo Nigrellisi devono i paragrafi 1 e 4, a Maria Rosaria Vitale i paragrafi 2 e 3.

1 Paresce 1926-36, 32.2 Cfr. Giuffrida 1973, 193-215, Bresc, Di Salvo 2001 e Fiandaca

2009. Per l’ambito provinciale cfr. Soprintendenza BB.CC.AA. diEnna 2003.

Dalla Villa al paesaggio.Il tema della protezione e della musealizzazione del sito

archeologico di Piazza Armerina fra esigenze conservative, concezione del paesaggio e pianificazione del territorio

di Fausto Carmelo Nigrelli*, Maria Rosaria Vitale*

* Università di Catania ([email protected]; [email protected])

AbstractThe different architectural solutions given to the matter of protecting Villa Romana del Casale, with the establishment of a site ‘museum’,reveal a multi-layered history, rich in reflection and debate, which has continued throughout the period of over sixty years since the greatexcavation campaigns of the 1950s. Underlying such a debate is the very relevant issue of the relationship between the archaeologicalsite on the one hand and its environment and surrounding landscape on the other. The importance of this relationship was understoodfrom the very beginning of the debate, so that it is possible to notice the emergence through the years of a proper study of that landscape;indeed its importance has more recently become a central issue in the debate. This paper discusses the different proposals for theprotection and management of the ‘site museum’ between the 1940s and the present day. It aims to highlight their conceptions oflandscape and other aspects which still remain important, together with the relationship between the site and its territory and the existingplanning of the area, in order to take into consideration the new arrangement of the villa and the proposed establishment of anarchaeological park, as well as the presentation to the public of the latest discoveries.

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Fausto Carmelo Nigrelli, Maria Rosaria Vitale

Osserviamo, tuttavia, che essa rappresenta a scala territorialeil sistema insediativo attorno al fiume Gela sia nelle sue com-ponenti urbane (la «città di Piazza» e Mazzarino «vassallag-gio di Buttera»), che nelle sue componenti isolate legate almondo agricolo quali masserie (“torri” e “case”), edifici reli-giosi rurali e, soprattutto, mulini. Il ciclo dell’acqua è, con tuttaevidenza, il “tema” della mappa, dal momento che sono indi-cate tutte le sorgenti (le “acque”, i “bugli”) e l”unione delfiume di Giozzo con la saja della fiumara di Piazza”. Una det-tagliata legenda consente di individuare ben 74 siti, tra cuioltre venti mulini, una ventina di “acque” e sorgenti, numerosetorri, cioè le masserie, alcune delle quali, di origine medievalee fortificate.Il processo di territorializzazione di questa parte di Sici-

lia, tra le propaggini meridionali degli Erei e la piana diGela, è dunque segnato costantemente dalla presenza del-l’acqua che determina insediamenti urbani, rurali, forme diutilizzazione produttiva del suolo, vicende amministrative,fortune e disgrazie di città e casati. Non c’è dubbio che pro-prio a causa della presenza di quelle acque sette o otto se-coli prima qualche personaggio importante della Romatardoimperiale aveva costruito la sua meravigliosa villa nondistante dal percorso Catania-Agrigento indicato nell’Itine-rarium Antonini, dotandola di due acquedotti, uno dei qualia servizio di una complessa area termale. E qui, con conti-nuità, aveva prosperato un villaggio sotto la dominazionearaba e si erano installati in un primo momento gli uominidel nord, almeno fino alla distruzione del borgo ad opera diGuglielmo I, come sembrano testimoniare i recentissimi ri-trovamenti archeologici 3.

2. La “scoperta” ed il processo di “patrimonializzazione”del sito

«La scoperta dei mosaici di Piazza Armerina è stata giu-stamente considerata come una delle più importanti fraquante ne annoveri l’indagine archeologica della prima metàdel secolo. Ma si può, in realtà, parlare di scoperta?» 4.Come nota opportunamente Santi Luigi Agnello, del sito

del Casale si segnalava l’esistenza già dal 1761 e gli scava-tori clandestini avevano avuto modo di attingere abbondan-temente al ricco deposito di reperti custodito nel sottosuolo,ma l’ampiezza e la sistematicità degli scavi che si succedono,dal 1929 fino alla grande campagna condotta dal 1950 al1955, danno finalmente vasta notorietà al complesso mosai-cato.La presenza di «rouine d’habitatione» affioranti dal sot-

tosuolo ai piedi del monte Mangone era stata registrata neisecoli precedenti, a partire da Giovan Paolo Chiarandà 5 ilquale riporta per il sito il locale toponimo di Casale de’ Sa-racini. Le successive testimonianze relative al sito del Casaleforniscono interpretazioni differenti sull’origine e la tipolo-gia dei resti: nel 1757 Vito Amico nel suo Lexicon topogra-phicum siculum osserva che il fiume Gela «un giorno scorreanel mezzo di antica non comune città, come addimostrano igrandi monumenti degli edifizii» 6, mentre il suo contempo-raneo Arcangelo Leanti ritiene di ravvisarvi le «vestigie diantico Tempio lavorato a musaico con alcune Colonne, e conpavimento lastricato di vario marmo» 7; nel 1820 GiuseppeMaria Capodieci, probabilmente sulla scorta del toponimo,ipotizza addirittura che le «vestigia di abitazione» siano da

3 Cfr. Greco 2004, Pensabene 2004 e Barresi 2004. Cfr. anchePensabene, Sfameni 2006. Gli studi più completi sull’argomentosono pubblicati in Pensabene, Bonanno 2008 e Pensabene 2010.

4 Agnello 1965, 57.5 Chiarandà 1654, 7.6 Amico 1855-56, I, 494.7 Leanti 1761, I, 144.

1. - L’alta valle del fiume Gela da Bellia a Mazzarino, 1782, carta telata acquerellata (collezione R. Mammano).

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Dalla Villa al paesaggio. Il tema della protezione e della musealizzazione del sito archeologico di Piazza Armerina

identificare con «un avanzo di Moschea fabbricato dai Sa-raceni» 8.Rovine di città, templi o moschee sulle quali, nel corso di

circa due secoli, si concentreranno le attenzioni dei cultori distoria e degli eruditi locali, ciascuno con l’intento di accre-ditare la propria tesi sulle “origini” della città. E, com’è na-turale, questa «ricerca delle radici “perdute”» 9 privilegerà, divolta in volta, quei momenti della storia passata percepiticome più pregnanti sotto il profilo identitario. È interessanteil fatto che ogni tesi abbia trovato riscontro nelle indagini re-centi che hanno finalmente identificato la fase di frequenta-zione medievale 10, confermando come il conflitto fra leopposte interpretazioni potesse trovare composizione – comelucidamente indicato da Ignazio Nigrelli 11 – nella ricercadella continuità storica tra l’insediamento attuale e la pree-sistenza antica di cui si rivendicava l’eredità.Mentre il sito si ammanta di leggenda, cresce la richiesta

di ricerche più accurate e, contestualmente, di forme di tutelapiù incisive. La storia degli studi 12 ha già ripercorso la se-quenza di queste prime «arruffate ricerche» 13 e messo in lucediverse vicende di danni ed espoliazioni a carico del com-plesso archeologico, fra le quali si ricordano quella che vedecoinvolto il canonico Francesco Trigona, accusato di averdistrutto «il pavimento di Mosaico, ch’esiste in quel Terri-torio nella contrada nominata del Casale dentro un’anticafabbrica», ma anche quella legata ai primi “scavi autoriz-zati”, intrapresi dal console inglese Robert Fagan e condottidal romano Sabatino Muto (o del Muto).Di questa rapace esplorazione rimarrà a lungo memoria

e possiamo coglierne un’eco significativa nelle parole chel’ispettore degli studi della provincia di Piazza indirizza, nel-l’agosto del 1861, al Dicastero della Istruzione pubblica:«non pochi nobili ruderi sono di tanto in tanto scoverti, equel che più fa onta, spesso dallo straniero, che da lontanodelle scoperte nostre sapeva più di noi stessi; qui venivaistruito anticipatamente della topicità dei luoghi, e lo ve-demmo rivolgere i nostri terreni, scoprire preziose statue ecolonne, e seco portarle, forse irridente alla nostra svergo-gnata indifferenza» 14.Non conosciamo l’identità dell’estensore di queste note,

ma riteniamo di poterlo identificare con Alceste Roccella chedopo l’Unità, in seguito alla riorganizzazione del sistema ditutela, assumerà l’incarico di ispettore dei monumenti e scavid’antichità del circondario di Piazza Armerina. All’avvocato,cultore dei patrî monumenti ed estensore dell’inedita Storia

di Piazza in sette volumi, si devono il tenace impegno per lasorveglianza e la salvaguardia del sito e la convinta perora-zione di nuove, sistematiche campagne di esplorazione.Il ritrovamento di questi primi rapporti sulla tutela chia-

risce meglio le responsabilità e delinea in modo più coerentelo sviluppo della vicenda, chiamando in causa i protagonistilocali che sembravano, finora, quasi assenti dallo scenario.Da questa prospettiva occorre rileggere il riavvio – sottol’egida ministeriale e con l’intermediazione del principeLanza di Scalea, regio commissario dei musei e degli scavidi Sicilia – delle iniziative di esplorazione 15 che, nel 1881,trovano attuazione nella campagna condotta dall’ingegnereLuigi Pappalardo, ispettore dei monumenti e scavi di anti-chità del circondario di Caltanissetta, con il sostegno del Co-mune di Piazza Armerina.Va tuttavia rilevato che le “espoliazioni” a carico dei mo-

saici rimarranno tutto sommato isolate. Le cure che, soprat-tutto sotto la vigile cura di Roccella, verranno prestate allesuperfici mosaicate, regolarmente ricoperte e protette dopoogni saggio esplorativo, ci sembrano attestare il consolidarsidi una specifica percezione della Villa come “sito”, dotatodi forti valenze identitarie per la città. Questo processo dipatrimonializzazione e di radicamento del senso di apparte-nenza, almeno in una ristretta élite, affonda le proprie radicinella “consuetudine” della città con i resti di contrada Ca-sale che, noti da tempo, hanno calamitato su di sé le ricerchesull’origine storica della Piazza più antica.D’altra parte, i saggi esplorativi sempre più estesi con-

tribuiscono a consolidare la consapevolezza della rilevanzamonumentale del complesso, al di là dei singoli ritrovamentie della presenza isolata di reperti emergenti. Non è casualeche tutto il dibattito successivo sulla protezione non con-templerà mai ipotesi di “trasporto” e radicale delocalizza-zione dei mosaici e vedrà crescere, al contrario, la richiestadi una loro sistematica ed estesa investigazione, cui si asso-cerà presto quella di un adeguato sistema di conservazione.Una conferma della definitiva acquisizione di una pro-

spettiva volta alla più ampia gestione del sito può essere ri-cavata dalla lucida analisi con la quale Paolo Orsi, nel 1934,indica nella messa in sicurezza del complesso e nella regi-mentazione dello scarico della terra e del sistema delle acquela via maestra per la definitiva risoluzione del problema deimosaici «torturati e manomessi da oltre mezzo secolo» 16. Levicende successive, a partire dal tanto denigrato «enormesterro» di Cultrera del 1935, associano sistematicamente il

8 Capodieci 1820, 19.9 Nigrelli 2010, 37.10 Pensabene, Sfameni 2006, Pensabene, Bonanno 2008 e Pensa-

bene 2010.11 Nigrelli 1983.12 Cfr. Gentili 1950, 291-296, Pace 1955, 23-27 e Pensabene, Bo-

nanno 2008. Per le vicende ottocentesche Agnello 1965.

13 L’espressione è in Gentili 1959, 9.14 Archivio della Soprintendenza di Siracusa (ASoprSR), Lettera di

Federico Napoli al presidente della Commissione di antichità e bellearti, 20 agosto 1861.

15 ASoprSR, lettera di Alceste Roccella al commissario dei musei edegli scavi di Sicilia, 10 maggio 1881.

16 Orsi 1934, 253-260.

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Fausto Carmelo Nigrelli, Maria Rosaria Vitale

problema della liberazione dei mosaici con quello della pro-tezione e della sistemazione del sito, fino ad approdare allagrande campagna di scavo degli anni Cinquanta che porteràalla luce quasi interamente le strutture della villa.Non c’è dubbio che le sempre maggiori attenzioni tribu-

tate ai mosaici e, più in generale, alla fase romana mettonoin secondo piano l’idea della continuità di frequentazionedel sito che, sia pure in chiave mitica, era presente nell’im-maginario degli eruditi locali. Non a caso i fondi che con-sentono l’avvio di una sistemazione complessiva dell’areasono legati alle celebrazioni del bimillenario augusteo e siconcretizzano in «un vasto e profondo sbancamento del ter-reno di riporto» 17 che, di fatto, ha fortemente compromessopossibilità di comprendere le relazioni fra l’impianto dellavilla imperiale e i successivi insediamenti che si erano in-stallate all’interno e nell’immediato intorno.È singolare come, proprio nel momento di massima sen-

sibilizzazione e di maggiore disponibilità finanziaria alla va-lorizzazione del sito, alcune delle valenze implicite nellalunga vicenda fin qui tratteggiata finiscano con l’essere tra-

scurate e persino dimenticate. Per con-tro, insieme con il prevalente interesse– anche a fini turistici – per la spetta-colare presentazione del complessomosaicato, riprende corpo la questionedella sua stretta interrelazione con ilpaesaggio che era stata oggetto delleprime testimonianze dei viaggiatoristranieri.

3. Il dibattito sulla protezione e la re-lazione con il paesaggio

«La bellezza del sito fa compren-dere anche meglio l’opulenza miste-riosa della Villa, e ancor meno lagrandiosità dell’impianto: ma prendeanche la persona più restia alle bellezzecampestri. Insomma i mosaici scopertihanno creato un altro di questi straor-dinari incontri in aperta campagna, dicui sembra che solo l’Italia del Sudabbia il segreto e l’indescrivibile pro-prietà: hanno regalato alla Sicilia unaltro fulcro di cui è impossibile disin-teressarsi e che va salvato nel suo in-canto agreste, come tutelato nelle suemeraviglie artistiche» 18.Quando Cesare Brandi scrive que-

ste note il sito della Villa è ormai stato completamente por-tato alla luce. Tuttavia, il tema del rapporto con il paesaggio,già esplicito nelle relazioni dei viaggiatori, attraversa sindagli esordi tutto il dibattito sulla protezione dei mosaici e lesoluzioni al tema progettuale possono essere rilette anchealla luce di tale attenzione. Piero Gazzola, incaricato nel1940 del primo progetto di protezione, osserva la necessitàche essa venga concepita «nel modo più efficace e duraturo,[…] in limiti o fogge tali da non turbare l’ambiente monu-mentale, da consentire ampia vista dell’importante operad’arte, e amalgamarsi, quanto più possibile, con il panoramacircostante» 19.Le diverse soluzioni che egli elabora risultano accomu-

nate dal tentativo di inserimento della struttura di protezioneall’interno del contesto naturale circostante (fig. 2). Le se-quenze di vedute assonometriche e prospettiche che accom-pagnano l’evoluzione del progetto attestano, per un verso, laricerca di una mediazione fra ambiente e costruzione attra-verso un sia pur sommario ridisegno della vegetazione piùprossima alle aree di scavo; per l’altro, ci mostrano il tenta-

17 Cultrera 1936.18 Brandi 1989, 26. 19 Gazzola 1941, 15.

2. - Piero Gazzola, vedute prospettica della seconda soluzione di copertura con studi di inseri-mento nel paesaggio circostante (Archivio fotografico della Soprintendenza di Enna).

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tivo di formulare una proposta “semplice” e “nativa”, comeegli stesso la definisce, «con possibilità di godimento del-l’opera d’arte in piena luce da ogni punto di vista».Le preoccupazioni espresse dal Soprintendente per le

possibili “turbative” all’ambiente monumentale e al paesag-gio non sono prive di fondamento. La progressiva estensionedella superficie di scavo va modificando sensibilmente lostato dei luoghi e proprio l’esigenza di adattare il sistema diprotezione a una situazione in corso di evoluzione porterà ascartare le prime proposte di Gazzola. Si ripiegherà su unasoluzione nel segno del tradizionalismo, in grado, tuttavia, diassicurare la necessaria flessibilità grazie all’idea, tutt’altroche scontata, di utilizzare le murature romane per l’appoggiodella nuova copertura.Nel momento in cui la campagna di scavo di Gentili ri-

velerà più di quattromila metri quadri di superfici mosaicate,la percezione del sito ne verrà sensibilmente modificata.«Tappeti volanti che ad un tratto abbiano preso terra, perchédi mura, di colonne, c’è rimasto ben poco o niente» 20: cosìscrive ancora Cesare Brandi, sintetizzando con la consueta in-cisività il tratto peculiare dell’area archeologica, contrasse-gnata dal quasi irriducibile contrasto fra le superfici musivequasi integralmente conservate e la qualità ruderale delle strut-ture architettoniche (fig. 3).Nelle parole dei protagonisti del dibattito questa consa-

pevolezza del valore paesaggistico è espressa con precisione,insieme con i dubbi riguardo alle ricadute delle necessarieopere di protezione sull’equilibrio del sistema. «È indiscuti-

bile che qualsiasi copertura o protezione si faccia sarà og-getto delle critiche più severe e più unanimi di tutto il mondodei critici e degli amatori dell’arte e della antichità. È infatticerto che tali coperture o protezioni rappresentano una gravemanomissione della genuinità dei resti monumentali romanie una distruzione di quello aspetto romantico che essi pre-sentano» 21.Sebbene non adeguatamente approfondita rispetto alle

impellenti necessità di messa in sicurezza delle strutture ar-cheologiche, la questione della loro rilevanza sotto il profilopaesaggistico e dello specifico valore derivante dalla loroinestricabile relazione con l’ambiente naturale della valle delGela è enunciata con maturità di riflessione. Se nelle rela-zioni di Gazzola il tema del paesaggio si esplicita attraversola ricerca di un armonico inserimento della nuova architet-tura “nel” contesto paesaggistico circostante (e la stessascelta delle forme di rappresentazione ne rappresenta unaimplicita conferma), nella discussione che prende corpo frail 1954 e il 1955 non può non rilevarsi un significativo spo-stamento di visuale. Esiste una chiara coscienza, infatti, delvalore monumentale dello scavo nelle sue condizioni di re-sidualità.Le parole di Italo Gismondi, chiamato a fornire una so-

luzione per la copertura, sono al riguardo estremamente lu-cide. «Per proteggere i mosaici occorrerà sacrificare l’effettoplastico e chiaroscurale delle frammentarie rovine della Villache si profilano nel cupo verde della boscaglia stendentesialle sue spalle verso est, poiché, qualsiasi copertura si vo-

20 Brandi 1989, 26.21 ACS, DGAABBAA, Div. II, 1952-60, b. 28, lettera di Luigi Ber-

nabò Brea al Ministero della Pubblica istruzione, 2 aprile 1953.

3. - Il peristilio in fase avanzata di ricomposizione in una veduta da nord-est (Archivio fotografico della Soprintendenza di Enna). Si evidenzianettamente il carattere residuale delle strutture murarie e il loro rapporto con il paesaggio.

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glia fare imitando il più possibile quella antica, questa assu-merà sempre una linea rigida che contrasterà con la linea si-nuosa della rovina» 22. Analogamente Giorgio Rosi, con unaposizione anche più radicale, osserverà che con l’inserimentodelle coperture «l’aspetto dello scavo dall’esterno risulta pro-fondamente alterato e direi distrutto come scavo archeolo-gico» per via della «trasformazione di un panorama di scavoin un panorama di tetti» 23.Si tratta di considerazioni che rimangono sempre molto

attagliate sul tema della protezione, ma che contengonochiari indizi sulle diverse declinazioni che la percezione delsito assume tanto sotto il profilo dei valori culturali in essoriconosciuti, quanto sotto il profilo di quelli paesaggisticiemergenti. L’analisi delle proposte di copertura fornisce ul-teriori spunti in tal senso e conferma un processo di defini-zione corale della soluzione, cui si accompagna il progressivoarricchimento della ricerca con istanze inedite e per moltiversi anticipatrici di futuri sviluppi.Il ritrovamento dell’assonometria del progetto presentato

da Italo Gismondi su invito del Consiglio superiore delle An-

tichità e Belle Arti ci consente di avvalorare queste ipotesi 24.La soluzione che l’architetto romano prospetta si gioca suun inedito utilizzo “diacritico” del vetro che viene utilizzatosia per le coperture, allo scopo di illuminare zenitalmente lesuperfici musive, sia per l’involucro murario nei casi di in-certa restituzione volumetrica (fig. 4). Le osservazioni cheaccompagnano l’esame della proposta in seno al Consiglioaccolgono favorevolmente la prudenza ricostruttiva di Gi-smondi che imposta le coperture «ad una altezza minore del-l’originaria, primo, perché sarebbe impossibile stabilirequale era l’altezza giusta, secondo, perché più alte avrebberodisturbato maggiormente l’insieme monumentale». Ed anchein tale prudenza non si può non scorgere il riflesso combinatodel rigore filologico e dell’attenzione all’integrazione di-screta e leggera con il paesaggio.Per quanto irrealizzata, non può dirsi che la proposta Gi-

smondi sia rimasta priva di esiti. Il confronto fra le assome-trie (figg. 4-5) evidenzia una precisa filiazione del progettodi Franco Minissi da quello del suo immediato predecessore.«Il complesso, incorniciato dalla vegetazione periferica delle

22 Ivi, Progetto per le coperture dei mosaici di Piazza Armerina, re-lazione a firma di Italo Gismondi, 13 novembre 1954.

23 Ivi, Protezione dei mosaici, appunto a firma di Giorgio Rosi, 19gennaio 1955.

24 Ringrazio il Prof. Patrizio Pensabene per avermi segnalato emesso a disposizione il disegno, oggi conservato presso l’Istituto Ar-cheologico Germanico.

4-5. - Assonometrie del progetto di I. Gismondi del 1954 per le coperture in vetro della Villa del Casale (Istituto Archeologico Germanico) e delprogetto di concorso presentato da F. Minissi nel 1956 (Archivio Centrale dello Stato).

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colline circostante, è visibile da varipunti di vista in una suggestiva succes-sione di quadri prospettici» 25: cosìscrive Minissi in apertura della rela-zione per il suo primo progetto. Il si-stema di “scatole di vetro” riprende di-rettamente la proposta Gismondi,estendendo a tutto l’involucro esterno ilrequisito della trasparenza.Nel panorama delle diverse propo-

ste di copertura, il progetto di Minissipresenta una ulteriore peculiarità: lacollocazione delle strutture vetrate al-l’interno del perimetro delle muraturearcheologiche conferisce una inedita ri-levanza alle strutture architettoniche.Le sintetiche rappresentazioni delle

tavole di concorso mettono già perfet-tamente in luce le strutture murariedella villa, direttamente esposte allavista del visitatore, sullo sfondo dellequali si staglia l’ininterrotto involucro vetrato di protezionedei mosaici. Si tratta di un’idea che verrà presto abbando-nata a causa delle perplessità sollevate tanto sullo smalti-mento delle acque meteoriche, quanto sulla interferenza dellestrutture di protezione con le superfici mosaicate sulle qualiesse venivano direttamente poggiate.La proposta definitiva si sposterà sulla scelta (ormai con-

solidata a partire da Gazzola) di impianto delle coperture suiresti murari esistenti, annullando la diretta percezione diquella impronta planimetrica incisa nel verde della vallatache restituiva virtualmente l’immagine suggestiva del sito aseguito dello scavo Gentili.Indiscussa rimane la scelta della trasparenza delle strutture

di protezione che, su esplicita richiesta di Bernabò Brea, com-prendono anche le pareti perimetrali, isolando i mosaici dalleaggressioni atmosferiche e di altri agenti esterni. Altrettantoesplicita, grazie alla consulenza di Cesare Brandi nella fase diredazione del progetto finale, l’esclusione di ogni velleità re-stituiva dei volumi originari: «riformare (riformare non rico-struire) gli spazi-ambiente relativi ai vari mosaici» 26. «Latrasparenza del materiale – scriverà più tardi Minissi – tendeidealmente a trasformare il restauro eseguito in una sovrap-posizione grafica» 27 che ha la chiara intenzione di non pro-porre ipotesi costruttive definitive, favorendo la possibilità distudi ed interpretazioni future (fig. 6).Insieme con il museo, Minissi porta così anche il pae-

saggio sui mosaici, stabilendo un preciso e ricorrente ri-chiamo fra i resti archeologici e il sistema naturale in cui la

villa si è insediata. A tal fine, anche la sistemazione degli ac-cessi, con la proposta di ripristinare l’ingresso da sud, evi-tando l’artificiosa visione dall’alto del complesso, siinserisce in una strategia che propone stringentemente allafruizione del visitatore la relazione fra il costruito e l’am-biente circostante, offrendo la possibilità di rileggere, me-diante i percorsi, la modalità insediativa del complesso e, piùlatamente, la sua collocazione all’interno dell’ItinerariumAntonini.Siamo ancora lontani dall’idea di paesaggio quale forma

visibile di un ambiente, delle condizioni naturali e antropi-che che gli hanno dato vita, ma sembra evidente che questolegame intrinseco che la musealizzazione degli anni Cin-quanta aveva stabilito fra la villa e la valle del Gela risulte-rebbe ancora oggi di piena attualità.L’ultimo capitolo di questa lunga vicenda di rinveni-

menti, restauri, protezioni e presentazioni museali si collocaa metà del primo decennio di questo nostro secolo, con ladecisione di rimuovere le strutture di copertura di Minissi, ri-proponendo alcune delle intuizioni di allora, ma rinunciandoin primo luogo a quel tema della trasparenza che aveva co-spicuamente attraversato il dibattito.A parte l’espressa volontà di restituire al complesso una

gerarchia di volumetrie più aderente alle disposizioni ori-ginarie, il nuovo progetto, redatto a seguito di grandi po-lemiche e di animati dibattiti dal Centro regionale per laprogettazione e il restauro, sceglie, per così dire, una stradaintroversa. Chiude con un involucro opaco tutte le strutture

25 ACS, Fondo Minissi, b. 5, Concorso per il progetto delle operedi protezione dei mosaici della villa romana del Casale di Piazza Ar-merina, relazione a firma di Franco Minissi.

26 ACS, Fondo Minissi, b. 5, Protezione dei mosaici pavimentali

della villa romana del Casale di Piazza Armerina, relazione a firma diFranco Minissi, successivamente pubblicata con lo stesso titolo in Mi-nissi 1958.

27 Minissi 1964, 285.

6. - Veduta dall’alto della “casa di vetro” progettata da F. Minissi, nel contesto della valle delGela.

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Fausto Carmelo Nigrelli, Maria Rosaria Vitale

della villa e concentra l’attenzione sull’elemento di puntadel complesso, rappresentato dalle superfici mosaicate(fig. 7). La nuova presentazione dell’ingresso meridio-nale, con le strutture finalmente restaurate e opportuna-mente valorizzate non riscatta peraltro il ruolo, definitiva-mente subalterno, attribuito al resto delle strutturearchitettoniche della villa, sottomesse all’incombenza deinuovi involucri protettivi.Ed è singolare che questa scelta di chiusura al contesto

prenda corpo proprio nel momento in cui la riflessione sulpaesaggio ha portato a piena ed esplicita maturazione moltidegli elementi embrionalmente emersi nel corso del dibattitoprecedente e, ancor più, nel momento in cui, come vedremo,tali istanze vengono raccolte anche nella strumentazione dipianificazione urbana e territoriale.

4. Le esperienze pianificatorie ed il ruolo della Villa

Gli anni Novanta del Novecento rappresentano un mo-mento di svolta grazie a due iniziative del tutto autonome,ma convergenti riguardo al tema del monumento e del suocontesto: l’avvio dell’iter per la revisione del PRG del 1987i cui vincoli sarebbero scaduti nel 1997 e il riconoscimentointernazionale del valore della Villa con il suo inserimentonella World Heritage List dell’Unesco.Non pare secondario sottolineare che il riconoscimento

del valore effettuato dall’Unesco sulla base dei primi tre cri-teri contenuti nelle linee guida per l’attuazione della World

Heritage Convention individua la Villacome un “sito”, definizione che com-prende «opere dell’uomo e creazionicongiunte dell’uomo e della natura,nonché le zone, ivi comprese le zonearcheologiche di valore universale ec-cezionale dal punto di vista storico,estetico, etnologico o antropologico»28.Nel luglio 1996 il Consiglio comu-

nale approva la delibera delle Direttivegenerali del PRG, documento di indi-rizzo politico-programmatico, dalquale emerge con chiarezza che ilnuovo piano dovrà configurarsi «comeun Piano di Riqualificazione Urbanacaratterizzato dal superamento del-l’azione generalizzata a vantaggio diun’azione differenziata sul territorio» eche «la pianificazione del territorio co-munale extraurbano deve essere basatasulla individuazione di invarianti terri-

toriali che devono costituire l’ossatura dello sviluppo soste-nibile del territorio» 29.Insieme con la necessità di definire chiaramente il regime

vincolistico in relazione alle aree di interesse archeologico,per la prima volta, in un quadro di assetto del territorio cheappare unitario e coerente, viene posta la questione del caricourbanistico della Villa romana e di interventi infrastrutturalicorrispondenti alla domanda connessa al potenziamento delflusso turistico. In particolare, si cerca di organizzare la via-bilità in modo da rendere obbligatorio, dopo la visita dellaVilla, l’attraversamento della città. Coerentemente con questiintenti, nel 1998, l’Amministrazione comunale affida a Gian-carlo Dall’Ara il compito di redigere un Piano di sviluppo tu-ristico per Piazza Armerina. Il “cuore” della strategia vieneesplicitato: fare di Piazza una città “ospitale” e puntare condecisione sulle aree archeologiche e sul centro storico.L’anno successivo, lo Schema di massima di PRG pro-

pone alcuni itinerari che si appoggiano a luoghi cospicui dalpunto di vista culturale o paesaggistico-ambientale, anche aldi fuori dei confini comunali. La nuova, per certi versi ine-dita nell’ambito della pianificazione precedente, attenzioneal sito e alle sue relazioni con il contesto territoriale, daràtuttavia esiti circa un decennio dopo.La versione finale del Piano regolatore, messa a punto

tra il 2000 e il 2003, conferma le indicazioni politiche con-tenute nelle direttive generali e Giuseppe Dato rileva il «pro-gressivo processo di marginalizzazione territoriale edeconomica» 30 della città che, «per quanto riguarda il settoreturistico, […] è da considerare un polo di livello internazio-

28 Unesco, Convenzione sulla protezione del patrimonio mondialeculturale e naturale, Parigi, 23 novembre 1972, art. 1.

29 ACCPA, Delibera di Consiglio comunale n. 70 del 31 luglio 1996.30 Giuseppe Dato, Piano regolatore della città di Piazza Armerina,

Relazione, 2003, 1.

7. - Veduta attuale della nuova soluzione opaca per le coperture progettate dal Centro regionaleper la progettazione e il restauro.

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Dalla Villa al paesaggio. Il tema della protezione e della musealizzazione del sito archeologico di Piazza Armerina

nale, capace di attrarre flussi turistici considerevoli ma chenon ha una adeguata ricaduta economica nel comprensorio acausa di un offerta quasi unicamente concentrata su diun’unica risorsa: la Villa Romana del Casale» 31.Torna, con un autorevole conforto scientifico, la que-

stione dell’incapacità, per lo meno fino alla fine del XX se-colo, delle élites locali di costruire un percorso di sviluppocapace di mettere a sistema il cospicuo patrimonio, in ter-mini quantitativi e qualitativi, presente all’interno del terri-torio comunale, e di mettere in rete questo patrimonio conaltri nodi, di minore importanza, ma capaci di rendere piùcompetitivo un sistema turistico che li comprendesse. Nel2001 la nuova fase del Complemento di Programmazione edel POR consente il perseguimento degli stessi obiettivi at-traverso la redazione dei Programmi Integrati Territoriali(PIT).Attorno alla Villa romana del Casale vengono a concen-

trarsi due azioni: una “a titolarità regionale” centrata diret-tamente sul monumento e sull’area archeologica circostante;una seconda, gestita dalla Provincia regionale di Enna, perquanto riguarda il sistema infrastrutturale a servizio del sito.Nel primo ambito si colloca il progetto del Centro regio-

nale per la progettazione e il restauro diretto da Guido Meli,approvato nel 2005, che prevede il restauro dei pavimentimusivi e degli affreschi, il rifacimento del sistema di coper-ture realizzato da Franco Minissi, l’acquisizione attraversoesproprio delle aree archeologiche immediatamente a ridossodella Villa; interventi di messa in sicurezza idrogeologica.L’accantonamento della prima, controversa, soluzione a cu-pola rappresenta uno snodo importante perché conferma lascelta museografica di mantenere il legame del monumentocon il sito e il contesto nel quale era stato realizzato e impe-disce quello che a molti sembrò una disneylandizzazionedella Villa. Ma rappresenta anche uno snodo importante per-ché proprio nel momento di massimo acme della polemica,Patrizio Pensabene, che aveva diretto gli scavi sull’area dellaVilla finanziati ancora una volta nell’ambito del POR 2000-2006, comunica l’esito del suo lavoro, annunciando che lacampagna archeologica ha evidenziato nel sito della villa unacontinuità di vita: dai primi secoli dell’impero relativi ad unavilla rustica, alla fastosa villa padronale tardoantica, fino al-l’insediamento medievale con un ciclo che si interrompe solosotto Gugliemo II, con il trasferimento ed il ripopolamentodell’abitato nella sua attuale sede 32.La scoperta mette fine alle congetture sulla localizza-

zione della città prima della fondazione normanna e, conse-guentemente, sulle origini del suo nome, dando ragione achi, ipotizzando che la città prenormanna insistesse sullaVilla, ne aveva dedotto l’ipotesi che il suo nome fosse una

corruzione di Palatia, con il quale venivano designati i muri,di ben altra consistenza rispetto all’attuale, esistenti nelMedio evo 33. Rappresenta, pertanto, un elemento dal fortecontenuto identitario per la comunità locale e che arricchisceulteriormente la “densità” di significati e d’importanza delsito.Ben più interessante, per l’aspetto di cui ci stiamo occu-

pando del rapporto tra il sito archeologico e il territorio, è ilprimo intervento finanziato con fondi UE. Si tratta di un in-tervento di infrastrutturazione previsto nell’ambito del PIT11 – Enna: turismo tra archeologia e natura.Una prima elaborazione dell’intervento, affidata dalla

Provincia regionale e alla società Enel Hydro, in stretta col-laborazione con il Comune di Piazza Armerina, viene rea-lizzata fra il 2002 e il 2003, secondo uno schema coerentecon la strategia di integrazione territoriale portata avanti dalPiano regolatore in fase di elaborazione. Articolata in cin-que ambiti di intervento, essa prevede sia azioni sul sito cheazioni finalizzate all’integrazione con la città e in partico-lare con il suo centro storico. Questa impostazione rappre-senta uno dei cardini della strategia del PIT “Enna: turismotra archeologia e natura”: «solo da un intervento organicosull’intero contesto in cui si inserisce il complesso della Villadel Casale possono porsi significative basi per il raggiungi-mento dell’obiettivo generale» 34.La versione finale del progetto mostra, tuttavia, un evi-

dente arretramento rispetto alla visione integrata della ri-qualificazione dell’area della Villa e del collegamento con ilcentro storico. Per quanto riguarda il sistema degli accessiall’area archeologica, la proposta conferma quello esistenteche avrebbe condotto a un’area di sosta e a quella commer-ciale da realizzare a valle della strada, spostando la “porta”della Villa nell’Hotel Imperial che avrebbe ospitato anche iservizi aggiuntivi. Fra dibattiti e revisioni, il progetto vieneulteriormente corretto, ma non può più rimettere in discus-sione la decisione, probabilmente presa con avventatezza, diaddossare all’area monumentale gli attrattori di carico urba-nistico e di trascurare del tutto il sistema di collegamento traVilla e città.Una importante inversione di tendenza si concretizza fi-

nalmente con il Piano paesaggistico redatto dalla Soprinten-denza BCA di Enna che contiene il pieno riconoscimento delterritorio del fiume Gela nella sua essenza olistica e com-plessa. Il PTPEn riconosce la presenza, in relazione al fiumeGela, di una notevole quantità di beni isolati, dal Gran Prio-rato di S. Andrea alle masserie, ai mulini, al santuario diPiazza Vecchia, oltre al centro storico di Piazza e alla Villaromana in un contesto di paesaggio agricolo di pregio e in-dividua tali caratteri come valori paesaggistici (fig. 8).

31 Ivi, 4.32 Pensabene 2004 e Greco 2004.33 Nigrelli 1983, 25.

34 Provincia regionale di Enna, Comune di Piazza Armerina, Inter-venti di recupero, tutela, restauro e aumento della fruibilità della Villaromana del Casale. Scheda dell’Intervento 2.5, gennaio 2002.

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Il Piano individua i Paesaggi locali tra i quali il Paesag-gio locale 11.02 - “Alta Valle del Fiume Gela” che corri-sponde al sistema territoriale e paesaggistico che si sviluppaa partire dal tratto più alto del corso del fiume Gela che, inprossimità delle sorgenti, si suddivide in due rami denomi-nato Nociara e Fiume di Giozzo. Il fiume Gela viene defi-nito colonna vertebrale del Patrimonio culturale della Siciliacentro meridionale poiché nel corso dei secoli si è configu-rato come un a sorta di “autostrada della civilizzazione” e ilPTPEn individua nella istituzione di un “Parco territorialearcheologico dell’alto corso del Gela e della Villa romanadel Casale” il possibile strumento di governo di un così de-licato territorio (fig. 9).

Conclusioni

Il percorso di patrimonializzazione che prende corpo al-l’indomani dell’unificazione trova un indiscutibile culminein una congiuntura storica in cui la disponibilità dei fondidella Cassa per il Mezzogiorno consente la definitiva mu-sealizzazione del sito. Tuttavia gli esiti di tale processo, comevedremo, non sono privi di contraddizioni. Il progressivo in-teresse suscitato dalle superfici musive finisce col reciderequella linea di ricerca che, a partire dagli studi degli eruditi

locali, volte a «ricercare una origine storica» 35, avevano co-munque posto con chiarezza la questione della continuità difrequentazione del sito. Questa intuizione, più volte richia-mata negli studi di Ignazio Nigrelli, è stata solo di recenteefficacemente ripresa, nonostante le indiscutibili perdite de-terminate dallo «sterro» del 1935. Le recenti scoperte ar-cheologiche con la messa in luce delle strutture medievaliriportano all’attualità del dibattito la questione della “strati-ficazione” del sito e la sua rilevanza tanto sotto il profiloscientifico e culturale, quanto sotto quello del riconosci-mento patrimoniale e identitario.La successione degli scavi, il dibattito sulla protezione, le

diverse ipotesi, nonché le diverse esperienze di pianifica-zione hanno però via via emergere un tema altrettanto rile-vante ai fini di una più complessa e ricca interpretazione delsito, inscindibilmente legata alle relazioni con il contesto flu-viale del fiume Gela. Si è progressivamente passati da untipo di apprezzamento meramente “estetico-percettivo”, allacomprensione delle qualità di un sistema paesaggistico cheracconta le modalità di interazione dell’uomo con questaparte di territorio e che, probabilmente, costituisce la più so-lida invariante di uno straordinario equilibrio.Appare evidente, peraltro, che alla inevitabile centralità

del bene archeologico fa da contraltare una implicita mainequivocabile percezione della sua inestricabile connes-sione al paesaggio circostante. Solo così si può interpretareuna posizione che si è collocata al centro del dibattito,senza più uscirne per almeno cinquant’anni, secondo cui35 Pace 1951, 456.

8. - Piano Territoriale Paesaggistico della Provincia di Enna, Ambito 11 - Colline di Mazzarino e Piazza Armerina, Ambiti paesaggistici locali,Prescrizioni generali e operative, 2008.

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Dalla Villa al paesaggio. Il tema della protezione e della musealizzazione del sito archeologico di Piazza Armerina

questi pavimenti interni debbano essere fruiti avendo sem-pre la possibilità della vista sul verde rigoglioso della valledel Gela. E questo come se la grande architettura non fossestata dentro il paesaggio esistente al momento della co-struzione essa stessa nella sua interezza, con il suo insiemearticolato e complesso di volumi, e come se quegli stessivolumi non avessero a loro volta definito il paesaggio persei o sette secoli, fino alla distruzione voluta da GuglielmoI. Non c’è dubbio che la condizione residuale del sito ha

giocato un valore primario nell’indirizzare in questo sensoil “riconoscimento” e che essa ha oggi acquisito un valorein sé, nella sua dimensione “sineddotica”, a prescinderedal rimando all’intero “originario”.Allo stesso tempo sembra evidente che nel momento in

cui gli enti pubblici interessati hanno cominciato a parlarsie a collaborare, le organizzazioni internazionali hanno ri-conosciuto il valore del sito, la comunità locale ha ritrovato(o ha trovato per la prima volta) il protagonismo rispetto

9. - Piano Territoriale Paesaggistico della Provincia di Enna, 11 - Colline di Mazzarino e Piazza Armerina, La perimetrazione e l’articolazionedelle aree del Parco Territoriale Archeologico.

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Fausto Carmelo Nigrelli, Maria Rosaria Vitale

alle scelte di tutela e valorizzazione del suo bene, le condi-zioni per avviare un percorso di sviluppo con le caratteri-stiche individuate nel presente saggio hanno trovato unaefficace concretizzazione. In questo quadro rinnovato spic-cano la centralità di corrette e condivise scelte di pianifica-zione del territorio e la necessità di una nitida capacità digovernance.

Bibliografia

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Introduzionedi Patrizio Pensabene e Carla Sfameni

1. LA VILLA DI PIAZZA ARMERINA: I NUOVI SCAVI

E GLI INTERVENTI DI RESTAURO

Patrizio Pensabene, Nuove scoperte alla Villa del Casaledi Piazza Armerina: magazzini, terme e fornaci

Guido Meli, Presentazione dei risultati del restauro e degliinterventi di musealizzazione

2. CONTINUITÀ E DISCONTINUITÀ NELL’EDILIZIA RESIDENZIALE TARDOANTICA

IN SICILIA

Premessadi Paolo Barresi

Lorenzo Guzzardi, Nuove scoperte nel Siracusano

Roger J.A. Wilson, La villa tardoromana di Caddeddi (SR)sul fiume Tellaro e i suoi mosaici

Giovanni Di Stefano, Kaukana: architetture private e pub-bliche del quartiere vandalo

Roger J.A. Wilson, Punta Secca (‘Kaukana’): i risultatidegli scavi canadesi 2008-2010

Paolo Barresi, Continuità degli schemi architettonici delleville marittime di età imperiale nelle ville tardoantiche

Carmela Ariano, I mosaici geometrici di Piazza Armerina:gli influssi degli schemi italici

Carmela Bonanno, La villa romana di Gerace e altri inse-diamenti residenziali nel territorio ennese

Roger J.A. Wilson, La villa romana di Gerace: primi ri-sultati della ricerca geofisica

Rosario P.A. Patané, Quid quartum? Arare. Per l’archeo-logia dell’ambiente nella Sicilia centro-orientale

Maria Serena Rizzo, Maria Concetta Parello, Abitare adAgrigentum in età tardoantica ed altomedievale

Valentina Caminneci, Abitare sul mare. L’insediamento co-stiero nella Sicilia occidentale in età tardoantica

Rossella Giglio, Lilibeo tardoantica e medievale: note sullecaratteristiche dello spazio urbano

Cristina Soraci, La «ragguardevole proprietà» di Melaniae Piniano: nuove ricerche

Mario Mazza, Sicilia tra Occidente e Oriente: villae, vil-laggi e comunità di villaggio nell’economia agraria della Tarda Antichità

3. EDILIZIA RESIDENZIALE E POTERE PUBBLICO

Premessadi Isabella Baldini

Isabella Baldini, Palatia, praetoria ed episcopia: alcune os-servazioni

Maria G. Parani, Icons of Power: Images of Palaces in LateAntique Art

Giulia Marsili, La committenza architettonica attraverso imarchi dei marmorari: il caso del Palazzo di Antiocoa Costantinopoli

Burcu Ceylan, Episcopeia as a reflection of the image ofthe bishop

Denis Sami, “And build a new church there faithful to Godand the bishop’s palace that you want”. The Seventh-Cen-tury Life of Bishop Gregory and the Bishop-Residence ofAgrigento

Debora Pellacchia, I “Bagni del clero”. Edilizia termalenel quartiere episcopale ravennate (V-IX secolo)

Sonia Gutiérrez Lloret, Julia Sarabia Bautista, L’episcopiodel Tolmo de Minateda (Albacete, Spagna). Architettura efunzione degli ambienti tra la fine del VI e l’inizio dell’VIIIsecolo

Gian Pietro Brogiolo, Alexandra Chavarría Arnau, Villae,praetoria e aedes publicae tardoantichi in Italia settentrio-nale: riflessioni a partire da alcune ricerche recenti

Riccardo Villicich, La villa teodericiana di Galeata: risul-tati e prospettive dopo le recenti campagne di scavo

4. EDILIZIA RESIDENZIALE E PROGRAMMI ARCHITETTONICI

E DECORATIVI

Premessa di Patrizio Pensabene e Carla Sfameni

Mariarosaria Barbera, Marina Magnani Cianetti, Salvo Bar-rano, Da Massenzio a Costantino: le indagini in corso nelc.d. tempio di Minerva Medica

Rita Volpe, Vivere nel Suburbio di Roma in età tardoantica

Enrico Gallocchio, Aule tardoantiche a pianta basilicale:considerazioni architettoniche e decorative a partire dal-l’esempio della Villa del Casale

Carmelo G. Malacrino, I nuclei termali delle ville romanecalabresi fra il II e il IV secolo d.C.: Roggiano Gravina, Mal-vito e Casignana

Jerzy Zelazowski, Eleonora Gasparini, Edilizia residenzialetardoantica a Ptolemais: topografia e apparati decorativi

Grażyna Bąkowska-Czerner, Continuità d’uso e trasfor-mazioni delle abitazioni a Marina El-Alamein in età tar-doantica

Rafał Czerner, Trasformazione della decorazione architet-tonica di Marina El-Alamein in età tardoantica

Carla Sfameni, Tra culto e decorazione: aspetti di “reli-gione domestica” in età tardoantica

5. EDILIZIA RESIDENZIALE E PRODUZIONE

Premessa di Giuliano Volpe

Roberta Giuliani, Edilizia residenziale e spazi del lavoro edella produzione nelle città di Puglia e Basilicata tra Tar-

INDICE DEL VOLUME

doantico e Altomedioevo: riflessioni a partire da alcunicasi di studio

Maria Turchiano, Edilizia residenziale e spazi del lavoro edella produzione nelle ville di Puglia e Basilicata tra Tar-doantico e Altomedioevo: riflessioni a partire da alcunicasi di studio

Marisa Corrente, Vincenza Distasi, Maria Grazia Liseno,Stato della ricerca sull’architettura rurale e gli assetti deltardoantico nella Puglia settentrionale

Marisa Corrente, Maria Cioce, Piccoli e medi insediamentirurali dell’Apulia centro-settentrionale nell’età tardoan-tica

Gianluca Mastrocinque, Spazio residenziale e spazio pro-duttivo ad Egnazia (Fasano-BR) in età tardoantica

Paola Galetti, Strutture del paesaggio: spazi domestici eproduttivi dell’edilizia residenziale tardoantica e altomedievale tra pensiero agronomico e organizzazioneeconomico-insediativa

6. EDILIZIA RESIDENZIALE IN HISPANIA: PALAZZI E GRANDI RESIDENZE

Premisa di Isabel Rodà de Llanza

Ricardo Mar, Arnau Perich, Casa y ciudad en la Hispaniatardoantigua. La evolución de los modelos tipológicos

Josep Maria Macias Solé, El territorio y la ciudad de Ta-rraco

Julia Beltrán de Heredia Bercero, Edilizia residenziale tar-doantica a Barcellona: i palatia di Barcino

Virginia García-Entero, Carmen Fernández Ochoa, YolandaPeña Cervantes, Eva Zarco Martínez, La evolución arqui-tectónica del edificio palacial de Carranque (Toledo,España). Primeros avances

Cesáreo Pérez González, Olivia V. Reyes Hernando, La re-sidenza di Coca (Segovia)

Carmen Fernández Ochoa, Fernando Gil Sendino, La villaromana de Veranes (Gijón, Asturias)

José-Antonio Abásolo, Actuaciones arqueológicas en la“nueva Olmeda” (2005-2009)

Miguel Angel Valero Tévar, El triclinium de la villa de No-heda (Villar de Domingo García, Cuenca)

Rafael Hidalgo Prieto, Aspetti dell’interpretazione del com-plesso palatino di Cercadilla a Cordova

7. LA VILLA DI PIAZZA ARMERINA: NUOVI SCAVI E NUOVE RICERCHE

Premessadi Patrizio Pensabene e Paolo Barresi

Chiara Carloni, Diego Piay Augusto, Le terme meridionali:nuovi scavi 2010-2012. L’evoluzione del frigidarium

Francesca Verde, Reperti numismatici dal frigidarium delleterme meridionali

Rossana Scavone, I resti faunistici del frigidarium delleterme meridionali della villa di Piazza Armerina: analisipreliminare

Lourdes Girón Anguiozar, Eleonora Maria Cirrone, Le termemeridionali: nuovi scavi 2010-2012. Studio preliminare deimateriali dal settore settentrionale e dal frigidarium

Chiara Carloni, Francesco Puzzo, Maximilian Ventura, Leterme meridionali: il calidarium e le fasi di riutilizzo in etàmedievale

Antonio Alfano, Simona Arrabito, Sebastiano Muratore, Inuovi scavi alla Villa del Casale. L’area ad oriente delleterme meridionali

Patrizio Pensabene, Lorenzo González De Andrés, JavierAtienza Fuente, La Villa del Casale en Piazza Armerina:cálculo volumétrico y análisis tipológico de los mármolesde revestimiento y de los elementos arquitectónicos

Antonio Alfano, Simona Arrabito, Sebastiano Muratore, LaVilla del Casale e l’insediamento di Sofiana: un SIT per laviabilità tra il tardoantico ed il medioevo

8. RESTAURO E CONSERVAZIONE

Premessa di Daniela Esposito

Daniela Esposito, Architettura, ruderi e paesaggio. Prote-zione: forme e significati. Alcune riflessioni

Paolo Vitti, Materia o forma del manufatto antico: cosa sitrasmetterà alla nostra progenie?

Francesca Condò, L’effimero necessario. L’uso delle fontidocumentarie nella “ricostruzione” materiale e virtuale disistemi archeologici complessi

Fausto Carmelo Nigrelli, Maria Rosaria Vitale, Dalla Villa alpaesaggio. Il tema della protezione e della musealizzazionedel sito archeologico di Piazza Armerina fra esigenze con-servative, concezione del paesaggio e pianificazione delterritorio

Beatrice A. Vivio, Materia e forma del restauro archeolo-gico

Anelinda Di Muzio, Strutture protettive: architettura perl’archeologia. Criteri di progettazione

Gianfranco Dimitri, Ilaria Pecoraro, Insediamenti elleni-stico-romani fra Campomarino e Monacizzo (Taranto):problemi di lettura e di conservazione

Considerazioni conclusivedi Roger J.A. Wilson

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