2012. La valorizzazione dell’area archeologica di Casa Bianca: reintegrazione dell’immagine e...

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8. La VaLorizzazione deLL’area arCheoLogiCa di Casa bianCa 8.1 reintegrazione deLLimmagine e Fruizione di unarea deL P arCo arCheoLogiCo di sibari il termine valorizzazione è diffusamente impiegato negli interventi su aree archeologiche per designare un’azione rivolta non solo alla necessaria conservazione delle strutture antiche, ma in- dirizzata anche a favorire la leggibilità dei manufatti. L’opera antica infatti può emergere dallo scavo in uno stato fortemente compromesso e di difficile comprensione, dovuto alla perdita della forma originaria. in questi casi l’immediata e chiara lettura delle caratteristiche architettoniche del manufatto risulta impossibile o, quanto meno, ardua per un pubblico non specialistico. La va- lorizzazione esprime pertanto una vera e propria necessità, generata dall’esigenza di comunicare il significato dell’opera. La valorizzazione tuttavia indica anche una azione che non si limita solo a stimolare la reinte- grazione mentale dell’organismo antico da parte del pubblico, ma nel contempo favorisce la frui- zione del sito attraverso una serie di interventi che coinvolgono l’accessibilità e la circolazione al suo interno. Queste azioni sostanziano una posizione critica che rifiuta la visione fatalistica dell’opera come manufatto in disfacimento a favore di una misurata alterazione dello stato di fatto, senza tuttavia ricadere nella restituzione mimetica della realtà persa. d’altra parte tali azioni perseguono l’obiet- tivo finale “di conservare il contenuto culturale, la stratificazione storica e la struttura stessa dell’antico monumento, nella serena coscienza di poterne solo rallentare l’inarrestabile degrado, non certo garantirgli un’impossibile perennità” 1 . sarà bene inoltre ricordare, come già sottolineato in altra sede 2 , che l’alterazione della consistenza materica del manufatto deve sempre basarsi su un processo scientifico e filologico e che nell’intervento deve permanere un assoluto protagonismo della parte originale su quella aggiunta. Contesto degli interventi di valorizzazione durante lo scavo dell’area di Casa bianca e, più specificatamente, del complesso architettonico individuato sull’estremità occidentale dell’area, le mutilazioni subite dagli edifici restituivano, mano a mano che le indagini progredivano, una realtà fortemente compromessa dalle vicende sto- riche. La decadenza dell’edificio era infatti stata segnata dallo spoglio del materiale lapideo im- piegato nella fase edilizia di età imperiale. tale operazione, legata all’altissima vocazione al riuso del materiale lapideo, era avvenuta in maniera sistematica e capillare, lasciando in opera una quan- tità veramente millesimale dell’alzato delle strutture. su questi esigui frustuli si è basato lo studio per la restituzione grafica della forma architettonica originale. La lettura delle impronte lasciate sulla malta cementizia, risparmiata perché di difficile estrazione e di complesso reimpiego, ha aperto la strada verso la possibile reintegrazione di alcuni brani del complesso architettonico. L’in- dividuazione degli interventi in grado di restituire al rudere archeologico quei valori architettonici persi è così rientrato coerentemente nelle finalità del finanziamento di arCus s.p.a., volto alla valorizzazione del sito. 1 Carbonara - Fiorani 2002, 387. 2 Vitti 2010, 737-747. ASAA LXXXIX, serie III, 11, tomo II, 2011, 287-304

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8. La VaLorizzazione deLL’area arCheoLogiCadi Casa bianCa

8.1 reintegrazione deLL’immagine e Fruizione di un’area deL ParCo

arCheoLogiCo di sibari

il termine valorizzazione è diffusamente impiegato negli interventi su aree archeologiche per designare un’azione rivolta non solo alla necessaria conservazione delle strutture antiche, ma in-dirizzata anche a favorire la leggibilità dei manufatti. L’opera antica infatti può emergere dalloscavo in uno stato fortemente compromesso e di difficile comprensione, dovuto alla perdita dellaforma originaria. in questi casi l’immediata e chiara lettura delle caratteristiche architettonichedel manufatto risulta impossibile o, quanto meno, ardua per un pubblico non specialistico. La va-lorizzazione esprime pertanto una vera e propria necessità, generata dall’esigenza di comunicareil significato dell’opera.

La valorizzazione tuttavia indica anche una azione che non si limita solo a stimolare la reinte-grazione mentale dell’organismo antico da parte del pubblico, ma nel contempo favorisce la frui-zione del sito attraverso una serie di interventi che coinvolgono l’accessibilità e la circolazione alsuo interno.

Queste azioni sostanziano una posizione critica che rifiuta la visione fatalistica dell’opera comemanufatto in disfacimento a favore di una misurata alterazione dello stato di fatto, senza tuttaviaricadere nella restituzione mimetica della realtà persa. d’altra parte tali azioni perseguono l’obiet-tivo finale “di conservare il contenuto culturale, la stratificazione storica e la struttura stessa dell’antico monumento, nella serena coscienza di poterne solo rallentare l’inarrestabile degrado,non certo garantirgli un’impossibile perennità”1. sarà bene inoltre ricordare, come già sottolineatoin altra sede2, che l’alterazione della consistenza materica del manufatto deve sempre basarsi suun processo scientifico e filologico e che nell’intervento deve permanere un assoluto protagonismodella parte originale su quella aggiunta.

Contesto degli interventi di valorizzazione

durante lo scavo dell’area di Casa bianca e, più specificatamente, del complesso architettonicoindividuato sull’estremità occidentale dell’area, le mutilazioni subite dagli edifici restituivano,mano a mano che le indagini progredivano, una realtà fortemente compromessa dalle vicende sto-riche. La decadenza dell’edificio era infatti stata segnata dallo spoglio del materiale lapideo im-piegato nella fase edilizia di età imperiale. tale operazione, legata all’altissima vocazione al riusodel materiale lapideo, era avvenuta in maniera sistematica e capillare, lasciando in opera una quan-tità veramente millesimale dell’alzato delle strutture. su questi esigui frustuli si è basato lo studioper la restituzione grafica della forma architettonica originale. La lettura delle impronte lasciatesulla malta cementizia, risparmiata perché di difficile estrazione e di complesso reimpiego, haaperto la strada verso la possibile reintegrazione di alcuni brani del complesso architettonico. L’in-dividuazione degli interventi in grado di restituire al rudere archeologico quei valori architettonicipersi è così rientrato coerentemente nelle finalità del finanziamento di arCus s.p.a., volto allavalorizzazione del sito.

1 Carbonara - Fiorani 2002, 387. 2 Vitti 2010, 737-747.

ASAA LXXXIX, serie III, 11, tomo II, 2011, 287-304

già in passato si era affrontato il medesimo tema all’interno del Parco archeologico di sibari.L’intervento sulla Porta nord, condotto nel 2000 con i fondi derivanti dal gioco del Lotto3, era statoun terreno di prova importante in cui si erano potuti mettere in atto alcune azioni fondamentali:

– restituzione della leggibilità di una struttura fortemente compromessa dallo spoglio e dai crolli;– minimo intervento, considerato come minima azione progettuale occorrente per restituire il va-

lore storico-documentale dell’opera;– impiego di materiali e tecniche costruttive simili a quelle originali e, ove necessario, utilizzazione

di materiali estranei al rudere ma con forti caratteri di compatibilità materica ed estetica;– apparato didattico di supporto alla lettura del rudere con ricomposizione di alcuni elementi della

sommità della porta in un’area prossima alla porta.– Conservazione di un testimone del crollo della porta, per documentare lo stato dell’opera prima

dello scavo.

Con il bagaglio dell’esperienza del restauro della Porta nord e contestualmente al progrediredei lavori di scavo e ricerca avviati nel 2005 a Casa bianca, si è affrontato un programma di re-stauro e manutenzione delle strutture. il carattere progressivo e scaglionato del finanziamento haconsentito di calibrare gli interventi in relazione al progredire dello scavo, senza rimanere vincolatiin azioni di restauro concentrate in tempi estremamente circoscritti, che spesso ostacolano la sceltadelle soluzioni progettuali più idonee. a misura che le strutture emergevano dallo strato di cinquemetri di terreno alluvionale che le aveva obliterate, sono stati messi in atto interventi puntuali, co-ordinati in una prospettiva di valorizzazione finale. La calibratura delle azioni progettuali e con-servative è avvenuta così di anno in anno a misura del progredire dei finanziamenti e rispondendoalle istanze di ricerca, di conservazione e di valorizzazione, garantendo nel contempo la manuten-zione dell’area. si sono monitorati gli interventi pregressi, si è valutato l’effetto della cronica pre-senza delle acque, soprattutto nella stagione invernale, si sono apportate le opportune modifiche,laddove necessario. il processo è ancora aperto e, si spera, condurlo a termine con il completamentodel programma di valorizzazione che arCus s.p.a. ha finanziato.

scelte operative

La realtà archeologica di Casa bianca presenta delle specificità, sul piano storico-archeologico.La restituzione dello spaccato di vita dell’area non solo ha rivelato le fasi edilizie che si sono sus-seguite dal V sec. a.C. in poi, ma ha anche restituito una serie di elementi sostanziali per conosceregli eventi immediatamente precedenti al definitivo abbandono dell’area. una storia quindi fattanon solo di episodi architettonici unitari e monumentali, ma anche uno spaccato di vita di una comunità in crisi, che vive ai margini della città, quando questa è ormai tutta polarizzata versoaltri nuclei.

un violento terremoto aveva aperto delle faglie nel terreno in direzione sud-ovest/nord-est espaccato le rigide fondazioni in cementizio del santuario centrale. muri e colonne si erano ribaltati.Le poche strutture rimaste in piedi subirono ulteriori crolli con il passare del tempo e l’assenza dimanutenzione legata all’uso. Così a fianco di una serie di muri ribaltati per effetto del sisma, indirezione ortogonale all’onda del sisma, sono stati ritrovati altri muri ribaltati secondo altre dire-zioni, per effetto dell’abbandono. non si deve escludere che tali crolli siano stati accompagnatida azioni di spoglio, come nel caso di Porta nord, dove si è potuto verificare che crolli e spogliosi susseguivano gli uni agli altri, in un concatenamento tipico delle strutture abbandonate, dove ilcrollo incita allo spoglio dei materiali riutilizzabili nell’edilizia e lo spoglio, a sua volta, indeboliscele strutture causandone nuovi crolli. una realtà questa non specifica di sibari, ma tipica di tutte lefabbriche antiche, non ultimo il Colosseo, il quale fino a metà del XViii secolo è stato una cavaprivilegiata per l’estrazione della pietra e anche dei metalli utilizzati nell’opera quadrata.

a rendere più specifica e complessa la realtà di Casa bianca erano le fasi finali della frequen-tazione del sito, quando per evidenti problemi connessi al livello dell’acqua nella zona, era statosteso uno strato drenante a coprire le strutture dell’edificio F, utilizzando i cubilia delle murature

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3 P. Vitti, o. Voza in greCo - LuPPino 1999, Vitti 2004,Vitti - Voza 2005.

in opera reticolata. alla fine del ciclo di vita dell’area, il santuario centrale nelle sue parti, propylon,peristilio, aule laterali, tempio, aveva perduto pressoché tutti gli elementi architettonici. La febbredi depredazione che aveva portato a cavare quanto più materiale lapideo possibile rimase incisanel sito, dove tuttora si distinguono le trincee di spoglio del muro perimetrale dell’edificio m,aperte in maniera pedissequa in corrispondenza del suo tracciato, tagliando il materiale in crolloche aveva coperto lo zoccolo in opera quadrata durante il crollo.

tali importanti tracce, in altri contesti archeologici non considerate parte integrante dei valoritestimoniali da comunicare al pubblico e sacrificati a favore di episodi architettonici più “nobili”,sono invece stati mantenuti, così da essere presentati al pubblico come parte integrante e tangibiledegli ultimi anni di frequentazione del sito.

Per alcune dinamiche, allo stato attuale difficilmente ricostruibili, lo stilobate ed alcune dellebasi delle colonne del propylon assieme allo zoccolo in pietra della parete sulla plateia B, furonorisparmiati dall’azione di spoglio. Frammenti di decorazione architettonica e degli ordini del san-tuario, assieme alle impronte dei blocchi sul cementizio hanno reso possibile la restituzione graficadel santuario, così da aprire la strada verso la potenziale e misurata reintegrazione di alcune partidel santuario m.

La domanda successiva alla soddisfacente (e comunque ipotetica) restituzione grafica della re-altà architettonica del santuario è stata quella sull’entità da attribuire alle integrazioni/ricostruzioni.domanda che richiedeva in primo luogo una chiarificazione rispetto alla posizione di chi consideraprioritario comunicare il significato della realtà antica attraverso ricostruzioni che riproducano lapresunta forma e spazialità originaria. Posizione ideologica, questa, a cui spesso viene esplicita-mente associata la convinzione che la ricostruzione al reale possa stimolare l’interesse da partedel pubblico e generare così un salutare flusso economico, quanto mai propizio in un contesto dicrisi come quello attuale. in realtà oggi sappiamo, a spese di edifici come la stoà di attalo, risortaper fissare un momento della vita dell’agorà di atene a danno di tutti gli altri eventi architettoniciche avevano preceduto ed erano seguiti, che né la ricostruzione totale è un mezzo storicamente lecito di conservazione del passato né, tantomeno, il pubblico può essere introdotto alla realtàantica attraverso un ricostruzione al vero. Piuttosto è necessaria una calibrata azione di comuni-cazione della realtà storica perduta, semmai con limitatissime azioni evocative, laddove la situa-zione lo richieda.

ma prendiamo per un attimo in considerazione l’ipotesi che per il santuario di Casa bianca sirichieda da parte di una facoltosa istituzione un’opera di restituzione globale. operazione resatutto sommato lecita dal fatto che le strutture in elevato del santuario di Casa bianca coprono unapiccola parte delle strutture precedenti e, pertanto la ricostruzione non coprirebbe le fasi precedenti,a differenza di quanto avvenne ad opera di travlos nella stoa di attalo. ecco quindi che le fonda-zioni antiche devono essere spianate per ricevere e trasmettere al terreno il carico dei blocchi inpietra, ricevere un nuovo strato di malta, perni di rinforzo e quant’altro necessario a garantirela stabilità della nuova struttura. alla fine di una simile operazione, qualsiasi ulteriore possibilitàdi ricerca e interpretazione basata sulle tracce leggibili sul documento originale diventerebbe impossibile.

Per il progresso della ricerca ciò è inaccettabile. ma è anche inaccettabile pensare di cristal-lizzare il processo storico, fatto anche di eventi successivi alla costruzione di un manufatto, ad unmomento determinato, negando quella complessità di eventi che contraddistinguono il flusso deltempo e delle azioni umane. La comunicazione della realtà antica deve presentare tutto lo spettrodegli eventi registrati in un sito, ivi compresa la distruzione e l’abbandono.

L’interpretazione del sito di Casa bianca ha invece sollecitato una serie di azioni più limitatee controllate, che si sono materializzate in una serie di interventi, tutti reversibili e rispettosi dellarealtà antica, che hanno introdotto elementi sostanziali per la comprensione del significato del ru-dere archeologico. grazie anche alla tipologia del finanziamento questa reintegrazione della realtàarchitettonica del manufatto antico è avvenuta in un arco di tempo assai lungo, nel corso del qualeè stato possibile valutare e calibrare le aggiunte in rapporto alla minima quantità necessaria persollecitare una corretta comprensione del rudere.

Paolo Vitti

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8.2 interVenti a Casa bianCa neL QuinQuennio 2007-2012

il progetto di valorizzazione e restauro dell’area di Casa bianca è stato condotto nell’ambito diuna convenzione fra la scuola archeologica italiana di atene, la direzione regionale bb.CC. dellaCalabria e la soprintendenza per i beni archeologici della Calabria, sotto la direzione di emanuelegreco. il finanziamento è stato erogato da arCus s.p.a. per il Parco archeologico di sibari ed èstato frazionato in quattro lotti; un quinto è previsto a completamento degli interventi4.

Le azioni progettuali si sono sviluppate principalmente su tre fronti:

– Valorizzazione dell’area attraverso opere e interventi che hanno interessato l’accessibilità ela sistemazione complessiva dell’area.

– Conservazione delle murature antiche allo stato di rudere. – integrazioni e restituzioni parziali delle strutture antiche.

Gli interventi per l’accessibilità, la fruizione e la manutenzione dell’area

L’estensione dell’area scavata verso ovest, avviata nel 2006 (fig. 277), ha comportato nuovi ra-gionamenti sull’invaso in cui giacciono le strutture antiche. Fermo restando che i limiti dell’areaindagata nel 1971-75 erano stati dettati dall’orientamento del Lungo muro, dalla necropoli est(fig. 254), dalla struttura est con l’area basolata e, da ultimo, con gli scavi del 1974, dal fronte me-ridionale degli edifici F ed m, l’estensione dell’area indagata verso ovest ha creato un invaso moltopiù ampio, contraddistinto dall’affaccio immediato sulle strutture dalla strada interpoderale. ri-sultava evidente che un affaccio diretto per una visione “a volo d’uccello” dello scavo propriodalla fascia immediatamente limitrofa alla strada avrebbe consentito al pubblico di comprenderela topografia dell’area. sulla base di questo presupposto si sono articolati alcuni interventi, chepossono essere così sintetizzati:

– realizzazione di una area di sosta con pannelli didattici collocata tra la strada e l’area di scavoe su quest’ultima affacciata (fig. 277-a). tale area è protetta da una staccionata che prosegueverso est per definire una fascia pedonale compresa tra la staccionata e un muro basso in car-paro leccese (fig. 277-d). Funzione del muro è anche quello di arginare le acque piovaneprovenienti dalla strada e che hanno compromesso più volte la sistemazione della spondasettentrionale dell’area di scavo.

– realizzazione di un’area di parcheggio per vetture (fig. 277-C).– realizzazione di una scala per l’accesso del pubblico al livello degli scavi (fig. 277-b). La

posizione baricentrica della scala, rispetto alle strutture archeologiche, consente un itinerariodi visita circolare. La collocazione della scala in allineamento con il Lungo muro (fig. 278)favorisce la visione del muro romano in fuga ed accentua l’incisività della fortificazione nel-l’assetto topografico della fase finale di vita della città.

– rispetto alla scala con intelaiatura lignea realizzata nel 2000 per l’accesso alla Porta nord,nel Parco del Cavallo, la scelta operata per questo nuovo intervento si è indirizzata verso unaintelaiatura metallica in corten. La scelta del materiale metallico è stata condizionata nonsolo dal ricorso allo stesso materiale per il contenimento del terreno su cui poggiano le fon-dazioni dei mausolei, ma anche dall’opportunità di non impiegare materiali che sono soggettiad un deperimento veloce a causa delle acque o che necessitano di una manutenzione assidua.il ricorso ad elementi saldati ha consentito di ridurre il disegno della scala ad un’immagineessenziale (fig. 279).

– realizzazione di una seconda area di sosta con pannelli didattici in prossimità del propylon

del santuario m, in posizione lievemente rialzata dal piano delle strutture archeologiche.

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4 Progettazione e direzione dei Lavori: P. Vitti e o. Voza.i progetti sono stati appaltati dalla direzione regionale peri beni Culturali della Calabria. si ringrazia il direttore re-gionale Francesco Prosperetti per il sostegno e la verificasulla correttezza delle procedure amministrative. gli inter-venti di anastilosi sono stati discussi con la direttrice degliscavi di sibari silvana Luppino, che si ringrazia per la col-laborazione e la condivisione delle scelte operate. siringraziano altresì per l’approvazione del progetto il so-

printendente ad interim Piero guzzo e la soprintendente si-monetta bonomi. gli interventi di valorizzazione sono staticondotti dalle imprese Volpe di galiuto & C. s.r.l. e aureas.r.l., entrambi sollecite a rispondere alle problematicheemerse in corso d’opera. i restauri e le anastilosi sono staticondotti con grande impegno, disponibilità e passione dalmastro e restauratore giovanni riccardi, il cui contributoè stato sostanziale per il perseguimento degli obiettivi.

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Fig. 278 - La scala che conduce all’area di scavo, durante la costruzione. si noti l’allineamento con il Lungo muro

Fig. 279 - La scala in corten e malta cementizia per l’accesso all’area di scavo

gli interventi di regolarizzazione del profilo delle sponde, (fig. 277-2007) sono stati accompa-gnati dalla sistemazione della rampa di accesso all’area di scavo per i necessari interventi di ma-nutenzione (fig. 277-2012).

Puntuali e graduali apporti di terreno ed innalzamento dei piani di calpestio (fig. 277, area trat-teggiata) sono stati sollecitati da due considerazioni: in primo luogo la necessità di eliminare gliavvallamenti del terreno nelle aree prive di strutture, nei quali l’impaludamento favoriva la crescitadi vegetazione; in secondo luogo di restituire, all’interno degli edifici, i piani d’uso (operazioneportata a termine nel settore sud-est del santuario m).

Gli interventi di conservazione

Le strutture murarie scavate negli anni ’70 erano state già oggetto di un intervento di restauro, condiverse riprese nel tempo, consistito nella ripresa delle malte degradate e nella creazione di crestedi sacrificio dal carattere mimetico. Le nuove azioni conservative si sono allineate a quelle prece-denti, così di mantenere una immagine il più possibile unitaria. Progressivamente, nel corso deisette anni in cui si sono articolati i quattro lotti, le murature emerse dai nuovi scavi e quelle già re-staurate sono state consolidate con malte di calce e inerti locali. mastro giovanni, autore degli in-terventi, ha eseguito prima una scattivatura delle murature al fine di eliminare le malte degradate(fig. 280) e poi ha ricollocato le pietre nella loro posizione originaria. a tal fine le operazioni sonostate condotte per piccole sezioni, così da consentire una fedele ricollocazione delle pietre, senzaalterare la tessitura e la collocazione trovata al momento del restauro. Per la presentazione esteticadelle murature, le malte sono state spugnate (figg. 281-282) e rifinite con una spolverata di terrasulla malta ancora fresca (fig. 283), operazione in genere consigliata dai mastri per attenuare l’im-patto delle nuove malte e necessaria a non offende l’occhio del visitatore, sensibile ai contrasti travecchio e nuovo.

L’intervento sulle murature ha compreso il ripristino di un angolo sud-est del mausoleo t3s,crollato nel 2010 in seguito all’eccezionale alluvione che ha colpito nella stagione invernale lapiana di sibari (fig. 284). Le fondazioni del mausoleo, che poggiavano su uno strato di limo, lostesso che aveva obliterato le strutture di iV-iii sec. a.C., si erano trovate improvvisamente senzal’appoggio a causa dell’erosione provocata dalle acque. Le murature sono state ricostruite sullabase della documentazione disponibile, riproducendo l’antico piano di appoggio delle fondazioni.

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Fig. 280 - scattivatura delle murature per l’eliminazione delle malte degradate dei precedenti interventi e perla creazione di una cresta di sacrificio

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Fig. 281 - stuccatura dei giunti dei paramenti in opera reticolata

Fig. 282 - spugnatura delle malte di restauro

Fig. 283 - Presentazione estetica delle murature con una gettata di terra setacciata sulla malta fresca

Per scongiurare una nuova erosione del terreno, questo è stato protetto con una lamiera in corten,eseguita per fasce orizzontali, ad imitare uno sbadacchio ligneo (fig. 285). il ricorso al materialemetallico, contraddistinto dalla patina di ossidazione che copre la superficie e stabilizza il metallosottostante, segnala l’aggiunta moderna e l’estraneità al contesto originale (fig. 286). Per tale mo-tivo lo stesso materiale è stato utilizzato anche in altre simili strutture di nuova fattura, come lascala che dal piano di campagna scende al piano dello scavo (fig. 279) e per eseguire sbadacchi disponde di scavo a vista.

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Fig. 284 - il mausoleo t3s dopo il crollo avvenuto nell’inverno del 2010

Fig. 285 - il mausoleo t3s dopo la ricostruzione della muratura e con le sponde in ferro corten per il contenimento delterreno sottostante le fondazioni

nel 2010 si è anche proceduto al restauro dei blocchi lapidei in calcarenite che segnano il limiteovest dell’area basolata della Porta est (Porta marina) (fig. 254). L’intervento è stato precedutoda una accurata pulizia superficiale, trattamento biocida disinfestante e consolidamento delle su-perfici fortemente disgregate con impregnazioni ripetute a latte di calce (fig. 287).

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Fig. 286 - sponde in ferro corten collocate sotto alle fondazioni del mausoleo t5s, per contenere la sezione del ter-reno rimasta a vista in seguito allo scavo dell’area basolata

Fig. 287 - Consolidamento dei blocchi di calcarenite con latte di calce. il telaio in legno con l’argilla serve a creareuna vasca che è stata riempita con il materiale consolidante

Gli interventi di integrazione e restituzione parziale dell’edificio M

anastilosi indiretta della colonna del porticoil ritrovamento dei rocchi di colonna in crollo presso l’angolo sud-ovest del porticato (fig. 46)

assieme al fortunato rinvenimento, nel 1975, del capitello ionico d’angolo (fig. 40-a) hanno sol-lecitato l’anastilosi indiretta5 della colonna d’angolo del portico. È stato così possibile ottemperarea due requisiti: musealizzare in situ gli elementi architettonici ritrovati ed evocare lo sviluppo inalzato dell’edificio antico. Facendo quindi leva sul carattere rivelativo del restauro, che attraversola misurata trasformazione della realtà storica restituisce significanza a degli elementi che hannoperso il loro valore architettonico originale, si è potuto accrescere il potenziale espressivo dellestrutture del santuario.

L’intervento si è articolato nelle seguenti fasi.

Fase 1. restauro e integrazione della colonna6:– creazione di un calco del capitello ionico da collocare sulla colonna7 (fig. 288).– Creazione di una copia della base attica.– ricomposizione ed integrazione del rocchio inferiore della colonna, che durante il crollo si

era spezzato in più punti (fig. 289). La ricomposizione è stata eseguita con resina epossidicae perni di acciaio inox. La lacuna della parte alta del rocchio è stata integrata con un bloccodi carparo leccese8 (fig. 290).

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5 Con questo termine si distingue l’anastilosi eseguita in-tegralmente con gli elementi originali, da quella che utilizzaelementi di integrazione nuovi per completare parti mancanti.

6 tutte le integrazioni sono state eseguite in carparo lec-cese, fornito dalla ditta Pi.mar di maglie (Lecce).

7 L’originale è esposto nella sala romana del museo na-zionale della sibaritide. il calco del capitello ionico è statoeseguito da gianni riccardi.

8 intervento condotto da giovanni riccardi con lo scal-pellino greco giorgos striggas, che ha eseguito l’integra-zione con pantografo del rocchio inferiore, la lavorazionedelle superfici e ha collaborato al montaggio della colonna.un sentito ringraziamento a sofoklis alevridis per la col-laborazione al progetto di anastilosi e per il competente sup-porto tecnico.

Fig. 288 - il calco del capitello ionico, collocato sulla colonna dell’angolo sud-ovest del portico del santuario m

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Fig. 289 - il rocchio inferiore della colonna d’angolo al momento del suo ritrovamento

Fig. 290 - Quattro fasi dell’esecuzione e posa in opera dell’integrazione del rocchio inferiore della colonna,eseguito dallo scalpellino giorgos striggas (nella foto) assieme a giovanni riccardi. a) il calco in gesso dellasuperficie di rottura e il pantografo utilizzato per ricreare la superficie di contatto sul blocco di integrazione.

b) il blocco di integrazione con i due perni di acciaio inox filettato, prima dell’unione al rocchio antico.C) inserimento dell’integrazione sul blocco originale. d) bagnatura della superficie lapidea durante la fase

di presa del cemento utilizzato per l’unione dell’integrazione al blocco originale

– realizzazione di un rocchio di integrazione, da collocarsi tra i due originali. La superficiedella pietra è stata lavorata a gradina per uniformare esteticamente le parti originali con quelledi integrazione9 (fig. 291).

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9 L’incidenza della luce crea una differente rifrazione inrapporto alla lavorazione della superficie. La lavorazione agradina, utilizzata nella lavorazione originale (fig. 291-a)

restituisce infatti una vibrazione superficiale assai diversadella pietra lavorata a sega (fig. 291-b) o di quella lavorataa scalpello (fig. 291-C).

Fig. 291 - superfici lapidee. a) La superficie dei rocchi antichi con la lavorazione a gradina.b) superficie della pietra di integrazione con i segni del taglio meccanico eseguito in cava.

C) lavorazione a scalpello (a destra) e rifinitura a gradina della superficie della pietra di integrazione

Fase 2. ricostruzione della gradinata. in base alle impronte lasciate sul cementizio e ad alcuni frammenti di calcarenite rimasti adesi

al cementizio, è stato possibile restituire l’esatta dimensione e tessitura dei conci utilizzati in anticonell’angolo sud-ovest della gradinata (fig. 55). i nuovi blocchi sono stati murati con malta. La ri-costruzione era indispensabile non solo all’anastilosi indiretta della colonna, ma anche per restituirel’originaria relazione fra il cementizio e i conci dei gradini (fig. 292).

Fase 3. ricostruzione della colonna.dopo la collocazione dei conci che formano lo stilobate (fig. 293), è stato eseguito il montaggio

della colonna. Per una maggiore stabilità della colonna, considerata l’assenza del peso della tra-beazione e valutata l’ipotesi di possibili oscillazioni a causa del vento o di altre possibili solleci-tazioni diverse da quella verticale, la base e i rocchi sono stati resi solidali con l’aggiunta di unsottile strato di malta. La stesura della malta è stata effettuata dopo la verifica della rispondenzatra i pezzi e al fine di correggere, preventivamente alla definitiva messa in opera, eventuali diffe-renze (fig. 294).

integrazione delle basi del propylon

Lo spoglio del materiale lapideo del propylon ha risparmiato solo 5 delle otto basi delle colonneche formavano il corpo avanzato sulla plateia B. al fine di rendere comprensibile la disposizionedelle colonne le tre colonne mancanti sono state integrate (fig. 41).

sibari – Casa bianCa

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Fig. 292 - Veduta da est della gradinata del portico, dopo l’intervento di anastilosi indiretta della colonna d’angolo.La parziale ricostruzione dei gradini dell’angolo sud-ovest del portico, propedeutica all’erezione della colonna,

connota la forma gradonata del nucleo cementizio

8. La VaLorizzazione deLL’area arCheoLogiCa di Casa bianCa

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Fig. 293 - Posa in opera dello stilobate della colonna

Fig. 294 - Verifica a secco del posizionamento del rocchio inferiore sulla base, prima della definitiva posain opera con malta

integrazione del podio del tempio

Lo scavo dell’area ai piedi dei resti del podio ha messo in evidenza la platea di fondazione in ce-mentizio sulla quale era costruito il muro in opera quadrata che sosteneva l’alzato del tempio.Lo studio delle impronte ha rivelato non solo la tessitura della muratura (un blocco di testa era al-ternato con due in fascia), ma anche l’altezza dei filari. La parziale ricostruzione del lato est delpodio, utile alla comprensione dell’ingombro e della relazione tra il paramento lapideo e nucleo,è stata modulata in maniera da seguire il profilo delle strutture conservate (fig. 295). L’assenza di

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Fig. 295 - ricostruzione parziale del lato orientale del podio del tempio

Fig. 296 - giovanni riccardi e antonio tufaro durante la lavorazione in opera della modanatura del podio del tempio

dati specifici sul profilo modanato della base e della cornice del tempio ha sollecitato una serie diosservazioni che hanno sostanziato una possibile restituzione ipotetica del podio10 (tavv. 8 e 9),sulla base della quale è stata eseguita la lavorazione in opera (fig. 296).

integrazione dell’opera quadrata delle fondazioni dell’aula (b1)

Lo spoglio del muro perimetrale del santuario, soprattutto lungo i lati lunghi, ha annullato quellache era la divisione tra gli edifici n ed F e il santuario m, rendendo così ardua l’identificazionedelle unità architettoniche. tale difficoltà era più marcata lungo il lato orientale, in considerazionedella presenza delle strutture in reticolato dell’edificio F. nel contempo l’abbassamento delle quotenell’ambiente (b1), necessario all’individuazione delle fondazioni con le impronte dei blocchi(fig. 297) che costituivano il piano di appoggio del muro in reticolato, ha reso più difficile la

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10 V. supra, par. 2.1.

Fig. 297 - il muro est dell’aula (b1) con i cordini che materializzano gli allineamenti del muro in opera quadrata sullafondazione cementizia. sul cementizio si leggono le impronte dei blocchi asportati

comprensione delle quote originarie di frequentazione. sulla scorta di questi ragionamenti, nel-l’estate del 2012, è stata eseguita l’integrazione dei blocchi dell’opera quadrata. su uno strato ditessuto non tessuto, che marca l’elevato nuovo rispetto alle fondazioni antiche, è stato steso unostrato di livellamento in malta sul quale sono stati collocati i blocchi, che riproducono la tessiturarilevata nelle impronte sul cementizio. tale intervento è stato ultimato con reinterro dell’ambiente(b1) e del porticato di m (fig. 298).

Paolo Vitti - Ottavia Voza

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Fig. 298 - L’intervento di ricostruzione del muro in opera quadrata dell’aula (b1). in primo piano si notano due bloc-chi collocati al di sopra del muro in opera quadrata. su questo filare di blocchi spiccava il muro in opera mista