L’area megarese tra il IX e l’XI secolo: un paesaggio in transizione

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LES DYNAMIQUES DE L’ISLAMISATION EN MÉDITERRANÉE CENTRALE ET EN SICILE : NOUVELLES PROPOSITIONS ET DÉCOUVERTES RÉCENTES LE DINAMICHE DELL’ISLAMIZZAZIONE NEL MEDITERRANEO CENTRALE E IN SICILIA: NUOVE PROPOSTE E SCOPERTE RECENTI édité par a cura di Annliese Nef, Fabiola Ardizzone avec la collaboration de con la collaborazione di Lucia Arcifa, Alessandra Bagnera, Elena Pezzini Roma-Bari 2014 ESTRATTO - TIRÉ-A-PART COLLECTION DE L’ÉCOLE FRANÇAISE DE ROME 487 10

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LES DYNAMIQUES DE L’ISLAMISATIONEN MÉDITERRANÉE CENTRALE ET EN SICILE :

NOUVELLES PROPOSITIONS ET DÉCOUVERTES RÉCENTES

LE DINAMICHE DELL’ISLAMIZZAZIONENEL MEDITERRANEO CENTRALE E IN SICILIA:

NUOVE PROPOSTE E SCOPERTE RECENTIédité par a cura diAnnliese Nef, Fabiola Ardizzone

avec la collaboration de con la collaborazione di Lucia Arcifa, Alessandra Bagnera, Elena Pezzini

Roma-Bari 2014

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Il progetto di ricerca sull’area megarese, nato circadieci anni fa in occasione della Tesi di Specializzazionein Archeologia Medievale presso l’Università di Leccesotto la supervisione del prof. Paul Arthur, e successi-vamente proseguito per il solo territorio di Priolo Gar-gallo (2009-2011) con un progetto triennale sotto ladirezione dal prof. Daniele Malfitana (IBAM-CNR), incollaborazione con la Soprintendenza BB.CC.AA. di Si-racusa, è adesso oggetto di un progetto di Dottorato in“Scienze Umanistiche e dei Beni Culturali” pressol’Università di Catania 1.

Le indagini, mirate alla definizione delle trasforma-zioni delle campagne tra l’età romana e medievale,hanno fornito documentazione sufficiente per proporreuna nuova articolazione delle dinamiche insediative nelsolco degli studi che negli ultimi due decenni ha vistoaccrescere ed approfondire le ricerche sulle dinamichedi trasformazione dei paesaggi tardoantichi e altome-dievali della Sicilia.

Nel periodo qui considerato, il territorio, oggi divisotra i comuni di Augusta, Melilli e Priolo Gargallo (fig.1a-b), costituiva la parte settentrionale del contado diSiracusa, città che nonostante l’importante ruolo poli-tico ed economico rivestito nella Sicilia altomedievalenon aveva ancora mostrato dati sufficienti a causa di ungenerale basso interesse della ricerca. I dati, pertanto,sono risultati di notevole importanza e gettano unaprima luce su un territorio di fondamentale importanzaper la regione.

Nell’ambito del tema e dell’arco cronologico di que-sto convegno è stato possibile ricostruire per grandi linee

l’evoluzione della maglia insediativa ma si tratta di datiancora preliminari che attendono una ulteriore analisi ecertamente un maggiore apporto di informazioni. Essi,tuttavia, hanno permesso una prima ricostruzione delledinamiche insediative del territorio di Siracusa e di de-lineare un modello che consenta di stabilire interessantitermini di paragone con altri contesti territoriali dellaSicilia.

In particolare, la ricerca è stata mirata alla soluzionedi tematiche specifiche che attendevano da tempo mag-giore attenzione e sulle quali si è tentato di dare ri-sposta nei limiti della documentazione raccolta nelcorso delle indagini. Esse sono state così enucleate:l’organizzazione territoriale tardo bizantina; defini-zione, cronologia e ruolo dei villaggi rupestri; l’im-patto delle incursioni e della conquista islamica sugliinsediamenti rurali ed in particolare su quelli costieri;l’organizzazione del territorio in età islamica; l’evi-denza degli scambi e il ruolo dei mercati; l’evoluzionedella cultura materiale ed in particolare delle cerami-che. Sebbene nell’ambito da alcune di queste singoletematiche non sia sempre stato possibile raggiungereun quadro esaustivo, si è tentato di dare comunque ri-sposta ai numerosi interrogativi che ne rappresentavanoil nucleo problematico. Si è scelto, tuttavia, in questafase, di non rispondere a questioni anche già da temposollevate, come la riorganizzazione insediativa tra-mandata dal celebre rescritto di al-Mu‘izz, per lasciaread un momento successivo e più ricco di dati l’inter-pretazione di questi specifici fenomeni citati dallefonti 2.

1 CACCIAGUERRA Giuseppe 2009a; MALfITANA Daniele, CACCIA-GUERRA Giuseppe 2011.

2 MOLINARI Alessandra 1995a; ARCIfA Lucia, BAGNERA Ales-sandra, NEf Annliese 2012.

L’AREA MEGARESE TRA IL IX E L’XI SECOLO: UN PAESAGGIO IN TRANSIZIONE

Giuseppe Cacciaguerra (Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali - CNR, Catania)

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GIUSEPPE CACCIAGUERRA

Le ricerche hanno mostrato che, dopo le profondetrasformazioni occorse nel corso del V secolo, gli abi-tati rurali si pongono in generale continuità per tutta l’etàbizantina. Sebbene non si possano trarre conclusionisulla continuità degli aspetti propriamente materiali nésulla effettiva variazione dimensionale degli insedia-

menti nel lungo periodo, è possibile affermare che, inlinea di massima, essi continuano a vivere fino al IXsecolo (fig. 1a). Il progressivo sviluppo interno di al-cuni siti, tuttavia, è evidente nelle dimensioni partico-larmente estese o dalla complessità di centri comeCastellaccio-Manomozza-San Foca, Megara Hyblaea,

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Fig. 1 - a. L’area megarese nel IX secolo (i quadrati indicano villaggi rupestri). b. L’area megarese tra il X e l’XI secolo (i quadrati indicanovillaggi rupestri). Carta di distribuzione dei siti: 1. Frandanisi 134; 2. Tavoliere; 3. Deri; 4. Curcuraggi; 5. Cava Belluzza; 6. Scardina; 7.Megara Hyblaea or.; 8. Monachella; 9. S. Foca; 10. Castellaccio; 11. Thapsos; 12. Augusta. c. San Foca, i confini del casale normanno diAgulia e la Guglia d’Agosta.

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San Cusumano, Xirumi, Masseria Ingegna o Tavoliere-Maccaudo 3 che si connotano come abitati dotati di unruolo probabilmente centrale nella gerarchia insediativao nella gestione delle risorse agrarie, come viene con-fermato anche dai dati provenienti dalla cultura mate-riale o dalla presenza di strutture rilevanti 4. Tengo a direche i dati sulla continuità si riferiscono esclusivamentealle sedi antropiche e non alla consistenza materiale deisingoli insediamenti e alla qualità delle strutture che pos-sono avere subito trasformazioni interne anche pro-fonde ma sulle quali non possediamo informazioni.

La distribuzione e la densità insediativa indicano chel’intensità dello sfruttamento agrario del territorio rimasepiuttosto alta fino all’VIII-IX secolo. Parallelamente, tut-tavia, le ricerche hanno evidenziato un lento processodi erosione dell’insediamento rurale a partire dall’VIIIsecolo che tuttavia mostra un trend nettamente più mar-cato nel IX secolo. Si ritiene che questo dato possa spie-garsi con il forte impatto causato dallo scontro bellicoarabo-bizantino sul suolo regionale che segnò profon-damente le campagne della Sicilia sud-orientale 5.

Un dato interessante da rilevare è che gli abbandonidel IX secolo sono distribuiti omogeneamente nel ter-ritorio e non concentrati sulla costa, come si è sempreritenuto, dove piuttosto si nota una certa continuità finoalla conquista islamica. Le incursioni su Siracusa e laSicilia sud-orientale, infatti, si sono protratte fino agliinizi del IX secolo lungo le coste e solo successivamente,dal 827, soprattutto via terra. La ricostruzione delle di-namiche insediative legate agli eventi bellici arabo-bi-zantini, pertanto, deve essere modificata in base a questerecenti acquisizioni e ad una rinnovata lettura dellefonti.

Il risultato degli abbandoni del IX secolo si palesacon quanto rimane del vecchio tessuto insediativo nelX secolo (fig. 1b). Il territorio in questione perde buonaparte della rete di villaggi sulla quale si fondava l’or-ganizzazione e lo sfruttamento delle campagne. Per fareun esempio, il territorio di Priolo Gargallo perde quasiil 50% degli insediamenti 6.

L’età islamica, pertanto, mostra una evidenza rela-

tivamente diversa rispetto al periodo bizantino. Nel Xsecolo, infatti, all’infuori di pochissime eccezioni, nonsi segnalano nuovi siti e quelli superstiti, in seguito alletrasformazioni e agli abbandoni del IX secolo, conti-nuano a vivere per tutta l’età islamica e normanna. Inquesto contesto di impoverimento della maglia inse-diativa, sembrerebbe che l’insediamento sparso, appa-rentemente non organizzato secondo un modelloriconoscibile, sia la forma insediativa preponderante.L’alto tasso di abbandoni prodottosi nel corso del IXsecolo indica, infatti, un generale calo demografico intutto il territorio. Questa situazione viene ereditata inetà islamica che non mostra grandi evidenze di contro-tendenza. Il dato sembra confermato anche dalla ridu-zione dello spazio urbano di Siracusa che conservanell’area della terraferma solo alcuni nuclei abitativi. Idati, pertanto, sembrano discostarsi da quanto ricostruitoper il territorio di Noto dove, viceversa, sembra atte-stata una fitta rete di insediamenti 7.

Devo ammettere, tuttavia, che questa ricostruzionepuò risultare in parte fuorviante. La presenza di una mag-giore quantità di dati sull’età bizantina sembra indicareper l’età islamica una minore caratterizzazione dell’or-ganizzazione territoriale. In realtà, i pochi insediamentiislamici individuati sono semplicemente dislocati a di-stanze maggiori e ciò potrebbe piuttosto essere inter-pretato come una concentrazione della popolazione inpochi siti alternati ad aree con insediamenti molto pic-coli in un contesto caratterizzato dalla piccola proprietàcontadina. È probabile, infatti, che i piccoli insediamentiislamici non siano sempre visibili in ricognizione e ladifficoltà di individuazione non renda sempre percepi-bile la loro reale distribuzione e l’impatto sullo sfrutta-mento della terra. Ciò sembra evidente ad esempio aMegara Hyblaea (Augusta) dove è stato individuato unpiccolo nucleo di ceramiche islamiche in un’area postaa circa m. 700 dal mare e che potrebbe indicare un pic-colissimo nucleo insediativo separato dal quelli princi-pali posti nella parte orientale dell’antica città 8.

Le ricerche condotte sul sito di Monachella (PrioloGargallo) hanno attestato che l’insediamento ebbe una

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3 Castellaccio-Manomozza-San foca: CACCIAGUERRA Giuseppe2011b. Megara Hyblaea: CACCIAGUERRA Giuseppe 2007; CACCIA-GUERRA Giuseppe 2009a, p. 296. San Cusumano: CACCIAGUERRA

Giuseppe 2009a, p. 296. Xirumi: CACCIAGUERRA Giuseppe 2009a,p. 296-297. Masseria Ingegna: CACCIAGUERRA Giuseppe 2011g,p. 287-288, 305. Tavoliere-Maccaudo: CACCIAGUERRA Giuseppe2009a, p. 296-297.

4 CACCIAGUERRA Giuseppe 2011g.

5 CACCIAGUERRA Giuseppe 2011g, p. 300-305.6 CACCIAGUERRA Giuseppe 2011g, p. 303.7 ARCIfA Lucia, NEf Annliese 2008, p. 117; ARCIfA Lucia, BA-

GNERA Alessandra, NEf Annliese 2012 p. 268.8 Ringrazio il prof. Henri Tréziny per avermi dato la possibilità

di studiare i materiali romani e medievali di Megara Hyblaea e peravermi fornito importanti informazioni sulle fasi post-ellenistichedell’antica città.

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lunga fase di vita fino al IX secolo per poi essere ab-bandonato. Tuttavia, lo studio dei materiali dell’area ci-miteriale hanno rivelato un solo frammento di bacinocarenato acromo con orlo ingrossato che potrebbe in-diziare una fase medio-tardo islamica invisibile in ri-cognizione e probabilmente di piccola entità 9. Unasituazione simile sembra riscontrabile a Thapsos dovela fase islamica è al momento attestata da pochissimiframmenti di ceramica contro una “sovrarappresenta-zione” della fase tardo bizantina 10. Si tratta di una que-stione che potrà essere risolta solo con la prosecuzionedelle ricerche.

L’insediamento che ha fornito la documentazione piùampia per l’età islamica, di cui si sta procedendo allarealizzazione di una monografia, è Curcuraggi (Me-lilli). Il sito presenta una sequenza cronologica che,senza soluzione di continuità, copre un arco compresotra l’età del ferro e il XIV secolo. Dotato di evidenti ca-ratteristiche difensive naturali, l’insediamento copre unasuperficie di circa ha. 7 con un’ampia distribuzione dimateriali. Una piccola parte dell’insediamento era co-stituita da camere quadrangolari scavate nella roccia cal-carea ben raggiungibili e raggruppate mentre la parteconsistente dell’abitato doveva trovarsi sul pianoro som-mitale. In epoca post-islamica esso era servito da duechiesette rupestri, interessanti per planimetria e appa-rato pittorico.

L’insediamento di Curcuraggi rivestiva certamenteun ruolo gerarchicamente importante nel territorio. Taleposizione, peraltro, fu conservata successivamente apartire dall’età normanna quando le fonti citano Cur-curaggi come uno dei casali più importanti del territo-rio che verrà incastellato dai Moncada nel XIV secolo.Si tratta pertanto di un centro agglomerato “di altura”,forse capoluogo di un piccolo distretto, dotato di ele-menti difensivi naturali che possono o meno essere statisfruttati.

Un contesto significativo che ha rivelato ancora soloun parte del suo valore archeologico è il complesso in-sediativo di Manomozza-San foca localizzato imme-diatamente a Sud di Priolo Gargallo. Si tratta di un sitoche dopo la metà del V secolo, in un periodo caratte-

rizzato da dinamiche insediative ben documentate nel-l’area megarese, sembra subire una forte espansione at-testata dall’ampia presenza di materiali ceramici edall’edificazione della basilica di San foca la cui cro-nologia, ancora in via di definizione, andrebbe collo-cata tra la seconda metà del V e il VII secolo 11. Questocomplesso quadro insediativo entra in crisi durante ilIX secolo, in coincidenza con la fase di scontro bellicotra Arabi e Bizantini. Il grande sito centrale di Mano-mozza, infatti, viene abbandonato mentre l’area “de-centrata” di San foca fornisce documentazionearcheologica per tutta l’età islamica e fino alla piena etànormanna. Questo dato da un lato evidenzia la contra-zione delle aree abitative dopo il IX secolo, dall’altrola continuità, su scala minore, del vasto complesso in-sediativo a Sud di Priolo Gargallo. Inoltre, la Basilicadi San foca, per la quale ne sconosciamo l’esito fun-zionale di età islamica (sostituzione del culto o rifun-zionalizzazione?), si connota come l’elementocatalizzante dell’insediamento.

Al riguardo, intendo qui avanzare l’ipotesi che l’in-sediamento normanno di San foca possa essere identi-ficato con il casale di Agulia, attestato dalle fonti tra lametà e la fine del XII secolo e abitato da un cospicuogruppo di musulmani (fig. 1c) 12. L’insediamento elle-nistico e romano di Specchi-Aguglia, infatti, che acco-glie il monumento funerario Guglia d’Agosta e che fuabbandonato tra la fine del IV e gli inizi del V secolod.C. senza evidenti tracce di fenomeni insediativi di etàmedievale 13, non può essere identificato con il casaleattestato in età normanna come farebbe pensare l’“as-sonanza” con la massa Pyramitana attestata nel 489d.C. 14. Il casale normanno di Aguglia, pertanto, se loidentifichiamo con una struttura insediativa enucleata15,non era certamente localizzato in quel sito e i suoi con-fini sfioravano il monumento romano il quale, pertanto,ne forniva esclusivamente un dato toponomastico 16.

Questo quadro dimostra l’estrema problematicitànell’affermare la continuità topografica e soprattuttofondiaria tra i grandi organismi della proprietà tardo-antica e quella bassomedievale. Anche di fronte a pre-cisi elementi di assonanza toponomastica, come nel

9 CACCIAGUERRA Giuseppe 2011d, p. 182-183, fig. 7.3.10 CACCIAGUERRA Giuseppe 2011e, p. 240, fig. 14.11.11 CACCIAGUERRA Giuseppe 2011c. 12 CUSA Salvatore 1868, p. 487-488; GARUfI Carlo Alberto 1912,

p. 354. 13 SARACENO Eleonora 2008; CACCIAGUERRA Giuseppe 2011a.

14 TjäDER jan Olof 1954-1982, doc. 10-11, p. 279-293. 15 Sull’interpretazione del casale nella Sicilia medievale vedi i

recenti: ARCIfA Lucia, BAGNERA Alessandra, NEf Annliese 2012,p. 262-263; MOLINARI Alessandra 2010.

16 CACCIAGUERRA Giuseppe 2011f.

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caso appunto della massa Pyramitana e del casale diAgulia, non sembra condivisibile affermare coincidenzeche potrebbero essere più apparenti che reali 17.

Allo stesso modo, ritengo che non possa sempre ecomunque affermarsi una continuità fondiaria tra igrandi possedimenti tardoantichi (ecclesiastici, imperialio privati) e i casali-feudi di età normanna o, perlomeno,essa risulta archeologicamente poco visibile. I frequentipassaggi di proprietà, usurpazioni, frammentazioni eaggregazioni possono certamente averne modificato ilquadro. La bassa frequenza di fonti sull’organizzazionedelle campagne tra il VII e la fine del XI secolo e l’am-pio arco cronologico, caratterizzato da profondi cam-biamenti che hanno investito più o meno direttamentel’organizzazione delle campagne siciliane, non sem-brano fornire molti argomenti a favore della continuità.

Non disgiunta dalle problematiche delle trasforma-zioni della maglia insediativa, gli insediamenti rupestrirappresentano una delle evidenze altomedievali più im-portanti del territorio in esame. Durante l’VIII e il IXsecolo essi emergono con la specifica funzione di luo-ghi di rifugio temporaneo durante le fasi di scontro traBizantini e Arabi (fig. 1a). Questo dato è confermatodalla presenza di pochi ma sicuri indicatori ceramici rin-venuti in alcuni di questi complessi (ceramiche da fuocotipo “Rocchicella” e anfore con anse a solco mediano)evidenziati, ad esempio, al Vallone Maccaudo. Non sitratta di luoghi abitati in maniera stabile. Essi, infatti,sono contraddistinti da ambienti di dimensioni ridottee planimetrie irregolari, raccolti in complessi anchemolto grandi difficilmente raggiungibili in quanto col-locati su alte pareti rocciose inaccessibili 18. Inoltre, pos-siedono spesso sistemi di difesa passiva realizzati conbotole, cunicoli, sbarramenti e passaggi obbligati chepermettono di isolare completamente il complesso ru-pestre.

Un villaggio che rappresenta un unicum per l’interaSicilia è quello del Canale di Brucoli (Augusta), unicoappunto per essere localizzato sulla costa 19. Esso è col-locato lungo un tratto di circa km. 1 su una falesia re-lativamente bassa che non permette un grande sviluppoin verticale delle camere. Gli ambienti, inoltre, sfrut-tano principalmente grotte naturali e piccoli ipogei fu-nerari tardoimperiali adeguatamente modificati. Se

venisse confermata la cronologia nel IX secolo, la po-sizione lungo la costa indicherebbe ulteriormente chegli insediamenti marittimi non furono abbandonati ma,dove possibile, si dotarono di sistemi di difesa.

Un ulteriore dato interessante è venuto dalla loro di-stribuzione. Il territorio di Augusta e Melilli mostra unavera e propria rete di villaggi rupestri posti a distanzecostanti. Il territorio di Priolo Gargallo, viceversa, purpossedendo condizioni ottimali per la loro formazione,non accoglie grandi complessi insediativi rupestri, nésembrano particolarmente diffusi quelli di dimensionimodeste. Si tratta di una importante variazione rispettoal modello sopra proposto, ma non si pone in contrap-posizione con esso. La vicinanza del territorio di Prioloa Siracusa, infatti, non permise probabilmente lo svi-luppo dei siti rifugio nei periodi di guerra tra Arabi eBizantini e la popolazione preferì certamente rifugiarsientro le mura della città.

Una evidenza interessante riscontrata negli insedia-menti rupestri dell’area megarese, tuttavia, è la pre-senza di ceramiche islamiche. Le indagini sono statemirate recentemente all’esplorazione del “villaggio ru-pestre” di Cava Belluzza, localizzato nel bacino fluvialedel Marcellino, il quale era stato fino ad oggi poco stu-diato ed indagato (fig. 2) 20. Grazie ai componenti delCAI della Sezione di Catania è stato possibile esplo-rare, documentare e rilevare parte del complesso 21. Ilvillaggio è costituito da almeno cinquanta ambientiposti su uno strapiombo di m. 70 ca. (fig. 2a) con ca-mere di varia planimetria, quadrangolare, ovale o irre-golare (fig. 2c). Come molti altri villaggi dell’area, inparticolare quello di Timpa Ddieri 22, esso è contraddi-stinto da sistemi di difesa passiva realizzati con botole(fig. 2d), cunicoli, sbarramenti e passaggi obbligati (fig.2b) che permettono di isolare completamente il com-plesso rupestre.

Il dato più interessante viene dalla presenza in su-perficie di ceramiche che ne permettono di datarne lafrequentazione. In alcune camere raggiunte nel corso del-l’esplorazione, infatti, sono stati individuati pochissimiframmenti che sembrano riportare ad età tardo-bizan-tina, come ad esempio un frammento di spalla di un’an-fora (globulare?) da trasporto (fig. 2e, 1). Il dato piùimportante, tuttavia, proviene dai numerosi frammenti

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17 LANTERI Rosa 1997, p. 32-41; CACCIAGUERRA Giuseppe 2011e,p. 269-270.

18 Desidero qui richiamare la classificazione di MESSINA Aldo

1986, spesso dimenticata anche se doverosa di una riorganizzazione.19 LANTERI Rosa 1997, p. 19-20, con bibliografia completa.20 MESSINA Aldo 1979, p. 87-88; LANTERI Rosa 1997, p. 87.

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Fig. 2 - Cava Belluzza (Melilli). Insediamento rupestre: a. Veduta generale del villaggio. b. Passaggio tra due complessi su un unico livello;c. Ambiente di forma irregolare; d. Passaggio a pozzo tra due livelli differenti nella parte alta del villaggio; e. Materiali documentati nel vil-laggio rupestre.

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di ceramiche islamiche e normanne. Un frammento dipancia di anfora ad impasto rosso compatto, con in-clusi di quarzo e calcare e con superficie esterna schia-rita segnata da evidenti linee di tornio, è difficilmenteinquadrabile ma comunque collocabile cronologica-mente tra l’XI e il XII secolo (fig. 2e, 2). A conteni-tori simili, sempre non dipinti, appartengono altriframmenti più piccoli segnati da evidenti linee di tor-nio sulla superficie esterna, elemento che solitamentenelle produzioni anforiche siciliane tende a scomparirenel corso del XII secolo 23. Le ceramiche comuni sonocostituite da alcuni frammenti di bacini carenati con orloingrossato, forse bifido. La superficie è schiarita e l’im-pasto di colore rosso-arancio con inclusi calcarei e vul-canici che indicano una produzione certamentelocalizzabile nella Sicilia sud-orientale 24. Per quantosi tratti di produzioni locali poco conosciute, si trattaprobabilmente di una forma assegnabile genericamenteall’XI secolo o alla prima età normanna 25 (fig. 2e, 3).Un fondo con basso piede ad anello di ceramica schia-rita con impasto di colore grigio-verde appartiene aduna forma chiusa riconducibile probabilmente allostesso periodo (fig. 2e, 4). Le ceramiche da fuoco sono attestate da un solo fram-

mento di orlo assottigliato leggermente introflesso con-traddistinto da un impasto molto grezzo e granuloso conmolti inclusi di calcare anche di grandi dimensioni (>2mm.). Si tratta di una produzione locale delle tipichecasseruole fatte a mano dalla tipologia piuttosto stan-dardizzata 26 (fig. 2e, 5). Anche in questo caso la cro-nologia sembra ricondurre ad età islamica o alla primaetà normanna dato che queste forme sembrano già nonessere più utilizzate nell’area iblea orientale dalla metàdel XII secolo. Infine, le ceramiche fini sono attestate da due soli

frammenti. Il primo appartiene ad un bacino carenato,privo dell’orlo, con decorazione dipinta in bruno sottovetrina verde che ricopre l’intero vaso (fig. 2e, 6).L’estrema esiguità dell’esemplare porta a collocarlo ge-nericamente all’XI secolo. L’impasto è rosso scuro coninclusi di calcare. Un secondo frammento appartiene aduna scodella invetriata su ingobbio con breve tesa oriz-zontale e labbro leggermente ingrossato e pendente. La

vetrina è di colore verde scuro, poco aderente, l’ingob-bio è spesso, di colore beige (fig. 2e, 7). Si tratta di unaproduzione ben attestata nell’area megarese con formesimili monocrome o decorate in verde, frequenti nei con-testi di XII-XIII secolo.Questi dati attestano una frequentazione, credo fun-

zionalmente non dissimile da quella del periodo bizan-tino, che potrebbe essere stata causata dall’instabilitàprovocata nel corso delle campagne militari bizantinecondotte nella Sicilia orientale, come ad esempio quelladi Maniace del 1038-1040, o nelle fasi di conquista nor-manna dell’area iblea protrattesi tra il 1070 e il 1091. Viene così rimessa in discussione l’attribuzione cul-

turale e cronologica al periodo islamico recentementeproposta 27, verso una più corretta lettura contestuale. Ivillaggi rupestri dell’area iblea, infatti, non hanno ri-velato la presenza di luoghi di culto cristiani ma, allostesso modo, non sono state evidenziate moschee. Latemporaneità della frequentazione, infatti, non portòevidentemente all’esigenza di realizzare aree cultuali oesse non sono riconoscibili per bassa caratterizzazione.Non bisogna dimenticare, inoltre, che i villaggi rupe-stri sono citati sia dalle cronache arabe nel corso dellefasi di conquista che in quelle normanne, confermandoi pochi dati cronologici provenienti dall’esplorazione ar-cheologica.Viceversa, gli insediamenti parzialmente scavati

nella roccia, caratterizzati da camere quadrangolari,ampie e facilmente accessibili sembrano svilupparsiproprio a partire dall’età islamica e troveranno ampiouso nei secoli successivi, spesso convivendo, all’in-terno del medesimo sito (vedi Curcuraggi), con unitàabitative costruite. I due fenomeni, pertanto, possonoconsiderarsi complementari.Le indagini, inoltre, non hanno fornito dati su com-

plessi difensivi. Alcuni recenti contributi sull’area ibleahanno evidenziato la difficoltà e la superficialità nel-l’approccio a questo tema e l’alta problematicità apparechiara nella confusione tra i concetti di castralizzazioneoperata da entità statali e incastellamento feudale. Im-propriamente, infatti, si parla di incastellamento bizan-tino o islamico (o svevo, ecc.), che è piuttosto frutto diun intervento mirato a strategie di difesa collettiva su

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21 Desidero ringraziare gli amici della sezione di Catania del ClubAlpino Italiano, Fabio Formosa, Mimmo, Vincenzo Scalisi, EnzoSequenzio e Marcello Alba che hanno permesso l’esplorazione del-l’insediamento rupestre di Cava Belluzza.

22 ORSI Paolo 1902, p. 631-636; LANTERI Rosa 1997, p. 45-48,con bibliografia completa.

23 ARDIZZONE Fabiola 1999; MOLINARI Alessandra 2010b.24 RAGONA Antonino 1966, p. 22.25 DENARO Massimo 2007, p. 124, fig. 21.96-2113.26 ARCIFA Lucia, LESNES Elisabeth 1997, p. 406.27 MESSINA Aldo 2010, p. 17-20.

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GIUSEPPE CACCIAGUERRA

piani di organizzazione e gestione di portata regionale 28,così come ai castelli feudali del bassomedioevo sicilianovengono applicate funzioni di controllo nell’ambito divaste reti castrali inesistenti e costruite a posteriori. Pa-rallelamente, è molto frequente l’analisi congiunta degliedifici castrali urbani e rurali, il cui ruolo non è in alcunmodo paragonabile, mentre rimane in gran parte sco-nosciuto l’impatto sulle strategie di organizzazione delpopolamento delle campagne.Volendo sottolineare brevemente alcune linee di ten-

denza su un contesto più vasto, allo stato attuale perl’area iblea orientale è impossibile fornire una rico-struzione della rete castrale islamica o affermare l’esi-stenza di un incastellamento di età normanna. Le fonti,infatti, attestano pochissimi castelli non urbani e i datiarcheologici non permettono ancora di verificare la pre-senza di strutture fortificate di X-XII secolo 29.Viceversa, l’evidenza mostrata dalle dinamiche in-

sediative e soprattutto dalla continuità di vita degli in-sediamenti costieri per tutta l’età bizantina e la lorotenuta in età islamica induce ad interrogarsi sull’impattodei commerci e il ruolo dei mercati nelle aree rurali delterritorio di Siracusa. La distribuzione delle anfore al-tomedievali mostra una presenza ormai quasi capillarelungo le coste del Mediterraneo centrale e orientale e,oggi, anche la Sicilia evidenzia ormai un discreto qua-dro di distribuzione di anfore e altri materiali che indi-cano relazioni commerciali e scambi sulla media e lungadistanza per tutto l’VIII e il IX secolo. L’area megareseha restituito un quadro di distribuzione relativamentefitto di anfore che trova conferma nei dati provenientidai contesti urbani di Siracusa che mostrano una vita-lità e una relativamente alta frequenza di contenitori datrasporto tra l’VIII e il X secolo (fig. 3a-b, 1-2). Il datodiventa ancora più complesso e ricco se si considera lasempre più fitta presenza della ceramica a vetrina pe-sante che rappresenta oggi uno dei principali indicatoridella vivacità degli scambi (ma non solo) nella Siciliatardobizantina. Le incursioni arabe dell’VIII e degli inizi del IX se-

colo condotte lungo le coste, pertanto, non interrupperoil flusso di beni e non portarono all’abbandono degli

insediamenti costieri. Piuttosto, sebbene la presenza dianfore da trasporto altomedievali e di vetrina pesantenelle città costiere appaia in generale ovvia per esserecentri di arrivo e partenza delle rotte marittime e per ladisponibilità di un mercato in cui affluiscono diretta-mente i prodotti del commercio mediterraneo, risultamolto interessante constatare quanto il consumo di que-sti beni abbia interessato pure le aree rurali più pros-sime alla costa e alle principali realtà urbane comeappunto è l’area megarese 30. La relativa omogeneitàdella cultura materiale tra le città e i grandi insediamentirurali siciliani vicini alla costa sembrerebbe mostrareun modello di consumo simile tra le due realtà.Il dato più interessante, tuttavia, è che, accanto alle

tradizionali anfore islamiche di produzione regionale,sono state rinvenute anfore bizantine o di tradizione bi-zantina in contesti islamici, ampiamente rinvenute a Si-racusa ed identificati adesso anche nell’area megaresein frammenti più piccoli ma dagli impasti ben caratte-rizzati (fig. 3a-b, 3-5) 31. I contesti siracusani hanno re-stituito un frammento di anfora orientale tipo GünseninI o Saraçhane 46/54 32, e soprattutto numerosi esemplaridi anfore tipo Otranto 1 33 e tipi simili caratterizzati daimpasti molto chiari che trovano confronti soprattuttoin Italia meridionale 34. Sarebbe meglio dire che questatendenza sorprende per essere in contrasto con una tra-dizione di studi che ha sempre negato l’esistenza di re-lazioni commerciali stabili e costanti tra la Siciliaislamica e le regioni bizantine italiane e soprattuttoorientali. La presenza di queste anfore nella parte orien-tale della regione, infatti, non dovrebbe essere ritenutacosì improbabile trattandosi di un’area affacciata sul ver-sante ionico dove confluiscono le rotte orientali e adria-tiche. Viceversa, l’archeologia ha già dimostratol’esistenza di queste relazioni, come ad esempio la ce-ramica a vetrina pesante di area campana individuata aSiracusa e Palermo. La questione determinante rimanecomunque come le relazioni tra queste regioni si pon-gano nel reciproco rapporto di produzione e consumo,ancora tutta da decifrare ma che mostra evidenze di par-ticolare dinamicità 35.Su una scala più piccola, nell’area megarese è stato

28 WICKHAM Chris 1998, p. 34-35.29 CACCIAGUERRA Giuseppe 2012a.30 ARDIZZONE Fabiola 2000; CACCIAGUERRA Giuseppe 2009; AR-

CIFA Lucia 2010; ARCIFA Lucia 2010a; CACCIAGUERRA Giuseppe2012. Sulle relazioni ionico-adriatiche in età altomedievale vedi: AR-THUR Paul 2012.

31 CACCIAGUERRA Giuseppe 2012.

32 GÜNSENIN 1989, pp. 269-271, fig. 2-4; HAYES John 1992,p. 73-74.

33 ARTHUR Paul 1992, p. 206.34 ARTHUR Paul 1999.35 NEF Annliese, PRIGENT Vivien 2006; MOLINARI Alessandra

2010.

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notato che gli insediamenti islamici, siano essi piccolio di grande entità, mostrano una diffusa presenza di ce-ramiche invetriate e dipinte sotto vetrina secondo quan-tità e modelli simili ai contesti urbani come giàriscontrato su base regionale 36. Questo dato viene ulte-riormente confermato dalla documentazione dei mate-riali provenienti dai più recenti scavi condotti aSiracusa 37. Viene ancora una volta sottolineato, pertantoche le comunità rurali erano composte in buona parteda contadini benestanti e ben inserite nelle reti degliscambi regionali e mediterranee 38.In conclusione, l’area megarese mostra per l’età isla-

mica un quadro ancora relativamente povero e di diffi-cile interpretazione. Si notano, tuttavia, alcune linee ditendenza. La presenza più sporadica di insediamenti didimensioni medio-grandi rispetto alla tarda età bizan-tina ed una probabile maggiore incidenza di piccoli in-sediamenti, la cui visibilità non è sempre garantita in

fase di ricognizione anche intensiva, sembrano sottoli-neare una trasformazione profonda nell’organizzazionedelle campagne. La presenza di insediamenti lungo lacosta, viceversa, in continuità con l’età bizantina, atte-sta la persistenza di forme insediative importanti a dif-ferenza di quanto prospettato in precedenza. Gliinsediamenti rupestri, fenomeno nato nella tarda età bi-zantina per scopo di rifugio temporaneo, ebbero certa-mente un ruolo in età islamica, probabilmentefunzionalmente simile, sottolineando la presenza di fasidi instabilità causate da fenomeni bellici. Tuttavia, ladiffusione di contenitori da trasporto di provenienzaitalica o orientale evidenziano una continuità degliscambi con aree bizantine e la produzione locale di ce-ramiche mostra la presenza di manifatture ancora pococonosciute, parallele a quelle della Sicilia occidentale.Solo la prosecuzione delle ricerche potrà arricchire que-sto quadro ancora poco caratterizzato.

L’AREA MEGARESE TRA IL IX E L’XI SECOLO: UN PAESAGGIO IN TRANSIZIONE

36 MOLINARI Alessandra 2007; MOLINARI Alessandra 2010, p. 236;MOLINARI Alessandra 2010a.

37 Dati in corso di elaborazione da parte del sottoscritto.38 MOLINARI Alessandra 2008; MOLINARI Alessandra 2009; MO-

LINARI Alessandra 2010, p. 236.

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Fig. 3 - a. Carta di distribuzione delle anfore altomedievali individuate nell’area megarese (punti: anfore globulari; quadrati: anfore ad im-pasto chiaro). b. Le anfore altomedievali individuate nell’area megarese.

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