Sulle tracce della verità. Percorsi religiosi tra antico e contemporaneo
I GIS nella ricostruzione e valorizzazione del paesaggio antico
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I GIS (GEOGRAPHIC INFORMATION SYSTEMS) NELLA RICOSTRUZIONE
E VALORIZZAZIONE DEL PAESAGGIO ANTICO
(Alessandro Rizzo)
I ritmi frenetici che caratterizzano la così detta “vita moderna” portano con se una serie di
processi di sviluppo e trasformazione di cui noi, forse per assuefazione, non siamo
pienamente coscienti. In effetti, tutto ciò che ci circonda è il risultato di tali trasformazioni,
evoluzioni divenute tanto più importanti e repentine quanto più sviluppatesi in epoca
moderna, secondo un modello di crescita che ha avuto un andamento fortemente
esponenziale.
L’esame e l’attenta analisi di tali processi è un aspetto essenziale per conoscere appieno
non solo i meccanismi che li regolano, ma anche, e soprattutto, la società che li ha prodotti.
Per questo motivo qualsiasi aspetto, problema o elemento che in qualche modo sia
relazionabile con il territorio, può essere considerato un fenomeno sociale e, in quanto tale,
degno di attenzione.
Nell’analisi e lo studio di fenomeni complessi, come possono essere quelli relativi a
questioni territoriali (pertinenti ad esempio allo studio delle dinamiche insediative o delle
problematiche gestionali di una regione territoriale), è auspicabile utilizzare tutti i metodi a
nostra disposizione per far sì che i dati raccolti abbiano una qualche pretesa di completezza.
La raccolta di informazioni non è altro, però, che il punto di partenza per qualsiasi studio, e
non rappresenta certo un prodotto finito.
Un successivo processo di elaborazione, controllo, sistemazione, è dunque necessario per
poter sfruttare al massimo le potenzialità informative dei dati stessi.
Tra l’altro la nostra capacità di comprendere ed interpretare le informazioni a nostra
disposizione dipende, in larga misura, anche dal modo in cui tali dati vengono presentati.
Numerosi strumenti sono stati elaborati nel corso degli ultimi anni con lo scopo di facilitare
tali compiti. Tra questi, quelli che meglio di ogni altro hanno fornito risposte soddisfacenti
alle necessità sopra esposte sono, appunto, i Sistemi Informativi Geografici o Territoriali.
Questi costituiscono uno strumento in grado di immagazzinare, analizzare e relazionare le
informazioni contenute, per poi consentire una visione selettiva e razionale di tutti i dati
raccolti, o delle notizie che di volta in volta possono interessare maggiormente.
Tutto questo accresce enormemente la nostra capacità di comprendere e di interpretare il
contenuto informativo dei dati.
Un termine chiave appena utilizzato, e sul quale è opportuno soffermarsi per capire di cosa
stiamo parlando, è “relazionare”.
Infatti, condizione essenziale per poter comprendere due o più informazioni, fenomeni,
elementi, o più in generale oggetti, all’interno di uno stesso sistema, è stabilire tra questi
una o più “relazioni” in base alle quali gli stessi possono essere accomunati.
Relazione è dunque una condizione che si stabilisce “tra due o più termini in quanto
analoghi, interdipendenti o reciprocamente commisurabili” (Dizionario della Lingua
Italiana G. Devoto – G.C. Oli).
Questa definizione ne richiama immediatamente un’altra, quella di analogo, cioè di
qualcosa “che presenta analogia, ovvero ha elementi in comune o somiglianze determinate
con qualcuno o qualcosa” (Dizionario della Lingua Italiana G. Devoto – G.C. Oli).
Questi “elementi in comune o somiglianze determinate” sono dunque necessarie per
stabilire delle relazioni in base alle quali elementi diversi (ma solo parzialmente) possono
coesistere in uno stesso insieme o ambiente.
I Sistemi in questione (Geographic information Systems, GIS) rappresentano, appunto,
degli strumenti grazie ai quali si possono stabilire tali relazioni tra oggetti, entità, fenomeni,
dati, sulla base di “elementi in comune o somiglianze determinate”, consentendo ad
informazioni provenienti anche da fonti diverse di integrarsi e completarsi
vicendevolmente.
Un Sistema Informativo Geografico individua nel “dato spaziale” il fattore legante,
l’elemento comune a tutti i dati che in un sistema di tale tipo possono confluire.
Risulta dunque particolarmente importante capire cosa si intende per “spaziale” in
riferimento ad un GIS.
L’aggettivo Spaziale si riferisce allo spazio (nel senso di collocazione geografica) nel quale
un determinato elemento viene a trovarsi. Sulla base di tale spazio, che ogni elemento
occupa nella realtà, ogni oggetto può essere relazionato ad un altro.
Non ha molta importanza che tipo di riferimento si decide di adottare, la cosa più
importante è che tutti gli elementi in un determinato ambiente adottino lo stesso sistema. In
effetti, ciò che a noi interessa al fine di stabilire un sistema di relazioni non è il dato
numerico in sé, ma le implicazioni di carattere logico che questo comporta.
Per questo motivo il dato spaziale può essere espresso in modi diversi (coordinate
metriche), in un sistema UTM piuttosto che in un sistema di riferimento locale, purché sia
espresso allo stesso modo per tutti gli elementi che fanno parte di un determinato ambiente.
A questo punto possiamo chiederci: “…ma cos’è esattamente un GIS?”
Per rispondere a questa domanda bisogna inevitabilmente stabilire una serie di premesse
dalle quali partire.
Definizione di GIS
I Sistemi Informativi Geografici1 possono essere definiti in vari modi. Ognuno di noi potrà
adottare la definizione che più riterrà opportuna o rispondente alle proprie necessità.
Una premessa di questo tipo non deve stupire, e non deve far pensare ad una mancanza di
momenti di interazione e confronto tra gli operatori del settore. La speculazione teorica su
questo tema che, da un punto di vista terminologico (ma non concettuale) è relativamente
nuovo, negli ultimi anni, è stata particolarmente viva e attiva.
La verità è che un GIS è uno strumento estremamente versatile e modulabile. Proprio
questa sua versatilità fa sì che, da un punto di vista funzionale, ci siano tante definizioni
possibili quanti sono i campi applicativi dello strumento.
In definitiva, quando ci si chiede cosa uno strumento è capace di fare è evidente che
ognuno di noi darà una risposta che sarà in funzione del motivo per cui ognuno di noi usa
tale strumento.
Fornire una definizione funzionale quindi non è il modo migliore (perlomeno non è il più
diretto) per rispondere alla domanda: “Cosa è un GIS?”.
Per questo scopo risulterà sicuramente più opportuno partire da una definizione di tipo,
diciamo così, “strutturale”.
In questa prospettiva un GIS può essere considerato un Sistema che utilizza Hardware,
Software e Dati secondo una struttura ben definita. Questi ultimi vengono relazionati in
funzione della loro collocazione spaziale in un determinato sistema di riferimento.
Rimanendo nell’ambito di una definizione puramente strutturale possiamo distinguere
alcune parti di cui, di norma, è composto un Sistema Informativo Geografico.
1 In questo contesto si considereranno in Sistemi Informativi Geografici (GIS) unitamente ai Sistemi
Informativi Territoriali (SIT), in quanto i due aggettivi, territoriale e geografico, si possono considerare, per i
nostri scopi, sinonimi, riferendosi entrambi al rapporto che gli oggetti hanno con lo spazio circostante.
Bisogna sottolineare tuttavia che alcuni autori attribuiscono ai due sistemi funzionalità specifiche e
differenti. Si veda a tal proposito: Azzena G., 1997, pp. 33-43.
Queste sono rappresentate da:
1) un Database;
2) l’Informazione Spaziale;
3) un insieme di links che consentono di relazionare le prime due componenti.
Ovviamente l’intero sistema è completato dalla componente umana, rappresentata dagli
operatori che si occupano dell’immissione dei dati, del loro controllo ecc2 e che fanno si
che le varie componenti del sistema siano razionalmente organizzate in modo da permettere
l’immagazzinamento, l’integrazione, la manipolazione, l’analisi e la visualizzazione
virtuale di dati.
Con questa definizione facciamo un passo in avanti rispetto alla precedente, fornendo anche
delle indicazioni riguardo alle possibilità che tali sistemi offrono.
Una definizione che tenga conto di tale caratteristica esprime il presupposto fondamentale
che un GIS, come espresso nello stesso nome, è essenzialmente “un Sistema Informativo,
progettato per lavorare con dati referenziati su coordinate spaziali o geografiche. In altre
parole, un GIS è sia un Database con specifiche capacità di referenziare spazialmente i dati
che contiene, sia un insieme di strumenti per svolgere operazioni che consentano di
lavorare con gli stessi dati”3.
Questa definizione sottolinea che un GIS è, in definitiva, un Sistema Informativo che aiuta
ad ottenere delle risposte a domande specifiche e, dunque, il sistema non solo immagazzina
i dati, ma li esamina e li seleziona opportunamente per fornire esattamente la giusta
informazione in risposta ad una richiesta, andando così oltre la semplice descrizione degli
eventi o degli oggetti rappresentati.
Possiamo affermare, in ultima analisi, che lo scopo principale di un GIS è quello di aiutare
a risolvere dei problemi che riguardano fenomeni geografici.
Mi sembra superfluo tornare a sottolineare l’importanza del dato spaziale in un sistema di
questo tipo. Ciò che è invece necessario, a questo punto, è sottolineare l’importanza di un
altro fattore, determinante per eseguire delle corrette analisi sui fenomeni e sugli oggetti
rappresentati: il fattore Tempo.
Qualsiasi fenomeno occorre in un tempo ben determinato. Gli stessi oggetti esistono per
un certo periodo. Una strada, un’abitazione, una qualsiasi altra struttura può essere
costruita, demolita, modificata nel corso del tempo e quindi rappresentata in modi diversi,
o non rappresentata affatto, all’interno di una cartografia specifica in funzione del
momento al quale tale cartografia si riferisce.
D’altro canto, un determinato fenomeno può manifestarsi in modi e con estensioni o entità
differenti a seconda del momento in cui viene analizzato (pensiamo ad esempio al traffico
di una grande città).
L’importanza che questo fattore riveste all’interno di sistemi che aiutano ad eseguire delle
accurate analisi su vari tipi di fenomeni o problemi, è tale da permetterci di considerarlo
come la quarta dimensione del nostro sistema informativo4.
Un approccio corretto per lo studio di un’area, quale che sia la sua estensione e quale che
sia lo scopo dello studio in questione, non può non tenere conto del fattore temporale, di
come l’area sia cambiata, delle modificazioni che ha subito e dei fenomeni che l’hanno
interessata.
Alla luce delle considerazioni presentate, ecco che le definizioni fornite precedentemente
vengono ulteriormente arricchite per comprendere anche i riferimenti temporali necessari
oltre che le valutazioni di carattere generale che qui sono state espresse.
2 Clarke K.C., 2003, pp. 2-3.
3 Star J., Estes J.E., 1990, p.2.
4 Clarke K.C., 2003, p.5
I GIS possono dunque essere considerati come delle strutture informatiche che consentono
l’immagazzinamento, l’integrazione, la manipolazione, l’analisi e la visualizzazione
virtuale di dati di tipo spaziale, cioè relazionabili ad un comune sistema di riferimento di
tipo geografico e contenenti riferimenti temporali assoluti o relativi. Tali sistemi offrono la
possibilità di eseguire delle query, o domande, specificamente ai dati contenuti nel sistema,
che possono aiutare nell’analisi e/o gestione di un problema o fenomeno.
Essenzialmente ci permettono di manipolare (nella forma ma non nella sostanza) dati
relativi ad eventi o attività, usando supporti digitali sui quali tali eventi o attività possono
essere rappresentati in vari modi.
Un ultimo aspetto da tenere in considerazione è che, all’atto della creazione di un GIS, non
necessariamente conosciamo per quale scopo potremmo o dovremmo utilizzarlo. E’ chiaro
però che conoscere a priori gli obiettivi da perseguire ci permetterà di economizzare
enormemente le risorse a disposizione consentendoci di operare delle scelte molto più
mirate e selettive in riferimento, ad esempio, ai dati da raccogliere e, quindi, snellire le
operazioni relative alla raccolta ed al processamento degli stessi.
Concludendo, un GIS rappresenta uno strumento, come detto, estremamente versatile e
generico, che ci permette di risolvere una grande varietà di problemi relativi ai dati in esso
contenuti, applicando particolari metodi di analisi basati su osservazioni di carattere
geografico, a problemi di carattere specifico che riguardano oggetti, elementi o fenomeni
ben definiti nello spazio e nel tempo.
I primi esempi di GIS
Abbiamo già accennato al fatto che i GIS non sono degli strumenti completamente nuovi.
Infatti, se da un punto di vista terminologico la storia dei GIS è relativamente recente,
molti dei concetti che sono alla base di tali sistemi sono in uso da lungo tempo.
Il termine Geographic Information System, infatti, ha fatto la sua apparizione nelle
pubblicazioni solo verso la metà degli anni Sessanta del secolo scorso5, benché alcuni
concetti che sono alla base dei Sistemi Informativi Geografici, come la sovrapposizione di
mappe (overlay), ad esempio per evidenziare l’evoluzione di un fenomeno in un
determinato arco di tempo, o per relazionare fenomeni diversi ma con un minimo comune
denominatore, sono in uso direi da sempre, o almeno da quando si utilizzano le carte
geografiche (figura 1).
5 Wolf P.R.,. Ghilani C.D, 2002, pp.832.
Alla base dei GIS c’è sempre un supporto cartografico, generico o tematico, che funge da
riferimento geografico. Infatti, molti dei principi che sono alla base della geografia e della
cartografia sono condivisi anche dai Sistemi Informativi Geografici.
Proprio dall’applicazione dei concetti derivati dalla geografia presero le mosse, negli anni
’60, i primi esempi di GIS6.
Una delle difficoltà incontrate da chi eseguiva analisi attraverso i metodi “tradizionali” di
indagine geografica era quella relativa all’integrazione tra dati di tipo diverso o,
perlomeno, la difficoltà di integrare le informazioni presenti su diversi tipi di mappe,
ognuna con temi diversi.
Il supporto cartaceo delle mappe rendeva difficile e, in alcuni casi, impossibile
l’integrazione di informazioni provenienti da fonti diverse. Questo problema fu in parte
risolto con la tecnica delle scale cromatiche che consisteva nel rappresentare i vari
tematismi con colorazioni differenti7.
Solo successivamente però si cercò di far confluire questi concetti in sistemi informatici.
La prima applicazione di questo tipo si deve ad Howard Fischer, il quale sviluppò questo
tipo di analisi posizionando i valori statistici all’interno di una quadrettatura, inserendo i
dati in un elaboratore elettronico e creando così un programma, chiamato SYMAP che può
essere considerato l’archetipo di un sistema GIS8.
Da queste prime applicazioni e dalla speculazione metodologica che ne derivò si
svilupparono le varie tecnologie informatiche che hanno portato, nel corso degli anni ’80,
allo sviluppo dei sistemi moderni di informazione.
In modo particolare si svilupparono i sistemi di gestione dei database (Database
Management System, DBMS), allo scopo di migliorare la gestione di grosse quantità di
dati.
6 Wheatley D,. Gillings M, 2002, pp. 13-15.
7 Poletti A. (a cura di), 2001, pp.8-10.
8 Poletti A. (a cura di), 2001, p. 8.
Figura 1:il concetto do overlay prevede la sovrapposizione di diverse mappe referenziate su uno
stresso sistema di riferimento e rappresentanti fenomeni diversi oppure lo stesso fenomeno in
tempi o modi differenti.
Molto presto questi sistemi furono utilizzati ed apprezzati, da una grande massa di persone
che li applicarono ad una grande varietà di situazioni per soddisfare le più diverse
necessità.
I sistemi di database furono presto arricchiti di altre potenzialità fino a contenere, oltre alle
informazioni di tipo “tradizionale”, anche informazioni relative alla localizzazione
geografica degli oggetti. Proprio questo tipo di sistemi, che combinavano software per la
gestione dei database, contenenti dati collegati alla localizzazione dei punti, con
programmi di computer grafica, che permettevano di integrare immagini digitali di mappe,
fu definito “Geographic information Systems” .
La successiva crescita e diffusione di questi sistemi è dipesa, in larga misura, anche dalla
possibilità, offerta dalle nuove tecnologie informatiche, di immagazzinare, a costi sempre
più accessibili, una grande quantità di dati anche sui personal computer (PC) che hanno
visto incrementare la loro capacità di memoria da alcuni Kilobytes a diversi Gigabytes nel
corso degli ultimi anni, a tutto vantaggio, tra l’altro, dei sistemi di DBMS.
Nel momento in cui tali dati confluiscono in un sistema informatico, infatti, vengono
immagazzinati sotto forma di files che, nell’insieme, costituiscono il nostro Database.
All’interno di un database possono essere presenti una quantità pressoché illimitata di dati
ai quali vengono assegnati degli attributi. Ogni singolo dato (record), quindi, possiede
delle caratteristiche ben precise che lo rendono univocamente identificabile.
Un aspetto particolarmente interessante da notare è che un sistema GIS permette di
stabilire delle relazioni biunivoche tra dati spaziali e non. Questo ci permette, nel
momento in cui eseguiamo una query, e cioè un’interrogazione per mezzo della quale
possiamo effettuare ricerche di dati all’interno di un database, di poter cercare un dato sia
partendo dalla sua collocazione spaziale sia da qualsiasi altro attributo assegnato allo
stesso dato (nome, descrizione ecc.).
I dati relativi agli attributi sono, di solito, delle descrizioni sotto forma di testo o sotto
forma numerica. Come detto precedentemente rappresentano dei fattori descrittivi relativi
agli elementi che vengono rappresentati (features). Come detto, i dati di tipo geografico
espressi in forma metrica, e quindi numerica, possono essere basati su diversi sistemi di
riferimento e vengono utilizzati per definire la posizione degli elementi, gli altri attributi
sono invece in forma di testo, o alfanumerica, e sono utilizzati per descrivere le
caratteristiche degli stessi.
E’ importante capire cosa significano questi numeri che contengono riferimenti geografici
e, ancora di più, è importante capire come questi numeri corrispondano sia a luoghi sulla
superficie terrestre, sia alla loro rappresentazione cartografica.
Risultano dunque necessarie delle piccole digressioni sui concetti base della cartografia, la
scienza che si occupa della costruzione delle carte geografiche, nonché sui sistemi di
gestione dei database, se si vuole approfondire la conoscenza dei Sistemi Informativi
Geografici.
I Data Base Management System (DBMS)
Come è stato più volte ribadito una componente essenziale dei Sistemi Informativi
Geografici è costituita dai Database. Approfondendo l’argomento possiamo affermare che
la funzionalità di un sistema GIS dipende in larga misura dalla funzionalità del suo
database.
Questi sistemi di gestione dei dati si sono sviluppati notevolmente negli ultimi anni.
I primi esempi di DBMS utilizzavano una struttura gerarchica per l’organizzazione dei
files9. Ciò vuol dire che i vari dati erano organizzati in gruppi che, in qualche modo,
dipendevano l’uno dall’altro. Questi sistemi, strutturalmente rigidi, non risultarono adatti
per rappresentare la molteplicità di situazioni che, nella realtà, si possono verificare.
Inoltre, benché questi primi esempi di database fossero in grado di memorizzare differenti
tipi di informazioni, ad un certo punto può essere necessario riunire in un unico file tutti i
dati che devono essere processati o, perlomeno, renderli simultaneamente disponibili.
Questa possibilità non era fornita dai database di tipo gerarchico che furono così superati.
Una vera e propria rivoluzione interessò i database nel momento in cui furono introdotti i
sistemi “relazionali”, nel corso degli anni ’80, molto più versatili e modulabili sulla base
delle necessità contingenti.
Un Relational Database Management System (RDBMS) prevede che in ogni file di cui è
composto il sistema, per ogni singolo record, ci sia un attributo che funge da “elemento
identificatore” il quale, appunto, identifica univocamente il record stesso.
Grazie a tale elemento, ogni file può essere messo in relazione con un altro e i vari record,
con i relativi attributi, risultano dunque collegati pur trovandosi in files differenti.
Questa possibilità di collegamento, o Link, permette di eseguire una serie di operazioni,
altrimenti non accessibili, attraverso funzioni di Join o di relate.
Con le funzioni di Relate si stabiliscono semplicemente dei collegamenti tra i vari files che
risultano, comunque, separati. Con le funzioni di Join vengono invece creati delle nuove
tabelle che risultano dall’unione dei files relazionati. Questi links permettono dunque di
integrare le informazioni contenute in files differenti senza dover inserire manualmente le
informazioni mancanti nel file che risulta deficitario.
Semplificando notevolmente possiamo definire un Database come un sistema
computerizzato di registrazione di dati il cui scopo fondamentale è quello di mantenere le
informazioni nella banca dati e di renderle disponibili su richiesta. Volendo schematizzare
la struttura dei Data Base Management System possiamo distinguere quattro componenti
principali10
:
- i dati
- la componente hardware
- i software
- gli utenti
In generale i dati presenti in un database possono essere suddivisi in due categorie:
Metadati e Dati.
I Metadati costituiscono lo schema della base dei dati, ovvero il complesso delle relazioni
esistenti tra gli insiemi di dati, le eventuali restrizioni sui valori ammissibili e le varie
definizioni che descrivono la struttura di certi insiemi di dati. Ovviamente è necessario,
prima di inserire i dati in un sistema di questo tipo, definire lo schema della base dei dati.
I Dati sono rappresentati dalle informazioni inserite nel database conformemente alle
definizioni fornite dallo schema precedentemente creato. Sono organizzati in insiemi
permanenti i quali, una volta creati, continuano ad esistere fino a quando non vengono
rimossi esplicitamente e non possono essere gestiti dalla memoria temporanea. In generale
sono protetti sia dall’accesso di utenti non autorizzati, sia da malfunzionamenti hardware e
software e sono accessibili da più utenti nello stesso tempo (sono dunque condivisibili ed
utilizzabili contemporaneamente per scopi differenti). Sono presenti in numero illimitato
all’interno del sistema, nel senso che non ci sono limitazioni alla quantità di dati che un
9 Clarke K.C., 2003, p. 131.
10 Date C.J., 1990, pp. 5-9.
singolo DBMS può gestire, tali limitazioni sono piuttosto dovute alle caratteristiche delle
componenti hardware.
Dalle componenti hardware, infatti, dipende non solo la quantità di dati memorizzabili in
un singolo sistema, ma anche la velocità con cui tali dati possono essere processati. Come
già accennato, in questo settore, negli ultimi anni, si è avuto un grande sviluppo che ha
portato all’elaborazione di sistemi informatici estremamente potenti. Da questo punto di
vista l’aspetto più interessante da notare è il fatto che tale sviluppo ha interessato tutti i
segmenti del mercato, facendo si che anche con i Personal Computer (PC)
economicamente più accessibili possano essere raggiunti livelli di elaborazione tali da
riuscire a gestire tranquillamente un GIS con tutte le sue componenti, ivi compreso un
database.
Altro elemento essenziale dei database è rappresentato dai software di gestione dei dati. In
effetti, ciò che ci permette di manipolare, o semplicemente visualizzare i dati presenti in
un sistema sono i programmi che gestiscono tali dati sulla base della struttura che viene
stabilita dall’utente. Aggiungere o rimuovere dati o files, o semplicemente richiamarli per
essere visualizzati o aggiornati, sono tutte funzioni rese possibili dalla componente
software del sistema che funge, diciamo così, da mediatore tra la componente hardware
nella quale sono fisicamente memorizzate le informazioni, e l’utente del sistema.
La quarta componente dei DBMS è costituita dagli stessi utenti.
In linea di massima possiamo considerare tre classi di utenti di un DBMS11
:
- Il programmatore, responsabile dei programmi di applicazione che i database
utilizzano per la gestione dei dati e per tutte le operazioni comunemente eseguite, come il
reperimento delle informazioni precedentemente inserite, l’inserimento di nuovi dati, la
cancellazione o l’aggiornamento degli stessi ecc.
- La seconda classe di utenti è costituita dagli utenti finali che interagiscono con il
sistema. Questi possono usufruire delle possibilità offerte da una serie di applicazioni
integrate che il sistema può fornire e che consentono di accedere a comandi di vario tipo
(come Seleziona, Inserisci, Visualizza ecc.) attraverso un Database Query Language. Un
esempio di Database Query Language è costituito dal linguaggio SQL (Structured Query
Language), che rappresenta un linguaggio standard utilizzato dalla maggior parte dei
database relazionali.
- La terza classe di utenti è costituita dall’amministratore dei Dati (DA). Questo ha un
ruolo essenziale nel funzionamento e nel mantenimento del sistema in quanto è colui che
decide quali dati inserire nel sistema e gestisce tali dati una volta che questi sono stati
memorizzati. Insieme all’amministratore dei Dati troviamo l’Amministratore del Database
(DBA) che, rispetto all’Amministratore dei Dati, cura l’aspetto tecnico relativo al
funzionamento del database e non si preoccupa quindi delle informazioni contenute ma di
come queste vengono processate dal sistema.
Ovviamente, in funzione del livello al quale si opera, queste diverse classi di operatori
possono variare sensibilmente fino al caso limite in cui il programmatore si identifica sia
con l’utente finale sia con l’Amministratore del sistema.
Stabilita questa prima, generica definizione di DBMS, bisogna definire quelle che sono le
differenze tra un database di tipo, diciamo così, “tradizionale”, e un database “geografico
o spaziale”.
Operando sempre nell’ambito dei GIS è opportuno tenere continuamente alta l’attenzione
sull’aspetto geografico - spaziale dei dati che del sistema fanno parte.
Un database spaziale deve essenzialmente provvedere alla registrazione di quattro aspetti
relativi ai dati che contiene12
, e cioè:
11
Date C.J., 1990 pp. 8-9. 12
Wheatley D., Gillings M., 2002, p. 23
- Le informazioni relative alla posizione occupata dall’elemento nello spazio e alla sua
forma.
- Le informazioni relative alle relazioni logiche intercorrenti tra i vari elementi
rappresentati (le informazioni topologiche).
- Le informazioni relative alle caratteristiche descrittive degli oggetti (gli attributi) che
determinano le proprietà degli stessi.
- Una descrizione approfondita dei metadati che costituiscono il database.
In definitiva un database di tipo “tradizionale” è relativo solo agli attributi degli oggetti e,
di conseguenza, non fa riferimento al posizionamento degli stessi.
Analizzando nel dettaglio i quattro tipi di informazione che un database spaziale è in grado
di immagazzinare e di rendere disponibili in un sistema GIS, bisogna notare che un ruolo
particolarmente importante è rappresentato dalle mappe tematiche, che rappresentano il
modo principale attraverso il quale vengono registrate le informazioni relative alla
posizione occupata dagli elementi e alla loro forma.
Ogni mappa contiene una moltitudine di informazioni in relazione ad un gran numero di
elementi quali, ad esempio, topografia, vie di comunicazione, idrologia, uso del suolo,
elementi archeologici ecc.
Generalmente un sistema GIS, piuttosto che immagazzinare questa moltitudine di
informazioni in un’unica, complessa mappa multitematica, divide le componenti
caratterizzanti il territorio raffigurato in una serie di rappresentazioni monotematiche, in
ognuna delle quali è presente, appunto, una sola caratteristica.
Queste diverse rappresentazioni vengono organizzate in altrettanti livelli, o temi, i quali
possono essere poi relazionati sulla base del concetto di Overlay di cui si è già discusso.
Una rappresentazione di questo tipo è riprodotta nella figura 7, nella quale diversi livelli o
temi di una stessa porzione di territorio, riguardante un sito archeologico, sono
rappresentati su mappe differenti.
L’aspetto da enfatizzare, a questo punto, è che un database spaziale e una base cartografica
di tipo tradizionale, possono contenere gli stessi tipi di informazione che vengono, però,
strutturati in maniera differente.
Utilizzando livelli tematici separati abbiamo la possibilità di intervenire su ogni livello in
maniera indipendente, senza compromettere le informazioni contenute in un altro tema,
tuttavia i vari temi manterranno comunque una stretta relazione di interdipendenza,
essendo tra loro referenziati, cioè legati dal dato spaziale.
Figura 7: Piante tematiche raffiguranti: A, tracciati viari antichi; B, sentieri moderni; C, elementi
relativi alla topografia del sito; D, strutture moderne; E, strutture antiche; F, una rappresentazione
comprendente le precedenti.
Quest’ultimo aspetto, di cui si è già discusso, è di fondamentale importanza, non solo in
un database di tipo spaziale ma, in generale, in tutte le applicazioni GIS. Attraverso un
processo di georeferenziazione possiamo lavorare su dati codificati in layers differenti
combinandoli ed analizzandoli contemporaneamente.
Altrettanto importante, in un database spaziale, risulta il modo in cui tale database registra
le informazioni relative alle relazioni logiche intercorrenti tra i vari elementi rappresentati
(e cioè la topologia). Come vedremo in seguito, gli elementi costituenti di un tema
possono essere di tipo diverso: Punti, Linee o Aree. Escludendo gli elementi rappresentati
tramite punti, i quali non avendo dimensione non pongono nessun problema di tipo
topologico, con elementi lineari o poligonali si possono avere una serie di relazioni
topologiche differenti. Queste saranno trattate più in dettaglio nel paragrafo seguente, per
ora è sufficiente soffermarsi sul fatto che, se ci limitassimo ad inserire in un database i vari
elementi sotto forma di un semplice elenco di coordinate che permettono di posizionarli
nello spazio, non avremmo la possibilità di eseguire delle analisi sui modi con cui tali
elementi interagiscono tra loro. Possedere le informazioni topologiche necessarie ci
permette, ad esempio, di capire come e dove due elementi lineari si intersecano. Si pensi
ad uno studio sull’organizzazione urbanistica di una città antica. Stabilire le relazioni
reciproche intercorrenti tra gli elementi lineari, rappresentanti delle strade, risulta di
fondamentale importanza a questo fine, in quanto permette di analizzare i modi in cui tali
linee si intersecano e quindi formulare osservazioni sul tipo di impianto urbano.
Continuando nell’analisi dei tipi di informazione che un database di tipo spaziale deve
contenere, dobbiamo a questo punto soffermarci sulle informazioni relative agli attributi
degli elementi.
Essendo evidente l’importanza che questo tipo di informazioni possiede all’interno di un
sistema informativo, mi pare superfluo ribadire che è necessario che ogni elemento
rappresentato in un sistema GIS, sia accompagnato da una dettagliata descrizione delle sue
caratteristiche, non solo spaziali, ma relative anche agli attributi puramente descrittivi
dell’elemento stesso.
Facendo un esempio pratico possiamo pensare ad un database che contenga l’insieme dei
rinvenimenti di uno scavo archeologico. All’interno di tale database possiamo trovare un
sottoinsieme relativo ai reperti di oreficeria che sono stati rinvenuti sullo stesso scavo. Ad
ogni record del sottoinsieme saranno associate, come abbiamo visto, tutte le informazioni
relative alla posizione che il determinato elemento occupa nello spazio, espresse nel
sistema di riferimento utilizzato per il posizionamento. Oltre a questo, però, dovranno
essere associate al singolo record, anche le informazioni relative alle caratteristiche
dell’oggetto, che potranno comprendere, ad esempio, le dimensioni e la forma dell’oggetto
stesso, lo stato di conservazione al momento del rinvenimento, una descrizione delle
tecniche costruttive attraverso le quali è stato realizzato, gli interventi di restauro ai quali
l’oggetto è stato sottoposto e tutti gli altri dati che saranno ritenuti necessari ai fini della
conoscenza dell’elemento, ivi compresi collegamenti ad altri database che possono
contenere delle rappresentazioni grafiche e/o fotografiche dello stesso oggetto.
Un ultimo tipo di dati, che un database deve essere in grado di gestire, è costituito dai
Metadati. Questi non sono altro che “Dati relativi ai Dati”13
. In altre parole costituiscono
delle informazioni relative ai dati, necessarie a noi e ad altri per essere in grado di
interpretare ed usare in maniera appropriata le informazioni contenute nel database
spaziale.
Un esempio di metadato è costituito dal sistema di proiezione utilizzato per generare una
mappa. Senza l’informazione relativa al sistema di proiezione, infatti, noi non saremmo in
grado di assicurare l’integrità spaziale di tutto il sistema. Conoscendo il sistema di
proiezione utilizzato per generare ogni singolo layer possiamo, all’occorrenza, applicare
dei metodi di trasformazione del sistema di coordinate per far si che tutti gli elementi
presenti nel database utilizzino lo stesso sistema di riferimento, assicurando così la
correttezza del dato spaziale.
In definitiva, l’insieme dei metadati non è altro che l’insieme delle modalità operative in
base alle quali le informazioni interne ad un determinato sistema funzionano ed operano.
Questo tipo di dati sono particolarmente importanti non solo perché garantiscono
l’integrità del sistema, ma anche perché permettono un certa interoperabilità tra sistemi
differenti.
Nel caso in cui volessimo rendere fruibili i nostri dati anche da altre persone e da altri
sistemi, piuttosto che preoccuparci di creare dati in un formato standard (cosa che
risulterebbe particolarmente onerosa e che comporterebbe non pochi problemi), possiamo
utilizzare il formato che più riteniamo rispondente alle nostre necessità e organizzare il
nostro database adattandolo perfettamente ai nostri scopi, preoccupandoci solo di
utilizzare attentamente i metadati per descrivere le modalità operative in base alle quali i
nostri dati operano.
E’ necessario, a questo punto, approfondire la discussione su alcune delle più importanti
caratteristiche relative ai dati che possono confluire in un RDBMS, visto che da queste
dipende il corretto funzionamento dell’intero GIS.
13
Wheatley D., Gillings M., 2002, p. 86
I dati e i loro requisiti
Come più volte accennato, la quantità di dati che può trovare posto in un sistema GIS è
pressoché illimitata. Tuttavia, per economizzare le risorse disponibili, occorre stabilire
quali dati sono veramente necessari e di quali, invece, si può fare a meno. Dover gestire un
elevato numero di dati può rallentare i tempi di esecuzione dei programmi che si
utilizzano, oltre che complicare notevolmente la gestione dei dati stessi.
Si tenga presente che ogni dato inserito in un Sistema Informativo deve essere tenuto
costantemente aggiornato durante la fase di utilizzo del sistema. Ci si rende perfettamente
conto allora che dover gestire dati di cui a ben vedere si poteva fare a meno costituisce
un’enorme dispendio di tempo e di risorse.
L’operazione di aggiornamento e controllo dei dati eseguita di norma da uno o più addetti
al “Data Maintenance” ha ovviamente un costo, motivo per cui è necessario essere certi
che ogni dato sia indispensabile al corretto funzionamento del sistema e sia utile agli utenti
dello stesso.
I dati che possono confluire nel database di un GIS possono derivare da una grande varietà
di fonti e possono essere di nuova acquisizione o provenire da documenti esistenti, quali
carte topografiche, foto aeree, satellitari o altri documenti creati precedentemente per scopi
diversi.
Semplificando possiamo affermare che i dati che possono essere trattati da un sistema GIS
sono essenzialmente riconducibili a due categorie fondamentali: Spaziali e non Spaziali14
.
I dati Spaziali, definiti anche dati Grafici, sono costituiti dagli elementi naturali e/o
culturali presenti e possono essere rappresentati da linee o simboli disegnati sulle mappe o
visualizzati come immagini fotografiche.
In ambiente GIS questi dati devono essere rappresentati e posizionati in formato digitale,
usando una combinazione di elementi fondamentali chiamati Simple Spatial Objects. I
formati utilizzati nella rappresentazione possono essere sia Vettoriali che Raster. Tra
questi elementi esistono dunque delle relazioni spaziali relative, espresse dalla loro
Topologia.
I Simple Spatial Objects sono, come detto, elementi fondamentali usati per rappresentare e
posizionare spazialmente gli oggetti. Questi sono costituiti da:
Punti: definiscono singole posizioni espresse dalle coordinate di ogni singolo punto e
sono di solito usati per posizionare elementi di dimensioni ridotte come, ad esempio, i
rinvenimenti particolari di uno scavo archeologico. I punti vengono utilizzati per
identificare la posizione di un determinato oggetto che, alla scala di rappresentazione
utilizzata, presenta delle dimensioni trascurabili.
Linee: ottenute semplicemente dalla connessione dei singoli punti, vengono utilizzate per
rappresentare elementi che hanno uno sviluppo lineare, longilineo, come, ad esempio,
strade, corsi d’acqua ecc.
Aree: rappresentate dallo spazio chiuso all’interno di tre o più linee le quali formano un
poligono chiuso. Questo tipo di elementi sono utilizzati, ad esempio, per rappresentare e
posizionare edifici, o parti di essi, limiti di proprietà ecc. Tutti gli elementi che presentano
un’estensione poligonale e che sono identificabili per una caratteristica comune (ad
esempio linee che costituiscono i contorni della stessa stanza), possono essere
rappresentati come aree chiuse (o poligoni), piuttosto che come elementi lineari separati.
14
Clarke K.C., 2003, pp.835-840.
Gli elementi di cui si è discusso sinora sono utilizzati per rappresentare dati in formato
vettoriale, quelli che seguono, invece, costituiscono le componenti di dati registrati in
formato raster, e sono:
Pixels: sono piccoli elementi (di dimensioni variabili a seconda della risoluzione
dell’immagine) che compongono l’immagine digitale, disposti in righe e colonne, e sono
utilizzati per rappresentare dati in formato raster, come immagini aeree, satellitari ecc.
In un file in formato raster ogni pixel rappresenta una piccola porzione dell’immagine. Ad
ognuno di questi viene assegnato un valore che determina un colore o una tonalità.
L’immagine che ne deriva risulta quindi composta da una rete di quadratini che,
nell’insieme, vanno a costituire tutte le sfumature di colori necessarie per restituire, in
maniera digitale, l’elemento che rappresentano.
Grid Cells: sono delle griglie formate appunto da celle alle quali sono assegnati dei valori
numerici che esprimono un determinato fattore. La loro funzione è simile a quella dei
pixels, infatti anche la loro dimensione può variare e da questa dipende la risoluzione
dell’immagine. Sono utilizzate, ad esempio, nei DTM (Digital Elevation Models), per
rappresentare variazioni di pendenza del terreno, il tipo di terreno, il tipo di copertura
vegetale, la densità di popolazione, la densità di reperti archeologici rinvenuti in una
determinata zona e altri dati che prevedono una qualche forma di variazione nella loro
distribuzione spaziale. In questo caso, infatti, ad ogni variazione cromatica corrisponde un
diverso valore del fenomeno rappresentato.
Semplificando notevolmente il concetto possiamo fare l’esempio in cui volendo
rappresentare il numero di reperti archeologici rinvenuti su uno scavo dividendoli per aree,
si potranno, in una scala di colori che va dal bianco al nero, associare ad ogni cella della
griglia corrispondente ad una determinata area dello scavo, determinati valori ai quali
saranno, a loro volta, associate delle sfumature di grigio tanto più intenso quanto più alto
sarà il numero dei reperti rinvenuti nella determinata area. Il risultato sarà una griglia le
cui celle saranno colorate con diverse sfumature che vanno dal bianco (corrispondente alle
aree in cui non sono stati rinvenuti reperti, ammesso che ce ne siano), al nero
(corrispondente alle aree in cui il numero di reperti rinvenuti è il più alto). Questa griglia
rappresenta dunque la variazione nello spazio di un determinato fenomeno, utilizzando un
file raster.
Riassumendo, dunque, quando i dati sono espressi in formato vettoriale vengono
utilizzate combinazioni di punti, linee ed aree (poligoni) per rappresentare gli oggetti. Se
invece si utilizzano formati raster gli oggetti risulteranno composti da pixels e da griglie di
celle.
Nel formato vettoriale, come abbiamo visto, i punti esprimono la posizione nello spazio di
oggetti che possono essere rappresentati da una singola coppia di coordinate, mentre le
linee sono espresse da due coppie di coordinate che corrispondono ai punti estremi della
linea stessa. Le aree, a loro volta, risultano costituite da un insieme di linee che si
combinano opportunamente a formare dei poligoni chiusi e possono essere identificati dai
punti estremi che compongono ogni singola linea (figura 8).
Figura 8: rappresentazione vettoriale di un elemento costituito da punti linee ed aree.
Una rappresentazione vettoriale dei dati può essere ottenuta semplicemente creando una
tabella nella quale saranno rappresentate le coordinate dei punti, linee o aree che
costituiscono un elemento (figura 9).
Punto Coordinate Linea Punti Area Linee
1 X1 Y1 a 1, 2 I a, f, e
2 X2 Y2 b 2, 3 II b, c, d, f
3 X3 Y3 C 3, 4
4 X4 Y4 D 4, 5
5 X5 Y5 E 5, 1
Figura 9: Tabella vettoriale relativa all’oggetto in figura 8
I dati all’interno della tabella saranno relazionati ad un comune sistema di riferimento
attraverso le coordinate di ogni singolo punto (X, Y) i quali saranno identificati, a loro
volta, da un numero o un nome. Ogni linea sarà identificata spazialmente dalle coordinate
dei suoi punti finali e ogni area sarà definita dalle coordinate delle linee che la
racchiudono.
Ricapitolando, oltre al formato vettoriale in un sistema GIS possiamo inserire dati in
formato raster. In generale i formati di tipo raster permettono di visualizzare i dati per
mezzo di celle che nell’insieme costituiscono una griglia, o per mezzo di pixels (qualora si
abbia a che fare con dati derivati da immagini). Ogni cella o pixel è identificato
univocamente grazie al numero di riga e colonna che occupa all’interno della griglia. Ad
ognuna di queste celle può essere assegnato un valore corrispondente ad una determinata
proprietà dell’area rappresentata.
In questo formato un punto sarà rappresentato da una singola cella o da un pixel, una linea
da una serie di celle allineate aventi lo stesso codice, un’area da un gruppo di celle
contigue, sempre con lo stesso codice, quindi con le stesse caratteristiche.
In generale possiamo affermare che il formato raster produce dei dati con un livello di
accuratezza, nella rappresentazione delle linee, dei punti e delle aree, minore rispetto al
formato vettoriale. Questo perché la risoluzione delle immagini in formato raster, dipende
dal numero e dalla dimensione delle singole celle o pixels che compongono l’immagine
stessa.
Una schematizzazione utile per comprendere le differenze tra un’immagine in formato
raster e una in formato vettoriale è presentata nella figura 10. Qui uno stesso elemento
(una linea) è raffigurato sia come risultato di una rappresentazione vettoriale, che raster.
Figura 10: schematizzazione delle differenze nella rappresentazione di un oggetto in formato
vettoriale e raster
Nonostante il limite costituito dalla risoluzione, il formato raster è utilizzato di frequente
in ambiente GIS essenzialmente per due motivi. Il primo è dovuto all’elevata disponibilità
di dati in questo formato come, ad esempio, foto aeree, satellitari, ortofoto ecc. Il secondo
motivo è di carattere funzionale e riguarda la facilità con cui questo formato permette di
immagazzinare e gestire dati contenenti una notevole quantità di informazioni. Proprio la
gestione di dati di questo tipo è notevolmente semplificata dai vari programmi di image
processing che permettono di elaborare in vari modi le stesse immagini.
A questo punto ci si potrebbe chiedere quale dei due formati è più conveniente utilizzare.
Non esiste una risposta definitiva a questa domanda. Avendo ognuno dei due formati pro e
contro, risultano, in molte occasioni, perfettamente complementari15
. Il modello raster, ad
esempio, definisce lo spazio geografico in un modo semplice, in quanto presenta gli
oggetti su griglie di forma rettangolare che, per questo, risultano particolarmente
convenienti nel caso in cui si debbano eseguire operazioni di overlay con altri layers. Il
formato raster, inoltre, si presta molto meglio a rappresentare dati che cambiano di valore
o intensità all’interno di un’area di studio, anche in maniera graduale, come, ad esempio,
15
Date C.J., 1990, pp.56-57.
dati che non hanno un limite ben definito o barriere che possano distinguere nettamente le
diverse zone di un’area di studio. Di contro i dati in formato vettoriale, essendo
topologicamente meglio definiti, in virtù del fatto che rappresentano le varie entità per
mezzo delle loro coordinate, sono più adatti a rappresentare situazioni in cui i vari dati
presentano confini netti e ben identificabili tra loro.
Per questi motivi la maggior parte dei sistemi GIS e dei RDBMS sono strutturati in modo
tale da poter gestire informazioni sia in formato raster che in formato vettoriale. Inoltre
strumenti che consentano la conversione dei dati da uno all’altro formato, sono, di solito,
presenti tra le possibilità offerte dai software in commercio.
2.5.1 Relazioni tra i dati
Un elemento particolarmente importante, a cui abbiamo già fatto cenno, è la Topologia.
Questa è una branca della matematica che si occupa di studiare e descrivere le relazioni
spaziali esistenti tra gli oggetti ed il modo in cui tali oggetti sono relazionati tra loro.
I tipi più importanti di relazione possibili sono:
- Direzione di un arco o di una linea
- Connessione di archi o linee
- Adiacenza di poligoni
Immagazzinando informazioni sulla localizzazione di un elemento rispetto agli altri, la
topologia fornisce le basi per molti tipi di analisi spaziali.
Contemporaneamente alla definizione delle relazioni spaziali tra i vari elementi si creano
una serie di files tra cui la Tabella degli Attributi. Questo è un file particolarmente
importante che viene creato e mantenuto dal programma per memorizzare i dati
identificativi e gli altri dati descrittivi che, nell’insieme, costituiscono i dati non spaziali.
Queste tabelle, create automaticamente dal programma, possono essere integrate
dall’utente e possono essere inseriti altri dati descrittivi semplicemente aggiungendo e
compilando nuovi campi o colonne all’interno della tabella degli attributi.
Un modo più versatile e flessibile per inserire dati all’interno di un sistema è, comunque,
quello di creare una tabella ex-novo, che sarà poi compilata inserendo da tastiera i nuovi
dati. Questa tabella potrà essere collegata, in un secondo momento, alla tabella degli
attributi creata dal programma.
Inoltre, se abbiamo già a disposizione i dati in un altro file tabellare possiamo richiamare
semplicemente la tabella dal database nella quale è inserita senza avere bisogno di inserirli
manualmente da tastiera.
In definitiva, relazionando o unendo un database descrittivo alla tabella degli attributi, è
possibile associare agli elementi geografici ulteriori attributi rispetto a quelli contenuti
dalla tabella stessa. Questa associazione avviene grazie alla condivisione, da parte delle
due tabelle, di uno stesso campo che funge, diciamo così, da cerniera.
Durante un’operazione di associazione i record di un database vengono confrontati con
quelli di un altro per cercare valori corrispondenti. Dal momento che difficilmente due
distinti database avranno lo stesso numero di record, saranno possibili diversi tipi di
rapporti e cioè: uno a uno, molti a uno, uno a molti16
.
16
Wolf P.R.,. Ghilani C.D, 2002, pp.45-49.
Se il rapporto è del primo tipo (uno a uno), i valori del campo comune identificano solo un
record di entrambi i file, questo vuol dire che ad un record del database selezionato
(relativo ai dati in input), ne corrisponde soltanto uno del database interno al sistema.
In un rapporto di tipo “molti a uno”, invece, a molti record del database relativo ai dati in
input corrisponde un solo record del database interno al quale si vogliono collegare i nuovi
dati.
Al contrario, in un rapporto “uno a molti”, ad un record del database dei dati in entrata
corrispondono più record del database interno
Una volta stabilita l’associazione tra gli elementi e gli attributi è possibile visualizzare i
primi sulla base dei valori assegnati ai secondi. Questa possibilità permette di eseguire un
numero notevole di query (variabile in funzione della quantità di attributi assegnati ad ogni
singola feature) e di analisi di tipo spaziale.
La quantità di dati che si possono inserire è in funzione della nostra conoscenza degli
elementi oggetto di indagine oltre che delle considerazioni, espresse poc’anzi, in relazione
all’opportunità di economizzare le risorse, umane e materiali, inserendo solo i dati che si
ritiene siano indispensabili ai fini dello studio che si sta conducendo.
Quello delle associazioni è uno strumento particolarmente versatile ed utile che consente
di aggiornare i dati associati ad un tema senza doverli necessariamente inserire
manualmente.
I metodi per creare queste associazioni sono essenzialmente due: unione (join) o relazione
(link).
L’operazione di join prevede che tutti i campi presenti in una tabella vengano aggiunti a
quelli di un’altra tabella, ottenendone una terza nella quale sono presenti tutti i campi sia
della prima che della seconda.
Questa operazione non coinvolge fisicamente i rispettivi files, di conseguenza, si può
anche operare su files di sola lettura.
Stabilendo, invece, un’operazione di relazione, i due temi (le due tabelle) non vengono
uniti ma restano in due files differenti e separati pur essendo collegate l’una all’altra.
Anche in questo caso il campo di relazione (cioè il campo che viene utilizzato per
relazionare i due files) deve essere definito allo stesso modo nei due files.
Una differenza fondamentale tra i due tipi di relazioni è che, mentre nell’operazione di
unione (join) si possono stabilire delle relazioni di tipo “uno a uno” o “molti ad uno”, con
l’operazione di relazione (link) si possono stabilire delle relazioni tipo “uno a molti”.
Con questa operazione, infatti, selezionando un record nella tabella di destinazione, si
selezioneranno anche tutti i record correlati. Tuttavia non sarà possibile fare il contrario, e
cioè, selezionando un record nella tabella da importare non saranno evidenziati i record
correlati nella tabella di destinazione in quanto i link esistono solo in questa tabella.
Nel caso in cui in un rapporto di unione ad un singolo record della tabella di destinazione
vengano collegati più record della tabella da importare, tutti quelli successivi al primo
verranno ignorati, riconducendo, di fatto, una relazione tipo “uno a molti” ad una di tipo
“uno a uno”.
Principali operazioni eseguibili con strumenti GIS
Tra le possibilità che un GIS offre una delle più apprezzate riguarda la capacità di eseguire
analisi spaziali. Questa capacità è anche ciò che maggiormente distingue la tecnologia GIS
da quella CADD (Computer Aided Design and Drafting), che pure prevede l’utilizzo di
elementi grafici, rapportati ad un comune sistema di riferimento e organizzati in piani o
layers. Nonostante l’utilizzo di tali piani, usati per suddividere gli elementi di mappa in
temi diversi, in un sistema CADD non sono definite ulteriori relazioni tra i dati e, quindi,
un sistema di questo tipo non risponde a domande relative alle relazioni spaziali tra gli
elementi.
L’analisi spaziale permette di combinare dati spaziali ed attributi per elaborare nuovi dati
di entrambi i tipi. L’aggregazione e la sintesi dei dati, sulla base degli attributi descrittivi o
delle caratteristiche spaziali, permette di semplificare notevolmente le operazioni di
interpretazione e gestione dei dati stessi.
In definitiva, il programma crea dei sottoinsiemi che raggruppano i dati che hanno lo
stesso valore per un determinato attributo (geografico o descrittivo) e permette di
visualizzare i risultati in maniera selettiva.
Tale operazione risulta particolarmente utilizzata laddove si abbia a che fare con temi
contenenti un grande numero di elementi, di cui si vuole facilitare la comprensione della
distribuzione spaziale complessiva.
Si pensi, ad esempio, ad un tema contenente tutti i rinvenimenti di uno scavo archeologico.
Grazie a questo tipo di operazione potremmo decidere di estrapolare dall’insieme generale
del tema un sottoinsieme particolare, ad esempio l’insieme dei rinvenimenti relativi ad una
determinata campagna di scavo, piuttosto che tutte le monete rinvenute in una determinata
area e riferibili ad una determinata epoca e così via.
Le operazioni di analisi spaziale prevedono l’utilizzo di numerosi strumenti, i quali
manipolano in vario modo i temi analizzati.
Alcuni di questi strumenti consentono di estrarre (funzione di extract) da un determinato
tema solo gli elementi che possiedono certi attributi, creando un nuovo tema che li
comprenda. Altri strumenti consentono, al contrario, di unire alcuni elementi di un tema, o
di più temi (funzione di marge), che abbiano lo stesso valore per uno o più attributi.
Molto importanti sono le funzioni di overlay che permettono di sovrapporre un tema (detto
di input) ad un altro (detto di overlay) per crearne uno nuovo (detto di output). In questo
caso gli attributi di un set di elementi vengono uniti a quelli dell’elemento al quale ci si
sovrappone e viene creata una nuova tabella di attributi che contiene informazioni relative
ad ogni nuovo elemento. In generale il tema di input può essere di qualsiasi tipo, mentre
quello di overlay è di tipo poligonale. Bisogna sottolineare che una sovrapposizione
realizzata con strumenti GIS riguarda non solo gli elementi di un tema ma anche i suoi
attributi, ivi compresi quelli geografici. Per questo motivo un overlay ottenuto con
strumenti GIS permette non solo di realizzare sovrapposizioni grafiche, ma anche
topologiche. Un overlay grafico fornisce un riscontro immediato dei layer che vengono
sovrapposti permettendo di confrontare visivamente i diversi livelli. Questo, tuttavia, è
solo uno strumento visivo (come nel caso di overlay ottenuti con strumenti CADD) e non
vengono create delle associazioni tra gli attributi e i dati spaziali dei database, non sono
dunque realizzabili query o altri tipi di interrogazioni.
Al contrario, in un overlay topologico, le operazioni di sovrapposizione e relazione
possono essere usate per eseguire query ed analisi spaziali relativamente ai database
relazionati e ai temi interessati nell’operazione.
In generale il risultato di una query è la creazione di un insieme di elementi e attributi che
soddisfano le condizioni espresse nella query stessa.
A disposizione dell’utente ci sono di solito diversi tipi di query, raggruppabili in quattro
categorie:
- Identificazione
- Query e selezione per attributi
- Query e selezione per posizione
- Statistiche
Nel primo caso (identificazione) vengono semplicemente visualizzati gli attributi per un
determinato elemento di un tema. Di solito non vengono eseguite, con questo comando,
operazioni di selezione, per ottenere la quale bisogna ricorrere a comandi specifici che
prevedono anche la possibilità di aggiungere, modificare o eliminare elementi dalla
selezione stessa (funzioni di Editing).
L’identificazione è la forma più semplice di interrogazione e permette di trovare gli
attributi associati ai vari elementi di mappa partendo da questi ultimi o viceversa. Con
questo strumento è possibile selezionare gli elementi sullo schermo ottenendo dal database
gli attributi relativi o, al contrario, selezionare nel database gli attributi evidenziando
automaticamente sullo schermo gli elementi di mappa relazionati.
Le operazioni di query e selezione per attributi vengono eseguite invece quando si hanno a
disposizione una serie di informazioni descrittive e si desidera trovare tutti gli elementi
che corrispondono a tali descrizioni, indipendentemente da dove siano collocati. A
differenza del caso precedente con questo strumento gli elementi verranno selezionati e
sarà dunque possibile eseguire ulteriori operazioni sulla selezione così ottenuta. Usando
quest’interrogazione viene creata un’espressione che utilizza i nomi dei campi di un
database e i valori in essi contenuti per indicare una condizione o un insieme di condizioni
da soddisfare. L’espressione di query costituisce una precisa definizione di ciò che si
vuole selezionare e, in generale, la sua costruzione è operata in modo interattivo, con
l’ausilio di uno strumento che guida nella formulazione della domanda o della richiesta.
Di solito si può compilare l’espressione attraverso una finestra nella quale sono riportati
tutti i campi presenti nella tabella del database su cui si vuole eseguire la query, insieme ad
una serie di operatori aritmetici (quelli standard sono: +, -, x, /), di confronto (ad esempio:
<, >, =, <> ecc.) o logici (and, or, not), da utilizzare per stabilire le diverse condizioni da
soddisfare. E’ possibile costruire espressioni complesse, per soddisfare le quali è
necessario che gli elementi posseggano più di un attributo, sia digitandole direttamente
nell’apposita finestra, sia cliccando con il mouse sui vari elementi. Il risultato, in ogni
caso, sarà la selezione dei record e dei corrispondenti elementi di mappa che soddisfano
tutte le condizioni poste dalla query stessa.
Le operazioni di query e selezione possono riguardare anche la posizione e vengono usate
quando è possibile specificare l’area di interesse, individuando tutti gli elementi presenti
nell’area indipendentemente dai loro attributi descrittivi.
I modi per operare le query e i meccanismi che intervengono sono essenzialmente gli
stessi a prescindere dal tipo di interrogazione che si esegue.
Infatti, anche per interrogazioni sugli elementi spaziali gli operatori possono essere
combinati per formulare espressioni complesse.
Un tipo particolare di analisi spaziale è relativo al concetto di prossimità. Con questa
operazione i dati vengono interrogati per ricercare elementi basandosi sul concetto di
vicinanza definito dal punto di vista geografico. In generale ci si basa sulla distanza in
linea retta tra due elementi o, in alcuni casi, sulla distanza reale.
Si possono considerare due categorie di query spaziali che implicano il concetto di
prossimità: la ricerca di elementi che si trovano entro una certa distanza da un particolare
punto, e la ricerca di elementi che cadono entro una certa distanza da altri elementi o sono
ad essi adiacenti.
Nel primo caso la ricerca avviene stabilendo una circonferenza di raggio voluto, con
centro nel punto di interesse, sulla base della quale il programma ricercherà i punti o gli
elementi che ricadono al suo interno.
Nel secondo caso si creano, invece, vere e proprie query che utilizzano operatori del tipo
“Within the distance of”, con i quali si indicheranno le distanze entro le quali si desidera
eseguire l’analisi spaziale (compresa la distanza “zero” nel caso di adiacenza).
Un differente tipo di analisi spaziale è relativo al concetto di intersezione. Con questa
operazione i dati vengono interrogati per trovare elementi basandosi sul fatto che essi
intersecano o si sovrappongono ad altri elementi poligonali. E’ possibile, quindi, eseguire
ricerche di elementi quali linee o poligoni di un tema che sono intersecate o intersecano
linee o poligoni di un altro tema.
Altri tipi di interrogazioni riguardano anche i punti e sono utilizzate per evidenziare dei
punti, linee o poligoni che sono contenuti in un poligono di un altro tema.
Per finire, le interrogazioni statistiche sono uno strumento indispensabile per riassumere le
condizioni e per generare altri tipi di analisi statistiche.
Una volta compiuta una selezione, sia mediante una query, sia mediante gli strumenti di
selezione diretta, è possibile eseguire nuove query sugli elementi selezionati sia per
restringere la selezione sia per aggiungere ad essa nuovi elementi.
Attraverso questo strumento è infatti possibile operare tre tipi di azioni:
- Creare un nuovo gruppo.
Attraverso questa operazione tutti gli elementi che soddisfano le condizioni della query
costituiscono un nuovo gruppo di selezione, inoltre, eventuali elementi precedentemente
selezionati vengono automaticamente deselezionati.
- Aggiungere selezioni ad un gruppo precedentemente selezionato.
Gli elementi selezionati in questo modo vengono aggiunti ad un gruppo di selezione già
esistente ampliando così la selezione.
- Selezionare da un gruppo di selezione esistente.
E’ possibile restringere il campo degli elementi selezionati applicando una nuova query ad
un gruppo di selezione precedentemente creato. In questo modo tutti gli elementi
selezionati che non soddisfano le nuove condizioni verranno deselezionati.
Questi sono, in linea di massima, gli strumenti maggiormente utilizzati dai sistemi GIS
nella gestione sia dei dati di tipo spaziale che dei dati relativi agli attributi degli elementi
rappresentati.
Si ribadisce il concetto che tali strumenti sono caratterizzati da un’elevata versatilità,
motivo per cui in questa sezione è stata fornita solo una descrizione generica delle
possibilità offerte da tali sistemi e dagli strumenti che li compongono. Il modo specifico in
cui questi possono essere impiegati dipende, come detto, dalle necessità contingenti e
dagli obbiettivi che il lavoro si propone, più che dal tipo di elementi interessati nello
studio.
Le prospettive future dei GIS
Considerata l’enorme velocità alla quale si sono evolute le tecnologie appena prese in
esame, viene spontaneo chiedersi quali saranno gli sviluppi futuri per quanto riguarda
l’applicazione di tali tecnologie.
Bisogna chiarire, se si vuole affrontare un discorso che abbia pretese di serietà, che non è
possibile eseguire previsioni a lunga scadenza su questo argomento, proprio a causa della
velocità alla quale evolve ogni settore che abbia a che fare con applicazioni informatiche e
tecnologiche.
Sarebbe molto facile, affrontando un discorso sul futuro delle tecnologie esaminate,
lasciarsi prendere la mano e prospettare scenari fantasiosi o, quantomeno, improbabili.
Per evitare questo rischio è opportuno partire dall’osservazione di quelle che sono le
attuali tendenze, le linee di sviluppo che già si possono individuare, sia da un punto di
vista delle metodologie di raccolta dei dati, che da un punto di vista dei progressi hardware
e software intrapresi.
Partendo da questi presupposti possiamo affrontare il discorso con una certa serenità e con
la consapevolezza che qualunque idea o proposta presentata sia, se non immediatamente
realizzabile, quantomeno verosimile.
Il primo aspetto che possiamo approfondire riguarda i dati con i quali, nel futuro,
potremmo avere a che fare17
. Possiamo sicuramente affermare che ci saranno una gran
quantità di nuovi tipi o formati di dati. Anche i formati già esistenti saranno,
probabilmente, rivisti in funzione delle nuove esigenze. Avremo a disposizione dati più
completi, con risoluzioni più alte e, presumibilmente, grazie anche a tecnologie delle quali
siamo oggi tutti, oltre che testimoni, anche utenti, più facilmente reperibili ed utilizzabili.
Grazie ad internet, ad esempio, molti dei dati che possono interessare agli operatori GIS
(immagini satellitari, basi cartografiche ecc.), sono facilmente reperibili in rete, spesso a
costi accessibili se non a costo zero.
Nel corso del presente contributo abbiamo discusso delle enormi conquiste che hanno
riguardato la tecnologia GPS. E’ opportuno ritornare sull’argomento per sottolineare il
fatto che tale tecnologia ha fornito una spinta decisiva allo sviluppo dei GIS e delle
metodologie di mapping in generale, fornendo la possibilità di raccogliere dati sempre più
precisi e a costi sempre più bassi.
Non è sbagliato aspettarsi dunque che tale trend possa continuare anche nel futuro. Tra i
progressi che ci si attende in questo settore, quelli che avranno sicuramente un maggiore
impatto sulla tecnologia GIS, interesseranno la comunicabilità tra i sistemi GPS e GIS.
Molti dei moderni ricevitori di segnale GPS, infatti, prevedono già la possibilità di
visualizzare la posizione dei punti o dei percorsi su basi cartografiche o su foto satellitari,
oltre che permettere di creare direttamente dati in formati leggibili dai sistemi GIS. Questa
intercomunicabilità è destinata a crescere ancora, visto il largo bacino di utenza che i
sistemi che usano le due tecnologie stanno avendo. Si pensi, ad esempio, ai sistemi di
navigazione satellitare che, sempre più spesso, equipaggiano le nostre vetture. Questi non
sono altro che dei sistemi GIS che utilizzano la tecnologia satellitare per aiutarci nella
navigazione e per rispondere a domande relative alla collocazione degli oggetti nello
spazio, quindi, essenzialmente, operano una serie di analisi spaziali del tipo appena
trattato.
Un altro settore dal quale ci si aspetta molto nel futuro, in termini di incremento della
qualità dei dati e di maggiore efficienza nella loro commercializzazione è, senza dubbio,
quello del Remote Sensing.
La privatizzazione che ha interessato questo settore negli ultimi anni ha fatto si che un
numero sempre maggiore di satelliti e di velivoli venisse utilizzato per monitorare la
superficie terrestre.
Oltre agli enti nazionali, infatti, un gran numero di agenzie private si occupa del continuo
monitoraggio della Terra dallo spazio o da bassa quota rendendo disponibili, agli utenti
finali, un gran numero di dati.
Non solo la quantità dei dati a disposizione è aumentata nel corso degli ultimi anni, ma
anche la loro qualità. Oggi sono disponibili immagini satellitari con risoluzioni di gran
lunga inferiori ad un metro per pixel, fino a qualche anno fa impensabili. E’ senza dubbio
lecito aspettarsi che tale trend possa continuare, anche perché le risorse che verranno
impiegate in questo campo, negli anni a venire, saranno sempre più copiose.
A questo incremento quantitativo e qualitativo dei dati a disposizione, ha fatto immediato
riscontro un incremento degli utilizzatori dei sistemi GIS. Una conseguenza dell’enorme
diffusione ad ogni livello dei sistemi informativi ha riguardato i meccanismi attraverso i
quali i dati, in quantità come detto sempre maggiore, vengono scambiati. La necessità di
disporre di una struttura formale predefinita che consentisse di usufruire delle
informazioni prodotte o raccolte da altri enti, magari di alte nazioni e per scopi diversi, ha
posto il problema della produzione di uno standard per i formati dei dati destinati a tali
scambi.
17
Clarke K.C., 2003, pp.268-269.
Nel futuro dei GIS possiamo sicuramente intravedere un progressivo abbattimento delle
barriere che ancora oggi, nonostante gli sforzi prodotti da numerosi enti, limitano la
possibilità di interscambio delle informazioni18
. In un mondo sempre più orientato verso
un mercato globale anche il mercato o il semplice scambio di dati sarà sempre più libero
dalle costrizioni prodotte in passato dall’assenza di tali standard.
Come abbiamo visto nelle pagine precedenti i progressi compiuti negli ultimi anni dalle
tecnologie esaminate sono dipesi, in larga misura, dalle innovazioni intervenute nel campo
delle componenti hardware.
Delle vere e proprie rivoluzioni infatti hanno interessato il settore informatico.
Grazie a queste innovazioni i computer domestici sono diventati sempre più potenti. La
loro capacità di immagazzinare dati è cresciuta enormemente, grazie al fatto che i moderni
hard disks hanno incrementato la loro capienza fino a portarla nell’ordine dei gigabytes.
Questo ha fatto si che le moderne workstations siano in grado di gestire enormi quantità di
dati e, quindi, contenere database del tipo descritto nelle sezioni precedenti.
Aumentando al contempo la possibilità di gestire ed eseguire operazioni sempre più
complesse, grazie ad una maggiore disponibilità di memoria RAM e ad una maggiore
velocità raggiunta dai moderni microprocessori, è possibile eseguire operazioni
particolarmente complesse in tempi ragionevoli.
Nell’insieme queste innovazioni tecnologiche hanno permesso ai computer domestici di
gestire sistemi complessi, al punto da portare ad una vera e propria “democratizzazione”
dei GIS e, comunque, ad un aumento dei campi di applicazione di tale tecnologia.
I computer sono diventati più potenti, più piccoli (i laptop o portatili, nonostante le
dimensioni ridotte, hanno prestazioni pari a quelle delle workstations) e, nonostante
questo, più a buon mercato di quanto non lo siano mai stati.
Ripartendo dal presupposto iniziale, in base al quale bisognava, per prudenza, individuare
nei trend attuali le linee di sviluppo future, possiamo prospettare una tendenza ad avere
computer sempre più potenti, piccoli e con elevate capacità di interazione con altri sistemi
(come, ad esempio, i GPS).
Lo stesso discorso sull’enorme velocità alla quale si sono evolute le componenti hardware
si potrebbe affrontare anche per i software che compongono e gestiscono un sistema GIS.
A cominciare dai sistemi operativi che amministrano le varie funzionalità di ogni
elaboratore elettronico, negli ultimi anni abbiamo assistito ad un miglioramento
straordinario per ciò che riguarda soprattutto l’intuitività e l’interattività di tali software.
In modo particolare mi riferisco alla nascita e all’immissione sul mercato dei sistemi
operativi del gruppo Microsoft che, con le varie edizioni di Windows, a cominciare dagli
anni ’80, ha modificato radicalmente il modo di comunicare tra l’utente ed il sistema,
introducendo delle interfacce utente estremamente versatili e intuitive.
Tali nuove interfacce hanno avuto un’enorme fortuna, tanto da avere praticamente
monopolizzato il mercato e, anche laddove non ci siano riuscite, hanno costituito lo
standard di base al quale tutti gli altri produttori, prima o poi, si sono dovuti adattare.
Ricordando brevemente l’importanza che la standardizzazione assume in un mercato di
tipo globale e che tende ogni giorno di più ad abbattere le barriere esistenti, non possiamo
che riconoscere i meriti che questi nuovi sistemi operativi posseggono per quanto riguarda
semplicità di utilizzo e intuitività, veri e propri punti di forza di tutti i prodotti informatici
di oggi e non solo dei sistemi operativi.
Anche i software GIS infatti, come la maggior parte dei software in commercio, utilizzano
interfacce del tipo lanciato da windows. La più usata risulta sicuramente l’interfaccia
WIMP (Windows, Icons, Menus, and Pointers) che, oltretutto, fornisce anche un’ elevata
18
Clarke K.C., 2003, pp. 274-275.
interattività, mettendo a disposizione dell’utente una serie di strumenti per la
comunicazione dei dati in input ed output.
Un sistema GIS del futuro potrà quindi essere verosimilmente immaginato come un
sistema supportato da software in grado di offrire numerosi strumenti che potenziano
ulteriormente l’interattività del sistema e che offrono un livello di automazione superiore.
Da questo punto di vista si pensi, ad esempio, ad un sistema che si autoconfigura per poter
“leggere” automaticamente il formato dei dati che si stanno inserendo, senza che ci sia
bisogno che l’utente li converta per renderli utilizzabili.
In questo senso, possiamo pensare ad un sistema che tenga nascoste all’utilizzatore la
maggior parte delle operazioni di “routine” o, comunque, che esegua autonomamente tutte
quelle operazioni necessarie al corretto funzionamento del sistema, sfrondando
notevolmente il lavoro dell’operatore.
Oltre a queste presumibili evoluzioni di carattere strutturale, o che riguardano comunque
le componenti dei sistemi GIS, siano esse hardware o software, alcuni autori individuano
in certe nuove applicazioni, che comportano delle novità soprattutto dal punto di vista
concettuale, le linee di sviluppo più interessanti per il prossimo futuro.
Tra queste nuove applicazioni della tecnologia GIS possiamo individuare tre aree di
sviluppo molto interessanti19
, anche per il contributo che possono portare alla ricerca nel
campo archeologico. Queste sono rappresentate da sistemi GIS particolarmente innovativi,
che costituiscono lo sviluppo di alcune delle caratteristiche di tali sistemi di cui si è
discusso nelle pagine precedenti, e sono:
- Object-Oriented GIS (OO-GIS)
- Multi Dimensional GIS (3D GIS)
- Temporal GIS (TGIS)
Nel primo caso si tratta di sistemi che cercano di superare i limiti che riguardano i sistemi
GIS in generale e, in modo particolare, la loro astrattezza. In un sistema di tipo
“tradizionale” infatti, gli oggetti del mondo reale possono essere rappresentati
essenzialmente attraverso delle schematizzazioni, delle semplificazioni. Per rappresentare
una qualsiasi entità ci serviamo di una serie di strumenti che non fanno altro che tradurre
in un linguaggio comprensibile dal sistema (utilizzando, come abbiamo visto, linee, punti
o poligoni nel caso di formati vettoriali, o attraverso griglie di celle nel caso di formati
rastrer) gli elementi del mondo reale che sono oggetto di studio. Non sempre però gli
oggetti che osserviamo possono essere fedelmente rappresentati in formato raster o
vettoriale senza andare in contro a dei compromessi.
Nel caso degli OO-GIS, invece, gli elementi che compongono il mondo reale non sono
rappresentati attraverso delle schematizzazioni della realtà, bensì da serie di oggetti.
Queste serie di oggetti sono raggruppati in delle classi standard che contengono tutti gli
oggetti che sono caratterizzati da proprietà ben definite20
. Per fare un esempio che aiuti a
capire la differenza intercorrente tra i sistemi “tradizionali” e gli OO-GIS, si tenga
presente che in un modello vettoriale, che può essere supportato da un sistema GIS, una
buca da palo può essere rappresentata attraverso punti, linee o poligoni, eventualmente
collegati ad un database contenente i rispettivi attributi di ogni elemento grafico
rappresentato, schematizzando inevitabilmente la descrizione dell’oggetto in questione. In
un OO-GIS invece, la stessa buca da palo sarà registrata descrivendola attraverso la classe
di oggetti a cui appartiene. Immaginiamo di creare una classe definita “buche da palo”.
Questa conterrà tutti gli oggetti che rispondono alle caratteristiche generali definite dalla
classe che li contiene, in più ogni oggetto sarà accompagnato da una serie di attributi che
gli sono propri e che descrivono le sue particolari proprietà, come larghezza, profondità
ecc.
19
Vedi a proposito Wheatley D., Gillings M., 2002, pp. 238-243. 20
Clarke K.C., 2003, p. 284.
Questo introduce un altro concetto fondamentale degli OO-GIS, e cioè quello di eredità.
Ogni oggetto o sottoclasse, infatti, facendo parte di una classe specifica, eredita da questa
tutte le proprietà che la contraddistinguono aggiungendo a queste altri elementi che
aiutano a definire la forma e le altre caratteristiche particolari di ogni singolo oggetto.
Attraverso questa struttura gerarchica si arriva a descrivere in maniera verosimile e
intuitiva gli oggetti che compongono il mondo reale.
Un altro limite che si potrebbe individuare nei Sistemi Informativi Geografici di tipo
tradizionale e che si sta cercando di superare con le evoluzioni alle quali sono sottoposti i
sistemi GIS, consiste nella loro difficoltà nella gestione dei dati tridimensionali. Sebbene
infatti sia possibile inserire i dati relativi alla terza dimensione all’interno delle tabelle
degli attributi di ogni singolo oggetto, questi non sono generalmente adatti a manipolare
modelli tridimensionali, ma solo superfici con due dimensioni che, tutt’al più, rimandano
al dato relativo alla quota degli oggetti rappresentati, espresso sotto forma numerica in
una tabella degli attributi.
I GIS Multi Dimensionali invece (3D-GIS)21
, permettono di gestire in assoluta tranquillità
i dati relativi alla quota dei punti misurati, consentendo di visualizzare direttamente un
grafico in tre dimensioni che mantiene le stesse caratteristiche di interattività dei grafici
sviluppati con sistemi bidimensionali.
Questi 3D-GIS sono infatti in grado di creare e supportare dei veri e propri DEM
attraverso i quali si possono evidenziare tutte le particolarità di oggetti e situazioni nei
quali il dato tridimensionale risulta di fondamentale importanza.
Si pensi, ad esempio, alla possibilità di ricostruire tridimensionalmente una stratigrafia di
scavo nella quale poter rappresentare, oltre agli strati archeologici, anche gli elementi che
in essi sono stati rinvenuti, collegandoli automaticamente alle loro tabelle di attributi e ai
database relazionali.
In questo modo il dato tridimensionale, che in archeologia ha un valore in termini di
cronologia relativa attribuibile ai singoli strati e di conseguenza agli oggetti in essi
rinvenuti, risulta naturalmente espresso ed immediatamente visibile senza il bisogno di
consultare sterili (almeno da questo punto di vista) tabelle o elenchi di quote.
Va chiarito che tali applicazioni non sono solo una prospettiva futura ma anche una realtà
affermata. Alcuni dei più innovativi software GIS, già presenti sul mercato, prevedono
applicazioni tridimensionali di questo tipo, delle quali si comincia ad apprezzare le
caratteristiche. E’ del tutto plausibile immaginare che, nei prossimi anni, le possibilità di
eseguire elaborazioni tridimensionali con software GIS saranno sempre maggiori e i nuovi
software daranno un’importanza sempre più grande a questo tipo di strumenti.
Nelle pagine precedenti abbiamo anche discusso dell’importanza che in un sistema GIS
assume la variabile temporale, considerata, a ragione, come la quarta dimensione del
sistema spaziale.
Fino ad ora il dato temporale non è stato però utilizzato, così come i dati relativi alla terza
dimensione, in tutte le sue potenzialità. Questo tipo di informazioni infatti, sono state
inserite nei GIS semplicemente come attributi che, al massimo, hanno permesso di
generare livelli in grado di visualizzare una determinata situazione in un determinato
momento.
Il dato temporale, è una variabile “dinamica” e, come tale, non è rappresentabile attraverso
strumenti che sono, per se stessi, statici.
I GIS Temporali (TGIS), che si sta cercando di sviluppare in questi ultimi anni22
, hanno
proprio l’obiettivo di superare questi limiti, permettendo di attribuire alla variabile
“Tempo” il giusto peso in un sistema che studia fenomeni e processi che hanno un loro
sviluppo dinamico, non solo su base spaziale ma anche, e soprattutto, su base temporale.
21
Su questo argomento: Harris T.M., Lock G.R., 1995, pp.307-316. 22
Si vedano a proposito i lavori di Johnson I., 1999; e Lock G.R., Daly P.T., 1999, pp. 259, 263.
In definitiva risulta evidente, da queste considerazioni sul futuro dei GIS, come gli
sviluppi degli ultimi anni siano dovuti, oltre che ad una serie di innovazioni tecnologiche
occorse nei singoli campi, anche ad un processo di convergenza delle varie tecnologie che
sono intervenute a sviluppare i Sistemi Informativi Geografici applicati a studi
archeologici.
Non dimentichiamo che proprio i sistemi GIS sono un prodotto di tale convergenza,
sfruttando sia la tecnologia CADD, sia i DBMS, sia strumenti che consentono di eseguire
Analisi Spaziali.
Proprio nel campo archeologico, infatti, negli ultimi anni, le più diverse tecnologie hanno
dato il loro contributo per la nascita e lo sviluppo di nuove metodologie, che hanno in
parte condizionato i tradizionali metodi di scavo e documentazione.
Oggi gli operatori nel campo della ricerca archeologica hanno tutti una certa familiarità
con le tecnologie informatiche, a cominciare dai DBMS per la gestione dei dati di scavo, i
software per la gestione di dati di tipo raster (immagini aeree e satellitari in particolare), o
vettoriali (programmi di elaborazione CADD), o con sistemi e strumenti per il rilievo
diretto (Stazioni Totali Laser, GPS ecc.), sebbene all’inizio tali innovazioni siano state
accolte con notevole scetticismo da molti operatori del settore affezionati ai tradizionali
metodi di documentazione e gestione del dato archeologico.
A mio avviso possiamo individuare un ulteriore trend di sviluppo, altrettanto importante,
nella sempre maggiore diffusione che tali nuove tecnologie stanno avendo tra gli operatori
del settore.
Al di là degli sviluppi software o hardware infatti, bisogna individuare un cambiamento di
atteggiamento anche da parte degli operatori più scettici che sono stati costretti ad
adeguarsi agli standard imposti dal progresso e dalla diffusione di tali tecnologie.
Come accennato nelle pagine precedenti, oggi sono gli stessi archeologi che si occupano
direttamente dell’applicazione di tali nuove tecnologie, a differenza di quanto accadeva
nel passato, quando gli operatori di Stazioni Totali, GPS o i gestori di DataBase ecc. erano
dei tecnici privi cognizioni di tipo archeologico o di una formazione storico - umanistica.
Questo ha fatto si che si sia potuto trarre il massimo da queste applicazioni, potendo
ottimizzare le risorse disponibili ed adattando gli strumenti a disposizione alle specifiche
esigenze della materia.
Questo trend, ancora in corso, farà si che le conoscenze acquisite dagli archeologi nel
campo di materie tradizionalmente estranee agli studi di tipo umanistico, siano sempre
maggiori, ottenendo sempre migliori risultati.
Considerazioni conclusive
Analizzando gli aspetti presentati in queste pagine non si può, a mio avviso, non nutrire un
certo ottimismo per il futuro. Resti comunque chiaro che lo sviluppo delle tecnologie in se
non apporta nessun beneficio, e che ciò che veramente conta è che alla base
dell’applicazione di tali tecnologie ci sia la consapevolezza che con esse non si possono
risolvere tutti i problemi o trovare le risposte a qualsiasi domanda. L’applicazione
indiscriminata delle nuove metodologie di studio non è di per se una garanzia di successo,
alla base di tutto ci deve sempre essere un uso coscienzioso dei nuovi metodi che altro non
sono che una serie di strumenti che l’archeologo può utilizzare per aumentare le sue
possibilità di interpretare nel modo corretto un determinato fenomeno.
In altri termini, molto spesso l’applicazione di nuove metodologie di studio e di analisi,
serve da sola a giustificare la pubblicazione di un lavoro che, da un punto di vista dei
contenuti, risulta poi essere carente o non aggiunge nulla di nuovo alla conoscenza di quel
determinato fenomeno o elemento oggetto di studio.
Elaborazioni digitali dei dati di scavo o di immagini raster, ricostruzioni tridimensionali di
porzioni più o meno estese del territorio ecc. risultano costituire il classico “fumo negli
occhi” nel momento in cui siano presentate come fine a se stesse e non costituiscono un
supporto ad uno studio che abbia il fine ultimo di comprendere i meccanismi alla base dei
fenomeni e degli elementi che si stanno studiando.
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