Voci della Terra. la necropoli dell'Olmo a Scandicci. Catalogo della Mostra Scandicci, la Fabbrica...

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1 LA NECROPOLI DELL'OLMO A SCANDICCI VOCI DELLA 17 Maggio / 12 Ottobre 2014 FABBRICA DEI SAPERI - Piazza Matteotti, 31_Scandicci

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La NecropoLi deLL'oLmo a ScaNdicci

V o c i

d e L L a

17 maggio / 12 ottobre 2014 Fabbrica dei Saperi - piazza matteotti, 31_Scandicci

Alla comunità di Scandicci

iNdicePresentazione pag. 5Introduzione pag. 7

IL TERRITORIO DI SCANDICCI TRA ETRUSCHI E ROMANI pag. 8

LA NECROPOLI DELL’OLMO a. Lo scavo pag. 17b. Lo studio paleobiologico dei resti umani pag. 18

LE SEPOLTURE ELLENISTICHE a. Tipologie tombali pag. 18b. Corredi pag. 21c. Dati antropologici pag. 22

LE SEPOLTURE ROMANE a. Tipologie tombali pag. 25b. Sepolture infantili pag. 26c. Anfore da trasporto pag. 27d. Corredi pag. 28e. Dati antropologici pag. 29

IL GRUPPO ARCHEOLOGICO SCANDICCESE a. Le attività pag. 31b. Il percorso tattile “dallo scavo alla musealizzazione” pag. 35

L’ALLESTIMENTO a. La ricostruzione della necropoli pag. 36b. “Scherzo” per voci, strumenti e immagini: il testo pag. 38 NOTE DI RESTAURO pag. 42MAPPA DEL TERRITORIO SCANDICCESE pag. 45

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La città di Scandicci inaugura un nuovo spazio espositivo dedicato alla memoria storica del territorio. Il vecchio palazzo municipale, recentemente ristrutturato all'interno del più ampio progetto di riqualifi cazione urbana del centro cittadino, torna a essere il cuore pulsante delle attività culturali e formative. Al suo

interno l'edifi cio, che dall'ottocentesca “fabbrica” oggi prende il nome di “Fabbrica dei Saperi”, ospita, ai piani superiori, gli uffi ci socio-educativi e scolastici, il Centro Risorse e Documentazione Didattica, l'Agenzia Formativa e Scandicci Cultura; al piano terra, invece, il nuovo Urban Center, centro informativo sullo sviluppo contempo-raneo della città, gestito dall'Associazione Nazionale degli Urbanisti, e il cosiddetto “Antiquarium”, uno spazio espositivo dedicato alla storia locale, proprio laddove una volta aveva sede l'Archivio Storico. Ecco che la memoria del tempo presente si intreccia in modo originale con la riscoperta delle nostre origini più antiche: storia che potremo ripercorrere grazie a un'ampia documentazione di immagini e reperti archeologici appartenenti alle varie epoche del passato, che di volta in volta torneranno alla luce in percorsi espositivi studiati ad hoc. Questo spazio viene inaugurato oggi con la mostra Voci della terra. La Necropoli dell’Olmo a Scandicci, curata con passione dalla dott.ssa Turchetti, che racconta la meticolosa ricostruzione storica di un luogo ricco di orme signifi cative, indagato anche nei suoi aspetti meno noti, grazie al prezioso lavoro della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e al Gruppo Archeologico Scandiccese, a cui va un ringraziamento per la militanza nel presidio del nostro patrimonio artistico e culturale.Un percorso conoscitivo che intende valorizzare, quindi, non solo testimonianze originali del periodo etrusco e romano del territorio, mai presentate prima al pubblico, ma che vuol mettere anche in risalto gli esiti positivi di un comune impegno, da parte dell’Ente Pubblico e del volontariato culturale, a tutela e valorizzazione del nostro patrimonio.L’allestimento poi esprime particolari suggestioni giocato com’è sull’interattività con i visitatori, sul loro coin-volgimento fi sico ed emozionale, tratto oramai consolidato nella più avvertita curatela museografi ca. In questa piccola ma evocativa ricostruzione troviamo l’esperienza di un artista come Giancarlo Cauteruccio a dimostra-zione che per parlare anche di Archeologia si devono mettere in campo le recenti acquisizioni tecnologiche e le sofi sticate competenze che questo settore esprime. Come a riconnettere il passato e il presente con il nostro futuro di comunità curiose e consapevoli.

Simone GheriSindaco

Andrea FranceschiPresidente di Scandicci Cultura

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La mostra “Voci della terra” intende presentare al pubblico la necropoli dell’Olmo, indivi-duata a Scandicci nel 2001 dal Gruppo Archeologico a seguito di lavori edili effettuati nei pressi dell’uscita autostradale di Firenze Signa. Lo scavo ha consentito di portare

alla luce una porzione di una estesa necropoli etrusco-romana, utilizzata per un ampio lasso di tempo e con una notevole varietà di tipologie tombali. Il territorio di Scandicci, parte di un più ampio comprensorio caratterizzato dal bacino dell’Arno e dai suoi affluenti, risulta frequentato fin dalla preistoria e abitato intensamente in tutte le epoche. Significative, anche se non esaustivamente studiate, sono le testimonianze etrusco-romane, molte delle quali dovute al più che trentennale lavoro di monitoraggio, ricerca e controllo del territorio posto in essere dal locale Gruppo Archeologico. Basti pensare che tutti gli scavi effettuati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana nel Comune sono dovuti a segnalazioni dell’Associazione, che ha anche collaborato fattivamente e gratuitamente all’indagine e ai successivi interventi di restauro e catalogazione. Preziosa anche la costante ricerca di super-fi cie e la redazione di schede di sito che si distinguono per onestà intellettuale e serietà di compilazione. Un patrimonio di conoscenze meritevole di essere adeguatamente valorizzato, con l’approfondita pubblicazione dei risultati e la musealizzazione, preferibilmente in loco, delle più significative testimonianze della storia antica del territorio. La mostra temporanea, frutto di una stretta collaborazione tra Soprintendenza, Gruppo Archeologico, Amministrazio-ne Comunale e Scandicci Cultura, si arricchisce dei valori aggiunti di un’apertura a carico del volontariato e di un approccio didattico ed emozionale alla materia attraverso un percorso tattile e una ricostruzione multimediale di una porzione della necropoli. Vuol essere un piccolo ma significativo passo avanti per consentire la più ampia fruizione del patrimonio archeologico locale prima di tutto agli abitanti del Comune, a cui i curatori del percorso espositivo hanno voluto dedicare l’iniziativa

Maria Angela TurchettiSoprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana

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iL territoriodi ScaNdiccitra etruSchie romaNiScandicci nasce nel 1774 nell’ambito delle riforme Lorenesi e nel 1929 prende il nome di Scandicci dalla frazione dove si trasferì il Comune. Solo dal 1940 assume gli attuali confini amministrativi. Nell’antichità il territorio comunale era parte di un più ampio comprensorio legato alla valle dell’Arno e dei suoi affluenti e ai rilievi che perimetrano la piana da ogni lato, corrispondente grosso modo alle attuali province di Firenze, Prato e Pistoia. Questo comprensorio risulta fortemente antropizzato in ogni epoca. Anche il territorio scandiccese ha restituito testimonianze di frequentazione umana fin dalla preistoria, a partire dal Paleo-litico Inferiore. Scarse sono al momento le tracce di insediamenti dell’età del bronzo. Poche sono anche le testimonianze degli inizi della civiltà etrusca, rinvenute in via Boito e a Poggerello (loc. Casellina). Più consistente la documentazione dell’insediamento etrusco tra VI e V sec. a.C.: piccoli nuclei abitativi sono testimoniati in loc. S. Romolo e Il Monte e soprattutto a Poggio la Sughera sul crinale tra Pesa e Arno. Qui sono stati rinvenuti resti di abitazioni, forse una carbonaia e tracce delle mura perimetrali del villaggio. Maggiori conoscenze sono disponibili a partire dall’età ellenistica (fine IV-I sec. a.C.) sia per quanto riguar-da le necropoli che gli abitati. Provenienti verosimilmente da San Martino alla Palma, località posta sul rilievo collinare che divide le valli dell’Elsa e del Pesa, sono due sculture in marmo italico, probabilmente apuano, rinvenute prima della metà del Cinquecento e rese note da Filippo Buonarroti agli inizi del Sette-cento. La statua femminile, alta 1,37 m e purtroppo priva della testa, è rappresentata stante con la gamba destra rigida e la sinistra flessa, vestita di lunga tunica e mantello. Il braccio destro è piegato al gomito e la mano poggia sul lembo del pannello. Il braccio sinistro è abbassato lungo il corpo e la mano sorregge una melagrana. La figura indossa collana, bracciali e anello alla mano sinistra, calzari ai piedi. L’iscrizione che corre lungo il margine inferiore del mantello recita: “mi cana larthial numthral laucis puil”, traducibile come: “io sono il segnacolo (l’immagine) di Larthia Numthrei moglie di Lauci”. La seconda scultura è un cippo di forma troncoconica delimitato da listelli modanati: sul fusto, a rilievo sono un guerriero vestito di

Poggio la Sughera: lo scavo

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elmo e corazza che stringe la mano ad un giovane a torso nudo che gli cinge le spalle con il braccio sinistro. Dietro a lui è un uomo interamente avvolto in un mantello e tra questo e il guerriero sono due personaggi vestiti di corta tunica con un fascio di verghe. Su uno dei listelli del cippo corre l’iscrizione: “mi cana arnthal prastnas laucisla”, traducibile come: “io sono il segnacolo (l’immagine) di Arnth Prastna, figlio di Lauci”. Il confronto tra le due iscrizioni consente di ipotizzare che Arnth Prastna sia figlio di Lauci Prastna e di Larthia

Numthrei, sua sposa e che le due sculture e le relative iscrizioni apparten-gano a madre e figlio. La datazione proposta per questi segnacoli funerari,

che verosimilmente erano posti al di sopra delle sepolture presso la tomba di famiglia, è la fine del III sec. a.C. per la scultura femminile e gli inizi del II sec. a.C. per il cippo.A questa stessa epoca può rimandare la fattoria etrusco-romana in-dividuata in loc. Casellina (Poggerello), sicuramente databile tra II e prima metà del I sec. a.C., epoca in cui andò forse distrutta da un incendio. L’edificio, con pianta ad L e più vani aperti su una corte

centrale scoperta, situato a metà strada tra i torrenti Greve e Vingone, era verosi-

milmente una ricca fattoria, lega-ta allo sfruttamento agricolo

dell’area e probabilmente in grado di coprire almeno in parte il proprio fabbisogno interno di vasellame e sto-viglie con la produzione di ceramica a pasta grigia e di anfore del tipo Dressel

I. L’abitato fu ricostruito in epoca romana imperiale e a

questa epoca, se non già alla prima fattoria etrusca, può essere

datata la grande fornace rinvenuta al

San Martino alla Palma: Statua femminile e iscrizione

San Martino alla Palma: cippoCollezione privata

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di sotto della casa colonica edifi cata forse già nel medioevo nella stessa località. La fornace di Poggerello si affi anca a quella di Vingone, poco distante, specializzata nella produzione di fi ttili da costruzione e da decorazione e di ceramica da cucina, mensa e da trasporto. L’esistenza di due fornaci e di numerose altre, indiziate dal rinvenimento di scarti di lavorazione in diverse zone del territorio di Scandicci, è dovuta alla facilità di approvvigionamento della materia pri-ma, disponibile nelle vicinanze, ed anche all’a-gevole reperimento di acqua e legno, elementi indispensabili nel processo produttivo e presen-ti in abbondanza nel territorio, data la vicinanza dell’Arno e dei torrenti Vingone e Greve e delle boscose colline poste a bordare la piana.E’ possibile che alcune di questi impianti pro-duttivi fossero al servizio della vicina nascente Florentia fondata attorno alla seconda metà del I sec. a.C. Basti pensare all’ingente sforzo compiuto per cingere la città di spesse mura, in laterizio pieno su fondazione in cementizio, alla costruzione di edifi ci di culto e pubblici consi-derati caratterizzanti l’esistenza della nuova co-lonia e di case urbane, almeno quelle edifi cate per le classi più abbienti. Le fornaci di Casellina e del Vingone presentano una doppia struttura:

una camera di combustione completamente interrata, dove, attraverso il prefurnium (apertura anteriore) era inserito il combustibile, e una sovrastante camera di cottura, dove, al di sopra di un piano forato (per consentire il passaggio del calore) erano impilati i laterizi o le suppellettili da cuocere. La camera di

combustione interrata permetteva un ottimo isolamento termico. Anche la camera di cottura era isolata termicamente attraverso una copertura che non si è conservata. Poteva trattarsi anche di una copertura temporanea come ipotizzato in molteplici contesti di scavo e documentato ancora in tempi moderni: termi-nata la fase di sistemazione del materiale sul piano forato e prima di dare inizio al processo di cottura si accumulava sopra i materiali stessi cocciame, terra, erba, argilla compattate fi no a formare una coltre con-

sistente, protettiva ed isolante, smantel-lata per estrarre i pezzi cotti e raffreddati e rifatta nuovamente per una nuova infor-nata. La conquista romana e la nascita di Florentia trasformano progressivamente il territorio e i suoi abitanti. La piana, per consentire un miglior utilizzo agricolo e la costruzione di strade comode e diritte, viene suddivisa in agri centuriati con vie di comunicazione che si incrociano ordi-natamente ad angolo retto e delimitano i terreni coltivati. Le ricognizioni effettuate dal Gruppo Archeologico Scandiccese e i numerosi affi oramenti superfi ciali di ma-teriale romano individuati consentono di affermare che tutto il territorio si anima di numerosi piccoli centri abitati, di fattorie e ville, al servizio delle quali sono fornaci frantoi e mulini. Testimonianze delle ne-cropoli di età romana sono anche una ste-le in marmo (di 57 x 36 cm) murata forse

in tempi recenti nella pieve di San Giuliano a Settimo e un sarcofago, pure in marmo, oggi conservato nel chiostro della medesima pieve. In entrambi i casi non si è certi della provenienza e solo ipoteticamente si può supporre un rinvenimento nei pressi della pieve, non lontano dalla via Pisana, che ricalca un antico per-corso etrusco e romano. La stele porta la dedica di Vennia Thisbe che fa realizzare, ancora in vita, la lapide

ricostruzione ipotetica di una fornace antica

Poggerello: la fornace

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per sè e per il convivente e il fi glio, rispettivamente Volumnio e Volumnio Severo. Il compagno è ricordato solo con il nome di famiglia, senza prenome e cognome. Questo aspetto e i caratteri epigrafi ci potrebbero consentire una datazione della lapide non anteriore ad epoca medio imperiale. Il sarcofago appartiene ad una classe ampiamente diffusa a Roma dal II sec. d.C. E’ scolpito ad alto rilievo e mostra maschere teatrali ed eroti tra ghirlande di fi ori e frutta.Materiali edilizi romani (colonne ed elementi architettonici) sono reimpiegati nella cripta della Chiesa dei

SS. Salvatore e Lorenzo presso Badia a Settimo. La chiesa, fondata non prima del 1000, sembra tuttavia es-sere perfettamente inserita, almeno nel suo impianto originario, all’interno del sistema centuriale romano e potrebbe essere sorta su preesistenze antiche o per lo meno nei pressi di edifi ci costruiti in età romana. Il territorio, tra alterne vicende, con la fi ne della romanità approda al Tardo Antico e all’Altomedievo. Poche sono ad oggi le testimonianze di un periodo che per il territorio di Scandicci è ancora in gran parte da indagare. Alcune delle sepolture entro anfora della necropoli dell’Olmo sono databili tra IV e VI sec. d.C.

Pieve di San giuliano a Settimo:iscrizione funeraria

badia dei SS. Salvatore e lorenzo a Settimo: base di colonna con elementi di reimpiego romani

Pieve di San giuliano a Settimo: sarcofago

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la necropoli dell'olmo: alcune sepolture in corso di scavo

La NecropoLi deLL’oLmoa. lo ScavoNel maggio 2001 a Scandicci, in prossimità dell’uscita autostradale di Firenze Signa, in loc. Olmo, in occasione dei lavori di realizzazione di due nuovi edifi ci industriali della ditta Matec s.r.l., nella porzione di terreno delimitata da via delle Nazioni Unite, via del Botteghino e Viuzzo di Porto, immediatamente a nord dello stabilimento esisten-te, la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, su segnalazione del Gruppo Archeologico Scandiccese, procedeva allo scavo di emergenza e alla documentazione di una estesa necropoli etrusco-romana che affi orava là dove si era proceduto alla scavo dei plinti di sottofondazione degli edifi ci stessi. L’indagine archeologica, sep-pure limitata alla zona interessata dai lavori a fi ni costruttivi, ha interessato un’area irregolare disposta grossola-namente nord-sud di circa 29.15 m di lunghezza e 13.50 m di larghezza, ed ha portato alla documentazione di 52 sepolture, di cui 22 inumazioni entro anfora, 2 cappucci-ne, una sepoltura “ibrida” una pseudocappuccina, 14 olle cinerarie, 12 inumazioni entro fossa terragna. La necro-poli copre un ampio excursus cronologico compreso tra tardo ellenismo e tardo impero.

b. lo STUdio Paleobiologico dei reSTi UMaNiI reperti scheletrici sono stati sottoposti a trattamenti conservativi e allo studio antropologico presso il Labo-ratorio di Archeoantropologia della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana. La tipologia così diver-sifi cata delle deposizioni che caratterizza quest’area sepolcrale ha prodotto un’analoga diversifi cazione dello stato di conser-vazione dei resti ossei. Gli inumati deposti in anfora risultano relativamente ben conservati, anche se la maggior parte di essi sono bambini e quindi più fragili e disgregabili per loro stessa

Scavo in laboratorio della tomba 11: cuspidi di denti

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natura. Gli individui sepolti nelle tombe alla cappuccina o in fossa terragna sono assai deteriorati a causa del terreno particolarmente acido, mentre gli incinerati sono ridotti in piccoli frammenti. In generale i resti umani sono mal preservati e ciò, oltre a creare notevoli diffi coltà durante il recupero in laboratorio, i trattamenti conser-vativi e l’identifi cazione degli elementi, ha molto limitato la quantità dei dati paleobiologici ottenibili. Ad esempio raramente è stato possibile calcolare la statura, o valutare la robustezza, o esaminare gli indicatori nutrizionali e patologici degli individui. Tuttavia l’analisi antropologica ha dato un suo apporto interessante alla conoscenza degli usi funerari ed all’interpretazione archeologica del sito. Inoltre il campione, se inserito in un programma di studio più ampio e comparativo relativo alle varie necropoli coeve di Firenze e dintorni, potrà contribuire in modo signifi cativo alla conoscenza storico-archeologica della vita di questo periodo nell’area fi orentina, ancora scarsamente documentato.

Le SepoLture eLLeNiStichea. TiPologie ToMbaliIn epoca ellenistica (fi ne IV-I sec. a.C.) gli etruschi che abitarono la valle dell’Arno nel territorio dell’attuale Scandicci utilizzarono per seppellire i loro defunti il rito incineratorio. L’individuo veniva cioè cremato su una pira funebre e quindi ceneri ed ossa erano raccolte e inserite in un contenitore. Nel caso della necropoli dell’Olmo sono state usate soprattutto olle. Le olle sono per lo più vasi globulari, con o senza manici, utilizzati sia per le esigenze della vita quotidiana sia per le sepolture. Quelle dell’Olmo sono in ceramica a pasta grigia, in ceramica acroma (ossia nel colore naturale dell’argilla così come si presenta dopo la cottura del vaso), o in ceramica chiara granulosa (ceramica di colore chiaro).Le olle sono in genere chiuse da coppe e piatti posti talvolta capovolti, a mo’ di coperchio. Le olle contenenti le ceneri dovevano essere quindi inserite in cavità (pozzetti) del terreno e probabilmente ricoperte da terra, dal momento che sono del tutto assenti pietre di copertura. Tuttavia la maggior parte della sepolture ellenistiche proviene da stratigrafi e sconvolte verosimilmente in occasione del riutilizzo dell’area in età romana. Questo scon-volgimento rende diffi cile descrivere dettagliatamente tipologie e modalità di sepoltura. Molti frammenti di kele-bai volterrane, ad esempio, fanno pensare a sepolture che potevano utilizzare questo recipiente per contenere le ceneri del defunto o forse anche come corredo di accompagno. La kelebe è un grande cratere a colonnette

< olla cineraria in cearmica bianca granulosa

< ciotola-coperchio in cramica grigia

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prodotto tra IV e III sec. a.C. a Volterra e nel suo territorio, che presenta una ricca decorazione ornamentale a incorniciare due scene dipinte a fi gure rosse sul lato a e b del recipiente. Il cratere è il vaso usato nel banchetto per mescolare il vino con acqua, miele ed aromi dal momento che etruschi e romani non amavano bere vino puro, bensì molto speziato e diluito. Lo stesso recipiente è stato impiegato nelle sepolture come corredo, af-fi ancato al cinerario, ma anche come cinerario stesso. Le scene dipinte possono così alludere sia al banchetto e all’ebbrezza dei vivi, ma anche al mondo dell’oltretomba. I frammenti rinvenuti nella necropoli dell’Olmo sono numerosi ma ridotti a infi me dimensioni, anche per l’acidità del terreno che ha fatto scomparire quasi del tutto la decorazione pittorica. A titolo esemplifi cativo sono esposte perciò due kelebai conservate presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze. Una proviene da Volterra e presenta sul corpo una fi gura ammantata e un pigmeo, l’altra è stata rinvenuta a Toiano (Sovicille, Siena) e mostra su entrambi i lati fi gure femminili ammantate.

b. corrediLa suppellettile di accompagnamento è rap-

presentata soprattutto da oggetti di orna-mento personale contenuti nel cinerario o da brocche, vasi per unguenti e profumi, coppe (ceramica a vernice nera) affi an-cate esternamente al cinerario stesso. All’interno del cinerario sono stati rinve-

nuti strigili, specchi bronzei, anelli in ferro e orecchini aurei. Tra gli oggetti rinvenuti nel

terreno sconvolto a seguito del riutilizzo della ne-cropoli in età romana sono un frammento di specchio

e una moneta di III sec. a.C. Lo strigile, composto da manico diritto (ca-pulus) e cucchiaio ricurvo (lingula) è tipico di atleti e uomini in genere, che

lo utilizzavano per detergersi il corpo specialmente dopo esercizi ginnici o sport agonistici. Con l’impiego di oli e unguenti profumati addizionati con sabbia

fi ne si poteva cospargere il corpo e asportare quindi polvere e sudore, grazie al grande cucchiaio dello strigile. Meno frequentemente lo strigile è adoperato

dalle donne. Pochi infi mi frammenti rimangono di un anello in ferro che doveva utilizzare come castone un opercolo di astrea rugosa. Questa è una mollusco gasteropode che produce un opercolo cal-careo per chiudersi all’interno della conchiglia. L’opercolo “noto

oggi anche come occhio di Santa Lucia” ha una forma piatta con disegno a spirale nel lato unito all’animale e convessa all’opposto e

può assumere varie colorazioni che lo hanno reso in ogni tempo molto apprezzato per realiz-zare gioielli e bigiotteria, impiegato per anelli, ciondoli, orecchini, spille o gemelli. Ancora oggi nella credenza popolare è considerato un potente talismano con potere protettivo e un portafortuna. Gli orecchini a sem-plice anellino d’oro in lamina tubolare, sono impreziositi da perline in pasta vitrea blu e rosa. Importante è anche il rinvenimento di un orecchino aureo a testa di leone fi nemente modellata databile tra fi ne IV e III sec. a.C. L’orecchino è formato da 3 sottili lamine tubolari avvolte a tortiglione appuntite ad una estremità men-

Firenze, Museo archeologico Nazionale: kelebai volterrane

orecchini aureicon perle in pasta vitrea

orecchino con testa di leone >

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tre, all’estremità opposta, la testa di leone è raccordata all’anello tramite un collarino liscio limitato da fi li godronati e da un motivo a serpentina a fi ligrana. Orecchini di questo tipo sono prodotti in Italia meridionale (Taranto), Grecia ed Etruria, in particolare in Etruria settentrionale, nel volterrano e nel senese tra fi ne IV e III sec. a.C. Kelebai volterrane e corredi attestano che la necropoli etrusca fu usata da un ceto mediamente ricco ed economicamente piuttosto agiato.

c. daTi aNTroPologiciI cinerari hanno restituito pochissimi frammenti ossei. Se non vi è stata una cospicua perdita di materiale osseo successiva alla deposizione, come ad esempio per la riapertura, con svuotamento intenzionale, dei cinerari in antico o per episodi di rovesciamento o di rottura di questi con con-seguente dispersione dei frammenti all’esterno, se ne può dedurre che la raccolta dei residui ossei dopo il rogo avvenisse in misura parziale e anzi molto limitata. Il peso complessivo dei singoli campioni analizzati si aggira intorno ai 100 grammi, cioè molto inferiore rispetto al peso medio di uno sche-letro combusto completo - sempre oltre il chilogrammo - ed anche molto inferiore rispetto alla maggior parte dei ritrovamenti antichi delle facies funerarie ad incinera-zione. Si può ipotizzare che venisse conservata, simbolicamente, soltanto una piccola frazione dei residui ossei combusti. Se si considera la tomba 21, le epifi si saldate delle ossa lunghe permettono di riconoscere un adulto. Le uniche indicazioni del sesso, peraltro generiche, sono rappresentate da alcuni spessori diafi sari piuttosto grandi, che fanno ipotizzare un soggetto di sesso maschile: ciò potrebbe essere comprovato dalla presenza di uno strigile in ferro all’interno del cinerario. Nella tomba 26 i frammenti di teca cranica, relativamente numerosi, denotano la presenza di un soggetto adulto, come pure molti spessori delle diafi si. L’età è adulta o anziana, in base alla dege-nerazione artrosica di un corpo vertebrale; invece il sesso è diffi cilmente determinabile per l’assenza di elementi morfologici diagnostici: gli spessori cranici e quelli di alcuni frammenti diafi sari sono alquanto alti, suggerendo la presenza di un maschio. Tuttavia si osserva anche un certo numero di frammenti diafi sari sottili, riferibili ad ossa di piccole dimensioni che farebbero pensare alla presenza di un secondo individuo, gracile, di sesso femminile o addi-rittura di un adolescente. Due elementi potrebbero far ipotizzare la presenza di un bambino di circa 6 anni (tibia e fi bula). Al bambino o alla donna potrebbero essere riferibili i piccoli orecchini aurei rinvenuti all’interno del cinerario.

Oinochoe in ceramica a vernice nera

anforetta in ceramica a vernice nera

olla/cratere biansatain ceramica acroma

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Le SepoLture romaNea. TiPologie ToMbaliSono documentate tombe alla cappuccina, fosse terragne e sepolture entro anfora. Le tombe non seguono un orientamen-to univoco e sono frammiste le une alle altre apparentemente senza un ordine preciso. Raramente risultano sovrapposte come nel caso della sepoltura a fossa terragna 52 individuata a 40 cm di profondità rispetto alla tomba 12 che si trovava a una quota superiore. Così lo scavo della fossa per la tomba alla cappuccina 18 tagliava le sepolture ellenistiche ubicate a quota superiore per via probabilmente della minore profondità della cavità in cui erano state deposte. Tutte le sepolture romane utilizzano il rito inumatorio. Nelle tombe alla cappuccina sono impiegate tegole

disposte a formare una sorta di tetto a doppio spiovente che fa da protezione all’inumato, spesso disteso su un letto di ulteriori tegole poste in piano. Alcune di queste tegole sono bollate con il nome del produttore, ad esempio il cartiglio circolare della tomba 18 menzionante la gens Ae-nenia, nota in contesti epigrafici dell’Etruria settentrionale tra I e II sec. d.C. Le sepolture entro anfora riutilizzano contenitori da trasporto di svariate tipologie, spezzando o segando i recipienti e riassemblando insieme le varie parti dopo l’inserimento all’interno dell’individuo. Più raramente, oltre alle anfore, sono impiegati frammenti di grandi contenitori e dolia (orci), frammisti a tegole. Anche le sepolture entro anfora, come le cappuccine, pre-suppongono lo scavo di una fossa nel terreno, riempita di terra dopo la sepoltura. Si segnala la presenza, nei pressi delle tombe, di carboncini attestanti l’accensione di fuochi utilizzati verosimilmente per offerte funebri e una mascella di erbivoro con tracce di bruciato presso la tomba 38. Interessante per le tombe a fossa 3, 37, 39, 42 la presenza di frammenti di tegola e di grandi recipienti disposti a coprire testa e piedi del defunto, quasi a voler fissare al terreno il corpo dell’inumato e ad impedirne qualsiasi movimento. Ad una analoga pratica di carattere rituale dovrebbe riconnettersi l’individuo deposto prono nella tomba alla cappuccina 18.

Necropoli dell'olmo: tomba alla cappuccina

Necropoli dell'olmo: sepoltura entro anfora

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b. SePolTUre iNFaNTiliGran parte delle sepolture individuate appartiene a bambini, a causa dell’alto tasso di mortalità infantile dell’Italia antica dovuta a scarse condizioni igieniche e alla mancanza di cure mediche e medicine. I bambini morti in età perinatale, in genere, stando anche alle fonti latine, non venivano cremati e spesso erano sepolti presso le abitazioni. Come nel caso dell’Olmo, è documentata anche la sepoltura nell’ambito delle necropoli. La maggior parte delle sepolture infantili è avvenuta entro anfora, soprattutto di tipo empolese (l’acidità del

terreno e l’estrema fragilità delle ossa non avrebbe d’altronde consentito la conservazione dei resti umani in semplice fossa terragna).

Le piccole dimensioni di questa anfora infatti (circa 60 cm di altezza) si prestano so-prattutto ad un impiego per sepolture di bambini. L’inserimento del piccolo inumato nell’anfo-ra adagiata in una fossa del terreno, è avvenuto tagliando variamente il contenitore e l’apertura poteva poi essere richiusa con frammenti della pancia di altre anfore. Per le tombe 11 e 14 si è asportato il puntale e la parte terminale del corpo inserendo il bambino con la testa fra le anse così da apparire in posi-zione “podalica” rispetto al foro praticato nel recipiente. Sepolture composite risultano le tombe 13, 15, 36: la 15 che utilizza due pance di anfora l’una contro l’altra a creare una sorta di capsula, la 13 con il corpicino tra due coppi e la testa per così dire incappucciata da un fondo di anfora. La tomba 36 presenta un individuo supino, deposto su un frammento di anfora africana, inserito in almeno due porzioni di anfora tipo Empoli.

c. aNFore da TraSPorToPrima di essere riutilizzate per le sepolture le anfore hanno svolto la funzione di contenitori da traspor-to. Nell’antichità esse hanno rappresentato il sistema più diffuso per trasportare, anche su lunghe di-stanze, prodotti alimentari. Grazie alle testimonianze di autori antichi e ai residui dei contenuti rinvenu-

ti in esse, sappiamo che erano riempite soprattutto con vino, olio, olive, granaglie e garum, una salsa a base di pesce molto apprezzata dai romani per insaporire le pietanze più svariate. Tra le anfore della necropoli dell’Olmo, numerose sono quelle, di piccola taglia, del tipo Empoli caratterizzate da bocca ad anello e corpo a

trottola. L’anfora deriva il proprio nome dall’attuale città di Empoli dove sono stati rinvenuti fornaci e scarti di lavorazione che ne attestano la produzione in loco. L’anfora tipo Empoli doveva essere fabbricata anche in altre aree della Toscana, quali ad esempio la stessa Scandicci. Conteneva un vino prodotto in zona e commerciato soprattutto via terra, trasportato su carri e calessi. Ben documen-tate anche le anfore di produzione africana, dal grande corpo cilindrico e utilizzate all’Olmo, per seppellire soprattutto adulti e giovani. Le anfore africane giungono a destinazione viaggiando per tutto il Mediterraneo nella stiva di navi onerarie, risalendo il corso dei fi umi per essere commerciate anche nell’entroterra. L’Arno, a partire dallo sbocco pisano al mare, è all’epoca sicuramente percorribile fi no a Florentia con piccole imbarcazioni e chiatte. Le sepolture entro anfora consentono di datare l’utilizzo della necropoli romana nel IV-V sec. d.C. e fi no agli inizi del VI sec. d.C.

La maggior parte delle sepolture infantili è avvenuta entro anfora, soprattutto di tipo empolese (l’acidità del terreno e l’estrema fragilità delle ossa non avrebbe d’altronde consentito la conservazione dei resti

umani in semplice fossa terragna).

Le piccole dimensioni di questa anfora infatti (circa 60 cm di altezza) si prestano so-prattutto ad un impiego per sepolture di bambini. L’inserimento del piccolo inumato nell’anfo-ra adagiata in una fossa del terreno, è avvenuto tagliando variamente il contenitore e l’apertura

c. aNFore da TraSPorToPrima di essere riutilizzate per le sepolture le anfore hanno svolto la funzione di contenitori da traspor-to. Nell’antichità esse hanno rappresentato il sistema più diffuso per trasportare, anche su lunghe di-stanze, prodotti alimentari. Grazie alle testimonianze di autori antichi e ai residui dei contenuti rinvenu-

ti in esse, sappiamo che erano riempite soprattutto con vino, olio, olive, granaglie e garum, una salsa a base di pesce molto apprezzata dai romani per insaporire le pietanze le anfore della necropoli dell’Olmo, numerose sono quelle, di piccola taglia, del tipo Empoli caratterizzate da bocca ad anello e corpo a

a base di pesce molto apprezzata dai romani per insaporire le pietanze più svariate. Tra le anfore della necropoli dell’Olmo, numerose sono quelle, di piccola taglia, del tipo Empoli caratterizzate da bocca ad anello e corpo a

trottola. L’anfora deriva il proprio nome dall’attuale città di Empoli dove sono stati rinvenuti fornaci e scarti di lavorazione che ne attestano la produzione in loco. L’anfora tipo Empoli doveva essere fabbricata anche in altre aree della Toscana, quali ad esempio la stessa Scandicci.

< Tomba 10< Tomba 1: anfora africana

< Tomba 10: anfora tipo empoliNecropoli dell'olmo

Tomba 14: anfora tipo empoli >

Tomba 13

Tomba 15

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d. corrediA differenza delle sepolture ellenistiche a incinerazione, le se-

polture romane sono sostanzialmente prive di corredo e dun-que verosimilmente appartenenti a una fascia medio-bassa della popolazione. Risulta perciò isolato un piatto in sigil-lata italica (ceramica rosso corallino con decorazione a rilievo e sigilli con impresso il nome del ceramista) con

bollo entro cartiglio rettangolare appartenente a Sestius Dama, attivo ad Arezzo intorno al 20 a.C. Il piatto era associato ad una laghynos (una sorta di fi asco o bottiglia) a spalla carenata e a un’ampolla miniaturistica. Curiosa la presenza, per le tombe 10 e 11 di frammenti in pietra lavorata (tra cui un raschiatoio denticolato carenato in diaspro rosso) deposti insieme al defunto e forse considerati amuleti dal potere protettivo. Ad un perduto braccialettino in fi lo bronzeo o materiale deperibile appartengono un vago in bronzo e un minuscolo tintinnabulum (campanellino) pure in bronzo, rinvenuti nelle tomba 7, che potrebbe aver svolto la funzione di sonaglio-amuleto. Nella tomba 43 sono appoggiati al di fuori dell’anfora due coperchi in ceramica grezza, sotto i quali dobbiamo forse immaginare offerte alimentari, lasciate al momento della deposizione, di cui non si conserva più traccia.

e. daTi aNTroPologiciUno studio specifi co, ancora in corso, è dedicato alle sepolture dei bambini, dei quali si è potuto determinare l’età in base al grado di sviluppo dei denti (unici elementi ben conservati). I bambini, nella fascia di età compresa tra la nascita e i 5 anni, sono sepolti soprattutto nelle anfore tipo Empoli ma anche in alcune anfore africane. Le anfore africane sono utilizzate anche per adolescenti e adulti. Nonostante il pessimo stato di conservazione è stato possibile ricostruire la posizione originaria dei defunti attraverso un micro-scavo accurato e un lavoro di identifi cazione delle ossa. Per i bambini si è potuto documentare in alcuni casi che erano adagiati su un fi anco e raccolti in posizione fetale. Gli adulti invece erano deposti per lo più supini, con gli avambracci fl essi e le mani poggiate sull’addome. Le anfore contenenti gli inumati si sono nel tempo riempite del terreno soprastante: la posizione dei frammenti ceramici, documentata in fase di scavo, consente interessanti considerazioni sulla tempistica e le modalità di fratturazione del recipiente. Ad esempio nel caso della tomba 2, appartenuta ad un adolescente di circa 12 anni, il crollo dei pezzi di parete dell’anfora è avvenuto in uno spazio non ancora riempito da terra: lo dimostra il diretto contatto delle parti collassate con le ossa ed anzi l’incunearsi dei frammenti tra le diverse parti dello schele-tro. In uno spazio vuoto le ossa si decompongono e si riassestano in base alla gravità, ma qui è evidente che i pezzi di ceramica crollati hanno distaccato gruppi di ossa gli uni dagli altri e nell’ambito di ogni gruppo le ossa sono rimaste in connessione stretta. Ciò signifi ca che il crollo è avvenuto quando il cadavere era in corso di decomposizione; ad esempio era già avvenuta la disarticolazione al polso ma non quella tra le diverse ossa della mano. Poiché l’anfora della tomba 2 è di fattura piuttosto robusta, si può ipotizzare che, in-terrata a poca profondità, sia rimasta schiacciata dal passaggio di un mezzo pesante. E’ pertanto verosimile ipotizzare, dato il contesto di riferimento, che carri funebri, trainati da bestie da soma e destinati al trasporto delle salme, transitassero frequentemente nella necropoli.

bollo entro cartiglio rettangolare appartenente a Sestius Dama, attivo ad Arezzo intorno al 20 a.C. Il piatto era associato ad una laghynos (una sorta di fi asco o bottiglia) a spalla carenata e a un’ampolla miniaturistica.

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d. corrediA differenza delle sepolture ellenistiche a incinerazione, le se-

polture romane sono sostanzialmente prive di corredo e dun-que verosimilmente appartenenti a una fascia medio-bassa della popolazione. Risulta perciò isolato un piatto in sigil-lata italica (ceramica rosso corallino con decorazione a rilievo e sigilli con impresso il nome del ceramista) con

Piatto in sigillata italica

Strumento litico in diaspro >

NecroPoli dell'olMo > Tomba 9 bis Neonato:

1. cranio2. denti3. denti

4. arti inferiori

Tomba 2 adolescente

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iL GruppoarcheoLoGicoScaNdicceSea. le aTTiviTàIl Gruppo Archeologico Scandiccese nasce ufficialmente nel 1980, in

occasione della scoperta della fornace romana di Vingone. Dal 1985 ha sede presso la Scuola Materna di Rinaldi, dove sono depositati i materiali

rinvenuti nel territorio scandiccese in attesa di una eventuale più completa esposizione museale. L’attività del Gruppo consiste prima di tutto in ricognizioni

sul territorio di Scandicci finalizzate all’individuazione di materiali antichi affioranti in su-perficie. Particolare attenzione è dedicata al monitoraggio di lavori agricoli o edili che implichino scavo e movimento terra per controllare la presenza di eventuali reperti archeologici e segnalarne il rinvenimento alla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana. L’attività prosegue in sede con la pulitura dei reperti, la catalogazione e, se necessario, il restauro. Costantemente aggiornato è lo schedario dei ritrovamenti, finaliz-zato a una più approfondita e dettagliata redazione della carta archeologica del territorio. Sotto la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologica il Gruppo ha partecipato agli scavi condotti in loc. Vingone (1980, fornace romana); Grioli (1985, rinvenimenti medievali); Poggerello (dal 1988 al 2012, presenze prei-storiche, etrusche, romane e medievali); Pieve a Settimo (2000, rinvenimento etrusco); Olmo (Matec, 2001, necropoli etrusco-romana); Abbazia di Badia a Settimo (2003, rinvenimenti medievali e rinascimentali); Pog-gio la Sughera (2008, insediamento etrusco) e Padule (2013, frequentazione protostorica). L’Associazione svolge anche opera di divulgazione attraverso iniziative didattiche, mostre, pubblicazioni e conferenze. In particolare sono stati realizzati diversi volumi di archeologia e storia del territorio nella collana “Archeologia a Scandicci” e numerosi articoli e contributi in collaborazione con la rivista archeologica “MILLIARIUM”. Per informazioni o per chi volesse partecipare alle attività dell’Associazione è possibile contattare il Gruppo Archeologico all’indirizzo di posta elettronica: [email protected]

lo scavo

ila biblioteca

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lo scavo lo scavo

le visite guidate

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la tomba 43

il bambino sepolto (ricostruzione)

la tomba 43

b. il PercorSo TaTTile“dallo Scavo alla MUSealiZZaZioNe”Il tatto rappresenta uno dei primi strumenti di apprendimento nel bambino e continua ad esserlo nel corso di tutta la vita di un essere umano. L’archeologo, che ha la fortuna di toccare i reperti con cui lavora, con le dovute cautele per non pregiudicarne sicurezza e conservazione, utilizza anche questo senso come mezzo di conoscenza del materiale. Consistenza, composizione, superfi cie, tecniche di fabbricazione e difetti di fattura sono percepibili alla vista ma anche al tatto. Non tutto si può toccare e non tutto si può toccare a mani nude. Per le ossa ad esempio è necessario usare guanti specifi ci per poter conservare al meglio le informazioni riguardanti il DNA dell’individuo indagato, così come reperti bagnati o in pessime condizioni richiedono adeguate misure di conservazione e non possono essere maneggiati senza determinate accortezze. Ma consentire una forma alternativa ed effi cace di apprendimento ed una accessibilità quanto più possibile universale, anche se per un numero molto limitato di reperti, signifi ca garantire il diritto alla conoscenza e alla fruizione sancito anche dalla Costituzione e dalla normativa di settore con specifi co riferimento ai beni di proprietà statale. Con questo preciso scopo si è perciò riproposto il calco della tomba 43 in corso di scavo e un percorso tattile che consenta di toccare il reperto prima e dopo il restauro (al proposito si legga il paragrafo NOTE DI RESTAURO).Lo scavo in laboratorio della tomba 43, appartenente ad un bambino di 18 mesi, ha consentito alcune interessanti osservazioni sulle modalità di sepoltura e i fenomeni postdeposizionali connessi. L’anfora afri-cana conserva, su circa due terzi del corpo, fori sulla parete intenzionalmente prodotti per spezzare in quel determinato punto il contenitore al fi ne di inserire all’interno l’individuo. L’anfora però deve essersi incrinata malamente e soprattutto il distacco spontaneo della porzione inferiore del collo, all’attacco con la spalla, deve aver fornito l’apertura suffi ciente per il corpicino non rendendo più necessari altri interventi. Il bambino, deposto sul fi anco sinistro e rinvenuto ancora con le ossa in parziale connessione anatomica, presenta il braccio sinistro (omero) sollevato verso l’alto. L’unica spiegazione possi-bile è che sia stato inserito nel contenitore dall’alto, tenuto per il braccio. La sepoltura è avvenuta in spazio vuoto originario e il bambino non doveva presentare strette fasciature almeno all’altezza delle braccia. Si propone infi ne di toccare i reperti posti all’interno di specifi ci contenitori collocati nella stessa sala espositiva. Seguendo con le mani la silhouette del reperto è possibile descrivere quanto si prova al tatto, tentando di comprenderne forma, dimensioni e materia.

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L’aLLeStimeNtoa. la ricoSTrUZioNe della NecroPoliLa ricostruzione tridimensionale della necropoli, realiz-zata, sotto la direzione artistica di Giancarlo Cauteruc-

cio, dalla Ditta Etruria Musei Allestimenti vuole offrire un altro approccio non formale,

ma comprensibile e coinvolgente, di apprendimento della materia

illustrata. Sono riprodotte due porzioni della necropoli riguardanti sia le sepolture ellenistiche (presentate in copia) che le sepol-ture romane (esposte in originale). Sullo sfondo

delle colline di Scandicci, così come presumibilmente

dovevano presentarsi millecin-quecento-duemilatrecento anni

fa, prendono corpo immagini, luci e voci che raccontano, per cenni e sugge-

stioni, frammenti di storia antica del territorio. Sono echi di un passato più o meno remoto, cui si affi ancano le auterovoli voci di Dino Campana (Marrani 1885, Scan-dicci 1932) o Aldo Pazzeschi (Firenze 1885, Roma 1974), ricordi di Scandicci più recenti ma altrettanto suggestivi che assecondano il cammino a ritroso nel tempo. Di seguito il testo proposto nella ricostruzione.

Necropoli dell'olmo:Sepolture a incinerazione (ricostruzione) Necropoli dell'olmo: Sepolture a inumazione (ricostruzione)

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un borgo di casette raggruppate presso uno dei guadi dell’Arno, quando la piana lungo il fi ume marcava il punto d’incontro di tre potenti città stato etrusche, Fiesole, Pisa e Volterra. Scandicci con i suoi corsi d’acque e le sue dolci colline era il cuore intensamente abitato di questo territorio.

Voce 2: L’Arno qui (a Firenze) ancora ha tremiti freschi: poi lo occupa un silenzio dei più profondi: nel canale delle colline basse e monotone toccando le piccole città etrusche, uguale ormai sino alle foci…A Signa …ricordo quel profondo silenzio: il silenzio di un’epoca sepolta, di una civiltà sepolta: e come una fanciulla etrusca possa rattristare il paesaggio…

Voce3: mi cana larthial numthral laucis puil…..Io sono il “segno” di Larthia Numthrei, la statua della moglie di Lauci”…. [immagine della scultura]. Noi fummo grandi un giorno qui a S. Martino alla Palma. Avevamo terre, ricchezze, schiavi. Da noi dipendeva un largo tratto del fi ume. Il mio sposo era un alto magistrato della grande Fiesole: guardalo nel marmo di nostro fi glio [immagine del cippo], accompagnato dai littori come il suo rango impone. E nostro fi glio servì nelle legioni, con coraggio. Leggo per te il suo epitaffi o, che parla di lui e di noi: mi cana arnthal prastnas laucisla…..; “io sono il “segno” di Arnth Prastna, il segno del fi glio di Lauci”.

Voce 6: Il candore dei loro marmi ha segnato per secoli la collina, ma giù a valle altre tombe più modeste raccolgono le ceneri degli avi [immagine ricostruttiva delle sepolture]. Qui i parenti hanno deposto grandi crateri, modellati e dipinti a Volterra oppure olle di terracotta, con pochi oggetti di accompagno (vasi per bere e mangiare, gioielli…). Ma alla fi ne del I sec. a.C. coloni romani tracciano le fondamenta di Florentia, con le sue mura di mattoni rossi, e poi il foro, il teatro, l’anfi teatro, i templi, le case, le strade,…Scandicci continua prospera la sua storia. Delle sue case rimane qualche vestigio, della sua vita artigianale notevoli tracce, dei suoi cimiteri tante sepolture...

Voce 4: Ave, sono Volumnio vissuto durante l’impero romano. La mia lapide è oggi murata all’interno della la Pieve di San Giuliano a Settimo a Scandicci. Insieme a me, nella stessa sepoltura, riposa la mia compagna, Vennia Thisbe e mio fi glio Volusio Severo. E’ Vennia Thisbe, che ha voluto che fosse scolpita la lapide, con due colombe alla sommità, ai lati di un vaso ricolmo d’uva di cui beccano i grappoli, simbolo di vita e rinascita.

b. “ScHerZo” Per voci, STrUMeNTi e iMMagiNi: il TeSTo

voci della TerraVoci della gente vissuta nella piana di ScandicciLa gente nasce, vive, cresce e muore e di solito non lascia tracciase non nella breve memoria dei propri cari.Ma quando i segni di una vita remota, sepolta sotto una coltre pesante di terra, tornano alla luce,le voci del passato riaffi orano nel presente raccontando la propria storia...

le voci.1 voce maschile, roca, pronuncia fi orentina (A. Palazzeschi, da Stampe dell’800)2 voce maschile concitata, ispirata (D. Campana, dai Canti Orfi ci)3 femminile, sommessa, mezzosoprano (donne etrusche e romane)4 maschile chiara adulta tenore (uomo romano)5 maschile, chiara, baritono (costruttore edile)6 voce narrante (professionale ma senza enfasi)

la scena: le colline sopra Scandicci. in lontananza, Firenze.

Voce 1: ..Noi s’andava a Scandicci dalla Sora Vittoria. Scandicci alto, una collinetta tenue sul torrente Vingone, fuori di Porta San Frediano a sette chilometri da Firenze; e sette chilometri allora rappresentavano una strada sudata bene per arrivarci.

Voce 6: La borghesia fi orentina agli inizi del 900 frescheggiava nelle estati torride a pochi chilometri dal centro della città, le Cure a nord, Scandicci a sud, e poi Marignolle, Compiobbi, il Bagno a Ripoli... Luogo di riferimento era la grande città, sulla quale gravitava tutto il contado…Ma non è sempre stato così. E’ lo stesso Palazzeschi a ricordarcelo: “Fiesole è una città…più antica di Firenze, a quanto pare anzi la madre addirittura, dicono i fi esolani che guardano i fi orentini dall’alto come una prole sospetta..”. C’è stato un tempo in cui Firenze non era forse che

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Voce 5: Con l’istituzione della colonia romana di Florentia si intensifi cano le attività edilizie anche in fun-zione delle esigenze della città. A Scandicci c’è molta materia prima, l’argilla e molta acqua per costruire mattoni per le mura di Florentia e tegole e coppi per le abitazioni. Io Aenenius Celadus ho timbrato con il mio marchio parecchie tegole, alcune delle quali reimpiegate anche per le tombe della necropoli. Queste sepolture, come le fosse o quelle che impiegano più di un’anfora di grandi dimensioni sono utilizzate per noi adulti e non sono troppo dispendiose...

Voce 6: Se i vivi temono i morti e il loro ritorno, tegole e pietre su piedi e corpo aiutano a fi ssare il defunto nella sua condizione e ad evitare che possa nuocere a chi rimane...

[suoni bisbigliati, alcune voce si levano sulle altre, una voce maschile e una femminile che recitano alternate, su un ritmo in dimetri giambici in tono sommesso]

Anímula vágula blándulá/ Piccola anima smarrita e soavehospés comésque córporís/ compagna e ospite del corpoquae núnc abíbis ín locá/ ora ti appresti a scendere in luoghipallídula rígida núdulá/ incolori aridi e spoglinec út solés dabís iocós/ora non avrai più gli svaghi consueti

(in calando, ma in tono deciso e sereno): Abbiamo vissuto, amato, gioito…Incamminiamoci ora verso la morte, verso un’altra vita...qualunque essa sia...

Voce 6 solenne: questa è la storia….quella delle genti vissute nella piana di Scandicci e che, attraverso la terra, fanno sentire la propria voce... Con il tramonto dell’età antica, la Badia a Settimo traghetta il territorio verso le glorie del Medioevo e del Rinascimento. E sarà ancora Firenze e sarà Scandicci e sarà ancora Storia...

M. A. Turchetti

Voce 6 Il territorio di Scandicci, in epoca romana, è intensamente abitato e costellato di piccoli centri, fattorie e ville rustiche che sfruttano i terreni fertili, di pianura e di collina, e le vie di comunicazioni fl uviali rappresentate dall’Arno e dai suoi affl uenti, come La Greve o il Vingone. Lungo questi fi umi o lungo le strade che li costeggiano vanno le persone e le merci necessarie al vivere quotidiano. I contenitori da trasporto ad esempio che possono servire per grandi quantitativi di liquidi o granaglie come le anfore di Empoli, dal corpo a trottola, che sono fabbri-cate anche a Scandicci e che servono per il commercio del vino. Dall’Africa, via mare e risalendo il corso dei fi umi, sono giunte a Scandicci grandi anfore dal corpo cilindrico che contengono vino, olio, salsa di pesce o granaglie. La gente comune, che non ha grandi possibilità economiche, non può pagarsi ricche sepolture o sarcofagi di mar-mo come quello oggi nel chiostro della Pieve di San Giuliano a Settimo [immagine], ma riutilizza le anfore come casse funebri, spezzandole nei più svariati modi e riadattandole per l’uso [immagine ricostruttiva delle sepolture].

Voce 3: Come mio fi glio Volumnio Severo molti bambini muoiono in tenera età a causa delle scarse condizioni igieni-che, della mancanza di medicinali e della povertà di gran parte della popolazione. Straziante è per i genitori seppellire un proprio fi glio. Il poeta Marziale per la piccola Erotion, che affi da alle anime dei genitori, ha scritto versi toccanti.

Voce 4: “A EROTION A te padre Frontone, a te madre PlautillaAffi do questa bimba, boccuccia e delizia miaPerché la piccola Erotion non tema le ombre nere e le fauci spaventose del tartareo caneSei giorni soltanto mancavano a raggiungere il suo sesto gelido invernoTra tali vetusti protettori giochi spensierataE il mio nome cinguetti con voce balbettanteLieve la zolla copra le sue fragili ossaTerra, non essere pesante su di lei, lei su di te gravò così poco.

Voce 3: Tibi terra levis, che la terra ti sia lieve”, piccolo mio,…..e sicut in cunula, come in una culla che il corpo dell’anfora ti contenga e protegga, accompagnato da un piccolo amuleto in pietra o da un campanel-lino per allontanare gli spiriti maligni...

42 43Necropoli dell'olmo: recupero con distacco a massello delle sepolture ellenistiche

Tomba 43: una delle fasi del calco

Note di reStauroAl momento del rinvenimento molte sepolture sono state recuperate mediante distac-co a massello (recupero del reperto con parte della terra che lo avvolgeva). Lo scavo è perciò proseguito in laboratorio asportando la terra ed evidenziando i resti dell’in-dividuo e, nel caso delle sepolture entro anfora, i frammenti ceramici della stessa.Il restauro dei frammenti recuperati è iniziato pulendo gli impasti ceramici con acqua e spugna o spazzolino (a seconda dello stato di conservazione). Si è proceduto quindi, dopo l’asciugatura, alla ricomposizione del reperto usando un collante reversibile e integrando le parti mancanti con gesso colorato con ossidi. Il reperto è stato infine protetto con un fissativo diluito con acqua.

Tutte le fasi del restauro sono state documentate in apposite schede correlate da foto.Di seguito sinteticamente descritte le fasi del calco della tomba 43:

1. Stesura sul reperto di un protettivo e di un distaccante per facilitare la separazione della matrice siliconica dal manufatto da replicare 2. Stesura di uno strato di gomma liquida sopra la porzione scavata della sepoltura.3. Stesura di un altro strato di gomma ma più denso e di spessore maggiore.4. Ricopertura della forma (una volta consolidata) con gesso, così da formare un guscio rigido.5. Capovolgimento della sepoltura insieme alla parte di forma già fatta.6. Ripetizione dello stesso procedimento di formatura sopra descritto anche su questo lato.7. Separazione della sepoltura dalle due forme ottenute, una volta consolidate.8. Colatura, nell’interno di ognuna delle due forme, di uno strato di resina a due compo-nenti dello spessore di circa 2 cm.9. Riassemblaggio, con resina, dei due calchi ottenuti e pittura con terre ed ossidi per riproporre i colori della sepoltura originale.

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MaPPa del TerriTorio ScaNdicceSe

PISTOIA

PRATO

RUFINA

FIGLINE VALDARNO

Bagno a Ripoli

ARTIMINO

Montereggi

POGGIO DEL BOCCACCIO(Certaldo)

POGGIO LA CROCE (Radda)

S. MARTINO AI COLTI

FRASCOLE (Dicomano)

FIESOLEFIRENZE

S. Martinoalla Palma

Pieve a Settimo Olmo

S. RomoloCasellina

Fiume arno

Fiume arnoFiume greve

Fiume vingone

Fiume Pesa

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voci della Terra. la Necropoli dell'olmo a Scandicci 17 maggio - 12 ottobre 2014a cura di Gruppo Archeologico Scandiccese e di M. A. Turchetti

Enti promotori_Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del TurismoSoprintendenza per i Beni Archeologici della ToscanaComune di ScandicciScandicci CulturaGruppo Archeologico Scandiccese

Coordinamento scientifi co_M. A. TurchettiCoordinamento organizzativo_G. Rossi

Testi_Gruppo Archeologico Scandiccese, E. Pacciani, G. Venturini, M. A. TurchettiEditing_M. A. TurchettiTesti, documentazione di scavo e disegni_Gruppo Archeologico Scandicecse, M. A. Turchetti, G. VenturiniRestauro dei reperti archeologici_G. Venturini, Centro di Restauro SBAT Firenze; Gruppo Archeologico ScandicceseAnalisi Antropologiche_E. Pacciani, D. Croci, S. di Marco, S. Gori, E. LanzaAllestimento_Etruria Musei Allestimenti, M. A. Turchetti, Gruppo Archeologico Scandiccesecon la consulenza artistica di G. Cauteruccio. Assistente regia_M. Bevilacqua; Elaborazione video_ A. Bianciardi; Videoproiezione_L. Giancola. Fotografi e_M. Del Sarto, Gabinetto Fotografi co Soprintendenza; Gruppo Archeologico Scandiccese, M. A. Turchetti, M. BiondiProgetto grafi co_ D. Madio - SocialDesign - F. Palermo - Equipe RestauroUffi cio Stampa_L. Migno, M. Iozzo, M. Viola, M. Lo BlundoStampa catalogo_Edizioni PolistampaRingraziamenti_ A. Maggiani, T. Emiliani, V. Berti, C. Paravano, A. Bardi, S. Ciatti.I volontari del Gruppo Archeologico Scandiccese (M. Bacci, L. Baccetti, A. Bartalucci, C. Chellini, C. Crescioli, R. Cheli, F. Caporusso, E. Di Bennardo, A. Facchini, L. Fei, F. Fiaschi, L . Leoni, S. Lorenzini, D. Mori, M. Montelatici , P. Orlandini, E. Poggiani, F. Salvini).

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17 Maggio / 12 Ottobre 2014 Fabbrica dei Saperipiazza matteotti, 31_Scandicci

Voci deLLa terraLa NecropoLi deLL'oLmo a ScaNdicci

andrea Franceschi (presidente)gian Franco barbetta e caterina TrombettiStefano de Martin (direttore)

LA COLLANA➊ Paolo STaccioli_La metamorfosi dell’arcano➋ MaSSiMo bUccHi_La vita inferiore➌ libri&libreTTi_Libri d’artista_Laboratori_Performance➍ raccolTa di diSegNi & STaMPe del Comune di Scandicci➎ ariaNNa PaPiNi_Sogni desideri bugie➏ NaTiviTà_Collezione privata di natività e piccoli presepi➐ roberTo iNNoceNTi_Raccontare con le fi gure➑ Mario aUgUSTo MarTiNi_SCANDICCI/MONDO andata e ritorno➒ raUcH - ScaraboTTolo_Prìncipi e princípi❿ Sirio galli_...con le fi gurine non si mangia⓫ bUoN coMPleaNNo biblioTeca _Qualche ricordo, tanto futuro⓬ ToMMaSo SalviNi _Un attore patriota nel teatro italiano dell’Ottocento⓭ la villa di caSTelPUlci _Bene Pubblico ritrovato⓮ oH cHe bel caSTello_Percorsi nella città che cresce⓯ c’era UNa volTa il PriNciPe_L’opera di Machiavelli per immagini

deLLa terradeLL'oLmo deLL'oLmo

Comune diSCANDICCI

grUPPo arcHeologico ScaNdicceSe