Un ritratto virile dal Santuario di Apollo: l'immagine di un evergete ierapolitano d'età...

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Un ritratto virile d’età augustea dal Santuario di Apollo: l’immagine di un evergete ierapolitano di I sec. a.C. ? GIUSEPPE PELLINO La fortunata occasione offertami nella campagna del 2004 di prendere visione dei materia- li scultorei di Hierapolis, conservati nei depositi del Museo Archeologico di Denizli, ha reso possibile l’individuazione e lo studio di un ritratto maschile in marmo, proveniente dai recenti interventi d’indagine nell’area del temenos di Apollo. La testa, nella fattispecie, emerse negli scavi del 2003 dalla rimozione degli strati di accumulo superficiale che ricoprivano l’area della terrazza mediana a nord-est dell’Edificio A; la scultura appariva, al momento del rinvenimento, in giacitura secondaria, frammista a materiali di risulta provenienti dagli scarichi relativi ai vecchi interventi di scavo effettuati nell’area santuariale ne- gli anni Sessanta del XX sec. e, verosimilmente, riconducibili alla demolizione di strutture mu- rarie d’età bizantina, dove la testa doveva essere reimpiegata come materiale di riempimento 1 . Lo stato di pesante compromissione della scultura in esame è in parte ascrivibile ai danneg- giamenti subiti già in età antica, necessari per agevolarne la pratica del riuso; il risultato è quello di una generale perdita dei tratti fisiognomici del ritratto, all’interno del quale è evidenziabile una diffusa frattura che ostacola la leggibilità della fronte. Una seconda grave lacuna, che si apre lungo la zona parietale, non ha risparmiato neppure il lato sinistro del ritratto (fig. 1) 2 . Inoltre, risultano spezzati il naso, di cui restano soltanto i fori delle narici, l’occhio sinistro e parte di quello destro; notevoli scalfitture corrono irrimediabilmente lungo tutta la superficie del viso mentre una piccola scheggiatura interrompe la linea del labbro superiore. La parte retrostan- te della testa appare rozzamente sbozzata e presenta alla base un piccolo foro pervio rettangolare destinato originariamente ad accogliere una grappa che garantiva l’ancoraggio della statua a una parete o, eventualmente, ad una nicchia (fig. 2). Si tratta di un ritratto virile, di dimensioni simili al vero, conservato all’altezza del collo, rela- tivo a un uomo imberbe in età giovanile con volto magro, reso con un sensibile e controllato pla- sticismo. La pelle si distende sugli zigomi, leggermente pronunciati, per poi cedere in due solchi labionasali lievemente rilevati; la bocca, ben disegnata, appare piccola, carnosa con un’evidente enfatizzazione del labbro inferiore, mentre quello superiore corre lineare fino a creare due pic- cole fossette ai lati delle commessure angolari. Il mento è stondato e leggermente pronunciato; 1 Esprimo la mia gratitudine alla Prof.ssa Grazia Semeraro, responsabile dello scavo del Santuario di Apollo, che mi ha fornito con estrema disponibilità i dati relativi al contesto di provenienza del pezzo. Un sentito grazie va a Gianni Ruggiero, responsabi- le del Laboratorio Digital Imaging del Dipartimento di Beni Culturali, Università del Salento, per la rielaborazione delle tavole. Un duplice ringraziamento va infine a Fabiola Malinconico per il disegno restituivo e all’Arch. Francesco Gabellone (ITLab, IBAM-CNR, Lecce) per il restauro virtuale della testa ierapolitana. Sulle indagini effettuate nell’area santuariale di Apollo, cfr. SEMERARO 2007 e supra 000.000. 2 Museo Archeologico di Denizli, deposito. Dal Santuario di Apollo; HTA 03, US 335. Marmo bianco uniforme con cristalli medio-grandi; alt. max. conservata cm 35; testa alt. max. cm 31, 5; largh. max. cm 24. Sulla localizzazione del rinvenimento si veda supra 000.000, fig. 1.

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Un ritratto virile d’età augustea dal Santuario di Apollo: l’immagine di un evergete ierapolitano di I sec. a.C. ?

Giuseppe pellino

La fortunata occasione offertami nella campagna del 2004 di prendere visione dei materia-li scultorei di Hierapolis, conservati nei depositi del Museo Archeologico di Denizli, ha reso possibile l’individuazione e lo studio di un ritratto maschile in marmo, proveniente dai recenti interventi d’indagine nell’area del temenos di Apollo.

La testa, nella fattispecie, emerse negli scavi del 2003 dalla rimozione degli strati di accumulo superficiale che ricoprivano l’area della terrazza mediana a nord-est dell’Edificio A; la scultura appariva, al momento del rinvenimento, in giacitura secondaria, frammista a materiali di risulta provenienti dagli scarichi relativi ai vecchi interventi di scavo effettuati nell’area santuariale ne-gli anni Sessanta del XX sec. e, verosimilmente, riconducibili alla demolizione di strutture mu-rarie d’età bizantina, dove la testa doveva essere reimpiegata come materiale di riempimento1.

Lo stato di pesante compromissione della scultura in esame è in parte ascrivibile ai danneg-giamenti subiti già in età antica, necessari per agevolarne la pratica del riuso; il risultato è quello di una generale perdita dei tratti fisiognomici del ritratto, all’interno del quale è evidenziabile una diffusa frattura che ostacola la leggibilità della fronte. Una seconda grave lacuna, che si apre lungo la zona parietale, non ha risparmiato neppure il lato sinistro del ritratto (fig. 1)2.

Inoltre, risultano spezzati il naso, di cui restano soltanto i fori delle narici, l’occhio sinistro e parte di quello destro; notevoli scalfitture corrono irrimediabilmente lungo tutta la superficie del viso mentre una piccola scheggiatura interrompe la linea del labbro superiore. La parte retrostan-te della testa appare rozzamente sbozzata e presenta alla base un piccolo foro pervio rettangolare destinato originariamente ad accogliere una grappa che garantiva l’ancoraggio della statua a una parete o, eventualmente, ad una nicchia (fig. 2).

Si tratta di un ritratto virile, di dimensioni simili al vero, conservato all’altezza del collo, rela-tivo a un uomo imberbe in età giovanile con volto magro, reso con un sensibile e controllato pla-sticismo. La pelle si distende sugli zigomi, leggermente pronunciati, per poi cedere in due solchi labionasali lievemente rilevati; la bocca, ben disegnata, appare piccola, carnosa con un’evidente enfatizzazione del labbro inferiore, mentre quello superiore corre lineare fino a creare due pic-cole fossette ai lati delle commessure angolari. Il mento è stondato e leggermente pronunciato;

1 Esprimo la mia gratitudine alla Prof.ssa Grazia Semeraro, responsabile dello scavo del Santuario di Apollo, che mi ha fornito con estrema disponibilità i dati relativi al contesto di provenienza del pezzo. Un sentito grazie va a Gianni Ruggiero, responsabi-le del Laboratorio Digital Imaging del Dipartimento di Beni Culturali, Università del Salento, per la rielaborazione delle tavole. Un duplice ringraziamento va infine a Fabiola Malinconico per il disegno restituivo e all’Arch. Francesco Gabellone (ITLab, IBAM-CNR, Lecce) per il restauro virtuale della testa ierapolitana. Sulle indagini effettuate nell’area santuariale di Apollo, cfr. semeraro 2007 e supra 000.000.

2 Museo Archeologico di Denizli, deposito. Dal Santuario di Apollo; HTA 03, US 335. Marmo bianco uniforme con cristalli medio-grandi; alt. max. conservata cm 35; testa alt. max. cm 31, 5; largh. max. cm 24. Sulla localizzazione del rinvenimento si veda supra 000.000, fig. 1.

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al di sotto si percepisce un lievissimo accenno di doppio mento; nonostante le evidenti lacune, la fronte doveva apparire originariamente abbastanza ampia. Sotto le lievi prominenze soprac-ciliari, completamente erase, l’occhio destro, piccolo, con globo convesso privo dell’incisione dell’iride, esibisce una palpebra dal margine affilato ed è nitidamente definito da ricurve linee di contorno che formano una piccola mandorla, lievemente appesantita nella parte inferiore da un rigonfiamento simile a una borsa.

I capelli, resi sommariamente mediante l’ausilio dello scalpello con rapide e lievi incisioni, si conservano solo in parte nella regione occipitale e lungo il lato destro e risultano organizzati in più ordini sovrapposti mediante lunghe ciocche ondulate, percorse al centro da una fine in-cisione; lungo la zona parietale destra, assai meglio preservata, i capelli sono portati in avanti mediante lunghe ciocche appuntite verso destra che s’incurvano davanti all’orecchio a formare una corta basetta (fig. 3).

Il ritratto ierapolitano, relativo alla rappresentazione di un privato, tradisce, nell’impostazio-ne enfatica della testa, nella raffinata e morbida resa del modellato fisiognomico del volto e nei piani facciali lievemente sfumati, un influsso della ritrattistica ellenistica di ambiente microasia-tico, cui si unisce una forza espressiva dei particolari fisiognomici propria dell’età repubblicana, cui sembrano far riferimento, nonostante le notevoli lacune, l’impostazione dell’occhio destro, dal globo convesso e a mandorla.

Il particolare pregio formale e l’elevato livello stilistico della testa in esame inducono a isti-tuire convincenti e precipui confronti nell’ambito della tradizione ritrattistica privata dell’età del

Fig. 1 Museo Archeologico di Denizli-Hierapolis. Veduta frontale del ritratto, I a.C. (Archivio maier).

Fig. 2Museo Archeologico di

Denizli-Hierapolis. Veduta del retro del ritratto, I a.C.

(foto Autore).

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secondo triumvirato; il particolare della capigliatura, resa con lunghe ciocche simmetriche petti-nate in avanti, lisce sulla sommità del capo, ondulate e rigonfie nella zona parietale, ove termina ai lati della fronte con le punte ritorte desinenti in una corta basetta, e la resa del globo oculare a mandorla sono elementi che palesano un’innegabile parentela tipologica del nostro ritratto alla ritrattistica ufficiale relativa a Cesare, forse riconducibile tutta a un medesimo prototipo bronzeo3.

Il taglio degli occhi e il ductus della pettinatura, dove i capelli, mediante un’incisione che parte dal vertice del capo, cadono sui lati, le lunghe ciocche stratificate e falcate, nettamente distinte le une dalle altre in una sorvegliata composizione, rappresentano un’eredità mutuata dalla ritrattistica cesariana, senza però partecipare di quel secco linearismo che sarà tipico della produzione ritrattistica relativa al dittatore.

La solidità delle forme, la levigatezza delle superfici e la plasticità del modellato sono ele-menti che si ritrovano in una serie di ritratti di età augustea di ambiente urbano, che aderiscono allo stile diffuso della cerchia dei cesariani nell’età del secondo triumvirato; in essi è presente, infatti, una persistenza dello schema iconografico tardo repubblicano, Caesar-Zeitgesicht, sep-pure con un generale miglioramento e raffinamento delle vecchie fisionomie.

3 Sull’iconografia di Cesare, v. Johansen 1967; Johansen 1987, 17-40; la classica suddivisione tra prototipi del tipo Chiaramonti e Camposanto è adesso messa in discussione da Cavalier, Faedo, BosChunG 1995, 77-90; alla lista redatta dal Johansen vanno ora aggiunti i ritratti del Louvre, v. de Kersauson 2000; il ritratto giulio-claudio del dittatore da Pantelleria, v. osanna, sChäFer, Tusa 2003, 83, fig. 5; sChäFer 2004, 18-38; un ritratto di prima età imperiale dalla collezione Ennetwies, cfr. JuCher 2006, 47-49, tav. 19.20; si veda inoltre vorsTer 2007; una sintesi sulla tradizione ritrattistica cesariana è in Ghisellini 2008, 67.

Fig. 3 Museo Archeologico di Denizli-Hierapolis. Lato parietale destro del ritratto, I a.C. (Archivio maier).

Fig. 4 Grottaferrata, già nella collezione di antichità dell’Abbazia di S. Nilo. Testa virile frammentaria, I a.C. (da Sculture antiche Grottaferrata 2008).

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È così, per citare qualche esempio, per un ritratto virile frammentario d’età augustea, attual-mente non più rintracciabile, proveniente dalla collezione di antichità dell’Abbazia di S. Nilo a Grottaferrata; assai simili, in una sorprendente analogia con il ritratto ierapolitano, sono la glo-bularità degli occhi rilevati dal rigonfiamento della palpebra inferiore, la conformazione della bocca piccola e carnosa, la pienezza del volto e l’impostazione delle lunghe ciocche falcate ai lati della testa disposte su vari registri (fig. 4)4.

La sensibilità di gusto ellenistico nel trattamento del modellato del volto, anche se con una marcata accentuazione degli zigomi e dell’osso mandibolare, ma identico nella resa dei globi convessi degli occhi, si ritrova in una testa del Museo Nazionale Romano proveniente da Cagli (?) e databile ai decenni centrali del I sec. a.C.5; sorprendente è anche la resa della capigliatura organizzata su più registri e la risoluzione delle ciocche falcate che avvolgono, incurvandosi verso destra, la base del collo (fig. 5).

Assai interessante è poi il parallelo con un piccolo busto virile d’età augustea proveniente da Roma, che riprende modelli della ritrattistica tardo-repubblicana ma rivissuti come persistenza di una tradizione iconografica non ancora del tutto passata di moda; alcuni elementi, come il par-ticolare trattamento degli occhi incorniciati dall’arco prominente delle palpebre e appesantiti in basso da leggere borse, la logica struttiva del volto allungato sezionato da lievi solchi labionasali e la conformazione della bocca e il mento prominente, giustificano l’accostamento del piccolo busto al rappresentato ierapolitano6.

Un’affinità nell’andamento dei solchi labionasali, nel taglio degli occhi sporgenti con globo convesso e dai margini affilati nonché nel ductus della pettinatura e della basetta, ritornano in

4 cataloGo Sculture Grottaferrata, 59-60, cat. 38 (i. Romeo).5 MuSeo nazionale roMano, 88-91, cat. R58 (S. Sorrenti).6 MuSeo nazionale roMano, 133-135, cat. R93 (A. Ambrogi).

Fig. 5 Museo Nazionale Romano. Ritratto virile da Cagli (?), I a.C. (da MuSeo nazionale roMano 1987).

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un ritratto d’età augustea da Palestrina, che nella struttura del volto reca ancora l’impronta di quel realismo sobrio ed equilibrato che informa la ri-trattistica cesariana; la testa sopraccitata ha in co-mune con il nostro esemplare anche la mancata lavorazione della parte posteriore, peculiarità ri-conoscibile in numerosi ritratti tardo repubblica-ni, da riconnettersi con l’originaria collocazione della statua a ridosso di una parete o entro una nicchia (fig. 6)7.

Non mancano poi significativi paralleli con la coeva ritrattistica di ambiente microasiatico, lad-dove è ancora forte il legame con la tradizione ellenistica nella sorvegliata esaltazione del plasti-cismo delle forme; una sensibilità verso correnti di gusto ellenistico accomuna, infatti, il ritratto ierapolitano a una testa virile del British Museum proveniente da Alicarnasso, databile al terzo quar-to del I a.C.; identici nella sinossi sono il modo di rendere la prominenza degli occhi, percorsi in basso da un lieve ispessimento della palpebra, la tenue demarcazione dei solchi labionasali e la li-nearità disegnativa della bocca8.

L’analogia nella resa di alcune qualità formali, quali, per esempio, il trattamento della globularità

dell’occhio rilevato mediante un rigonfiamento della caruncola lacrimale, si estende a due ritratti privati, uno proveniente da Efeso e ascrivibile agli anni tra il 50-25 a.C. (?) e un secondo da Mi-leto, datato tra il 75 e il 50 a.C., che però lascia trasparire un più accentuato realismo descrittivo rispetto all’esemplare frigio nella chiara consistenza volumetrica della testa e nella calligrafica minuzia nella resa impietosa delle accidentalità dell’epidermide9.

La coesistenza di reminiscenze stilistiche cesariane con elementi iconografici e formali propri del secondo triumvirato si rinviene inoltre in un ritratto di prima età augustea recuperato tra le rovine della Porta di Mitridate a Efeso; il volto dall’espressione decisa ed energica presenta ele-menti per certi versi assimilabili, sebbene con un’accentuazione marcatamente realistica, a quelli rilevati nella testa ierapolitana: occhi appena infossati circoscritti dall’ispessimento della palpe-bra, marcatura dei solchi labionasali e strutturazione della bocca, puntinata agli angoli da piccole e rilevate fossette, analoga disposizione delle ciocche di capelli tirate verso le orecchie (fig. 7)10.

Alcune caratteristiche, come la struttura complessiva del volto, reso con rara esuberanza plasticistica, il particolare della sporgenza degli occhi, rilevati da un fine ingrossamento delle palpebre, interessano anche la coeva produzione ritrattistica di personaggi femminili della prima

7 MuSeo nazionale roMano, 98-101, cat. R66 (e. Ghisellini); i morbidi piani del modellato del volto ierapolitano dall’ovale regolare che nella zona labionasale presenta una tenue modulazione si ritrovano senza sostanziali modifiche in una testa-ritratto di I sec. a.C. proveniente dal complesso scultoreo di Rione Terra a Pozzuoli, v. valeri 2005, 123-130, figg. 124-129.

8 inan, rosenBaum 1966, 168, cat. 221, tav. 122, 3-4. 9 inan, rosenBaum 1966, 122, cat. 138, tav. 79, 3-4; 158, cat. 203, tav. 113, 1-2.10 LauBenBerGer 2005, 199-201, figg. 1-4; è possibile, inoltre, stabilire un ulteriore confronto nella resa degli occhi con palpebra

rilevata, della conformazione della bocca e della logica compositiva del volto, con un ritratto di prima età augustea del Getty Museum, che presenta affinità tipologiche con i ritratti di Giulio Cesare e di rappresentanti della stessa generazione, v. Chamay, Frel, maier 1982, 53-55, tavv. 5-5a-b.

Fig. 6 Museo Nazionale Romano. Ritratto maschile da Palestrina (acquisto), veduta laterale destra, I a.C. (da MuSeo nazionale roMano 1987).

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età augustea; la testa di Adobogiona dal santuario di Hera a Pergamo e un ritratto da Denizli, forse ascrivibile alla stessa officina che ha prodotto il nostro esemplare, ricalcano senza sostan-ziali modifiche, gli elementi formali rilevati nell’esemplare in questione11. Il suo legame con la ritrattistica ellenistica di ambiente microasiatico, che si esplicita nella sobria ed elegante plasti-cità del modellato, la convivenza di rimandi stilistici propri della ritrattistica cesariana, misti a elementi iconografici propri del secondo triumvirato, consentono di identificare il personaggio in questione con un membro di quella Oberschicht della città frigia che, nella ripresa della voga cesariana, amò farsi rappresentare secondo i modelli da tempo diffusi in ambiente urbano e suc-cessivamente trapiantati nelle aree di fioritura della cultura ellenistica dell’impero12.

In più occasioni P. Zanker ha avuto modo di sottolineare la persistenza nella ritrattistica priva-ta d’età augustea e tiberiana dello schema iconografico tardo-repubblicano, Caesar-Zeitgesicht, e della possibilità di poter seguire una precisa parabola stilistica, che porta alla perdita progres-siva del plasticismo a favore di un gusto sempre più linearistico; a questo si aggiunge poi la

11 inan, rosenBaum 1966, 112, cat. 115, tav. 68, 2-3; 183, cat. 247, tav. 134, 1-2; hüBner 1988, 338, figg. 4-5.12 La regolarità dei tratti presente sulla testa ierapolitana e la sua atemporalità fisiognomica potrebbero far pensare all’eventualità

che possa trattarsi di un ritratto ufficiale; il giovane ierapolitano soltanto per le fattezze giovanili ma non per la costruzione del volto potrebbe evocare la ritrattistica ufficiale d’età augustea relativa ai principes iuventutis, Gaio e Lucio Cesare. Nonostante l’iconografia dei due Cesari sia stata oggetto di studi recenti non è di facile ricostruzione; i loro ritratti si somigliano spesso in modo impressionante per l’affinità dei tratti e per l’insistente assimilazione ad Augusto; l’unico elemento distintivo sembra essere la disposizione delle ciocche sulla fronte più simile a quella di Augusto in Gaio Cesare, caratterizzata invece nei tratti di Lucio da una sorta di coda di rondine quasi al centro della fronte, v. pollini 1987; BosChunG 1993, 52-54; Cermisoni 1995. La foggia della capigliatura del ritratto ierapolitano, almeno nelle porzioni dove è possibile avere qualche elemento significativo di valutazione, suggerisce, in realtà, una precisa volontà nell’adeguamento ad una moda ritrattistica, nello specifico cesariana, sottolineata dalla conformazione delle basette e dal risvolto falcato delle chiome all’altezza della nuca che si ritrova sul già citato ritratto di Cagli. L’assenza di un forte realismo nelle fattezze fisiognomiche della testa può essere spiegato come un elemento derivante dalle modalità espressive tipiche della ritrattistica dinastica idealizzante di ambiente microasiatico. Particolarmente calzante è, infine, il confronto della nostra testa per la struttura d’insieme, per la morbidezza del modellato, per l’armonizzazione dei tratti ritrattistici tardo-repubblicani e quelli classicistici con un ritratto di Marcello, databile attorno al 20 a.C. di recente acquistato dalla fondazione Sorgente Group, v. Giuliano 2008.

Fig. 7 Vienna, Kunsthistorisches Museum, Antikensammlung. Ritratto virile, veduta frontale, prima età augustea (da lauBenBerGer 2005).

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possibilità che l’attardamento del tipo iconografico di rievocazione cesariana sia un espediente utilizzato dalle élites municipali come contrassegno distintivo nella condivisione dei programmi propagandistici in una prospettiva di una partecipata e consapevole adesione all’imperium13.

Tali considerazioni inducono a ritenere che siamo in presenza di un’immagine di privato che aderisce allo stile diffuso della cerchia dei cesariani nell’età del secondo triumvirato; il tentativo potrebbe essere stato quello di un adeguamento alla ritrattistica del dittatore, volutamente richia-mata per aderire alla propaganda politica di Ottaviano, nel periodo in cui il princeps era impe-gnato sul fronte della lotta contro i Cesaricidi durante il loro ripiego militare in Asia Minore, o eventualmente durante le ostilità con Marco Antonio per il possesso dell’imperium.

Purtroppo il silenzio delle fonti epigrafiche e letterarie relative alla città frigia per questa fase ostacolano ulteriori approfondimenti, sebbene non si possa escludere che il rappresentato iera-politano abbia avuto un ruolo di primo piano in qualche ambasceria nell’Urbe, per perorare la causa dei suoi concittadini o si sia fatto carico di particolari benemerenze nei confronti della sua città di origine; è ragionevole pensare che per la sua philopatria la città abbia predisposto onori mediante l’erezione di una statua all’interno del più importante polo cultuale cittadino14.

È assai interessante costatare a tal riguardo come alcune monete bronzee d’età augustea della città frigia, databili tra il 10 e il 5 a.C., documentino al rovescio i nomi di alcuni maggiorenti ie-rapolitani accompagnati ciascuno dalla formula philopatris ieropoleiton/ierapoleiton (Zosimos e Carax, Lynkeus, Kokos, Diphilos)15; si tratta evidentemente di magistrati o più genericamente di eminenti cittadini distintisi per particolari meriti o per aiuti economici prestati alla propria città di origine. Chissà se non sia stato proprio uno di questi evergeti ierapolitani, citati nella documentazione numismatica d’età augustea, a ricevere l’onore di un anathema all’interno del più importante santuario di Hierapolis.

Non sembra peregrina tuttavia una tale ipotesi se consideriamo che la vicina città di Aphrodi-sias onora nel suo teatro, nel corso della primissima età augustea, il suo più illustre benefattore Gaius Iulius Zoilos mediante l’erezione di una statua-ritratto, capite velato, e ispirata all’icono-grafia ufficiale relativa a Cesare16; si tratta di un tentativo piuttosto ben riuscito di assimilazione a colui che fu inizialmente il suo patrono e da cui ben presto si affrancò, dominando la scena politica di Afrodisia tra la fine dell’età repubblicana e i primissimi anni dell’età augustea17.

13 ZanKer 1976, 597-605; ZanKer 1981; ZanKer 1982; ZanKer 1983, 263-266; ZanKer 1995, 480-481.14 Da alcuni documenti epigrafici di Aphrodisisias apprendiamo che a Kallikrates, figlio di Pythodoros, fu concesso di essere

sepolto nel ginnasio in uno spazio intra-urbano, un onore a lui riservato come fondatore della città (ktistes); l’eccezionalità e il privilegio della sepoltura dell’eroe afrodisiense si giustificano alla luce del soccorso recato alla cittadinanza in momenti di grave difficoltà durante eventi bellici non altrimenti specificati nell’iscrizione e nel rischio sopportato in prima persona dallo stesso nell’ambasceria a Roma (reynolds 1982, 151-155, doc. 28-31). È probabile che Kallikrates abbia avuto un ruolo di primo piano negli eventi drammatici che seguirono alla guerra di Labienus (41 a.C.), combattuta, secondo altre fonti, proprio in territorio afrodisiense (reynolds 1996, 124), o eventualmente nella guerra civile contro Bruto e Cassio. Suggestiva è l’ipotesi di identificazione della statua corazzata di strategos, firmata dalla bottega di Apollonios Aster, come la statua-ritratto di Kallikrates dedicata agli inizi del I d.C. da un suo discendente, v. halleTT 1998, 62-69, 87, cat. n. 1, figg. 2-11; halleTT 2008, 80-82, figg.1-3. Sugli anni del secondo triumvirato e delle lotte di Ottaviano e Marco Antonio, cfr. Bowmann, Champlin, linToTT 1996, 1-69.

15 RPC I 2929, 2930 (Zosimos e Carax, 10-9 a.C.), 2945 (Lynkeus, 5 a.C.), 2947 (Kokos, 5 a.C.), 2949 (Diphilos, 5 a.C.).16 inan, rosenBaum 1979, 202-203, cat. 173, tav. 129.17 erim, smiTh 1991, 88-89, cat. 26, fig. 25; smiTh, dillon, halleTT, lenaGhan, van vorhees 2006, 102-104, cat. 1, tavv. 4-5;

roMan PortraitS froM aPhrodiSiaS, 238, cat. 5. L’evidenza epigrafica più importante relativa a Zoilos consiste in due testi sostanzialmente identici, ritrovati nell’orchestra del teatro, v. reynolds 1991, 15; anche reynolds 1982, 156-164. Per la carriera di Zoilos, smiTh 1993, 4-13; reynolds 1996, 121. L’unica immagine a noi nota dell’evergete afrodisiense lo ritrae in sembianze giovanili in uno dei pannelli del fregio che decorava il monumento eretto in suo onore, v. smiTh 1993, tavv. 1, 12-14. Purtroppo le condizioni assai compromesse del ritratto non consentono una valutazione complessiva dell’identità fisiognomica del rappresentato; è probabile che si tratti di una versione ritrattistica postuma di Zoilos fortemente idealizzata.

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Onori pari, se non addirittura su-periori a quelli destinati a Zoilos, sono riservati a un altro eminente evergete pergameno, protagonista indiscusso sullo scorcio del I a.C. dell’intermediazione politica tra la sua città e Roma. Gli onori confe-riti a Diodoros Pasparos a Pergamo rappresentano, allo stato attuale delle ricerche, ancora un unicum insupe-rato per un privato cittadino. Aven-do portato a termine con particolare successo un’ambasceria a Roma, la città predispose, per il noto cittadino pergameno, il conferimento di una statua dorata, un gruppo statuario bronzeo che rappresentava la sua in-coronazione da parte del demos, una statua equestre, una scultura in mar-mo, venerata come sacra, e il diritto ad essere sepolto nell’agorà18. Il ri-tratto attribuito al famoso evergete pergameno presenta delle indubbie ascendenze dall’iconografia del dit-tatore e consente di rilevare interes-santi punti di contatto con il ritratto ierapolitano; identica è, infatti, nel confronto, la resa nella globularità convessa degli occhi, rilevati da un ingrossamento della palpebra sotto

18 FilGis, radT 1986; smiTh 1988, 17.

Fig. 8 Bergama, Museo archeologico. Ritratto di Diodoros Pasparos, I a.C. (da hüBner 1988).

Fig. 9 Museo Archeologico di Denizli-Hierapolis Proposta di restauro virtuale (ITLab, IBAM-CNR, Lecce).

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cui si impostano le borse. Il plasticismo dei tratti di ascendenza ellenistica lievemente interrotto dal solco delle rughe labionasali e l’espressività della bocca, il cui labbro inferiore appare più spesso contro la linearità di quello superiore, consentono di avvicinare l’effige del notabile per-gameno all’anonimo ierapolitano (fig. 8)19.

Sulla base delle considerazioni sopra enunciate appare chiara nel nostro ritratto una ferma volontà di autorappresentazione privata che si traduce in un adeguamento dell’immagine al mo-dello della nobilitas urbana; lo sforzo di adesione si spinge sino all’assimilazione dei tratti distin-tivi alla serie ritrattistica cesariana reinterpretata, all’interno di questa raffinata rimeditazione di prima età augustea, in chiave volutamente idealizzante e di chiara derivazione ellenistica (fig. 9).

In assenza di altri elementi di valutazione non è possibile formulare ulteriori argomentazioni, considerando le gravi lacune che hanno intaccato e compromesso irrimediabilmente il ritratto ierapolitano; la testa doveva essere inserita in una statua, apprezzabile nel quadro dell’arredo scultoreo d’età augustea del santuario, mediante una visione frontale a ridosso di una parete o entro una nicchia, come suggerisce lo stato di semilavorazione del retro. Per quanto concerne l’aspetto della scultura nella sua interezza possiamo solo immaginare che essa potesse in qual-che modo replicare modelli e tipologie utilizzate dalle effigi onorarie degli esponenti delle élites municipali che dai modelli urbani riprendono attributi e modalità espressive20.

La virtus del personaggio ierapolitano poteva essere richiamata mediante l’utilizzo dello schema della statua loricata o vestita di toga, simbolo per eccellenza dello status di cittadino romano; in alternativa le imprese dell’anonimo evergete ierapolitano potevano essere diversa-mente celebrate attraverso l’adozione di una statua-ritratto di tipo eroico nello schema dell’Hüft-manteltypus, che riproduce il personaggio del tutto o prevalentemente nudo secondo schemi iconografici tratti dalla ritrattistica dinastica ellenistica. Il tipo statuario dell’Hüftmanteltypus viene, infatti, utilizzato tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. nella rappresentazione in nudità eroica di personaggi maschili della casa imperiale (si tratta per lo più della dinastia giulio-claudia), ma si ritrova diffuso, anche se non in maniera capillare, in ambito privato.

Sembra possibile dimostrare che l’individuazione ormai sicura del prototipo per la serie im-periale in un simulacro del Divus Iulius, l’alta frequenza di raffigurazione di Augusto e di Tiberio secondo questo modello iconografico, la progressiva rarefazione presso gli altri rappresentanti della dinastia giulio-claudia, sino alla scomparsa del tipo alla fine della dinastia stessa, sono ele-menti che concorrono a ritenere che l’adozione dell’Hüftmanteltypus da parte di Augusto si cari-chi di un significato “dinastico”, politico-ideologico e propagandistico21; l’appropriazione di un tale schema nella rappresentazione dell’anonimo philopatris ierapolitano, avrebbe eventualmen-te sottolineato una volontà nell’allineamento politico e ideologico alla propaganda imperiale.

L’elevata qualità formale del ritratto e l’antichità di quest’ultimo rispetto alle altre evidenze ritrattistiche di privati cittadini censite nella città frigia, tutte ascrivibili ad un orizzonte crono-logico fluttuante tra il IV e V d.C.22, fanno della nostra testa un esemplare unico nel suo genere, in vista anche del forte valore ideologico sotteso alla rimodulazione dello schema iconografico di evocazione cesariana.

19 radT 1975, 363, fig. 9; FilGis, radT 1986, 127-145, tavv. 44-46; smiTh 1988, 105-106, 131-132, tav. 72, 2; hüBner 1988, 336-337, fig. 1-3.

20 Sugli schemi utilizzati per le statue onorarie, v. ZanKer 1983; GoeTTe 1990; sehlmeyer 1999; CroZ 2002; halleTT 2005.21 Sull’Hüftmantelschema con relativi sottogruppi tipologici, niemeyer 1968, 101-104, nn. 71, 73, 79, 81, tavv. 23, 26, 1-2; dähn

1973; BieBer 1977, 42-43, 193, tav. 17, nn. 90-93; 193, tav. 135; BosChunG 2002, cat. 1.12-1.14, 6.1-3, 7.7, 14.1, 14.3, 17.2, 19.2, 21.12, 33.1-2, 35.1, 35.2, 42.1-2; sulla definizione del tipo, v. maGGi 1990, 63-76; da ultimo posT 2004.

22 BeJor 1991, 34-36, cat. 20, tavv. 22-23 (IV sec. d.C.); 36-37, cat. 21, tav. 24 (IV sec. d.C.); 72-73, cat. 36, tav. 38 (V sec. d.C.); 73-74, cat. 39, tav. 39 (IV sec. d.C.).

Giuseppe Pellino10

La scarsità della documentazione relativa alla ritrattistica d’età imperiale va certamente ascritta all’opera di programmatica defunzionalizzazione dei materiali scultorei praticata a parti-re dalla prima età bizantina a danno degli anathemata d’età imperiale impiegati come materiale di riuso nelle erigende costruzioni. Sono sopravvissuti a questa programmatica devastazione di imagines, i busti clipeati attribuiti a Eumene II e Attalo I, in quanto sigillati dal crollo della frontescena del teatro della città e pertinenti alla decorazione della facciata nella sua fase di III sec. d.C.22; a questa sistematica opera di smontaggio e di successivo riuso non è sfuggita neppure un’imago clipeata raffigurante Socrate, della prima metà del V sec. d.C., recuperata sulla Via di Frontino in giacitura secondaria in attesa di essere reimpiegata all’interno di un nuovo complesso di media o tarda età bizantina23. La versione ierapolitana dell’immagine di uno dei più carisma-tici filosofi dell’antichità fu senza dubbio preservata in quanto rievocazione di quell’immagine di Cristo nello schema del theios aner, che inizia a diffondersi a Roma nella pittura catacombale e sui sarcofagi all’incirca dalla prima metà del IV d.C.24.

L’interesse della testa in esame, alla luce dei pochi elementi di cui disponiamo dell’arredo scultoreo relativo alla prima età imperiale, motiva ulteriori approfondimenti di ricerca sul terre-no volti a definire le fasi di frequentazione del santuario nella primissima età imperiale, che le indagini degli ultimi anni stanno sorprendentemente portando alla luce25.

23 pellino 2005, 62 nota 4.24 d’andria, mannino 2007, 135-136, figg. 2-5.25 Sull’argomento, v. ZanKer 1997; BrenK 2005; ZanKer 2006.

Le Attività delle Campagne di Scavo e Restauro / 2004-2006 – Un ritratto virile d’età augustea dal Santuario di Apollo 11

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