Tra pittura e scultura. Ricerche nell’archivio notarile di Camerino

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1 Pubblicato in Storie da un archivio: frequentazioni, vicende e ricerche negli archivi camerinesi , atti della conferenza (Camerino 2006), Camerino 2006, pp. 1-32. Limpaginazione di questo file pdf rispecchia quella originale. Matteo Mazzalupi TRA PITTURA E SCULTURA. RICERCHE NELL‟ARCHIVIO NOTARILE DI CAMERINO Perduti del tutto, almeno per le epoche anteriori al Quattrocento, gli archivi delle istituzioni cittadine civili e religiose di Camerino, l‟archivio notarile rimane fonte pressoché unica per tentare di dare un volto all‟età che vide la massima fioritura artistica della città. In questo campo i registri dei notai camerti sembrano riservare ancora molte sorprese. A dimostrazione di questo, presento qui alcuni frutti delle ricerche, tutt‟altro che sistematiche, che ho svolto negli ultimi anni in questo fondo, relativamente al XV secolo e ai primi decenni del XVI. 1. Arcangelo di Cola e il trittico bruciato di Monastero Il più antico documento noto su Arcangelo di Cola di Vanni, morto dopo il 1429, è un pagamento del 1416 per un dipinto eseguito nel palazzo del Comune di Città di Castello 1 . Grazie ad un rogito inedito è ora possibile rintracciare notizie su di lui e sulla sua famiglia risalenti ad una decina d‟anni 1 Per i non molti documenti sul pittore si veda ora E. Di Stefano R. Cicconi, Regesto dei pittori a Camerino nel Quattrocento, in Pittori a Camerino nel Quattrocento, a cura di A. De Marchi, Milano 2002, pp. 448-466, docc. 8, 9, 12, 15, 23, 24, 26, 47, cui va aggiunta la registrazione, datata 1427, di un debito di 180 fiorini di “Archagnolo da Camerino” nei confronti del banchiere fiorentino Esaù Martellini (A. M. Bernacchioni, Arcangelo di Cola per i banchieri Esaù Martellini e Ilarione de’ Bardi , in I da Varano e le arti, atti del convegno [Camerino, 2001] a cura di A. De Marchi e P. L. Falaschi, Ripatransone 2003, pp. 233-244, p. 235). Sulla sua attività artistica: A. Marchi, Arcangelo di Cola, in Pittori … cit., pp. 160-169, e le schede dello stesso studioso e di Andrea De Marchi alle pp. 170-185.

Transcript of Tra pittura e scultura. Ricerche nell’archivio notarile di Camerino

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Pubblicato in Storie da un archivio: frequentazioni, vicende e ricerche negli archivi camerinesi, atti della conferenza (Camerino 2006), Camerino 2006, pp. 1-32. L‟impaginazione di questo file pdf rispecchia quella originale.

Matteo Mazzalupi

TRA PITTURA E SCULTURA.

RICERCHE NELL‟ARCHIVIO NOTARILE DI CAMERINO

Perduti del tutto, almeno per le epoche anteriori al Quattrocento, gli archivi delle istituzioni

cittadine civili e religiose di Camerino, l‟archivio notarile rimane fonte pressoché unica per tentare di

dare un volto all‟età che vide la massima fioritura artistica della città. In questo campo i registri dei notai

camerti sembrano riservare ancora molte sorprese. A dimostrazione di questo, presento qui alcuni frutti

delle ricerche, tutt‟altro che sistematiche, che ho svolto negli ultimi anni in questo fondo, relativamente

al XV secolo e ai primi decenni del XVI.

1. Arcangelo di Cola e il trittico bruciato di Monastero

Il più antico documento noto su Arcangelo di Cola di Vanni, morto dopo il 1429, è un

pagamento del 1416 per un dipinto eseguito nel palazzo del Comune di Città di Castello1. Grazie ad un

rogito inedito è ora possibile rintracciare notizie su di lui e sulla sua famiglia risalenti ad una decina

d‟anni

1 Per i non molti documenti sul pittore si veda ora E. Di Stefano – R. Cicconi, Regesto dei pittori a Camerino nel Quattrocento, in Pittori a Camerino nel Quattrocento, a cura di A. De Marchi, Milano 2002, pp. 448-466, docc. 8, 9, 12, 15, 23, 24, 26, 47, cui va aggiunta la registrazione, datata 1427, di un debito di 180 fiorini di “Archagnolo da Camerino” nei confronti del banchiere fiorentino Esaù Martellini (A. M. Bernacchioni, Arcangelo di Cola per i banchieri Esaù Martellini e Ilarione de’ Bardi, in I da Varano e le arti, atti del convegno [Camerino, 2001] a cura di A. De Marchi e P. L. Falaschi, Ripatransone 2003, pp. 233-244, p. 235). Sulla sua attività artistica: A. Marchi, Arcangelo di Cola, in Pittori … cit., pp. 160-169, e le schede dello stesso studioso e di Andrea De Marchi alle pp. 170-185.

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prima e forse avere qualche lume in più sulla storia di un dipinto di Arcangelo.

Il 28 ottobre 1508 si riunì nella sacrestia della cattedrale di Camerino la confraternita della Santa

Croce, formata in gran parte (o forse esclusivamente) da sacerdoti e presieduta dall‟arcidiacono Niccolò

Vicomanni. Motivo della convocazione era la lite tra due sacerdoti locali, don Angelo di Berto e don

Gregorio d‟Antonella (Antonielle), intorno ad un beneficio eretto dal defunto Cola di Vanni del terziero

di Mezzo all‟altare della Santa Croce in cattedrale. La vicenda è così riassunta nell‟atto: Cola, nel suo

ultimo testamento dettato l‟11 giugno 1406 al notaio Antonio di Petruccio da Pioraco, aveva nominato

eredi i suoi figli ser Giovanni, Nanzio e Arcangelo, stabilendo che, se tutti fossero morti senza eredi, i

suoi beni andassero al suddetto beneficio da lui eretto e che rettore di esso fosse il cappellano più

anziano della cattedrale, il quale avrebbe dovuto celebrare la Messa per le anime di Cola, di suo padre

Vanni e di sua moglie Nicoluccia; la nomina dei successivi beneficiati sarebbe spettata agli eredi di Cola

o, in caso di loro negligenza, al vescovo pro tempore, i quali avrebbero dovuto scegliere sempre il

cappellano più anziano; se però vi fosse stato un sacerdote in famiglia, i patroni avrebbero avuto

l‟obbligo di nominare quest‟ultimo2.

Non sappiamo come si sia risolta la questione, perché l‟atto del 1508 è stato lasciato incompleto

dal notaio. Così ignoriamo pure la ragione precisa della lite, anche se pare probabile che entrambi i

sacerdoti reclamassero il diritto a godere del beneficio, uno per l‟anzianità, l‟altro per la discendenza da

Cola di Vanni. L‟interesse maggiore del

2 Sezione di Archivio di Stato di Camerino, Archivio notarile di Camerino [d‟ora in poi ANC], 250, notaio Pierantonio di Venanzio, cc. 294r-296v.

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documento risiede però in altri aspetti. Esso ci fornisce intanto, come accennavo, la più antica

notizia su Arcangelo di Cola, che è l‟Arcangelo nominato tra gli eredi; purtroppo però il richiamo è assai

indiretto e mancano appigli per stabilire che età il pittore potesse avere in quel 1406. Apprendiamo

anche il nome della madre di Arcangelo, Nicoluccia. La provenienza del notaio Antonio di Petruccio,

Pioraco, potrebbe far pensare che Cola fosse originario di quel castello o che all‟epoca vi abitasse o che

fosse in qualche altro modo legato a quel luogo. È suggestione rischiosa, poiché dalla lettura dei rogiti

quattrocenteschi si evince che molti notai del contado abitavano effettivamente in città, mantenendo

spesso rapporti labili se non nulli con la terra natia; ma certo colpisce la coincidenza che a Pioraco si

trovi una delle rarissime opere di Arcangelo di Cola nel territorio di Camerino, l‟affresco con la Madonna

col Bambino e due angeli in San Francesco, strappato dalla chiesa del Santissimo Crocifisso (già Santa Maria

di Ponte Cannaro)3.

Infine, il legame tra la famiglia di Arcangelo e l‟altare della Santa Croce in duomo evoca un altro

dipinto del camerinese, il cui aspetto è noto soltanto da una pionieristica fotografia di don Orazio

Orazi: il trittico con la Crocifissione e quattro santi un tempo nell‟abbazia di Santa Maria o del Santissimo

Salvatore dell‟Isola, a Monastero di Cessapalombo, bruciato in una notte di settembre del 1889, che

recava la firma del pittore e la data 14254. Alessandro Marchi ha ipotizzato, per un‟opera così preziosa e

impegnativa, una destinazione

3 A. Marchi, in Pittori … cit. (nota 1), p. 185, con bibliografia precedente. 4 La riproduzione della fotografia si può vedere in M. Paraventi, Camerino e il suo territorio: prima indagine sul patrimonio artistico disperso, in Il Quattrocento a Camerino. Luce e prospettiva nel cuore della Marca, catalogo della mostra (Camerino 2002) a cura di A. De Marchi e M. Giannatiempo López, Milano 2002, pp. 116-128, p. 116, e in Marchi, Arcangelo … cit. (nota 1), p. 160, fig. 1.

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originaria ad una chiesa cittadina, anziché ad un monastero tanto decentrato e perdipiù in piena

decadenza nel XV secolo5. Se fosse giusta quest‟idea, la provenienza più probabile andrebbe individuata

nella cattedrale camerte, alla quale l‟abbazia dell‟Isola fu unita nel 14366 e definitivamente nel 1460-

14627. Il nuovo documento del 1508 pare indirizzarci più precisamente verso l‟altare della Santa Croce,

la cui intitolazione spiegherebbe bene l‟iconografia non comune del

5 Marchi, Arcangelo … cit. (nota 1), p. 168. La prima citazione a stampa a me nota di questo trittico è quella di A. Conti, Camerino e i suoi dintorni, Camerino 1872, p. 217, nota n.n., che si chiede se uno dei due “magnifici trittici di pittore camerinese” visti “in quel di Sarnano” dal marchese Filippo Raffaelli non sia “quello della chiesa di Monastero condotto da Arcangelo di Cola nel 1425”. Il dipinto è così descritto in un inventario senza data, verosimilmente ottocentesco: “Da capo alla detta chiesa vi è l‟altare magiore dove è un quadro antichissimo depinto in tavola con fondo d‟oro nel 1425, che rappresenta Nostro Signore crocifisso sul monte Calvario; ma ridotto in cattivo stato” (Archivio storico della curia arcivescovile di Camerino [d‟ora in poi ASCAC], Inventari, 23, Pievefavera, cartella “Monastero”, “Inventario di tutti i beni mobili e stabili della chiesa abbaziale della villa di Monastero”, s.d.); assai vaga è invece l‟indicazione di un più antico inventario: “Il maggiore [altare] posto all‟occidente intitolasi San Salvatore, in tavola” (ibidem, “Stato della chiesa abbaziale di S. Salvatore di Monistero”, 15 giugno 1737). 6 Archivio Segreto Vaticano, Reg. Lat. 336, ff. 299v-300v, 2 ottobre 1436. A questa bolla va riferito il laconico “Badia dell‟Isola 1436” che si legge in un manoscritto dello storico camerinese Camillo Lilii (Biblioteca Valentiniana di Camerino [d‟ora in poi BVC], ms. 143, c. 120r). Nella sua Istoria della città di Camerino, Macerata 1649-1652, ed. Camerino 1835, II, p. 206, lo stesso Lilii inserisce tra eventi accaduti nel 1453 la seguente memoria: “in questo tempo [...] i Canonici della cathedrale [...] ottennero [...] la Badia dell‟Isola, conferita avanti da Eugenio à Egidio Lilii”, dove Eugenio è papa Eugenio IV (1431-1447) e Egidio Lilii è don Egidio di Santuccio, antenato dello storiografo (sul quale cfr. la nota seguente). 7 Archivio Segreto Vaticano, Reg. Lat. 567, ff. 213r-216r, 31 gennaio 1460, per la conferma dell‟unione; ibidem, Reg. Vat. 506, ff. 270v-272r, 10 settembre 1462, per l‟ante quem della morte di don Egidio di Santuccio da Camerino, cui l‟abbazia era stata data in commenda quoad viveret. La data di morte 1462 si legge anche nel già citato manoscritto liliano: BVC, ms. 143, cc. 36v-37r.

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trittico, con al centro la Crocifissione in luogo della consueta Madonna col Bambino8.

2. Il Maestro del trittico del 1454

Rimane ancora un mistero l‟identità anagrafica di questo importante pittore, che prende nome

dal trittico con la Crocifissione e i santi Michele arcangelo e Giovanni Battista del museo diocesano di

Camerino, proveniente dalla sacrestia della cattedrale e datato 1454 in una perduta iscrizione9.

L‟interessante proposta di Francesca Coltrinari di identificarlo con Ansovino di Vanni da Bolognola,

documentato nel suo paese d‟origine nel 1439 e poi a Tolentino tra il 1458 ed il 1461, anno in cui morì,

attende ancora una conferma10.

Riguardo all‟opera eponima, ho già avuto occasione di precisare che l‟altare per il quale il trittico

fu dipinto era collocato con ogni probabilità non in sacrestia ma in chiesa, a sinistra dell‟altar maggiore,

addossato, credo, al pilastro che separava il coro dalla sacrestia (o dalle sacrestie)11. Nei documenti che

conoscevo finora, quell‟altare è ricordato con il solo titolo di San Giovanni. Oggi sono in grado di

segnalare carte quattrocentesche in cui esso compare con la doppia intitolazione a San Giovanni

Battista e a San Michele arcangelo, il che mi pare confermi il legame col dipinto, nei cui

8 Va detto tuttavia che questa anomalia si spiegherebbe anche se il trittico fosse stato dipinto per l‟abbazia, la cui chiesa era intitolata al Salvatore. 9 Per il corpus del pittore si vedano le schede di Fabio Marcelli, Andrea De Marchi e Mauro Minardi in Pittori … cit. (nota 1), pp. 194-203. 10 F. Coltrinari, Tolentino. Crocevia di artisti alla metà del Quattrocento, Ascoli Piceno 2004, pp. 30-50, 101-117. 11 M. Mazzalupi, Per la storia del trittico del 1454, in “L‟appennino camerte”, 4 dicembre 2004, Speciale per l’inaugurazione del museo diocesano, p. III.

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pannelli laterali sono rappresentati proprio quei due santi. Il 2 giugno 1498 don Lapuccio di Mariotto

da Camerino è citato come rettore del beneficio “Sancti Iohannis seu Sancti Angeli” nell‟altare di San

Giovanni12; pochi mesi dopo, il 14 gennaio 1499, lo stesso beneficio di Sant‟Angelo o San Giovanni,

retto dal medesimo sacerdote, risulta eretto “ad altare Sancti Angeli”13: si tratta evidentemente di un unico

altare, noto sotto entrambi i titoli al pari del beneficio che vi era eretto. Ancora nel Cinquecento,

quando l‟altare è ormai chiamato solo di San Giovanni, tra i benefici in esso eretti è elencato sempre per

primo lo “stipendium [...] sub vocabulo Sancti Angeli”14.

Nulla di nuovo è emerso sul committente del trittico, don Accomannuccio d‟Antonio,

cappellano del duomo dal 1440, se non la sua data di morte, 146415.

3. Giovanni Boccati, Andrea di Mariano Fera e un nome possibile per il Maestro di Arnano

La questione della data di nascita di Giovanni di Piermatteo si può dire quasi certamente

risolta16. Un atto di

12 ANC, 425, notaio Pierantonio di Venanzio, cc. 725r-731v. 13 ANC, 313, notaio Pierantonio di Venanzio, cc. 52r-62v. 14 ASCAC, Visite pastorali, 9, vescovi De Buoi e Gherardi, aa. 1587-1628, c. 48r, 22-23 aprile 1588; 10, vescovi De Buoi e Delfino, c.n.n., 27 agosto 1592. 15 ANC, 273, notaio Antonio di Pascuccio, cc.n.n., 12 gennaio e 4 dicembre 1464. 16 Sull‟opera del Boccati si vedano ora il saggio di M. Minardi, Giovanni di Piermatteo Boccati, in Pittori … cit. (nota 1), pp. 206-229, e le schede dello stesso studioso, di Andrea De Marchi e di Fabio Marcelli ibidem, pp. 230-291. Per i documenti: Di Stefano – Cicconi, Regesto … cit. (nota 1), docc. 56, 64, 68, 69, 71, 91, 93, 122, 124, 125, 126, 141, 153, 155, 157, 160, 164, 167, 188, 190, 191, 200, 203, e M. Mazzalupi, Giovanni Angelo d’Antonio 1452: un punto fermo per la pittura rinascimentale a Camerino, in “Nuovi studi”, VIII, 2003, 10, pp. 25-32, p. 27.

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compravendita che ho reso noto di recente dimostra che il 12 giugno 1434 egli aveva non meno

di 25 anni, l‟età minima stabilita dagli statuti di Camerino (nonché da quelli di molti altri comuni)

perché un cittadino potesse compiere autonomamente un atto del genere17. D‟altra parte, in un rogito

inedito del 28 aprile 1423 Pascuccio di Nanzio di Ventoruccio del terziero di Morrotto dà in affitto per

due anni a frà Carlo Sanguigni da Roma una casa posta nel terziero di Mezzo, agendo in qualità di

tutore “Iohannis Permacthey Antonii Anniutii, heredis dicti Antonii”18. Il fatto che il Boccati – ricordato qui

come erede del nonno paterno Antonio – avesse un tutore significa che non aveva ancora compiuto 14

anni, l‟età in cui aveva termine l‟obbligo della tutela per i minori19. Se entrambi i documenti sono, come

pare, affidabili, ne dobbiamo dedurre che Giovanni di Piermatteo fosse nato precisamente nel 1409.

Il 3 luglio 1450 Mariano di Claudio da Camerino dettò il suo testamento, ritrovato da Rossano

Cicconi: erede universale è nominato “magistrum Iohannem Permacthei de Camerino et

17 ANC, 140, notaio Vannuccio di Matteuccio, cc. 198r-199v; M. Mazzalupi, Nuovi documenti sulla giovinezza del Boccati, in “L‟appennino camerte”, 19 febbraio 2005, p. 11; M. Mazzalupi, Il beato Tommaso da Tolentino, un polittico disperso e la cronologia di Boccati, in “Nuovi studi”, IX-X, 2004-2005, 11, pp. 27-37, p. 27 (con ulteriori documenti, del 1439 e 1440). Per il limite di età si veda F. Ciapparoni, Statuta comunis et populi civitatis Camerini (1424), Napoli 1977, pp. 131-132 (libro II, rubrica 85), dove si dichiara la nullità dei contratti stipulati dai “minoribus XXV annis”. 18 ANC, 192, notaio Oliviero di ser Matteo, c. 105r-v. 19 Oltre quell‟età e fino ai 25 anni ci si poteva eleggere un curatore, ma non si aveva più un tutore. Sull‟istituto della tutela si vedano, ad esempio, S. Perozzi, Istituzioni di diritto romano, Roma 1928, I, pp. 323, 459-463, 532-540, e P. Bonfante, Corso di diritto romano, I, Diritto di famiglia, Roma 1925, ed. cons. Milano 1963, pp. 597, 668.

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contrata Medii”20. Giovanni di Piermatteo “alias Iohanni Bochaccio” è poi presente come testimone in una

quietanza del 2 dicembre 146921. Al 18 gennaio 1472 risale l‟atto di dote di Mattea o Mattia, figlia di

“Iohannes Permactei de contrata Medii” e futura sposa del dottore in legge Piermatteo di ser Venanzio

Tentoni22. Quest‟ultimo morì prima del 24 aprile 1483, data in cui il Boccati e tramite lui anche sua

moglie rilasciarono una quietanza quali eredi del genero a ser Giovanni Antonio e Battista, figli del

pittore Angelo di Bartolomeo23.

Quanto alla data di morte, ho già reso noti i documenti dai quali risulta che essa va collocata tra il 2

giugno 1486 ed il 31 gennaio 148724. L‟atto del 1486 è particolarmente interessante perché in esso è

coinvolto un altro pittore, Andrea di Mariano Fera. Su di lui ho segnalato ultimamente diversi

documenti, proponendo inoltre di identificarlo con un Andrea figlio del Boccati ed anch‟egli pittore,

ritrovato da Rossano Cicconi in due atti del 10 novembre 1493 e del 30 gennaio 1495: particolarmente

interessante il primo, che è la stima da parte di un “magister Nicolaus de Bolognola” e di un altro arbitro

(non

20 ANC, 593, notaio Giovanni d‟Antonio, cc. 128v-133r. 21 ANC, 796, notaio Giovanni di Ridolfino, c.n.n. La promissio stipulata il 19 marzo 1470 nel terziero di Mezzo “in domo Iohannis Permactey alias Boccaccio” non cita Giovanni di maestro Antonio pittore e non si trova tra gli atti di ser Matteo di Santuccio (come invece si legge in S. Corradini, Nuovi documenti sulla vita ed attività artistica di Girolamo di Giovanni e Carlo Crivelli, in I da Varano ... cit. [nota 1], pp. 281-308, p. 287, e in Di Stefano – Cicconi, Regesto … cit. [nota 1], p. 461, doc. 157), bensì tra quelli del notaio Arcangelo di Rinaldo da Polverina (ANC, 657, cc. 139v-141r). 22 ANC, 1418, notaio Antonio di Pascuccio, cc. 52v-59r. Il rogito è stilato nella casa dello stesso pittore, al pari di un contratto di deposito del 30 aprile 1474 tra Antonio di Domenico da Raggiano e Domenico di Lorenzo della contrada di Morrotto, segnalatomi da Pierluigi Moriconi (ANC, 8733, notaio Pierangelo, c.n.n.). 23 ANC, 609, notaio Alessandro di Giovanni Argenti, cc. 45v-46v. 24 Rispettivamente ANC, 1822, notaio Antonio di Pascuccio, cc. 72r-74v e ANC, 277, notaio Cola di Domenico, cc. 18v-22r.

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nominato) di un dipinto eseguito da Andrea “Iohannis Boccatii” per tale Domenico di Condeo da

Agolla25. La conferma viene ora da due nuovi atti, uno dei quali inoltre lega il nome di questo pittore ad

un‟opera esistente. Il meno rilevante dei due è un rogito del 10 luglio 1508, una quietanza per la somma

di 9 fiorini rilasciata a Giampaolo di Giambattista dal nostro pittore, che nell‟intestazione del

documento è chiamato “Andree Mariani alias de Iohanbocchacio de Camerino”26. Quello di Andrea di Mariano

si configura insomma come uno dei non rari casi di pittori adottati dai loro maestri, secondo un uso che

conta tra gli esempi più famosi quello di Francesco Squarcione e del suo allievo Andrea Mantegna.

L‟altro documento inedito è la quietanza finale di pagamento per la stessa ancona citata il 10 novembre

1493 (e costata 15 fiorini). In questo atto, risalente al 17 dello stesso mese, il pittore è chiamato “magister

Andreas Mariani Fere” anziché Andrea di Giovanni Boccati, ad ulteriore dimostrazione dell‟identità della

persona; soprattutto, qui si dice a chiare lettere, diversamente dal documento precedente, che la cona era

destinata alla chiesa di San Tossano di Agolla: mi pare venga confermato così il sospetto27 che essa sia

proprio la tavola con la Crocifissione, san Tossano e il committente collocata oggi

25 M. Mazzalupi, Maestri di legname a Camerino tra Quattrocento e Cinquecento. Inizi di un’indagine d’archivio, in Rinascimento scolpito. Maestri del legno tra Marche e Umbria, catalogo della mostra (Camerino, 2006), a cura di R. Casciaro, Milano 2006, pp. 97-103, p. 103, nota 21. I due documenti citati sono rispettivamente ANC, 1648, notaio Vincenzo di ser Antonio, cc.n.n. e ANC, 346, notaio Luca di Giacomo, cc. 113r-114v. Al regesto di Andrea posso aggiungere un atto del 21 settembre 1506, col quale “Andreas Mariani Fere de Camerino” si fa garante per Giovanni di Mariano di Gentile, detenuto nel palazzo del podestà per un debito nei confronti di Nicola di Luca Perusini (ANC, 1310, notaio Pierantonio di Venanzio, cc. 813r-815r). 26 ANC, 1546, Bernardino di ser Pierantonio di Venanzio, cc.n.n. 27 Mazzalupi, Maestri … cit. (nota 25), p. 103, nota 21.

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sull‟altare di sinistra della chiesa di San Michele arcangelo (che porta anche il titolo parrocchiale di San

Tossano) ad Agolla di Sefro, proveniente dall‟antica parrocchiale di San Tossano ancora esistente

accanto al cimitero28. Il committente

28 Cfr. C. Mazzalupi, Sefro Sorti Agolla. Tre comuni una storia, Camerino – Pieve Torina 1997, pp. 53-56. La tavola è descritta sull‟altar maggiore di San Tossano in un inventario settecentesco (“pittura del Crocifisso, con due Marie, il medesimo S. Tossano, et altro santo, posta in tavola di legno”: ASCAC, Inventari, 28, Pioraco, cartella “Agolla”, “Notola responsiva al libercolo d‟estrutione della cura del castello d‟Agolla dell‟anno 1737”, c.n.n.) e in uno del secolo seguente (“l‟altar maggiore dedicato a S. Tossano con quadro in legno”: ibidem, “Descrizione delle chiese che si trovano nel beneficio di S. Michele Arcangelo e di S. Tossano in Agolla e degli oggetti ivi esistenti”, 27 settembre 1874, c.n.n.). Quanto alla storia critica, in un primo momento, di pionieristica catalogazione, Luigi Serra riferì l‟opera genericamente ad “arte marchigiana del XV secolo” (Elenco degli oggetti d’arte mobili della provincia di Macerata appartenenti ad enti pubblici, in “Rassegna marchigiana”, III, 1924-1925, pp. 114-122, 150-162, p. 158; giudizio ripetuto da R. Romani, Guida di Camerino e dintorni, Terni 1927, p. 257). Nel 1929 Pio Nardini restaurò il dipinto, che nell‟occasione fu spostato nell‟attuale sede ([L. Serra?], Restauri a dipinti, in “Rassegna marchigiana”, VIII, 1929-1930, p. 105). Più tardi il Serra approfondì la questione stilistica, rilevando una stretta dipendenza da Niccolò Alunno, rispetto al quale tuttavia la tavola di Agolla “è più dura e tormentata ed insieme meno fine ed incis iva. V‟ha tuttavia certa rude forza nello squadrare le figure come in una materia compatta, nel muoverle quali pesi immani nello spazio” (L. Serra, La pittura del Rinascimento nelle Marche. Relazioni con l’arte umbra. II. Il gruppo folignate, in “Rassegna marchigiana”, IX, 1930-1931, pp. 279-287, p. 284 e riproduzione a p. 285; stesso testo si legge in Id., L’arte nelle Marche. Il periodo del Rinascimento, Roma 1934, pp. 346-347; di ispirazione alunnesca parla anche R. Van Marle, The Development of the Italian Schools of Painting, XIV, The Hague 1933, p. 67). Molti anni dopo, s‟interessò al quadro don Giacomo Boccanera (s.v. Tossano, santo, in Bibliotheca sanctorum, XII, Roma 1969, col. 633), che l‟attribuì a Ludovico Urbani da Sanseverino riconoscendovi però anche “caratteri verrocchieschi e signorelliani”. Ultimo ad occuparsi della nostra Crocifissione è stato Claudio Mazzalupi, che l‟ha dapprima indicata genericamente come opera della seconda metà del Quattrocento (Sefro … cit., p. 56; il dipinto è riprodotto in copertina e a pp. 10-11, figg. 2-4, purtroppo con una grave distorsione dei colori) e poi, in occasione dell‟esposizione in un‟importante mostra seguìta al restauro, l‟ha riferita ad un anonimo artista marchigiano influenzato dai camerinesi e da Vittore Crivelli (C. Mazzalupi, in I pittori del Rinascimento a Sanseverino, catalogo della mostra di Sanseverino Marche a cura di V. Sgarbi, Milano 2001, p. 240, cat. 49; in questi due interventi si torna a prendere il san Giovanni per una santa Maria Maddalena, come già accadde al parroco del 1737, al Serra nel 1924-1925 e al Boccanera).

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inginocchiato è dunque Domenico di Condeo, probabile fratello – vista la rarità del patronimico – di

don Andrea di Condeo, eletto rettore di San Tossano nel 1431 e ancora in vita nel 147729. Riguardo ad

Andrea di Mariano, appare difficile almeno per ora costituire un suo corpus collegando altri dipinti a

quest‟ancona (nell‟area camerte, qualche rapporto si riscontra con gli affreschi della chiesa di San Nicola

a Sentino, che non sembrano tuttavia appartenere alla medesima mano)30.

Incerta rimane per ora l‟identità del Niccolò da Bolognola che valutò il dipinto di Agolla,

probabilmente pittore anch‟egli, già morto nel 1505, quando in un testamento si lasciano 9 lire ai suoi

eredi per il pagamento di “certarum figurarum factarum per magistrum Nicolaum de Bolognola”31. Osando un

po‟, si potrebbe pensare a lui per il Maestro di Arnano, pittore di affreschi attivo negli anni ottanta e

novanta del Quattrocento soprattutto in zone non lontane da Bolognola: Acquacanina, Pievebovigliana,

Fiordimonte, Montefortino32.

29 ANC, 3989, notaio Rinaldo di Gentiluccio, c. 41r, 22 aprile 1431 (già segnalato da Mazzalupi, Sefro … cit. [nota 28], p. 53, col nome errato di Andrea di Carlo); ANC, 4089, notaio Cristoforo di ser Rinaldo di Gentiluccio, cc. 11v-12r, 10 febbraio 1477. 30 Andrea De Marchi, che ha coniato per l‟autore di questi dipinti murali il nome critico di Maestro di Sentino, propone una datazione “almeno agli anni ottanta” (A. De Marchi, Camerino minore, in I da Varano … cit. [nota 1], pp. 369-406, pp. 384-385, 404, figg. 33-34; un particolare del Crocifisso della parete di fondo è anche in Id., Pittori a Camerino nel Quattrocento: le ombre di Gentile e la luce di Piero, in Pittori … cit. [nota 1], pp. 24-98, p. 84, fig. 99). Sulla tavola di Agolla mi riprometto di svolgere ragionamenti più approfonditi in un‟altra sede. 31 ANC, 285, notaio Bartolomeo di Nuccio, cc. 185r-186r; già segnalato in BVC, Carte Feliciangeli, B.3.b. Il testatore è maestro Antonio di Giovanni dal borgo San Venanzio. 32 Per il catalogo del Maestro di Arnano rimando al mio Il Maestro di Arnano, in Pittori … cit. (nota 1), pp. 396-407, che andrà integrato e corretto con: M. Paraventi, Il catalogo delle opere d’arte, in I da Varano e le arti a Camerino e nel territorio. Atlante dei beni culturali di epoca varanesca, a cura di M. Paraventi, Recanati 2003, pp. 193-322, p. 285 (affreschi del santuario di Carpineto di Pieve Torina, 1489); M. Mazzalupi, Qualche precisazione sul Maestro di Arnano, in “L‟appennino camerte”, 17 luglio 2004, p. 8 (affresco di Santa Maria di Varano presso Muccia); Mazzalupi, Il beato … cit. (nota 17), p. 37, nota 50. A Montefortino Alessandro Delpriori ha rinvenuto di recente alcuni dipinti murali attribuibili a questo pittore, che saranno presto pubblicati. È da escludere che il Maestro di Arnano si possa identificare con Cagnuccio d‟Antonio da Acquacanina, documentato a Tolentino nel 1458 e tra 1481 e 1483, come suggerito con prudenza da Francesca Coltrinari (Tolentino … cit. [nota 10], pp. 38-39, nota 48), poiché questi morì entro il 15 ottobre 1484, quando nel testamento della madre Bellafiore sono menzionati gli eredi “condam Cagnutii Antonii” (ANC, 1380, notaio Giovanni d‟Arcangelo da Fiastra, cc. 282r-283r; Mazzalupi, Il beato … cit. [nota 17], pp. 36-37, nota 50, con alcuni altri documenti inediti, dal 1445 in avanti, su Cagnuccio ed una proposta d‟identificazione con l‟autore di alcuni affreschi in San Francesco a Camerino e della Crocifissione in San Giovanni a Mecciano).

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4. Giovanni Angelo d’Antonio: ipotesi sull’Annunciazione di Sperimento (1456?)

A quanto già noto sulla biografia di Giovanni Angelo d‟Antonio da Bolognola, documentato dal

1443 fino ai primi mesi del 1478, data del suo testamento33, si può ora aggiungere qualche nuovo dato.

33 Per i documenti sul pittore: Di Stefano – Cicconi, Regesto … cit. (nota 1), docc. 7, 52, 56-58, 60-62, 65, 66, 72, 73, 78, 83, 84, 86-88, 90, 94, 96-98, 108-111, 113-116, 119, 121, 123, 128-130, 132,133, 137, 149, 152, 166, 172, 174, 175; M. Mazzalupi, Appunti sulla giovinezza di Giovanni Angelo d’Antonio, in “L‟appennino camerte”, 16 ottobre 2004, p. 10; Mazzalupi, Giovanni Angelo … cit. (nota 16); Mazzalupi, Il beato … cit. (nota 17), pp. 32-33, nota 8. Al tempo del testamento, databile tra il gennaio e il marzo 1478, Giovanni Angelo risulta ammalato (corpore languens, nella consueta terminologia notarile): si trattava forse di un‟epidemia, giacché nell‟estate seguente, il 14 luglio 1478, il podestà di Camerino risulta risiedere presso San Francesco di Pontelatrave “propter pestem nunc vigentem in civitate Camerini” (ANC, 1790, notaio Cola di Domenico, cc. 250r-255r). Per il catalogo dei dipinti si vedano il saggio di A. Di Lorenzo, Maestro dell’Annunciazione di Spermento (Giovanni Angelo d’Antonio?), in Pittori … cit. (nota 1), pp. 294-301, e le schede dello stesso studioso e di altri ibidem, pp. 302-363.

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“Iohannemangelum Anthonii de Bolognole” è presente a Fiastra il 4 dicembre 1447, quando Ventura

di Bartolomeo, procuratore degli uomini di Acquacanina, lo nomina suo sostituto34. Il pittore,

immaginiamo, avrà gestire con una certa comodità gli affari di quella piccola comunità, risiedendo nella

„capitale‟ Camerino. Di nuovo a Fiastra “Iohanne Antonii de Bolognola” compare il 10 febbraio 1451, come

teste di un atto di compravendita rogato davanti ad un‟edicoletta stradale nella frazione di Trebbio

(“iuxta et ante magestate Tribii”)35. Il 31 ottobre 1456 nella “villa Morecenis”, un abitato del territorio di

Colpolina, furono nominati gli arbitri di una controversia confinaria tra “Antolino de Bolognola et Iohanne

suo fratre” da una parte e Battista ed Ansovino di Cola del suddetto villaggio dall‟altra36. Ritroviamo

Giovanni Angelo coinvolto in una lite il 19 maggio 1457: porta questa data un compromesso rogato a

Camerino tra il pittore, che agisce a nome della moglie Crociolina figlia del defunto Ansovino di

maestro Pietro, e Niccolò d‟Antonio d‟Angelello da Fermo, genero di un‟altra figlia del mercante

Ansovino di nome Giovannina, che agisce per conto di sua figlia Gabriella. Oggetto del contendere

sono i beni appartenuti ad Ansovino e a sua moglie Mattea (o Mattia), anch‟ella defunta37. Poco più

tardi, il 17 agosto, “Iohanne Antolini de Bolognola” è nuovamente nella villa “Morecine” di Colpolina a far da

testimone in una compravendita tra ser Angelo d‟Ansovino e Giovanni di Nuccio, entrambi del luogo38.

34 ANC, 2565, notaio Mariano d‟Angeluccio da Fiastra, c.n.n. 35 ANC, 431, notaio Mariano d‟Angeluccio da Fiastra, c.n.n. 36 ANC, 524, notaio Angelo d‟Ansovino da Colpolina, c.n.n. 37 ANC, 647, notaio Giovanni d‟Antonio, cc. 102r-103r. Gli arbitri scelti dalle parti furono Mariotta, vedova di Matteo di Venanzo Tinti, e suo figlio Bastiano. 38 ANC, 572, notaio Mariano d‟Angeluccio da Fiastra, c.n.n.

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L‟11 febbraio 1460 a Camerino si stipula un atto di permuta di terreni tra ser Giovanni di ser

Angelo da Camerino e Domenico di Giacomo da Crispiero, presente come teste “magistro Iohanne Agnelo

Antolini olim de Bolognola nunc de dicta civitate Camerini”39. Il 28 ottobre 1464 il pittore compra per 8 fiorini

e mezzo un pezzo di terra nelle vicinanze di Camerino, nel vocabolo Conporsie presso il villaggio di

Cuiano40.

Il 21 o 22 novembre 1465 è presente a Camerino don Angelo di Francesco da Gualdo Tadino,

priore della chiesa di San Pellegrino di Gualdo, che in quest‟occasione viene nominato procuratore da

un sacerdote camerte, don Vincenzo di Porfirio preposto della chiesa di San Lorenzo di Fiastra, per

chiedere al vescovo di Nocera l‟esecuzione di una bolla pontificia41. La data è significativa: appena tre

settimane più tardi, il 10 dicembre, Giovanni Angelo d‟Antonio porterà a compimento un polittico

commissionato da quel don Angelo per la chiesa di cui era priore (oggi esposto in Santa Maria delle

Grazie). È probabile che la puntata camerte del sacerdote gualdese abbia a che fare proprio con le

vicende del dipinto.

“Iohanne Angelo Antonii de Bolognola” è ancora presente a Camerino come testimone in una

compravendita del 19 novembre 146842. Il 6 dicembre 1474, sempre in città, Girolamo di Nerio da

Firenze vende sei braccia di panno, per 10 fiorini e 30 bolognini, a “magistro Iohanni Angelo de Bolognola

civi Camerini”, che subito rivende il panno per lo stesso prezzo ad un celebre umanista bolognese,

Francesco

39 ANC, 1758, notaio Giovanni d‟Antonio, cc. 44r-45r. 40 ANC, 650, notaio Cola di Domenico, cc. 103r-104r. 41 ANC, 796, notaio Giovanni di Ridolfino, c.n.n. 42 ANC, 796, notaio Giovanni di Ridolfino, cc. 33r-37r.

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Zambeccari43. Infine, il 28 maggio 1476 il pittore compra una vacca e un vitello dai fratelli Piergiovanni,

ser Bartolino, Barnaba e Saino di Domenico da Roccamaia, per il prezzo di 7 fiorini44.

Per la data di morte si può fissare per ora soltanto un termine ante quem assai avanzato: il 26

ottobre 1486, secondo un atto rinvenuto da Rossano Cicconi, il figlio Barnaba obbligò alcuni beni, tra

cui una casa situata nel terziero di Mezzo, per garantire ai frati di San Francesco di Camerino i 25 fiorini

lasciati loro dal defunto Giovanni Angelo45.

Qualche nuova riflessione vorrei fare intorno al capolavoro del pittore, l‟Annunciazione della

Pinacoteca civica di Camerino dipinta per il convento francescano osservante di Sperimento46. Una

fonte seicentesca o settecentesca ricorda sull‟altar maggiore della chiesetta di Sperimento una pala

raffigurante l‟Annunziata dipinta nel 1416 per volontà di tale Giacomo “de Boncarico”: “In maiori ecclesiae

altari Beatissimae Annuntiatae palla adest, depicta anno Domini

43 ANC, 724, notaio Arcangelo d‟Innocente da Fiastra, c.n.n. Dello Zambeccari è già nota la presenza a Camerino nel 1474: G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VIII, Bologna 1790, p. 222; A. Conti, Camerino e i suoi dintorni, Camerino 1872, pp. 165-166. 44 ANC, 1349, notaio Giovanni d‟Arcangelo da Fiordimonte, cc. 177r-180v. 45 ANC, 1868, notaio Venanzio di Leonardo, cc.n.n. Questo il passo relativo nel lacunoso testamento del pittore (ANC, 4028, notaio Giovanni d‟Arcangelo da Fiordimonte, c. 17r-v): “Item reliquit dicte ecclesie Sancti Francisci vigintiquinque [florenos] […] [cu]m hoc quod fratres conventuales dicte ecclesie qui pro tempore fuerint celebrent et [faciant quolibet] mense durante tempore vigintiquinque annorum post mortem ipsius [testatoris] […] Missas celebrari in dicta ecclesia”. Se Giovanni Angelo morì entro l‟ottobre 1486, non poteva spettare alla sua mano il distrutto affresco con Sant’Amico già in San Vittorino a Pioraco, datato 1487 (cfr. A. De Marchi, in Pittori … cit. [nota 1], pp. 362-363), che in effetti si accosta molto meglio alle opere tarde del vero Girolamo di Giovanni. 46 Si veda su di essa l‟ottima scheda di A. Di Lorenzo, in Pittori … cit. (nota 1), pp. 309-319.

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M.CCCC.XVI., quae iussu quondam Iacobi de Boncarico fuit effecta”47. Quando questa notizia fu

pubblicata, non le fu dato molto peso e soprattutto si ritenne di non doverla collegare alla tavola allora

creduta di Girolamo di Giovanni, “la quale si sa che era collocata in apposita nicchia, ma non sull‟altar

maggiore”48. Quest‟obiezione sembra in verità facilmente superabile, solo che si pensi a quanti dipinti,

nel corso dei secoli, sono passati dagli altari maggiori a collocazioni anche più marginali di una nicchia!

Con maggior prudenza è stato notato di recente che il presunto quadro del 1416 “non può identificarsi

con il dipinto in oggetto, a meno che non sia inesatta la data riferita nel manoscritto”49. Ora, senza voler

escludere del tutto la possibilità che a Sperimento esistessero due dipinti quattrocenteschi raffiguranti la

Vergine Annunziata (che dopo tutto era la titolare della chiesa), mi pare che proprio questa sia la strada

da tentare: almeno come ipotesi di lavoro si

47 B. Feliciangeli, Le memorie del convento di S. Pietro di Muralto e l’origine dell’Osservanza minoritica in Camerino. Parte seconda, in “Picenum Seraphicum”, III, 1917, pp. 3-25, p. 11, nota 4. Lo studioso lesse questo passo in “un volume ms. della biblioteca dei PP. MM. OO. [Padri Minori Osservanti] di Matelica […] dove sono raccolte notizie storiche sui conventi francescani della Marca tratte o dai mss. del padre Gasperini […] o fornite da relazioni di religiosi dei singoli conventi nel Settecento”. Non saprei dire per ora se sia lo stesso manoscritto quello conservato oggi nella Biblioteca storico-francescana e picena di Falconara Marittima, busta 22, I, “Istoria della Provincia della Marca de Minori Osservanti di S. Francesco”, in cui a c. 272r, in una grafia dall‟aspetto per la verità piuttosto seicentesco, si legge la frase riferita dal Feliciangeli (sono grato a padre Bernardino Pulcinelli per avermi aiutato a rintracciare questo volume). 48 Feliciangeli, Le memorie … cit. (nota 47), p. 11, nota 4. Per la notizia del quadro “infisso nel muro in apposita nicchia” nell‟Ottocento, cfr. anche B. Feliciangeli, Sul tempo di alcune opere d’arte esistenti in Camerino, in “Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le Marche”, n.s., X, 1915, pp. 53-90, p. 78; B. Mastrocola, Il patrimonio artistico camerinese dopo l’unità d’Italia, in I da Varano … cit. (nota 1), pp. 487-508, p. 490; A. Di Lorenzo, in Pittori … cit. (nota 1), p. 311. 49 Ibidem.

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dovrebbe considerare l‟eventualità che quel 1416 (“M.CCCC.XVI.”) del manoscritto derivi da

una svista, da una L (50) letta come X (10), e che dunque su quella “Beatissimae Annuntiatae palla” fosse

inscritta in realtà la data 1456 (MCCCCLVI). Questo renderebbe molto probabile l‟identità con la

tavola di Giovanni Angelo, datata per via di stile intorno al 1455.

Ma chi sarebbe dunque il committente Giacomo “de Boncarico”, il cui nome si leggeva

evidentemente nella medesima iscrizione in cui compariva la data? Lo strano “Boncarico” non è un

antroponimo né un toponimo né un cognome noto50. È possibile dunque che anche qui il visitatore sei-

settecentesco abbia letto male e che quella parola non fosse precisamente “Boncarico” ma qualcosa di

simile: magari Boncambio, visto che a Camerino è documentato tra il 1444 e il 1483 un Giacomo di

Boncambio (o Boncambi) che ha buone probabilità di essere proprio quel personaggio. Da un atto del

24 maggio 1444 egli risulta essere un nobile (nobilis vir) ed abitare nel terziero di Muralto, presso la

chiesa di Santa Maria in Via. Il documento è la vendita da parte di Giacomo di un cavallo morello per il

prezzo di 100 ducati d‟oro veneti pesanti: un affare che sembra indicare una certa ricchezza51. Le carte

successive parlano ancora di un individuo benestante: l‟8 giugno 1444 Giacomo dà in deposito 74

fiorini52, il 21 maggio 1464 vende un mulino nel territorio di Sorti o Sefro per 72 ducati d‟oro papali53, il

18 gennaio 1483 dota la figlia Elisabetta, futura moglie di Domenico di Filippo di Bartolo,

50 È per questo, credo, che il Feliciangeli fa seguire a tale parola un punto interrogativo. 51 ANC, 1422, notaio Antonio di Pascuccio, cc. 627v-628r. 52 ANC, 1422, notaio Antonio di Pascuccio, c. 379r-v. 53 ANC, 273, notaio Antonio di Pascuccio, c.n.n.

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con 300 fiorini54. Da molti documenti risulta poi che Giacomo di Boncambio era soprannominato

Giacomo da Perugia55. Tutti dati che collimano assai bene con le conclusioni cui si è oggi arrivati

intorno alla committenza della pala di Sperimento. I due donatori inginocchiati sono probabilmente

Piergentile da Varano, ritratto dopo la morte (era stato ucciso nel 1433), e sua moglie Elisabetta

Malatesta, che tra l‟estate e l‟autunno del 1448 si era fatta monaca clarissa56. Il 22 dicembre 1448 “la

veneranda donna sora Elysabectha da Varano, la quale fu […] donna del signore Piergentile, signore de

Camerino” passò dal convento di Santa Lucia a Foligno alla nuova casa di Santa Maria di Monteluce a

Perugia, e qui visse fino all‟aprile 1456, quando il papa la trasferì in Santa Chiara di Urbino57. Mi pare

plausibile dunque che Elisabetta abbia commissionato il dipinto a Giovanni Angelo entro i primi mesi

del 1456, quando ella risiedeva a Perugia, e che l‟abbia fatto servendosi del comodo tramite di Giacomo

di Boncambio, nobile camerte di origini perugine.

54 ANC, 1416, notaio Antonio di Pascuccio, c.n.n. 55 Oltre agli atti citati del 1444 e 1464, si vedano i seguenti: ANC, 674, repertorio del notaio Vannuccio di Matteuccio, cc.n.n., anno 1455, rinvio a c. 446, anno 1460, rinvio a cc. 483 e 515, anno 1468, rinvio a c. 277; ANC, 273, notaio Antonio di Pascuccio, c.n.n., 16 ottobre 1464; ANC, 1002, notaio Antonio di Pascuccio, c.n.n., 12 gennaio 1467. Non saprei dire se il Giacomo camerinese fosse in qualche modo legato all‟antica famiglia perugina dei Boncambi. 56 F. Marcelli, in I volti di una dinastia. I da Varano di Camerino, catalogo della mostra di Camerino, Milano 2001, p. 58; A. Di Lorenzo, in Il Quattrocento … cit. (nota 4), p. 194; Id., in Pittori … cit. (nota 1), p. 311. 57 Memoriale di Monteluce. Cronaca del monastero delle clarisse di Perugia dal 1448 al 1838, con introduzione di U. Ugolini, Santa Maria degli Angeli 1983, pp. 5, 17-18; B. Feliciangeli, Notizie della vita di Elisabetta Malatesta-Varano. (Contributo alla storia della famiglia Varano), in “Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le Marche”, VI, 1910-1911, pp. 171-216, pp. 199, 201, 211.

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5. Il santuario di Carpineto e Battista di Barnaba tra Perugia, Firenze e Mantova

L‟opera d‟arte più importante e meno conosciuta del santuario della Madonna di Carpineto, in

territorio di Pieve Torina a breve distanza da Roti, è il gruppo scultoreo in terracotta dipinta collocato

dietro l‟altare. Si tratta di una sorta di pala d‟altare ad altorilievo, collocata entro una nicchia ad arco

ribassato58. A destra vi è raffigurato un longilineo San Sebastiano dai lunghi capelli ricci, con lo sguardo

vòlto al cielo, vestito di un perizoma, legato ad un tronco e col corpo martoriato dalle ferite delle frecce;

a sinistra, la scena è occupata da un ripido paesaggio montuoso, punteggiato di macchie erbose e di

alberi, dove una pastorella, dai capelli raccolti sulla nuca, la bisaccia al collo e una lunga gonna che

scopre appena i piedi nudi, è còlta in un momento di stupore mentre pasce un piccolo gregge di pecore

e capre. Causa della sua meraviglia è l‟apparizione della Madonna, che si staglia al centro della

composizione, intenta a sostenere il pesante mantello con la mano sinistra mentre con l‟altra si rivolge

benedicente alla fanciulla. È la rappresentazione del miracolo che diede origine al santuario, così

riassunto in una memoria del 1910: “apparve la SS.ma Vergine ad una pastorella muta della famiglia

Bianchi di Rote di Pievetorina e le ridonò la SS.ma Vergine l‟uso della favella”59. La tradizione non dice

58 La nicchia ha una larghezza di circa 2 metri, un altezza massima di 160 cm ed una profondità massima di 70. La pastorella è alta circa 65 cm, la Vergine 143, il San Sebastiano 148. 59 ASCAC, Inventari, 10, Casavecchia, numero provvisorio 3528, fascicolo “Torricchio – S. Michele Ar.”, “Inventario delle memorie che riguardano la chiesa di S. Michele Arcangelo di Torricchio […] 1910”, p. 7 (par. VI, “Delle confraternite erette nella parrocchia”): i membri della confraternita del Santissimo Sacramento “tutti si vestono il lunedì di Pasqua che per voto vetusto si accede processionalmente all‟eremitaggio del Carpineto ove un tempo apparve la SS.ma Vergine ad una pastorella muta della famiglia Bianchi di Rote di Pievetorina e le ridonò la SS.ma Vergine l‟uso della favella e la fagiulla (!) con le pecorelle sono ancora riprodotte in efficie (!) della Vergine in atto di benedirla in fondo all‟altare”. Un inventario del 1896 parla dell‟altare “antico, ove è la statua di coccia rappresentante Maria Santissima, chiusa con vetrina e tenda torchina, entro una nicchia circondata da un tempietto di legno” (ASCAC, Inventari, 24, Pieve Torina, “Inventario di tutti i beni […] spettanti alla chiesa […] di Santa Maria Assunta in Cielo di Pievetorina […]”, 1896, foglio staccato infilato nel fascicolo relativo alla chiesa plebale, “Chiesa della Madonna detta del Carpineto, e inventario delle suppellettili che ivi si trovano”). Nel 1713 la chiesa fu distaccata da quella di San Benedetto in Valle San Benedetto (nel territorio di Montecavallo), cui era legata almeno dai primi del „600, e passò alla dipendenza della plebale di Pieve Torina (ASCAC, Visite pastorali, 19, vescovo Altieri, a. 1624, c. 59v; 32, vescovo Giusti, a. 1694, cc. 109v-110r, 30 luglio; 37, vescovo Giusti, aa. 1700-1701, c. 122r, 23 luglio 1701; 40, vescovo Bellucci, aa. 1712-1717, c. 429r-v, 7 aprile 1717; 38, vescovo Salvini, aa. 1848-1854, p. 305, 29 agosto 1854; 63, vescovo Salvini, anni 1854-1866, pp. 287-288, 12 giugno 1864, quando il santuario risulta affidato alla “cura eremitae prope ipsam commorantis”). Non ho ancora controllato le eventuali menzioni della chiesa nell‟Archivio diocesano di Spoleto, alla cui diocesi l‟area di Pieve Torina appartenne fino al 1587.

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quando precisamente il fatto sia avvenuto. La prima testimonianza scritta a me nota è in un manoscritto

della metà del Cinquecento, il cosiddetto Codex Pilosius dell‟Archivio diocesano di Spoleto, dove, tra le

chiese della pievania di Pieve Torina, compare la “ecclesia S. Mariae de Carpeneto […] miraculose facta Virgine

inspirante et loquente cuidam puellae”60. È evidente però che una testimonianza ancor più antica è costituita

dalle sculture stesse, che al di sotto delle brutte ridipinture si dimostrano chiaramente opera della

seconda metà del Quattrocento61.

60 L. Fausti, Le chiese della diocesi spoletina nel XIV secolo, in “Archivio per la storia ecclesiastica dell‟Umbria”, I, 1913, pp. 129-216, p. 197. Sebbene il manoscritto sembri ripetere in gran parte un originale della fine del „300, il Fausti rileva giustamente che “a motivo delle innumerevoli modificazioni, l‟utilizzo del Pelosio come fonte per studi storici non può criticamente trasportarsi oltre la data di compilazione della copia ordinata dal Card. Farnese a mezzo il secolo XVI” (p. 206). 61 In Mazzalupi, Qualche precisazione … cit. (nota 32), le riferivo al tardo „400.

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Un atto notarile ci permette ora non solo di datare più precisamente le sculture di Carpineto, ma

di dare un nome al loro autore e un volto ad un misconosciuto artista camerinese.

Il 19 dicembre 1474 a Camerino fu rogato un atto di compromesso tra maestro Battista di

Barnaba del terziero di Mezzo e Venanzio di Nicola da Pieve Torina; quest‟ultimo agiva come

camerlengo, cioè cassiere, della „maestà‟ di Santa Maria di Carpineto (“maiestatis Sancte Marie […] dicta

dellu Carpinito”). Il nome di „maestà‟ sta ad indicare generalmente un‟edicola stradale, ed è probabile che

proprio questa ci fosse in origine nel luogo dove poi sorse la chiesa. Le due parti erano in lite a causa

del denaro dovuto a Battista per alcune figure da lui scolpite su richiesta del suddetto Venanzio e dei

suoi predecessori: “nomine et occasione mercedis sive salarii dicti magistri Baptiste de quibusdam figuris scultis et

inmaginibus factis per ipsum magistrum Baptistam ad instantiam dicti Venantii et eius precessorum”. Furono scelti

come arbitri ser Ansovino d‟Angeluccio, priore della chiesa di San Venanzio, Giacomo di Matteo dalla

contrada di Muralto e Paolo di maestro Gentile dalla contrada di Mezzo, che avrebbero dovuto

prendere una decisione entro un mese62.

Il documento non è troppo esplicito, ma la deduzione più logica è che le “figure sculte et inmagines

facte” altro non siano che il gruppo in terracotta ancora oggi esistente nel santuario di Carpineto. Una

discussione approfondita di queste sculture andrà rimandata ad una sede più consona e comunque a

quando un auspicabile restauro permetterà una lettura migliore dell‟opera. Nel frattempo, vorrei

radunare qui i documenti che ho finora rinvenuto su Battista di Barnaba, in gran parte inediti,

62 ANC, 1584, notaio Giovanni Antonio di maestro Angelo, c.n.n. Della sentenza non rimane traccia.

22

attraverso i quali questo scultore fino ad oggi praticamente sconosciuto si è rivelato una figura

straordinaria, in viaggio per vent‟anni tra le Marche, l‟Umbria, la Toscana e la Lombardia.

Battista era figlio di un orafo camerinese, Barnaba di Battista, ben attestato in città almeno dal

1435, quando era capitano dell‟Arte dei fabbri63, al 147664, morto prima del 148465, con bottega nella

contrada di Mezzo e forse in qualche rapporto coi da Varano66. Il primo documento su Battista riguarda

subito un‟opera di scultura: il 9 gennaio 1454 suo padre promette che egli compirà quanto ha promesso,

cioè un “certum laborerium in ecclesia sive porta ecclesie Sancti Bernardini de Perusio”. La promessa è fatta a

Battista di Vannuccio Fresche, che a sua volta si era impegnato per conto di Battista di Barnaba con i

probabili committenti, gli eredi di tale Galgano da Perugia (“heredibus Galgani de Perusio”). In che cosa

consistesse quel lavoro non sappiamo, ma vien da pensare che si trattasse della decorazione scultorea

della facciata dell‟oratorio di San Bernardino, quella poi realizzata da Agostino di Duccio a partire dal

145767. Piace immaginare che prima dello scultore fiorentino fosse scelto per l‟impresa il giovane

camerinese.

63 R. Cicconi, Le pergamene di Serrapetrona e le carte inedite nello statuto del 1473, Camerino – Pieve Torina 1998, p. 149, doc. 53; E. Di Stefano, Una città mercantile. Camerino nel tardo medioevo, Camerino 1998, p. 59, nota 65. 64 ANC, 176, notaio Antonio di Pascuccio, foglio sciolto, 23 luglio 1476. 65 Il 19 agosto 1484 è citata la “domum heredum Barnabei Bactiste alias Barnabeo orfo” (ANC, 314, notaio Pierantonio di Venanzio, cc. 199r-201v). 66 È menzionato come “Barnabeo orfo” tra gli invitati alle nozze di Giulio Cesare da Varano il 12 maggio 1451 (Lilii, Istoria … cit. [nota 6], II, p. 204). 67 La memoria del principio dei lavori, il 15 agosto 1457, si può leggere, ad esempio, in M. Campigli, Luce e marmo. Agostino di Duccio, Firenze 1999, p. 63, nota 2.

23

Con un salto di un quindicennio68 arriviamo al 23 aprile 1469, quando Giulio Cesare da Varano

scrive a Lorenzo il Magnifico per fargli presente che “in quella illustre ciptà di Firenze sonno doy

zoveni nostri ciptadini et a noy carissimi, chiamati Baptista et Iohanni de Barnabe da Camerino, i quali

hanno animo per alcuni tenpi stare in quella ciptà”: il signore di Camerino si dice certo che il Medici

sarà loro “in tucte cose favorevole et propitio”69. Si tratta appunto dello scultore e di suo fratello

Giovanni, che infatti sembrano essere assenti dalla loro città il successivo 8 settembre, allorché tramite

un procuratore, Mariano di Vincenzo dal borgo San Venanzio, prendono in affitto da Angelo e Andrea

di Biagio di Giovanni una bottega presso la piazza di Sant‟Angelo per un anno a partire dal 1°

dicembre70.

E ancora a Firenze il nostro si trova il 17 maggio 1470, quando “Bactista de Cammerino magister” –

così si firma – comunica a Barbara di Brandeburgo, marchesa di Mantova, di essere disposto a

trasferirsi a Mantova, come ella desidera e come le ha chiesto tramite lo scultore e architetto Luca

Fancelli, ma non prima del mese di agosto, non appena saranno ritornati due suoi fratellli (uno sarà

evidentemente il succitato Giovanni)

68 Al 1455 risalgono una “quietatio dotis Battiste Barnabei de Camerino” e una “quietatio partis dotis domine Francesche Ugolini [et] Bactiste predicti pro domina Frisina” (ANC, 674, repertorio del notaio Vannuccio di Matteuccio, c.n.n., rinvio a cc. 517 e 520). In casi come questi è impossibile distinguere il nostro scultore da un suo omonimo, Battista di Barnaba di Ruggiarello della contrada di Muralto, documentato all‟incirca negli stessi anni, ma certamente di una diversa generazione poiché il 3 dicembre 1464 risulta già nonno (ANC, 273, notaio Antonio di Pascuccio, cc.n.n.) e negli anni 1466-1472 sua moglie è di “longeva etas” (ANC, 4010, testamenti del notaio Cola di Domenico da Pievebovigliana, cc. 35r-36v, 41r-42v, 58r-59r, rispettivamente 31 luglio 1466, 11 dicembre 1467 e 24 luglio 1472). 69 Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato [d‟ora in poi MAP], filza 23, n. 243. 70 ANC, 1348, notaio Giacomo di ser Cecco di Matteuccio, cc. 116v-118v.

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che al momento sono fuori città71. In una data imprecisata, ma certamente nelle settimane

immediatamente seguenti, Ludovico Gonzaga marchese di Mantova fu informato delle difficoltà con

Battista ed invitato a rivolgersi ad uno scultore più „accessibile‟72; ma il marchese non voleva altri che il

camerte e così il 23 agosto 1470 dispose per la sua venuta73. In quest‟ultima lettera si dice finalmente

quale fosse lo scopo della chiamata di Battista: il completamento di un‟arca bronzea destinata a

contenere le spoglie di sant‟Anselmo. Si trattava di un‟opera commissionata verso il 1450 a Donatello, i

cui lavori si erano trascinati fino almeno al 1458 concludendosi in un nulla di fatto74. Quando decise di

rimetter mano all‟impresa, Ludovico insistette per avere “Baptista da Camarino, perchè lui

71 “Per le letere della Vostra Magnifica Singoria et per le parole di Luca talgiapietra ò inteso la voluntà della Vostra Magnifica Signoria del mio venire, la quale perché sia grande di longo e asai grandisima la mia di venire et serei per certo già venuto se non fusseno state alcune cagioni, come per Piero et Luca intenderà Vostra Signoria, el perché trovandomi al presente in una nova compangia et solo in Firenze per insino alla tornata di dua mie fratelli, che sonno di fuori, me è necessario non importando troppo alla Vostra Signoria per isino ad agosto dilatare, piacendovi et a qusto tenpo Deo dante infalibilemente serò alla Vostra Magnifica Signoria […]”. Cfr. S. L‟Occaso, Fonti archivistiche per le arti a Mantova tra Medioevo e Rinascimento (1382-1459), Mantova 2005, p. 81, nota 1: Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 1100, c. 509. Sono grato a Stefano L‟Occaso per avermi generosamente fornito sue trascrizioni integrali di questa e delle altre lettere dell‟archivio gonzaghesco. 72 L‟Occaso, Fonti … cit. (nota 71), p. 81, nota 1: Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 1100, c. 466. 73 A. Bellù, Sant’Anselmo nei documenti dell’Archivio di Stato di Mantova, in Sant’Anselmo, Mantova e la lotta per le investiture, atti del convegno (Mantova 1985) a cura di P. Golinelli, Bologna 1987, pp. 81-96, p. 91, doc. 24; L‟Occaso, Fonti … cit. (nota 71), p. 81, nota 1: Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 2891, libro 63a, c. 32v. 74 W. Braghirolli, Donatello a Mantova con documenti inediti, in “Giornale di erudizione artistica”, II, 1873, 1, pp. 4-10; Bellù, Sant’Anselmo … cit. (nota 73), pp. 89-91; L‟Occaso, Fonti … cit. (nota 71), pp. 80-81.

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se trovò qua cum Donatello quando el fece quelle forme de l‟archa”, “perchè lui era presente quando

Donatello la formò”75: Battista di Barnaba fu dunque a Mantova negli anni cinquanta e collaborò col

grande scultore fiorentino. Ma il tentativo di far completare l‟arca non andò a buon fine e nessuna

scultura esistente, di Donatello o di suoi allievi, sembra sicuramente collegabile a quell‟opera.

Il 23 ottobre 1471 un atto di compravendita fu stipulato a Camerino “in domo Barnabei Bactiste”,

presenti come testimoni lo stesso orafo Barnaba e “Iohanne et Ansovino filiis dicti Barnabey”. Apprendiamo

così, oltre che della presenza di Giovanni in patria, anche dell‟esistenza di Ansovino di Barnaba,

probabilmente l‟altro fratello menzionato nella lettera del nostro scultore76.

Degli spostamenti successivi di Battista sappiamo poco: impossibile per ora dire dove egli fosse

prima del documento camerte del 19 dicembre 1474. Comunque, almeno suo fratello Giovanni fece

ritorno in Toscana in quel 1474, “per alcune sue faccende dice havere a‟ffare in Firenze et in spetie col

nobile Tomaso Capponi”, portando con sé una lettera di raccomandazione di Giulio Cesare da Varano

indirizzata a Lorenzo de‟ Medici e datata 1° aprile77. Il 14 giugno seguente fu lo stesso “Iohannes de

Camereno” a rivolgersi al Magnifico per chiedergli aiuto: era in città ormai da due mesi e non era ancora

riuscito ad ottenere quanto gli era dovuto da Tommaso di Gino Capponi78. Il giorno seguente Giulio

Cesare scrisse di

75 Dalla lettera citata del 23 agosto 1470 (cfr. nota 73). 76 ANC, 796, notaio Giovanni di Ridolfino, cc.n.n. 77 MAP, filza 30, n. 225 (da qui è tratto il brano citato tra virgolette nel testo). 78 MAP, filza 30, n. 494.

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nuovo al signore di Firenze, ancora per perorare la causa di “Iohanni de Barnabe” contro il

mercante fiorentino79.

L‟ultimo documento sul nostro scultore ha ancora a che fare con questa vicenda. Il 23 luglio

1476 a Camerino i fratelli Battista e Giovanni, alla presenza e col consenso del padre, rilasciarono

reciproca quietanza per tutto quanto ciascuno potesse pretendere dall‟altro, con la condizione che tutti i

debitori dei due, del tempo in cui essi erano in società con Tommaso Capponi, e i debitori comuni tra

loro, del tempo successivo allo scioglimento della società, si considerassero da allora in avanti debitori

del solo Giovanni – e forse con altre condizioni, la cui conoscenza ci è preclusa dalla frammentarietà

del rogito80.

Dopo queste date, l‟unico fratello di cui si possano seguire in qualche modo le orme è

Ansovino, morto tra il 1511 e il 151281. Giovanni morì entro il 1494, anno nel quale i suoi eredi

versarono all‟ospedale di Santa Maria della Pietà di Camerino i 40 fiorini che egli aveva lasciato a

quell‟istituto. Il

79 MAP, filza 30, n. 499. 80 ANC, 176, notaio Antonio di Pascuccio, foglio sciolto, già foglio iniziale di un quinterno. Sul padre di Tommaso Capponi, Gino di Neri, che fu tra l‟altro committente di Bernardo Rossellino, si veda M. Mallett, s.v. Capponi, Gino, in Dizionario biografico degli italiani, XIX, Roma 1976, pp. 29-31; tutte le compagnie commerciali di Gino Capponi erano registrate a nome dei suoi figli, “ma poiché lo furono fin da quando essi erano minorenni, non c‟è dubbio che il Capponi avesse un ruolo preminente nella loro conduzione commerciale” (ibidem, p. 30). 81 ANC, 818, notaio Cola di Domenico, cc. 295r-302v, 3 novembre 1500; ANC, 400, notaio Pierantonio di Venanzio, cc. 41v-47r, 47v-53r, 53v-57r 16 gennaio 1502, e cc. 90v-98r, 23 gennaio 1502; ANC, 659, notaio Luca di ser Marco di Lippo, cc. 343v-345r, 20 luglio 1505; ANC, 1308, notaio Pierantonio di Venanzio di ser Matteo, cc. 76r-81v, 31 marzo 1511; ANC, 1304, notaio Bernardino di ser Pierantonio di Venanzio, cc. 134v-136r, 24 maggio 1512.

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suo testamento era stato stilato in un anno imprecisato da un notaio fiorentino (del quale

purtroppo si omette il nome)82.

6. Lucantonio di Giovanni Barberetti (e qualcosa su Sebastiano da Appennino)

Su Lucantonio Barberetti, scultore camerinese autore della statua lignea di San Rocco nella

basilica di San Venanzio (1514-1516), e sulla sua famiglia ho raccolto i documenti noti in appendice al

catalogo della mostra Rinascimento scolpito. Maestri del legno tra Marche e Umbria83. Da allora sono emerse

pochissime novità, che qui riassumo.

Il 14 settembre 1474 un atto di quietanza è stipulato nella piazza del Comune di Camerino nella

bottega degli eredi del mercante Nuccio di Matteo Mazzutelli, confinante con la “domum heredum

Barvericti”84: s‟intenderà qui il nonno di Lucantonio, Luca, documentato nel 142685.

Il 18 marzo 1500 Antonio di Giovanni di Simone da Fiastra, col consenso del priore della chiesa

di Santa Maria di Canonica di Fiastra, vendette a Piermatteo di Mariano di Giacomo da Camerino,

rappresentato dal figlio Mariano, un

82 ANC, 1897, notaio Antonio di Pascuccio, cc. 255r-256r, 24 maggio 1494; una quietanza analoga fu rilasciata l‟anno seguente: ANC, 1209, notaio Antonio di Pascuccio, cc. 332r-333r, 10 agosto 1495. 83 Appendice documentaria, a cura di F. Coltrinari, in Rinascimento … cit. (nota 25), pp. 254-287 (la cui consultazione è resa agile dall‟Indice dei nomi, pp. 288-291). I documenti sui Barberetti sono discussi in Mazzalupi, Maestri … cit. (nota 25), pp. 99-102. Per il San Rocco in particolare: M. Mazzalupi, in Rinascimento … cit., pp. 196-198, cat. 38. 84 ANC, 188, notaio Antonio di Pascuccio, cc. 176v-177v. 85 Appendice … cit. (nota 83), p. 254, doc. 1.

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pezzo di terra enfiteutica della chiesa situato nella contrada di Canonica di Fiastra. All‟atto,

rogato a Camerino “in hospitali Pietatis”, fu presente come teste Lucantonio86. Il 10 luglio del medesimo

anno il fratello Gregorio fa da testimone nella compravendita di una casarino tra Costanzo, Bartolomea

e Francesca di Felice da una parte e Piermatteo di Venanzio dall‟altra, tutti di Camerino87.

Da un atto del 27 agosto 1500 che cita la “domum heredum Iohannis Barbaricti” si vorrebbe dedurre

che il padre di Lucantonio fosse morto; ma si sarebbe subito smentiti da un documento con la stessa

data, dove dalla medesima espressione il notaio ha depennato la parola “heredum”88.

Il 14 aprile 1509 i cugini Graziano di Ugolino di Donato e Giacomo di Giovanni di Donato da

Copogna acquistarono per 14 fiorini alcuni terreni posseduti per due terzi da Venanzio Antonio di

Salimbene da Camerino e per un terzo da “Gregorius Iohannis Barbericti de Camerino”89.

Infine, due documenti che fanno avanzare di un anno la biografia conosciuta di Gregorio e

Lucantonio: il 13 aprile 1521 i due fratelli rilasciano quietanza ad Angelo d‟Ansovino Amorose per la

somma di 100 fiorini di moneta, parte del prezzo di un terreno situato nel territorio di Camerino e a lui

dato in pagamento con atto del medesimo notaio90; il solo Gregorio è poi testimone il 27 aprile all‟atto

con cui Giacomo

86 ANC, 818, notaio Cola di Domenico, cc. 55r-60r. 87 ANC, 1562, notaio Luca di Giacomo di ser Matteo, c.n.n. 88 ANC, 818, notaio Cola di Domenico, cc. 222v-227r e cc. 227r-230r. 89 ANC, 253, notaio Pierantonio di Venanzio, cc. 238r-240v. 90 ANC, 602, notaio Pierantonio di Venanzio, cc. 194v-196v.

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di Stefano da San Marcello riceve in deposito 51 fiorini da Venanzantonio di Piervenanzio

Terrazzetti da Camerino91.

Nessuna nuova traccia documentaria è ancora spuntata per collegare altre opere al nome di

Lucantonio. C‟è invece, forse, una piccola conferma per la provenienza di un‟opera che gli si può

attribuire, la Santa Caterina d’Alessandria di Santa Maria delle Caselle a Camerino, datata 1506.

Azzardando ho ipotizzato che la statua, più antica della chiesa e dunque evidentemente realizzata per

un altro edificio, possa provenire dall‟antica chiesa con annesso monastero femminile di Santa Caterina

di Muralto, di cui si riconosce ancora la facciata (settecentesca) in via Bongiovanni, sul lato destro della

strada andando dal seminario verso San Francesco92. I documenti che riguardano questa istituzione non

sono particolarmente abbondanti. Un testamento del 2 maggio 1444 contiene un lascito di un fiorino

per le monache “existentibus in ecclesia Sancte Catarine de Muralto”93; due atti del 2 dicembre 1487 sono

rogati “sub trasanna domorum ecclesie Sancte Chatharine de Camerino sita in civitate Camerini et contrata Muralti”, e

vi compare suor Mita di Battista da Camerino badessa “monialium dicte ecclesie Sancte Catarine”94. Il 31

marzo 1520 un rogito è stilato “in domo ecclesie Sancte Catarine de Camerino, sita in contrata Muralti iuxta

plateam roche a duobus”95: evidentemente una casa appartenente alla chiesa ma lontana da essa e situata

nelle vicinanze della rocca borgesca. Nel „600 la

91 ANC, 602, notaio Pierantonio di Venanzio, cc. 127r-128v. Venanzantonio Terrazzetti, che ricorre qui per la quarta volta accanto ai Barberetti, era forse un loro parente o amico (Mazzalupi, Maestri … cit. [nota 25], p. 101). 92 M. Mazzalupi, in Rinascimento … cit. (nota 25), p. 200, cat. 39. 93 ANC, 497, notaio Giovanni d‟Antonio, cc. 320r-324v. 94 ANC, 383, notaio Pierantonio di Venanzio, cc. 550v-551v e 552r-v. 95 ANC, 1325, notaio Pierantonio di Venanzio, cc. 189v-190v.

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chiesa risulta essere “semplice” (simplex) ma comunque dipendente da un monastero femminile,

quello di San Salvatore, ed è chiamata anche del Santissimo Crocifisso96. Nei secoli successivi l‟edificio

passò alla corporazione dei fabbri, all‟orfanotrofio femminile, a quello maschile97; oggi è adibito ad

abitazione privata. Il documento che qui più ci interessa è la visita pastorale del 1609, quando la chiesa

si trovava “sub cura et regimine fabriferrariorum”: in quell‟occasione il visitatore ordinò di “amoveri imaginem

ligneam, que fuit inventa sine brachiis existens in altare maiori super imagine Beate Marie”. Il soggetto dell‟imago da

rimuovere non è specificato, ma poteva facilmente trattarsi della santa titolare della chiesa. E allora

viene alla mente proprio la statua delle Caselle, che senza troppo esagerare si potrebbe definire “senza

braccia”,

96 ASCAC, Visite pastorali, 14, vescovo Severini, aa. 1606-1608, c. 118r, 29 novembre 1608 (“simplici ecclesia Sancte Chaterine, seu, ut dicitur, Sanctissimi Crucifixi, membro monasterii monialium Sancti Salvatoris”); 23, aa. 1663-1668, vescovo Altieri, c.n.n., 9 febbraio 1667. Nello stesso secolo Venanzio Argenti inserì nel suo Raccolto historico della origine, antichità e nobiltà di Camerino (BVC, ms. 13) un elenco di “chiese tanto dentro, quanto fuori della città” nel quale compare più d‟un doppione: tra questi “la chiesa, e compagnia di Santa Caterina” nel terziero di Mezzo (c. 235v) e “la chiesa, e monistero di Santa Catarina, o del Crucifisso unito alle monache di San Salvatore” (c. 236r). 97 ASCAC, Visite pastorali, 40, vescovo Bellucci, aa. 1712-1717, c. 407r-v, 20 novembre 1715 (“spectantem ad universitatem fabrorum […] solvit canonem annuum scutorum 2 hospitali Pietatis Camerini”); 55, vescovo Mattei, aa. 1819-1841, fasc. I, c.n.n., 18 agosto 1819 (“filialem ecclesie metropolitane olim spectantem suppresse universitati fabrorum ferrariorum, modo vero ad orphanotrophium puellarum”); 58, vescovo Salvini, aa. 1848-1854, pp. XI-XII, 29 settembre 1854 (“orphanotrophio masculorum adnexam, filialem paraeciae metropolitanae”); 63, vescovo Salvini, aa. 1854-1866, p. XX, 30 aprile 1866 (“orphanotrophio masculorum adnexam, et de iure eiusdem orphanotrophii, filialem paroeciae metropolitanae”); 69, vescovo Del Frate, aa. 1895-1903, c.n.n., 29 giugno 1895 (“orphanotrophio masculorum adnexam, filialem paroeciae metropolitanae”).

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mancando dell‟avambraccio braccio destro e delle dita della mano sinistra98.

Collega e contemporaneo di Lucantonio fu Sebastiano di Giovanni da Appennino, uno dei

protagonisti della mostra Rinascimento scolpito, figlio adottivo ed allievo di Domenico Indivini da

Sanseverino, forse autore di molte delle statue etichettate come „Maestro della Madonna di Macereto‟99.

Alcuni documenti su di lui, tutti datati 1510 e stilati ad Appennino, si pescano nei notai di Casavecchia,

castello prossimo ad Appennino. La loro importanza è assai scarsa, ma valgono come testimonianza del

permanere di un legame, quantomeno patrimoniale, di Sebastiano con la terra d‟origine.

Il 1° marzo 1510 Valerio e Gianfilippo di Giovanni, fratelli di Sebastiano, acquistarono un

pezzo di terra100, l‟11 aprile metà di una casa101. Al 15 aprile risale una sentenza arbitrale di Giovanni di

Marinangelo e Paolo d‟Agostino da Appennino su una lite tra Benedetto e Taddeo di Bartolomeo da

una parte e “Valerio, Bastiano et Iohannefilippo Iohannis de

98 Alle possibili provenienze della committente della statua, “CATHARINA FALCONIERI [de villa?] MARILIANI” (cfr. M. Mazzalupi, in Rinascimento … cit. (nota 25), p. 200, cat. 39), ne va aggiunta una strettamente locale: la frazione di Mergnano di Camerino (suddivisa in Mergnano Sant‟Angelo, Mergnano San Pietro e Mergnano San Savino), il cui nome nel tardo Cinquecento è latinizzato in Marignanum (ASCAC, Visite pastorali, 8, vescovo De Buoi, a. 1585, cc. 8v-10r, 16 luglio). 99 Si veda Rinascimento … cit. (nota 25), in part. i saggi di Raffaele Casciaro (Domenico Indivini, Lucantonio di Giovanni, Sebastiano d’Appennino e il problema del Maestro della Madonna di Macereto, pp. 19-37) e Francesca Coltrinari (Domenico Indivini e Sebastiano d’Appennino: una bottega di scultura e intarsio ligneo nella Marche del Rinascimento, pp. 47-71), oltre ai documenti raccolti dalla stessa studiosa nell‟Appendice documentaria. 100 ANC, 1699, notaio Angelo di Benedetto da Casavecchia, c. 12r-v. 101 ANC, 310, notaio Pierdomenico d‟Angeluccio da Casavecchia, c. 35r-v.

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dicto castro Appennini” dall‟altra102. Il 25 aprile gli uomini del castello si riunirono nella chiesa di

San Pietro per eleggere un procuratore: uno di loro era Gianfilippo di Giovanni103. Il 5 dicembre ancora

un documento riguardante una controversia: da una parte il già citato Taddeo, che agisce anche per il

fratello e per la cognata Angelella, dall‟altra Valerio di Giovanni da Appennino, che agisce anche a

nome dei fratelli Bastiano e Gianfilippo, sono in lite per diverse ragioni, tra le quali le eredità degli zii

Pietro di Matteo e messer Venanzio, ed affidano la risoluzione ad Antonio di Vanni e Nicola di Matteo

da Appennino104.

Due documenti camerinesi dell‟anno seguente tramandano qualche strascico di queste vicende:

l‟11 febbraio 1511 le stesse parti, cioè Taddeo dall‟una e Valerio e Gianfilippo – anche a nome “Bastiani

eorum fratris carnalis” – dall‟altra eleggono Tommaso d‟Angelo e Antonio di Vanni da Appennino come

revisori del lodo arbitrale del 15 aprile 1510105; il 17 febbraio ancora Valerio e Gianfilippo, sempre allo

stesso titolo, e i soliti fratelli Benedetto e Taddeo da Appennino nominano un procuratore per accettare

la sentenza dei revisori106.

Quello che manca è un documento che ci aiuti a spiegare la straordinaria vicinanza di stile tra

Lucantonio Barberetti e Sebastiano da Appennino. Su questo l‟archivio notarile di Camerino potrebbe

ancora custodire interessanti novità.

102 ANC, 310, notaio Pierdomenico d‟Angeluccio da Casavecchia, cc. 37r-38r. 103 ANC, 1699, notaio Angelo di Benedetto da Casavecchia, cc. 16v-17v. 104 ANC, 1699, notaio Angelo di Benedetto da Casavecchia, c. 106r. 105 ANC, 1308, notaio Pierantonio di Venanzio, cc. 606v-607v. 106 ANC, 1308, notaio Pierantonio di Venanzio, cc. 623r-624r.