Sul «contenuto minimo essenziale» del contratto di rete

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Marco Angelone SUL «CONTENUTO MINIMO ESSENZIALE» DEL CONTRATTO DI RETE

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Marco Angelone

SUL «CONTENUTO MINIMO ESSENZIALE» DEL CONTRATTO DI RETE

Sommario: 1. Genesi e fisionomie del contratto di rete. – 2. Ratio e portata ef-fettuale dei vincoli di forma-contenuto imposti dall’art. 3, comma 4 ter, l. n. 33del 2009. – 3. Individuazione del «contenuto minimo essenziale» cui deve at-tingere un accordo affinché possa integrare una «rete» (contrattuale) ad ogni ef-fetto di legge. – 4. Elementi contenutistici (obbligatori ma) non «essenziali»: pos-sibilità di colmare le eventuali lacune pattizie attraverso l’applicazione in via sup-pletiva delle norme in tema di consorzio, di società e di contratto in generale.– 5. Considerazioni di sintesi.

1. Il «Decreto incentivi» (d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, convertitocon modificazioni in l. 9 aprile 2009, n. 33) ha formalizzato un nuovostrumento di collaborazione tra imprese finalizzato ad assecondare edincentivare le ambizioni di sviluppo e rafforzamento (anche in ter-mini di internazionalizzazione) delle piccole e medie imprese.

L’attuale disciplina1 reca un inedito schema negoziale2 che, senza

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1 Risultante dall’intervento correttivo compiuto dapprima dall’art. 42 del d.l.31 maggio 2010, n. 78, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione fi-nanziaria e di competitività economica (c.d. «Decreto anticrisi»), convertito conmodificazioni in l. 30 luglio 2010, n. 122; dall’art. 45 del d.l. 22 giugno 2012, n.83, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese» (c.d. «Decreto sviluppo»),convertito con modificazioni in l. 7 agosto 2012, n. 134; e, infine, dall’art. 36del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, recante «Ulteriori misure urgenti per la crescitadel Paese» (c.d. «Decreto sviluppo bis»), convertito con modificazioni in l. 17dicembre 2012, n. 221.

2 La componente definitoria con la quale esordisce e sulla quale si incentral’enunciato legislativo è stata messa in risalto da E. Briganti, La nuova leggesui «contratti di rete» tra le imprese: osservazioni e spunti, in Notariato, 2010,p. 191, secondo il quale «piú che intervenire nell’intento di disciplinare unanuova tipologia, il legislatore avrebbe provveduto ad introdurre una nuova de-finizione», assecondando tra l’altro una tendenza invalsa nella piú recente legi-slazione in materia di rapporti tra imprese. Tuttavia, sul carattere anodino e im-palpabile della formula prescelta che si adatta ad un ventaglio pressoché illimi-

dare àdito ad un tipo legale a sé stante3, è destinato ad inquadrarequalsivoglia fenomeno di partnership interaziendale4 che, a certe con-dizioni, aspiri a qualificarsi in termini di «contratto di rete» e a be-neficiare delle provvidenze e delle agevolazioni riconosciute dallalegge5.

La genesi del contratto di rete appare singolare6, dal momento

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tato di opzioni concrete, cfr. A. Pisani Massamormile, Profili civilistici del con-tratto di rete, in Riv. dir. priv., 2012, p. 354 ss.

3 Un’ampia porzione della dottrina (compresa quella che per prima e me-glio in àmbito nazionale ha affrontato lo studio del fenomeno in esame) asse-gna infatti al contratto di rete natura «transtipica» (F. Cafaggi, Il contratto direte e il diritto dei contratti, in Contratti, 2009, p. 919; Id., Il nuovo contrattodi rete: «learning by doing»?, in Contratti, 2010, p. 1144 s.; C. Crea, Il con-tratto di rete: un itinerario teorico-applicativo di riflessione, in Riv. giur. Mol.Sannio, 2010, p. 132 s.; E. Briganti, La nuova legge sui «contratti di rete» traimprese: osservazioni e spunti, cit., p. 193 s.). Tuttavia, non mancano voci e ar-gomenti che, ritenendo «poco plausibile e soprattutto fuorviante» tale prospet-tiva (V. Cuffaro, Contratti di impresa e contratti tra imprese, in Corr. merito,2010, suppl. al n. 5, p. 7), sono stati espressi a favore del riconoscimento delcontratto di rete quale nuovo tipo normativo: cosí G.D. Mosco, Frammenti ri-costruttivi del contratto di rete, in Giur. comm., 2010, I, pp. 845 e 847; E.M.Tripputi, Il contratto di rete, in Nuove leggi civ. comm., 2011, p. 89 s.; non-ché G. Villa, Reti di imprese e contratto plurilaterale, in Giur. comm., 2010, I,pp. 948, 950 e 952.

4 Riscontrano la «multiformità» della rete, attesa la grande varietà di sem-bianze che può assumere, P. Perlingieri, Reti e contratti tra imprese tra coo-perazione e concorrenza, in P. Iamiceli (a cura di), Le reti di imprese e i con-tratti di rete, Torino, 2009, pp. 389 e 390 s.; A. Fici, Il franchising, in P. Si-rena (a cura di), I contratti di collaborazione, Torino, 2010, p. 1011, secondo ilquale «Il contratto di rete […] appare oggi piú una categoria contrattuale cheun tipo di contratto o, quanto meno qualora, lo si ritenesse un tipo autonomo,sarebbe un tipo cosí ampio da poter includere altri tipi contrattuali»; nonché F.Guerrera, Brevi considerazioni sulla governance nei contratti di rete, in Contr.impr., 2012, p. 348, il quale discorre di «tipo negoziale polimorfico», in quanto«idoneo a ricomprendere fenomeni e gradi di collaborazione interaziendale as-sai differenti fra loro; ma non al punto da confondersi con le figure affini, cheregolano nella legge e nella prassi la operazione tra imprese». A

5 Cfr., sin da ora, G.A.M. Trimarchi, Gli strumenti agevolativi per le im-prese in rete, in Nuovo dir. soc., 2012, n. 1, p. 32 ss.

6 Per tale motivo E.M. Tripputi, Il contratto di rete, cit., p. 89, ragiona di«tipizzazione anomala».

che non è frutto – come sovente accade7 – del recepimento di unpreesistente modello contrattuale socialmente tipico diffusosi nellaprassi mercantile8, avendo per contro la nuova fattispecie diretta edimmediata origine legislativa9. L’occasio legis è derivata, in realtà, siadalle indicazioni offerte dal formante dottrinale10 sia dal tessuto eco-

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7 R. Sacco, L’elaborazione degli effetti del contratto, in R. Sacco e G. DeNova (a cura di), Il contratto, II, 3ª ed., in Tratt. dir. civ. Sacco, Torino, 2004,p. 462. Si pensi, a titolo puramente esemplificativo, all’affiliazione commerciale(franchising), alla subfornitura, ai contratti turistici, alla cessione dei crediti diimpresa ed alle altre fattispecie contrattuali che il legislatore ha trasformato dasocialmente a legalmente tipiche.

8 «Il nuovo «contratto di rete» si trova cosí catapultato nel diritto positivo,dotato dal legislatore di una definizione che realizza la sua configurazione le-gale, ma privo della c.d. «tipicità sociale» che solitamente precede e prepara laregolamentazione legislativa, avendo fatto emergere i piú significativi conflittid’interesse sui quali appare opportuno fissare una nuova regola di fonte legisla-tiva»: F. Macario, Reti di imprese, «contratto di rete» e individuazione delletutele. Appunti per una riflessione metodologica, in P. Iamiceli (a cura di), Lereti di imprese e i contratti di rete, cit., p. 275.

9 V. Cuffaro, Contratti di impresa e contratti tra imprese, cit., p. 6; E.M.Tripputi, Il contratto di rete, cit., p. 58. Anche per tale ragione, «il contrattodi rete «made in Italy»» (la formula è di F. Cafaggi, Il nuovo contratto di rete:«learning by doing»?, cit., p. 1143) ha catturato l’attenzione delle istituzioni edel diritto comunitario. Stavolta è cómpito dell’Italia – il che potrebbe invertirela tendenza sinora prevalente che ha visto l’Europa «comunitarizzare» norma-tive vigenti (o comunque elaborate) in altri Paesi dell’Unione – fungere da «sti-molo per gli organi sovranazionali, affinché si arrivi a disciplinare forme di retiterritorialmente piú estese che si diramano oltre i confini nazionali» (P. Zanelli,Reti di impresa: dall’economia al diritto, dall’istituzione al contratto, in Contr.impr., 2010, p. 952), come sembra dimostrare il tentativo di introduzione del«contratto di rete europeo»: cfr., sul punto, F. Romano, Contratto di rete e pro-cesso di modernizzazione dell’economia Italiana, in Notariato, 2012, p. 80, nota46, il quale riferisce che «Il Contratto di rete europeo è stato prospettato allaCommissione UE, sul modello italiano, per favorire le relazioni tra le Pmi del-l’Unione Europea e diffondere le reti. Il provvedimento è stato elaborato dalGoverno, recependo il lavoro svolto al Ministero dello Sviluppo Economico dalTavolo d’iniziative per le piccole e medie imprese composto da diverse associa-zioni di Pmi e rappresentanti istituzionali».

10 Già prima della novella del 2009 la letteratura giuridica si era diffusa-mente occupata del tema in esame. In particolare, val l’opera segnalare, ex mul-tis, il contributo di C. Crea, Reti contrattuali e organizzazione dell’attività d’im-

nomico-imprenditoriale11 che negli ultimi decenni ha fatto registrarela crescente diffusione12 di forme di coordinamento (e di organizza-zione) tendenzialmente stabili tra imprese che, pur restando auto-nome13, risultano legate – spesso sulla scorta di vincoli non contrat-tualizzati, di natura informale – da un rapporto piú o meno intenso14

di reciproca interdipendenza15. L’intervento normativo si giustifica,quindi, nella dichiarata finalità (rivelata anche dalla stessa collocazionenel c.d. «Decreto incentivi») di approntare un utile complemento persuperare l’individualismo e l’isolamento imprenditoriale nonché persostenere la crescita ed il rilancio tecnologico-aziendale delle piccolee medie imprese16, tant’è vero che è «Difficile trovare un contratto

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presa, Napoli, 2008; nonché quelli racchiusi in F. Cafaggi (a cura di), Reti diimprese tra regolazione e norme sociali. Nuove sfide per diritto ed economia, Bo-logna, 2004. Per ulteriori ragguagli si rimanda ai copiosi riferimenti bibliogra-fici (anche di derivazione straniera) suggeriti da C. Crea, Il contratto di rete:un itinerario teorico-applicativo di riflessione, cit., p. 124, nota 3.

11 Sulla matrice economica, prima ancóra che giuridica (da alcuni addiritturarespinta: R.M. Buxbaum, Is «Network» a Legal Concept?, in Journal of Insti-tutional and Theoretical Economics, 1993, n. 149, p. 698 ss.), del concetto di«rete di imprese» affermatosi sul terreno dell’organizzazione aziendale, cfr. M.D’Auria, L’utilizzo del contratto di rete: un vademecum legale, in L. Zanni eM. Bellavista (a cura di), Le reti di impresa. Una guida operativa per l’avviodi partnership imprenditoriali, Milano, 2012, p. 18.

12 Cfr. i dati richiamati da D. Mauriello, Filiere produttive e network im-prenditoriali: i cambiamenti nelle strategie organizzative alla luce del nuovo sce-nario economico, in An. giur. econ., 2011, p. 226 ss.

13 Quale riflesso della crisi del paradigma taylorista-fordista-keynesiano edella tendenza all’integrazione verticale tra le imprese. Cfr., sul punto, D. Man-tucci, Profili del contratto di subfornitura, Napoli, 2004, p. 25 ss., e le nutriteindicazioni bibliografiche ivi riportate. Sull’accezione che acquista l’«autonomia»dell’impresa nell’àmbito delle relazioni «di rete», C. Crea, Reti contrattuali eorganizzazione dell’attività d’impresa, cit., p. 109 ss.

14 Di qui la distinzione tra aggregazioni reticolari «forti», da un lato, e «de-boli», dall’altro: P. Perlingieri, Reti e contratti tra imprese tra cooperazione econcorrenza, cit., p. 398.

15 P. Iamiceli, Le reti di imprese: modelli contrattuali di coordinamento, inF. Cafaggi (a cura di), Reti di imprese tra regolazione e norme sociali. Nuovesfide per diritto ed economia, cit., p. 128 ss.

16 M. Granieri, Il contratto di rete: una soluzione in cerca del problema?,

che sia cosí marcatamente espressione di una precisa volontà politica;che rappresenti strumento di indirizzo economico prima ancóra cheregola di soluzione dei conflitti»17.

Il legislatore – optando per un programma contrattuale «leggero»18

ovvero «(quasi) in bianco»19 – si è limitato a tratteggiare la fisiono-mia (specie sul versante causale e oggettivo) del contratto di rete, con-cedendo ampio terreno all’autonomia negoziale ed alla creatività deipaciscenti20, nell’intento di non pregiudicare le principali caratteristi-

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in Contratti, 2009, p. 935; P. Iamiceli, Il contratto di rete tra percorsi di cre-scita e prospettive di finanziamento, ivi, p. 943.

17 M. Maltoni, Il contratto di rete. Prime considerazioni alla luce della no-vella di cui alla L. n. 122/2010, in Notariato, 2011, p. 69. Il che consente di co-gliere il ruolo centrale e di primo piano assunto negli ultimi anni dal diritto pri-vato dei contratti nella disciplina dell’economia rispetto ad altre forme di inter-vento di estrazione pubblicistica che avevano dominato la scena nella passatastagione del dirigismo [cfr. anche P. Iamiceli, Dalle reti di imprese al contrattodi rete: un percorso (in)compiuto, in Ead. (a cura di), Le reti di imprese e i con-tratti di rete, cit., p. 41, secondo la quale con tale scelta il legislatore italiano«Ha confermato che la funzione di promozione della competitività delle im-prese non spetta soltanto al diritto pubblico, e neppure solo al diritto della con-correnza o al diritto societario, come la stessa riforma del 2002-2003 aveva ri-badito»]. Tale tendenza interpreta «l’essenza della c.d. «neoregolazione» che –con un’inversione di metodo e di strategia rispetto al passato – si propone diordinare le strutture mercantili (id est, di dettare regole di funzionamento delmercato) tramite la disciplina del contratto». Su tale ultimo aspetto, sia consen-tito il rinvio a M. Angelone, Autorità indipendenti e eteroregolamentazione delcontratto, Napoli, 2012, p. 100 s.

18 Cosí F. Cafaggi, Il nuovo contratto di rete: «learning by doing»?, cit.,p. 1145.

19 F. Calisai, Riflessioni in tema di contratto di rete: una stringata disciplinanormativa con interessanti potenzialità, in Riv. dir. impr., 2010, p. 525. Anche co-loro che aderiscono alla tesi che identifica nella rete un nuovo tipo contrattuale(cfr., retro, nota 3), non possono negare che si tratti di una tipizzazione «a bassadefinizione». In generale, come spiega V. Roppo, Il contratto, in Tratt. dir. priv.Iudica e Zatti, Milano, 2001, p. 424, «La definizione del tipo può essere piú omeno stringente». È molto stringente, quando abbraccia tutti gli elementi checompongono l’oggetto (o il contenuto) del contratto […]» (corsivi dell’Autore).Viceversa, «[…] si registrano molti tipi a piú bassa definizione», la quale inevi-tabilmente si riverbera «sulla c.d. elasticità del tipo, e cioè sulla minore o mag-giore ampiezza dei margini entro cui poter variare il contenuto contrattuale […]».

20 Il Parlamento pare avere con ciò in parte recepito l’invito della dottrina

che del modello di nuovo conio, quali sono, appunto, la flessibilitàe la duttilità funzionale21. Il che però, come meglio si dirà appresso,suscita qualche incertezza circa l’individuazione della disciplina ap-plicabile alla rete per quanto concerne gli aspetti non regolati22.

2. Il dettato normativo – pur nella sua «brevitas»23 e in una cor-nice prevalentemente dispositiva24 – distingue nettamente il nucleo«essenziale» del contratto di rete da quello «accidentale» compostoda previsioni che le parti – sfruttando le «maglie larghe» della legge– sono libere di rendere operative secundum eventum, sviluppandocosí sistemi piú complessi ed articolati25. Tra i contenuti supplemen-

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[P. Perlingieri, Reti e contratti tra imprese tra cooperazione e concorrenza, cit.,p. 396 s.] che ammoniva circa l’inopportunità di interventi normativi specie seimperniati su regole imperative e di dettaglio.

21 G. Palmieri, Profili generali del Contratto di Rete, in Aa.Vv. (a cura di),Reti d’impresa: profili giuridici, finanziamento e rating, Milano, 2011, p. 6 ss.;V. Donativi, Aggregazioni orizzontali e reti tra le imprese dell’indotto, in An.giur. econ., 2011, p. 326 s.

22 Manca, infatti, un complesso di norme suppletive predeterminate per leggevolte a sopperire ad eventuali carenze regolamentari. Cfr. M. Maltoni, Il con-tratto di rete. Prime considerazioni alla luce della novella di cui alla L. n. 122/2010,cit., p. 71.

23 «[…] il quadro normativo si compone di pochi tratti, risultando tanto in-completo da lasciare molti dei problemi della rete del tutto irrisolti. Inoltre, l’u-tilizzazione di una tecnica legislativa piú che approssimativa dà spazio a rile-vanti problemi interpretativi e sistematici» (G.D. Mosco, Frammenti ricostrut-tivi del contratto di rete, cit., p. 844; in senso sostanzialmente analogo, F. Ca-faggi, Il contratto di rete e il diritto dei contratti, cit., p. 918). Tuttavia, la la-conicità pare costituire una costante stilistica del recente legislatore, che – comerileva acutamente C. Consolo, L’art. 140 bis: nuovo congegno dai chiari con-torni funzionali seppur, processualcivilisticamente, un poco «Opera aperta», inForo it., 2008, V, c. 206, in merito alla disciplina dell’«azione collettiva risarci-toria» introdotta nel Codice del consumo (d.lg. 6 settembre 2005, n. 206) – ri-crea quello che avveniva «In certi spartiti «minimali» del Seicento» nei quali«solo poche note sono scritte, molto, il piú, rimane da aggiungere da interpreti-esecutori capaci di «congenialità» rispetto al compositore (scomposto)».

24 C. Crea, Il contratto di rete: un itinerario teorico-applicativo di rifles-sione, cit., pp. 133 e 141.

25 La funzionalità del network è infatti demandata direttamente alla proget-tualità dei contraenti chiamati a definire il sistema di governance e gli aspetti di

tari rientrano senz’altro i moduli concernenti la governance patrimo-niale e personale della rete già considerati expressis verbis facoltatividalla legge26 (quali il «fondo comune» e l’«organo comune»27), maanche ogni altra componente che si ritenga opportuno includere permeglio strutturare la fattispecie, sempre che – come in modo analogosi riconosce in altri contesti28 – la o le clausole «atipiche», rectius «de-rogatorie», non vadano ad interferire con la matrice normativa.

Per converso, fermo restante l’onere di redazione per iscritto (peratto pubblico, per scrittura privata autenticata ovvero per atto firmatodigitalmente con mera firma elettronica a norma degli artt. 24 e 25,d.lg. 7 marzo 2005, n. 8229), avendo riguardo all’elencazione legisla-

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carattere patrimoniale del nuovo aggregato. Cfr. A. Tafuro, Il contratto di rete:una lettura in chiave economico-aziendale, in Riv. dott. comm., 2011, p. 643 ss.

26 P. Zanelli, La Rete è, dunque, della stessa natura del gruppo di società?,in Contr. impr., 2011, p. 541.

27 La previsione di un «organo comune» incaricato di dare esecuzione alcontratto era stata considerata obbligatoria nella formulazione originaria delladisposizione (cfr. A. Gentili, Una prospettiva analitica su reti di imprese e con-tratti di rete, in Obbl. contr., 2010, p. 89). Per approfondimenti su tale speci-fico fattore organizzativo alla luce dell’attuale assetto normativo, si veda D.Gallo, Il contratto di rete e l’organo comune: governance e profili di respon-sabilità, in Resp. civ., 2012, p. 6 ss.

28 Si pensi a quanto si verifica, mutatis mutandis, in àmbito societario, làdove «I modelli organizzativi fissati dal legislatore per singoli tipi di società nonsono infatti del tutto rigidi e consentono un parziale adattamento alle esigenzedel caso concreto. È necessario però che le clausole a tal fine introdotte nel-l’atto costitutivo (cc.dd. clausole atipiche) non siano incompatibili con la disci-plina del tipo di società prescelto; non contengano cioè pattuizioni che viòlinoaspetti della relativa disciplina legale espressamente dichiarati inderogabili o checomunque devono essere considerati tali perché fissano i caratteri essenziali or-ganizzativi e/o funzionali di quel determinato tipo» (G.F. Campobasso, Dirittocommerciale, II, Diritto delle società, 7ª ed. a cura di M. Campobasso, Torino,2009, p. 49).

29 Tali prescrizioni formali sono peraltro indispensabili là dove il contrattodi rete ambisca ad «acquistare la soggettività giuridica» (art. 3, comma 4 qua-ter, l. n. 33 del 2009, nel testo risultante dalle ultime modifiche apportate dal-l’art. 36, comma 4 bis, d.l. n. 179 del 2012). Per un primo commento della no-vella che ha espressamente ammesso la configurabilità di una rete dotata di sog-gettività, cfr. in F. Cafaggi, P. Iamiceli e G.D. Mosco, Gli ultimi interventilegislativi sulle reti, in Iid. (a cura di), Il contratto di rete per la crescita delle

tiva racchiusa nell’art. 3, comma 4 ter, l. n. 33 del 2009, all’internodell’accordo si «deve» rintracciare: a) il nome, la ditta, la ragione ola denominazione sociale di ogni partecipante per originaria sotto-scrizione del contratto o per adesione successiva, nonché la denomi-nazione e la sede della rete, qualora sia prevista l’istituzione di unfondo patrimoniale comune; b) l’indicazione degli obiettivi strategicidi innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei par-tecipanti e le modalità concordate tra gli stessi per misurare l’avan-zamento verso tali obiettivi; c) la definizione di un programma direte, che contenga l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assuntida ciascun partecipante, le modalità di realizzazione dello scopo co-mune; d) la durata del contratto e le modalità di adesione di altri im-prenditori; f) le regole per l’assunzione delle decisioni dei partecipantisu ogni materia o aspetto di interesse comune che non rientri, quandoè stato istituito un organo comune, nei poteri di gestione conferiti atale organo30.

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imprese, Milano, 2012, p. 491 ss.; nonché, amplius, M. Milella, La soggettivitànel contratto di rete tra imprese, in Contratti, 2013, p. 402 ss.

30 Per molti aspetti, la previsione richiama sotto il profilo tecnico-redazio-nale l’art. 10, comma 4, l. 12 novembre 2011, n. 183 (c.d. «Legge di stabilità2012»), in base al quale «Possono assumere la qualifica di società tra professio-nisti le società il cui atto costitutivo preveda: a) l’esercizio in via esclusiva del-l’attività professionale da parte dei soci; b) l’ammissione in qualità di soci deisoli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, non-ché dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, purché in possesso deltitolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per pre-stazioni tecniche, o per finalità di investimento. In ogni caso il numero dei sociprofessionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve esseretale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisionidei soci; il venir meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento dellasocietà e il consiglio dell’ordine o collegio professionale presso il quale è iscrittala società procede alla cancellazione della stessa dall’albo, salvo che la societànon abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel ter-mine perentorio di sei mesi; c) criteri e modalità affinché l’esecuzione dell’inca-rico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso deirequisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta; la designazionedel socio professionista sia compiuta dall’utente e, in mancanza di tale designa-zione, il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all’utente;c-bis) la stipula di polizza di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti

In presenza di un contenuto standardizzato ex lege31, un primointerrogativo che si fa strada in sede ermeneutica attiene alle conse-guenze derivanti dalla mancata esplicitazione dei predetti elementiidentificativi, se non altro in ragione dell’assenza di qualsivoglia spe-cifica sanzione legislativa32.

A ben guardare, le riscritte prescrizioni formali e contenutistichenon sembrano essere dotate di carattere cogente sí da generare la nul-lità ex art. 1418, comma 1, c.c.33 che si rivela in un simile àmbito,

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dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti dai singoli soci professio-nisti nell’esercizio dell’attività professionale; d) le modalità di esclusione dallasocietà del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimentodefinitivo». Cfr., sul nuovo istituto della «società tra professionisti», M. Cian,La nuova società tra professionisti. Primi interrogativi e prime riflessioni, in Nuoveleggi civ. comm., 2012, p. 3 ss.; A. Toffoletto, Società tra professionisti, in So-cietà, 2012, p. 30 ss.; O. Cagnasso, Soggetti ed oggetto della società tra profes-sionisti, in Nuovo dir. soc., 2012, n. 3, p. 9 ss.

31 Va rilevato – sulla scorta di G. Alpa, Le stagioni del contratto, Bologna,2012, p. 172 – che il massiccio fenomeno della standardizzazione dei contratti(tanto di quelli «B2C» che di quelli B2B»), pur restringendo la libertà negozialedelle parti, è stato in linea di massima ben accolto nel commercio internazio-nale e nei rapporti tra professionisti: ciò perché le clausole ed i modelli stan-dard «semplificano i rapporti individuali, lasciano prefigurare i possibili esiti delcontenzioso, possono riprodursi all’infinito con tutte le controparti, consentonodi effettuare una rapida valutazione comparativa dei vantaggi e svantaggi sia insenso orizzontale sia in senso verticale».

32 Ogni qualvolta l’interprete si trovi dinanzi a vincoli di «forma-contenuto»del contratto senza che al contempo risultino indicate le conseguenze sanziona-torie derivanti dalla loro violazione, occorre in primo luogo stabilire se le cor-rispondenti norme abbiano o meno natura imperativa. Tale metodo è propostoe seguíto (in una fattispecie analoga, concernente i contratti di acquisto di im-mobili da costruire) anche da A. Luminoso, Sulla predeterminazione legale delcontenuto dei contratti di acquisto di immobili da costruire, in Riv. dir. civ., 2005,p. 718 ss., il quale richiama, in senso conforme, G. Alpa, Garanzia convenzio-nale Art. 1517 septies, in Aa.Vv. (a cura di), L’acquisto di beni di consumo, Mi-lano, 2002, p. 73.

33 Cosí anche A. di Lizia, (Contratto di) Rete di imprese. Rassegna e clau-sole contrattuali, in Notariato, 2012, p. 294; F. Festi, La nuova legge sul con-tratto di rete, in Nuova giur. civ. comm., 2011, II, p. 538; e, in precedenza, F.Macario, Il «contratto» e la «rete»: brevi note sul riduzionismo legislativo, inObbl. contr., 2009, p. 953.

alla luce degli interessi implicati, reazione eccessiva e soprattutto nonrispondente a logiche di proporzionalità e ragionevolezza34. Tale im-postazione pare trovare conforto nella littera legis che sintomatica-mente precisa che il contratto di rete va stipulato per iscritto e deveesibire i contenuti rassegnati soltanto «ai fini degli adempimenti pub-blicitari di cui al comma 4-quater»35: da questi dipende la semplice«(in)efficacia» (termine di per sé «neutro» ed «anfibologico» che nonper forza si associa a vicende invalidanti36) del negozio, il che con-

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34 Sulla selezione del «giusto» rimedio secondo «ragionevolezza» e «pro-porzionalità», cfr. P. Perlingieri, Il «giusto rimedio» nel diritto civile, in Giu-sto proc. civ., 2011, p. 3 ss.; nonché G. Perlingieri, Alla ricerca del «giusto ri-medio» in tema di certificazione energetica. A margine di un libro di Karl Sa-lomo Zachariae, in Rass. dir. civ., 2011, pp. 665 e 667 s.

35 I contenuti in parola, infatti, «sono espressamente funzionali all’adempi-mento di un onere pubblicitario costituito dall’iscrizione del contratto nel Re-gistro delle imprese» [M. Onza e L. Salamone, Le nuove forme di integra-zione tra imprese: dai contratti di rete ai gruppi paritetici (e ritorno), in A. Xerri(a cura di), Impresa e lavoro nei servizi portuali, Milano, 2012, p. 257]. Per-tanto, la pubblicità cui è sottoposto il contratto di rete presenta una peculiarefunzione «agevolativa» (F. Festi, La nuova legge sul contratto di rete, cit., pp.541 e 547), dal momento che trova ragion d’essere «non tanto nell’interesse delleparti o di eventuali terzi creditori o contraenti, quanto nella volontà di evitareche i partecipanti possano sfruttare in maniera impropria i vantaggi, anche fi-scali, che la legge connette alla partecipazione alla rete» (M. Maltoni, Il con-tratto di rete. Prime considerazioni alla luce della novella di cui alla L. n. 122/2010,cit., p. 69). Ne discende – quale ulteriore deduzione – la valenza dichiarativa(C. Buccico, Strumenti per la crescita economica: il contratto di rete e la suadisciplina fiscale, in www.aipdt.it, p. 9 s.) e non già costitutiva (diversamente, A.Gentili, Il contratto di rete dopo la l. n. 122 del 2010, in Contratti, 2011, p.626) dell’iscrizione nel registro delle imprese, confermata poi anche dalle recentimodifiche legislative che consentono alla rete – che preveda l’organo comune eil fondo patrimoniale – di iscriversi nella «sezione ordinaria», acquistando cosí«soggettività giuridica» (art. 3, comma 4 quater, l. n. 33, cit., come modificatodall’art. 36, comma 4 bis, d.l. n. 179 del 2012; cfr., retro, nota 29).

36 I due predicati dell’«(in)efficacia» e dell’«(in)validità» – ancorché con-nessi l’uno con l’altro (V. Roppo, Il contratto, cit., p. 735) – devono essere te-nuti distinti, in modo da non sovrapporre il piano riguardante l’atto con quellorelativo ai suoi effetti. In tal senso, E. Betti, Teoria generale del negozio giu-ridico, in Tratt. dir. civ. Vassalli, 2ª ed., Torino, 1955 (rist. 1960), p. 469, rile-vava come «Invalidità e inefficacia […] rappresentano pertanto la soluzione cheil diritto è chiamato a dare a due problemi di trattamento essenzialmente dif-

duce ad escludere che la forma e gli elementi appena enunciati sianorichiesti ad substantiam actus37.

L’idea di base38 è, infatti, quella di fissare una serie di requisitiche devono essere riprodotti negli accordi di cooperazione intera-ziendale che aspirino a qualificarsi (per cosí dire, «ufficialmente») intermini di contratto di rete ex art. 3, comma 4 ter, della l. n. 33, cit.,ai limitati fini dell’iscrizione nel registro delle imprese e (dato ancorpiú decisivo) del conseguimento dei vantaggi – in prevalenza di na-tura fiscale39, ma anche amministrativi e finanziari40 – ad essi desti-

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ferenti. L’invalidità è il trattamento corrispondente ad una carenza intrinsecadel negozio nel suo contenuto precettivo; l’inefficacia, invece, si presenta comela risposta meglio adeguata ad un impedimento di carattere estrinseco che in-cida sul divisato regolamento di interessi nella sua pratica attuazione» (corsivooriginale); nonché, R. Tommasini, Invalidità (dir. priv.), in Enc. dir., XII, Mi-lano, 1972, pp. 576 e 582 s.; e, piú di recente, R. Sacco, Inefficacia, in Dig.disc. priv., Sez. civ., 2012, agg., V, Torino, 2012, p. 560 s.; V. Scalisi, Invali-dità e inefficacia. Modalità assiologiche della negozialità, in Id., Il contratto intrasformazione. Invalidità e inefficacia nella transizione al diritto europeo, Mi-lano, 2011, p. 125 ss.; F. Galgano, Trattato di diritto civile, II, 2ª ed., Padova,2010, p. 385.

37 A. Di Sapio, I contratti di rete tra imprese, in Riv. not., 2011, p. 214.38 Che, tra l’altro, richiama molto da vicino quella riscontrabile in àmbito

di s.n.c. e di s.a.s. (e, in genere, di società di persone «regolari»/«irregolari»), inforza della quale la mancata indicazione dei dati previsti dalla legge non com-porta la nullità (cfr., infra, § 3), ma soltanto l’impossibilità di procedere all’i-scrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese.

39 Relativamente al trattamento fiscale privilegiato accordato alle reti di im-prese costituite in forma contrattuale, cfr. L. Salvini, Le reti di imprese: profilifiscali, in Corr. merito, 2010, suppl. al n. 5, p. 13 ss.; nonché i contributi di G.Melis, Le agevolazioni tributarie finalizzate all’aggregazione delle imprese e ilcontratto di rete: alcune considerazioni, in F. Cafaggi, P. Iamiceli e G.D. Mo-sco (a cura di), Il contratto di rete per la crescita delle imprese, cit., p. 395 ss.;e di A. Trivoli e L. Baiani, I profili tributari del nuovo contratto di rete, ivi,p. 377 ss. In attuazione dell’art. art. 42, comma 2 quater, l. n. 122 del 2010, èstato emanato il d.m. 25 febbraio 2011 che ha dettato i criteri per l’identifica-zione degli organismi espressione dell’associazionismo imprenditoriale abilitatiall’asseverazione del programma di rete (art. 3), dalla quale dipende l’accesso allamenzionata fiscalità di favore. In argomento, F. Romano, Contratto di rete eprocesso di modernizzazione dell’economia italiana, cit., p. 77.

40 L’art. 3, comma 4 quinquies, allarga alle reti i benefíci finanziari, ammi-

nati41, «essendo questa, se non l’unica, almeno la principale ragionedella disciplina in esame»42.

Diversamente, ove si ammettesse, ragionando a contrario, l’impe-ratività delle previsioni di «forma-contenuto», dunque idonee a confor-mare il potere di autoregolamentazione dei privati, si giungerebbe al-l’assurdo di bandire, in quanto affetto da nullità, qualunque conge-gno convenzionale di collaborazione tra strutture imprenditoriali aventenatura «reticolare» che si discosti dal paradigma legale; tuttavia, comeattentamente rilevato da autorevole dottrina, un simile approdo, «ol-tre a non trovare giustificazione nella lettera delle disposizioni inesame, le quali non esprimono deroghe espresse al principio di au-tonomia privata, finirebbe per comprimere senza ragione la facoltàdelle imprese di organizzare la propria attività attraverso schemi ne-goziali piú utili al caso concreto e per ignorare la circostanza che lereti si sono venute formando attraverso l’impiego di strumenti con-trattuali diversificati»43.

Non si rinvengono, pertanto, ragioni per escludere che, il con-tratto di rete c.d. «riconosciuto»44 o «regolare», dacché dotato di un

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nistrativi e di ricerca già previsti per i distretti produttivi dall’art. 1, comma 368,lett. b, c e d, l. 23 dicembre 2005, n. 266.

41 Difatti, «La condizione per la percezione dei benefíci fiscali è la sussu-mibilità del singolo contratto nella fattispecie legale» (A. Gentili, Il contrattodi rete dopo la l. n. 122 del 2010, cit., p. 621), essendo piú che manifesto il pro-posito legislativo di indirizzare selettivamente – e non, invece, di distribuire «apioggia» – le risorse di incentivazione, i contributi e, in generale, le agevolazionidestinate alle reti.

42 M. Maltoni e P. Spada, Il «Contratto di Rete», in Studi mat., 2011, p.1195. Evidenziano la finalità eminentemente promozionale della nuova fattispe-cie negoziale anche E. Briganti, La nuova legge sui «contratti di rete» tra im-prese: osservazioni e spunti, cit., p. 192; M. D’Auria, Dal concetto di rete di im-prese al contratto di rete, in Corr. merito, 2010, suppl. al n. 5, p. 17; nonché G.Villa, Il coordinamento interimprenditoriale nella prospettiva del contratto plu-rilaterale, in P. Iamiceli (a cura di), Le reti di imprese e i contratti di rete, cit.,p. 113, secondo il quale occorre «assegnare alla scelta del legislatore del 2009un significato ristretto e funzionale alle particolari previsioni di quell’interventonormativo, che mira ad accordare alle reti modellate secondo lo schema tipiz-zato dalla legge le agevolazioni che si sono in precedenza ricordate».

43 G. Villa, o.c., p. 112.44 Cosí M. Maltoni e P. Spada, Il «Contratto di Rete», cit., p. 1196.

contenuto coincidente a quello cristallizzato nel comma 4 ter, possaconvivere con altre epifanie «atipiche»45 di rete che sarebbero – pre-via verifica della meritevolezza degli interessi perseguiti ex art. 1322c.c.46 – del tutto valide ed efficaci47, salva soltanto l’impossibilità digiovarsi della predetta normativa agevolativa48.

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45 Il termine «atipico» è utilizzato in modo consapevolmente improprio: nonsi tratta di vera e propria atipicità, bensí soltanto di difformità dal paradigmalegale, poiché – come anticipato (cfr., retro, § 1) – il contratto di rete non èstato affatto tipizzato. Molto utili si rivelano, a riguardo, le considerazioni ver-gate da M. Orlandi, Condizioni generali e reti atipiche, in P. Iamiceli (a curadi), Le reti di imprese e i contratti di rete, cit., p. 91, il quale ammette la rile-vanza di reti «atipiche» o «irregolari» ossia di rapporti che si allontanino dalmodello formale voluto dal legislatore. Cfr., inoltre, A. Gentili, Il contratto direte dopo la l. n. 122 del 2010, cit., p. 621, nota 36: «Non ritengo che il con-tratto di rete introdotto dalla legge nuova escluda altre tipologie dello stesso ge-nere. Escluda cioè la possibilità di stipulare contratti di rete estranei al tipo le-gale. Insomma: inclusio unius qui non vuol dire exclusio alterius. Non se ne ve-drebbe il motivo: stipulare rapporti di «rete» è lecito. E vale il principio di ati-picità ammessa nei limiti della liceità. Ovviamente però, solo ai contratti di retestipulati ai sensi della legge in materia sono connessi gli effetti, e soprattuttoprovvidenze e benefíci, che la legge dispone»; nonché, P. Zanelli, Reti di im-presa: dall’economia al diritto, dall’istituzione al contratto, cit., p. 956: «la l. 33del 2009 non stabilisce che il contratto di rete ivi disciplinato sia l’unica formadi rete ammissibile nel nostro ordinamento: configura solo i profili giuridici diuna delle possibili reti».

46 Sulla centralità del giudizio di meritevolezza riferito alla causa del con-tratto e destinato ad operare in relazione a qualsivoglia manifestazione concretadi autonomia negoziale, P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzio-nale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, 3ª ed., Napoli, 2006, p. 347s.; nonché M. Pennasilico, Sub art. 1322, in G. Perlingieri (a cura di), Co-dice civile annotato con la dottrina e la giurisprudenza, IV, t. 1, 3ª ed., Napoli,2010, p. 390.

47 Come sembra confermare anche C. Crea, Reti contrattuali e organizza-zione dell’attività d’impresa, cit., p. 118, quando sostiene che «Le reti sono formedi esercizio di iniziativa economica poste al di fuori di regole espresse (atte aselezionare discipline e a fondare giudizi di liceità sull’impresa e sul contratto)e, altresí, da un possibile ragionamento giuridico in termini di tipicità tuttavia,per essere meritevoli, devono conformarsi, se non proprio attuare, la utilità so-ciale».

48 «In sintesi, la mancanza di uno o piú dei requisiti imposti dalla legge nondovrebbe provocare la nullità del contratto di rete, ma, ferma restando l’effica-

Senza tacere, inoltre, il fatto che, dinanzi alla (eventuale declara-toria di) nullità del contratto di rete non in linea con le prescrizionilegali, sarebbe plausibile avvalersi – là dove ne ricorrano i presuppo-sti49 – del meccanismo della conversione ex art. 1424 c.c., facendocosí recuperare al contratto di rete nullo gli effetti di un diverso ne-gozio: ad esempio, di un consorzio, come senz’altro ammissibile «nel-l’ipotesi di rete a rilevanza esterna patrimonialmente strutturata conun fondo comune, rispetto alla quale sia stato superato positivamenteil test di ‘compatibilità’ che l’art. 3, comma 4 ter, lett. c) richiede perl’applicazione degli artt. 2614 e 2615 c.c.»50.

La nullità per difetto di conformità al cliché legale può essere, in-fine, esclusa sulla scorta di un’ulteriore argomento. I vincoli di «forma-contenuto» pretesi dal legislatore, nei quali non si rinvengono esi-genze protettive51, piú che essere espressione del «neoformalismo» ne-

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cia del vincolo sul piano dei rapporti privati, dovrebbe solo impedire di acce-dere alle facilitazioni» (F. Festi, La nuova legge sul contratto di rete, cit., p. 540s.). Anche G. Villa, Reti di imprese e contratto plurilaterale, cit., p. 953, chia-risce che il particolare assetto legislativo non intende precludere alle parti di di-sciplinare convenzionalmente la rete in modo alternativo ovvero frustrare qual-sivoglia iniziativa che si ponga al di fuori dello schema legale, essendo invecestabilito soltanto ai fini del riconoscimento delle agevolazioni riservate alle im-prese partecipanti. Semmai, aggiunge l’Autore, «Il fatto che i benefíci dipendanoda un provvedimento amministrativo di autorizzazione, il qual presuppone uncontratto di rete corrispondente a quello delineato dal comma 4-ter, certamenteinfluenzerà la prassi ed indurrà gli interessati a conformarsi alle scelte norma-tive con ampia frequenza; ciò tuttavia non rende il modello ora accolto dallalegge strumento unico e necessario per regolare il coordinamento tra imprese».D’altronde, era già stata manifestata l’esigenza di favorire l’emancipazione e l’e-voluzione delle c.dd. «proto-reti» in reti stabili e piú strutturate [E. RullaniLa mappa delle reti: vedere l’economia reale con altri occhi, in Aa.Vv. (a curadi), Fare reti d’impresa. Dai nodi distrettuali alle maglie lunghe: una nuova di-mensione per competere, Milano, 2009, p. 5].

49 G. Giaimo, Conversione del contratto nullo. Art. 1424, in Cod. civ. Comm.Schlesinger, Milano, 2012, spec. p. 53 ss.; nonché S. Polidori, Sub art. 1424,in G. Perlingieri (a cura di), Codice civile annotato con la dottrina e la giu-risprudenza, IV, t. 1, cit., p. 1051.

50 C. Crea, Il contratto di rete: un itinerario teorico-applicativo di rifles-sione, cit., p. 135, nota 27.

51 Le prescrizioni formali dettate in merito al contratto di rete non hannofinalità protettiva, in quanto non intendono rimediare alle asimmetrie giuridico-

goziale di derivazione europea52, richiamano un formalismo piú an-

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economiche (di natura informativa, economica o relazionali) intercorrenti tra leparti che – in un rapporto impostato su base reticolare – sono meramente even-tuali. Cfr., sul punto, E.M. Tripputi, Il contratto di rete, cit., p. 66; nonché M.Granieri, Il contratto di rete: una soluzione in cerca del problema?, cit., p. 935.Il che conduce a ritenere il contratto di rete estraneo alla figura del c.d. «terzocontratto» [ammesso e non concesso che tale categoria dottrinale presenti unareale utilità: infatti, su tale versante si vedano le ampie e motivate critiche arti-colate da P. Perlingieri, Relazione conclusiva, in P. Perlingieri e L. Ruggeri(a cura di), Diritto privato comunitario, II, Napoli, 2008, p. 401; da P. Femia,Nomenclatura del contratto o istituzione del contrarre? Per una teoria giuridicadella contrattazione, in G. Gitti e G. Villa (a cura di), Il terzo contratto. Asim-metrie di potere contrattuale e imprenditori deboli, Bologna, 2008, p. 265 ss.; eda G. D’Amico, La formazione del contratto, ivi, p. 37 ss.], pensata per rico-noscere la sussistenza di squilibri da correggere anche nell’area della contratta-zione tra imprese. Ad ogni modo, è indubbio che debbano, in concreto, tro-vare applicazione i princípi desumibili dalla normativa posta a tutela dell’im-prenditore «debole» (in primis il divieto di abuso di dipendenza economica exart. 9, l. 18 giugno 1998, n. 192, che – com’è noto – trascende i confini dellasubfornitura: cfr., per tutti, D. Mantucci, Profili del contratto di subfornitura,cit., p. 317 ss.) là dove ne ricorrano i presupposti giustificativi: «Non si vedeinfatti perché se in esso [nel contratto di rete] si crea un abuso di dipendenzaeconomica, o una vessazione dell’affiliato commerciale, o una violazione delleregole imperative sulla distribuzione, o qualche altro caso di protezione legalenei rapporti tra imprese (concorrenza sleale, per es.), le relative norme protet-tive non si dovrebbero applicare» (cosí A. Gentili, Una prospettiva analiticasu reti di imprese e contratti di rete, in Obbl. contr., 2010, p. 89). Cfr., inoltre,M.R. Maugeri, Reti contrattuali e abuso di dipendenza economica: alla ricercadi nuove discipline, in P. Iamiceli (a cura di), Le reti di imprese e i contratti direte, cit., pp. 307 e 311 s.; O. De Cicco, Imprenditore «debole» o mercato «de-bole»? (reti di imprese e obblighi di protezione), in www.orizzontideldirittocom-merciale.net, p. 11 ss.; e piú di recente F. Longobucco, Abuso di dipendenzaeconomica e reti di imprese, in Contr. impr., 2012, pp. 390 ss., ma spec. 393 ss.

52 A tal proposito, giova raccogliere l’esortazione di F. Addis, «Neoforma-lismo» e tutela dell’imprenditore debole, in Obbl. contr., 2012, p. 10, il qualemette in guardia dalla ««pervasività» del c.d. «neoformalismo»», che induce l’in-terprete a rintracciarne i tratti distintivi dinanzi a qualsivoglia previsione formaleanche là dove queste esprimano finalità diverse da quelle riscontrabili in àmbitoconsumeristico e, comunque, non di protezione. Pertanto, non è per altro versopossibile condividere l’equazione che ricollega all’inosservanza dei vincoli for-mali sempre e comunque l’invalidità dell’atto (cosí giustamente S. Pagliantini,Neoformalismo contrattuale, in Enc. dir., Annali, IV, Milano, 2011, p. 778 s.).

tico e già in uso nel diritto commerciale che assai spesso (e da tempi«non sospetti») ricorre alla tecnica di specificare il vestimentum e glielementi da porre a corredo di un determinato modello contrattuale.Nella sua concreta formulazione, infatti, l’art. 3, comma 4 ter, l. n.33, cit., nel richiedere la forma solenne dell’atto pubblico, della scrit-tura privata autenticata o del documento informatico firmato digital-mente, in uno con altri contenuti normativamente predeterminati, nonsi distingue da disposizioni di certo piú agée (quali – volendo ri-chiamarne soltanto alcune – gli artt. 2295, 2328, 2463, 2518 e 2603c.c.) che codificano i setti portanti degli atti costitutivi dei principaliprototipi societari e, piú in generale, di alcuni dei piú diffusi sistemidi svolgimento in forma collettiva dell’attività d’impresa (s.n.c., s.p.a.,s.r.l., società cooperativa e consorzio).

3. Definita la funzione e la portata effettuale da attribuire aglistandard contenutistici approntati su base legale, occorre individuarequale sia – di là dalle indistinte indicazioni normative – l’effettivo«contenuto minimo essenziale»53 cui deve attingere un accordo cheambisca ad integrare un contratto di rete e ad accedere ai corrispon-denti benefíci, soprattutto al fine di verificare se gli elementi elencati(dalla lett. a alla f) nel terzo alinea del comma 4 ter risultino tuttinella stessa maniera deonticamente imposti, come di primo acchitolascerebbe supporre la perentorietà della locuzione impiegata nel te-sto («deve indicare»).

Il dubbio è legittimo, specie se si pone mente al fatto che nonmancano precedenti in tal senso.

Si pensi all’art. 2295 c.c. che – sfruttando un meccanismo con-cettualmente molto vicino a quello sotteso al citato art. 3, comma 4ter – predispone il contenuto necessario dell’atto costitutivo soltanto

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53 Mutuando cosí la locuzione coniata da autorevole dottrina (F. Carne-lutti, Formazione progressiva del contratto, in Riv. dir. comm., 1916, II, p. 310)per identificare gli elementi contenutistici sui quali doveva necessariamente in-tervenire l’in idem placitum consensus delle parti affinché potesse dirsi efficace(ossia concluso) un determinato contratto. Sul contenuto «minimo» del con-tratto, cfr. anche E. Redenti, Dei contratti nella pratica commerciale, I, Dei con-tratti in generale, Padova, 1931, p. 63 ss.

ai fini dell’iscrizione nel registro delle imprese54; nel senso che sol-tanto la s.n.c. che intenda assolvere a tale onere pubblicitario (e, tra-mite questo, ottenere il crisma della «regolarità») è tenuta a rispet-tare certe istruzioni redazionali. Ciononostante, la dottrina e la giu-risprudenza hanno chiarito che l’assenza di taluno dei requisiti divi-sati dalla richiamata disposizione codicistica – nella specie uno fraquelli di cui ai nn. 3, 6 e 8 (indicazione dei soci investiti del poteredi amministrazione e di rappresentanza; dei conferimenti di ciascunsocio, del valore ad essi attribuito e del modi valutazione; delle normerelative alla ripartizione degli utili e della quota spettante a ciascunsocio negli utili e nelle perdite) – non soltanto non inficia la validitàdel contratto di s.n.c., ma non è neppure di ostacolo alla registra-zione, dovendosi, infatti, in linea di massima, ritenere non essenziali«le indicazioni la cui mancanza è supplita da una norma di legge»55.

Sulla falsariga di tale notazione, non sembra che ogni omissionee/o incompletezza del contratto di rete relativa alle clausole (presunte)obbligatorie sia in grado di impedire l’iscrizione nel registro delle im-prese del network, pregiudicandone l’efficacia e l’acquisizione dei re-lativi vantaggi amministrativi, finanziari e fiscali, specie là dove si pro-spetti – come si tenterà di dimostrare nel prosieguo – la possibilitàdi colmare le eventuali lacune regolamentari in via interpretativa ri-cavando aliunde, ossia da altri contesti normativi, la relativa disciplinasuppletiva.

Viceversa, è doveroso indicare gli elementi che si rivelino davvero«caratterizzanti», cioè idonei a connotare il contratto di rete o per-ché intimamente connessi alla stessa definizione legale o perché stru-mentali in vista del (successivo) controllo amministrativo dal qualedipende il godimento dei benefíci pubblici.

In quest’ottica, assume innanzitutto valore decisivo l’identifica-

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54 S. De Matteis e G. Dongiacomo, Sub art. 2295, in G. Perlingieri (acura di), Codice civile annotato con la dottrina e la giurisprudenza, V, t. 1, cit.,p. 1052; F. Di Sabato, Diritto delle società, 3ª ed. aggiornata da A. Blandini,Milano, 2011, p. 157.

55 S. De Matteis e G. Dongiacomo, o.c., p. 1052 s.; B. Libonati, Corsodi diritto commerciale, Milano, 2009, p. 179; G.F. Campobasso, Diritto com-merciale, II, Diritto delle società, cit., p. 59.

zione dei partecipanti – originari o sopravvenuti – attraverso l’espli-citazione degli indici (per lo meno di quelli considerati sub lett. aquali il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale56) utilia demarcare la compagine dei c.dd. «retisti»57, ma soprattutto ad at-testare la qualifica imprenditoriale dei singoli componenti la quale,pertanto, assurge ad attributo basilare affinché possa farsi questionedi «rete» ad ogni effetto di legge58.

Parimenti essenziale è «l’indicazione degli obiettivi strategici diinnovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei parte-cipanti» (lett. b). Tale aspetto è, infatti, indispensabile per renderenoto all’esterno lo «scopo-fine» perseguito: atteso che genericamente«Con il contratto di rete piú imprenditori perseguono lo scopo diaccrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità in-novativa e la propria competitività sul mercato» (art. 3, comma 4ter)59, è cómpito dei contraenti chiarire e dare concretezza alla causa

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56 A questi vanno aggiunti – a séguito della novella inserita dall’art. 45,comma 1, d.l. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni in l. n. 134 del 2012– «la denominazione e la sede della rete, qualora sia prevista l’istituzione di unfondo patrimoniale comune» (che di per sé rimane facoltativa).

57 Sulle principali questioni interpretative sollevate dalla disposizione sottoil profilo soggettivo, cfr. A. Di Sapio, I contratti di rete tra imprese, cit., p. 206ss.; E.M. Tripputi, Il contratto di rete, cit., p. 59 ss.; A. Gentili, Il contrattodi rete dopo la l. n. 122 del 2010, cit., p. 621 s.; nonché P. Zanelli, Reti e con-tratto di rete, Padova, 2012, p. 87 ss.

58 All’assenza della qualifica imprenditoriale dei c.dd. «retisti», E.M. Trip-puti, o.c., p. 60, ricollega – sebbene, a sommesso avviso di chi scrive, in modonon condivisibile – «la nullità della singola partecipazione ed eventualmente del-l’intero contratto, qualora la partecipazione viziata debba reputarsi essenziale, inapplicazione dell’art. 1420 c.c.». In una prospettiva de iure condendo, C. Pa-triarca, La «costituzione» delle reti d’impresa, in Aa.Vv. (a cura di), Reti d’im-presa: profili giuridici, finanziamento e rating, cit., p. 93, non esclude «che, a finipromozionali del ricorso al rapporto collaborativo in esame, il legislatore possa,in futuro, mediante norme speciali o eccezionali prevedere, come già avvenutoper i consorzi […], reti cosiddette «miste», nelle quali sia consentita la parteci-pazione di altri soggetti privi della qualità di imprenditore». Quanto poi all’ac-cessibilità del contratto di rete anche agli enti non profit, G.M. Colombo, Peruna «rete» di enti non profit, in Enti non profit, 2012, n. 1, p. 7 ss.

59 Molti ravvisano nella riscritta proposizione una «vera expressio causae»[C. Camardi, Dalle reti di imprese al contratto di rete nella recente prospettiva

che permea la fattispecie negoziale posta in essere attraverso la defi-nizione della funzione che si intende effettivamente riconoscerle60. La

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legislativa, in Contratti, 2009, p. 930; F. Scaglione, Il contratto di rete qualenuovo strumento di collaborazione tra imprese, in P. Grasselli (a cura di), L’im-presa e la sfida del bene comune, Milano, 2011, p. 190], non limitandosi invecea riconoscerle indole puramente descrittiva o comunque priva di valenza con-notativa (E.M. Tripputi, o.c., p. 63; C. Scognamiglio, Il contratto di rete: ilproblema della causa, in Contratti, 2009, p. 963 s.). Non a caso, si registra la«neutralità» sotto il profilo causale della disciplina normativa che «tace circa lalucratività o mutualità della rete» (F. Cafaggi, Il nuovo contratto di rete: «lear-ning by doing»?, cit., p. 1145), la quale, quindi, si presta ad una pluralità di de-clinazioni, in modo del tutto analogo – volendo azzardare un paragone – aquanto accade nella cessione del credito, posto che «Non esiste una giustifica-zione causale costantemente presente in ogni atto traslativo del credito (1260-1267). Il trasferimento si attua, secondo molteplici giustificazioni causali, me-diante l’utilizzazione di schemi (tipici o atipici) della negoziazione dei diritti[…]» (P. Perlingieri e D. Valentino, in P. Perlingieri e Aa.Vv., Manualedi diritto civile, 6ª ed., Napoli, 2007, p. 268; P. Perlingieri, Della cessione deicrediti, in Comm. c.c. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1982, p. 34).

60 Ciò appare ancóra piú decisivo se si pone mente alle insidie che si anni-dano nella causa concreta del contratto di rete che potrebbe finanche interferirecon la disciplina antitrust. Non è infatti escluso – soprattutto alla luce dell’am-pio spettro fenomenologico entro cui può estrinsecarsi la «collaborazione» trale imprese partecipanti (si pensi, in particolare, allo scambio di informazioni oprestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica) – che larete, assumendo una impropria impronta anticoncorrenziale diretta a falsare e/oa restringere il gioco competitivo, possa mascherare o dar vita ad un’intesa re-strittiva della concorrenza ovvero ad una concentrazione (cfr. M. Onorato,Nullità dei contratti nell’intesa anticompetitiva, Milano, 2012, p. 133 s.). Taleevenienza è intuita anche da D. Corapi, Dal consorzio al contratto di rete: spuntidi riflessione, in Riv. dir. comm., 2010, p. 804, il quale segnala il «pericolo cheil contratto [di rete] venga qualificato come un’intesa contraria alle norme anti-trust». Sui problemi di compatibilità – del tutto trascurati dal legislatore – dellarete con la normativa antimonopolistica, si veda la Comunicazione dell’Auto-rità garante della concorrenza e del mercato del 16 maggio 2011, n. 22362, inBoll. Aut. conc. merc., 2011, n. 17-201; e, in dottrina, M. Onorato, o.c., p. 135ss.; G. Villa, Il contratto di rete, in G. Gitti, M. Maugeri e M. Notari (acura di), I contratti per l’impresa, I, Produzione, circolazione, garanzia, Bologna,2012, p. 503 s.; A. Genovese, Contratto di rete e disciplina antitrust, in Contr.imp., 2012, p. 725 ss.; C. Crea, Il contratto di rete: un itinerario teorico-appli-cativo di riflessione, cit., p. 127 s.; E.M. Tripputi, o.c., p. 87 s.; nonché G. Oli-vieri e P. Errico, Contratto di rete e diritto antitrust, in F. Cafaggi, P. Iami-

determinazione dei traguardi dell’attività da svolgere in rete va, inol-tre, letta in uno con la pretesa di rendere tangibile e misurabile abexterno (soprattutto da parte dell’organismo pubblico investito delcontrollo) l’avanzamento verso gli obiettivi dichiarati, che si traducenella doverosa selezione di criteri ed indicatori (c.dd. «metriche diprogetto») adatti a valutare la performance di gruppo.

Stanti tali premesse, in caso di mancanza o incompletezza del qua-dro strategico e di misurazione, il contratto di rete concepito dalleparti – sebbene non nullo61 – non sarebbe senz’altro sussumibile nelmodello (astratto) prefigurato dal legislatore per conformare il coor-dinamento tra imprese ed incentivato dall’ordinamento. È giocoforzache il medesimo scenario si produca, altresí, quando l’obiettivo – an-corché contemplato – risulti ab origine palesemente impossibile o ir-realizzabile62, ovvero – dato da non trascurare – soltanto individualee non collettivo63. Di qui l’invito, sotto il profilo del drafting con-trattuale, ad «una stesura nitida dell’obiettivo che la singola rete sipone […] che deve essere precisamente articolato […]»64. Si conferma

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celi e G.D. Mosco (a cura di), Il contratto di rete per la crescita delle imprese,cit., p. 367 ss.

61 C. Scognamiglio, Dal collegamento negoziale alla causa di coordina-mento nei contratti tra imprese, in P. Iamiceli (a cura di), Le reti di imprese ei contratti di rete, cit., p. 73 ss.

62 Per di piú «[…] il contratto di rete che prefiguri un programma di atti-vità fin da principio irrealizzabile (obiettivi strategici totalmente al di fuori diquelli ragionevolmente perseguibili dalle parti, anche, in ipotesi, alla luce dell’i-nadeguatezza del fondo comune; attività comuni, poste a base della rete, al con-trario radicalmente estranee a quelle espletate, ed espletabili, dai contraenti) po-trà incappare in un giudizio di invalidità per radicale carenza del requisito dellacausa»: C. Scognamiglio, Il contratto di rete: il problema della causa, cit., p.965.

63 Quest’ultimo costituisce un punto fondamentale del contratto di rete, inquanto, il congegno pattizio (e, in primis, il programma di rete cui si accenneràtra breve) deve articolarsi in modo da assecondare, almeno in potenza, l’avan-zamento collettivo – ancorché non necessariamente paritario o contestuale – delleparti (che deve, inoltre, essere passibile di misurazione e di riscontro sulla basedi criteri oggettivi) verso gli obiettivi di crescita prefissati.

64 Cosí M. Maltoni, Il contratto di rete. Prime considerazioni alla luce dellanovella di cui alla L. n. 122/2010, cit., p. 71, il quale poco oltre precisa che «Leprime esperienze pratiche hanno già dimostrato che tale parte del contratto rap-

cosí la centralità del ruolo rivestito dal notaio rogante65 cui spetta ilcómpito – tanto piú delicato specie in chiave di prima applicazionedell’istituto – di tradurre ed adeguare nella corretta veste tecnico-giu-ridica gli intendimenti e la volontà delle parti66. Il che fa, per altroverso, emergere l’opportunità di un ausilio all’ufficio notarile da partedi altri professionisti, dal momento che contributi e apporti di espertidi altre discipline (ad esempio, economisti, aziendalisti, statistici, eco-nometristi, esperti di project management, di marketing e strategied’impresa, analisti finanziari, etc.) nella tessitura della trama negozialeappaiono irrinunciabili in simili contesti, mancando spesso al giuristale adeguate conoscenze (si pensi, per tutte, proprio alle competenzenecessarie per la scelta e la configurazione dei predetti criteri di mi-surazione della crescita collettiva).

È altresí in re ipsa la centralità della definizione del c.d. «pro-gramma (comune) di rete» (lett. c), sulla scorta del quale i networkerssi obbligano «a collaborare in forme e in àmbiti predeterminati atti-nenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi infor-mazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica otecnologica ovvero ancóra ad esercitare in comune una o piú attivitàrientranti nell’oggetto della propria impresa». La completezza e lachiarezza del regolamento pattizio in merito a tale fondamentale pas-

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presenta il nucleo essenziale della trattativa e che alle clausole inerenti è neces-sario prestare particolare attenzione, poiché le stesse, in definitiva, stabiliscono«come si fa rete» nel caso specifico».

65 M.N. Iannaccone, Il Contratto di Rete e il ruolo del notaio, in Aa.Vv.(a cura di), Reti d’impresa: profili giuridici, finanziamento e rating, cit., p. 121ss.; A. Di Sapio, I contratti di rete tra imprese, cit., p. 217; C. Crea, Il con-tratto di rete: un itinerario teorico-applicativo di riflessione, cit., p. 134; F. Ci-rianni, La costituzione del contratto di rete: aspetti operativi, in Corr. merito,2010, suppl. al n. 5, p. 25; nonché Id., Il contratto di rete, in Notariato, 2010,p. 442.

66 In ordine alla c.d. «funzione notarile di adeguamento», cfr. G. Casu, Subart. 1, in G. Casu e G. Sicchiero (a cura di), La Legge notarile commentata,2ª ed., Torino, 2010, p. 8 s.; M. Di Fabio, Manuale di notariato, 2ª ed., 2007,p. 101 ss.; F.D. Busnelli, Ars notaria e diritto vivente, in Riv. not., 1991, p. 1ss.; nonché, soprattutto per quanto concerne l’adeguamento del contenuto delcontratto ai valori costituzionali, V.E. Cantelmo, Profilo costituzionale e tipi-cità della funzione notarile, ivi, 1975 p. 1125 ss.

saggio67 si spiega in ragione dello stretto nesso che collega la com-ponente programmatica (id est, l’esposizione dello «scopo-mezzo»),oltre che con il profilo causale, con l’oggetto stesso del contratto direte, valendo a circoscrivere – fra le molteplici condotte nelle qualipuò estrinsecarsi la collaborazione tra imprenditori68 – l’insieme delleprestazioni che le parti si impegnano in concreto a svolgere69. Tantociò è vero che la riferita centralità del programma di rete nell’eco-nomia negoziale non ne tollera una generica illustrazione, bensí unadettagliata e per di piú rispettosa delle informazioni progettuali che– per volontà di legge – deve indefettibilmente esprimere: da un lato,l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun parteci-pante70 e, dall’altro, delle modalità di conseguimento dello scopo co-mune. Se è vero, dunque, che la fattispecie in esame è connotata «dalivelli di incompletezza contrattuale relativamente elevati, da definirsisuccessivamente alla costituzione della rete in sede di attuazione del

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67 F. Cirianni, La costituzione del contratto di rete: aspetti operativi, cit., p.445.

68 Quanto alla componente oggettiva del contratto di rete, cfr. F. Cafaggi,Il nuovo contratto di rete: «learning by doing»?, cit., p. 1146 ss.; A. di Lizia,(Contratto di) Rete di imprese. Rassegna e clausole contrattuali, cit., p. 282 ss.

69 Sull’oggetto del contratto inteso quale fascio delle prestazioni dedotte nelregolamento negoziale e che ciascuno dei paciscenti è tenuto ad eseguire in os-servanza dell’impegno assunto, P. Perlingieri e F. Criscuolo, in P. Perlin-gieri e Aa.Vv., Manuale di diritto civile, cit., p. 382; R. Calvo e A. Ciatti,Istituzioni di diritto civile, I, Diritto patrimoniale comune, Milano, 2011, p. 388.Piú in generale, si veda G. Gitti, La determinazione del contenuto, in Id. e G.Villa (a cura di), Il terzo contratto. Asimmetrie di potere contrattuale e im-prenditori deboli, cit., p. 83 ss.

70 Per una rassegna dei principali diritti e obblighi deducibili nel contrattodi rete, E.M. Tripputi, Il contratto di rete, cit., p. 70 s.; F. Cafaggi e M. Gob-bato, Rischio e responsabilità nella rete, in F. Cafaggi (a cura di), Il contrattodi rete. Commentario, Bologna, 2009, p. 92 ss. Ad ogni modo, è utile ribadireche le prestazioni poste a carico dei singoli partecipanti devono essere tali daconsentire un coinvolgimento «corale» – anche se a diverso titolo e con moda-lità o volumi di impegno differenti – all’attività della rete, volendo con ciò scon-giurare condotte di «free riding» da parte di una o piú imprese che rischiereb-bero di compromettere la «collaborazione competitiva» che connota le reti con-trattuali incentivate dall’ordinamento.

programma»71, è altrettanto vero che la mancata descrizione di «mo-delli di condotta specifici e determinati»72 e delle diverse posizioni al-l’interno del network renderebbe troppo indeterminato l’oggetto73: insostanza, l’ordinamento intende subordinare il regime agevolativo allaconoscenza o conoscibilità delle dinamiche negoziali prescelte, esi-gendo che il programma sia idoneo ad attestare la «serietà» della retesí da giustificare agli occhi del soggetto pubblico l’utilità e l’adegua-tezza dell’operazione negoziale perfezionata.

4. Sussistono, per contro, altri elementi contenutistici che, quan-tunque richiamati nel catalogo legislativo, appaiono facoltativi, cioènon indispensabili, dal momento che non sono in grado di compro-mettere la fisionomia della fattispecie contrattuale rendendola – ai finidel controllo amministrativo – carente sotto il profilo causale o og-gettivo.

Spesso, infatti, ove le parti abbiano omesso di regolare taluniaspetti della rete è possibile ricorrere in via suppletiva ad altri regi-stri normativi che – con crescente approssimazione e sempre a se-conda del caso74 – sono identificabili nella disciplina dei consorzi75;

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71 F. Cafaggi e P. Iamiceli, La governance della rete, in F. Cafaggi (acura di), o.u.c., p. 46.

72 C. Camardi, Dalle reti di imprese al contratto di rete nella recente pro-spettiva legislativa, cit., p. 931.

73 Tuttavia, secondo M. Maltoni, Il contratto di rete. Prime considerazionialla luce della novella di cui alla L. n. 122/2010, cit., p. 72, in base ai princípigenerali, sarebbe parimenti possibile che l’oggetto non sia determinato, ma sol-tanto determinabile, con facoltà di ricorrere in tal caso a forme di arbitraggioex art. 1349 c.c., «in funzione dell’adeguamento del contenuto degli obblighimedesimi al mutamento dello scenario economico nel quale la rete è chiamataad operare».

74 Difatti, la concreta natura degli obblighi assunti dai retisti e delle formuleorganizzative impiegate dalla rete potrebbe precludere il rinvio alle norme di sé-guito menzionate nel testo come pure comportare l’operatività di discipline af-ferenti ad altre e piú specifiche fattispecie negoziali (ad esempio, a.t.i., g.e.i.e.,contratto di joint venture, franchising, subfornitura, associazione in partecipa-zione, etc.).

75 I punti di convergenza tra contratto di rete e consorzio sono evidenziatida A. Pisani Massamormile, Profili civilistici del contratto di rete, cit., p. 399

in quella delle società76; e, de residuo, in quella del contratto in ge-nerale77 (com’è insito nell’art. 1323 c.c.), a condizione che le norme

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ss.; e da G. Marasà, Contratti di rete e consorzi, in Corr. merito, 2010, suppl.al n. 5, p. 9 ss. Si sofferma su analogie (e differenze) anche R. Santagata, Il«contratto di rete» fra (comunione di) impresa e società (consortile), in Riv. dir.civ., 2011, I, p. 332 ss., il quale giunge a configurare la rete quale «società con-sortile di diritto speciale» (pp. 339 e 344); dal canto suo D. Corapi, Dal con-sorzio al contratto di rete: spunti di riflessione, cit., p. 798 s., partendo dall’as-sunto che «il contratto [di rete] altro non è che un particolare tipo di consor-zio», sostiene che «Lo scopo del contratto di rete, come quello del contratto diconsorzio, è uno scopo mutualistico […]»; contra G.D. Mosco, Il contratto direte dopo la riforma. Che tipo!, in F. Cafaggi, P. Iamiceli e G.D. Mosco (acura di), Il contratto di rete per la crescita delle imprese, cit., p. 33 s., per il qualetrattasi di figure simili ma che conservano ciascuna la propria autonomia. Senz’al-tro, l’omogeneità della rete con il consorzio fa sí che la normativa consortilepossa essere invocata per far fronte alle insufficienze regolative (della legge e/o)delle parti e procedere cosí all’individuazione della disciplina del caso concreto.In tal senso, cfr. C. Crea, Il contratto di rete: un itinerario teorico-applicativodi riflessione, cit., p. 146, secondo la quale «[…] la normativa in tema di con-sorzi potrebbe essere sovente di ausilio dinanzi a manchevolezze ed ambiguitàdella legge sul contratto di rete […]»; nonché G. Villa, Reti di imprese e con-tratto plurilaterale, cit., p. 948, nota 7. Forti di tale convinzione, non è affattonecessario ammettere – come fa D. Corapi, o.c., p. 802 – che «Sarebbe statopiú semplice e piú utile […] che il legislatore avesse qualificato esplicitamente icontratti di rete come contratti di consorzio ai sensi degli artt. 2602 e segg. c.c.,rendendo cosí applicabili anche a questi contratti immediatamente e senza dubbio contrasti le regole che, non solo la legge, ma anche la prassi contrattuale pas-sata al vaglio della giurisprudenza ha già elaborato per i consorzi».

76 Per F. Guerrera, Brevi considerazioni sulla governance nei contratti direte, cit., p. 352, «in mancanza di uno «statuto della rete» e, piú in generale,della previsione delle regole contrattuali di funzionamento della organizzazionedi rete, non potrà che farsi ricorso ai princípi generali desumibili dalla organiz-zazione legale delle società di capitali o cooperative per risolvere gli inevitabiliproblemi interpretativi e conflitti endo-associativi prospettati dall’attuazione delcontratto».

77 Come spiega P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionalesecondo il sistema italo-comunitario delle fonti, cit., p. 341 ss., la dicotomia, pro-pugnata dalla dottrina, tra la disciplina generale del contratto e le singole disci-pline dei c.dd. contratti tipici va ridimensionata, ferma l’interdipendenza che sus-siste tra i due corpora normativi e che fa «Sí che la disciplina di un singolo con-tratto non è affatto esaustiva, ma va completata con le discipline del contrattoin generale e delle situazioni patrimoniali» (p. 344). Diversamente, «la parte ge-

del diritto contrattuale comune siano compatibili78 con la condivisanatura «associativa» ovvero «plurilaterale con comunione di scopo»79

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nerale del contratto e, ancor piú, i princípi generali di derivazione non soltantocodicistica, ma anche speciale e comunitaria, rischiano di non trovare correttaapplicazione» (p. 342 s.); pertanto, «Siffatta posizione, che separa la disciplinadel contratto in generale dalla disciplina dei singoli particolari contratti, non èaccettabile, in quanto il particolare non si può non includere nel generale. La«disciplina particolare» non esclude certo il suo inserimento nel sistema, anzi lopresuppone: non è possibile individuare la disciplina del singolo contratto senon lo si colloca nella disciplina generale del contratto e, piú ampiamente, nelsistema rappresentato dall’intero ordinamento giuridico» (p. 344). La centralitàrivestita dalle «norme generali sul contratto» è ampiamente suffragata, altresí, daG. Benedetti, Il diritto comune dei contratti e degli atti unilaterali tra vivi acontenuto patrimoniale, 2ª ed., Napoli, 1997, p. 56 ss.

78 Il limite della «compatibilità» rievoca quello scolpito nell’art. 1324 c.c. dalquale si fa dipendere l’applicazione (diretta e non analogica: sul punto, G. Be-nedetti, o.c., pp. 13 s. e 87 ss.) delle norme che regolano i contratti anche agliatti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale. Un immediato paralleli-smo con il meccanismo codicistico de quo si rintraccia là dove si dispone che«al fondo patrimoniale comune si applicano, in quanto compatibili, le disposi-zioni di cui agli articoli 2614 e 2615, secondo comma, del codice civile» (art. 3,comma 4 ter, n. 2) dettati in tema di consorzi; che «per la redazione della si-tuazione patrimoniale, l’organo comune osserva «in quanto compatibili, le di-sposizioni relative al bilancio di esercizio della società per azioni […]»; e che«si applica, in quanto compatibile, l’articolo 2615-bis, terzo comma, del codicecivile» ancóra una volta attinente alla normativa consortile (art. 3, comma 4 ter,n. 3). Sfruttando tale logica, è dato affermare – con un maggiore grado di astra-zione – che l’applicazione in via suppletiva alla rete di norme previste per spe-cifiche tipologie contrattuali è consentita previo giudizio positivo di compatibi-lità che esige innanzitutto che le previsioni di volta in volta considerate si ad-dicano al genus dei contratti associativi con comunione di scopo.

79 Per un recente inquadramento della categoria, M. D’Ambrosio, Parteci-pazione e attività. Contributo allo studio delle associazioni, Napoli, 2012, p. 23ss. Secondo un consolidato insegnamento (F. Messineo, Contratto plurilateralee contratto associativo, in Enc. dir., X, Milano, 1962, p. 141 ss.; G. Ferri, Con-tratto plurilaterale, in Noviss. dig. it., IV, Torino, 1959, p. 679 s.; A. Belvedere,Contratto plurilaterale, in Dig. disc. priv., IV, Torino, 1989, p. 272) nei contratticon comunione di scopo (anche detti «di collaborazione») le prestazioni dei con-traenti, pur se occasionalmente possono «incrociarsi» (andando l’una a vantag-gio esclusivo dell’altro come, invece, di regola accade nei contratti «di scam-bio»), convergono tutte in un’unica direzione che coincide con il fine cui tendel’attività comune (V. Auletta, La comunione di scopo e la causa del contratto

del contratto di rete80. Sulla scia di tale ragionamento difficilmentepotrebbe essere negata la registrazione (e/o l’asseverazione81) di unarete qualora manchi l’indicazione della durata del contratto82 o dellemodalità di adesione degli altri imprenditori (lett. d), come pare tral’altro confermare la circostanza che il disposto legislativo fa di lí apoco salva «in ogni caso l’applicazione delle regole generali di leggein materia di scioglimento totale o parziale dei contratti plurilateralicon comunione di scopo», quasi a voler già additare all’interprete uncorpus di norme (che troverebbero applicazione diretta e non sem-plicemente in via analogica) cui attingere o fare riferimento per fron-teggiare eventuali lacune.

Quanto al primo aspetto, ferma restando la durevolezza della rete– che è in re ipsa, stante l’inconciliabilità dei suoi connotati funzio-

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di società, Riv. dir. civ., 1937, p. 1 ss.), generando cosí un vantaggio per tutti icontraenti.

80 L’accostamento – legislativamente accreditato – del contratto di rete aquelli c.dd. «associativi» (o «plurilaterali con comunione di scopo») incontralargo consenso dottrinario: G. Villa, Il coordinamento interimprenditoriale nellaprospettiva del contratto plurilaterale, cit., p. 107; G.D. Mosco, Frammenti ri-costruttivi del contratto di rete, cit., p. 839; V. Moscatelli, Note sulla disciplinadei «contratti di rete», in Vita not., 2010, p. 1038, il quale, però, non altrettantocondivisibilmente attribuisce natura societaria al rapporto sottostante che si in-staura tra le imprese contraenti (p. 1044); nonché, piú di recente, A. di Lizia,(Contratto di) Rete di imprese. Rassegna e clausole contrattuali, cit., p. 279; M.Maltoni, Il contratto di rete. Prime considerazioni alla luce della novella di cuialla L. n. 122/2010, cit., p. 67; R. Santagata, Il «contratto di rete» fra (comu-nione di) impresa e società (consortile), cit., p. 329; e A. Pisani Massamormile,Profili civilistici del contratto di rete, cit., p. 362 ss., il quale in modo persua-sivo dimostra, inoltre, come la rete non potrebbe essere – neppure là dove cosílasciasse deporre la volontà delle parti (che risulta quindi condizionata) – strut-turato in termini di contratto di scambio (pp. 371 s. e 381).

81 Si rammenta che l’asseverazione – condicio sine qua non per beneficiaredelle agevolazioni fiscali – è rilasciata previa verifica «della sussistenza degli ele-menti propri del contratto di rete e dei relativi requisiti di partecipazione incapo alle imprese che lo hanno sottoscritto […]» (art. 4, d.m. 25 febbraio 2011).Cfr., inoltre, la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 15/E del 14 aprile 2011;e, in dottrina, M. Onza, La procedura di «asseverazione» del contratto di rete,Riv. dir. priv., 2012, p. 435 ss.

82 Dubita dell’essenzialità di codesto requisito anche C. Patriarca, La «co-stituzione» delle reti d’impresa, cit., p. 102.

nali con modalità di esecuzione istantanee destinate ad esaurirsi unoactu83 –, sarebbe possibile, mutuando la disciplina sancita per i con-sorzi, considerare il contratto privo di clausole riguardanti l’esten-sione temporale del vincolo efficace per dieci anni ai sensi dell’art.2604 c.c. ovvero, se tale periodo non risultasse congruo rispetto agliobiettivi strategici concretamente assegnati alla rete, a tempo indeter-minato (c.d. «open-ended»)84.

Quanto al secondo aspetto, anche la concreta fissazione delle re-gole di ingresso nella compagine reticolare di altri imprenditori co-stituisce una semplice facoltà cui non si ricollegano conseguenze pre-giudizievoli in caso di omissione85. D’altronde, se si ragionasse insenso opposto, si dovrebbe per assurdo ammettere il carattere neces-sariamente «aperto» della rete, con illegittimità di qualsiasi clausolavolta ad impedire l’ammissione di altri partecipanti; invero la dottrinaha rilevato soltanto la «naturale» apertura della rete, caratteristica checostituisce quindi una semplice vocazione e che lascia impregiudicatala scelta di optare per una totale «blindatura» del contratto sotto ilprofilo soggettivo ove si volesse impedire qualsiasi variazione in ter-mini additivi della formazione iniziale86. Anzi, se nulla risulta dai ter-mini dell’accordo, la rete avrà – analogamente a quanto si ritiene peri consorzi87 – struttura «chiusa», di talché l’accrescimento del numero

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83 Sulla «valenza causale» della durata nell’àmbito della contrattazione traimprese, C. Crea, Reti contrattuali e organizzazione dell’attività d’impresa, cit.,p. 266 ss.

84 Tale lettura, oltre a trovare riscontro sul piano pratico in alcuni contrattidi rete già in essere (cfr. quello costitutivo del «Polo Alta Moda dell’Area Ve-stina», sulle cui principali caratteristiche si intrattengono T. Pucci e L. Zanni,La ricerca di vantaggio competitivo nelle strategie di rete: analisi e confronto dialcuni casi significativi, in L. Zanni e M. Bellavista (a cura di), Le reti di im-presa. Una guida operativa per l’avvio di partnership imprenditoriali, cit., p. 80ss.), è confortata anche da E.M. Tripputi, Il contratto di rete, cit., p. 82, la qualetuttavia ritiene che all’assenza di predeterminazione della durata debba fare dacontraltare il riconoscimento alle imprese retiste di un diritto di recesso ad nu-tum (salvo preavviso).

85 E.M. Tripputi, o.c., p. 83.86 M. Maltoni e P. Spada, Il «Contratto di Rete», cit., p. 1204 s.87 G. Perone, L’interesse consortile, Milano, 2008, p. 23; G.F. Campobasso,

Diritto commerciale, I, Diritto dell’impresa, 6ª ed. a cura di M. Campobasso, To-

delle presenze lungi dal non essere praticabile, implicando però – inossequio ai princípi generali – una modifica contrattuale subordinataal consenso unanime delle parti88. Per altro verso, non sarebbero ipo-tizzabili valutazioni negative neppure se il contratto di rete, ancor-ché volutamente assoggettato al criterio della «porta aperta», non spe-cificasse le condizioni di adesione dei nuovi imprenditori: opererebbela previsione integrativa di cui all’art. 1332 c.c. valida per i negozi as-sociativi in forza della quale «Se ad un contratto possono aderire al-tre parti e non sono determinate le modalità dell’adesione, questa deveessere diretta all’organo che sia stato costituito per l’attuazione delcontratto o, in mancanza di esso, a tutti i contraenti originari»89.

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rino, 2008, p. 268 s. È diffuso il convincimento che il principio della «porta aperta»sia normale ma non anche connaturato alla struttura consortile. Cfr., sul punto, G.Volpe-Putzolu, I consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi,in G. Ghidini, M. Libertini e G. Volpe-Putzolu (a cura di), La concorrenza ei consorzi, in Tratt. dir. comm. Galgano, IV, Padova, 1981, p. 380 s.; G.D. Mosco,I consorzi tra imprenditori, Milano, 1988, p. 157 ss.; M. Sarale, La regolamenta-zione dei consorzi e delle società consortili, in G. Cottino, M. Sarale e R. Weig-mann (a cura di), in Tratt. dir. comm. Cottino, III, Padova, 2004, p. 498 s.

88 Posto che la normativa in tema di consorzio – in linea con quella gene-rale ricavabile dagli artt. 1321 e 1372, comma 1, c.c. – pretende l’unanimità (art.2607 c.c.), non si scorgono ragioni per non estendere il medesimo criterio an-che alle deliberazioni volte a modificare il contratto di rete: d’altro canto, de-roghe (disposte dall’autonomia privata) in favore della modificabilità a maggio-ranza sono ammesse – come si desume della stessa lett. f – soltanto in relazioneal programma di rete. La facoltà di prevedere «la modificabilità a maggioranzadel programma di rete» reca, infatti, con sé un duplice corollario: il primo, ra-gionando a contrario, che in assenza di un’espressa pattuizione, tali variazionirichiedono il consenso di tutti gli aderenti; il secondo, seguendo il broccardo«ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit», che il principio maggioritario non è con-cepibile per qualsivoglia modifica contrattuale, ma appunto soltanto per quelleinerenti al programma.

89 A seconda dei casi, quindi, la decisione sull’ammissione di nuovi im-prenditori è rimessa all’organo comune (se istituito) ovvero al consenso una-nime dei singoli retisti. Un’eventuale decisione a maggioranza potrebbe intrave-dersi soltanto in costanza di una corrispondente previsione contrattuale che sfruttigli spazi di autonomia concessi dall’art. 3, comma 4 ter, lett. f, il quale accordala facoltà di dettare «le regole per l’assunzione delle decisioni dei partecipantisu ogni materia o aspetto di interesse comune che non rientri, quando è statoistituito un organo comune, nei poteri di gestione conferiti a tale organo».

Esulano, infine, dal contenuto minimo essenziale della rete anche«le regole per l’assunzione delle decisioni dei partecipanti su ogni ma-teria o aspetto di interesse comune che non rientri, quando è statoistituito un organo comune, nei poteri di gestione conferiti a tale or-gano». La mancata esplicitazione dei contenuti fissati sub lett. f può,infatti, essere colmata dalla disciplina codicistica che prevede che ledelibere «relative all’attuazione dell’oggetto del consorzio sono presecon il voto favorevole della maggioranza dei consorziati» (art. 2606c.c.). Ne discende che, nel silenzio della fonte convenzionale, tutte ledecisioni (comprese quelle di natura esecutiva e gestionale ove difettil’organo comune) che si rendesse doveroso assumere per l’attuazionedel contratto sono sottoposte al principio maggioritario (da calcolareper teste se non previsto diversamente).

5. In estrema sintesi, due sono i dati salienti che ci restituisconole riflessioni appena svolte:

1) la ratio eminentemente promozionale della normativa sul con-tratto di rete – orientata alla diffusione, anche attraverso l’estensioneai partecipanti di appositi vantaggi, dei fenomeni associativi tra im-prese – lascia preferire una lettura «soft» delle relative disposizioni,che conduce ad escludere la portata imperativa dei vincoli di forma-contenuto imposti ex art. 3, comma 4 ter, l. n. 33 del 2009 e, di con-seguenza, a negare la nullità radicale dei contratti non aderenti allostandard legale;

2) rispetto al paradigma contenutistico scolpito dal legislatore nellelett. a-f, del citato comma 4 ter, non ogni carenza della volontà pat-tizia presenta identica caratura e, soprattutto, non sempre si manife-sta tale da rendere il contratto di rete privo degli attributi obbliga-tori pretesi dalla norma non iscrivibile nel registro delle imprese e/onon meritevole di accedere ai benefíci accordati dalla legge.

Entrambi gli approdi concorrono a rafforzare l’assunto di par-tenza che il contratto di rete (riconosciuto e strutturato ai sensi del-l’art. 3, comma 4 ter, cit.) rappresenta uno «schema di sintesi» ov-vero una «categoria trasversale» e che, quindi, non è l’unico modelloammesso per governare i rapporti reticolari tra imprese, ma soltantouna delle molteplici opzioni che si offrono nella pratica per calibraree impostare il coordinamento interimprenditoriale.

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