Asta A., Cividini T., Groppo V., Millo L., Putzolu C., Nuove testimonianze archeologiche da Noventa...

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8<<< fig. 1. Localizzazione delle aree di indagine.

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Premessa

La sorveglianza sui lavori pubblici viene eserci-tata dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto attraverso gli importanti strumenti di “verifica preliminare dell’interesse” e di assisten-za in corso d’opera, ai sensi del D. Lgs. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) e del D. Lgs. 163/2006 (Codice dei Contratti).

Si analizzano qui di seguito due casi di studio dal territorio di Noventa di Piave (VE) (fig. 1); in particolare, il primo caso si configura in modo vero e proprio come un intervento di emergen-za avviato dalla Soprintendenza a seguito di una segnalazione di ritrovamento di laterizi d’età ro-mana e di materiali presumibilmente più antichi lungo il corso del Canale Cirgognello, il cui alveo è stato oggetto di risezionamento al fine di mi-gliorare la rete scolante delle acque comunali1.

Nel secondo caso, invece, si è operato con tempi e modalità decisamente lontani dall’emer-genza, al seguito di una delle cosiddette “opere strategiche”, ovvero la realizzazione della terza corsia dell’autostrada A4, nel suo tratto da Quar-to d’Altino a San Donà di Piave. La tempistica differente, considerati anche gli studi preliminari svolti nel corso degli anni 2008-2009, ha consen-tito tra il 2010 e il 2011 di documentare alcune interessanti presenze archeologiche d’età roma-na a ridosso della sede autostradale, in una zona coltivata a vigneto, dalla quale, secondo le notizie d’archivio e le ulteriori segnalazioni giunte in So-printendenza, sembrerebbero provenire materia-li probabilmente riconducibili ad un insediamento d’età romana. Considerata la contemporaneità tra i due interventi qui esposti, si è giudicato utile,

inoltre, tentare di incrementare i dati a disposi-zione attraverso specifico studio sulle levate ae-rofotografiche.

L’importanza scientifica delle conoscenze ac-quisite risiede sostanzialmente nella scarsità di dati finora a disposizione per la ricostruzione della storia di questa fascia territoriale, ad oggi decisamente sotto-indagata rispetto, per esem-pio, alla limitrofa zona di Fossalta di Piave, Me-olo e Musile di Piave2. Tuttavia, non si può non ricordare come la visibilità in superficie del record archeologico sia abbondantemente compromes-sa dai potenti depositi alluvionali del fiume Piave. In effetti, ad esclusione delle indagini effettuate dalla Soprintendenza tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 del secolo scorso nell’area archeologica di San Mauro (nel centro di Noven-ta, presso il fiume Piave)3, da poco riprese grazie a finanziamenti privati4, la conoscenza delle dina-miche insediative di questo lembo meridionale dell’agro opitergino si poggiava sui pochi dati dei ritrovamenti di superficie, per altro isolati rispetto alle località ora oggetto di ricerca5.

Gli stessi finanziamenti che hanno consentito la ripresa delle indagini nell’area pluri-stratificata di San Mauro hanno permesso anche di iniziare lo studio dell’importante contesto fluviale, attra-verso una rilettura delle fonti storico-archivisti-che e la ricontestualizzazione dei ritrovamenti di sponda effettuati nel corso degli anni da pescato-ri, appassionati e subacquei sportivi.

Si profila, in tal senso, la possibilità di avviare anche una prima serie di ricognizioni subacquee di tipo scientifico, per verificare, da un lato, l’even-tuale presenza di reperti, relitti e strutture perti-nenti l’antico porto fluviale di Noventa (o meglio:

Nuove testimonianze archeologicheda Noventa di Piave (Venezia)

<<< fig. 1. Localizzazione delle aree di indagine.

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la storia dei porti fluviali di Noventa) e, dall’altro, per iniziare una collaborazione con specifici isti-tuti di ricerca per il monitoraggio delle dinamiche e delle problematiche della sedimentazione nei contesti fluviali di bassa pianura.

L’iniziativa di avviare subito a pubblicazione i dati raccolti viene anche dalla convinzione che gli strumenti di conoscenza del territorio e i suoi “fattori di rischio” debbano essere al più presto messi a disposizione delle amministrazioni locali, in vista della stesura dei Piani di Assetto del Ter-ritorio (PAT) e, auspicabilmente, in vista di uno sviluppo sostenibile (per i beni culturali)6.

Alessandro Asta

1 - Lo scavo del Canale Cirgognello: tracce di frequentazione dall’età del Bronzo all’età romana

Le prime evidenze di frequentazione antropica presso il corso del Canale Cirgognello, nei co-

muni di San Donà e di Noventa di Piave (fig. 1), sono emerse in seguito a segnalazioni relative alla presenza di materiale archeologico presso i lati del canale, e in seguito a successive ricognizioni di superficie; la sorveglianza archeologica durante i lavori di riescavo nel tratto tra il Canale Fossa Antica e il Ponte Sostegno Piva (fig. 2), effettuata tra maggio e ottobre 2011, ha permesso di con-fermare una frequentazione dell’area a partire almeno da una fase avanzata del Bronzo Medio, fino all’epoca romana. I dati rimangono, allo stato attuale, molto parziali, in quanto la documenta-zione delle evidenze si è limitata ad alcune sezio-ni delle sponde del canale e delle trincee per la posa di nuovi scarichi.

La presenza di strutturazioni di sponda de-funzionalizzate da livelli che includono materiali databili tra Bronzo Medio 2 e Bronzo Recente Evoluto, e di rinforzi spondali di epoca romana,

fig. 2. Canale Cirgognello: posizionamento dei saggi lungo le sponde del canale.

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confermano l’antichità del Canale Cirgognello, il cui corso doveva coincidere, almeno nel tratto interessato dai rinvenimenti, con quello attuale7.

Le sponde dell’antico corso d’acqua, presso l’attuale Ponte Bianchi, risultano a tratti struttura-te mediante tagli netti sul substrato, e rinforzate attraverso ipotizzati pali lignei, di cui rimangono le impronte (fig. 3): una sabbia molto compatta (US 28), viene incisa attraverso tagli conformati a gradino (US 31), strutturati con probabili pali lignei squadrati disposti in orizzontale, fermati da paletti verticali con terminazione appuntita (US 36). All’interno dell’alveo si formano depositi ar-gillosi grigiastri (US 47, 51) dai quali provengono un frammento di corno con evidenti segni di li-sciatura (fig. 4, n. 1) e alcuni frammenti ceramici. Al deperimento o alla defunzionalizzazione delle strutture spondali segue la formazione di una se-rie di depositi fluviali (US 25, 24, 50, 22, 23, 20), che sembrano accrescersi anche durante l’età del Ferro, come testimoniano i seppur radi materiali ceramici.

Ad ovest delle strutturazioni spondali (saggi 3, 5, 7, 8, fig. 2), dislocati lungo la sponda destra del canale, sono stati individuati almeno quattro focolari (US 15, 17, 40, 41), privi di vespaio, che si presentano come semplici aree rubefatte con una o più fasi; non sono stati recuperati materiali ceramici in associazione ad essi, che si possono solo genericamente attribuire all’età preromana.

In età romana, all’interno dell’alveo, continuano ad accrescersi depositi argillo-limosi grigi, ricchi di malacofaune e con sporadici frammenti laterizi, come documentato nei saggi dei ponti Bianchi e Piva. In alcuni tratti le sponde vengono rafforza-te mediante limitate stesure di frammenti late-rizi, come attestato ad esempio in entrambe le sponde del canale nel saggio ponte Bianchi (US 35 - fig. 3, e US 59). Una canaletta costruita con frammenti di tegole e mattoni, orientata circa 40°

Est, scaricava all’interno del corso d’acqua all’al-tezza del saggio 1. Strutturazioni molto residuali in frammenti laterizi, posti sia in modo caotico che in embricatura, sono state documentate nei saggi 2 e 9, e interpretate come possibili resti di sottofondazioni, tagliate dall’ampliamento del canale moderno. Infine un’ampia dispersione di frammenti di laterizi romani si collocava in un’a-rea estesa circa 6 m lungo la sponda sinistra del canale (saggio 6). Tali evidenze vanno rapportate con ogni probabilità all’esistenza, nelle vicinan-ze, di uno o più edifici, forse a carattere rurale; questo sembrerebbe confermato anche dai rin-venimenti effettuati nei primi decenni del seco-lo scorso a poche centinaia di metri, in località Mussetta, dove si documenta la presenza di un

fig. 3. Canale Cirgognello: foto della sponda strutturata dell’età del Bronzo (US 31) e di età romana (US 35)

12fig. 4. Canale Cirgognello: i materiali (n. 1 US 47, n. 2 US 23, nn. 3-9 US 22; disegni L. Millo, scala 1:3).

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pozzo e di altri materiali sporadici come laterizi e monete8.

Mentre la presenza dei rinvenimenti di epoca romana appare, quindi, già attestata nella zona, del tutto inaspettate si sono rivelate le evidenze dell’età del Bronzo. Queste indiziano la presenza di un sito prossimale al canale, attivo almeno sin da un periodo compreso tra una fase avanzata del Bronzo Medio e il Bronzo Recente, mentre pochi indicatori ceramici testimoniano una con-tinuità di frequentazione anche nell’età del Ferro; l’insediamento, di cui non è possibile stabilire l’e-stensione e la consistenza senza ulteriori indagini, si imposterebbe su un alto morfologico di origine fluviale, non molto lontano dall’importante diret-trice del Piave e da ipotetici percorsi terrestri9. L’ubicazione risulta in linea con le scelte insedia-tive documentate nella media e bassa pianura veneta orientale a partire soprattutto da una fase avanzata della media età del Bronzo, quan-do si prediligono zone altimetricamente stabili e prossime a corsi d’acqua10. Condizioni ambientali simili dovevano infatti caratterizzare altri siti del basso Piave, poco distanti da quello in questione, attivi nelle fasi Media e Recente dell’età del Bron-zo, come Meolo (località Baratto e Pascolon), Marteggia, S. Donà di Piave (località Formighè), Zenson di Piave, Salgareda, Grassaga, Cittanova11.

Veronica GroppoLuca Millo

I materiali (figg. 4-5)1. Frammento di corno di cervide lavorato e lisciato. Punta con tracce di usura. Lungh. max 19. US 47. IG 356675.2. Frammento di olla con orlo esoverso e spigolo interno, appiattito superiormente e con attacco di cordone ad andamento obliquo. Impasto semifine; superfici lisciate di color beige. H 2,5; largh. 6. US 23. IG 356677.

3. Frammento di scodellone-dolio con orlo arroton-dato, decorato superiormente da tacche subcircolari. Impasto grossolano; superfici sommariamente lisciate di colore da beige a grigio. H 4,5; largh. 5,5. US 22. IG 356685. 4. Frammento di olla ovoidale con orlo appiattito, de-corato superiormente da tacche irregolari. Impasto grossolano; superfici interna ed esterna di colore rosa con evidenti tracce di lisciature orizzontali ed oblique. H 13; largh. 10,5. US 22. IG 356686.5. Frammento di scodellone-dolio subcilindrico con orlo arrotondato, decorato superiormente da tacche. Impasto grossolano; superfici sommariamente lisciate di colore arancio. Stracotto e deformato. H 13; largh. 15,3. US 22. IG 356687.6. Frammenti di boccale con orlo lievemente esover-so, assottigliato e leggermente ispessito, collo tronco-conico e spalla carenata; ansa verticale a nastro im-postata sull’orlo. Impasto semifine; superficie interna lisciata, esterna lucidata, entrambe di colore nero. Ø ric. 12; h 10,5. US 22. IG 356684.7. Frammento di ciotola con orlo assottigliato, appiat-tito obliquamente verso l’interno. Superfici interna ed esterna lisciate. Tracce di lucidatura all’interno. Impa-sto semifine; superficie esterna lisciata, interna lucida-ta, entrambe di colore nero. Ø ric. 15,6; h 3,5. US 22. IG 356683.8. Frammento di parete con ansa verticale a nastro. Impasto grossolano; superfici sommariamente lisciate di colore da grigio ad arancio. H 10; largh. 10. US 22. IG 356689.9. Frammento di parete decorata da cordoni orizzon-tale ed arcuato. Impasto grossolano; superfici somma-riamente lisciate di colore grigio. H 8,5; largh. 10. US 22. IG 356688. 10. Due frammenti ricomponibili di parete decorata con cordone orizzontale e presa a lingua orizzontale con impressione digitale mediana. Impasto grossolano; superfici sommariamente lisciate di colore arancio. H 9; largh. 18,3. US 22. IG 356691. 11. Frammento di olla con orlo appiattito superior-mente, collo troncoconico e spalla decorata con cor-done orizzontale e presa a lingua con profilo arroton-dato. Impasto grossolano; superfici lisciate di colore

14fig. 5. Canale Cirgognello: i materiali (n. 10 US 22, nn. 11-16 sporadici; disegni L. Millo, scala 1:3).

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da rosa a grigio. Ø ric. 25; h 9. Sporadico. IG 356678. 12. Frammento di olla globulare a labbro esoverso con spigolo interno, priva di collo; spalla arrotondata. Impasto grossolano; superfici lisciate di colore grigio. Ø ric. 24; h 5,1. Sporadico. IG 356680. 13. Frammento di scodellone-dolio a labbro diritto, sottolineato da cordone orizzontale a sezione trian-golare. Impasto grossolano; superfici sommariamente lisciate di colore da beige ad arancio. H 8,5; largh. 7,5. Sporadico. IG 356681.14. Frammento di scodellone-dolio a labbro diritto, ingrossato, decorato superiormente a tacche e sotto-lineato da cordone orizzontale a sezione triangolare. Impasto grossolano; superfici sommariamente lisciate di colore rosa. H 6; largh. 7. Sporadico. IG 356682. 15. Parete decorata da due cordoni di cui uno oriz-zontale e uno verticale; presa a lingua a profilo ar-rotondato con impressione digitale mediana. Impasto grossolano; superfici lisciate di colore da rosa a grigio. H 7,5; largh. 10. Sporadico. IG 356679. 16. Frammento di palco segato di cervide. Lungh. 10; largh. 9,7. Sporadico. IG 356676.

Tra i materiali recuperati durante lo scavo ese-guito lungo il Canale Cirgognello, presso il sag-gio Ponte Bianchi e con i rinvenimenti sporadici nell’area circostante ad esso, viene qui presenta-ta una selezione dei reperti tipologicamente più significativi, inquadrabili complessivamente tra una fase avanzata dell’età del Bronzo Medio e il Bronzo Recente Evoluto. I materiali provengono essenzialmente dai depositi interni al canale anti-co: dagli strati più antichi individuati proviene un frammento di corno segato (fig. 4, n. 1) che insie-me ad altri probabili scarti di lavorazione spora-dici (fig. 5, n. 16) testimoniano nell’area l’attività di lavorazione dell’osso-corno12.

Tra i fittili rinvenuti figurano soprattutto fram-menti riferibili a forme tipiche di insediamenti d’abitato come olle, scodelloni e dolii, decorati da serie di tacche incise sull’orlo superiore e/o con cordoni plastici orizzontali, verticali o arcuati,

oltre che da pseudoprese semicircolari.In particolare tra le olle compaiono il tipo a

breve labbro esoverso (fig. 4, n. 2) e quello con labbro più espanso (fig. 5, n. 12), entrambi con spigolo interno, databili rispettivamente nell’inte-ra età del Bronzo Recente e nel solo Bronzo Re-cente Evoluto sulla base di confronti con esem-plari similari provenienti da contesti d’abitato veneti e friulani13.

Sia gli scodelloni-dolii subcilindrici (fig. 4, nn. 3, 5), sia le olle ovoidali (fig. 4, n. 4) con orli decorati superiormente a tacche e sottolineati o meno da cordoni orizzontali (fig. 5, n. 14), sembrano invece già diffusi nei contesti geografici citati da una fase avanzata del Bronzo Medio (Bronzo Medio 2) e durante tutto il Bronzo Recente14.

Il dolio n. 13 (fig. 5) si confronta in particolare con esemplari dal Monte Calvarina (VI), da Lie-dolo (TV) e Rividischia (UD) complessivamente inquadrabili nel medesimo arco cronologico15.

Olle simili alla n. 11 (fig. 5), ma prive di deco-razioni, sono invece diffuse tra Bronzo Medio e Recente a Castions di Strada (UD) e Rividischia (UD). La presa a linguetta del nostro esemplare, così come quelle semicircolari con digitazione mediana (fig. 5, nn. 10, 15), trovano confronti par-ticolarmente significativi in area veneziana (Alti-no e Campalto), trevigiana (Cornuda, Montello e Castello di Godego) e friulana (Rividischia, Bannia e Castelliere degli Elleri)16.

Il boccale n. 6 (fig. 4) risulta assimilabile ad esemplari ritrovati in zona friulana e carsico-istriana, inquadrabili cronologicamente nel Bron-zo Recente e Recente Evoluto17.

La ciotola n. 7 e l’ansa verticale a nastro n. 8 (fig. 4) sono invece di tipologie piuttosto comuni tra Bronzo Medio e Recente in ambito abitativo veneto-friulano18, così come le pareti decorate con cordoni a reticoli (fig. 5, n. 15) orizzontali e ad andamento arcuato (fig. 4, n. 9)19.

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Complessivamente i materiali presentati sem-brano quindi inquadrabili cronologicamente tra il Bronzo medio 2 e il Bronzo recente evoluto; dal punto di vista culturale, pur nel limitato campio-ne delle tipologie ceramiche analizzate, si rilevano forti analogie con materiali dell’area veneta, so-prattutto trevigiana, e marcate influenze prove-nienti dalla zona friulana.

Veronica GroppoLuca Millo

2 - Le indagini archeologiche lungo il tracciato della terza corsia dell’autostrada A4

2.1 - Le indagini preliminari

Nell’ambito della verifica preventiva dell’inte-resse archeologico attuata, su commissione di Autovie Venete S.p.A, per la realizzazione della terza corsia dell’Autostrada A4 (Lotto Quarto d’Altino - S. Donà di Piave), si è proceduto all’ef-fettuazione di una serie di sondaggi come da pre-scrizioni della Soprintendenza per i Beni Arche-ologici del Veneto a seguito delle risultanze dello studio bibliografico-archivistico e delle successive ricognizioni di superficie.

Nell’autunno del 2009 sono state condotte indagini nel territorio di Meolo e di Roncade, presso siti noti da ricerca bibliografica20, e nei siti di Fossalta di Piave e Noventa di Piave (rispettiva-mente a nord e a sud dell’autostrada), individua-ti con ricognizioni di superficie nella primavera del 2008. Le indagini nei siti di Meolo e Ronca-de, attuate mediante trincee aperte con mezzo meccanico, non hanno evidenziato emergenze di interesse archeologico.

Diversa è apparsa la situazione per gli insedia-menti di Fossalta e Noventa, entrambi ricadenti su vigneti, dove si è rilevata l’esistenza di depositi

archeologici databili ad età augustea-altoimperia-le: nel primo caso, i resti, verosimilmente riferi-bili a strutture abitative, apparivano già comple-tamente sconvolti da interventi di bonifica e da una serie di canalizzazioni attuate dai proprietari dell’appezzamento alla fine del Novecento.

Nel caso di Noventa le verifiche hanno por-tato all’individuazione di un esteso ambito antro-pizzato, sottoposto in epoca moderna a bonifica, con butti di materiale romano mescolati a manu-fatti recenti, cui hanno fatto seguito interventi di livellamento, con riporto di uno strato di terreno di spessore oscillante tra 50 e 60 cm, in funzione dell’impianto del vigneto. Nell’area più occidenta-le dell’appezzamento, una trincea scavata per una lunghezza di quasi 30 m, a circa 20 m dall’attuale tracciato autostradale, ha consentito di mettere parzialmente in luce un piano orizzontale in con-cotto ancora in situ, per il quale gli elementi a disposizione per un’ipotesi interpretativa paiono per ora insufficienti.

Tiziana CividiniCristiano Putzolu

2.2 - Le evidenze archeologiche Tra l’estate 2010 e l’inverno 2011 una serie

di sondaggi, programmati in fasi successive con progressivi ampliamenti, sono stati effettuati tra la stradina sterrata parallela alla A4 e il limite meridionale del sedime occupato per la terza corsia (fig. 6). Nel settore centro occidentale del vigneto, cinque trincee aperte con orientamento est-ovest, pur non intercettando resti strutturali, hanno permesso di ricostruire l’esistenza di un complesso residenziale di discreto livello, come indiziato dal rinvenimento, in giacitura secondaria, di frammenti di intonaco di colore rosso pom-peiano, tessere musive erratiche di varie misure, mattonelle fittili per pavimento e vasellame fine

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da mensa. Nel settore centrale dell’appezzamen-to, l’apertura del Saggio 1, con una superficie ini-ziale di quasi 140 mq21, ha permesso di mettere in luce una struttura in laterizi con andamento Nord-Sud (USM 12); l’evidenza è stata interpre-tata come condotta idrica di epoca romana.

Una trincea (Trincea 1) realizzata a setten-trione dell’Autostrada stessa, nella zona in cui si supponeva potesse proseguire la struttura, dopo averne ipoteticamente calcolato l’andamento sul-la base delle evidenze scavate, non ha portato a positivi riscontri22.

A sud dell’arteria viaria, la condotta, inizialmen-te scavata solo per i primi tre corsi in mattoni se-squipedali, di cui alcuni manubriati ed altri bugnati nel filare superiore, risultava coperta in due punti da moderni tubi in plastica per il drenaggio, po-sizionati parallelamente al tracciato autostradale. Essa appariva completamente scassata nella sua estremità settentrionale dalla buca US-22, di pro-filo concavo, ben visibile nella parete nord a ri-dosso della recinzione autostradale. La buca, solo parzialmente svuotata, risultava riempita da terre-no di matrice argillosa, ricco di frammenti laterizi e ceramici (ceramica comune grezza, depurata, terra sigillata e anfore) e di elementi costitutivi della stessa USM 12 (US 23). Il riempimento, a sua volta, era coperto da uno strato incoerente di frammenti fittili (US 25), verosimilmente frutto della bonifica dell’area per una sua sistemazione in vista dell’impianto del vigneto.

La struttura USM 12 risultava inoltre parzial-mente scassata da due buche irregolari, localiz-zate rispettivamente nella sua porzione centrale (US-17) e meridionale (US-15). La pulizia della buca US-15, fatta allo scopo di evidenziare la se-zione della struttura, verificandone le caratteristi-che e le dimensioni, ha portato allo svuotamen-to del riempimento del suo condotto interno, contraddistinto da terreno di colore grigiastro e matrice limosa, con sporadica presenza di frustoli ceramici non diagnostici di dimensioni millimetri-che (pareti sottili, ceramica depurata) e rari fram-menti vitrei (US 26).

Grazie a questo intervento è stato possibile appurare che sotto i tre corsi di mattoni, disposti a guisa di piramide - il primo corso di laterizi ad una quota oscillante tra 0,96 e 0,92 m dal p.c., il terzo tra 1,13 e 1,07 m dal p.c., l’USM 12 era co-stituita da 11 filari di tegole, o frammenti di esse, sovrapposti: erano posizionati orizzontalmente, con le spallette verso l’interno del condotto, a

fig. 6. Planimetria dell’area oggetto delle indagini e rilievo della struttura USM 12 (rilievo di Cristiano Putzolu).

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formare uno spazio di circa 30 cm di larghez-za per un’altezza di circa 75 cm. A tale misura si devono aggiungere altri 15 cm di intercapedine formata dalla sovrapposizione a scalare dei tre corsi di mattoni, per un totale di circa 90 cm.

Sul fondo era collocata una tegola disposta orizzontalmente (fig. 7). Negli interstizi tra una tegola e l’altra era stata utilizzata l’argilla cruda, mentre non si è osservato alcun tipo di rivesti-mento sulle pareti della cavità formata all’interno della struttura, né tracce riconducibili al passaggio di liquidi organici e non.

Sempre in ottemperanza alle prescrizioni della Soprintendenza, nell’aprile 2011, a fronte di nuovi e recenti sterri per la messa in posa di condut-ture da parte delle aziende municipalizzate, l’area di indagine è stata ulteriormente allargata verso meridione.

La nuova trincea ha permesso di rilevare che la struttura, di cui si è messo in luce un lembo della lunghezza di poco meno di 1 m, è stata tagliata da una grande fossa (US-4/saggio 2). Di tale fossa è stato possibile rilevare il profilo lungo il segmen-to centro-settentrionale della trincea, sulle sezio-ni nord, est, ovest e parzialmente sul fondo della trincea stessa. Non sembra di poter collegare la presenza della fossa alla messa in posa della fo-gnatura moderna, che doveva correre più a nord.

Va inoltre annotato che nella sezione sud del-

la trincea non vi sono evidenze archeologiche in situ, né sono visibili tracce di interventi antropici riconducibili ad azioni di scasso o di spoliazione di USM12; lo strato di riporto non è intaccato e non sono presenti strati di laterizi esito di bo-nifiche. Le nuove verifiche hanno permesso di leggere chiaramente il taglio della fossa di fon-dazione della conduttura, US-6, dall’andamento pressochè verticale, riconoscibile lungo le estre-mità esterne delle tegole e dei mattoni – questi ultimi in numero inferiore –, impiegati per la rea-lizzazione del canale interno (fig. 7).

Ben visibile appare inoltre il riempimento della canaletta, la cui porzione superiore viene ricolle-gata con buona probabilità alla sua defunzionaliz-zazione ed è caratterizzata da terreno di matrice limo-argillosa (US 7) con modesta presenza di inclusi fittili centimetrici databili tra la fine del I a.C. e il I secolo d.C. Si tratta di frammenti tipo-logicamente non diagnostici di pareti di vasella-me fine da mensa, soprattutto ceramica a pareti sottili e qualche raro frammento di terra sigillata norditalica. Al di sotto si osserva uno strato di terreno della stessa matrice, ma di colore grigia-stro e contraddistinto dalla sostanziale assenza di inclusi. Tale strato, riconosciuto in sezione, è stato scavato unicamente nella porzione di canaletta scassata da US 15.

L’osservazione delle quote sul corso superiore della struttura USM 12 ha permesso di rilevare che non vi sono sostanziali differenze tra il punto più a nord e quello più a meridione della condut-tura. Risolutivo sarebbe stato confrontare diversi punti del fondo, ma ciò non è stato ovviamente possibile.

Al termine delle indagini si è proceduto alla copertura dell’evidenza con tessuto-non tessuto e sabbia.

Tiziana CividiniCristiano Putzolu

fig. 7. Sezione della conduttura USM 12.

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2.3 - Prime osservazioni

Questo tipo di struttura (fig. 8) trova confronti con analoghe evidenze messe in luce, ad esempio, nel sito di Millepertiche di Musile di Piave, nell’a-gro altinate, a sud della via Annia23, dove nell’am-bito di un complesso edilizio sorto nel I secolo d.C. su un precedente luogo di culto24, vennero scavati ben tre pozzi25, tre vasche in laterizi “con interruzioni su tre pareti per col-legamenti con altri dispositivi” e alcune condutture idriche26. De-gno di nota il fatto che il piano delle vasche, in mattoni interi, fosse “pressoché a livello” della base di una delle canalette.

Per queste strutture, la tecni-ca di costruzione appare molto simile a quella utilizzata a Noven-ta, con impiego di tegole fram-mentate e posizionate con le spallette a formare un condotto interno; altrettanto simile è l’uso di mattoni bugnati o manubriati nella parte sommitale e l’assenza di leganti o rivestimenti imper-meabilizzanti sulle pareti interne. Doveva invece essere minore la portata d’acqua delle conduttu-re di Musile, visto che il numero di tegole messe in posa, stando ai disegni tratteggiati durante lo scavo27 e alla ricostruzione nell’allestimento espositivo, era circa la metà di quello rilevato a Noventa. Lo scavo in areale del sito di Millepertiche consentì di rilevare che almeno una delle canalette scaricava a nord-ovest

in una fossa connotata dalla presenza di limo28: non doveva trattarsi di una fognatura, a giudicare dal terreno filtrato e dall’argilla depurata al suo interno. Il complesso, impostato sul collegamento tra vasche interrate e altre strutture, venne con-siderato funzionale a qualche tipo di lavorazione agricola: in particolare si ipotizzò inizialmente,

fig. 8. Immagine della struttura rinvenuta a Noventa.

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anche alla luce di alcuni rinvenimenti pertinenti alla cultura materiale, che nel sito si praticasse la viticoltura e che le strutture individuate fossero adibite alla conservazione del mosto e alla spre-mitura dell’uva29. Rispetto alla teoria iniziale, nuo-ve ipotesi vennero in seguito proposte a fronte dell’osservazione e dello studio dei numerosi mortai di grandi dimensioni in trachite recupe-rati nell’insediamento30. Essi sembrano costituire una peculiarità dell’area tra Sile e Piave: dovevano essere utilizzati, interrati, per la lavorazione dei cereali mediante l’impiego di folloni che sarebbe-ro stati azionati dalla forza meccanica prodotta dall’acqua, sulla base di riscontri con meccanismi di pulitura del riso in uso nelle Valli Veronesi fino al Seicento.

Tornando alla struttura di Noventa di Piave, si è ugualmente portati a ricostruire un’attività di gestione e controllo dell’elemento idrico in funzione di un’attività produttiva all’interno di un complesso edilizio di livello medio, forse una grande fattoria piuttosto che una villa rustica, do-tata di impianti artigianali/produttivi. Il deposito archeologico scavato fino ad oggi non ha però restituito mortai simili a quelli di Musile.

Nel nostro caso, pare che questa attività ne-cessitasse di significativi quantitativi idrici, come si evince dalla portata della conduttura stessa, di cui non si conosce peraltro l’effettiva lunghezza. Tra le lavorazioni che abbisognavano di notevoli quantità di acqua, sembra suggestivo, seppure in assenza di dati probanti, prendere in considera-zione, anche a fronte della vicinanza ad Altino, quella relativa al trattamento della lana nelle sue fasi iniziali, quali la pulizia e il lavaggio31. Il pro-sieguo dello scavo in areale permetterebbe di comprendere meglio la natura del sito a ridosso dell’A4, contribuendo forse anche ad una rilettu-ra di evidenze analoghe.

Nuove indagini consentirebbero inoltre di

interpretare la funzione del piano in concotto solo intravisto nella trincea aperta lungo il limi-te sudoccidentale dell’area espropriata da Auto-vie Venete S.p.A. e, dato non meno importante, renderebbero possibile la verifica dell’effettiva presenza di una fornace in loco o nelle imme-diate vicinanze, attualmente solo indiziata grazie all’osservazione di grumi di argilla concotta e ru-befatta durante le ricognizioni. In forma indiretta, anche il cospicuo quantitativo di laterizi utilizzati per la costruzione della conduttura e dispersi in tutta l’area indurrebbe ad avvalorare tale ipotesi, fornendo nel contempo una ulteriore e possibile chiave interpretativa per la presenza della con-dotta idrica.

Quanto alla cronologia, la presenza di mate-riali databili tra gli ultimi decenni del I a.C. e il I d.C. portano a ricostruire l’occupazione del sito in tale orizzonte temporale, anche se la zona do-veva già essere stata frequentata in epoca pre-cedente, come attestano sporadici frammenti ceramici genericamente riferibili alla fase finale dell’età del ferro (fig. 9).

Tiziana Cividini

fig. 9. Frammenti di pareti datate all’età del ferro.

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2.4 - I materiali

I reperti del periodo romano provengono da strati di sistemazione di epoca moderna (soprat-tutto buche, come l’US-22, e bonifiche, di cui la più estesa appare l’US9) e da ricognizioni di su-perficie. Informazioni utili a tratteggiare, sia pure a grandi linee, le caratteristiche dell’insediamento giungono da frammenti centimetrici di intonaco monocromo rosso e grigio, tessere musive lapi-dee di diverse misure, tubuli e mattonelle fittili pavimentali di forma quadrata e rettangolare.

Per quanto attiene alla cultura materiale del complesso, si rileva una modesta quantità di va-sellame fine da mensa: la terra sigillata, di quali-tà piuttosto scadente, presenta vernice diluita e spesso solo labilmente conservata. Da un esame sommario, i pochi frammenti diagnostici rimanda-no a forme di epoca tardoaugustea e altoimpe-riale pertinenti alla produzione liscia: si tratta di piatti, tra cui un esemplare di produzione padana tipo Conspectus 21 (fig. 10, n. 1), e coppette, ben attestata la forma Ritterling 9, var. Conspectus 27, inquadrabili tra la fine del I a.C. e la fine del I d.C.- inizi II secolo.

Due sono i frammenti di pareti non diagnosti-che di ceramica a vernice nera, con rivestimento opaco e poco coprente; l’impasto, polveroso al tatto, rimanda ad ateliers norditalici.

Limitato appare il gruppo dei contenitori di ceramica a pareti sottili, rappresentato soprattut-to da bicchieri e coppette carenate, il cui stato estremamente frammentario rende talvolta in-certa l’attribuzione a forme specifiche (fig. 10, n. 2). È documentato il tipo Marabini III-Ricci 1/7 (fig. 10, n. 3), che sembra scomparire all’inizio dell’età augustea32 e rappresenta una delle forme più antiche attestate nel sito, insieme alla cera-mica ad impasto grigio, di cui sono stati rinve-nuti alcuni frammenti riferibili a coppe con orlo

ispessito, margine arrotondato e piede ad anello. I contenitori di Noventa denotano una cottura piuttosto sommaria, in ambiente non perfetta-mente riducente33.

La classe meglio rappresentata è quella della ceramica comune grezza, attestata nelle forme consuete dell’età augustea e del periodo altoim-periale34. In particolare, risultano numerosi i fram-menti afferenti a ciotole-coperchio e a coperchi, sia con presa/piede piatta che con presa/piede ad anello (fig. 10, n. 4). Significativi risultano anche i frammenti ascrivibili ad olle con orlo modanato, diffuse come noto in tutta l’Italia settentrionale35 e in Istria36. Un esame autoptico del loro impasto, caratterizzato da una colorazione arancione e da inclusi calcarei, quarzitici e micacei di dimensio-ni omogenee, porta, sia pure con prudenza, ad ascrivere un discreto numero di materiali ad uno stesso impianto produttivo; analisi archeometri-che potrebbero confermare tale ipotesi. Sempre a proposito del vasellame comune da cucina, si segnala un frammento di parete con spalla de-corata da motivi rettangolari realizzati a rotella

fig. 10. Materiali ceramici (scala 1:3, dis. T. Cividini).

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disposti su file oblique37, piuttosto frequente in contesti di inizi II d.C. (fig. 10, n. 5). Sono stati riconosciuti alcuni pezzi riferibili ad un tegame in ceramica a rivestimento rosso interno riconduci-bile alla forma Goudineau 28/30 (fig. 10, n. 6): si tratta di manufatti solitamente presenti in livelli di età augusteo-tiberiana38, per i quali non è esclusa una produzione in ambito padano.

Relativamente alla ceramica con impasto più depurato, sembrano prevalere le forme chiuse monoansate, quali olpi, brocche e bottiglie, con impasti di colore arancione rosato, dalla granulo-metria molto fine e dalla frattura regolare, atte-stati in Italia settentrionale tra la prima età augu-stea e il II secolo39. È documentata la presenza di Firmalampen Loeschcke tipo X: le ridotte dimen-

sioni dei frammenti – prevalentemente spalle su cui si impostano le caratteristiche borchiette – non consentono un’attribuzione precisa, tuttavia la fattura accurata delle lucerne porta a collocar-le in epoca altoimperiale.

Un alto orlo di anfora tipo Dressel 6 B, poco distinto dal collo, testimonia la presenza di con-tenitori oleari, datati in questa variante40 ai primi decenni del I d.C.; allo stesso tipo rimanda un fondo a bottone di piccole dimensioni. I reperti in metallo sono scarsi e non rivestono particolare interesse; modesta e non inquadrabile dal punto di vista cronotipologico si rivela anche la produ-zione in vetro.

Tiziana Cividini

Riassunto

Si analizzano qui di seguito due casi di studio dal territorio di Noventa di Piave (VE): la scoperta di materiali d’età preromana e romana lungo il corso del Canale Cirgognello e la scoperta di una condotta di scolo idrico sempre d’età romana. L’importanza scientifica delle conoscenze acquisite risiede soprattutto nella scarsità di dati finora a disposizione per la ricostruzione della storia di questa fascia territoriale, decisamente sotto-indagata rispetto, per esempio, alla limitrofa zona di Fossalta di Piave, Meolo e Musile di Piave. L’iniziativa di avviare subito a pubblicazione i dati raccolti viene anche dalla convinzione che gli strumenti di conoscenza del territorio e i suoi “fattori di rischio” debbano essere al più presto messi a disposizione delle amministrazioni locali, in vista della stesura dei Piani di Assetto del Territorio (PAT) e, auspicabilmente, in vista di uno sviluppo sostenibile (per i beni culturali).

Note

1 Si ringrazia il geometra Umberto Basso per la costante e preziosa opera di collaborazione. Si ringrazia, inoltre, il Consorzio di Bonifica del Veneto Orientale per la disponibilità dimostrata nei confronti dei professionisti coinvolti nelle operazioni di assistenza archeologica.

2 Cfr. PETTENÒ, D’ISEP 2005, pp. 172-173.3 Cfr. TOMBOLANI 1980; TOMBOLANI 1985.4 La recente collaborazione tra Soprintendenza e Outlet BMG Noventa ha inoltre permesso la realizzazione del Centro

Espositivo Multimediale dell’Archeologia (con sede presso l’Outlet stesso).5 Carta Archeologica del Veneto, IV, pp. 90-91.6 Si ringrazia Francesco Cozza, già funzionario di zona, e il comitato scientifico di Archeologia Veneta per lo spazio

concesso a queste note preliminari; si ringrazia, infine, la ditta Diego Malvestio & C. s.n.c. per il contributo al disegno dei reperti notevoli provenienti dallo scavo del Canale Cirgognello.

7 Nel Foglio 2 (centro) della Carta Geomorfologica della Provincia di Venezia il tracciato del canale Cirgognello viene

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segnato in verde, ossia come “traccia di idrografia antica desunta dall’analisi cartografica”: BONDESAN, MENEGHEL 2004.8 CAV IV 1991, sito n. 83, p. 98.9 BONDESAN, MENEGHEL 2004, p. 250.10 BIANCHIN CITTON 1994.11 SALERNO 2002, tabella A e p. 45, con bibliografia specifica.12 Per utensili simili al n. 1 in contesti cronologici analoghi si veda ad esempio: SALZANI 1999, p. 211, tav. 1, n. 4 e SAL-

ZANI 2010, p. 80, fig. 6, n. 6. In particolare sulle tracce di usura e di lavorazione del corno si vedano: BELLATO, BELLINTANI 1975; PROVENZANO 1996-1997.

13 N. 2 assimilabile al tipo: CAPOFERRI 1988, olle tipo OOV3, tav. LVII, nn 10-13. I confronti più significativi sono con esemplari, privi però di cordone, da Castello di Godego (TV): BIANCHIN CITTON, GARBIN 1989, p. 240, fig. 20, n. 9. Da Montebello Vicentino (VI): BAGOLAN, LEONARDI 1998, fig. 4, n. 5. Da Verona: SALZANI 2009, p. 88, fig. 4, nn. 1, 7. Dal Castelliere degli Elleri (TS): LONZA 1981, tav. 17, n. 3. N. 12: assimilabile ai tipi: CAPOFERRI 1988, olle tipo OOV2, tav. LVII, nn. 6-8; MARCHESAN 1985, tipo 82, p. 101, fig. 8.

14 A titolo esemplificativo si vedano: per i nn. 3, 5: da Liedolo (TV): FONTANA 1994, tipo 94, fig. 20, n. 3. Da Cornuda (TV): BIANCHIN CITTON, GILLI 1998, fig. 7, n. 54. Da Gazzo Veronese (VR) SALZANI, FREDELLA 2004, tav. 8, n. 8. Da Rividischia (UD): LAMBERTINI 2006, fig. 8, n. 41; LAMBERTINI, TASCA 2006, fig. 15, n. 67. Un confronto anche da Lava-gnone (BS): SIDOLI 2007, fig. 31, n. 142. Per l’olla n. 4: da Liedolo (TV): FONTANA 1994, tipo 107 variante A, fig. 9, n. 6. Da Gazzo Veronese e Giarella (VR): SALZANI, FREDELLA 2004, tav. 12, n. 1, p. 129, nota 9. Da Monte Crocetta di Arcugnano (VI): Storia di Vicenza 1987, fig. 85, n. 3. Dal Castelliere degli Elleri (TS): LONZA 1981, tav. 5, n. 2. Un confronto anche da Lavagnone (BS): PERINI 1981, tav. 13, nn. 11-12, tav. 15, nn. 13, 14. Per il n. 14: Liedolo (TV): FONTANA 1994, tipo 104 variante B, fig. 23, n. 12. Da Nogarola (VR): SALZANI, CHELIDONIO 1992, p. 85, fig. 20, n. 3. Da Olmo di Nogara (VR): SALZANI 2005, tav. LVIII, n. 13. Da Lavagno (VR): MANCASSOLA et Alii 2000, fig. 4, n. 5. Da Palù (VR) SALZANI 1987, fig. 41, n. 4. Da S. Mauro di Saline (VR): SALZANI 2008, fig. 4,4 Un confronto anche da S. Rosa di Poviglio (RE): BERNABÒ BREA ET ALII 1989, fig. 40, n. 10.

15 Da Liedolo (TV): FONTANA 1994, tipo 94, fig. 20, n. 3. Da Monte Calvarina (VI): LEONARDI 1973, tav. 8, n. 7. Assi-milabile da Rividischia (UD): LAMBERTINI, TASCA 2006, fig. 14, n. 47; LAMBERTINI 2006, fig. 8, n. 41. Assimilabile al tipo: CAPOFERRI 1988, olle tipo OBT1, tav. LVIII, n. 6.

16 Per l’olla da Rividischia (UD): LAMBERTINI, TASCA 2006, fig. 14, n. 51.1. Da Castions di Strada (UD): Preistoria del Caput Adriae 1983, p. 79, tav. 14, n. 2. Presa dell’olla n. 11: per il tipo: MARCHESAN 1985, tipo 36, p. 89, fig. 5. FONTANA 1994, tipi tipo 172-172A, fig. 22, n. 2. Da Cornuda (TV): BIANCHIN CITTON, GILLI 1998, p. 104, fig. 9, n. 74; BIANCHIN CITTON 1989, p. 303, fig. 11, n. 4. Montello (TV): BIANCHIN CITTON 1989, p. 317, fig. 26, n. 9 Da Castello di Godego (TV): VALERY, MARCHETTI 1979, p. 45, n. 48. Per la presa n. 15: per il tipo: Preistoria del Caput Adriae 1983, tipo 121, p. 93, tav. 18, n. 121. Da Campalto (VE): MALIZIA 1985, p. 137, fig. 9, n. 61. Da Cornuda (TV): BIANCHIN CITTON, GILLI 1998, p. 104, fig. 9, n. 77). Volpago del Montello (TV): BIANCHIN CITTON 1989, p. 304, fig. 12, n. 7. Da Rividischia (UD): TASCA 1999, tav. 11, n. 7. Bannia (PN): TASCA 2005, tav. 9, nn. 8-9. Altri confronti due anche: da Padova: Padova Preromana 1976, tav. 14A, n. 2. Da Legnago (VR): FASANI, SALZANI 1975, p. 272, tav. 8, n. 24. Presa n. 10: per il tipo: Preistoria del Caput Adriae 1983, tipo 121, p. 93, tav. 18, n. 121. Da Altino (VE): MALIZIA 1985, p. 131, fig. 5, n. 26. Da Campalto (VE): MALIZIA 1985, p. 137, fig. 9, n. 57. Da Castello di Godego (TV): VALERY, MARCHETTI 1979, p. 50, nn. 81, 82. Dal Castelliere degli Elleri (TS): LONZA 1981, tav. 11, n. 6. Da Rividischia (UD): TASCA 1999, tav. 11, n. 8.

17 Assimilabili: da Rividischia (UD): LAMBERTINI, TASCA 2006, fig. 22, n. 127; LAMBERTINI 2006, fig. 7, n. 27. In area Carsico - Istriana: Preistoria del Caput Adriae 1983, tav. 18, n. 65, tav. 25B, n. 5, tav. 27A, n. 4.

18 Ciotola n. 7 assimilabile al tipo: CAPOFERRI 1988, tipo SCS1a, tav. 59, n. 5. Da Liedolo (TV): FONTANA 1994, tipo 9, fig. 22, n. 2 Da Sesto al Reghèna (PN): BOTTI 2006, fig. 4, n. 25. Per l’ansa n. 8, confronti particolarmente significativi da Cittanova (VE): SALVATORI 1989, fig. 12, n. 7. Da Cornuda (TV): BIANCHIN CITTON, GILLI 1998, fig. 9, n. 69. Da Mon-tebelluna (TV): BIANCHIN CITTON 1989, fig. 17,5. Da Castello di Godego (TV): VALERY, MARCHETTI 1979, p. 45, n. 48; BIANCHIN CITTON 1989, fig. 32,13, p. 247. Da Rividischia (UD): LAMBERTINI, TASCA 2006, fig. 23, n. 148. Da Sesto al

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Reghèna (PN): BOTTI 2006, fig. 12, n. 96.19 Per il n. 15: per il tipo: MARCHESAN 1985, tipo 54, p. 93, fig. 6. FONTANA 1994, assimilabile al tipo 188, fig. 24, n. 2.

Da Castello di Godego (TV): BIANCHIN CITTON, GARBIN 1989, p. 234, fig. 19, n. 4, p. 241, fig. 26, n. 13. Da Cornuda (TV): BIANCHIN CITTON, GILLI 1998, p. 99, fig. 5, nn. 35-36, p. 100, fig. 6, n. 38. Da Vidor (TV): BIANCHIN CITTON 1989, p. 294, fig. 2, n. 5. Dal Montello (TV): BIANCHIN CITTON 1989, p. 317, fig. 26, n. 10. Da Conegliano (TV): LEONARDI 1978, fig. 7, n. 1. Da Farra di Soligo (TV): Porchèra 1987, p. 27, nn. 86, 87. Per il n. 9: Da Montebelluna (TV): BIANCHIN CITTON 1989, p. 310, fig. 18, n. 3. Dal Monte Mandarosa (VI): LEONARDI 1973, tav. 72, n. 10.

20 Si tratta dei siti: Me01- Loc. I Forni, insediamento di età romana (cfr. Geomorfologia della provincia, TV123, p. 437; CRO-CE DA VILLA 1991, p. 22; CAV IV, n. 186, p. 59). Me02 - Loc. Ca’ Corner, Castelletto, insediamento di età rinascimentale (cfr. FAVERO, BARNABÒ 1991, p. 40). Me03- Loc. I Forni, insediamento di età romana (cfr. Geomorfologia della provincia, 124, p. 437; CROCE DA VILLA 1991, p. 22; CAV IV, TV185, p. 59). Ro01- Loc. Musestre, segmento della via Claudia Augusta (cfr. Geomorfologia della provincia, p. 439, TV198; CAV IV, 164, p. 56 con bibliografia). Ro02- Loc. San Cipriano, insediamento con necropoli di età romana (cfr. Geomorfologia della provincia, TV202, p. 439; CAV IV, pp. 56-57 con bibliografia).

21 La superficie aveva un perimetro di 17 x 8 m circa.22 Su indicazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto si è provveduto ad una sistematica ricogni-

zione del corpus di foto aeree presenti negli uffici dell’Aerofototeca Regionale della Regione Veneto (Volo Reven Venezia-Treviso 1983 fotogrammi 9_3853 e 9_3854). Poco più a nord della Trincea 1 è visibile, in una serie, una traccia scura di forma irregolare per la quale non siamo in grado di proporre alcuna valutazione. Lo studio della documentazione aerofo-tografica ha inoltre portato al riconoscimento di una traccia rettilinea divisa in due segmenti di diverso orientamento nel settore orientale del terreno indagato, inizialmente non riconducibili ad alcun intervento moderno riportato sulla Carta Tecnica Regionale. Dal confronto con quanto noto sulla ripartizione centuriale opitergina, sembrava di poter escludere l’i-dentificazione di tali tracce con i relativi limiti ed era stato pertanto ipotizzato di leggerle come segmenti di viabilità minore. Da una ulteriore analisi della cartografia digitale fornita dalla committenza si è però potuto definitivamente identificare la traccia con un oleodotto, probabilmente successivo alla stesura della CTR.

23 Cfr. CROCE DA VILLA 2005, pp. 233-245; DI FILIPPO BALESTRAZZI 2004, pp. 4-5; CROCE DA VILLA 1996, pp. 81-84 e fig. 2. Il deposito archeologico, scavato tra il 1990 e il 1993, è stato oggetto di una tesi di specializzazione da parte della dott.ssa L. D’Isep nell’a.a. 2005-2006 presso l’Università degli studi di Trieste. Cfr. D’ISEP 2006.

24 Di tale luogo sacro non vennero trovati resti strutturali, ma non è escluso che esso fosse stato connotato unicamente dalla presenza di acqua sorgiva e di una ricca vegetazione. Cfr. CROCE DA VILLA 2005, p. 237. Secondo L. Capuis, tuttavia, non vi sarebbero elementi sufficienti per ricostruire la presenza di un’area sacrale. Cfr. CAPUIS 1998, p. 118, nota 19. Dello stesso parere la D’Isep, che propende per l’esistenza di un luogo di culto domestico. Cfr. D’ISEP 2006, p. 176.

25 Come noto, in uno dei pozzi venne recuperato il disco votivo in bronzo raffigurante la dea Reitia.26 Alcuni segmenti delle condutture sono attualmente esposti presso il Centro di documentazione storico-etnografico

del Veneto Orientale “G. Pavanello” di Marteggia.27 Si ringrazia per la disponibilità il dott. Mario Davanzo del Centro Pavanello e la dott.ssa Laura D’Isep.28 Cfr. CROCE DA VILLA 1996, p. 81. Pare interessante ricordare inoltre che accanto ad una canaletta vi era anche un

pozzo. 29 Cfr. DI FILIPPO BALESTRAZZI 2004, p. 5.30 Cfr. D’ISEP 2006, maxime p. 171.31 Spunti interessanti in tal senso sono emersi nel contributo presentato da C. D’Incà nel corso del recente convegno

“La lana nella Cisalpina romana. Economia e società”, tenutosi a Padova nel maggio 2011 (c.s.). A proposito delle prime fasi di lavorazione della lana, la studiosa distingue, sulla base delle fonti storiche e della documentazione tradizionale, tra il lavaggio delle pecore a vivo, senza particolari accorgimenti e strutture, e il lavaggio della lana dopo la tosatura, con impiego di acqua calda e detergenti a base alcalina, più frequente nelle manifatture organizzate. Per tale pratica venivano usate vasche in muratura, tini e canestri immersi in acqua corrente.

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32 Cfr. RICCI 1985, pp. 343, 245.33 La distribuzione e la produzione di questa classe ceramica nel Veneto sono state oggetto di un recente studio; cfr.

CASSANI, CIPRIANO, DONAT, MERLATTI 2007, pp. 254-261.34 Si vedano, per confronti, i materiali ceramici recuperati nella zona ad ovest di San Donà di Piave, tra Meolo e Musile di

Piave, per cui cfr. PETTENÒ, D’ISEP 2005, pp. 175-180, Figg. 2-4. Più in generale si confrontino i vari tipi in DELLA PORTA, SFREDDA, TASSINARI 1998, pp. 166-168.

35 A titolo esemplificativo, si ricorda che olle con orlo modanato e spesso con decorazione a tacche sulla spalla sono presenti in gran numero tra il vasellame rinvenuto negli scavi della metropolitana milanese. Cfr. Scavi MM3, pp. 192-194 e Tav. LXXXIX con ampia bibliografia.

36 Si confrontino, ad esempio, le olle rinvenute a Loron, per cui Loron 2001, p. 21, e a Neblo Borg, nella Slovenia occi-dentale, per cui VIDRIH-PERkO, ŽUPANCIć 2011, pp. 158-159, fig. 12.

37 Cfr. Loron 2001, p. 214, fig. 37.38 Cfr. il recente contributo di D. Riccobono con ampia bibliografia, per cui RICCOBONO 2007a, p. 84.39 Per un inquadramento delle attestazioni, cfr. RICCOBONO 2007b, pp. 94-98.40 Cfr. Loron 2001, p. 121.

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