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STUDI DI GRAMMATICA ITALIANA VOLUME XXXIII

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volume XXXiii

firenze - le letteremmXiv

Direttore: teresa Poggi salani (firenze)

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gli articoli proposti per la pubblicazione nella rivista sono sottoposti anche al parere di due revisori anonimi esterni al comitato.

le forme Perfettive sigmaticHe di i e ii P.P. in area veneta: un Quadro d’insieme*

1. Perché queste forme verbali ricoprono più funzioni

nelle scriptae volgari venete antiche1 sono diffuse forme perfettive di i e ii persona plurale del tipo nui andassimo/emo e vui andassi/andasse (con accentazione da definire) che sembrano ricoprire più funzioni verbali: perfetto, congiuntivo imperfetto e condizionale2.

lo studio più approfondito e documentato su queste forme è quello di tuttle3, che ha spiegato il fenomeno non come una casuale confluenza nella stessa forma volgare delle rispettive trafile fonologiche dal latino ma

* ringrazio gino Belloni per avermi sottoposto le questioni che hanno ispirato questo saggio (del cui contenuto mi prendo interamente la responsabilità), vittorio formentin per le preziosissime osser-vazioni e teresa Poggi salani per la grande pazienza dimostrata nei miei confronti.

1 con questa espressione si intendono testi cronologicamente compresi tra le prime attestazioni duecentesche e il cinquecento che dal punto di vista linguistico sono riconducibili, in modo più o meno stretto, alle varietà di volgare romanzo parlate storicamente nell’area coincidente con l’attuale regione veneto: il veneto centro-meridionale (il triangolo Padova-vicenza-Polesine), il veneziano, il veneto nord-orientale (Belluno, treviso), il veronese: varietà che non vanno intese in senso assoluto, viste le situazioni intermedie, le ibridazioni, le influenze esterne che la lingua dei testi denota. il limite cronologico inferiore è ovvio, quello superiore è dovuto al fatto che nel seicento il perfetto indicativo entra fortemente in crisi (fino a scomparire nel secolo successivo). cfr. mitja skubic, Contributi alla conoscenza delle sorti del preterito in area veneta, «studi di grammatica italiana», i (1971), pp. 117-78: 174-77. la scelta di definire su criteri moderni (l’attuale divisione amministrativa dello stato italiano) i necessari limiti geografici entro cui effettuare l’osservazione di testi antichi ha un valore euristico per-ché permette di tenere insieme realtà linguistiche diverse ma allo stesso tempo unite da molte affinità. invece un’accezione di veneto risalente all’epoca dei testi analizzati (‘veneziano’) avrebbe escluso i testi dell’entroterra oppure, al contrario, avrebbe implicato l’inclusione di tutta l’area che storicamente è stata dominio veneziano, quindi anche i testi in volgare bresciano e bergamasco che invece, almeno per una rilevante quantità di fenomeni, costituiscono un’indubbia interruzione di continuità linguistica. cfr. i seguenti saggi (e i rispettivi rinvii bibliografici): lorenzo tomasin, «Da le Veniesie, vinizian di buoni e di maore». Per la storia delle parole venezia, veneziano e veneto, in «Una brigata di voci». Studi offerti a Ivano Paccagnella per i suoi sessantacinque anni, a cura di chiara schiavon e andrea cecchinato, Padova, cleup, 2012, pp. 1-18; ivano Paccagnella, Per una storia linguistica del Veneto. Dal Medioevo al Rinascimento, in Tramature, Padova, cleup, 2013, pp. 25-140: 25-29.

2 d’ora in avanti, vista l’alta frequenza di alcune categorie grammaticali, si faranno le seguenti abbreviazioni: persona/e = p., persona singolare = p.s., persona plurale = p.p., indicativo perfetto = perf., congiuntivo imperfetto = cong. impf., cond. presente = cond.

3 edward tuttle, Le varietà nel Veneto premoderno. Paradigmi periferici, scelte morfostilistiche e microaree, in Varietà e continuità nella storia linguistica del Veneto, atti del convegno della società italiana di glottologia, a cura di anna marinetti, maria teresa vigolo e alberto zamboni, roma, calamo, 1998, pp. 101-58: 135-52.

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come un avanzato gioco di analogie paradigmatiche che trae origine dalla tendenza alla simmetria di apodosi e protasi del periodo ipotetico nella lingua popolare: per tale simmetria la forma del cong. impf. si estende al cond. e poi al perf., essendo il cond. percepito ancora come una forma analogica basata sul perf. (inf. + habui): «i parlanti avrebbero trasferito -ss- nel condiz. quale allomorfo esplicitante, prima per amore di simmetria tra apodosi e protasi, che perciò formava il legame critico o ponte che portò -ss- anche nel perfetto»4. Quindi il cond., affine al cong. impf. per ragioni sintattiche e al perf. per ragioni morfologiche, sarebbe il «ponte» che unisce cong. impf. e perf. e ne spiega la convergenza formale.

ma già molti anni addietro rohlfs5 (§ 560) aveva fatto notare che già in toscano antico le v p. del cong. impf. -aste, -este, -iste, a causa della coincidenza con il perf., erano spesso sostituite da -assi, -essi, -issi della ii p.s., generando poi scambi come quello tra fosti e fossi. in particolare rohlfs registra il passaggio -aste, -este, -iste> -asse/-i, -esse/-i, -isse/-i per il nord italia, producendo però esempi in -e per il perf. solo dall’antico lombardo: albergase ‘albergaste’, vease ‘vietaste’ § 569, veesse ‘vedeste’ § 575. e aggiunge (§ 569) che in parte dell’area settentrionale la ii p.p. è totalmente confluita con il singolare nel tipo cantassi (e produce un esem-pio dal pavano: mettissi ‘metteste’ § 575), da cui alla iv p. si è formato per analogia il tipo -àssimo, -èssimo, -ìssimo (antico lombardo veesemo ‘vedemmo’ § 575, antico veneziano mandassimo ‘mandammo’, trovasem ‘trovammo’ § 569, vedessemo ‘vedemmo’ § 575, pavano mettissene ‘met-temmo’ ibidem), e quindi (in virtù di quanto affermato a § 560) nella confusione generata tra perf. e cong. impf., l’estensione del cong. impf. al perf. coinvolge anche la iv p.

anche tekavčić6 parla di immissione nel paradigma perfettivo del cong. impf. (derivato dal più che perfetto latino) per spiegare forme come tro-vàsen ‘trovammo’, kantassi ‘cantaste’ si parte proprio dall’assimilazione di cantasti e canteresti a cantassi per vicinanza rispettivamente morfologica e sintattica (periodo ipotetico), e da questo punto di contatto avviene il resto, dovuto a debolezza del passato remoto, poco resistente agli influssi analogici.

Quindi, rispetto alla spiegazione di tuttle, le osservazioni di rohlfs e tekavčić suggeriscono che non sarebbe il cond. bensì il cong. impf. ad at-trarre nella propria orbita per motivi diversi le altre due funzioni verbali.

Personalmente, nonostante la ricchezza di argomenti della trattazione di tuttle e nonostante, anzi proprio in virtù della sua ricca documentazione (tra cui i congiuntivi imperfetti in -sti come avesti ‘tu avessi’, faxesti ‘tu

4 ivi, p. 144.5 gerhard rohlfs, Grammatica storica dell’italiano antico e dei suoi dialetti, torino, einaudi, 1966-

1969.6 Pavao tekavčić, Grammatica storica dell’italiano, Bologna, il mulino, 1972, § 990.

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facessi’7 ecc., che testimoniano la confusione morfologica tra perf. e cong.), la spiegazione che emerge da rohlfs e tekavčić mi sembra più logica e condivisibile. anche perché il legame tra cond. e perf. (per cui habere + habuistis > avresti e avressi per st>ss) evidenziato da tuttle è un fatto ovvio, che però dovrebbe stabilire un’influenza dal perf. al cond. prima che dal cond. al perf. e invece è evidente che l’influenza del cong. impf. sul perf. (per cui avesti> avessi), che tuttle stesso testimonia, non è tenuta dallo studioso americano nella giusta considerazione.

2. Dove cade l’accento di queste forme verbali

dagli spogli forniti dalle due principali grammatiche storiche emerge subito un dato: la mancanza di esempi di v p. in -e in area veneta. a questa assenza si aggiunga che nel pavano (e non solo) esistono forme certe in -è (ossitone): questi due dati messi insieme fanno venire il dubbio che tutte le forme di v p. in -e abbiano lettura ossitona; e, parallelamente, che esistano forme analoghe di iv p. coincidenti nella grafia con quelle proparossitone già citate ma con accento parossitono (il tipo vedessèmo), o addirittura che la pronuncia parossitona sia l’unica valida per il veneto, anche in virtù dell’attestazione, in pavano come in antico bellunese, di forme ossitone di iv p. in -on/-om.

2.1. L’accentazione delle forme di V p. in -ssi

Prima di verificare la ragionevolezza di questi dubbi sull’accentazione delle forme perfettive di v p. in -e e di iv in -emo, stabiliamo dei punti fermi sulle forme di v p. in -ssi, che rohlfs interpreta come costruite sulla ii p.s. ma che, allargando i dubbi sull’accentazione delle forme in -e appena esposti, potrebbero essere anch’esse forme ossitone in -ì.

in linea teorica una forma in -(s)si come degnàsi ‘degnaste’ 89.6 dei documenti veronesi editi da Bertoletti8 potrebbe essere letta degnassì, sulla base di una trafila che parte da dignavissetis con metafonesi finale. ma che egli faccia bene a leggere come parole piane le forme di v p. di seconda coniugazione cometissi ‘commetteste’ 40.12, prometissi ‘prometteste’ 8.73, respondissi ‘rispondeste’ 75.6, 75.10, 75.19, reçevissi ‘riceveste’ 27.5, lo si capisce accostando a esse la forma di iv porçessemo ‘porgemmo’ 75.19 e facendo il seguente ragionamento. se la pronuncia fosse cometissì, pro-metissì, respondissì, reçevissì, la /i/ che precede -ss- non sarebbe un esito

7 tuttle, Le varietà nel Veneto premoderno, p. 137.8 nello bertoletti, Testi veronesi dell’età scaligera, Padova, esedra editrice, 2005.

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metafonetico ma un innalzamento di vocale pretonica, ipotesi possibile ma che deve fare i conti col fatto che lo stesso innalzamento di /e/ pretonica prima di -ss- non avverrebbe nella corrispondente forma in -emo (*porçes-sémo). se invece la stessa vocale che precede -ss- viene considerata tonica (cometìssi ecc.), e quindi metafonetica, è naturale che in porçéssemo, dove non è possibile la metafonesi, essa non subisca chiusura.

se questa corrispondenza con la i p.p. non è una prova sufficiente a favore della lettura piana di -ssi, ricaviamo altri indizi dal corpus pavano. Prendiamo il verso «mo no andassi an vu via mare» ‘ma non andaste anche voi via, madre’ dalla redazione marciana della Betia M9 iii 787 e il verso «Perqué a’ scampassi assè, segnor Paron» ‘perché scampaste assai, signor padrone’ delle Rime di Magagnò, Menon e Begotto iv 6010. una lettura tronca *andassì e *scampassì, rispettivamente all’interno di un verso ottonario e di un endecasillabo, implicherebbe la sinalefe an/das/sìˬan/vu e scam/pas/sìˬas/sè: un’evenienza possibile ma poco probabile, in quanto l’incontro di vocale tonica a fine parola e vocale a inizio di parola successiva è il contesto più naturale per la dialefe11.

e ancora di più sono un possibile, benché non sicuro, indizio a favore della lettura piana le seguenti forme dittongate di v p., in quanto il dittongo si genera in sillaba aperta tonica (anche se può estendersi per analogia a sillabe non toniche): andiessi ‘andaste’ Pianto della Tamia 7812, Parlamento de Ruzante 3113; meniessi ‘menaste’ Bilora 6714; diessi ‘deste’ Moschetta iii 2415, Piovana v 25, 27, 17016, Rime di Magagnò iv 8117 ecc.; fiessi ‘faceste’ Rime di Magagnò iv 718, Sprolico19; pensiessi ‘pensaste’ Vaccaria iv 8020; stiessi ‘steste’ Piovana ii 5621, Rime di Ma-

9 si tratta della lezione del ms. marciano italiano Xi 66, che consiste in una riscrittura lacunosa ma metricamente regolare della redazione completa (Betia C) ma piena di anisosillabismi e rime irrelate testimoniata dal ms. grimani-morosini n. 4 della Biblioteca del museo correr. la redazione m è stata pubblicata da emilio lovarini, Antichi testi di letteratura pavana, Bologna, commissione per i testi di lingua, 1969, pp. 209-362 (ed. orig. Bologna, romagnoli dall’acqua, 1894).

10 La quarta parte delle rime alla rustica di Menon, Magagnò e Begotto, venezia, giorgio angelieri, 1583, c. 75 r.

11 cfr. Pietro beltrami, La metrica italiana, Bologna, il mulino, 1994, p. 155.12 cfr. marisa milani, Antiche rime venete, Padova, esedra editrice, 1997, p. 321.13 ruzante, Teatro, a cura di ludovico Zorzi, torino, einaudi, 1967, p. 523. alcune scelte arbitrarie

di trascrizione dell’ed. zorzi (come la grafia ⟨ss⟩ per ⟨s⟩) sono state riportate alla lezione originaria del manoscritto o della stampa antica di riferimento.

14 ivi, p. 569.15 ruzante, Moschetta, a cura di luca d’onghia, venezia, marsilio, 2010, p. 159.16 chiara schiavon, Per l’edizione del Ruzante classicista, Padova, cleup, 2010, pp. 160, 170.17 La quarta parte delle rime alla rustica di Menon, Magagnò e Begotto, c. 98 v.18 ivi, c. 10 r.19 iacomo morello, Sprolico in lengua pavana sbottazzà in laldo del magnafigo messier Mechiele Bat-

tagia poestè de Pieve l’anno 1548, in venetia, appresso stephano di alessij, 1553, p. 11.20 schiavon, Per l’edizione del Ruzante classicista, p. 218.21 ivi, p. 129.

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gagnò ii 4022; mandiessi ‘mandaste’ Rime di Magagnò ii 3923, iv 25.1124, Anconitana ii 3425; torniessi ‘tornaste’ II Orazione 1826 ecc.

2.2. Le forme perfettive di V e IV p. in pavano

appurato che le forme perfettive di v in -ssi sono piane, bisogna quindi capire se e quando le forme di v in -sse possono essere varianti fonologiche di queste forme in -ssi o siano sempre varianti allomorfe tronche in -ssè, con una trafila di derivazione a sé stante.

se analizziamo le occorrenze certificate dalla rima attestate all’interno del corpus pavano verrebbe da avallare quest’ultima ipotesi: Pastoral Pro. vill. 72 a’ fasè ‘fareste’ : pè27, XiX 87 fe’ : dasè ‘deste’28, XiX 139 magnesè ‘mangiaste’ : fiè29; Betia C i 608 fassè ‘fareste’ : mariè, i 746 vossè ‘vorreste’ : asè, i 937 consegiasè ‘consigliereste’ : fe’, ii 177 otegnessè ‘otterreste’ : asè, iv 119 desconzassè ‘ostacolaste’ : fe’30; inoltre sasè v 1313 ‘foste’ o ‘sareste’ o ‘siete’ : mè31; Betia M i 259 vossè ‘vorreste’ : abindè, iv 119 desconcessè

22 La seconda parte de le rime di Magagnò, Menon e Begoto. In lingua rustica padovana, venezia, giovan iacomo albani, 1562, c. 56 r.

23 ivi, c. 55 r.24 La quarta parte delle rime alla rustica di Menon, Magagnò e Begotto, c. 34 r.25 ruzante, Teatro, p. 811.26 ivi, p. 1217.27 il segno : separa due parole in rima baciata, mentre :: separa due parole che rimano tra loro in versi

non consecutivi. Prima del segno sta sempre la forma verbale oggetto dello studio, indipendentemente dal fatto che preceda o segua la parola con cui rima.

28 le forme di questo tipo, in cui cong. impf. e perf. coincidono, vanno intese come cong. impf. tranne nei rari casi in cui si indica esplicitamente ‘perf.’.

29 ivi, pp. 11, 117, 121.30 ivi, pp. 197, 205, 221, 245-47, 367.31 ivi, p. 499. il contesto è il seguente: «–mo se a’ t’he inzuriò, / perdoname, serore, / questo è

per tropo amore / Basta che a’ no ‘l cherzo mè / –a la fe’, a’ sasè / ben mato compio / –a’ ve vuò vu per mario» ‘–se ti ho offeso, perdonami, sorella, è stato per eccesso di amore. non lo credo più (che volevate subito risposarvi con un altro). –foste un matto (a comportarvi così) / sei un matto / sareste un matto (a credere ancora questo). voglio voi per marito’. come si vede, tutte e tre le interpretazioni sono plausibili. tuttavia le altre attestazioni di sas(s)è in ruzante complessivamente fanno propendere per il cond.: Betia C v 697: «uhuù, mario, sasèu mè danò?» (ivi, p. 459) ‘siete / foste / sareste dan-nato?’ Parlamento 23: «–mo a’ n’he guagnò ni sachezò altro, mi. mo a’ hegie an magnò le mie arme! –con, cancaro? sasèu vegnù mesì rabioso che a’ magnessè fero?» (ivi, p. 523) ‘non ho guadagnato né saccheggiato altro, io. Ho anche mangiato le mie armi. –come, cancaro? siete / sareste diventato così rabbioso che mangiaste ferro?’ Intermedio 6: «a’ no hassè, cum haì, ficò tante ventositè e tante scorientie sempre in la panza e in lo magon, mo a’ sassè norì, bianchi e russi come pumi» (ivi, p. 685) ‘non avreste, come invece avete, tante ventosità e tante scoregge nella pancia e nello stomaco, ma sareste nutriti, bianchi e rossi come mele’. Anconitana Prol. ii 8: «e com a’ v’he ditto de sora, se ‘l no foesse ello, da che sasénge al mondo? e talmentre vu, femene, che a’ no sasè cognosù» (ivi, p. 785) ‘e come vi ho già detto sopra, se non ci fosse lui, in che modo saremmo venuti al mondo? anzi, peggio per voi donne, che non sareste conosciute’. Anconitana ii 37: «cancar è che a’ l’he vezù! a’ sasè cativo da comprar bistiame, vu: tossè una maschia per un maschio, una porcella per un verro» (ivi, p. 811) ‘cancaro, se l’ho visto! non sareste capace di comprare bestiame, voi. scambiereste una scrofa per un maiale, una porcella per un maialetto’. I Orazione 36: «a’ sarae puorpio co a’ sì vu, a’ sassè me compagno e mi vostro» (ivi, p. 1197) ‘sarei proprio come siete voi, sareste mio compagno e io vostro’.

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‘ostacolaste’ : fe’, v 1296 sassè ‘foste’ o ‘sareste’ o ‘siete’: me32; Rime di Magagnò i 40 vossè ‘vorreste’ : purassè33, ii 16 a’ dissè ‘direste’ : assè34; iii 10 alberghessè ‘albergaste’ : pe, iii 31 incattessè ‘trovereste’ : brustolè, iii 76 dassè ‘deste’ : archiappè, vessè ‘vedeste’ : pe35; iv 25.4 mandessè ‘manda-ste’ (perf.) : mè, iv 25.9 havessè ‘aveste’ : me, iv 25.11 donessè ‘donaste’ (perf.) : magnè, iv 33 dissè ‘diceste’ : ve’, iv 37 fassè ‘fareste’ : beè, iv 62 dissè ‘diceste’ : re’, 71 bevessè ‘beveste’ : se’36; Rime di Sgareggio 20 vivessè ‘viveste’ :: piè37.

Per la iv p., in Betia C iii 669 c’è la controversa lezione a’ sasen ‘sa-remmo’ (in rima con ben)38: un cond. usato come in italiano antico con valore di futuro nel passato, se seguiamo la lettura di zorzi, che è quella più convincente (lovarini nel corrispondente passo della red. m39 e milani nella sua inedita trascrizione di c e m proponevano asasen ‘assassino’, lezione che però implica una frase interrotta e dal senso poco chiaro); questa forma, dalla rima con ben risulta tronca (anche se una rima per l’occhio non sarebbe impossibile) con accento sulla /e/ della desinenza e farebbe il paio col tipo di v p. sasè ‘sareste’, dasè ‘dareste’.

ma la desinenza più ricorrente dei perfetti, congiuntivi imperfetti e condizionali di iv p. pavani (tra quelli con pronuncia certificata dalla rima) non è -en bensì -an: Viaggio de Bellon e Grigion 13 anassan ‘andam-mo’ : pan, 17 vegnissan ‘venimmo’ : pan, 69 sentessan ‘sedemmo’ : pan40; Rime di Magagnò iv 2 poessan ‘potessimo’ (o ‘potremmo’) :: Tavian, iv 9 hassan ‘avessimo’ : man, iv 30 possan ‘potessimo’ :: grossolan, iv 63 fossan ‘fossimo’ :: sletran, iv 85 vegnessan ‘venimmo’ : Arcugnan, iv 111 dessan ‘dovremmo’ : doman41.

infine il corpus pavano ci riserva la frequente forma in -on: andason

32 lovarini, Antichi testi di letteratura pavana, pp. 232, 275, 355. vedi nota precedente.33 La prima parte de le rime di Magagnò, Menon e Begotto in lingua rustica padovana con una tradot-

tione del primo Canto de M. Ludovico Ariosto, Padova, gratioso Perchacino, 1558, c. 51 v.34 La seconda parte de le rime di Magagnò, Menon e Begoto, c. 45 v.35 La terza parte de le rime di Magagnò, Menon e Begotto, venezia, Bolognino zaltiero, 1569, cc. 32

v, 55 r, 66 r, 66 v.36 La quarta parte delle rime alla rustica di Menon, Magagnò e Begotto, cc. 32 v, 33 v, 34 r, 43 v, 49

r-v, 76 v, 83 r-v.37 Delle Rime di Sgareggio Tandarelo da Calcinara in lingua rustica padoana. Parte prima, Padova,

Paolo meieto, 1583, c. 21 v.38 ruzante, Teatro, p. 343 «a’ me ‘l pensava ben / che un dì a questo a’ sasen!» ‘lo pensavo bene che

un giorno saremmo arrivati a questo punto!’. la stessa forma di cond., benché con enclisi pronominale, è nel già citato passo dell’Anconitana Prol. ii 8: «se ‘l no foesse ello, da che sasénge al mondo?» ‘se non ci fosse lui, da dove saremmo venuti al mondo?’.

39 lovarini, Antichi testi di letteratura pavana, p. 262: «che un dì... a quest’assassen / l’ha sapù far el gaton».

40 milani, Antiche rime venete, pp. 490, 492.41 La quarta parte delle rime alla rustica di Menon, Magagnò e Begotto, cit., cc. 3 v - 4 r, 14 r, 38 v,

79 v, 106 v - 7 r, 119 v.

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‘andassimo’, salteson ‘salteremmo’, amazzasson ‘ammazzassimo’, vivassom ‘vivremmo’ ecc., con le varianti non apocopate magnessomo ‘mangerem-mo’, saltessomo ‘salteremmo’42, la cui pronuncia tronca è certificata dalla rima di Betia C i 589 contrasteson ‘contrasteremmo’ : raxon43.

2.2.1. La desinenza tronca delle forme perfettive pavane di V p.

la forma tronca di v p. in -ssè, per rohlfs (§ 562) è una peculiarità del pavano (ma, come vedremo, ne abbiamo traccia in veneziano e, con uscita diversa, in trevigiano-bellunese) ed è spiegata come conservazione dell’accento arizotonico latino del più che perfetto (-ssetis).

anche tekavčić (§ 1068) afferma che, in alcuni dialetti, per il cong. impf. alla iv e v p. non c’è omologazione all’accento delle altre persone ma conservazione di quello latino: dovessè ‘doveste’< debuissetis, passando per *debissetis> *devessède; sentissè ‘sentiste’< sentissetis. egli fa nota-re che anche per la iv p. ci sono forme parossitone come mandassèmo (testi aquilani) e kantisjèmo (testi rovignesi-istriani). anche tuttle44 parla di accento piano intatto.

e -om è unanimemente considerato l’esito dell’estensione a tutte le coniugazioni della desinenza di sum(us), come -ons del francese (rohlfs, § 530).

ma la spiegazione di -ssè come esito di una trafila fonologica regolare che conserva l’originario accento latino si scontra con alcuni dati.

tale interpretazione dell’uscita -ssè, proprio in quanto tratto tipico del pavano, non dovrebbe cozzare, come invece fa, contro un fenomeno esem-plare di quest’area qual è la metafonesi, in base a cui -etis> -ì, non -è. Per cui dovremmo provare a considerare la possibilità che -è tonica di -ssè non sia esito fonologico regolare.

a sostegno di questa ipotesi c’è la presenza di forme attestate con una buona frequenza in un testo padovano come la Cronaca dei Gatari45 come vorssa’ ‘vorreste’, forssa’ ‘foste’, aversa’ ‘avreste’, meterssa’ ‘mettereste’, sarssa’ ‘sareste’, vorsate ‘vorreste’, forsate ‘foste’, doverssa’ ‘dovreste’.

forme analoghe hanno ampia diffusione anche in testi mediani46, come

42 rispettivamente in Alfabeto dei villani 45 (milani, Antiche rime venete, p. 371) e in Betia M v 475 (lovarini, Antichi testi, p. 322).

43 ruzante, Teatro, p. 195.44 tuttle, Le varietà nel Veneto premoderno, p. 145.45 galeazzo e Bartolomeo gatari, Cronaca carrarese, in Gesta Magnifica Domus Carrariensis, a cura di

antonio medin, in Rerum Italicarum Scriptores, tomo 17, parte i, vol. i, città di castello, lapi, 1909-1912, pp. 233, 275, 328, 395, 529, 530.

46 tuttavia i testi mediani in questione hanno i condizionali di iv e v p. costruiti sul più che per-fetto indicativo (mandaramo, saperate), per cui non presentano forme sigmatiche analoghe a vorsamo, vorsate.

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indicano i seguenti esempi: nella Cronaca aquilana di Buccio di ranallo47 troviamo volessate ‘voleste’, fosseste ‘foste’ p. 352, fossete ‘foste’ p. 353, perdessate ‘perdeste’ p. 251; nelle lettere di gilio d’amoruso48 i cong. impf. avisassate ‘avvisaste’ 26.13, conparassate ‘comparaste’ 5.16, dages-sate ‘deste’ 22.5, facessate ‘faceste’ 5.39, 7.19, 13.7, mectessate ‘metteste’ 21.14, ponessate ‘poneste’ 5.21, sentessate ‘sentiste’ 4a.5 ecc.; nelle lettere mercantili fabrianesi49 i cong. impf. avessate ‘aveste’ 5.6-9-21, trovassate ‘trovaste’ 1.13-17; nella lettera in volgare laziale edita da stussi50 il cong. impf. avessate ‘aveste’ 13; nelle Storie de Troja et de Roma51 il cong. impf. potessate ‘poteste’.

tali verbi hanno come corrispettivi di iv p. le seguenti forme: podesamo ‘potessimo’, fosamo ‘fossimo’, volesamo ‘volessimo’ segnalati nell’edizio-ne tobler del Panfilo52; vorsamo ‘volessimo’, forsamo ‘fossimo’, vorsiamo ‘volessimo’ della Cronaca carrarese53; fosamo ‘fossimo’ del Libro agregà de Serapiom54; fassamo ‘faremmo’, vossamo ‘vorremmo’ in varie epistole vene-ziane a cavallo tra Xv e Xvi sec55. e ancora, per i testi mediani, nella già citata Cronica di Buccio di ranallo si segnalano le forme (spesso garantite dalla rima) di cong. impf. fossémo ‘fossimo’, mectessémo ‘mettessimo’, vedessémo ‘vedessimo’ : paterremo p. 95, gissémo ‘andassimo’, asecuras-sémo ‘assicurassimo’, volzessémo ‘volgessimo’ : pagaremo p. 97, fossamo ‘fossimo’ p. 183, mannasémo ‘mandassimo’, defennessémo ‘difendessimo’, dicissémo ‘dicessimo’ : avemo p. 339, revenessémo ‘rivenissimo’, vedessé-mo ‘vedessimo’ : pregemo : semo pp. 345-46, perdessémo ‘perdessimo’ : pagaremo p. 376; e poi ancora nelle Lettere di Gilio de Amoruso i cong. impf. andassamo ‘andassimo’ 12.7, podessamo ‘potessimo’ 18.5; e infine nelle lettere mercantili fabrianesi56 podesamo ‘potessimo’ 3.13.

47 Buccio di ranallo, Cronica, a cura di carlo de matteis, firenze, edizioni del galluzzo, 2008.48 Le lettere di Gilio de Amoruso, mercante marchigiano del primo Quattrocento, a cura di andrea

bocchi, tübingen, max niemeyer verlag, 1991.49 alfredo stussi, Studi e documenti di storia della lingua e dei dialetti italiani, Bologna, il mulino,

1982, pp. 135-48.50 ivi, pp. 149-54.51 Storie de Troja et de Roma altrimenti dette liber Ystoriarum romanorum, edite da ernesto monaci,

roma, società romana di storia patria, 1920, p. 367.52 Il Panfilo in antico veneziano col latino a fronte, edito e illustrato da adolf tobler, «archivio

glottologico italiano», X (1886-1888), pp. 177-255: 247, 248.53 gatari, Cronaca carrarese, pp. 264, 269, 314.54 El libro agregà de Serapiom, a cura di gustav ineichen, vol. i, venezia-roma, istituto per la col-

laborazione culturale, 1962, p. 431 (277 v, 35).55 Comissione segreta ad Ambrogio Contarinj, in giovanni berchet, La Repubblica di Venezia e la

Persia, torino, tipografia g.B. Paravia e comp., 1865, pp. 145-48: 147; Minuta di una lettera della Repubblica Veneziana all’ambasciatore in Roma, in Pasquale villari, La storia di Girolamo Savonarola e de’ suoi tempi, vol. ii, firenze, le monnier, 1861, pp. clxxiv-v: clxxiv; Lettere dei Dieci relative al Portogallo e all’Egitto, «archivio veneto», i-ii (1871), a cura di rinaldo fulin, pp. 201-3: 203; ecc.

56 stussi, Studi e documenti di storia della lingua, pp. 135-48.

le forme perfettive sigmatiche di i e ii p.p. in area veneta 107

Questi esempi, oltre a confermare in qualche caso gli scambi tra cond. e cong. impf., per quanto riguarda le desinenze ci dicono che non sem-pre è confermata, come invece afferma Bocchi (l’editore delle lettere di gilio d’amoruso), «la conservazione dell’accento latino, annullando così l’asimmetria esistente in toscano tra l’imperfetto indicativo e l’imperfetto congiuntivo»57, altrimenti, poiché tutte le coniugazioni derivano da -sse-mus, -ssetis, non sarebbero possibili forme in -ssamo, -ssate/-ssè. invece da questi dati possiamo desumere che viene applicata una desinenza -amo, -ate giustapposta alla base perfettiva/condizionale, mutuata dal pres. ind. della i coniugazione, o forse dalla desinenza invariabile -iamo, -iate del cong. pres., di cui costituirebbe un’estensione analogica, immediatamente riconoscibile come “marca della iv e v p.”. allora probabilmente anche un verbo come dissè ‘diceste’, ‘direste’ non deriva direttamente da dixis-setis, ma da una composizione di tema (radice + suffisso perfettivo -ss-) e desinenza <-atis58, che può avere esito -è , -a’, -ate a seconda della zona di provenienza del testo e/o del suo grado di “dialettalità”.

tale ipotesi chiarisce perché a queste forme perfettive in -ssè del pavano corrispondono forme in -ssà dei dialetti nord-orientali che si spiegano solo come esito di apocope (-a< -atis): nell’Egloga trevigiana59 si trova debessà ‘doveste’ v. 687, certificata dalla rima con qua e la, andessà ‘andaste’ v. 685, foessàu ‘foste voi’ v. 690; nelle Rime in bellunese di Bartolomeo cavassico60 avessà ‘aveste’ p. 255, faesà ‘faceste’ p. 257, mandessà ‘mandaste’ p. 164, savessà ‘sapeste’ pp. 144, 151; nell’Egloga di Morel61, scritta a conegliano, haesào ‘aveste voi’ v. 225.

2.2.1.1. Parentesi di approfondimento sull’allomorfia veneta -è, -à della V p.

sul fatto che in veneto la desinenza del pres. ind. di v p. della i co-niugazione (la “marca” di v p. che si attacca alla radice perfettiva), abbia come esiti più compiuti -è (come in pavano) o -à, ce lo confermano i dati, in particolare quelli apparentemente più contraddittori provenienti dai testi veneziani antichi.

mussafia, nel commento linguistico al De regimine rectoris di fra’ Pao-lino minorita62, spiega -è della i coniugazione (levè ‘levate’, parlè ‘parlate’)

57 Le lettere di Gilio de Amoruso, p. 128.58 anche alfredo stussi, Studi e documenti, p. 153 parla di estensione di -atis.59 carlo salvioni, Illustrazioni sistematiche all’egloga pastorale e sonetti, «archivio glottologico ita-

liano», Xvi (1902), pp. 71-104.60 Le Rime di Bartolomeo Cavassico, notaio bellunese della prima metà del sec. XVI, a cura di vittorio

cian (introduzione e note) e carlo salvioni (illustrazioni linguistiche e lessico), Bologna, commissione per i testi in lingua, 1969, p. 339 (ed. orig. Bologna, romagnoli, 1894).

61 Egloga pastorale di Morel, a cura di giovan Battista pellegrini, trieste, smolars, 1964, p. 14.62 Trattato de regimine rectoris di Fra’ Paolino Minorita, a cura di adolfo mussafia, vienna-firenze,

tendler & comp. - g.P.vieusseux, 1868, p. 147.

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come < a(t)is (quindi dileguo di dentale e fusione di iato, come in pava-no) e -è della ii (avè ‘avete’) come <-e(tis) (quindi per apocope). Questa spiegazione differenziata apparentemente risulta di comodo. in realtà, integrata con altri dati e osservazioni, trova una sua giustificazione.

nella sua edizione del Panfilo63, tobler indica tra le desinenze di v p. del pres. ind. -è per la ii coniugazione (vedè ‘vedete’, cognosè ‘conoscete’, volè ‘volete’, poè ‘potete’, destruè ‘distruggete’, se ‘siete’), -à, -ai (e un caso di -ad) per la i coniugazione (speçai ‘spezzate’, guastai ‘guastate’, amà ‘amate’, fad ‘fate’). i dati forniti da questi testi trovano una coerenza se si ammette che ci siano due esiti diversi, ognuno dei quali con distinte fasi evolutive, il che è completamente in linea con ciò che sappiamo delle origini linguistiche di venezia, frutto di due componenti migratorie, una di origine nord-orientale (incline all’apocope) e una veneta centrale (incline all’intacco delle occlusive dentali)64.

risulta invece inesatto quanto si afferma a proposito della v p. del pres. ind. nel commento linguistico alla Legenda de Santo Stadi nell’edizione di m. Badas: «forme apocopate in -è estese a tutte le coniugazioni, e in -ì»: credè ‘credete’, savè ‘sapete’, portè ‘portate’, mandè ‘mandate’, vegnì ‘ve-nite’, tegnì ‘tenete’, parì ‘parete, sembrate’, aldì ‘udite’, intendì ‘intendete’, avè/avì ‘avete’, vedè/vedì ‘vedete’65. da queste occorrenze risulta che -è apocopato non si è affatto esteso alla iii coniugazione e, anzi, è -ì che si estende alla ii. in realtà anche questo quadro si spiega col doppio esito: da un lato apocope (di origine nord-orientale), che interessa le desinenze in -è della ii coniugazione, dall’altro dileguo di dentale + fusione di iato (di origine veneta centrale) che interessa le desinenze in -è della i coniu-gazione e quelle in -ì della ii coniugazione.

le attestazioni nei Vangeli in antico veneziano66 non variano il quadro se non per le forme del verbo essere: se’, sei’, siè, si’ ‘siete’, che confermano le possibili uscite della ii coniugazione in -è per apocope (che in un caso dittonga in -iè) e in -ì per dileguo di dentale prima (-ei) e fusione di iato dopo (-ì).

63 Il Panfilo in antico veneziano, p. 248.64 cfr. edward tuttle, Profilo linguistico del Veneto, in La linguistica italiana fuori d’Italia, a cura di

lorenzo renzi e michele cortelazzo, roma, Bulzoni, 1997, pp. 125-59. cfr. anche: John Basset trumper e maria teresa vigolo, Il veneto presente e passato, in Varietà e continuità nella storia linguistica del Vene-to, pp. 205-83: 257-72, in cui non si parla esplicitamente di componenti migratorie ma di creolizzazione, ovvero di scelte intradialettali, di sintesi compiuta dal veneziano, fenomeno per fenomeno, tra veneto settentrionale e centro-meridionale; in particolare alle pp. 266-67 viene trattata proprio la questione della desinenza di ii p.p. del pres. ind., ma con dati parziali e conclusioni a mio avviso affrettate.

65 franceschino grioni, La legenda de Santo Stadi, a cura di mauro Badas, roma-Padova, editrice antenore, 2009, p. xcviii.

66 I Vangeli in antico veneziano, a cura di francesca gambino, roma-Padova, editrice antenore, 2007, pp. cii, ciii.

le forme perfettive sigmatiche di i e ii p.p. in area veneta 109

l’esito apocopato settentrionale prevale nettamente nei Monumenti di Lio Mazor editi da elsheikh67, che distinguono forme in -à per la i coniu-gazione (andà ‘andate’ p. 44, spetà ‘aspettate’ pp. 60, 65, tra’-ve ‘traetevi’ p. 72, speçà ‘spezzate’ p. 74, oltre a dat ‘date’ p. 24 con apocope della sola vocale finale), in -è per la ii (devè ‘dovete’ p. 44, se’ ‘siete’, volè ‘volete’ p. 17) e in -ì per la iii (vegnì ‘venite’ p. 64). tuttavia anche per questo testo si ha traccia dell’esito veneto centrale, con dileguo di dentale intervoca-lica, nel cong. pres. di v p. ben vegnai ‘ben veniate’ p. 56. l’Appendice ai Monumenti di Lio Mazor edita da levi (ripubblicata da zambon)68 attesta la forma di ii coniugazione in -è vedè ‘vedete’ p. 45. l’opposto, per fare un confronto con una varietà più lontana, del veronese antico di giacomino da verona69 che attesta -ai (criai ‘piangete, lett. gridate’, pensai ‘pensate’, stai ‘state’) per la i coniugazione e -i per la ii (avì ‘avete’, leçì ‘leggete’, poì ‘potete’).

si arriva così al seguente schema:

i coniug. ii coniug. iii coniug.esito veneto nord-est -atis> -ati

-at(i)/-a(ti)

-ad/-à-etis> -eti

è(ti) -è-itis> -iti

-i(ti)-ì

esito veneto centrale

-a(t)i -ai/-è è(t)i -ì -i(t)i

l’attribuzione dell’allomorfia magnè / magnà ‘mangiate’ del veneziano alle due componenti dialettali potrà sembrare azzardata rispetto alla più prudente ipotesi dell’estensione analogica dell’esito apocopato -è della ii coniugazione alla i, sostenuta dall’indubitale assunto che la flessione del verbo è “il regno dell’analogia”. si può però obiettare che, mentre l’ipo-tesi della convivenza del doppio esito (apocope e lenizione di dentale con fusione di iato secondario) spiega perfettamente ogni allomorfia, quella dell’analogia è meno economica. Prima di tutto bisogna supporre che l’analogia agisca dalla ii coniugazione verso la i e non verso la iii che, anzi, a sua volta si estenderebbe alla ii. e quest’ipotesi è plausibile visto che questo tipo di estensione analogica parziale è ciò che, secondo rohlfs § 530, avviene anche con l’affermazione di -emo per la iv p. per influsso della desinenza di v p. -è< -atis e/o per l’influsso di verbi modali della ii

67 Atti del podestà di Lio Mazor, a cura di mahmoud salem elsheikh, venezia, istituto veneto di scienze, lettere ed arti, 1999.

68 Nuova edizione degli atti processuali trecenteschi in volgare della podesteria di Lio Maggiore, a cura di oscar zambon, Jesolo, stamperia del comune, 1999.

69 Monumenti antichi di dialetti italiani, pubblicati da alfredo mussafia, vienna, tipografia di corte e di stato, 1864, pp. 13-14 (poi in Scritti di filologia e linguistica, a cura di antonio daniele e lorenzo renzi, Padova, editrice antenore, pp. 221-46: 236).

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coniugazione (semo ‘siamo’, havemo ‘abbiamo’, volemo ‘vogliamo’, potemo ‘possiamo’): da havemo si forma magnemo ma non *partemo. tuttavia, se la desinenza di v p. -è della i coniugazione è analogica e invece l’unico esito naturale a venezia è quello apocopato -à, le allomorfie del Panfilo (amà ‘amate’; speçai ‘spezzate’, guastai ‘guastate’; fad ‘fate’) creano qualche difficoltà: se è pacifico che la forma amà costituisca il compimento del troncamento sillabico e gli altri siano gli esiti parziali, per questi ultimi ci dovremmo aspettare un ordine coerente dei passaggi fonetici; e invece in un caso si registra la già avvenuta caduta della vocale finale e la resistenza della consonante che la precede (fad), in due casi la già avvenuta caduta della consonante e la resistenza della vocale finale (speçai, guastai).

2.2.2. La desinenza tronca delle forme perfettive pavane di IV p.

riprendendo l’analogia di rohlfs § 530, alla iv p. la già citata forma sasen ‘saremmo’ implica una desinenza veneziana -émo70.

anche la desinenza -ssan, versione “dialettale” della desinenza in -(i)amo che abbiamo già incontrato, si spiega solo risalendo a -amus ovvero all’etimologica desinenza di iv p. della i coniugazione del pres. ind. (o dal cong. pres. delle altre), sentita come marca della iv p. da applicare direttamente alla radice perfettiva, che la rende perfettamente corrispon-dente alla forma di v p. in -è e alla variante -a’ derivanti da -atis.

anche la desinenza -on/om(o) è presa dalla iv p. del pres. ind. pavano/bellunese e abbinata alla radice perfettiva in -sson.

2.2.3. Corollario filologico

Per concludere questo ragionamento, se la desinenza -è delle forme perfettive sigmatiche di v p. coincide con -è della v p. del pres. ind. di i coniugazione, che è ancora produttiva in padovano e veneziano moderno e sulla cui apertura vocalica non sussiste il minimo dubbio, dal punto di vista filologico la conseguenza è che nelle edizioni critiche di testi veneti antichi tali forme perfettive dovrebbero avere sempre l’accento grave (indicante vocale aperta: -ssè), non acuto (indicante vocale chiusa) come spesso avviene in base a criteri che privilegiano non la resa della pronuncia effettiva ma l’esigenza di abbinare in modo univoco una grafia a un morfema (-ssé: perf., -è: pres. ind.).

70 Per tekavčić (Grammatica storica dell’italiano § 734.1) ha avuto un ruolo anche l’influenza del cong. pres. della i coniugazione.

le forme perfettive sigmatiche di i e ii p.p. in area veneta 111

2.3.1. Le forme perfettive di V p. nei testi veneti

chiusa questa lunga parentesi sulla natura della desinenza delle forme perfettive tronche (pavane e non), torniamo allora ai dubbi iniziali.

il primo. Bisogna forse ipotizzare che tutte le forme perfettive (perf., cong. impf. e cond.) venete in -sse, vadano tutte pronunciate -ssè come in pavano?

fuori dal padovano rustico cinquecentesco abbiamo casi analoghi certi?

2.3.1.1. Rassegna di testi del XVI sec.

nel veneziano cinquecentesco, ci sono di una certa utilità le liriche di maffìo venier. l’attestazione più sicura è quella del cong. impf. tronco avessè ‘aveste’ in rima con infrisè (Libro chiuso, p. 23)71. nel verso «che pur che me amessè torrìa de patto» ‘che pur che mi amaste accetterei come un patto’ (carminati, p. 154)72 abbiamo il cong. impf. amessè, la cui ossitonia è resa probabile dal contesto ritmico: per non interrompere la cadenza regolare dei versi precedenti e successivi, deve avere accenti di seconda, sesta e decima, e l’accento di sesta cade su -sè.

lo stesso vale per il cong. impf. vegnissè ‘veniste’ del verso «che se no vegnissè me fassè torto» ‘che se non veniste mi fareste torto’ (dazzi, p. 389)73 in cui è contenuto anche il cond. fassè ‘fareste’. l’ossitonia di quest’ultima forma, benché non certificata dalla metrica, è molto proba-bile, oltre che per l’attestazione in rima in testi coevi pavani (vedi sopra), per ragioni prettamente linguistiche: un cond. fàsse da faresse implica una problematica sincope di sillaba tonica, mentre un cong. impf. con valore di cond. costruito su fare (andare> andasse, fare> fasse), ovvero una forma derivata da un tema perfettivo (il più che perfetto latino) dovrebbe fare i conti con una generalità evidenziata da maiden74 per i verbi che in latino avevano una vocale tematica perfettiva opposta a quella del presente: laddove per semplificazione analogica la vocale del presente (in questo caso /a/) si estende al perf., il verbo è arizotonico, mentre dove rimane la vocale perfettiva latina (in questo caso /e/) il verbo è rizotonico, se-

71 Il fiore della lirica veneziana, a cura di manlio dazzi, appendice, Il libro chiuso di Maffio Venier: la tenzone con Veronica Franco, venezia, neri Pozza, 1956, p. 23. nelle edizioni dazzi compare sempre -é, mai -è, ma non si tratta di una scelta critica: l’editore sembra avere a disposizione solo il segno tipografico ⟨é⟩.

72 maffio venier, Poesie diverse, a cura di attilio carminati, venezia, corbo e fiore editori, 2001.73 Il fiore della lirica veneziana, vol. 1, Dal Duecento al Cinquecento, pp. 345-414.74 martin maiden, Storia linguistica dell’italiano, Bologna, il mulino, 1998, pp. 151-53 (ed. orig. A

Linguistic History of Italian, new York, longman, 1995).

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condo maiden anche se in latino non lo era, come in fecèrunt> fécero (in realtà l’it. fécero deriva dal latino volgare fecĕrunt, proparossitona e rizotonica, attestata già in Plauto). Questa sorta di regola rende possibili solo le forme fassè e fesse. la stessa forma si ripete poco più avanti: «vu me fassè restar co’l cuor infranto» ‘voi mi fareste restar col cuore infranto’ (dazzi, p. 389). lo stesso vale per il cong. impf. dassè (ibidem) in cui, oltre alla regola di maiden, contribuiscono alla lettura ossitona le attestazioni pavane e l’analogia con fassè. maggiore prudenza ci è imposta dal cond. podessè ‘potreste’ contenuto nel verso «me podessè toccar la fame addosso» ‘mi potreste toccare la fame addosso’ (ivi, p. 347) e dal cong. impf. fossè ‘foste’ in «volesse dio che no fossè pì quella» ‘volesse dio che non foste più quella’ (ivi, p. 390). si segnala inoltre che maffìo venier utilizza anche forme in -ssi: tolessi ‘prendeste’ (ivi, p. 388), avessi ‘aveste’ e guardasi ‘guardaste’ (ivi, p. 413), déssi ‘deste’ (Libro chiuso, p. 25), avessi ‘aveste’, tegnissi ‘teneste’ (gamba, p. 57)75, avessi ‘aveste’, po-dessi ‘poteste’ (ivi, p. 82). sempre in -i sono i cond. doveressi ‘dovreste’ (ivi, p. 58), sfadigheressi ‘fatichereste’, troveressi ‘trovereste’ (ivi, p. 82), faressi ‘fareste’ (Libro chiuso, p. 17). e infine egli utilizza anche perfetti toscani (o quasi): respondeste, mandaste, volteste (dazzi, p. 404).

Le bizzarre, faconde et ingegnose rime pescatorie di andrea calmo edi-te da Belloni76 attestano i cong. impf. vossé77 ‘voleste’ cap. i 2, metessé ‘metteste’ cap. iv 6 e i cond. havessé ‘avreste’ son. Xlvi 8, fassé ‘fare-ste’ son. alla Buranella i 5. Pur non trovandosi in rima, l’accentazione tronca di queste forme è assicurata dalla dichiarazione dell’editore che «gli accenti nell’originale segnano o monosillabi o la tonica finale»78 e da altre considerazioni: la caduta di -le- del verbo vossè si spiegherebbe con più difficoltà se tale sillaba fosse stata tonica; inoltre metessè ricade in un contesto metricamente regolare, con accenti di sesta e decima, e il verso che contiene la forma in questione denota anch’esso accento di sesta se consideriamo tronco il verbo in questione. su fassè si è discusso nel pa-ragrafo precedente. la forma vossè 79 appena citata, peraltro, è attestata,

75 Poesie di Maffeo Veniero arcivescovo di Corfù e di altri, a cura di Bartolommeo gamba, venezia, dalla tipografia di alvisopoli, 1817.

76 andrea calmo, Le bizzarre, faconde et ingegnose rime pescatorie, a cura di gino Belloni, venezia, marsilio, 2003.

77 le forme di v p. in questa edizione hanno accento acuto. tuttavia, coerentemente con il ragiona-mento esposto sopra (se -è è la stessa desinenza del pres. ind. della i coniugazione, allora deve essere aperta), si dovrebbe inserire l’accento grave.

78 ivi, p. 34.79 nel commento Belloni parafrasa ‘vorreste’, ma il contesto, una frase concessiva con sfumatura

consecutivo-iperbolica («i podé manizar che sempre i tase, / se ben vossé cavarghe i denti» ‘gli potete mettere le mani addosso, tanto loro tacciono sempre, anche se voleste togliergli i denti’), rende a mio avviso preferibile un cong. impf.

le forme perfettive sigmatiche di i e ii p.p. in area veneta 113

sempre come cong. impf., anche in altri testi poetici veneziani: «se ghe vossè ben dar drento del naso» ‘se voleste andargli addosso di naso’, in Scusa fata co una signora di anzolo inzegneri (dazzi, p. 420); «se vossè lassar tuôrme la mesura» ‘se voleste lasciar prendermi la misura’, nella lirica adespota Se Dio me possa dar bona ventura (ivi, p. 422).

nel poema La guerra de’ Nicolotti e Castellani 80 oltre a un caso di cong. impf. in -ssi (fussi), abbiamo il perf. magnasseu ‘mangiaste voi’ p. 21 sulla cui accentazione non abbiamo evidenze.

nel Naspo Bizaro81 di alessandro caravia abbiamo il cond. dovessè ‘dovreste’ c. 21 già nella stampa antica, che tuttavia non è sinonimo di certezza linguistica.

l’edizione moderna della commedia La Pace di marin negro82 (nelle cui stampe antiche in concomitanza con -e non c’è mai l’accento), attesta congiuntivi imperfetti e condizionali coincidenti in -ssé: rispettivamente fusé ‘foste’ p. 83, fossé ‘foste’ p. 87, metassé ‘metteste’ p. 125, v’appicassé ‘vi impiccaste’ p. 207 e fassé ‘fareste’ p. 45, sassé ‘sareste’, radessé ‘radere-ste’ p. 125, contenteseu ‘contereste voi’ p. 149. sulla base del già discusso fassè e della vicinanza semantica tra cong. impf. e cond., queste forme, accento acuto a parte, sono plausibili; in particolare sarebbe poco atten-dibile una forma metàsse con abbassamento e>a di vocale tonica. invece desta maggiori dubbi il cond. combateressé ‘combattereste’ p. 147, che con quest’accentazione si spiega assimilandolo al già citato tipo vorssa’/voresa’: infatti, mentre -a finale non lascia dubbi sulla pronuncia tronca, -e finale potrebbe essere atona (combaterésse).

lo studio di massimo Prada sui procedimenti giudiziari cinquecenteschi contro ebrei e giudaizzanti83 ci informa dell’uso per il perf. e per il cond. delle sole forme toscaneggianti dicesti, fosti, fusti p. 205, potreste p. 209.

tornando all’entroterra, nelle già citate Rime del bellunese Bartolomeo cavassico, oltre alle forme in -à di cui si è già trattato, esclusive per cong. impf. e cond., si riscontrano per il perf. le forme apocopate chiapas ‘pren-deste’, fes ‘faceste’ p. 92, che rientrano nella tipologia coincidente con la ii p.s. di cui si è già discusso (< *chiapassi/e, *fessi/e).

nella cinquecentesca Egloga pastorale di Morel, che si è detto compo-sta a conegliano, cioè a metà tra la varietà bellunese e quella trevigia-na, abbiamo il cond. savissiè ‘sapreste’ v. 326, con dittongo che rende probabile la pronuncia ossitona, che quindi potrebbe valere, ma con un

80 Poeti antichi del dialetto veneziano, divisi in due volumi, vol. 1, a cura di Bartolommeo gamba, venezia, dalla tipografia di alvisopoli, mdcccXvii.

81 alessandro caravia, Naspo bizaro, in venetia appresso domenico nicolino, mdlXv.82 marin negro, La Pace, a cura di sennen nunziale, Padova, antenore, 1987.83 massimo prada, Note sulla lingua di alcuni procedimenti giudiziari cinquecenteschi: i Processi contro

ebrei e giudaizzanti del Santo Uffizio di Venezia, «carte romanze», i (1995), pp. 159-226.

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significativo margine di dubbio, anche per l’altro cond. di v p. podessè ‘potreste’ v. 330.

2.3.1.2 Rassegna di testi del XIII-XIV sec.

andando indietro nel tempo, già si sono citate le occorrenze più si-gnificative nei testi padovani a cavallo tra la fine del Xiv e l’inizio del Xv sec. accanto ad esse, la Storia della guerra per i confini84 attesta an-che forme in -ssi come i cong. impf. stessi ‘steste’ p. 43, andassi ‘anda-ste’ p. 58, havissi ‘aveste’ p. 64 ecc., i perf. intendissi ‘intendeste’ p. 39, combatissi ‘combatteste’, rompessi ‘rompeste’ p. 82, volessi ‘voleste’ p. 139, començassi ‘cominciaste’ p. 141, scrivissi ‘scriveste’ p. 142 e il cond. conferirissi ‘conferireste’ p. 139; ma ci sono forme anche in -sse: i cond. darisse ‘dareste’, serisseie ‘gli sareste’, scriviresse ‘scrivereste’ p. 64, porisse ‘potreste’ p. 102, il perf. intendisse ‘intendeste’ p. 118 e il cong. impf. savisse ‘sapeste’ p. 146. riguardo a tutte queste forme, non ci sono indizi decisivi per confermarne o contraddirne la resa editoriale. infine c’è anche il perf. toscaneggiante-etimologico (cioè senza confusione paradigmatica st>ss) començasti ‘cominciaste’ p. 138.

il Tristano Corsiniano85, scritto in un volgare veneto di terraferma non chiaramente localizzabile, come risulta evidente dagli spogli linguistici di ambrosini attesta solo perfetti in -si: amessi ‘amaste’ 1, comencesi ‘comin-ciaste’ 1c, delivresi ‘deliberaste’ 58b ecc.; invece, per i congiuntivi imper-fetti, accanto alla desinenza in -si atrovasi ‘trovaste’ 7d, lasesi ‘lasciaste’ 90, enprestesi ‘prestaste’ 89c, dixisti ‘diceste’ 12c (senza assimilazione st>ss) ecc. ha un’eccezione in -e: trovase ‘trovaste’ 15, su cui manteniamo le dovute cautele; la desinenza in -si è esclusiva anche del cond.: amaressivij ‘amereste voi’ 7d, averisi ‘avreste’ 1c, avrisi ‘avreste’ 4c ecc.

a venezia nella già citata trecentesca Leggenda del Santo Stadi è atte-stata la forma (in rima) fossè ‘foste’ : assè v. 1741 per la v p. del cong. impf. Per il veneziano, come abbiamo visto, anche se teoricamente non si può escludere una trafila da *fuissē(tis) senza risalita dell’accento, vale perfettamente l’ipotesi della combinazione di tema in -ss- e desinenza di v p. -è presa dal pres. ind. Per la regola di maiden, inoltre, è certamente tronco il perf. fassè ‘faceste’ v. 2107. Questo testo registra poi il cond. di v p. doverssè ‘dovreste’ v. 289, che con tutta probabilità è affine alle già citate forme “di koinè” aversa’ ‘avreste’, vorsa’, vorsate ‘vorreste’ (il che

84 nicoletto d’alessio, Storia della guerra per i confini, in Gesta Magnifica Domus Carrariensis, a cura di roberto cessi, in Rerum Italicarum Scriptores, tomo 17, parte i, vol. iii, Bologna, zanichelli, 1965, pp. 1-172.

85 riccardo ambrosini, Spoglio fonetico, morfologico, lessicale del tristano corsiniano, «l’italia dialettale», XX (1955-1956), pp. 29-70: 54-56.

le forme perfettive sigmatiche di i e ii p.p. in area veneta 115

significa che si tratta di una forma tronca), tranne che per la desinenza -è che, come abbiamo detto, come marca di v p. < -atis è peculiare del veneto centrale, mentre a venezia è in concorrenza con l’esito apocopato -à. tuttavia nello stesso testo vi sono anche perfetti di v p. con desinenza -sse piana, certificata dalla rima almeno nel caso di vuy insisse ‘voi usci-ste’: [el] dixe v. 1862; inoltre avesse ‘aveste’: insisse ‘usciste’ v. 4420 (ma potrebbe essere anche avessè : insissè), avesse ‘avesse’ : recevesse ‘riceveste’ vv. 4413-14 (ma potrebbe anche essere avessè : recevessè), creasse ‘creaste’ v. 1960, savesse ‘sapeste’ v. 3955.

tronco è certamente il cond. del Tristano Veneto86 vorssè ‘vorreste’ pp. 14, 67, 95 ecc.: oltre all’affinità col tipo vorsa’, vorsate, non sarebbe fa-cilmente spiegabile una risalita dell’accento alla /o/ atona dell’inf. volere che sta alla base del verbo; e quindi, per affinità morfologica, dovrebbe essere tronca anche la forma saverssè ‘sapreste’ pp. 249, 295, 337 ecc. attestata nello stesso testo.

nel De regimine rectoris (cit., p. 148) sono attestati i perf. visitasse ‘vi-sitaste’ e desse ‘deste’, interpretati dall’editore come piani. Per il secondo verbo la scelta dell’editore è confermata dalla generalità di maiden, in base a cui sono possibili solo le forme dassè e desse.

non abbiamo appigli sicuri nei tardo-trecenteschi Vangeli in antico veneziano (cit., pp. cv, cvi) per i perf. andese ‘andaste’, credesse ‘credeste’, volese ‘voleste’ (alternato a volesi), archoiese ‘raccoglieste’ (più la forma toscaneggiante-etimologica plançeste ‘piangeste’) considerati piani dall’edi-tore. ugualmente poco si può dire, dal punto di vista accentuativo, dei cong. impf. credese ‘credeste’ e savisse ‘sapeste’ (p. cix), se non che, nel secondo caso, l’ipotesi che /i/ sia da spiegare come innalzamento di vocale protonica (cioè un indizio di ossitonia), è smentita da occorrenze come savimo ‘sappiamo’ (Monumenti di Chioggia)87 e savir ‘sapere’ (Dell’amo-re di Gesù)88, che indicano chiaramente che si tratta di un metaplasmo (dalla ii alla iii coniugazione) come il pavano tegnire ‘tenere’. rimando a più tardi il discorso relativo ai condizionali dei Vangeli, ovvero le forme avresse ‘avreste’ e savresse ‘sapreste’ (p. cix), così come saresse ‘sareste’ nel Maritazo di francesco di vannozzo (dazzi, pp. 75-87: 79)89 e serese ‘sareste’ nei Testi del Due-Trecento90 studiati da stussi.

86 Il libro di messer Tristano, a cura di aulo donadello, venezia, marsilio, 1994.87 ugo levi, I monumenti più antichi del dialetto di Chioggia, venezia, Prem. stab. tip. visentini

cav. federico, 1901, p. 70.88 Monumenti antichi di dialetti italiani, pp. 45-56: 49.89 l’editore considera il verbo piano («vu saresse schernido e vituperado»). trattandosi di una

frottola anisosillabica, non abbiamo evidenze metriche che permettano conclusioni immediate sull’ac-centazione.

90 Testi veneziani del Duecento e dei primi del Trecento, a cura di alfredo stussi, Pisa, nistri-lischi, 1965, p. 46.

andrea cecchinato116

riguardo a questi ultimi testi, scritture documentarie, la scelta dell’edi-tore di leggere come forma piana il cong. impf. vendese ‘vendeste’ p. 52 si rifà a rohlfs §§ 562, 598; ma a voler essere pignoli, in questi passi si distingue il tipo padovano anassè ‘andaste’ dal veneto serkasi (-i, non -e) ‘cercaste’ connesso al toscano -asti (§ 562) e si cita il tipo vorissi (-i, non -e) ‘vorreste’ (§ 598). Quindi rohlfs non menziona esplicitamente per il veneto alcun esempio di desinenza -se, solo -si. Per cui anche per l’accento di vendese manteniamo un margine di dubbio.

la stessa incertezza caratterizza anche i perfetti in -sse di testi in prosa come i Trattati religiosi e il Libro de li exempli editi da J. ulrich91: Vu adunasse ‘radunaste’, vu amassasse ‘ammassaste’, ve gloriasse ‘vi gloriaste’, ve confidasse ‘vi confidaste’ p. 22; semmai qui va segnalato che, dato il cong. impf. vui dovissi ‘doveste’ p. 151, l’alternanza tra -sse e -ssi potrebbe avere valore distintivo riguardo alla funzione verbale.

non è utile come indizio il perf. di v p. diese ‘diceste’ attestato nell’Ap-pendice dei Monumenti di Lio Mazor (cit., p. 45) in quanto il nesso vo-calico -ie- non è un dittongo ma uno iato secondario per dileguo di /k/ > /g/> ø.

il volgarizzamento della Navigatio Sancti Brendani92 attesta il verbo posè p. 204 che il precedente editore novati93 leggeva erroneamente pose e considerava un cond.; in realtà si tratta con tutta probabilità di un pres. ind. (‘potete’). Questo testo presenta poi diversi perfetti in -i, quindi piani (nasiesi ‘nasceste’ p. 258, partisi ‘partiste’ p. 116, vedesi ‘vedeste’ p. 94 ecc.) e forme più dubbie in -e (andase ‘andaste’ p. 124, partise ‘par-tiste’ pp. 258, 262, fese ‘faceste’ p. 112); non siamo in grado di stabilire se queste ultime siano mere varianti fonologiche delle prime o vere e proprie allomorfie (andase o andasè?) tranne nel caso di fese su cui, per motivi opposti a fassè (vedi sopra la “regola” di maiden), siamo orientati a concordare con l’editore.

l’edizione tobler del Panfilo (cit., p. 247) attesta solo il perf. di v daissi ‘deste’, che egli spiega a partire da dedistis.

nel testo friulano-veneto del 1356 edito da g. fabris come Il più anti-co laudario veneto94 ricorrono con frequenza il perf. e cong. impf. in -ssi (vedessi ‘vedeste’, fussi ‘foste’ p. 57, amasi ‘amaste’ p. 51 ecc.), ma sono numerose anche le forme in -sti (latasti ‘allattaste’ p. 53, sofristi ‘soffriste’

91 Jakob ulrich, Trattati religiosi e libro de li exempli in antico dialetto veneziano, Bologna, com-missione per i testi di lingua, 1969 (ed. orig. Bologna, romagnoli, 1891).

92 maria antonietta grignani, Navigatio Sancti Brendani. La navigazione di San Brandano, milano, Bompiani, 1975, da cui si cita.

93 francesco novati, La navigatio sancti Brendani in antico veneziano, Bologna, forni, 1973, p. xlvii (ed. orig. Bergamo, istituto italiano di arti grafiche, 1892).

94 giovanni fabris, Il più antico laudario veneto, vicenza, tipografia s. giuseppe, 1907.

le forme perfettive sigmatiche di i e ii p.p. in area veneta 117

p. 54, rompesti ‘rompeste’ 57 ecc.) ed è attestata due volte anche la forma insisse ‘usciste’ pp. 84-85, purtroppo in un contesto anisosillabico da cui non è possibile trarre alcuna indicazione relativa all’accentazione.

nei documenti trecenteschi dell’archivio di dubrovnik pubblicati e stu-diati da dotto95, i perfetti in -ssi (dessi ‘deste’ 17 r.3, mandassy ‘mandaste’ 10 r.2, 13 r.2, mandasi 18 r.2 ecc., più mandastime 41 r.3 con conserva-zione di -st-) convivono con quelli in -sse: mandase ‘mandaste’ 15 r.3, 15 r.19, 15327, 16 r.3, mandasse 42 r.3, dese ‘deste’ 29 r.2. su quest’ultima forma, in base alla regola di maiden, possiamo sbilanciarci dichiarandone l’accento piano.

infine la Lamentatio Virginis di enselmino da montebelluna edita da andreose96, un testo tosco-veneto, denota solo forme in -st- (toscaneg-gianti, etimologiche, prive di confusione paradigmatica) che però hanno sempre desinenza in -i: faresti ‘fareste’ v. 128, savesti ‘sapeste’ v. 126, sparsesti ‘spargeste’ v. 58 (perf.). tale forma di perf. di v p. in -sti si trova anche nella più tarda lettera di maria savorgnan a Pietro Bembo97: credesti ‘credeste’ p. 152. Poiché anche Boiardo (rohlfs, § 531) per interferenza del proprio volgare scrive le desinenze di v p. in -i (ascoltati ‘ascoltate’, stati ‘state’, vedereti ‘vedrete’), queste forme in -sti potrebbero essere interpretate come esito di radice toscana -st- e desinenza settentrionale -i e, quindi, potrebbero suggerire che anche le forme piane in -sse rap-presentino una commistione, stavolta tra una radice veneta in -ss e una desinenza toscana in -e, suggerendo quindi la seguente ipotesi: le forme di v p. autoctone sono in -ssi o -ssè, mentre quelle in -sse sono influenzate dal toscano come quelle in -sti. ma questa costruzione cade non appena si considera che, come fanno notare manni98 e rohlfs (§ 561), anche in alcuni scrittori toscani il perf. di v p. è in -asti, -esti, -isti.

2.3.1.3. Osservazioni sulla rassegna di testi (risposta a 2.3.1)

i dati finora raccolti ci inducono a dare una risposta negativa al primo quesito (le forme perfettive di v p. in -sse sono in realtà tutte ossitone?). in particolare le occorrenze contraddittorie della Leggenda del Santo Stadi ci inducono a ipotizzare che le forme in -sse e -ssè convivano, la prima come variante fonologica delle forme piane in -ssi (coincidenti con la ii

95 diego dotto, Scriptae venezianeggianti a Ragusa nel XIV secolo. Edizione e commento di testi volgari dell’Archivio di Stato di Dubrovnik, roma, viella, 2008.

96 enselmino da montebelluna, Lamentatio Beate Verginis Marie (Pianto della Vergine), a cura di alvise andreose, Padova, antenore, 2010.

97 Bruno migliorini - gianfranco folena, Testi non toscani del Quattrocento, modena, società ti-pografica modenese, 1953.

98 Paola manni, Ricerche sui tratti fonetici e morfologici del fiorentino quattrocentesco, «studi di grammatica italiana», viii (1979), pp. 115-71: 163-64.

andrea cecchinato118

p.s.), la seconda derivata da radice perfettiva e marca desinenziale di ii p.p. e allora la domanda che sorge, e a cui si tenterà di rispondere più avanti, è se ci sono dei criteri (morfologici, diastratici, diatopici, diacro-nici ecc.) per stabilire per le forme attestate nei testi in prosa (la maggior parte delle occorrenze) e nei testi poetici all’interno di verso, quale sia la giusta accentazione.

Qualcosa si può anticipare a proposito dei condizionali. finora abbiamo stabilito con una certa sicurezza l’ossitonia di forme trecentesche come doverssè ‘dovreste’, saverssè ‘sapreste’ e vorssè ‘vorreste’, cui possiamo accostare aversa’ ‘avreste’, forsa’ ‘sareste’, sarssa’ ‘sareste’, vorsate ‘vorreste’ (Cronaca carrarese). ma abbiamo visto che nella stessa fase cronologica ci sono anche forme sigmatiche di condizionale diverse, come avresse ‘avre-ste’, savresse ‘sapreste’ (Vangeli), serese (Documenti), saresse (Maritazo), serisse(ie) ‘sareste’ (Storia della guerra per i confini).

Per quanto riguarda i condizionali di avere e sapere, è individuabile una sostanziale allomorfia per lo stesso verbo: avers- e avres-, savers- e savres-. dal punto di vista fonologico è abbastanza intuitivo ritenere che il fenomeno che accomuna queste forme, la sincope vocalica, dipenda dalla posizione protonica della vocale in questione, come in off(e)rire, comp(e)-rare, ved(e)rete ecc.; infatti la sincope vocalica, oltre che in sillaba preto-nica potrebbe avvenire solo, ma non è questo il caso, in sillaba mediana (intertonica) di parola sdrucciola e in sillaba iniziale99. Quindi abbiamo aver(e)sè contro av(e)résse, saver(e)sè contro sav(e)résse. come contropro-va, non sono foneticamente possibili le forme *savérsse< *saver(é)sse (che implicherebbe la sincope dell’accento primario) e *savressè< *sav(e)ressè (che implicherebbe la sincope dell’accento secondario100). Questo tipo di opposizione morfologica “rivelata” dalla caduta di vocale pretonica in que-sti verbi ci induce a ritenere che nei condizionali di essere (seresse, saresse, serisse101) non avviene la sincope di vocale pretonica perché quest’ultima è quella che è posta tra la prima /s/ e /r/ e perciò ha un’indispensabile funzione eufonica; quindi, anch’esse sono forme piane, che si oppongono alla forma tronca sarssa’.

abbiamo quindi due distinte tipologie di cond.: la prima, costituita da forme piane (avresse, savresse, serese, saresse ecc.), è esito di una trafila lineare a partire da inf. + habuistis (con la ben nota confusione st> ss),

99 cfr. rohlfs §§ 137-141.100 cfr. stephan schmid, Fonetica e fonologia dell’italiano, torino, Paravia, 1999, pp. 109, 174.101 la vocale /i/ di serisse desta qualche difficoltà come vocale tonica non essendo tematica e non

trovandosi in un contesto metafonetico. tuttavia forme dialettali moderne di iv p. come sàrissimo rendono plausibile per i testi padovani un’estensione della /i/ metafonetica anche davanti a desinenze diverse da -i.

le forme perfettive sigmatiche di i e ii p.p. in area veneta 119

la seconda, costituita da forme tronche (il tipo vorssè), si direbbe una ne-oformazione “complicata” dall’innesto dopo radice + morfema perfettivo -ss- della desinenza tonica del pres. ind. della i coniugazione, che abbiamo definito “marca di v p.”.

2.3.2. Le forme perfettive di IV p. nei testi veneti

altro dubbio. oltre alla forma ruzantiana in rima sasen ‘saremmo’ esi-stono forme certe di iv p. perfettive parossitone in -ssémo parallele a quelle di v p. in -ssè e a quelle di iv in -ssòn, -ssàn? e convivono con forme proparossitone in -ssemo o sono l’unica variante possibile?

Prima di tutto alcune considerazioni generali. il fatto che in italiano e dialetto moderno i congiuntivi imperfetti in -ssimo/ssemo siano sdruccioli rende naturale, intuitivo, in mancanza di indizi contrari, attribuire la stessa pronuncia anche alle attestazioni antiche. Per cui di seguito, per quanto riguarda il cong. impf., tale affinità con l’italiano e il dialetto moderno sarà sottintesa mentre saranno eventualmente evidenziati altri motivi (metrici, morfologici) a favore della lettura sdrucciola o piana di singole forme.

inoltre, se per la ii p.p. si è appurato che esiste una forma in -sse piana variante fonologica di quelle in -ssi costruite sulla ii p.s., a mag-gior ragione l’attestazione di coppie come déssemo e déssimo, entrambe certamente sdrucciole per la regola di maiden, ci induce a considerarle varianti allofone con la stessa struttura morfologica e quindi per il nostro scopo (analisi morfologica) possiamo considerare le forme sdrucciole in -ssemo e -ssimo alla stessa stregua.

2.3.2.1. Testi del XV-XVI sec.

restando in ambito pavano, abbiamo la forma di iv andiessimo ‘andam-mo’ Rime di Sgareggio102 68.12, che farebbe il paio con quella di v andiessi ‘andaste’: il dittongo, benché isolato, è un indizio a favore dell’accenta-zione sdrucciola, già di per sé probabile in quanto per un verbo in -are è improbabile una desinenza -ìmo. sembra una variante con -i- al posto di -e- (non necessariamente un toscanismo: nei dialetti veneti le vocali atone sono instabili, soggette a assimilazione e dissimilazione, come in andàvimo ‘andavamo’ e andarìssimo ‘andremmo’) del tipo, ben rappresentato in pavano, favelassemo ‘parlammo’, prometessemo ‘promettemmo’, andasse-mo ‘andassimo’ ecc., che pertanto dovrebbe avere ugualmente accento sdrucciolo ma su cui manteniamo il dubbio.

102 Delle Rime de Sgareggio, p. 75.

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Per la venezia del Xvi sec. abbiamo visto che un testo poetico che ci può tornare utile sono Le bizzarre, faconde et ingegnose rime pescatorie di Andrea Calmo edite da Belloni. tale edizione riporta i perf. vegnissémo ‘venimmo’ son. Xlv 10, fessémo ‘facemmo’ son. Xlv 14, intrassémo ‘entrammo’ stanza XXii 2, tirassémo ‘tirammo’ son. alla Buranella i 12 (quindi con accentazione diversa dal pavano andiéssimo ‘andammo’), e i cong. impf. fassemo ‘facessimo’ madr. Xviii 5 (senza accentazione espli-cita) e stàssemo ‘stessimo’ canz. v 24. in mancanza di occorrenze in rima, sembra che l’editore abbia voluto distinguere le due funzioni verbali con l’accentazione: piana per il perf., sdrucciola per il cong. impf, ma tale scelta sembra arbitraria, e perciò non possiamo considerare queste attestazioni come probanti. anzi, la forma tirassemo cade in un contesto metricamente molto regolare, con accenti di sesta e decima in cui l’unica eccezione sarebbe proprio l’accento di settima tirassémo; se invece si opta per la lettura sdrucciola (tiràssemo) anche questo verso avrebbe accento di sesta. inoltre in base alla regola di maiden fessémo va corretto in féssemo; al contrario, per la stessa regola, fassemo e stassemo sono da considerare forme arizotoniche piane (fassémo, stassémo), anche se in questo caso sussiste il dubbio che, a partire da stessimo, il tema del presente si sia potuto estendere al cong. impf. (*stassimo)103.

Poi abbiamo la seguente attestazione nel Libro chiuso (cit., p. 40) di maffìo venier: «no sassémo seguri in nessun luogo» ‘non siamo/saremmo sicuri in nessun luogo’. Purtroppo il contesto poco chiaro non solo non permette di evincere con certezza l’accentazione ma nemmeno la funzione verbale: la forma praticamente coincide col cond. pavano sassen, ma il senso non esclude affatto che si tratti di un semplice pres. ind., con la stessa radice di sason ‘siamo’ del bellunese104.

nell’anonimo Lamento dei pescatori veneziani scritto in una lingua che riflette in modo caricaturale la parlata lagunare (fondamentalmente omettendo le /r/), leggiamo il seguente distico (dazzi, pp. 441-49: 446): «anca nu, frà, andaéssemo in lo Pegài / e senteéssemo aénte de messiè» ‘anche noi, fratello, andremmo al senato (ai Pregati) e ci siederemmo davanti al signore’. la scarsa regolarità metrica non ci concede appigli sicuri; tuttavia, se si considera che tali forme sono varianti parodiche di andaressimo ‘andremmo’e senteressemo ‘siederemmo’, la corrispon-denza con i cond. moderni andarìssimo e sentarìssimo ci induce a con-

103 nell’ovi il tipo di iii p.s. dasse, stasse (ovviamente escludendo i casi omofoni di pres. ind. con pronome riflessivo enclitico che significano ‘si dà’, ‘si sta’) per desse, stesse è attestato benché molto raro (è frequente solo nei testi siciliani).

104 vedi Le Rime di Bartolomeo Cavassico, p. 334; Egloga pastorale di Morel, 416; salvioni, Illustra-zioni, egloga 267.

le forme perfettive sigmatiche di i e ii p.p. in area veneta 121

cordare con l’accentazione sdrucciola data dall’editore.invece, l’edizione ottocentesca a cura di gamba de La guerra de’ Nico-

lotti e Castellani (Poeti antichi del dialetto veneziano, cit., p. 46) attesta un perf. parossitono levassèmo («se levassèmo suso avanti zorno» ‘ci alzammo prima dell’alba’), ma non abbiamo elementi (né rima né regolarità degli accenti del poema) per suffragare tale interpretazione.

il già citato studio di Prada sui procedimenti giudiziari cinquecenteschi contro ebrei e giudaizzanti attesta numerosi perfetti in -ssemo: andassemo ‘andammo’, facessimo ‘facemmo’, fussemo ‘fummo’, venisemo ‘venimmo’ ecc. p. 205, che egli considera coincidenti col cong. impf. e quindi, forse, per analogia con l’italiano, implicitamente considera proparossitoni. in mancanza di prove lampanti manteniamo prudenza. in questo testo è at-testato anche il cond. sassemo ‘saremmo’ p. 209, spiegato da Prada come esito di sincope da saressimo. tale interpretazione desta qualche dubbio perché sembra presupporre la caduta della sillaba tonica; ma torneremo sulla questione in seguito, quando avremo più elementi per valutarla.

la già citata commedia La Pace di marin negro attesta forme in -ssemo di cong. impf. (trovassemo ‘trovassimo’ p. 99) e cond. (podessemo ‘potrem-mo’ p. 163), per la cui pronuncia al momento non abbiamo indicazioni particolari ma su cui torneremo.

un altro testo documentario veneziano in prosa, risalente al Xv sec., la Lettera di Antonio Palma edita da B. gamba105, presenta i perf. fesemo ‘facemmo’, dessimo ‘demmo’ e servassimo ‘servimmo’, che sono senz’altro tutti proparossitoni: il primo per la legge di maiden, il terzo perché è improbabile per il verbo servare una forma perfettiva in -ìmo, il secondo per entrambi i motivi appena addotti. il vero dubbio, in questo caso, è se fésemo, con ⟨s⟩ scempia, rientri nella tipologia oggetto del presente studio (un perf. sigmatico) o sia un perf. forte derivante direttamente del perf. fecĭmus con l’esito /z/ di palatale intervocalica derivante da /k/ rappresentato con ⟨s⟩. in effetti il tipo fécemo / fécimo è attestato nell’ovi, così come il suo corrispondente veneto fexemo (dotto, p. 303). e la forma con ⟨s⟩ geminata fessemo, nettamente più frequente, non è garanzia di derivazione da -ssemus perché, come denotano forme come plasse ‘piace’, il digramma ⟨ss⟩ potrebbe rappresentare una sibilante so-nora derivante da /k/. a sostegno dell’ipotesi che fesemo sia un perf. sigmatico, comunque, stanno le rare attestazioni toscane di fessimo (Libro vermiglio 8.28)106, dove è da escludere che /s:/ sia esito assibilato dell’af-fricata palatale sorda /č/.

105 Bartolommeo gamba, Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano, riveduta da nereo vianello, venezia-roma, istituto per la collaborazione culturale, 1959, p. 41.

106 Il Libro Vermiglio di Iacopo Girolami, Filippo Corbizzi e Tommaso Corbizzi, a cura di mario chiaudano, torino, Bona, 1963.

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spostandoci di nuovo nell’entroterra, nelle già citate Rime del bellunese Bartolomeo cavassico, in alternativa a perf., cong. impf. e cond. in -ssòn (nascesson ‘nascemmo’ : Bregognon p. 183, vedesson ‘vedessimo’ p. 233, avesson ‘avremmo’ p. 200, ‘avessimo’ p. 255, volesson ‘vorremmo’ pp. 150, ‘volemmo’ 200, podesson ‘potremmo’ p. 105, staisson ‘staremmo’ p. 34, staes(s)on ‘staremmo’ p. 226, stasesòn107 ‘staremmo’ p. 148, foesson ‘saremmo’ 205, foisson ‘saremmo’ 215 ecc.), abbiamo il perf. fossen ‘fum-mo’ p. 175, cui corrisponde la forma di cong. impf. in -ssen sicuramente parossitona rendéssen ‘arrendessimo’ : Drésen ‘trìssino’ p. 182.

entrambe queste desinenze si ritrovano nella trevigiana Egloga Pasto-rale e sonetti (salvioni, Illustrazioni): -ssòn per perf. (foesson ‘fummo’ v. 457, nassesson ‘nascemmo’ v. 903) e cond. (havesson ‘avremmo’ v. 749 e voresson108 ‘vorremmo’ v. 872), -ssen solo nel perf. (zessen ‘andammo’, passassen ‘passammo’ 268), sulla cui accentazione per prudenza non ci sbilanciamo, nonostante l’analogia con le occorrenze di cavassico ci in-duca a considerarle parossitone come fa l’editore.

nella coneglianese Egloga di Morel per il perf. della iv p. si trova nassùsen ‘nascemmo’ v. 304 (non in rima), interpretato dall’editore come forma parossitona e spiegato come estensione di -assi della ii p.s. «di cui si avrebbe corrispondenza nel bolognese andàssimo» (ivi, p. 13). al di là dell’ipotesi eziologica, in effetti, c’è un indizio, anche se non solidissimo, che sostiene questa lettura: la variante /u/ per /e/ forse non è un mero accidente fonetico (dissimilazione ecc.); la parte della radice che precede -ss- viene percepita come un participio passato (probabilmente per rianalisi a partire dalla i coniugazione, come in andà-ssemo), cui si aggiunge l’ele-mento perfettivo sigmatico e la desinenza della persona. Quindi l’accento andrebbe proprio sulla /u/.

andando un po’ indietro nel tempo, un documento veronese della metà del Xv sec., la Deposizione scritta del conte Brocardo Persico109, compaiono perfetti completamente sovrapponibili ai congiuntivi imperfetti: capitasse-mo ‘capitammo’, stessimo ‘stemmo’. il secondo dei quali, per la “legge” di maiden e per la desinenza -imo, è certamente proparossitono.

107 Questa variante («e stasesòn un mes» ‘staremmo un mese’), doppiamente sigmatica, si può spiegare in questo modo: mentre la seconda -s- è perfettiva, la prima fa parte del tema del presente, analogico a sason ‘siamo’ attestato nello stesso testo, che, rispetto alla forma concorrente seom, si dif-ferenzia maggiormente da saom ‘sappiamo’. che la forma sasòn sia un pres. ind. è chiaro dal contesto affermativo («ve sasòn obligà» ‘vi siamo obbligati’, per un favore già ricevuto, non potenziale).

108 Quest’ultima mantiene la /r/ infinitiva a scapito della /l/ della radice, probabilmente per scambio di liquide.

109 migliorini-folena, Testi non toscani del Quattrocento, p. 68.

le forme perfettive sigmatiche di i e ii p.p. in area veneta 123

2.3.2.2 Rassegna di testi del XIII-XIV sec. 110

andando al Xiv sec., per Padova si segnala nella Bibbia istoriata111 il cond. diressemo ‘diremmo’ l 34, che per analogia col moderno dirìssimo andrà plausibilmente considerato sdrucciolo. Per altre occorrenze rinvia-mo a quanto già detto sopra (forme in -amo). nei testi documentari del trecento pubblicati da tomasin112, invece, è particolare il perf. achordasenu ‘accordammo’ 34.53 r.16, con una desinenza -nu di iv p. non estranea alla Bibbia e a ruzante113, che si spiega con il passaggio -m>-n (lo stesso del tipo apocopato trovasem> trovasen) e l’influenza del pronome tonico di iv p. nu ‘noi’. ma non c’è certezza sull’accentazione.

infine, per Padova, un documento ricco di attestazioni (ma trattandosi di prosa non c’è sicurezza assoluta sull’accentazione) è la citata Storia della guerra per i confini di nicoletto d’alessio, in cui c’è coincidenza, almeno grafica, tra i perfetti (partissemo ‘partimmo’ p. 11, refiressemo ‘riferimmo’ p. 11, domandassemo ‘domandammo’ p. 58, deliberassemo ‘deliberammo’ p. 58, andassemo ‘andammo’ p. 59, assignassemo ‘assegnammo’ p. 59, vegnissemo ‘venimmo’ p. 63, dessemo ‘demmo’ p. 64, tollessemo ‘togliem-mo’ p. 64 ecc.) e i congiuntivi imperfetti (possessemo ‘potessimo’ p. 12, dovessemo ‘dovessimo’ p. 41, exponessemo ‘esponessimo’ p. 41, scrivessemo ‘scrivessimo’ p. 58, fossemo ‘fossimo’ p. 106), forme su cui non abbiamo certezze a eccezione del perf. dessemo, sicuramente proparossitono per la regola di maiden (anche se per analogia saremmo tentati di estendere questa lettura a tutti i perfetti); in questo testo, poi, si attesta il perf. forte scrivemo ‘scrivemmo’ p. 63 e i condizionali corrispondenti al tipo della Bibbia Istoriata (e del dialetto moderno): seressemo ‘saremmo’ pp. 23, 92, scriveressemo ‘scriveremmo’ p. 64, poressemo ‘potremmo’ p. 95, voressemo ‘vorremmo’ p. 114, faressemo ‘faremmo’ p. 123, trovaressemo ‘troveremmo’ p. 139.

nel citato Tristano Corsiniano abbiamo per il perf. la medesima for-ma in -ssemo: tornassemo ‘tornammo’ 39b, 46, andassemo ‘andammo’ 41, açonçesemo ‘aggiungemmo’ 41 ecc.; per il cond. è attestato staresemo ‘sta-remmo’ 102c che, per la continuità con il dialetto moderno (starìssimo), dovrebbe essere sdrucciolo.

Per il veneziano medievale, ci avvaliamo ancora del prezioso soccorso del poema La legenda de Santo Stadi, in cui troviamo la rima imperfetta

110 comprendiamo in questo gruppo anche quei testi (come il Milione veneto) che ci sono giunti in copie quattrocentesche ma che si presume siano stati scritti nel secolo precedente.

111 Bibbia istoriata padovana della fine del Trecento, a cura di gianfranco folena e gian lorenzo mellini, venezia, neri Pozza, 1962.

112 lorenzo tomasin, Testi padovani del Trecento, Padova, esedra editrice, 2004.113 ivi, p. 183.

andrea cecchinato124

partissemo ‘partimmo’ : medeximo v. 1847 che attesta per la iv p. del perf. il tipo proparossitono derivato dal cong. impf. partìssimo. altre for-me analoghe (non in rima): andassemo ‘andammo’ v. 2833, çonçessemo ‘giungemmo’ v. 2835, intrassemo ‘entrammo’ vv. 2853, 3533. Per inciso, l’editore Badas spiega questa forma come esito di ampliamento sigmatico; ritengo più corretto non usare il termine ampliamento perché potrebbe sembrare che questa forma si sia formata non per influsso del cong. impf. (cioè a partire dal più che perfetto latino con accento omologato alle per-sone del singolare) ma per l’inserimento di -ss- all’interno del presente, il che non spiegherebbe la risalita dell’accento dalla posizione originaria (la desinenza -èmo). non possiamo considerare sicura, inoltre, l’interpreta-zione piana della forma di iv p. del cong. impf. andesémo ‘andassimo’ v. 1560 proposta dal precedente editore monteverdi114, basata semplicemente sulla simmetria con la già citata forma di v p. fossè ‘foste’ v. 1741. infatti vista, per le forme perfettive in generale, la compresenza per la ii p.p. dell’allomorfia fosse, fossè, allora andesemo potrebbe corrispondere alla variante di ii p.p. piana e quindi avere accento sdrucciolo (andésemo). Per il cond. si registra seresemo ‘saremmo’ v. 1806, che per analogia col moderno sarìssimo siamo orientati a considerare sdrucciolo.

invece lo Zibaldone da Canal 115 attesta per il cond. di iv p. vorssemo ‘vorremmo’, la cui pronuncia piana arizotonica è pressoché sicura: vedi sopra vorssè ‘vorreste’.

nei già citati Vangeli in antico veneziano troviamo seravemo ‘saremmo’ p. 95 e poravemo ‘potremmo’ p. 65, corrispondenti alle forme toscane antiche sarébbimo e potrébbimo (< inf. + habuimus con accento omologato alle persone del singolare). Benché si tratti di tipologie non sigmatiche che esulano dal presente studio, possiamo affermare che la corrispondenza con gli esiti toscani, in cui la sillaba atona addirittura cade, fa propende-re per la pronuncia sdrucciola; a sostenere questa lettura c’è l’analogia con forme moderne come l’impf. ind. podévimo ‘potevamo’, soggetto alla stessa dinamica evolutiva dal latino: potebāmus> *podévamo per omolo-gazione dell’accento alle persone del singolare > podévimo per chiusura (dissimilazione?) della vocale postonica. infine in questo testo ritroviamo i perf. reçevesemo ‘ricevemmo’, passesemo ‘passammo’ p. 104, vedesemo ‘vedemmo’ p. 305 (vedi anche p. cvi) su cui non ci sbilanciamo, anche se le attestazioni precedenti fanno propendere per l’accentazione sdrucciola.

anche nel già citato De regimine rectoris abbiamo il perf. vedessemo ‘vedemmo’ p. 65 su cui manteniamo il dubbio. lo stesso discorso vale

114 franceschino grioni, La legenda de santo Stady, «studj romanzi», XX (1930), a cura di angelo monteverdi, pp. 49-176.

115 Zibaldone da Canal, Manoscritto mercantile del sec. XIV, a cura di alfredo stussi, venezia, comi-tato per la pubblicazione delle fonti relative alla storia di venezia, 1967, pp. 13, 20.

le forme perfettive sigmatiche di i e ii p.p. in area veneta 125

per il Panfilo (edito da tobler, cit.), che presenta il perf. començasse-mo ‘cominciammo’ p. 55 (delle forme di cond. e cong. impf. presenti in questo testo si è già parlato nel paragrafo sulle forme in -àmo), per i Disticha Catonis116, in cui è attestato il perf. prevedesemo ‘prevedemmo’ p. 63, per i già citati Monumenti di Chioggia, in cui è attestato il perf. fosemo ‘fummo’ p. 70, per Gli accordi con Curzola (1352-1421)117 in cui troviamo i perf. scrivissimo ‘scrivemmo’ p. 82 (certamente sdrucciolo) e avesemo ‘avemmo’ p. 86, per il Milione veneto (ms. del XV sec.)118 in cui troviamo i perf. andasemo ‘andammo’, trovasemo ‘trovammo’, tornasse-mo ‘tornammo’, vedesemo ‘vedemmo’, dixesemo ‘dicemmo’, desendesemo ‘discendemmo’, avesemo ‘avemmo’, fesemo ‘facemmo’, stesemo ‘stemmo’ (ma per le ultime due attestazioni si tenga conto della regola di maiden) e, infine, per la precoce testimonianza (Xiii sec.) costituita dai Trattati con Aleppo119 in cui compare un probabile, ma non sicuro, perf. avesemo ‘avemmo’ p. 22: il contesto sintattico non è chiaro ma il senso esclude che si tratti di un cong. impf.: «se avesemo saipudo traslata la letera a voi [...], et enteso avemo ço que dise» ‘se abbiamo (lett. avemmo) saputo tradurre per voi la lettera [...] e abbiamo inteso ciò che dice’.

lo stesso tipo, in -ssemo ma anche in -ssimo, si ritrova nel veneziano “de là da mar” nei perfetti attestati nelle già citate scriptae ragusine studiate da dotto: desemo ‘demmo’ 15 r.13, fesemo ‘facemmo’ 15 r.8, 16310, 48 r.3, avesemo ‘avemmo’ 9 r.8, credesemo ‘credemmo’ 15 r.11, intendesemo ‘intendemmo’ 15 r.3, ecc. e desimo ‘demmo’ 9 r.6, fosimo ‘fummo’ 9 r.2, 9 r.3, 9 r.5, ordinasimo ‘ordinammo’ 9 r.8, partisimo ‘partimmo’ 9 r.2, tro-vasimo ‘trovammo’ 36.1, reçevesimo ‘ricevemmo’ 47 r.3, fesimo ‘facemmo’ 44.17; sulle forme in -ssimo non appartenenti alla coniugazione in -ire (quindi fosimo, ordinasimo, trovasimo, reçevesimo, fesimo, desimo) è assai improbabile la lettura piana; inoltre su desemo, desimo, fesemo, in base alla regola di maiden, siamo piuttosto certi della lettura sdrucciola. in questi testi è attestato anche il cond. deveriamo ‘dovremmo’ p. 89, quindi non del tipo inf. + habui (con perf. sigmatico) ma inf. + habebam tipico della scripta documentaria veneziana (ivi, p. 233). altri documenti ragu-sini tratti dai Monumenta Ragusina120 attestano i cong. impf. movessimo

116 adolf tobler, Die altvenezianische Übersetzung der Sprüche des Dionysius Cato, «Philosophische und historische abhandlungen der Königlichen akademie der Wissenschaften zu Berlin», Xvii (1883), pp. 3-86.

117 Pacta Veneta 9, a cura di ermanno orlando, roma, viella, 2002.118 Il Milione veneto: ms. CM 211 della Biblioteca civica di Padova, a cura di alvaro Barbieri e alvise

andreose, venezia, marsilio, 1999, pp. 100-1.119 gino Belloni - marco Pozza, Il più antico documento in veneziano. Proposta di edizione, in Guida

ai dialetti veneti, Xii, a cura di manlio cortelazzo, Padova, cleuP, 1990, pp. 5-32.120 Monumenta Ragusina. Libri Reformationum, in Monumenta spectantia historiam Slavorum meri-

dionalium, a cura di Josephus gelcic, t. iii, XXvii, 1895.

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‘muovessimo’ p. 111, dessimo ‘dessimo’ p. 122 certamente sdruccioli, e removessemo p. 111 su cui manteniamo il dubbio; inoltre si segnala anche il cond. sdrucciolo poressimo ‘potremmo’ p. 86.

manteniamo prudenza per i perfetti apocopati attestati nei già citati Monumenti di Lio Mazor edizione elscheikh: clamasem ‘chiamammo’ pp. 32, 41, trovasem ‘trovammo’ pp. 31, 55, vedesem ‘vedemmo’, çesem ‘an-dammo’ pp. 26, 32, 56, cesem ‘andammo’ p. 44, partisem ‘partimmo’ pp. 26, 40, 44, fosem ‘fummo’ pp. 20, 26, 31, 40, 41, menasem ‘menammo’ p. 28, bevesem ‘bevemmo’ p. 41, entrasem ‘entrammo’ p. 44, diesem ‘di-cemmo’ p. 44, vogasem ‘vogammo’ p. 31, saisem ‘assalimmo’ pp. 55, 56, videsem ‘vedemmo’ p. 32, dove si hanno anche le varianti senza apocope partisemoli ‘li dividemmo’ p. 20, fosemo-nu ‘fummo noi’ p. 44, començase-mo ‘cominciammo’ p. 29, fesemo-ne ‘ne facemmo’ p. 56; quest’ultima, in base alla generalità studiata da maiden precedentemente esposta, poiché conserva la vocale tematica perfettiva, dovrebbe essere proparossitona (fésemo).

infine purtroppo nella già citata Lamentatio Virginis di enselmino da montebelluna edita da andreose, l’unica forma perfettiva in rima è vedemo v. 1212 (in rima con Nichodemo), variante degeminata del toscano vedem-mo, che, non essendo una forma sigmatica, non dà alcuna indicazione sull’accento del perf. sigmatico fosemo ‘fummo’ v. 1464.

2.3.2.3. Osservazioni sulla rassegna di testi (risposta a 2.3.2)

anche per le forme di iv p. in -ssem(o), quindi, sembra non esserci una lettura corretta e una sbagliata, ma due forme distinte, una sdrucciola e una piana.

e anche in questo caso bisognerà cercare di capire se sia possibile individuare una generalità che permetta di orientare gli editori di testi veneti antichi che vogliano azzardare la resa dell’accentazione delle forme in -emo (invece di lasciare al lettore il dubbio) specialmente nei numerosi casi in cui non c’è l’aiuto di rima, dittongo o altri contesti che permettano di risalire all’accento.

tuttavia anche per la iv p. è chiaro che i condizionali sono di due tipi: il tipo sdrucciolo voréssemo (Storia della guerra per i confini), più regolare (ma al par. 1 si è visto che la desinenza di perf. e cond. -semo non è eti-mologica ma analogica a -ssi/e della ii p.p. a sua volta derivata dal cong. impf. per confusione st>ss), e il tipo vorssémo (Zibaldone da Canal) con “marca di iv p.” -émo presa dal pres. ind. (o analogica a vorssè).

le forme perfettive sigmatiche di i e ii p.p. in area veneta 127

3. Conclusione. Ricostruzione e interpretazione dei dati raccolti

È giunto quindi il momento di affrontare le questioni sollevate ai parr. 2.3.2.2 e 2.3.2.3. ebbene, se un manoscritto di un testo veneto antico ri-porta una forma perfettiva di v p. con desinenza -sse, c’è modo di stabilire quando la lezione corretta è -sse e quando è -ssè? e se tale manoscritto riporta una forma perfettiva di iv p. con desinenza -ssemo, c’è modo di stabilire quando la lettura è proparossitona e quando è parossitona?121

Per i verbi di v p. in -s(s)e/-ssè (cui si aggiungono tutte le forme piane in -ssi), possiamo riassumere in questa tabella le occorrenze sicure (o almeno molto probabili) che abbiamo riscontrato nella rassegna appena conclusa:

Xiii-Xiv sec. Xvi sec.122

Perf. parossitoneinsìsse, désse, dése, fese (ven.)

ossitonefassè (ven.)

mandessè (pav.)

cong. impf.

fossè (ven.)123 magnesè, dasè, dassè, desconzasè, desconcessè, alberghessè, vessè, havessè, dissè, bevessè, vivessè (pav.)avessè, amessè, vegnissè, vossè, metassè (ven.)

cond. parossitoneserìsseie (padov.)avrésse, savrésse, serése, sarésse (ven.)

ossitonedoverssè, vorssè, saverssè (ven.)

fasè, fassè, consegiasè, sasè, sassè, degnesè, dissè, vossè, otegnessè, incattessè (pav.)fassè, havessè (ven.)savissiè (bell./trev.)

ora analizziamo la tabella. i pochi esempi due-trecenteschi menzionati consistono in alcuni perfetti piani, alcuni condizionali piani, alcuni con-dizionali tronchi con /r/ davanti -ss-, un perf. tronco (fassè) e un cong. impf. tronco (fossè). Queste forme evolvono nel giro di due secoli in un tipo unico in -ssè. come possiamo spiegare questo passaggio?

121 d’ora in poi questa terminologia va intesa tenendo conto della presenza della vocale finale anche dove essa è caduta (ad es. si considera proparossitona la forma rendéssen).

122 il fatto che in questa tabella non compaiano esempi quattrocenteschi non significa che non sia stato effettuato uno spoglio di testi risalenti a questo secolo, ma che da tali scriptae non si sono ricavati esempi utili. forse questo fatto non sarà una coincidenza, ma un riflesso della crisi del volgare (veneto) in questo secolo, stretto tra latino e toscano e non ancora rifiorito come lingua riflessa realistica come avverrà nel cinquecento.

123 i congiuntivi imperfetti piani non sono riportati nella tabella perché non sono sicuri ma l’atte-stazione certa di perfetti piani, che traggono origine dai congiuntivi imperfetti, ci induce comunque a ipotizzarne l’esistenza a quest’altezza cronologica.

andrea cecchinato128

forse il cong. impf., vista la vicinanza al perf. da un lato (per coinciden-za morfologica) e al cond. dall’altro (per vicinanza sintattica nel periodo ipotetico)124, già in epoca medievale si trova a mediare tra i perfetti a esso coincidenti e i condizionali parossitoni in -sse da un lato e i condizionali ossitoni in -rssè dall’altro. Per la confusione conseguente a tale mediazione si sarebbero generati già nel Xiv sec. dei congiuntivi imperfetti (e per estensione analogica dei perfetti) in -ssè che hanno assunto l’accento (e talora il tema del presente)125 dei condizionali tronchi (gli unici esempi certi sono fossè e fassè della Leggenda de Santo Stadi) e, col tempo (nel cinquecento), questa zona di confusione si sarebbe allargata: si sarebbe affermata una forma unica in -ssè per tutte e tre le forme perfettive accanto a quella piana in -ssi: sul piano fonologico il cong. impf. sigmatico avreb-be favorito nel cond. tronco l’assimilazione -rs-> -ss- mentre, sul piano prosodico, il cong. impf. e, per influsso di questo, il perf. si sarebbero omologati al cond. tronco; invece i condizionali piani (le forme in -résse) sarebbero sopravissuti marginalmente.

il corollario di questa ipotesi è che nei testi veneti del due-trecento, se resta incertezza per il cong. impf. di v p. (un solo esempio sicuro di cong. impf. non ci consente di affermare che a quell’epoca tutti i congiuntivi imperfetti fossero ossitoni), i condizionali di v in -rs- dovrebbero essere ossitoni mentre dovrebbero essere piani gli altri condizionali e i perfetti di v p. (questi ultimi con qualche margine d’incertezza vista la singola at-testazione di perf. tronco). e invece tutte le forme in -sse cinquecentesche dovrebbero essere ossitone126. e un’indicazione (ma forse è ipotesi troppo ardita) utile a orientare gli editori nell’incertezza dovuta all’attestazione nel ‘300 di un cong. impf. e un perf. “precocemente” tronchi potrebbe essere ricavata dal fatto che le due occorrenze in questione (fossè e fas-sè) sono foneticamente leggere (bisillabiche) e/o ad alta frequenza (in quanto forme dei verbi essere e fare) e quindi più soggette al mutamento linguistico. Quindi, di fronte a un cong. impf. o un perf. trecentesco che non rispetta queste condizioni (come intendisse) le “quotazioni” di una lettura piana si alzerebbero.

Per quanto riguarda le forme perfettive di iv p. in -ssemo prosodica-mente certe (o quasi), possiamo stilare questa tabella:

124 vedi par. 1.125 una forma perfettiva piana come fesse non diventa *fessè ma fassè.126 con l’eccezione, come si è appena detto, di forme conservative come i condizionali in -resse.

sembra proprio il caso del cond. combateressé (marin negro, La Pace, p. 147), che pertanto va corretto in combaterésse (come il tipo serésse) in opposizione all’allomorfo ossitono *combatessè: in mancanza di prove contrarie si deve presumere che questa forma abbia mantenuto, oltre all’elemento infinitivo -re- del cond. piano trecentesco, anche l’accentazione originaria.

le forme perfettive sigmatiche di i e ii p.p. in area veneta 129

Xiii-Xiv sec. Xv-Xvi sec.Perf. déssemo (padov.)

partìssemo, scrivìssimo, stésemo, fósimo, ordinàsimo, trovàsimo, reçevésimo, désemo, fésemo, fésimo, fésemo-ne127 (ven.)

andiéssimo (pav.)féssemo128, déssimo, servàssimo, tiràssemo (ven.)nassùssen (bell.-trev.)stéssimo (ver.)

cong. impf.

déssimo, movéssimo (ven.) proparossitonerendéssen (bell.)

parossitonefassémo, stassémo (ven.)

cond. proparossitonediréssemo, seréssemo, scriveréssemo, poréssemo, voréssemo, faréssemo, trovaréssemo (padov.)starésemo (terraferma)serésemo, poréssimo (ven.)

parossitonevorrsémo (ven.)

proparossitoneanda[r]éssemo,sente[r]éssemo (ven.)

parossitonesasén, sassén (pav.)sassémo (ven.)

abbiamo tra le forme sdrucciole diversi perfetti (trecenteschi e cin-quecenteschi più uno quattrocentesco), dei congiuntivi imperfetti (due trecenteschi e uno cinquecentesco), e diversi condizionali (trecenteschi più due cinquecenteschi); tra le forme piane, invece, abbiamo un cond. trecen-tesco, tre condizionali cinquecenteschi (vedi nota 121) del verbo ‘essere’ e, molto probabilmente, due congiuntivi imperfetti cinquecenteschi.

ricordiamo che per la casella del cong. impf. del Xiii – Xiv sec., oltre alle attestazioni, c’è un dato di cui non si può non tenere conto: il fatto che il cong. impf. costituisca l’origine del perf. trecentesco sdrucciolo (di cui abbiamo numerose attestazioni) e che l’accentazione del cong. impf. in italiano e dialetto moderno sia ancora sdrucciola suggerisce per il cong. impf. un’accentazione proparossitona anche nel due-trecento. tuttavia non si può escludere la possibilità che i condizionali piani (vorsémo) già a quest’altezza potessero influenzare, come per la ii p.p., l’accentazione dei congiuntivi imperfetti129 e dei perfetti.

da questi dati sembra di scorgere la stessa evoluzione della v p. ma con un maggior grado di conservazione: ci sono meno scambi tra classi morfologiche diverse, forse a causa della presenza nel pavano e bellunese / trevigiano cinquecentesco di desinenze concorrenti (-ssòn, -ssàn) che ostacolano la confusione tra -à/è/ìssemo e -ssémo, condizione alla base dei

127 col piccolo margine di dubbio che possa trattarsi di forme non sigmatiche corrispondenti al tipo ‘fécimo’, con assibilazione della palatale intervocalica; vedi sopra.

128 vedi nota precedente.129 in tal caso la lettura andesémo (La legenda de Santo Stadi, v. 1560) di monteverdi avrebbe un

senso.

andrea cecchinato130

conguagli analogici ipotizzati: si direbbe che perf., cong. impf. e cond. pro-parossitoni da Xiv a Xvi sec. siano rimasti immutati mentre i condizionali in -rsémo siano stati scalzati da altre desinenze (-an, -on) o siano soprav-vissuti marginalmente (nel verbo essere), avvicinandosi al cong. impf. (per gli stessi motivi appena esposti per la ii p.p.) con l’assimilazione di -rs- in -ss- ma mantenendo l’accentazione originaria (sassémo, sassén)130. viceversa questi condizionali piani cinquecenteschi potrebbero essersi estesi, per vicinanza sintattica, al cong. impf. di altri verbi, anch’essi particolarmente “vulnerabili” per frequenza d’uso (ausiliari, verbi modali) e/o scarso peso fonetico come fare, stare (fassémo, stassémo). su queste forme piane di cong. impf. e cond. del Xvi sec. (fassémo, stassémo, sassémo) può aver influito anche l’analogia con la ii p.p. (vedi fassè, sassè)131.

Quindi, gli editori che vogliono rendere esplicita l’accentazione delle forme perfettive sigmatiche di iv p. in -ssemo, nei testi veneti due-trecente-schi dovrebbero adottare l’accento sdrucciolo a eccezione dei condizionali in -rs- (piani); la stessa accentazione sdrucciola dovrebbe essere utilizzata anche per i testi quattro-cinquecenteschi, tranne in quei casi di condizio-nali piani in cui manca la /r/ infinitiva (-rs-> -ss-)132 e in quei congiuntivi imperfetti (bisillabici e/o di uso frequente) a essi assimilati.

andrea cecchinato

130 Quindi la spiegazione alternativa a quella di Prada riportata in precedenza (sassemo< sarissemo) è che, come per i condizionali di v p., anche per la iv p. c’è la forma sdrucciola saréssemo e una variante piana sassémo< dal cond. piano trecentesco sarsémo.

131 la forma podessemo ‘potremmo’ (La Pace, p. 163), alla luce di questo quadro, andrebbe consi-derata piana (podessémo: una variante allomorfa di poderéssemo parallela a podessè di v p.), ma resta il dubbio che possa trattarsi di un cong. impf. sdrucciolo (podéssemo) usato con valore di cond. Quel che è certo è che il contesto («podessemo ben cantar pò: ti anderà col bocalon» ‘avremmo poco da stare allegri: dovresti fare l’elemosina’) consiste in un’apodosi di periodo ipotetico dell’irrealtà. invece il cong. impf. trovassemo (ivi, p. 99) dello stesso testo sarà più probabilmente sdrucciolo.

132 anche tuttle interpreta sassè, sassémo come evoluzione di sarssè, sarssémo, che egli però considera prove del fatto che il cong. impf. originario, sulla cui desinenza si sarebbe formata la coppia perf. / cond., aveva mantenuto l’accento del più che perfetto latino -vissētis, -vissēmus (fossè, fossémo); invece per lo studioso americano il tipo saréssemo si afferma nel Xvi sec. con ritrazione dell’accento per assi-milazione alle altre persone (tuttle, Varietà nel Veneto premoderno, pp. 139-40). i miei dubbi su questa ricostruzione sono più di uno. sul fatto che l’accento -ssè, -ssémo non costituisca la continuazione del più che perfetto latino ho già argomentato al par. 2.2.1. Quindi, se in realtà si tratta di una innovazione morfologica, è più plausibile che essa sia partita non dal cong. impf. ma dal condizionale (un modo che in latino non esisteva e che nei volgari italiani è stato reso con soluzioni diverse, anche all’interno della stessa varietà linguistica) e poi sia passata al cong. impf. (per affinità sintattica) e da qui al perf. (per confusione morfologica). inoltre, alla luce dei dati appena prodotti, non convince l’idea che il tipo saréssemo sia tardo, non solo per l’attestazione trecentesca di poressimo (difficilmente interpretabile come poressìmo): se le altre attestazioni trecentesche fossero piane (es. saressémo) allora nel ’300 alla v p. il verbo saresse ‘sareste’ andrebbe letto saressè e savresse ‘sapreste’ andrebbe letto savressè, forma che dal punto di vista fonetico non si spiega bene come saverssè, come si è visto alla fine del par. 2.3.1.3; e poi se saréssemo si affermasse nel ’500 non sarebbe chiaro perché parallelamente in questa fase non avvenga l’affermazione di sarésse a scapito di sassè ma il contrario. e se nel ’300 tutti i condizionali e il cong. impf. originario avessero desinenza -ssè, -ssémo (con il tipo fósse, fóssemo da considerare un’in-novazione recente), sarebbe difficile spiegare la produttività dei numerosi perfetti trecenteschi sigmatici (che, ricordiamo, derivano dal cong. impf. o, secondo tuttle, dal cond.) con accentazione sicura quali insìsse, désse, déssemo e tutte le forme sdrucciole in -ssimo.

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roberta cella, fenomeni innovativi nel fiorentino trecentesco. la terza persona plurale dei tempi formati con elementi perfettivi

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riccardo gualdo, il “parlar pensato” e la grammatica dei nuovi italiani. spunti di riflessione

neri BinaZZi, la frequente rinuncia al che nel parlato fioren-tino: caratteristiche del fenomeno e spunti di riflessione per la lingua comune

anna-maria de cesare, davide garassino, rocío agar mar-co, ana albom, doriana cimmino, l’italiano come lingua pluricentrica? riflessioni sull’uso delle frasi sintatticamente marcate nella scrittura giornalistica online

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Autorizz. del Trib. di Firenze n. 2149 del 17 giugno 1971Direttore responsabile: Teresa Poggi Salani