2010.”Orgoglio e pregiudizio. La connoisseurship della scultura in marmo dell'Italia meridionale e...

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Importazioni, artisti itineranti, scuole artistiche nel Mediterraneo antico a cura di Gianfranco Adornato Atti del convegno di studio tenuto a Pisa Scuola Normale Superiore, 9-11 novembre 2009

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Importazioni, artisti itineranti, scuole artistiche

nel Mediterraneo antico

a cura di Gianfranco Adornato

Atti del convegno di studio tenuto a Pisa Scuola Normale Superiore, 9-11 novembre 2009

ISBN 978-88-7916-465-8

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Pubblicato con il contributo di

Ministero dell'Istruzione, ddl'Universita e della Rieerea

Scuola Normale Superiore di Pisa

Banea Monte dei Paschi di Siena

Viileoimpagina'lione e ,~d4'lione: Paola Mignanego Stampa: Ani Grafiche Bianca & Volta

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SOMMARIO

Introdnzione

Artisti itineranti: l' evidenza epigrafica Alessia Dimartino

Early Archaic sculpture in Athens Olga Palagia

n proto-kouros da Samos nd Museo Archeologico di Firenze Mario Io:ao con Appendice Iii Marco Benvenuti, L4ura Chiarantini, Andrea Dini

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Kleobis and Biton. Island marble Argive kouroi in Ddphi 85 Helene Aurigny

La scultura in maIIIlO a Poseidonia in eta arcaica e classica. Stato ddla questione 101 e prospettive di ricerca Laura Buccino

n kouros di Reggio Calabria: aspetti e probluni 127 •

Caterina Greco

Marmi kauloniati, un contribute 143 Maria Cecilia Parra

n ruolo delle officioe itineranti cicladiche nella trasmissione di modelli architettonici 159 . .

tra tardoarcaismo e protodassicismo Giorgio Rocco

Scultura architettonica e officine itineranti. n caso dell'Heraion a Capo Lacinio 171 Roberta Belli Pasqua

La scultura in marmo a Cirene in eta greca 185 Lorenzo Lazzarini -Mario Luni

<<Rilievi eroici» laconici tra influenze ioniche e attiche. Una breve riflessione 223 sull'arte laconica tra I'eta di Chilone e la guerra dd Pdoponneso Alessia Perfetti

Modelli di diffusione della scultura in marmo tra VI e V sec. a.e.: la Licia 235 Alessandro Poggio

Alkamenes: probluni di cronologia di un artista attico 251 Enzo Lippolis - Giulio Vallarino

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SOMMARIO

Stele funerarie eli eta classica dalla Sicilia sud-orientale Elena Ghisellini

Bildhauerschulen: un approccio Gi4n/ranco Adornato

e pregiudizio. La connoisseurship della scultura in malmo dell'Italia e della Sicilia

Clemente Marconi

Referenze fotografiche e iconografiche

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ORGOGLIOEP GIUDIZIO La connoisseurship della scultura in manllO dell'Italia meridionale e della Sicilia

Clemente Marconi

Nd 1983, in Megale Hellas, in quella che rappresenta ancora oggi una delle sintesi piu efficaci suU' arte dei Greci in Italia meridionale, Piero Orlandini dedicava una riflessione specifica al fenomeno della scu1tura in marmo 1. Dopo avere riportato la teoria tradizionale, generalmente associata al nome di Ernst Langlotz, secondo la quale Ie scu1ture in marmo rinvenute in Italia meridionale e Sicilia sarebbero tutte d'importazione oppure prodotte in Occidente da scu1tori dalIa Grecia, Orlandini faceva seguire due osservazioni: la prima riguardava la maggiore diffu­sione della scu1tura in mamlO rispetto a quanta immaginato dalIa letteratura anteriore, come documentato dai nuovi rinvenimenti in diversi siti, quali Metaponto; la seconda riguardava la necessita di una presenza in loco di scultori dd marmo per certe produzioni, in particolare la scu1tura acrolitica e pseudo-acrolitica e la decorazione architettonica 2.

Forte di queste osservazioni, Orlandini opponeva alIa teoria tradizionale uno scenario altemativo, ovvero, per usare Ie sue parole, «che l'importazione di statue e manni dalIa Grecia e la preseriza in Italia di scu1tori greci abbiano favorito, col tempo, il sorgere di maestranze locali capaci di lavorare il maUIlO e che buona parte delle opere in marmo rinvenute nelle poleis d'Occidente, soprattutto alIa fine dd VI secolo, siano dovute a questi scultori locali». )

Le parole di Orlandinipossono considerarsi il prdudio a un fenomeno di revisione che ha avuto luogo . nella letteratura degli ultimi decenni 4: la riattribuzione sistematica ddla scu1-tura in marmo rinvenuta in Occidente a officine locali '. La letteratura e costituita in buona parte da Italiani, rna il fenomeno ha carattere intemazion8Ie, e include studiosi in particolare tedeschi, francesi, e americani. Piuttosto che una rassegna dei vari autori e dei vari monumenti, desidero qui soffermarmi su un caso esemplare, ovvero il primo dei due recenti volumi suUa scultura greca di Claude Rolley .

1 Orlandini 1983, 367-368, 541. 2 La prima osservazione, in partieolare, deve molto a Paribeni 1974, 147-150. ) Orlandini 1983, 368. 4 La bibUografia recente relativa alla scultura in malmo dall'ItaWi meridionale e dalla Sicilia e utilmente rias­

sunta da Barletta 2006. , Non maneano Ie eecezioni, natura1mente, come nel easo di Floren 1987,417439, favorevole all'idea cbe

la statuarla in marmo in Oecidente di eta areaica, in particolare i kouroi, siano per la parte importazioni, specie dalle Cicladi. Analogo suggerimento da parte di Kyrieleis 2000, 271-273. . .

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CLEMENTE MARCONI

Nd capitolo dedicato alIa scultura arcaica in Occidente, Rolley apre il paragrafo sulla statuaria con una discussione delle opere in manno 6. Secondo Rolley Ie korai e i kouroi trovati in Italia meridionale e in Sicilia hanno in genere un aspetto molto originale che ne suggerisce l'esecuzione da parte di scultori locali, malgrado gli evidenti debiti stilistici verso la Grecia. Forte di questa considerazione generale, Rolley assegna a scultori locali opere generalmen­te attribuite a scultori stranieri: basti citare l'esemplare piu significativo, il kouros di Megara Hyblaea. Nella discussione di Rolley c'e una solaeccezione: e la testa da Leontini, giudicata, tra Ie opere dalI'Occidente, una di quelle che piu si awicinano alIo stile attico, e che Rolley pone tra Aristodico e il Teseo di Eretria e considera come uno dei rari casi in cui si puo pensare a

, • opere lffiportate.

Questo processo di revisione degli ultimi aoni invita a riflettere, in generale, sul para­digma di interpretazione corrente dd fenomeno dellascultura in marmo in Occidente. Sia gli assertori della teoria tradizionale che i revisionisti, infatti, pur giungendo a conclusioni opposte circa la valutazione di singole opere, sembrano muoversi alI'intemo di uno stesso modello, creato nella prima meta dd Novecento e non privo di problemi. Le varie osservazioni nd me­rito di ciascuno di questi problemi potrebbero, spero, contribuire alIa costituzione di un para­digma di interpretazione altemativo.

n primo problema ha a che fare con i criteri che determinano l'attribuzione di sculture greche d'eta arcaica e classica a un determinato scultore, bottega, oluogo, quest'ultimo inteso anche come regione. n movimento di revisione degli ultimi anni ha proposto di assegnare ad artefici locali Ie sculture in marmo dalI'Occidente in base a dementi di stile, e in particolare in base al grado di somiglianza, anzi dissomiglianza, rispetto alIe opere dalIa Grecia. Questo modo di procedere lascerebbe pensare che gli dementi di stile siano criterio dirimente in fatto di attribuzione, e che esistano parametri stilistici ben definiti e articolati per stabilire gradi di somiglianza tra sculture e la loro eventuale attribuzione a uno stesso artefice, officina, 0 luogo. La realta, pero, appare diversa.

Prima di procedere oltre su questa via, mi e necessario fare una premessa. La pratica della connoisseurship - intesa in senso lato come attribuzione di opere ad arte­

fici, botteghe, periodi, 0 ambiti geografici specifici 7 - e stata oggetto di ripetuti attacchi in anni recenti nell' ambito della disciplina della storia dell' arte 8. Non mi riferisco solo alIe critiche dd­la connoisseurship come linea di analisi dei fenomeni artistici, in oblio, 0 esplicita opposizione ad altri approcci di carattere storico, antropologico e culturale 9. Mi riferisco anche a critiche di carattere epistemologico, che enfatizzando la natura soggettiva, intuitiva e autoreferenziale della connoisseurship ne pongono in discliSsione la capacita euristica 10. Non e mia intenzione entrare in questa dibattito, non privo di equivoci ed esagerazioni tanto nd campo dei critici, che dei sostenitori vecchi e nuovi della connoisseurship. Ammettiamo che abbia senso esaurire illavoro di storico dell' arte nella compilazione di liste di opere attribuibili a questa 0 quell' arti­sta, periodo, 0 luogo, e arnmettiamo pure che queste attribuzioni, formulate secondo la pratica tradizionale della connoisseurship, colgano certamente nd segno.

n problema che desidero sollevare qui e come Ie pratiche della connoisseurship corren­ti nd campo della scultura greca appaiano assai lontane da quelle in yoga nello studio dd­la scultura italiana dd Rinascimento e della stessa ceramografia greca. Diversi fattori hanno con corso a deteullinare questa situazione, naturalmente, a partire dalIa quantita limitata delle testimonianze documentarie (in particolare rispetto alIa scultura italiana dd Rinascimento) e delle opere originali (in particolare rispetto alIa ceramografia greca). Ma il punto e, a mio modo

• Rolley 1994, 299·30l. 7 Per questa definizione estesa si vedano anzitutto Lang 1987 e da ultimo Neer 2005. 8 Per discussioni recenti di carattere generale si vedano Ie critiche al sistema della connoisseurship di Ginz·

burg 1986 eCole 2003; in favore della connoisseurship invece Carrier 2003 e Neer 2005. , Per l'arte antica: 1991 e Smith 2002.

10 Per l'arte antica: Shanks 1996,30-41, e Brilliant 2005.

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ORGOGLIO E PREGIUDIZIO

di vedere, ehe se 10 studio della eeramografia greea 11 non ha avuto un Giovanni Morelli ehe eleneasse sistematieamente gli elementi morfologici di cui si serviva per determinare Ie sue at­tribnzioni, 0 un Bernard Berenson che delineasse i piu generali Rudiments 0/ connoisseurship, ma almeno ha avuto un John Beazley 0 un Arthur TrendalI- ovvero un vasto corpus di attribu­zioni sul quale misurare la pratiea della connoisseurship anche di un singolo autore -10 studio della seultura greea non solo non ha mai avuto un John Pope-Hennessy, ehe definisse sistema­tieamente i eriteri non documentari, soprattutto stilistici, per l' attribnzione di una scultura a un singolo artista, officina, 0 luogo, ma nemmeno l'equivalente di un Beazley 0 un TrendalI ehe desse sistematieamente un esempio di (seria) pratiea attributiva. Come risultato, eonsiderati alIa luee della pratiea della connoisseurship della seultura italiana del Rinasdmento e della cera­mografia greca, i criteri non documentari utilizzati nel campo della scultura greca per giungere ad attribnzioni appaiono assai meno sviluppati e non poco problematici. Mi limito qui a citare problemi macroscopici connessi alIa prassi attributiva corrente: la propensione troppo diffusa a fOlluulare giudizi su opere non osservate di persona; la tendenza ad abusare della fotogra­fia, senza tenere conto dell'inadeguatezza di questa mezzo di riproduzione bidimensionale per giudicare opere tridimensionali; e, infine, in un'epoca come la nostra particolalmente sensibile agli . tecnici (e che ha visto sorgere una Technical Art History, particolarmente iri rela­zione a questioni di attribnzione) 12, Ia tendenza a basarsi esdusivamente sullo stile, ovvero la morfologia, senza dare il giusto peso alIa tecnica di esecuzione. .

A questa si aggiunge il problema di quali e quanti tratti diagnostici si utilizzano a fini attributivi dal punto di vista dello stile, e di quanta tali tratti siano dirimenti per attribnire 0

meno una scultura a uno stesso artefice, officina 0 luogo. Un caso per molti versi esemplare al riguardo, che illumina piu in generale sui limiti della pratica corrente della connoisseurship della scultura greca, e quello relativo alIa determinazione delle (<scuole» di eta arcaica: una de­terminazione generalmente basata, come tratto diagnostico, sulla cosiddetta «struttura» delle statue. Con «struttura» si intende, in definitiva, uno sguardo combinato alIe proporzioni e al dettaglio anatomico n, che peri> generalmente non si traquce in un'analisi sistematica di ciascu­na componente, forse a causa dell'apparente semplicita della scultura di questa periodo e delle condizioni per 10 piu frammentarie della docurnentazione. Di qui, anche, l' estrema vaghezza e ambiguita dell'idea di «struttura». . Come esempio di definizione di una «scuola» di scultura arcaica si pensi al caso di Naxos 14. A Langlotz risale la proposta di identificazione di uno «stile nassio» di eta areaiea, contraddistinto dalIe proporzioni snelle, alIungate delle figure, e dalIa resa del corpo asciutto, con la pelle tesa, e con scarsi dettagli anatomici. Questa lettura stilistica e stata ribadita piu di recente da Georgia Kokkorou-Alewras, che ha riproposto l'idea di una «omogeneita di strut­tura» delle sculture nassie dalIa meta del VII sec. a.c. al490 a.c. In effetti, tutte Ie sculture, di kouroi in particolare, pubblicate da Kokkorou-Alewras hanno un'aria di famiglia. Volendo fare l'avvocato del diavolo, peri> - evocando la riflessione di Michel Foucault 15 secondo la quale la costrnzione di un corpus di opere attomo a un autore 0 una scuola rischia troppo facilmente di cadere nella trappola del circolo ermeneutico, finendo con l' essere strutturata, prima di tutto, attomo alIa giustificazione di se stessa - si potrebbe osservare che Kokkorou-Alewras ha Iascia­to fuori dal suo catalogo alcune sculture, come il torso non Anito Delos A 4083 16 (Fig. 1), che non sono completamente confollni al proposto (<stile nassio» canonico, presentando una mor­fologia leggermente differente .. Anche in considerazione della provenienza, peri>, ci sarebbero fondati motivi per attribuire queste sculture ad artefici da Naxos (proposta avanzata in passato

11 Sul metodo della connoisseurship in relazione alla eeramiea greea si e sviluppato un ampio dibattito negli ultimi anni, su cui Oakley 2009, 605-607 per un eleneo di alcuni degli interventi recenti.

12 Ainsworth 2005. U Piii di reeente Borbein 2000, 122-124. 14 Sulla sculrura di Naxos in eta areaiea si vedano specialmente Langlotz 1927,126-131; Pedley 1976, 18-37;

Floren 1987,150-160; Rolley 1994,252-254; Kokkorou-Alewras 1995; Prost 2008. " Foucault 1969. 16 Delos, Museo, inv. A 4083: Floren 1987, 154 nota 25 (con bibliografia); per la lavorazione: Adam 1967, 12,30.

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CI .EMENTE MARCONI •

e pill di recente in letteratura) 17, appartenenti a un'officina diversa da quella ritenuta respon­sabile dd presunto «stile nassio» canonico. In effetti, noi possiamo eseludere a priori questa possibilita solo accettando un'idea falsa e pericolosa secondo la quale parentda di sangue ge­nera parentda di forme, un principio che era alIa base dd modello di analisi dd Langlotz delle Friihgnechische Bildhauerschulen (e che in definitiva risale alIa tesi di abilitazione di Erlangen di Karl Friederichs dd 1855: Nationum graecarum diversitates etiam ad artis statuariae et seulp­turae discrimina valuisse), contro il quale Salvatore Settis si e espresso gia nd 1971. Tale idea e falsa, naturalmente, come dimostra tra l' altro, cambiando genere, la notevole variabilita nd raffigurare la morfologia dei corpi da parte dei pittori appartenenti ai diversi centri di produ­zione della ceramografia arcaica. Ma tale idea e anche pericolosa, richiamando alIa mente la pill generale connessione tra teorie dello stile e ideologie razziste e nazionaliste contro la quale si e rivolto, in particolare, Ernst Hans Gombrich 18. In effetti, tante ricostruzioni delle scuole di scuItura greca arcaica devono molto, in ultima analisi, a uno degli dementi irrazionali della cuI­tura filologica elassica tedesca, ovvero l'idea di un profondo nesso tra stirpe e stile, esplicitata per la prima volta in maniera sistematica da Karl Otfried Miiller nei suoi Doner (1824) 19.

II caso della scuItura arcaica di Naxos, oltre a mettere in luce Ie difficolta rdative ai criteri di eselusione di detelminate opere dal corpus attribuibile a un determinato luogo, rivda anche i problemi rdativi ai criteri di interpretazione delle opere ineluse in tale corpus. Di nuovo, il problema principale sembra risiedere nell' adozione come tratto diagnostico di un parametro troppo vago e ambiguo come quello di (<struttura».

Un caso esemplare riguarda quello che Kokkorou-AIewras ha battezzato il Maestro dd torso di Berlino K 36: a parere della studiosa il principale scuItore attivo a Naxos attornoalIa meta dd VI sec. a.c. A questa Maestro, 0 alIa sua officina, Kokkorou-AIewras ha attribuito, oltre al torso di Berlino Sk 1555 (Fig. 2), da Naxos, datato intorno al550-540 a.c., anche due torsi coevi da Ddos: A 4051 (Figg. 3-4) e A 1742 (Figg. 5-6) 20, datati intorno al560-550 a.C. L' attribuzione alIo stesso scuItore, 0 almeno alIa sua stessa bottega, dei tre torsi e stata giu­stificata col fatto che Ie tre scuIture presenterebbero un'analoga «struttura dd corpo», e con l'uso di schemi analoghi nella resa dell'anatomia, considerati motivi fillna dello scuItore 21 • II confronto tra il torso di Berlino e il primo torso da Ddos e molto convincente, a una veduta frontale. Meno 10 e quello con il secondo torso da Ddos, il cui torace risulta pill lungo e con un maggiore assottigliamento alIa vita. Problemi analoghi si pongono in una veduta laterale, con il terzo torso che appare decisamente pill sottile e pill gracile. Questo ha guidato, credo, l'attri­buzione dei t~e pezzi a una stessa officina, non alIa stessa mana: attribuzione che non prenderei alIa lettera (si puo eseludere che uno scuItore potesse, nella sua carriera, scolpire un corpo pill robusto e uno pill gracile?), rna solo come un'indicazione dd fatto che Ie scuIture non so­no assolutamente identiche. Ne possiamo giudicare bene al riguardo, si dovrebbe aggiungere, considerate l' assenza di parti significative dd corpo e Ie diverse condizioni di conservazione della superficie.

Armati di queste considerazioni, rivolgiamoci ora al kouros da Megara Hyblaea (Figg. 7-8) 22. II torso da Megara Hyblaea e stato attribuito da Langlotz a uno scuItore di Naxos,

17 Per l'attribllzione a Naxos del torso Delos A 4083: Floren 1987, 154 nota 25; Prost 2008,391; il torso e attribuito a Paros da Pedley 1976,42 n. 29 .

• 1 Gombrich 1%1, 19-20; anche Ginzburg 1998,39 ss. 19 Per questa idea: Raeder 1993 e Wer·Kerenyi 1999; per la sua applkazione allo studio della scultura greca

arcaica: Borbein 1991. . . 20 Su questi due ultimi leouroi, ai quali si puc> ora associare anche Delos A 4085 + A 4293: Prost 2008. 2. Un certo scetticismo sulla procedura attribuzionistica di Kokkorou·Alewras e espreSSQ da Heilmeyer 2008,

373. . 22 Siracusa, Museo Archeologico Regionaie, inv. 49401: Floren 1987,422 nota 47 (con bibliogtafia); Panvi­

ni - Sole 2009, IT; 204, n. VI1l08, con bibliografia (C. Qurcina). Tra Ie attribuzioni delleouros a uno scultore di Naxos Langlotz 1%3,57, e Kyrieleis 2000, 271. La recente attribllzione (Karanastassis 2002, 184) delleouros a un'officina peioponnesiaca, sulla base di un confronto con illeouros di Tenea, va respinta. Non solo l'attribuzione delleouros di Tenea a uno scultore corinzio rimane ipotetica: il confronto tra quest'opera e illeouros di Megara Hyblaea e assai menD cogente che quello con la serie di leouroi da Naxos.

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ORGOGLIO E PREGIUDIZIO •

e nella sua discussione dd Maestro dd torso di Berlino, Kokkorou-AIewras ha debitamente paragonato il torso che da nome al suo maestro e il pezzo dalla Sicilia, oitre a un altro ben nota torso da Cirene. La ragione piu evidente 'per awicinare il torso di Berlino e quello di Megara Hyblaea e Ia resa dell'arcata epigastrica, che e molto simile. In piu si aggiungano analogie nei corpi sianciati, Ia vita sottile, e Ia resa dei capelli sulla schiena. Secondo Kokkorou-AIewras, pero, uno sguardo pill attento rivderebbe, a dispetto delle analogie nella struttura dd corpo, un diverso linguaggio formale tra Ie due statue: in particolare, il torso di Megara Hyblaea pre­senterebbe forme rotonde e piene, non piatte, asciutte e tese come gli esemplari da Naxos. n verdetto conseguente e che il torso di Megara Hyblaea, pur richiamando i kouroi di Naxos, non sarebbe una «pura» scultura di Naxos (<<echt naxische Werb). Devo confessare che a osservare Ie gambe dd kouros di Megara Hyblaea non me Ia sentirei di definire Ie sue fOlIne rotonde e piene, in contrasto con quelle asciutte e tese dd torso di Berlino, e analogo ragio­namento potrebbe valere per Ia resa dei pettorali in una veduta Iaterale. In questa sede, pero, non mi interessa tanto ribattere nello specifico alle osservazioni di Kokkorou-AIewras, quanta osservare che il kouros di Megara Hyblaea e tanto diverso dal torso di Berlino, quanta simile al secondo torso di Delos. AI riguardo sarei tentato di dire che il torso di Megara Hyblaea si pone a meta tra il torso di Berlino e quello di Ddos, e a questo punto domanderei: perche non considerarlo opera della stessa bottega dd torso di Berlino?

Fin qui mi sono in Iarga parte confollnato alla pratica corrente della connoisseurship della scultura greca arcaica. Avessi scdto di non farlo, e avessi preso in considerazione Ia pratica della conoisseurship nd campo della scultura dd Rinascimento e della ceramografia greca avrei forse potuto osservare, per esempio, che stiamo ricostruendo personalita artistiche e compien­do attribuzioni usando opere senza testa e in parte senza mani, affidandoci al resto dd cor­po, in particolare alle sue proporzioni. Oppure avrei potuto osservare che al fine di fOfmulare un'attribuzione nd campo della scultura, oitre alla morfologia andrebbero considerati altri fat­tori ugualmente importanti, come Ia tecnica e l'uso degli strumenti.

Spero che, dopo queste osservazioni, Ia presunzione di potere, in base a un parametro COSl vago e ambiguo come quello di «struttura», determinare con certezza I'appartenenza 0 Ia non appartenenza di sculture per giunta in uno stato di conservazione non completo a un dato Iuogo, bottega, 0 scultore, ne esca ridimensionata. Piu in generale, dobbiamo andare cauti nell'uso della morfologia per stabilire se una scultura in manIlO dall'Italia meridionale 0 dalla Sicilia, conservata per giunta solo parzialmente, sia un prodotto locale, 0 illavoro di uno scul­tore dalla Grecia.

Un secondo problema nd paradigma di interpretazione corrente dd fenomeno della scul­tura in marmo in Occidente riguarda l'uso molto diffuso di un argomento di ordine tecnologi­co rdativamente al quale l' analisi comparativa invita alla cautda. Uno dei principali argomenti utilizzati per attribuire sistematicamente Ie sculture in marmo dall'Occidente a scultori dalla Grecia e Ia mancllta familiarita, Iocalmente, con Ia tecnica della Iavorazione dd marmo: un'idea particolarmente cara a Langlotz 23. Devo notare che questa argomento di carattere tecnologico e stato seguito nella sua sostanza dai revisionisti. Ho citato 'al principio Ie parole di Orlandini, che seguono un ragionamento di carattere al tempo stesso tecnologico ed evolutivo: col tem­po gli scultori dell'Occidente si familiarizzarono con Ia tecnica della scultura in marmo grazie all' apporto di scultori dalla Grecia, e alla fine furono in grado di fare da se.

Questo argomento di carattere tecnologico ha eome premessa un corollario che e bene esplicitare: ovvero l'idea che in una regione in cui come materiale per Ia scultura domini Ia pie­tra piu 0 meno tenera, gli scultori Iocali non siano in grado di scolpire il marmo. Tale corollario e tuttavia contraddetto dall' analisi comparativa.

Come comparazione, cito il caso della Sicilia nd Trecent0 24.1n quest'epoca, nell'isola, ci troviamo ben prima della massiccia importazione di malmo statuario da Carrara awiata negli . anni Sessanta dd Quattrocento da Domenico Gagini. Per Ia scultura, ci si serviva in prevalenza

2) Soprattutto Langlotz 1963, 31. 2< Soprattutto Negri Arnoldi 1988.

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CT .EMEN'l'E MARCONI

della pietra tenera locale. Malgrado cio, occasionalmente, era possibile scolpire il marmo, come nd caso dd Sepolcro della Regina Costanza d' Aragona nd Duomo di Catania. Quest' opera mostra una certa rozzezza di lavorazione, sintomo della mancanza di professionalita specifiche nella lavorazione dd manno da parte degli scultori locali. Cionondimeno, opere come questa dimostrano che artigiani abituati a scolpire illegno 0 la pietra tenera possano, occasionalmen­te, cimentarsi nella lavorazione dd manllo. Ovvero: la mancanza di mallno localmente non garantisce automaticamente l'esecnzione di opere in questo materiale da parte di scultori dal­l'esterno. Per regioni in cui prevale l'impiego di materiali pill teneri dd marmo, il problema che si pone non e l'impossibilita di esecnzione di scultura in manno, rna la qualita di quell'ese-

• CUZlone. Cio non significa, peraltro, che scultori nati in una regione in cui prevale I'uso della pietra

tenera non possano produrre opere di qualita nd mallno. Citero in seguito il caso di Antonello Gagini, importante a livello comparativo. Ma e bene richiamare prima Ie fonti letterarie rdative alIa scultura greca, che dovrebbero metterci sull'avviso su questo punto. Qui desidero menzio­nare il caso di Dipoinos e Skyllis, originari di Creta, e che secondo Plinio (36.9) sarebbero stati i primi a distinguersi nello scolpire il malmo (marmore scalpendo primi omnium inclaruerunt Dipoenus et Scyllis). Ci troveremmo qnindi di {ronte a due scultori da una regione in cui preva­Ie l'uso dd calcare ~, rna che sono tra i pionieri nell'uso del mallXlO insulare (sempre a detta di Plinio: 36.14). Una circostanza che meglio si spiegherebbe con particolari rapporti tra Creta e Ie Cicladi, soprattutto nella seconda meta del vn sec. a.c., e di cui la kore da Sellada, a Tera, appare ora una testimonianza significativa 26.

Sono diverse Ie opere dalI'Italia meridionale e dalIa Sicilia che potrebbero rientrare in questa categoria, rivdando con la loro incertezza di esecuzione la probabile mano di un artefi­ce locale non abituato alIa lavorazione dd manno. Basti qui cit are un torso di kore da Siracusa di eta tardoarcaica, nello stile ionico intemazionale dell'epoca 27; 0 la statuetta di Hera in trono dalI'Heraion alIa foce dd Sde, di eta tardoclassica, traduzione in malmo delle statuette votive in terracotta della dea di prodllzione locale 28. Cio che accomuna questi pezzi e una certa esi­tazione nello scendere in profondita nella lavorazione delle superfici, tradendo una probabile mancanza di farniliarita con la lavorazione dd marmo.

Se la comparazione stilistica richiede una serie di tratti diagnostici non sempre disponibili a causa della condizione frammentaria delle opere, se argomenti a priori di natura tecnologica non sono sufficienti per fOllnulare giudizi definitivi, e se naturalmente il diffuso silenzio delle fonti letterarie sulla produzione artistica in Occidente non ci aiuta, credo che prima di pro­nunciarsi su attribuzioni specifiche 0 sul problema generale della scultura greca in marmo in Italia meridionale e Sicilia, si debbano considerare tutti gli scenari possibili. A questo riguardo, desidero seguire due linee diverse. La prima e quella della comparazione e la seconda e quella di una riconsiderazione delle condizioni di prodllzione della scultura greca in eta arcaica e classica.

Ho gia menzionato il fatto che a partire alI'incirca dal1460 la Sicilia viene segnata dalla massiccia importazione di marmo statuario da Carrara. D'improvviso, e poi per quasi un secolo e mezzo, una-delle regioni d'Italia nelle quali meno sviluppato era l'uso dd malmo diventa uno dei maggiori cantieri di lavorazione dd manno, soprattutto carrarese rna anche locale, di tutto il Meridione 29. AIla base di questo fenomeno si possono porre tre fattori. n primo e la committenza locale, ovvero Ie farniglie patrizie e Ie istihlzioni municipali ed ecclesiastiche di vari centri, che vedono la via verso la sprovincializzazione anche nell'adozione dd malmo per monumenti sia privati, che pubblici. Cio che conta, per questa committenza, e anzitutto la

" Blome 1982; Floren 1987, 119·149. " Come opportuDamente rilevato in Vollkommer 2007, 184-18~, 834 (A. Hellnary). Sui rapporti tta Creta e

Ie Cicladi in eta alto-arcaica si veda il contributo di M. Iozzo in questo volume. 71 Siracusa, Museo Archeologico Regionale, inv. 716: Floren 1987,420 nota 22, tav. 37.5 (con bibliografia). 21 Paestum, Museo Archeologico Nazionale: Setris - Parra 200~, 336, n. II.239, con bibliografia (B. Ferrara).

Si veda il contributo di L. Buccino in questa volume. 29 Specialmente Negri Arnoldi 1994.

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ORGOGUO EPREGWDIZIO

qualita del marmo: i contratti specificano continuamente, infatti, che i monumenti commissio­nati devono essere «di buono e ottimo malmo lucido, molto bianco, e perfetto» 30. n secondo fattore sono i traffici marittimi che, divenuti intensi, pellilettono agli scultori incaricati delle opere di recarsi a Carrara, scegliere il marmo e tomare con questo materiale nell'isola: su navi commerciali, si badi, non espressamente designate allo scopo. n terzo fattore e una serie di scultori-impresari bravi nel contempo a soddisfare e far crescere la domanda, e al tempo stesso a detenere il monopolio della produzione. Mi riferisco ovviamente a Domenico e Antonello Gagini prima, a Palermo e Messina, e ai Carraresi poi, a Messina.

Questa corsa verso l'uso del marmo in Sicilia tra Quattro e Cinquecento, prende, sul piano degli artefici e della produzione, quattro forme diverse. La prima e quella dello scultore che giunge nell'isola per eseguire alcune commissioni e finisce per rimanervi praticamente tutta la vita. E il caso di Domenico Gagini, originario di Bissone e allievo di Brunelleschi, che dopo avere lavorato a Genova e Napoli, giunge in Sicilia nel1458 0 intomo al1463, rimanendoci in modo pressoche continuo fino alla morte, avvenuta nel1492 1I. Un'altra fOlma e quella dello scultore itinerante, che si reca in Sicilia per breve tempo, per eseguire un certo numero di com­missioni. E il caso di Francesco Laurana, che comincia la sua carriera a Dubrovnik e lavora poi principalmente a Napoli e in Provenza, eccezion fatta per una parentesi di tre anni in Sicilia, tra il1468 e il1471, periodo nel quale esegue opere in vari centri 32. Una terza fOlma e quella dello scultore nato, vissuto e morto in Sicilia. E il caso di Antonello Gagini, figlio di Dome­nico, che si fOlllla come scultore nello studio del padre. Antonello crea un grande studio nel quale lavorano i suoi cinque figli e per decenni monopolizza tutte Ie principali cOmnllssioni di scultura in Sicilia e, in parte, in Calabria JJ. Da ultimo, menziono il caso di statue lavorate in un luogo di prodwione estemo all'isola e poi trasportate a destinazione. n caso piu clamoroso e quello della Fontana Pretoria, ideata per la villa fiorentina del Vicere Pietro di Toledo, venduta dal figlio Luigi al Senato di Palermo nel1573, e smontata e spedita in 644 pezzi nella nuova destinazione, dove venne ricostruita e ampliata 34.

Quello della scultura in malmo in Sicilia tra Quattro e Cinquecento rappresenta un pa­ralldo interessante, che stimola la riflessione suIle cause e i modi del fenomeno dell'uso del mallllO in Occidente tra eta arcaica e classica. Quanto alle cause, ricordo i tre fattori operanti in Sicilia durante il Rinascimento: la committenza e il suo desiderio di sprovincializzarsi; gli scultori e la loro abilita di porsi al servizio della domanda; e infine i traffici marittimi, che ren­dono possibile l'afflusso di mallllO nell'isola.

Uno sguardo ai numeri, ovvero alla quantita di scultura in mallllO documentata in Oc­cidente tra l' eta arcaica e tardo-classica, suggerisce un parallelo tra la situazione in Sicilia post-1460 e quella nell'isola e in Italia meridionale tra l'eta tardo-arcaica e l'inizio dell'eta clas­sica. La documentazione per la scultura in mallllO in eta alto- e medio-arcaica in Occidente e infatti di gran lunga inferiore {anche se quantificare e quasi impossibile, si direbbe circa un quinto} rispetto al periodo successivo. Con l'eta tardo-arcaica e documentato un incremento considerevole dell'uso del marmo, che prosegue sugli stessi livelli in eta severa; per poi calare progressivamente in eta classica e tardo-classica {in eta ellenistica i numeri sembrano risalire}. L' eta tardo-arcaica rappresenta dunque un momento importante, nel quale appare palese il desiderio di marmo da parte delle elites locali, principalmente per dediche votive nei santua­ri" ma anche in relazione a monumenti funerari (Ia cui docnmentazione in Occidente e assai povera a seguito delle vicende belliche di cui sono state vitti me numerose colonie). Per questo desiderio di mallllO da parte delle elites delle citta greche d'Occidente, che sembra proseguire invariato in eta severa salvo estendersi all' architettura monumentale, e agevole trovare una spie-

)0 Di Marzo 1880-1883. )I Kroft 1972 e Sarullo 1994, 134-135, con bibliografia (B. Patera). )2 Pili di recente Patera 1992 e Sarullo 1994, 177·178, con bibliografia (E. Valenza); Kroft 1995,82·119. )) Kroft 1980 e Sarullo 1994, 129·132 (B. Patera). ,. Pili di recente Favara . Demma 2006. )' Doepner 2002, 57,91,110,121,137·138,170·111.

345

. , .

CIEMEN'lE MARCOm

gazione in un dima di comperizione per il prestigio sociale a livello sia locale che regionale 36,

dd quale sembrerebbero dare testimonianza anche Ie pratiche funerarie 37• Fin qui i commit­tenti. Quanto agli scultori e alla loro abilita di porsi al servizio della domanda, il caso piu palese di afflusso di manodopera dalla Grecia e offerto dai tetti in manna cicladico 38: si tratta di un fenomeno particolallnente significativo in eta severa e classica, che riguarda edifici monumen­tali in diverse citta, per cui e lecito suggerire un meccanismo di peer polity interaction 39. Infine, resta da riflettere sulla possibile situazione favorevole creata dal regime dei traffici mercantili. Penso in particolare al commercio di grana siciliano verso la Grecia, dato che all' epoca delle Guerre Persiane questa prodotto sembra avere rivestito un molo importante per Atene e per il mondo greco in generale: un fatto che sembra difficile contestare, malgrado la problcmaticita delle fonti letterarie al riguardo 040.

aItre che per Ie cause dell'adozione dd marmo,l'analisi comparativa suggerisce spunti interessanti circa Ie dinamiche della produzione della scultura in marlllo in regioni prive di questa materiale,mettendo sotto i nostri occhi una serie di moddli diversi: ovvero il «tnodello Domenico Gagini», il «modello Francesco Laurana», il «modello Antonello Gagini» e infine il <<modello Fontana Pretoria» teste esplicitati.

L'osservazione di questa variegato spettro di possibilita rende piu urgente una considera­zione dei modi di produzione della scultura greca durante l'eta arcaica e classica. L'attenzione per il marmo, Ie cave e i modi di produzione e commercia1izzazione di questa materiale degli ultimi decenni ha contribuito in maniera significativa alla conoscenza di questo aspetto 41, per­mettendoci di ddineare un quadro piu chiaro rispetto a quello presentato alcuni decenni or sono da Langlotz 42.

Cominciamo dalle cave. Per anni si e creduto in una divisione dd lavoro di produzione delle sculture in mallllO in due fasi. Una prima fase in cava, di estrazione dd blocco e sboz­zatura eseguita da cavapietre e una seconda fase nello studio, di lavorazione per opera degli scultori. n recente riesame delle cave di eta arcaica e classica ha messo in discussione questa postulato, suggerendo che in eta arcaica gli scultori erano all'opera gia nelle cave. A Naxos, per esempio, sembra chiaro che gli scultori erano presenti nelle cave non solo per testare la qualita dd marmo e stabilire Ie dimensioni dei blocchi, rna anche per eseguire Ie sculture fino a uno stadio avanzato, entro un centimetro dalla superficie finale (cito qui come esempio il kouros di Atene, Musco Nazionale, inv. 14, dalla cava di Apollonas, datato al550-540 a.e.). Questo procedimento ovviava a due problemi: quello dd peso al momenta dd trasporto e quello dd rischio di.difetti nd marmo che avrebbero reso inutilizzabile il blocco a destinazione. Qui, solo qui, nd luogo di destinazione finale, venivano eseguiti gli ultimi ritocchi, come sembra indicare la kore da Sellada, danneggiata prima di essere rifinita ed eretta, e abbandonata sulluogo.

Come si sa, manca documentazione per sculture greche non finite lasciate in cava per il periodo successivo al VI sec. a.e. Questo ha suggerito (e qui si e confortati dai conti rdativi ai frontoni dd Partenone) che la lavorazione delle statue non avvenisse piu nelle cave, rna che i blocchi di maUilO venissero trasportati fino alle officine degli scultori, generalmente ubicate in contesti urbani. n che, naturalmente, comportava problemi di dimensionamento dd blocco in rdazione alle dimensioni finali della statua, con conseguente ricorso al metodo dd riporto se il blocco era troppo piccolo 0 a rappezzature nd caso di difetti dd marmo.

Riassumendo, in eta arcaica e documentato l'uso di scolpire gran parte della scultura in cava e di rifinirla nd luogo di destinazione. In eta classica si passa a un sistema diverso, se­condo il quale si spediscono i blocchi nell' officina degli scultori, che qui procedono alla loro

)6 Piil eli recente Portale 2005, 79. )7 Shepherd 1995. JI Heiden 1998; si vedano i contributi eli R Belli Pasqua e G. Rocco in questo volume. }. Snodgrass 1986. 40 Fantasia 1993 e piil eli recente De Angelis 2006 (con bibliografia). 41 Floren 1987, 9·10; Waelkens . De Paepe - Moens 1988, 19-20; Kokkorou-Alewras 1995,40-46; Kyrieleis

2000, 272-273; Palagia 2006, 247 ·250. 42 LanglOt2 1971,225·228.

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ORGOGLIO E PREGIUDIZIO

lavorazione. Ovviamente, nel cambiamento gioca un molo importante il nuovo canone della scultura di eta classica, ma ci si puo anche chiedere se altri fattori non fossero un nuovo regime di sfruttamento delle cave e nuove possibilita di trasporto.

In conelusione: prima, con la comparazione, ho disegnato una serie di scenari possibili; poi, con uno sgUardo ai modi di produzione, ho disegnato una serie di scenari plausibili. A questa punto, non resta che rivolgersi alIe sculture. .

Ora, non sara forse un caso che gli esemplari meglio noti di sculture in maullo non finite dalI'Italla meridionale e dalla Sicilia datino a eta arcaica. n caso pill eelatante e offerto da1la kore di Taranto 43, in marmo di Paros e variamente considerata come ropera di uno scultore pario 44 0 di uno scultore tarantino inviato a Paros dal committente locale 4'.

In questa sede desidero pero concentral'llli sul kouros da Megara Hyblaea, considerato da Langlotz come un prodotto inviato da Naxos gia finito. Si tratta di una proposta basata sull'argomento che l'iscrizione incisa sulla coscia destra del kouros sarebbe in alfabeto nas­sio 46, una circostanza che va pero eselusa in considerazione dell'uso in questa iscrizione del delta piuttosto che di quello a triangolo in yoga a Naxos. In rea1ta, l'alfabeto dell'iscrizione di Sombrotidas e, con la parziale eccezione del rho, quello del secondo periodo di Megara . Hyblaea, trasmesso da Siracusa, e in yoga dalIa ' meta circa del VII sec. a.c. alIa conquista di Gelone 47• Analogamente, il dialetto dell'iscrizione e dorico. Essendo l'iscrizio~e incisa profondamente e colIocata accuratamente lungo la coscia destra del kouros, difficilmente la si potra considerare come un'aggiunta a destinazione, incisa su una statua gia rifinita. L'iscri­zione e stata pill plausibilmente eseguita a Megara Hyblaea, in concomitanza con la" finitura del kouros al momenta dell'installazione. In questa contesto, merita commentare la massa di manllo grezzo esistente tra l'avambraccio sinistro e la coscia: a partire da Langlotz 48, questa massa e stata tradizionalmente considerata come una soluzione ad hoc, destinata a scongiurare il rischio di rottura in occasione del trasferimento della statua in Sicilia 49. Se pero, come sem­bra dedursi dall'iscrizione, la statua e stata rifinita in Sicilia, la decisione di lasciare la massa di marmo tra avambraccio e coscia, che lungi dalI'essere una soluzione ad hoc si riscontra in diversi altri kouroi del periodo anteriore a quello tardo-arcaico 10, puo giustificarsi con il timore di danneggiare la statua con un lavoro di finitura eccessivo nelluogo di destinazione lontano dalla fonte del marmo.

La documentazione di eta arcaica dalI'Italla meridionale e dalIa Sicilia supporta l'idea che durante questa periodo era pratica diffusa portare Ie sculture in marmo di medio e grande modulo gia in parte lavorate alluogo di destinazione, per poi completarle al momenta dell'in-stallazione. .

A partire dalI' eta severa sembra notarsi un fenomeno diverso: con il secondo quarto del V sec. a.C. sono numerosi gli esemplari di scultura in marmo dalI'Occidente che attestano l'uso del riporto in aree inconsuete, non ciae in aree che normaImente esulano dallimite del blocco, come per esempio gli avambracci. Penso in particolare a diverse teste da Metaponto e Taranto dove e di riporto parte del cranio 0 dei capelli ". Forse pero il caso pill esasperante e quello della dea del Getty (Figg. 9-10), la cui mana destra mostra quattro delle cinque dita di riporto, ma senza tracce di traumi che facciano pensare a un restauro antico'2. Questo uso diffuso del riporto a partire dal secondo quarto del V sec. a.c. sembra non solo confermare l'idea che Ie

., Taranto, Museo Archeologico Nazionaie, inv. 20923: Steininger 1996,219·221,286, n. 65 (con bibliogra. £is).

.. Cosi LanglOt2 1963,66-67 . • , Cosi Rolley 1994, 6l. ~ Langlotz 1971, 227. '! BernabO Brea 1950,67 (G. Pugliese Cartatelli);}effery 1%1,270,276, n. 25, tav. 52; Guarducci 1967,314-

315, fig. 152; si veda anche il contributo di A. Dimartino in questa volume. .. Langlot2 1963, 57 . ., Da ultimo De Miro 2007, 136. '" Per esempio, il kouros dallo Ptoion (Tebe, Museo, inv. 3): Floren 1987,315 nota 33 (con bibliografla). " Uno dei primi casi e offerto dalla testa illustrata da Mertens Horn 2001, fig. 83. ,2 Malibu, The J. Paul Museum, inv. 88.AA.76 (fino a dicembre 2010); Marconi c.s.

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CLEMENTE MARCONI

sculture non erano piu spedite gia in parte Iavorate a destinazione, rna sembra anche avvalorare 1'idea che gli studi degli scultori pronti a Iavorare i blocchi di malIIlO erano Iocalizzati presso i Iuoghi di destinazione. Resta da aggiungere che nd parlare dell'eta severa e classica in Sicilia e Italia meridionale non si puo non notare Ia coincidenza tra 1'uso di spedire blocchi in mallIlO da scolpire a destinazione e 1'uso dd marmo su Iarga scala in rdazione ai cantieri architettonici. I due fenomeni sono evidentemente da connettere. .

Non vorrei pero dare 1'impressione che il quadro sia tanto semplice. Non possiamo infatti escludere Ia possibilita che sculture in marmo fossero Iavorate in Grecia e inviate rifinite in Italia meridionale e Sicilia, un fenomeno ben dOCllmentato per 1'eta romana, specie dai relitti ". Per l' eta arcaica cio e chiara mente attestato nd caso di marmi di piccolo modulo, come Ia serie di lampade cicladiche rinvenute in vari centri della Sicilia, in particolare a Sdinllnte1-4. Per 1'eta ellenistica, cio e indirettamente documentato dalla XIII Iettera eli Platone (361a), un falso appunto di questo periodo, in cui Platone scrive a Dionisio di Siracusa di impegnarsi a inviargli da Atene due statue opera di Leochares. La possibilita di simili spedizioni, a mio parere, va tenuta sempre presente, specie nd caso di statue di non grandi dimensioni.

Fin qui non ho detto degli artefici. Ovvero, di chi fa cosa e dove. Ma devo precisare che uno sguardo alla documentazione Ietteraria ed epigrafica offre un panorama che non inco­raggia molto a pronunciarsi nettamente al riguardo. Una delle caratteristiche strutturali della prodllzione artigianale nd mondo greco e infatti Ia costante mobilita degli artefici. Oggi siamo inevitabilmente piu sensibili a questo problema, come conseguenza della riflessione piu gene­rale sulla mobilita delle genti e delle merci nd Mediterraneo, sollecitata dal generale progresso di globalizzazione dd mondo contemporaneo 11. Ma per il problema della mobilita in rdazione alle produzioni artigianali dd mondo greco non e mai mancata sensibilita, se non altro grazie alla figura archetipica di artigiano e viaggiatore offerta dal mito di Dedalo. Cosi, a mio parere, nessuno meglio di Alyson Burford, quattro decenni fa, ha messo a fuoco questo problema, Iegandolo alla natura stessa dell'economia antica 16. In una situazione in cui Ie condizioni della domanda e dell'offerta potevano cambiare drammaticamente e in breve tempo nelle singole citta, il moVimento degli artefici da un sito all' altro, per ragioni di mero sostentamento di se e della propria famiglia, era un'inevitabile conseguenza. Per 1'eta classica e tardo-classica Ia mobilita degli scultori e meglio documentata, e basta citare i nomi di Mirone e Skopas. Non meno significativa, pero, e Ia documentazione rdativa all'eta arcaica 17: uno sguardo alle fonti Ietterarie ed epigrafiche rdative ad almeno 101 scultori sparsi per tutto il Mediterraneo e suf­ficiente per osservare, tra l' altro, come Ia mobilita fosse una componente essenziale della pro­fessione dello scultore (per 20 scultori sono documentate opere Iocalizzatelprovenienti da piu Iuoghi; per altri 32 scultori sono documentate opere in un Iuogo distinto rispetto a quello di origine). Che si tratti di scultori operanti alla transizione dall'eta orientalizzante all'eta arcaica, quali Dipoinos e Skyllis, 0 che si tratti di figure operanti alla meta dd secolo, quali Archermos e Theodoros, 0 che si tratti, infine, degli artefici della transizione alla prima eta severa come Kanachos, gli scultori dimostrano una costante propensione a muoversi sulle diverse sponde dd Mediterraneo. n caso piu estremo e forse quello di Tdephanes di Focea (0, in alternativa, Focide) di cui gli autori antichi conoscevano opere tanto in T essaglia che in Persia.

n riflesso di questa mobilita emerge chiaramente in quei contesti che. ci riconsegnano, grazie a circostanze eccezionali, una porzione soddisfacente della prodllzione originaria, come

" Per ruso del mlilmo in Sicilia in eta imperiale: Pensabene 2000, 225-226. so Floren 1987,422 nota 58 (con bibliografial; Rolley 1994, 150; Panvini - Sole 2009, II, 70-71, nn. VIIl5-6

(con bibliografia), 197, n. V1198. " Pili di recente, per eseJllpio, Malkin -Constantakopoulou -Panagopoulou 2009 e Moatti - Kaiser - Pebarthe

2009. " Burford 1972,65-67; per una discussione pili recente Horden - Purcell 2000, 386. " Per ora Marconi 2008 e 2009; sulla mobilita degli scultori arcaici si veda anche D'Onofrio 2008, in parti­

colare 203-204; in generale, sulla mobilita degli scultori greci dall'eta arcaica a quella ellenistica, pili di recente Jockey 2009 (con bibliografia); per una raccolta sistematica della documentazione sulla mobilita degli artisti in eta arcaica e classica attraverso Ie fonti Ietterarie ed epigrafiche si veda r Appendice del saggio di A. Dimartino in questi Atti. .

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ORGOGUO E PREGIUDIZIO •

nd caso dell' Acropoli di Atene. Qui, la mobilita degli scultori e la conseguente intersezione di stili trovano conferma nella costante djfficolta della critica a distinguere tra Ie korai tardoarcai­che cio che e attico, cio che e cidadico e cio che e della Grecia dell'Est.

Quanto all'Occidente, una condizione di mobilita cosl accentuata degli artefici apre diversi scenari: non possiamo esdudere il modello Domenico Gagini, il modello Francesco Laurana, 0 il modello Antonello Gagini. E non possiamo nemmeno esdudere il modello della

-Fontana Pretoria. Dovremo giudicare caso per caso, senza sperare di poter formulare giudizi troppo definitivi. La connoisseurship della scultura in Marmo dall'Italia meridionale e dalla Si­cilia deve rimanere un tentativo di interpretazione, senza orgoglio, e senza pregiudizio.

CLEMENTE MARCONI

Fig. 1 - Torso non /inito di kouros, da Delos. Delos, Museo Archeologico, inv. A 4083.

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Fig. 2 - Torso di kouros, da Naxos: veduta /ron tale. Berlino, Staatliche Museen, Anttkensammlung, inv. Sk 1555.

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CLEMENTE MARCONI

Figg. 3-4 - Torso di kouros, da Delos: veduta /rontale elaterale. Delos, Museo Archeologico, inv. A 4051.

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Figg. 5-6 - Torso di kouros, da Delos: veduta /rontale e laterale. Delos, Museo Archeologico, inv. A 1742.

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Figg. 7-8 - Torso di kouros, da Megara Hyblaea. Siracusa, Museo Archeologico Regionale, inv. 49401.

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Figg.9-10-Statua di culto /emminile, con dettaglio della lavorazione delle dita della mano destra. Malibu, The]. Paul Getty Museum, inv. 88.AA.76 (fino a dicembre 2010).

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