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429 Gionata Brusa (Università di Würzburg) UN AMANUENSE NELLA VERCELLI DI FINE TRECENTO: ANTONIO RASINO PARROCO DI SAN PIETRO DELLA FERLA La monumentale opera Manoscritti Datati d’Italia intrapresa circa una ventina di anni fa 1 con lo scopo di individuare codici recanti datazione o sottoscrizione del copista conservati in biblioteche o archivi in territorio ita- liano 2 ha creato poco alla volta un valido ausilio per la datazione di mano- scritti per così dire anonimi, tramite la comparazione delle scritture 3 , e per 1 Abbreviazioni: BHL = Bibliotheca hagiographica latina antiquae et mediae aetatis, 2 voll., Bruxelles 1898-1901 (Subsidia hagiographica, 6) (rist. anast. 1992); H. Fros, Bibliotheca hagiographica (...). Novum Supplementum, Bruxelles 1986 (Subsidia hagiographica, 70); NE = I necrologi eusebiani, a cura di G. Colombo e R. Pastè, in «Bollettino storico-bibliografico subalpino», 2 (1897), pp. 1-96, 210-221, 383-394; 3 (1898), pp. 190-208, 279-297; 4 (1899), pp. 349-364; 6 (1901), pp. 1-15; 7 (1902), pp. 366-374; 25 (1923), pp. 332-355. Il progetto sui Manoscritti Datati d’Italia (= MDI) si colloca sin dall’inizio saldamente all’interno del progetto internazionale dei manoscritti datati patrocinato dal Comité International de Paléographie latine, ma si distacca dai volumi già editi in Italia o altrove, cercando di mettere in pratica le conclusioni e i suggerimenti del seminario internazionale di Neuchâtel tenutosi nel 1983. A tal proposito si veda il volume Le manuscrits datés. Premier bilan et perspectives / Die datierte Handschriften. Erste Bilanz und Perspektiven, Neuchâtel / Neuenburg 1983, a cura di G. Grand, J. P. Gumbert, D. Muzerelle, B. M. von Scarpatetti, Paris 1985. Attualmente la serie MDI pubblicata presso la casa editrice SISMEL - Edizioni del Galluzzo consta di 23 volumi. 2 A livello generale pur con tutti i limiti del caso rimangono fondamentali i sei volumi editi dai Benedettini di Bouveret Colophons de manuscrits occidentaux des origines aux XVI e siècle, Fribourg 1965-1982 (Spicilegii Friburgensis Subsidia, 2-7) basati su una scelta molto vasta e disomogenea di cataloghi, repertori, sussidi bibliografici etc. etc. Importanti riflessioni su scriba e colophon come metodo d’indagine al di là del dato paleografico si trovano in P. Supino Martini, Il libro e il tempo, in Scribi e colofoni. Le sottoscrizioni di copisti dalle origini all’avvento della stampa. Atti del convegno di Erice X Colloquio del Comité international de paléographie latine (23-28 ottobre 1993), a cura di E. Condello, G. De Gregorio, Spoleto 1995 (Biblioteca del «Centro di per il collegamento degli studi medievali e umanistici in Umbria», 14), pp. 3-33; A. Derolez, Pourquoi les copistes segnaient-ils leurs manuscrits?, in Scribi e colofoni. Le sottoscrizioni di copisti dalle origini all’avvento della stampa. Atti del convegno di Erice X Colloquio del Comité international de paléographie latine (23-28 ottobre 1993), a cura di E. Condello e G. De Gregorio, Spoleto 1995 (Biblioteca del «Centro di per il collegamento degli studi medievali e umanistici in Umbria», 14), pp. 37-56. 3 Per assolvere a questa funzione ciascuna scheda di manoscritto è corredata da una riproduzione fotografica sull’esempio del tuttora imprescindibile lavoro di E. A. Lowe, Codices Latini Antiquiores. A Paleographical Guide to Latin Manuscrits prior to the Ninth Century, I-IX, Oxford 1934-1966; Supplement 1971.

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Un amanUense nella Vercelli di fine TrecenTo: anTonio rasino parroco di san pieTro della ferla

La monumentale opera Manoscritti Datati d’Italia intrapresa circa una ventina di anni fa1 con lo scopo di individuare codici recanti datazione o sottoscrizione del copista conservati in biblioteche o archivi in territorio ita-liano2 ha creato poco alla volta un valido ausilio per la datazione di mano-scritti per così dire anonimi, tramite la comparazione delle scritture3, e per

1 Abbreviazioni: BHL = Bibliotheca hagiographica latina antiquae et mediae aetatis, 2 voll., Bruxelles 1898-1901 (Subsidia hagiographica, 6) (rist. anast. 1992); H. Fros, Bibliotheca hagiographica (...). Novum Supplementum, Bruxelles 1986 (Subsidia hagiographica, 70); NE = I necrologi eusebiani, a cura di G. Colombo e R. Pastè, in «Bollettino storico-bibliografico subalpino», 2 (1897), pp. 1-96, 210-221, 383-394; 3 (1898), pp. 190-208, 279-297; 4 (1899), pp. 349-364; 6 (1901), pp. 1-15; 7 (1902), pp. 366-374; 25 (1923), pp. 332-355. Il progetto sui Manoscritti Datati d’Italia (= MDI) si colloca sin dall’inizio saldamente all’interno del progetto internazionale dei manoscritti datati patrocinato dal Comité International de Paléographie latine, ma si distacca dai volumi già editi in Italia o altrove, cercando di mettere in pratica le conclusioni e i suggerimenti del seminario internazionale di Neuchâtel tenutosi nel 1983. A tal proposito si veda il volume Le manuscrits datés. Premier bilan et perspectives / Die datierte Handschriften. Erste Bilanz und Perspektiven, Neuchâtel / Neuenburg 1983, a cura di G. Grand, J. P. Gumbert, D. Muzerelle, B. M. von Scarpatetti, Paris 1985. Attualmente la serie MDI pubblicata presso la casa editrice SISMEL - Edizioni del Galluzzo consta di 23 volumi.2 A livello generale pur con tutti i limiti del caso rimangono fondamentali i sei volumi editi dai Benedettini di Bouveret Colophons de manuscrits occidentaux des origines aux XVIe siècle, Fribourg 1965-1982 (Spicilegii Friburgensis Subsidia, 2-7) basati su una scelta molto vasta e disomogenea di cataloghi, repertori, sussidi bibliografici etc. etc. Importanti riflessioni su scriba e colophon come metodo d’indagine al di là del dato paleografico si trovano in P. Supino Martini, Il libro e il tempo, in Scribi e colofoni. Le sottoscrizioni di copisti dalle origini all’avvento della stampa. Atti del convegno di Erice X Colloquio del Comité international de paléographie latine (23-28 ottobre 1993), a cura di E. Condello, G. De Gregorio, Spoleto 1995 (Biblioteca del «Centro di per il collegamento degli studi medievali e umanistici in Umbria», 14), pp. 3-33; A. Derolez, Pourquoi les copistes segnaient-ils leurs manuscrits?, in Scribi e colofoni. Le sottoscrizioni di copisti dalle origini all’avvento della stampa. Atti del convegno di Erice X Colloquio del Comité international de paléographie latine (23-28 ottobre 1993), a cura di E. Condello e G. De Gregorio, Spoleto 1995 (Biblioteca del «Centro di per il collegamento degli studi medievali e umanistici in Umbria», 14), pp. 37-56.  3 Per assolvere a questa funzione ciascuna scheda di manoscritto è corredata da una riproduzione fotografica sull’esempio del tuttora imprescindibile lavoro di E. A. Lowe, Codices Latini Antiquiores. A Paleographical Guide to Latin Manuscrits prior to the Ninth Century, I-IX, Oxford 1934-1966; Supplement 1971.

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evidenziare peculiarità grafiche di determinati scriptoria, ma oltre a questo ha portato sulla scena il nome di numerosi amanuensi, uomini e donne4, che facevano dell’attività di copiatura di testi un vero e proprio lavoro. Questo è valido anche per Vercelli dove tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattro-cento fu attivo Antonio de Raxinis o Antonio Rasino rector della chiesa di San Pietro della Ferla5 e cappellano di Santa Maria Maggiore.

A differenza però di molti amanuensi la cui figura per lo più rimane esclusivamente un nome avvolto in un alone di mistero, del Rasino, già oggetto in passato di ricerche soprattutto di studiosi locali6, possediamo alcuni documenti, tra cui il testamento, che consentono di avvicinarci mag-giormente alla sua personalità e attività; inoltre ulteriori indagini effettuate sui manoscritti conservati presso la Biblioteca Capitolare di Vercelli hanno permesso di individuare altri suoi interventi, che ampliano ulteriormente il suo raggio di azione.

L’identificazione della mano del Rasino è veicolata dalla sottoscrizione che compare al f. 196rB del Breviario BCV, XLIII7: “M CCC LXXX VIIII.

4 Sull’attività di copiatura in ambito femminile si veda L. Miglio, «A mulieribus conscriptos arbitror »: donne e scrittura, in Scribi e colofoni cit., pp. 235-266, con seguenti cinque tavole di confronto; in ambito italiano utilissimo strumento è il repertorio “Donne e cultura scritta nel Medioevo” curato da M. Palma consultabile on-line all’indirizzo: http://edu.let.unicas.it/womediev/5 La chiesa di San Pietro della Ferla che sorgeva nei pressi dell’odierna piazzetta Mella venne probabilmente eretta tra la fine del sec. VII e il sec. IX, come “cappella” a servizio del manipolo di case che erano sorte via via in quel periodo fuori Porta Aralda sul lato orientale della cinta murata longobarda. Almeno a partire dalla prima metà del sec. XII esisteva presso la chiesa un “consorzio” o “compagnia”, che ebbe come finalità quella di pregare per l’anima dei soci defunti. Tra il 1222 e il 1233 circa fu assunta dai Frati Domenicani come provvisoria sede per il proprio ordine: vd. G. Ferraris, Le chiese “stazionali” delle rogazioni minori a Vercelli dal sec. X al sec. XI, a cura di G. Tibaldeschi, Vercelli 1995, pp. 27, 31, 144-147, nota 129. 6 A. Bersano, Le antiche scuole del Comune di Vercelli, in «Bollettino storico-sibliografico subalpino», 59 (1961), pp. 543-593, p. 561 (con nome volgarizzato in Rossino); G. Ferraris, Le necessarie premesse allo studio sui “Gualdi” e “Guazzi”, in «Bollettino Storico per la Provincia di Novara», 79 (1988), pp. I-XXX, alle pp. XVII-XVIII; D. Arnoldi, Vercelli vecchia e antica, a cura di G. Tibaldeschi, Vercelli 1992, pp. 50-51, 100, nota 61; 101-102, nota 63; Ferraris, Le chiese «stazionali» cit., pp. 148-149, nota 129; P. Rosso, Studio e poteri. Università, istituzioni e cultura a Vercelli fra XIII e XIV secolo, Torino 2010, pp. 87-88, 127-128 e 151; P. Rosso, Università e sapientes iuris a Vercelli nel sec. XIV, in Vercelli nel sec. XIV. Atti del Quinto Congresso Storico Vercellese (Vercelli, 28-30 novembre 2008), a cura di A. Barbero e R. Comba, Vercelli 2010, pp. 169-244, pp. 209-210.7 Sul manoscritto si vedano P. Canetti, Descrizione Dei Codici Esistenti nell’Archivio

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Completum fuit istud Breviarium per me presbiterum Antonium Raxinum de Blandrate rectorem ecclesie Sancti Petri de Vercellis, quod Breviarium legavi et lego perpetualiter praedictae ecclesie Sancti Petri”8 (tav. 1). Po-che parole ma ricche di informazioni, in quanto ci permettono innanzitutto di associare un nome con una scrittura: “per me Antonium Raxinum de Blandrate”, indicando inoltre quale carica rivestisse il copista nel momento in cui il tomo venne terminato: “presbiterum [...] rectorem ecclesie Sancti Petri de Vercellis”]; 2. è indicato l’anno, il 1389, in cui il manoscritto venne terminato, completum fuit, ponendo un termine di paragone per valutare cronologicamente altri manoscritti; 3. il codice viene legato in perpetuo dal sottoscrittore alla chiesa in cui officiava: “quod Breviarium legavi et lego perpetualiter praedictae ecclesiae Sancti Petri”. Analizzando dal punto di vista paleografico la mano del Rasino si individuano tratti piuttosto pecu-liari, distanti dalle grafie calligrafiche coeve di copisti professionisti ma per tal motivo uniformi e anonimi nella loro omogeneità di caratteri. Invece il suo tratto grossolano e nervoso, se da un lato ci fa dubitare che fosse un copista di professione, dall’altro rende piuttosto semplice l’identificazione visiva dei suoi interventi in altri manoscritti, rendendo collateralmente pos-sibile fare alcune considerazioni su quale fosse la disponibilità libraria per la celebrazione di Messa e Ufficio in una parrocchia, piccola e povera, quale quella di San Pietro della Ferla di Vercelli tra la fine Trecento e l’inizio

Capitolare Di S. Eusebio in Vercelli Compilata Dal Canonico Archivista Pietro Canetti nel Decennio 1878-1888, p. 66 [inventario manoscritto conservato presso la Biblioteca Capitolare di Vercelli sotto la segnatura MS 21]; R. Pasté, Inventario dei manoscritti dell’Archivio Capitolare di Vercelli, in Inventario dei manoscritti delle biblioteche d’Italia, a cura di E. Sorbelli, vol. XXXI, Firenze 1924, p. 16; K. Ottosen, L’antiphonaire latin au Moyen Age. Réorganisation des séries de répons de l’Avent classés par R.-J.Hesbert, Roma 1986 (Rerum Ecclesiasticarum Documenta. Extra seriem), p. 319; Ferraris, Le chiese “stazionali” cit., p. 148, nota 19; G. Baroffio, Iter Liturgicum Italicum, Padova 1999, p. 296; G. Mele, “Hic natus de Sardinia”. Nota storica e codicologica sull’innografia eusebiana, in La Sardegna paleocristiana tra Eusebio e Gregorio Magno. Atti del Congresso Nazionale di Studi (Cagliari, 10-12 ottobre 1996), a cura di A. Mattino, A. M. Corda, N. Spaccapelo, G. Sotgiu, Cagliari 1999 (Studi e Ricerche di Cultura Religiosa, N. S., 1), pp. 309-329, alle pp. 319-320; G. Brusa, Il “Liber Ordinarius Ecclesiae Vercellensis”, in «Rivista Internazionale di Musica Sacra», 28 (2007), pp. 133-169, alle pp. 152-153; G. Baroffio, Iter Litergicum Italicum. Editio Maior, Stroncone 2011 (Instrumenta, 1), p. 779.8 Il manoscritto verrà censito nel lavoro di Simona Gavinelli (che ringrazio per la comunicazione) sui manoscritti datati del Piemonte (esclusa Torino) di prossima pubblicazione nella collana Manoscritti Datati d’Italia.

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del Quattrocento. Il Rasino come vedremo si adattò, cercando una sorta di compromesso tra vecchio e nuovo, tra quello che trovò già a sua disposizio-ne e quello di cui aveva necessariamente bisogno.

Il testamento del Rasino9, redatto il 23 agosto 1404, è elemento essen-ziale per discernere quali manoscritti il sacerdote avesse già a sua disposi-zione nel momento in cui prese possesso della chiesa di San Pietro della Ferla e quali invece fu necessario provvedere10. Il breviario, libro conten-tente tutto ciò che occorre per la recita quotidiana dell’Ufficio delle ore (canti, orazioni e letture) era un volume indispensabile in una chiesa. San Pietro della Ferla doveva però esserene sprovvisto in quanto il summen-zionato manoscritto con la sottoscrizione è facilmente identificabile nel te-stamento: “Item legavit et iure legali relinquit dicte ecclesie Sancti Petri unum imbreviarium magnum scriptum manu dicti testatoris quod nundum est quaternatum”. Il notaio oltre a indicare esplicitamente che venne scritto per mano del testatore utilizza un interessante inciso nondum est quaterna-tum, traducibile come non ancora fascicolato11 o meglio con i fascicoli non ancora legati12, notevole dal punto di vista codicologico e rivelatore per ciò

9 ACVc, Atti privati, cartella XCII, nr. 15. Stralci del testamento riguardanti i codici sono già state pubblicati in Arnoldi, Vercelli vecchia cit., p. 101, nota 63; Ferraris, Le chiese «stazionali» cit., p. 148, nota 148. 10 I testamenti sono miniere di notizie per la ricostituzione di biblioteche private ma anche ausilii per l’identificazione di eventuali fondi costituenti un’attuale biblioteca, soprattutto in ambito ecclesiastico. Per Vercelli rimane punto di partenza per le indagini R. Pastè, Donatori di Codici Eusebiani, in «Archivio della Società Vercellese di Storia ed Arte», 13 (1921), n. 3, pp. 667-673; il lavoro più recente sul tema è di G. Ferraris, Ornamenta ecclesie. Paramenti, oggetti e libri liturgici nel mediovo vercellese (secc. XII-XV), in «Bollettino Storico Vercellese», 78 (2012), pp. 4-42.11 Sui termini “quaternio” / “quaternus” per indicare un fascicolo si veda S. Rizzo, Il lessico filologico degli umanisti, Roma 1973 (Sussidi eruditi, 26), p. 45. 12 I termini “quaternatus” / “dequaternatus” vengono utilizzato nel 1426 da Giovanni de Guidalardis, canonico e tesoriere di S. Eusebio di Vercelli, per descrivere la condizione materiale in cui versavano i codici “qui sunt in libraria”: 2. Item liber omeliarum antiquissimus [...] aliquantulum dequaternatus [...]; 9. Item liber unus bibliae [...] cum duobus asseribus, non ligatis nec cum dicto libro quaternatis; 20. Item missale unum antiquum [...] sed male quaternatus (sic); 26. Item liber legis Longobardorum [...] sine asseribus, tamen bene quaternatus; 29. Item antiphonarium unum [...] cum asseribus male quaternatum; 69. Item liber orationum [...] cum pravis asseribus et male quaternatus. L’inventario del Guidalardi è edito in Ferraris, Le chiese “stazionali” cit., pp. 261-262; cfr. anche S. Gavinelli, Gli inventari librari delle cattedrali e dei monasteri del Piemonte, in Livres, lecteurs et bibliothèque de l’Italie médiévale (IXe-XVe siècles). Sources, textes et usage. Acte de la Table ronde italo-française (Rome, 7-8 mars 1997) / Libri, lettori e biblioteche dell’Italia medievale (secoli

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che concerne la storia della confezionatura del manoscritto, che a un’at-tenta analisi del manufatto si rivela articolata in più fasi. Oltre alla mano del Rasino autore del calendario (ff. 1r-8v), dell’innario (ff. 58r-65v) e di gran parte del Breviario vero e proprio (ff. 84r-187r; 196r-209v, 212r-321r) possiamo individuare ulteriori tre copisti coevi individuati da blocchi ben definiti: il primo trascrisse il salterio liturgico (ff. 9r-55v), il secondo vergò la parte iniziale del Breviario (ff. 66r-83v), mentre all’ultimo è attribuibile la sezione con le omelie per il ciclo delle Domeniche dopo la Pentecoste (ff. 188r-195v). Dal testamento tuttavia ricaviamo ulteriori informazioni in merito: il Rasino lega alla propria chiesa anche un innario, sempre scrit-to di propro pugno, e un salterio acquistato con i propri averi: “salterium unum cum assidibus cum uno ynario simul, quos libros fecit et emit de sua pecunia”. L’innario e il salterio sono ipoteticamente identificabili con due delle attuali sezioni costitutive del Breviario BCV, XLIII, il primo, come abbiamo viso di mano del Rasino (ff. 58r-65v), il secondo vergato da altra mano (ff. 9r-55v). A questa ipotesi obstano due considerazioni: la prima che così come è strutturata la frase nel testamento pare che sia l’innario ad essere stato acquistato e il salterio copiato dal Rasino; la seconda è che il salterio, come viene descritto, era già rilegato cum assidibus, il che signifi-ca che necessariamente in una fase intermedia dovette essere smontato. In ogni caso è interessante notare come il Breviario al momento della stesura del testamento non avesse ancora la fisionomia attuale e alcune delle sue odierne sezioni siano state assemblate in una data posteriore al 1404.

Proseguendo nella lettura del testamento il Rasino lega alla propria chie-sa un ulteriore manoscritto: “Item legavit dicte ecclesie aliud salterium cum ynario de papiro et cum commune et cum officio mortuorum et cum racio-ne pasce et lune et cum multis orationibus devotis simul quaternatum cum copertorio corii”. Anche in questo caso la descrizione offerta dal notaio è piuttosto precisa, tuttavia allo stadio attuale delle ricerche non è stato

IX-XV). Fonti, testi, utilizzazione del libro. Atti della tavola rotonda italo-francese (Roma, 7-8 marzo 1997), a cura di G. Lombardi, D. Nebbia Dalla Guarda, Paris-Roma 2000 [ma 2001] (Documents, Études et Répertoires, 64), pp. 373-410, alle pp. 380-381. In ambiente umanistico (Poggio, Petrarca) l’aggettivo adoperato per indicare il libro non legato è l’aulico solutus / dissolutus. Di uso più corrente, e maggiormente avvicinabile alla descrizione del testamento, è disquaternatus e il suo parallelo in volgare “squadernato” vd. Rizzo, Il lessico filologico cit., p. 68.

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possibile rintracciare questo Salterio-Innario contenente comune dei santi, ufficio dei defunti, tavole per il computo della Pasqua e della luna e molte altre orazioni devote.

Per contro è decisamente sorprendente la mancata menzione nel testa-mento dell’altro manoscritto la cui appartenenza alla chiesa di San Pietro della Ferla è accertata da tempo13: il Messale votivo BCV, XCVII14 (tav. 2). Questo piccolo volume, attualmente scompaginato, contiene un Ordo Mis-sae, messe per i defunti, messe votive e i formulari delle maggiori festività del Temporale e Santorale. Esso venne in gran parte copiato dal Rasino (ff. 13r-14v, 18v, 44r-70r), in collaborazione con un copista dal tratto indubbia-mente più morbido e calligrafico (ff. 1r-12v, 15r-16v, 19r-43v, 71r-74v), che si occupò inoltre di fornire di notazione musicale alcuni dei canti presenti nel testo. Il codice inoltre ci fornisce l’indicazione di un altro Messale in uso presso la chiesa di San Pietro della Ferla: infatti nel margine inferiore di f. 13r il Rasino stilando l’indice del contenuto del volume, si premurò di aggiungere: “Tempore Adventus require multas oraciones in alio libro Misale in foliis LVI”. Cappellano almeno sin dal 30 novembre 1378 presso la cappella dei Santi Giulio e Sebastiano sito nella chiesa di Santa Maria Maggiore e ministralis anniversariorum della stessa15, il Rasino nel testa-mento legò pro remedio anime sue allo stesso un altro Messale insieme ad

13 Ferraris, Le chiese “stazionali” cit., p. 148, nota 129.14 Il manoscritto importante anche dal punto di vista musicale è stato preso in considerazione anche in numerosi lavori di stampo prettamente musicologico volti all’edizione delle melodie dei canti dell’Ordinario della Messa: Canetti, Descrizione cit., pp. 151-152; Pastè, Inventario cit., p. 29; D. Bosse, Untersuchung einstimmiger mittelalterlicher Melodien zum “Gloria in excelsis”, Regensburg 1955 (Forschungbeiträge zur Musikwissenschaft, 2), p. 80; M. Landwehr-Melnicki, Das einstimmige Kyrie des lateinischen Mittelalters, Regensburg 1955 (Forschungsbeiträge zur Musikwissenschaft, 1), p. 134; M. Schildbach, Das einstimmige Agnus Dei und seine handschriftliche Überlieferung vom 10. bis zum 16. Jahrhundert, Erlangen 1967, p. 189; P. J. Thannabaur, Das einstimmige Sanctus der römischen Messe in der handschriftlichen Überlieferung des 11. bis 16. Jahrhundert, München 1962 (Erlanger Arbeiten zur Musikwissenschaft, 1), p. 23; K.-H. Schlager, Alleluia-Melodien II: ab 1100, Kassel 1987, (Monumenta Monodica Medii Aevii, 8), p. 906; Ferraris, Le chiese “stazionali” cit., p. 148, nota 29; Baroffio, Iter Liturgicum cit., p. 296; G. Brusa, Iter Eusebianum, in «Rivista Internazionale di Musica Sacra», 27 (2006), pp. 31-70, alle pp. 40-41; Usus psallendi ecclesiae Vercellesis. Studia et editionem paravit I. Brusa adlaborante F. Dell’Oro, Roma 2009 (Monumenta Italiae Liturgica, 4), p. 378; Baroffio, Iter Maior cit., p. 780. 15 ASCVc, F. da Biandrate, 805, 1377-1378, ff. 209v-210v. Ringrazio la dott.ssa E. Canobbio per aver messo a disposizione il suo importantissimo lavoro di regestazione dei protocolli conservati presso l’Archivio Storico Civico e la dott.ssa S. Minelli per la segnalazione.

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altre suppellettili liturgiche: “Item legavit et iure legali reliquit pro remedio anime sue capelle Ss. Iulii et Sebastiani, quam obtinet in ecclesia S. Marie maioris Vercellarum constructe per illos de progenia de Bociis de Clavazia [...] et librum unum missale”.

A questi cinque summenzionati manoscritti, due dei quali in gran parte vergati di proprio pugno, vanno aggiunti ulteriori 7 codici che, sempre nel testamento il Rasino dichiara di aver trovato presso la chiesa di San Pietro della Ferla, nel momento in cui ne venne istituito rector, legandoli in per-petuo alla stessa: “ [...] infrascripta bona dicit quod invenit [...] item librum unum de legendis sanctorum grossum cum assidibus; item librum unum in quo est ystoria Genesis; item librum unum cum exposicionibus evangelio-rum et epistolarum tocius anni; item antifonarium unum de die; item aliud antifonarium de nocte; item missale unum cum assidibus in magno volumi-ne; item epistolarium unum cum evangelis [...]”: un grosso legendario, un lezionario per l’ufficio più che una Bibbia, un omeliario, un antifonario in-vernale e uno estivo, un grosso messale, e un evangeliario-epistolario. Una fortuna, viste le pessime condizioni economiche in cui versava la chiesa. Il Rasino trovò a sua disposizione gran parte del corredo librario necessario per la celebrazione di Messa e Ufficio. Il nostro sacerdote utilizzò effettiva-mente almeno un paio di questi volumi: la sua caratteristica grafia unita alla necessità di aggiornamento al Santorale permettono infatti di identificare almeno due dei succitati volumi.

Il codice BCV, XLV16, scritto nella seconda metà del sec. XII, si confi-gura come un Legendario estivo di origine vercellese17. Sull’ultimo foglio, originariamente vuoto, venne aggiunto il testo apocrifo del Transito del-la beata vergine attribuito allo Pseudo-Giovanni d’Arimatea18 (tav. 3). La mano è indubbiamente quella del Rasino e il codice quindi potrebbe esse-

16 Povera è la bibliografia sul codice: Canetti, Descrizione cit., pp. 66-68; Pastè, Inventario cit., p. 296; Baroffio, Iter Liturgicum cit., p. 296; Id., Iter Maior cit., p. 531. 17 La presenza della Vita Antiqua di Eusebio protovescovo di Vercelli (BHL 2748) ai ff. 30r-40r, Bonomio abate di Lucedio (BHL 1421) ai ff. 87v-90r, e più latamente di Agabio protovescovo di Novara (BHL 117m) ai ff. 90r-91v, oltre alla suddivisione dei testi in 3, 6 o 9 lezioni secondo l’uso secolare, indicano che fu copiato per una chiesa vercellese. 18 Ps. Ioseph de Arimathea, Transitus beatae Mariae, in Apocalypses apocryphae Mosis, Esdrae, Pauli, Iohannis, item Mariae dormitio, additis evangeliorum et actuum apostolorum apocryphorum supplementis, ed. by C. Tischendorf , Lipsiae 1866, pp. 113-116 = BHL 5350.

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re identificato con quell’item librum unum de legendis sanctorum grossum cum assidibus menzionato nel testamento19. Questo testo agiografico oggi mutilo, ma che anticamente continuava20, rappresenta allo stato attuale delle ricerche un unicum nel panorama manoscritto vercellese21.

Un’ulteriore codice, che sicuramente il Rasino ebbe tra le mani e uti-lizzò, fu il ponderoso Messale monastico BCV, LVI copiato per l’abbazia di S. Genuario di Lucedio verso la metà del sec. XI, da dove poco dopo la metà del sec. XIII passò alla chiesa di S. Pietro della Ferla22. Tra le diverse mani che costellano i margini del manoscritto con lo scopo di adeguarlo alla consuetudine liturgica vercellese aggiornandone il santorale è evidente l’intervento del Rasino con la sua inconfondibile grafia (ad esempio ai ff. 135r, 163r, 172r). Ulteriori due suoi interventi si registrano nel calendario23

19 Anche le dimensioni (mm 386 × 260) e la legatura quattrocentesca parrebbero corroborare l’ipotesi d’identificazione.20 Ne è prova la parola di richiamo posta al centro del margine inferiore del verso del foglio.21 Il Rasino ebbe accesso a un antigrafo oggi andato perduto. Ma dove? Presso l’antica Biblioteca del Capitolo del Duomo? 22 Il manoscritto è costituito da tre sezioni: I (ff. 1r-22v) Cantatorio-Kyriale-Tropario-Sequenziario (metà circa del sec. XIII, Vercelli); II (ff. 23r-240v) Messale monastico (sec. XII/2, S. Genuario di Lucedio); III (ff. 241r-248v) Fascicolo estrapolato da un Messale (sec. XV circa). La prima sezione venne anteposta al Messale monastico nella seconda metà del sec. XIII con lo scopo preciso di adeguarlo all’uso di Vercelli (la lista dei versetti alleluiatici delle Domeniche dopo la Pentecoste concorda con quella locale) forse proprio quando il codice passò alla chieda di S. Pietro della Ferla, come comprovato anche dalle numerose note obituarie di cui è costellato il calendario. Sul manoscritto Canetti, Descrizione cit., pp. 85-95; Pastè, Inventario cit., p. 19; Bosse, Untersuchung cit., 80; Melnicki, Das einstimmige Kyrie cit., p. 134; Le Graduel Romain. Edition critique par les moines de Solesmes, II: Les sources, Solesmes 1957, p. 149; G. Oury, Les Messes de saint-Martin dans les sacramentaires gallicans, romano-francs et milanais, in «Études Grégoriennes», 5 (1962), pp. 73-97, a p. 82; Thannabaur, Das einstimmige Sanctus cit., p. 234; Schildbach, Das einstimmige Agnus Dei cit., p. 189; Gunilla Björkvall, Tropes du propre de la messe. 2: Cycle de Pâques. Edition critique des textes, Stockholm 1982 (Studia Latina Stockholmiensia, 25 = Corpus Troporum, 3), p. 41; Schlager, Alleluia-Melodien cit., 1987, 906; Ferraris, Le chiese “stazionali” cit., p. 147, nota 128; Baroffio, Iter Liturgicum cit., p. 296; Brusa, Iter Eusebianum cit., pp. 35-37; Usus psallendi cit., p. 378; Baroffio, Iter Maior cit., p. 779; G. Brusa, Prosule, tropi e sequenze in un messale monastico: Vercelli, Bibl. Cap., cod. LVI (pars b), in «Rivista Internazionale di Musica Sacra», 32 (2011), pp. 245-249.23 Al f. 237vB (23 aprile): Obiit dominus presbyter Michael Scotus capellanus altaris S.M[...] siti in ecclesia Sancti Eusebii qui iudicavit XII cap[...] Vercelle[...] unum qui est ante portam Strate pro quo debet fieri aniversarium et de quo debent dare predicte capelle solidos IIII annuatim in f[estivitat]e Sancti Spiritus pro eius aniversario; al f. 239vA (2 novembre): Hodie debet habere capellanus Sancti Petri si interfuerit officio mis<s>e in Sancto Eusebio

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tav. 4). Vi è pertanto la possibilità che il missale cum assidibus in magno volumine menzionato nel testamento sia effettivamente il codice LVI della Biblioteca Capitolare di Vercelli.

La presenza del Rasino in altri codici conservati presso la Biblioteca Ca-pitolare di Vercelli tuttavia non termina qui. Nel Calendario - Obituario del Duomo (meglio conosciuto in ambito locale come Necrologium Novum24), sezione della miscellanea liturgica BCV, XXXIII25, manoscritto che si con-figura in parte come una sorta di Liber Capituli26 utilizzato dai canonici durante l’ora di Prima27, per ricordare tra le altre cose canonici e benefattori per i quali era degno pregare, il sacerdote aggiunge ai ff. 76v e 146v due memorie: la prima è il ricordo della morte il 20 febbraio 1343 di Anaxtasia de Mandello che donò una casa al Capitolo della Cattedrale28 (tav. 5), nella

denarios [segue spazio lasciato vuoto] sicut et alii capellani.24 Le note obituarie di grande interesse per lo studio dei personaggi legati alla Chiesa vercellese sono state edite unitamente a quelle contenute nel Martyrologium Vetus (sezione della miscellanea liturgica BCV, LXII) ne’ I necrologi eusebiani cit. Una necessaria e auspicata nuova edizione in linea con i moderni criteri di indagine paleografica e metodologia scientifica è in fase di completamento a cura di G. Ferraris e H. Dormeier. 25 Il codice è composto da 4 unità codicologiche assemblate insieme probabilmente nel sec. XV: I (ff. 1r-7v) Innario (sec. XIII/1); II (ff. 8r-49v) Rabano Mauro, Martyrologium (sec. XIII in.); III (50r-63v) Sicardo di Cremona, Mitralis de Officiis, Liber IX (sec. XIII/1); IV (ff. 64r-154v) Calendario-Necrologio (sec. XII-XIII). Sul manoscritto: Canetti, Descrizione cit., pp. 45-48; Pastè, Inventario cit., p. 13; Ferraris, Le chiese “stazionali” cit., pp. 106-107, nota 11 e p. 111 nota 18 (dove il Ferraris identifica la seconda e quarta sezione del manoscritto con il Rabanus e il Martyrologium novum donati nel 1210 dal canonico Mandolo al Capitolo di Vercelli); Baroffio, Iter Liturgicum cit., p. 296; Id., Iter Maior cit., p. 779. 26 Il Libro del Capitolo raccoglie gli elementi necessari alla celebrazione dell’ufficio del Capitolo, una riunione comunitaria (religiosi, canonici) che si svolgeva nella sala del capitolo alla fine dell’ora di prima. Gli elementi principali sono il martirologio, la regola, l’evangelistario, un’omeliario ridotto. Sul Libro del Capitolo si vedano J.-L. Lemaître, Liber capituli. Le livre du chapitre, des origines au XVIe siècle. L’exemple français, in Memoria. Der geschichtliche Zeugniswert des liturgischen Gedenkens im Mittelalter, ed. K. Schmid, J. Wollasch, München 1984 (Münsterische Mittelalter-Schriften, 48), pp. 625-648; J. Vezin, Problèmes de datation et de localisation des livres de l’office de Prime, in in Memoria. Der geschichtliche Zeugniswert des liturgischen Gedenkens im Mittelalter, ersg. K. Schmid - J. Wollasch, München 1984 (Münsterische Mittelalter-Schriften, 48), pp. 613-624.27 Prima è un’ora canonica che veniva celebrata tra le 6 e le 7 dopo le lodi. Al suo interno ha preso corpo un’azione supplementare, il cosiddetto ufficio del capitolo: vd. François Masai, Les noms des heures et les textes de Cassien intéressant l’histoire de Prime, in «Archivum Latinitatis Medii Aevii», 19 (1945-1946), pp. 23-37.28 “M° CCC (corretto da CCCC con rasura della prima C) XLIII. De ergastulo carnis egressa est nobilis domina Anastaxia de Mandello que donavit quendam domum capitulo

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seconda viene annotato il decesso il 6 dicembre 1384 di Giacomina del fu Guideto di Quinto che lasciò una somma per il confezionamento di un cali-ce d’argento per la sacrestia del Duomo di Vercelli29.

L’attività di amanuense, la conoscenza della scrittura e l’insegnamento presso la scuola del maestro Antonio de Cabaliacha30 gli permisero anche di ovviare allo stato di povertà in cui versava la chiesa di san Pietro della Ferla31. In un atto del 4 marzo 1390 il sacerdote Pietro de Guischis dichiara di ben conoscere lo stato di povertà in cui versa la chiesa di S. Pietro per-chè: “iam die stetit ipse testis pro clerico cum ipso presbitero Antonio [...] et consideratis ipsis redditibus non potuisset vivere cumdecenter cum uno cerico, sed ipse presiter Antonius multa fuit lucratus in scribendo libros et in faciendo cartas et in docendo in scolis condam magistri Antonii de Cabaliacha”32. Lo stesso inoltre afferma che “predicta ecclesia Sancti Petri est parvio parochia de tota civitate et non habet nixi deceseptem solarios in tota dicta vicinia nec ullas habet oblaciones”33. L’Arnoldi, senza indica-re tuttavia la fonte, riporta la testimonianza anche di Giacome de Villata,

Vercellensi iacentem in vicinia Sancti Donati cui coheret ab una parte Iacobum de Gorreto ab alia Georgius de Blandrate et ab alia heredes Mathei de Blandrate et ab alia via publica; quae domum nunc capitulum locavit ad perpetuum infetosim Vernabono de Cocorellis pro pretio grossorum viginti quatuor pro quibus denariis capitulum debet facere fieri unum aniversarium annuatim et dignum est orare” (NE 131).29 “M°CCC octuogesimo quarto. Hac [h aggiunto in sovralinea] die obiit Iacobina filia quondam Guideti de Quinto que pro anime sue remedio reliquit pro uno calice faciendo ecclesie et sacrestie Beati Eusebii quodam centurium suum argenteum de quo procurantibus Eusebio filio dicte Iacobine Agnosina sorore dicte Iacomelle et Mazaborra viro dicte Agnesine dictus calis ponderis undecim unciarum vel circa fuit factus pulcer et deauratus unde pro ipsa Iacobina dignum est orare” (NE 893).30 Su Antonio de Cabaliacha, magister grammaticae, possediamo scarsissime notizie. Sulla sua figura Paolo Rosso riporta la presenza come testimone, e probabilmente come esperto del mercato librario, in un atto del 23 novembre 1372 redatto nell’abitazione di Antonio di Buronzo, canonico di S. Maria Maggiore, nel quale il religioso dichiarò di ricevere in prestito dal sacerdote Pietro de Laffracheto di Buronzo un prezioso e miniato manoscritto delle Decretales, lasciando un consistente deposito cauzionale di 20 fiorini d’oro (vd. Rosso, Studio e poteri cit., p. 151; il testo dell’atto è edito in appendice II, doc. 6). 31 Il Rasino si curò inoltre della rinascita dell’ospedale di San Lazzaro (hospitale sive domus leprosorum) ormai in stato di abbandono e decadenza, che venne unito alla chiesa di San Pietro della Ferla il 22 aprile 1398: vd. Arnoldi, Vercelli vecchia cit., pp. 101-102, nota 63. 32 Vd. Arnoldi, Vercelli vecchia cit., p. 100, nota 61 dove il nome del il teste è riportato come Bartolomeus filius Petri de Guischis; Rosso, Studio e poteri, pp. 87-88, nota 209.33 ACVc, Atti privati, cartella LIII; cfr. Arnoldi, Vercelli vecchia, p. 100, nota 61

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cappellano di Santa Maria Maggiore di Vercelli e uno dei due eredi istituiti dal Rasino nel suo testamento, il quale riferisce che “nisi quia predictus presbiter Antonius comedebat in domo condam patris sui et eciam scribebat et faciebat librum ad vendendum et docebat scolares, non potuisset stetisse hactenus apud dictam ecclesiam sanci Petri”34.

Un’ulteriore indiretta prova dello stato in cui gravava la chiesa ci è for-nita nuovamente dai due manoscritti scritti di suo pugno, il Breviario codi-ce XLIII e il Messale codice XVII della Capitolare, accomunati anche dal punto di vista codicologico per l’uso sistematico di fogli palinsesti, ovvero di pergamena già scritta, proveniente da manoscritti dismessi, che veniva lavata raschiata e nuovamente riutilizzata. I costi rispetto all’acquisto di nuovo materiale35 era indubbiamente più basso: manoscritti o anche altro materiale documentario, una volta divenuti obsoleti o di interesse, veni-vano venduti e il più delle volte smontati e rivenduti a cartolai, i quali li riutilizzavano anche per il confezionamento di legature per altri manoscritti o per documenti notarili quali filze e protocolli. Anche la città di Vercelli non è esente dal fenomeno delle cosiddette maculature36. Data la natura eterogenea dei manoscritti riutilizzati, sia dal punto tipologico sia da quello cronologico, è plausibile che il Rasino si sia rivolto anch’egli ad uno di que-sti. Nel complesso è possibile individuare tra Breviario e Messale cinque manoscritti di riutilizzo37: una Bibbia (tav. 6) databile a cavallo tra il sec. X e il sec. XI, in minuscola carolina, copiata su due colonne in un centro del Nord Italia (circa 20 fogli in tutto); un testo giuridico del sec. XIII con com-

34 Arnoldi, Vercelli vecchia cit., p. 100, nota 6135 Per un’idea del costo del confezionamento di nuova pergamena in anni relativamente vicini a quelli del Rasino (1456-1477) si veda ad esempio la tabella pubblicata in C. Federici, Inventari e documenti come fonti per un’archeologia del libro medievale, in Livres, lecteurs et bibliothèques cit., pp. 153-154. 36 L’Archivio di Stato, la Biblioteca Capitolare, l’Archivio Capitolare e l’Archivio Storico Civico conservano migliaia di frammenti provenienti da ogni tipologia manoscritta: sui frammenti liturgici G. Brusa, Maculature liturgiche nel Fondo Notarile Antico dell’Archivio Storico di Vercelli, in «Aevum», 83 (2009), pp. 431-527; Id., “Colligere fragmenta ne pereant”. Maculature liturgiche nella Biblioteca Capitolare di Vercelli, in «Rivista Internazionale di Musica Sacra», 31 (2009), pp. 97-136. Più recentemente sono stati studiati ed analizzati alcuni frammenti provenienti da alcuni lessici: A. Cerutti, Lessici scomposti in Bibliotheca, in Filologia e Linguistica. Studi in onore di Anna Cornagliotti, a cura di L. Bellone, G. Curà, M. Cursietti e M. Milani, Alessandria 2012, pp. 723-733.37 Già individuati nel complesso da Ferraris, Le chiese “stazionali” cit., p. 148, nota 129.

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mento, comune a entrambi i manoscritti del Rasino; un trecentesco volume di Statuti38 (tav. 7); un volume di transunti di atti notarili di provenienza vercellese39 (tav. 8); un ulteriore testo giuridico presente nel solo Messale.

Un’ultima domanda tuttavia sorge spontanea. Viste le non floride con-dizioni economiche, perchè intraprendere la stesura di un nuovo breviario, quando vi era già quasi tutto il necessario per la celebrazione dell’Ufficio nei manoscritti ritrovati dal Rasino allorchè prese possesso della chiesa di S. Pietro della Ferla: un legendario, un lezionario dell’officio, un omelia-rio e due antifonari? Una risposta possibile è per la volontà che ebbe di allinearsi alla riforma liturgica, alla nova consuetudo, che era stata attuata in Duomo circa una decina di anni prima della termine della stesura del Breviario. Infatti nel 1372 venne portata a termine la copiatura del codice LIII della Biblioteca Capitolare di Vercelli40, il cosidetto Usus psallendi ec-clesiae Vercellensis, il Libro Ordinario41 della Cattedrale ordinatus et com-pilatus a domino Eusebio de Dyonixis canonico et cantore predicte ecclesie Vercellensis. Questo piccolo tomo rappresenta una sorta di sparticque per i manoscritti dell’Ufficio di origine vercellese poichè tra le varie modifiche apportate è soprattutto il mutamento delle serie di responsori di Avvento

38 Al f. 204v si leggono piuttosto chiaramente due rubriche: De testoribus e De fornaxariis.39 Alcune porzioni di testo nei margini superiori non ben raschiate e rimaste leggibili (già trattate in precedenza con noce di galla) ci forniscono alcune indicazioni: al f. 97r: “communi Vercellarum”; al f. 170v: “fuit domino Francescho de Sexa”. Francesco de Sexa compare come vicario del podestà Napoleone della Torre in un documento datato 20 ottobre 1268 (vd. G. C. Faccio, M. Ranno, I Biscioni, vol. I, Torino 1934 (Biblioteca della Società Storica Subalpina, CXLV), doc. IX, p. 61.40 Il testo del manoscritto è edito in Usus psallendi cit. Per la relativa bibliografia si veda il paragrafo I.2 “Studi precedenti sul Liber Ordinarius Vercellesis”. Come sapientemente rilevato da Gianmario Ferraris nella recensione al volume (apparsa sul «Bollettino Storico Vercellese», 73 (2009), pp. 187-191, in particolare pp. 188-189), nel caso di Eusebio de Dyonixiis non siamo di fronte a un copista, ma al compilator, ovvero colui che in qualità di cantore e liturgista del Capitolo riorganizzò la liturgia in Cattedrale. 41 Il «Libro Ordinario» (Liber Ordinis, Breviarium, Ordo officii, Ordo mysteriorum, Liber usuum, Manuale, Consuetudines, Horologion) contiene una descrizione particolareggiata di tutte le celebrazioni disposte secondo la successione dei singoli giorni/festività lungo l’anno liturgico. I brani sono segnalati dal solo incipit, spesso estremamente contratto (ld = laudate dominum; m = misere), e sono intercalati da notizie rubricali. Il Libro Ordinario può abbracciare sia la liturgia delle Ore che la Messa oppure una sola di queste sezioni”: G. Baroffio, I manoscritti liturgici, in Guida a una descrizione uniforme dei manoscritti e al loro censimento, a cura di V. Jemolo, M. Morelli, Roma 1990 [Appendice III con nota bibliografica], pp. 143-192, p. 154.

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a essere l’indizio principale per individuare i manoscritti rappresentativi dell’antica consuetudine o quelli confezionati dopo la stesura del Libro Or-dinario del 1372. Il Breviario del Rasino, che come recita l’incipit viene qualificato secundum usum ecclesie Vercellensis, riporta questa modifica ed è pertanto un testimone della nuova consuetudine, alla quale il canonico sentì in tempi il bisogno di allinearsi.

La conoscenza e la possibilità di dare un volto a una grafia ci ha per-messo, in questo breve excursus tra codici, quasi di immergerci nella vita quotidiana di una sacerdote alle prese con gravi difficoltà economiche, a cui rispose con intraprendenza e ingegnosità, utilizzando al servizio della propria chiesa le poche risorse iniziali a sua disposizione.

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