TESTI DELLO SPETTACOLO | Accademia Teatrale Veneta

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TESTI DELLO SPETTACOLO Arianna addonizio Tommaso fermariello Sofia pauly Marlon zighi orbi Camilla lopez Lucas joaquin da tos matteo campagnol Meredith Airo’ farulla Michele paoli Gaia magni Sebastien halnaut Oscar bettini Irene silvestri VOLEVO ESSERE UN’OPERA D’ARTE a cura di Paolo Valerio testi a cura degli allievi-attori dell’anno di specializzazione luci di Nevio Cavina con gli allievi del corso di Illuminotecnica dell’Accademia di Belle Arti di Venezia gli anni brevi ma infiniti dell’apprendistato artistico in una scuola di teatro sono uno dei momenti piu’ creativi ed esplosivi dell’intera esistenza di una persona votata all’arte TEATRO JUNGHANS - VENEZIA VENERDì 5 E SABATO 6 MAGGIO 2016 H. 20.30 ingresso libero su prenotazione PRENOTAZIONI [email protected] con il sostegno di

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TESTI DELLO SPETTACOLO

Arianna

addonizio

Tommaso

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Sofia

pauly

Marlon zighi

orbi

Camilla

lopez

Lucas joaquin

da tos

matteo

campagnol

Meredith

Airo’ farulla

Michele

paoli

Gaia

magni

Sebastien

halnaut

Oscar

bettini

Irene

silvestri

VOLEVO ESSERE UN’OPERA D’ARTEa cura di Paolo Valerio

testi a cura degli allievi-attori dell’anno di specializzazione

luci di Nevio Cavina

con gli allievi del corso di Illuminotecnica

dell’Accademia di Belle Arti di Venezia

gli anni brevi ma infiniti dell’apprendistato artistico in una scuola di teatro sono uno

dei momenti piu’ creativi ed esplosivi dell’intera esistenza di una persona votata all’arte

TEATRO JUNGHANS - VENEZIAVENERDì 5 E SABATO 6 MAGGIO 2016 H. 20.30

ingresso libero su prenotazionePRENOTAZIONI  [email protected]

con  il  sostegno  di

NUVOLE E FONDI DI CAFFE’ di Michele Paoli Una sera di diversi anni fa tornai a casa e ci trovai una vecchia chiromante. Era una delle tante amiche artiste di mia madre; me la trovai in casa e volle leggermi a tutti costi il fondo del caffè. Aveva 101 anni, nemmeno mi conosceva, non so perché insistette tanto. Mi fece prendere apposta il caffè alle undici di sera e si fece dare la tazzina. Accontentai la povera vecchia che mi fissava con l'unico occhio grigio che le era rimasto funzionante. Stette a guardare tanto il fondo di quella tazzina che pensavo si fosse incantata, le fosse venuto un ictus o, vista l'età, si fosse dimenticata perché stesse fissando una tazzina. Poi mi fece la descrizione di te. I tuoi capelli, come li leghi e come li sciogli, i tuoi occhi, i tuoi colori, come ti vesti, come ti muovi. A quella ragazza piaceva il blu. La ragazza sarebbe entrata nel mio destino, mi avrebbe preso in ostaggio il cuore e non avrebbe chiesto alcun riscatto. Be', la storia della chiromante era vera. E forse è per questo che con le ragazze aveva sempre funzionato. Venezia. Ero appena arrivato a Venezia, che non era la mia città. Le città in cui mi spostavo prospettavano sempre la promessa non mantenuta di piaceri nuovi. Ne scoprivo quasi subito la ripetuta volgarità di situazioni e persone. È che mi infastidiva ogni cerimoniale, ogni tappa di persuasione: quel tipo di contratto dovrebbe essere automatico: un uomo guarda una donna e lei dice di si o di no. E viceversa. Tutto il resto è cultura. Me ne stavo al bancone di un vecchio bàcaro in una calle sperduta di Venezia. Di bàcari ne trovavo molti e ne ritrovavo nessuno, dato che mi sono sempre rifiutato di usare il senso dell'orientamento per girare quella città. Per aiutarmi, giravo di sera e seguivo l'istinto: il modo migliore per ritrovarsi dentro un canale, se non stai attento. Ma questo era il gioco. Non guardavo nemmeno i nomi dei bar dove entravo. Entravo solo in quelli dove si bestemmiava di più. Non mi interessava la bestemmia in sé, è che ascoltare quei vecchi sdentati che cantavano ubriachi mi dava un senso di pace. Era sera e io stavo studiando il segreto dello Spritz che fanno qua. Vige una maledizione su chi prende uno Spritz in certi bar a Venezia: ovunque lo berrai dopo, non sarà più così buono. O almeno, non lo pagherai così poco. In quel momento, avrei barattato qualsiasi cosa per una bella donna o un piatto di spaghetti alla carbonara – che con la pancetta di mio nonno, lascia stare. A questo punto dovrei dirvi di più di me, che ci facevo lì etc. E invece no. Vi racconterò altro. Vi racconterò di quella volta in cui il locale si svuotò prima del solito. Della ragazza che in quel momento era seduta ad uno dei tavoli, e della grossa e vecchia macchina da scrivere su cui la ragazza stava scrivendo. È sola e nonostante nel locale stia girando un pezzo di Charlie Parker, si sente il ticchettio dei tasti. Quei capelli che le ricadono davanti, sono proprio belli. Ma: che sta scrivendo? E come ha fatto a portarsi dietro quella macchina? Ma soprattutto: con quale frase ci si presenta ad una bella ragazza che scrive con una vecchissima macchina da scrivere? Il rischio è sempre fra i due estremi del troppo banale e del troppo azzardato. Dopo una serie di idee, e che mi accorgo che è un po' di tempo che lei aveva smesso di scrivere, decido e vado. Vado da lei e rimango in silenzio. Silenzio. lei - sei uno di poche parole io - ho fatto voto di silenzio lei - l'hai appena rotto io - pensa quanto sei già importante per me lei - ti avverto che il mio ragazzo mi sta aspettando qui fuori io - la macchina da scrivere te l'ha portata lui sulla testa?

Lei - allora l'hai vista! Che bravo! Ora mi lasci scrivere? Io - si...però è almeno un quarto d'ora che non sento il battito dei tasti. Era vero. Lei comunque non risponde. Io - facciamo una scommessa: se riesco a farti continuare a scrivere rimango; sennò hai vinto uno Spritz. Lei - ci sto, se perdi mi paghi uno Spritz e scompari in una nuvola di profumo. Io – vedi che ti sta già tornando l'ispirazione lei – scusa, volevo dire che ti togli dai coglioni Io – bene, allora alziamo la posta: se vinco io, offri tu, ci togliamo le scarpe e balliamo. Lei – ci sto. Ci siamo stretti la mano. Lei ha sorriso per la prima volta. Io - Dunque, narrami o diva. Lei - Lei ama lui. Lui però muore. Lei deve trovare l'epitaffio giusto. Idee? Rigirai la macchina da scrivere verso di me, tolsi il foglio, glielo detti con un inchino, ne misi un altro. Io - Che faceva lui nella vita? Lei - L'alcolizzato Batto quei tasti senza neanche pensare. Le consegno il foglio. Lei guardo il foglio, la fronte severa. Lei guarda il foglio, la fronte si rilassa. Legge. “Per il mondo era un perdente. Ma per me era il mondo.” Ballare un lento scalzi, con la musica jazz sotto, in un vecchio locale semivuoto di Venezia. Sentire il profumo dei suoi capelli. Lei - Quindi ti piace ballare. io – No. io -vieni in questo bar sperduto perché fanno buono il baccalà? lei - Non mangio pesce. io - Perché no? lei - Perché i pesci fanno la pipì nel mare. io - Come i bambini. lei - Non mangio neanche i bambini. Io - raccontami di quella macchina da scrivere. Lei - non è mia. È del bar. Vengo qui e me la prestano. Io - E adesso che stai scrivendo? Lei - Niente, pensieri. Non riesco più a scrivere da anni. Ho un grande talento nel ricordarmi le cose inutili. Scrivo quelle. Poi aggiungo dei dettagli che mi piacciono. Lui - tipo? Lei - In questo momento mi ricordo di un'antica credenza indù per cui ci vogliono quaranta gocce di sangue per formare una goccia di midollo osseo e quaranta gocce di midollo osseo per formare una goccia di sperma; della volta in cui andai a visitare il pollaio vicino a casa di mia zia e scossi tutte le uova e le rimisi a posto e poi tutti i pulcini nacquero deformi o pazzi; della volta in cui costrinsi un ragazzo a sentirci solo per telefono perché mi faceva impazzire la sua voce, ma non potevo sopportarlo di persona; di quella volta in cui dipinsi tutta la casa di blu, i tavoli di blu, il gatto di blu.. (lei lo bacia. Lui, a pubblico) io- vi hanno mai letto il fondo del caffè?

IL MIO AMORE di Marlon Zighi Orbi Gli innamorati...Sin da bambino ho sempre sognato di infilarmi in mezzo a una coppia di innamorati e di separarli, così, per scherzo! Ma il mondo è grande, e gli innamorati sono tanti. Sono come i turisti a Venezia, come i turisti a Venezia nel giorno del carnevale, anzi come i turisti a Venezia nel giorno del carnevale con l'evento flash mob “facciamoci un selfie tutti insieme”! E poi sono una categoria di protetti e privilegiati senza età; a scuola la maestra chiede al bambino: M. hai fatto i compiti? B. no. M. E perché? B. Sono innamorato. Ahh! Allora sei giustificato. L'autista dell'autobus salta una fermata, e tutti gli chiedono: perché? A. Sono innamorato. T. Ahh! Allora sei giustificato. In una disco ad un certo punto il tuo migliore amico ti dà un pugno in faccia. Perché l'hai fatto? È che sono innamorato. Ah bè, allora sei giustificato; anzi, dammene un'altro già che ci sei, il primo non l'ho sentito bene.. Il direttore di una banca decide di rapinare la sua stessa banca. I colleghi lo scoprono e gli chiedono: perché? Sono innamorato. Ahh! Allora sei giustificato. Poi gli innamorati stanno sempre appiccicati, mano nella mano a fissarsi. E dicono sempre le stesse cose: quanto siamo belli, quanto ci amiamo, quanto stiamo bene insieme. E come se tutti ne avessimo bisogno, disegnano un bel cuore. Il cuore. Ehh... il cuore non mi ha mai detto tanto come immagine, anzi ho sempre odiato il cuore come simbolo d'amore. Questo cuore rosso, dolce, che batte forte d'amore. Molto meglio altre immagini: un fiore stilizzato, una spirale, un triskel celtico; poi, come organo, se proprio bisogna parlare di organi, preferisco un bel fegato. Il fegato, si, che è un organo cazzuto. E' lì che va a finire tutto: cibo, alcol, pensieri, emozioni, scorie di ogni tipo.. tutto passa per il fegato! È forza, ardimento, coraggio, amore per l'io prima di tutto, altro che il cuore, sdolcinato, generoso, sentimentale, che sembra tanto un culo. E' uno scontro di civiltà. Fegato contro cuore. Paganesimo contro cristianesimo. La spada contro l'ostia. Eh.. a parte questa guerra tra organi, non ho mai guardato al cuore con favore, non mi è mai piaciuto. Poi il suo battito mi ha sempre inquietato: questa cosa che pulsa ininterrottamente, questo incedere sempre uguale, che si ripete e che si fa sentire come la goccia che cade dalla doccia, o come il ticchettio del metronomo, o delle lancette dell'orologio. Ecco, come un orologio, io ho sempre odiato gli orologi, e non l'ho mai portato. L'amore come un cuore, il cuore come un orologio. Che tristezza! Che cosa miseria! Che... Poi un giorno è arrivata lei, ed era un cuore. La sua figura era un cuore; i suoi occhi, il suo viso, le sue braccia, la sua camminata erano un cuore. Un cuore che cammina. Un cuore che danza; si! Perché è arrivata con un ritmo folk e mi ha portato via con sé. Batteva i piedi per terra, forte, mi pestava i piedi, forte, facendo finta di nulla. E la canzone andava, andava che era una meraviglia, e sembrava che provenisse dal cuore – cuore, l'hai portata tu? lo so che l'hai portata tu! Perché giorno dopo giorno, dopo giorno, dopo più di 1000 giorni io continuo a sentirla! Non smettere di suonare e non smettere di battere forte eh! Non smettere di essere un cuore grosso, rosso, dolce come le fragole, da mangiare, non smettere di spalleggiarmi, di starmi vicino, di fare la lotta sul letto, di guardarmi continuamente dritto o di sbieco per divertimento, di farmi le facce, le vocine, o di cantare, non smettere di cantare...

LA STANZA di Oscar Bettini Busso alla tua porta, non rispondi, entro. C’è un casino allucinante, roba per terra, puzza di sudore e di sonno, vestiti ovunque. Mi stendo per terra, tra i vestiti. La pelle mi formicola, sento lo sporco su di me, mi cammina addosso; polvere, sotto il letto, sopra i tuoi libri, tra i fazzoletti usati. Polvere tra i tuoi capelli e le tue dita. Voglio diventare quella polvere, posarmi sul tuo petto e volare ad ogni tuo respiro, ma non posso e la polvere mi luccica intorno. Ti guardo, stai nel letto, informe, coperte ovunque, dove cazzo hai la testa. Ti cerco, mi alzo. Il tuo corpo è grande, disarticolato. Non capisco un cazzo. Ti devi dare una svegliata, dai, alzati, cazzo fai, muoviti. Mi senti e ti svegli. Ti muovi piano, alzi le palpebre, lo sguardo sotto è rosso, rotto, storto; le labbra grosse, rosse, umide; le mani, gonfie, spuntano dalle coperte, occhieggiano, assaggiano l’aria, tornano sotto. La tua grossa bocca si muove, si spacca, raddoppia, triplica la sua grandezza in uno sbadiglio pieno di sogni strappati. Poi mi noti, mi vedi, ammicchi con lo sguardo, chiudi la bocca, abbassi le palpebre, sorridi ironico, scuoti le coperte, la polvere ti luccica intorno, ricacci i cocci dei sogni strappati nel fondo della tua gola, ti giri dall’altra, sprofondando nel materasso sfatto e torni a dormire. E’ cominciato un altro giorno, e ancora io non sono te.

LA SCELTA di Irene Silvestri (una vecchia legata con della corda i cui capi sono attorcigliati nelle sue braccia) Venite, venite e guardate venite e toccate, venite e mangiate di me. Non mi interessano ne belli ne brutti, ne vincitori ne vinti, ma solo voi bestie. Mi farò a vostra immagine. Venite, venite e guardate, venite e toccate, venite e mangiate di me.. E anche quando tutto smetterà di avere un senso, anche se i primi grugniti inizieranno ad uscire dalla vostre bocche, non ci farete caso. Mai cederete al panico. Ma solo al lento dolce oblio. Venite... c'è un porcile che vi attende. Così vivevo io, sicura del mio incrollabile vuoto .Io ballavo nell'assordante rumore del mio silenzio. Finché un giorno... ( la strega si trasforma in giovane donna, mentre parla si slega un po' le mani dalla corda) E' arrivato. Non sembra tanto diverso dagli altri uomini. E lui sarebbe davvero lui quello che aspetto? No, non mi piace neanche. “Chi sei?” “Quindi sei tu l’astuto quello che crede nella perfezione?” “Se tu sei solo un uomo allora io sarò solamente una donna.” C'era qualcosa in lui che non capivo. Il profondo orlo nei suoi occhi dove si vede solo nero, e il modo di fare da bambino. Astuto argomentatore di tesi sul mondo, infallibile codardo nello scoprirsi. Un uomo così in effetti non l'avevo mai visto. “Giuro che non tenterò più di farti del male. Giuro, che non farò più del male agli uomini.” Aria nuova per i miei polmoni e tutto il resto sapeva di vecchio. E io.. (tenta di andarsene la corda la ferma e la riporta alla colonna torna la strega) Stupida. Sapevo che non sarei mai più tornata indietro. Ma in fin dei conti, l'uomo è fatto di niente. Passa la vita a occuparsi di niente credendo sia importante. L'unica frazione di secondo in cui si racchiude l'esistenza è la scelta. E' in quell'istante prima di decidere che si disvela il suo scopo. Lo faccio o non lo faccio? Ci vado o non ci vado? Essere o non essere? E io ho scelto. (torna la donna giovane) “ Quindi parti? Te ne vai? Bene, bravo sono contenta, avrò qualcosa di meglio prima o poi. No ma ti prego continua pure a stare zitto, non sprecare troppe parole, tanto lo sapevamo già. Ti giuro che se adesso te ne vai io non verro mai più a cercarti” (tenta di andare a prenderlo, la corda la ferma e la riporta indietro. Sempre da donna giovane canta come fosse una magia, una canzone di un amore perduto e piano piano ricominci a legarsi e si trasforma in vecchia)

LEI di Sebastien Halnaut testo temporaneamente mancante

LA BORSA DELLA SPESA (un racconto d’amore) di Matteo Campagnol È notte. Una notte fredda, di fine novembre. In cielo non c’è neanche una nuvola, si vedono le stelle. La strada è illuminata qua e là da qualche lampione, tra gli alberi a lato della strada. Si sente solo il rumore del fiume che scorre sotto un grande ponte. Anche il fiume è grande e calmo. Lui cammina veloce, avvolto in un lungo cappotto nero, guarda dritto davanti a sé. A un certo punto sente qualcosa dietro di lui che cade per terra, si gira, in terra c’è una borsa della spesa. Alza gli occhi e c’è lei. Prende qualcosa che è caduto dalla borsa e fa per darglielo, la guarda negli occhi e si accorge che sono belli. Molto belli. Ciao. Sei molto carina. Sei bella. Bellissima. La più bella che abbia mai visto. Vorrei baciarti vorrei fare l’amore con te in tutte le posizioni elencabili e umanamente praticabili scappiamo via io e te andremo in Francia sulle colline della Provenza al tramonto andremo su una scogliera irlandese quando il mare pesta forte e il vento ti muoverà i capelli giocheremo a nascondino per le calli di Venezia tu ti nasconderai io ti troverò e ti darò un bacio sulla spiaggia di un’isola greca deserta e ci saremo io te il sole e il mare e sarà bellissimo andremo nei prati di erica dell’Irlanda del nord a ottobre quando è tutto viola e correremo insieme dio sei bellissima non riesco a staccare gli occhi dai tuoi capelli biondi sembrano seta i tuoi occhi sono due fari sono azzurri come il cielo ogni attimo della mia vita che ho passato senza te non ha senso ogni attimo che passerò senza di te sarà gettato al vento andiamo via andremo a vivere insieme avremo una grande casa in campagna con un pianoforte e sarà bellissimo ti amo ti amo come non ho mai amato nessuno nella mia vita andiamo scappiamo via insieme ti amo lo stracchino cosa? Lo stracchino. Mi è caduto dalla borsa. Ah…lo stracchino. È buono lo stracchino, mi piace molto…già. Lui le ridà lo stracchino, lei lo prende, si gira e se ne va. Lui rimane lì ancora un po’ con la mano a mezz’aria, lo sguardo perso nel vuoto ad ascoltare il suono dei suoi tacchi che se ne va. Poi si gira e ricomincia a camminare da solo, verso non si sa dove, in quella notte piena di stelle.

E sorridimi, come io sorrido a te di Gaia Magni (Spogliatoio. Una Ragazza fa il suo borsone. Lei entra cantando) La prima vez que te vidi De tus ojos me 'namori D'aquel momento te ami Fin a la tomba te amare. Ragazza: Ciao Lei: Quattrocchi! Ciao! Ragazza: ormai mi chiama così solo il mio fidanzato. Lei: Sei fidanzata? E te l’ha mai cantata una canzone d’amore? Ragazza: Ovvio. Lei: Ovvio, si, anche a me! Hai presente come succede nei film? Ristorante. Amici. Musica. Lui si alza, bello come non mai, mi guarda dritto negli occhi e: “Lasciami gridare, rinnegare il cielo, prendere a sassate tutti i sogni ancora in volo, li farò cadere ad uno ad uno, spezzerò le ali del destino e ti avrò.. ” L’avevo obbligato io. Ecco, ho sempre desiderato che un uomo che non ho mai ricattato moralmente per farmi cantare una canzone, mi cantasse una canzone. Un uomo dolce, romantico. Magari nudo. Sì, un sudamericano nudo. Occhi neri, capelli lunghi, braccia possenti che sembrano gridarti “mi amor. Jo te quiero, jo te priendo e te muento como una vaca da leche”. Che dolcezza. Ho sempre desiderato un uomo che mi amasse. E l’ho trovato. Anzi ne ho trovati un sacco. Ho trovato: quello sudato, no grazie quello stempiato, no no grazie quello grasso senza denti vecchio strabico coi brufoli basso peloso col pisello piccolo.. Ora stiamo scherzando, però se vogliamo parlare seriamente: il pisello piccolo no. E’ un trauma che ti segna la vita. E’ un incontro del terzo tipo. E da li non guardi più un uomo negli occhi. E’ scientificamente provato che lo sguardo finisce sempre lì: l’ossessione della dimensione. Ed è difficile vederlo dietro un jeans ma giuro che si vede, e se non lo vedi, vuol dire che non c’è! E se non c’’è, grazie, no. (la ragazza si alza e se ne va) Lei: Aperitivo? Ragazza: No grazie. (esce) No grazie, perché io l’aperitivo lo faccio solo col mio fidanzatino…

E tu? finisce che ti ritrovi nella tua stanza. Il letto è vuoto. Nessuno l’ha scaldato prima di te. Hai avuto una giornata pesante e vorresti raccontarla a qualcuno. Vorresti un abbraccio, un bacio sulla fronte, un nomignolo schifoso, un morso sulla guancia.. E pensi.. Porca miseria tu hai bisogno una brioches cioccolato e crema, quella si che ti fa stare bene, e al resto non ci pensi più, ti affoghi tutta settimana nella nutella fino a quando anche quella ti fa venire il vomito e allora dici: No, non così. Bisogna attuare una strategia. (Lei si toglie i vestiti larghi. Prende un vestitino) Mutandine nel sedere, le calze collant fino all’ombelico così stringono i fianchi. Il vestitino ti copre le chiappe quasi per sbaglio. Occhi da gatta, truccati di nero, la bocca rossa. Tanto rossa. Il locale è pieno, entri.. Schiena dritta, tieni la schiena dritta. Muovi le anche, così segui il ritmo segui il ritmo! (canta e balla) Oddio eccolo.. è lui. Che corpo sudamericano.. scolpito, io amo il tuo corpo. Oh no. E’ dei tuoi capelli che sono innamorata.. ricci grappoli d’uva neri.. No no, non amo i tuoi capelli.. ma la tua bocca, rossa. Lasciami baciare la tua bocca. Guardami… guardami… guardami guardami guardami guardami….. Ma perché non mi guardi? “Ehi!! Ciao, mi chiamo… No no aspetta: scopami. Con violenza. Fammi picchiare la testa contro la testiera del letto mentre mi prendi da dietro. Io odio essere penetrata lì. Ma tu, tu fallo. E poi vieni e accasciati sulla mia schiena, sudato, respira su di me. Respiriamo insieme, siamo un corpo solo, siamo un’anima sola. E poi fammi accoccolare accanto a te, abbracciami forte, io sono una bimba, mi faccio piccola tra le tue braccia, tu mi proteggi, io appoggio la testa sul tuo petto. Toccami i capelli, dolcemente, accarezzami, baciami la fronte, il naso, le guance, gli angolini della bocca. E sorridimi, come io sorrido a te. E poi mangiamo patatine al formaggio e beviamo birra”. Quando tutto finisce lui si veste e se ne va. Oddio no, resta con me. Amami un pochino solo per questa notte. E se proprio non mi vuoi amare, lascia che io ami te. Lo farò in silenzio, senza farmi vedere, senza disturbarti, senza fare rumore. Ti guarderò dormire sereno e ti regalerò tutto questo che sento dentro e tu,.. tu non dovrai nemmeno accorgertene. E questo l’hai solo pensato, solo pensato, ma lui si gira ti sorride e si ferma: Il portafogli, l’ho dimenticato. Ah, si, che scema, per un attimo ho pensato che io e te…non so.. La prima vez que te vidi De tus ojos me 'namori D'aquel momento te ami Fin a la tomba te amare. (nuda) Guardati. Guardati. Guarda i tuoi capelli, i tuoi occhi, sono profondi, guarda che quando sorridi ti si gonfiano le guance, la tua pelle, le tue mani, guarda il tuo seno, è bello, è gonfio. Guardala la tua pancia, la tua ciccia, le tue gambe grosse il tuo culo molle, Guarda tutta questa merda: sei tu, sei tu. E’ roba tua, sei tu. Amati tu, Amati tu Amati tu, tu tu.

ENCHANTED GARDEN di Arianna Addonizio (canto) Ho sempre creduto di avere qualcosa che non andava. Ma che dovesse essere così assurdo, non l’avrei mai immaginato. Da piccola ero molto socievole. Mi piaceva giocare e scherzare con tutti. Non ero mai sola. Pian piano, però, mi sono ritrovata a passare molto tempo con una bambina, in particolare. Con lei mi divertivo tantissimo. È diventata la mia migliore amica. Mi stavo affezionando sempre di più a lei. Finché un giorno, al parco, giocando sull’altalena, è successa una cosa strana. Tocca a me spingere l’altalena. Lei mi ha spinta fino adesso. Facciamo un po’ per uno, no? Lei sale sull’altalena. Io mi metto alle sue spalle. Le appoggio le mani sulla schiena e spingo. Non so proprio come, ma schizza via dall’altalena, cade e si fa male. Molto male. Dice che l’ho spinta fortissimo. Ma non è vero. Io l’ho toccata appena. È finita che si è rotta una gamba. Ha portato il gesso per mesi. E sua madre le ha proibito di giocare ancora con me. Diceva che ero pericolosa. E io l’avevo soltanto appena sfiorata. Poi ho iniziato ad attaccarmi tanto ad un bambino. Un giorno gli ho dato un bacio sulla guancia. E il giorno dopo aveva uno sfogo terribile su tutta la faccia. Era di nuovo colpa mia? Capitavano le cose più strane a chi aveva a che fare con me da vicino. Se prendevo un amico per mano, inciampava o cadeva dalle scale della scuola. Se gli accarezzavo la testa, la sera gli saliva la febbre. Se lo fissavo troppo a lungo negli occhi, gli venivano continui capogiri. Se lo abbracciavo con trasporto, sveniva. All’inizio credevo di avere dei super poteri, o qualcosa del genere. Non facevo nulla di diverso dagli altri. Eppure provocavo incidenti. Forse, se avessi imparato ad usarli, sarei potuta diventare una specie di eroina. Ma le eroine, di solito, ricevono consensi e ammirazione da tutti. Io, invece, allontanavo le persone. Sembrava che avessero paura di me. Crescendo, le cose sono peggiorate ulteriormente. I miei primi amori... tutti finiti a seguito di incidenti. Pian piano si è sparsa la voce che io ero una persona pericolosa, violenta. Allora certi soggetti venivano a cercarmi apposta. Perché procurassi loro piacere. Ormai non avevo più nulla da perdere. Ero sola. Non sapevo come controllare quello che mi accadeva. Era una maledizione con la quale dovevo convivere. Così ho iniziato a prenderlo come un gioco. (canto “Come, my beloved ones, I’ll take thee away into a land of enchantment. Come, my beloved ones, the time’s come to play here in my garden of magic.”) Vi conviene che io non vi ami. Perché se vi amassi. Ho scoperto, durante i miei giochi, che facevo del male, senza volerlo, soltanto alle persone a cui mi affezionavo. Agli altri non accadeva nulla. Più i miei sentimenti erano puri e più io mi rivelavo un mostro. Ti voglio bene... Come potevo, io, fare del male con queste parole? Non volevo essere un mostro. Così mi sono sforzata, in tutti i modi, di raggelare il mio cuore, in modo da renderlo immune a qualsiasi sentimento. Ha funzionato. Per molto tempo non ho più fatto del male a nessuno. Poi è arrivato lui. Il suo amore mi travolgeva. Mi riscaldava. Era in grado di far sciogliere lentamente il ghiaccio che mi ricopriva. Prima che si sciogliesse del tutto, mi sono resa conto di essere seriamente innamorata di lui. Dovevo fermarlo. Ricostruire la mia gabbia di ghiaccio. Non importava quanto sforzo mi avrebbe richiesto. Io dovevo salvarlo. Non potevo fargli del male. E invece, ora, il mio amato si sta sgretolando tra le mie braccia. Mi ha appena detto di amarmi. E io, mostro, non ho saputo frenare le lacrime. Le mie lacrime, amare lacrime, sanno di morte. Ne è bastata appena una goccia per incenerirgli il petto. Del fumo nero si sta alzando dal suo corpo, zuppo del mio pianto. Ha un odore acre, di bruciato. Mi fa quasi perdere i sensi, filtrando nelle mie narici. (canto mmmh mmmh mmmh) Cenere. Tra le mie braccia. Perdonami. Perdonami. Non avrei dovuto amarti. Lo amavo. Per questo l’ho ucciso.

PENELOPE di Meredith Airò Farulla Millantacinque, millantasei, millantasette giorni da quando lui è partito. Mi ha detto: tornerò. E si è dato in pasto al mare, ci si è avvoltolato dentro fino a perdersi. Millantacinque, millantasei, millantasette canzoni ho cantato per richiamarlo, le più dolci e le più crudeli. Solo Eco mi rispondeva, lacerandosi le vesti e la carne. Partendo, lui ha piantato un seme nelle mie viscere. Ha attecchito e le sue fibre si sono fatte strada prima dentro di me, poi sono uscite dalle dita, dagli occhi ed hanno invaso tutto il mio mondo. Si sono avviluppate alle cose intorno a me e stringevano, stringevano sempre più forte. Così le ho raccolte tutte e ne ho fatto una tela, enorme. Ho dato un ordine, una logica a queste fibre di lui. E mi sembrava di vederlo, negli spazi tra filo e filo, allora ci infilavo il naso. Ma subito una voragine mi si apriva davanti: nessuna traccia di lui. Così ho afferrato la tela e ne ho fatto un vestito, mi ci sono avvoltolata dentro fino a perdermi. Sfoggiavo il mio vestito con orgoglio e intanto cercavo lui tra le pieghe: nessuna traccia. Il vestito si faceva sempre più pesante, più nero, colava come petrolio verso la terra, fino a fondersi con la terra stessa. Ho provato a guardare fuori, a liberarmi. Inutile, mi riportava sempre verso la terra. E terra i miei polmoni, pietra le mie membra. Ho mollato la presa. Mi sono fatta seme e sono scivolata dentro la terra. Ho dormito millantamila sonni. Millantacinque, millantasei, millantasette… luce filtra da una breccia nella tela, metto la testa fuori. La mia vecchia pelle accasciata al suolo, sfibrata. Sulle mani le cicatrici dei fili che ho strappato. Davanti a me il fiore della realtà: cinque petali e uno stelo. Così semplice. E lì, ad un passo da me, ci sei tu. Dov’è finita quella sagoma vuota che giganteggiava sopra un mare di mondi troppo grandi per me? Sei piccolo, amore, quando sorridi ti spacchi. Dentro c’è una sorgente dolce e chiara, che sboccia e subito si ritira. Sei avvolto anche tu nella tua tela, la tua piccola bolla in cui ti muovi e giochi. Mi aspetti. Io aspettavo te che aspettavi me. Vuoi che giochi con te. Ma io sono mutata, amore. Ho un fusto forte, adesso, una corolla rossa e palpitante, la brezza gioca con i miei rami. Tu continua pure a pensarmi piegata ad ogni fugace mutamento del tuo sole inquieto, continua a pensarmi flanella da arrotolare e stropicciare. Perché questo non è cambiato. Resto ancora appesa ad un apostrofo della tua bocca e ad un fremito delle tue ciglia. Ma ho già spiegato le ali.

LETTERA A M. di Tommaso Fermariello Cara M., E se te ne vai? E se quando ti bacio ti volti E se odi il mio umorismo E se odi i miei capelli E se hai sempre odiato il teatro E se desideri un palestrato E se il sesso con me ti annoia E se ti innamori di un altro E se ti innamori di un olandese E se ti accorgi che non sono così bello E se ti accorgi che non sono così intelligente E se fuggi dalle mie braccia E se un giorno mi dici: “Vado in bagno a lavare i denti” e poi non torni più? E io rimango ad aspettarti e i primi minuti immagino che magari ti stai lavando. E ti immagino nuda e mi rotolo nel letto e mi emoziono e ti desidero e con la bava alla bocca aspetto che torni. Ma tu non torni e i minuti passano, il desiderio si trasforma in frustrazione e allora ti chiamo AMOREE AMORE MIO AMORINA GATTINA TOPOLINAAAAAAAAAAAA Ti chiamo, tu però dal bagno non rispondi né con miagolii né con nomignoli appiccicosi e allora la questione si fa seria perché io voglio rotolarmi nel letto con te e tu non torni e io impazzisco. Allora mi alzo e di soppiatto mi avvicino al bagno, voglio coglierti di sorpresa, spaventarti, farti BU da dietro, tu urli e mi guardi con quella faccia spaventata e stupita e mi fai sciogliere e ti bacio e andiamo a rotolarci in quel letto o anche nella doccia va bene lo stesso. Ma non ci sei nel bagno, ma dove cazzo sei finita? Ti chiamo, ti cerco per tutta la casa e non ci sei, ho guardato pure negli armadi e sotto il letto e non ci sei. Prendo il telefono, ti chiamo e mi dà segreteria telefonica, segreteria telefonica un cazzo! Esco di casa e ti cerco per la strada, ma in strada non c’è nessuno a cui chiedere “Scusate avete visto una ragazza bella bella nuda nuda doveva rotolarsi nel letto con me sa com’è noi giovani si fa così” e invece non c’è nessuno a cui chiederlo, solo macchine veloci e io mi agito e prendo a calci i cestini. Me lo dicevi sempre, me lo soffiavi nell’orecchio “Quando vai in bagno ho paura che poi non torni più”. E ora sei tu quella che va in bagno e sparisce e mi lascia nel letto nudo a desiderarti, cagna maledetta?!? Te ne sei andata eh, sei scappata così troia, ti sei fatta l’amante. Dai dimmi con chi sei scappata! Scommetto con quel finto letterato hipster di ‘sto cazzo, quello che blatera per ore di come De André gli abbia cambiato la vita e quanto Bukowsky sia geniale e “HO LETTO TUTTI I SUOI ROMANZI OOOOMMMMMIOOODDDDDIOOO TU NON LI HAI LETTI?!?!” No io non li ho letti e Bukowsky mi fa schifo. E anche tu sei come me, amore amore mio amorina gattina topolina, e allora perché sei scappata con lui? Guardami. Come tremo da solo. Come ricomincio a camminare incerto. Come la mia voce ridiventa timida. Guardami. GUARDAMI. Ma tu non mi guardi più. E ora sono nel letto. Da solo. In mutande. Guardo la mia pelle bianchiccia e mi chiedo a chi mai potrà piacere ancora. E mi masturbo. Una volta finito spengo la luce. Ed è buio e penso ad altro, tento di pensare ad altro, tento di non pensare a niente o il buio mi prenderà, anche stanotte il buio mi interrogherà.

Eccolo arriva lo sento rimbomba l’abisso mi prende io fuggo accendo la luce. Le cose ci sono ancora, le cose mi confortano, la lampada, il comodino, la scrivania… E tu amore mio? Dove sei nella notte? Con chi sei? Cosa fai? Ci pensi a quando nella notte le nostre pelli erano appiccicate e i nostri respiri si uniformavano, l’amore era un respiro, il nostro respirare insieme e io nascondevo la testa nel tuo collo e soffiavo e tu dicevi che ti facevo venire i brividi e che ero stupido e mi commuovevo a sentire che la tua pelle era così liscia come una bambina e mi commuovevo accorgendomi che tu eri VIVA che io ero VIVO e c’era qualcosa qualcosa nel mio corpo nella mia pancia nelle mie mani che mi riempiva che mi faceva scoppiare il mio corpo scoppiava quando nella notte eravamo nudi nel letto e respiravamo ci pensi al nostro respirare insieme, alla mia pelle alla mia pancia alle mie mani al mio pisello, a quando ti dicevo molliamo tutto e andiamo a fare i pescatori nel mare di Copenaghen, molliamo tutto e andiamo a vivere insieme solo io e te noi possiamo farlo noi siamo diversi da tutti gli altri noi siamo gli unici possibili e immaginabili in un amore inimmaginabile e impossibile e tu ridevi e dicevi che ero stupido e io scoppiavo dentro come un fuoco d’artificio. Lo vedi come sono solo nel buio? Il tuo pinguino

CACCIA AL TESORO di Camilla Lopez Ogni sera gli lascio un biglietto in qualche angolo della città, e ogni sera gli mando un sms con le coordinate per trovarlo. Per esempio: vai in via Alberoni 5, dove c'è la chiesa, nella fenditura del muro, accanto alla targhetta d'oro del portone della chiesa, troverai il biglietto. E lui, ogni sera, finito il turno di lavoro, va a prendersi il suo biglietto. A volte lo faccio girare parecchio, ad esempio: gli do le indicazioni per un posto ma poi, nel posto...non c'è il biglietto giusto, ma... le indicazioni per trovare il biglietto vero! Mi diverto molto, davvero. Cosa scrivo? Mah, niente qualche parola, sai non troppe, per tenerlo sulle spine. Per esempio, una volta gli ho scritto: è una notte meravigliosa, un'altra volta invece: languore, oppure: seguimi... anche se non c'era un bel niente da seguire. Mi diverto molto, davvero. Se poi capita che ci incontriamo per strada, non lo saluto nemmeno! Lo guardo e basta. Lui mi guarda, a volte saluta, a volte guarda e basta. A volte lo incontro quando sono con la mia amica, quella che viene sempre a prendere un bicchiere di vino con me...ecco, in quel caso, se lui passa di lì, lo faccio parlare per tutto il tempo con la mia amica, e io non spiccico parola! Lo guardo, e basta. Mi diverto molto, davvero. Bello non è, proprio no, ne sono fermamente convinta, anzi, fa ridere. Ma non nel senso che è divertente, eh! Non è divertente. Eppure, ogni volta che lo vedo parlare con la mia amica, penso che vorrei esserci io al suo posto. Lui non risponde mai ai biglietti, nemmeno quella volta in cui gli ho scritto: lo sai che ti amo?

RODEO di Lucas da Tos Guardami. Osservami. Parlami. Sussurrami. Annusami. Abbracciami. Sfiorami. Toccami. Baciami. Assaggiami. Mangiami. Bevimi. Schiacciami. Prendimi. Stringimi. Mordimi. Inglobami. Sognami. Sognami. Sognami. Sognami. Ti vedo. Mi guardi con quello sguardo. Trema con me.

CI SONO DONNE di Sofia Pauly Ci sono donne che usano sempre lo stesso profumo da una vita, e non lo cambierebbero con niente al mondo, chi per abitudine, chi per pigrizia, chi perché veramente lo trova il miglior profumo in commercio, chi perché è quello a più buon mercato che ha trovato e chi solo perché non ne ha mai provati altri. Ci sono donne che cambiano profumo continuamente, sono attratte dalla varietà dell'offerta, da tutte le ultime novità e appena ne hanno uno nuovo lo adorano, non fanno che parlarne, fanno sentire l'odore a tutte le amiche, come se il loro fosse il profumo migliore al mondo, poi all'improvviso gli viene a noia, allora lo cambiano. E ricominciano. Ci sono donne che non trovano mai il profumo giusto, sono in continua ricerca e cercando e ricercando, ne provano una quantità enorme. Ci sono donne che ne hanno parecchi di profumi contemporaneamente, li tengono tutti allineati sulla mensola in bagno, sotto lo specchio sopra il lavandino. Ogni giorno scelgono quale mettersi, dipende dalla stagione, dall'umore o da come sono vestite, c'è sempre il profumo più adatto. Ci sono donne che lo odiano il profumo, però lo mettono perché così si deve fare, non sta bene non metterlo, tutte le donne mettono il profumo e loro non sono da meno! Ci sono le donne che non hanno tempo per il profumo, lo usano solo per le grandi occasioni, i Natali in famiglia, le cene di lavoro, i weekend con gli amici. Ci sono donne che invece non riescono a farne a meno neanche per un minuto, lo portano sempre con se. Ci sono donne che hanno un profumo ma pensano a quello delle altre, perché gli sembra sempre migliore del proprio. Ci sono donne che non riescono a dimenticare il loro primo profumo, da quando hanno provato quello tutti gli altri sembrano da meno. Ci sono donne che scelgono il profumo più caro di tutti, perché come diceva Coco Chanel 'una donna senza profumo è una donna senza avvenire'. Ci sono donne che con il profumo ci lavorano, per scelta o perché costrette, e alcune di loro alla fine lo detestano sentendoselo sempre sulla pelle, ad altre non smette di piacere. Ci sono le nostalgiche, che provano a cambiare, ma tornano sempre a quello prima, le indecise che proprio non sanno scegliere, le insoddisfatte a cui non va mai bene niente, quelle che si lamentano ma alla fine sono contente, quelle che dicono di essere contente ma alla fine non lo sono, le deluse che con i profumi hanno chiuso e quelle che sono destinate a non avere mai il profumo che vogliono. Per quanto riguarda me, sono una sognatrice alla ricerca del profumo dei sogni, quello perfetto, ma ormai ho capito che questo profumo non c'è, o se c'è, non è mica in vendita, e quindi è inutile cercarlo. La verità, signore, è semplice e banale, è tutta questione di chimica, una combinazione di odori, il profumo giusto è semplicemente quello che ci sta meglio addosso.