Risoluzione del contratto e risarcimento dell’interesse negativo

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Andrea Montanari RISOLUZIONE DEL CONTRATIO E RISARCIMENTO DELCINTERESSE NEGATIVO SoMMARIO: 1. Risoluzione e violazione del contratto. 2. Segue: il fondamento della risoluzione tra struttura corrispettiva ed assetto di interessi della lex contractus. - 3. n danno da risoluzione. La tesi del risarcimento del- !'interesse positivo. - 4. Segue: critica. - 5. Premessa di una soluzione diversa: il « caso clinico» della risoluzione per impossibilità imputa- bile. - 6. Segue: danno da risoluzione e risarcimento dell'interesse nega- tivo. - 7. n danno da risoluzione come danno consequenziale. - 8. n danno contrattuale. - 9. L'interesse negativo. - lO. Segue: l'interesse ne- gativo da risoluzione. 1. Il problema del danno da risoluzione, ma più in gene- rale !'intero istituto della risoluzione, consente di rivisitare il rapporto tra la tutela dell'obbligazione e quella del contratto, per sottolineame le specificità (1). La scelta del legislatore del '42 di fissare nell'inadempi- mento il presupposto della risoluzione ne ha alimentato la let- tura tradizionale come vicenda dell'obbligazione e non già del contratto (2). Tale lettura potrebbe apparire giustificata dalla (1) Sulla necessità di distinguere tra tutela del contratto e tutela del- l'obbligazione cfr. L. Mengoni, La parte generale delle obbligazioni, Riv. crit. dir. priv., 1984, 507 s.; M. Giorgianni, La « parte generale}) delle obbligazioni a 50 anni dall'entrata in vigore del codice civile, Le ragioni del diritto. Scritti in onore di Luigi Mengoni, I. Diritto Civile (Milano 1995), 535 s. e Raccolta di scritti. Itinerari giuridici tra pagine classiche e recenti contributi (Padova 1996),255 s. (2) Cfr. L. Barassi, La teoria generale delle obbligazioni. III. L'attuazio- ne 2 (Milano 1948), 238; G. Persico, L'eccezione d'inadempimento (Milano 1955), 114 s.; A. Dalmartello, Risoluzione del contratto, Noviss. Digesto ita- liano, XVI (Torino 1957), 128 s.; R. Miccio, Delle obbligazioni in generale,

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Andrea Montanari

RISOLUZIONE DEL CONTRATIO E RISARCIMENTO DELCINTERESSE NEGATIVO

SoMMARIO: 1. Risoluzione e violazione del contratto. 2. Segue: il fondamento della risoluzione tra struttura corrispettiva ed assetto di interessi della lex contractus. - 3. ndanno da risoluzione. La tesi del risarcimento del­!'interesse positivo. - 4. Segue: critica. - 5. Premessa di una soluzione diversa: il « caso clinico» della risoluzione per impossibilità imputa­bile. - 6. Segue: danno da risoluzione e risarcimento dell'interesse nega­tivo. - 7. n danno da risoluzione come danno consequenziale. - 8. n danno contrattuale. - 9. L'interesse negativo. - lO. Segue: l'interesse ne­gativo da risoluzione.

1. Il problema del danno da risoluzione, ma più in gene­rale !'intero istituto della risoluzione, consente di rivisitare il rapporto tra la tutela dell' obbligazione e quella del contratto, per sottolineame le specificità (1).

La scelta del legislatore del '42 di fissare nell'inadempi­mento il presupposto della risoluzione ne ha alimentato la let­tura tradizionale come vicenda dell' obbligazione e non già del contratto (2). Tale lettura potrebbe apparire giustificata dalla

(1) Sulla necessità di distinguere tra tutela del contratto e tutela del­l'obbligazione cfr. L. Mengoni, La parte generale delle obbligazioni, Riv. crit. dir. priv., 1984, 507 s.; M. Giorgianni, La « parte generale}) delle obbligazioni a 50 anni dall'entrata in vigore del codice civile, Le ragioni del diritto. Scritti in onore di Luigi Mengoni, I. Diritto Civile (Milano 1995), 535 s. e Raccolta di scritti. Itinerari giuridici tra pagine classiche e recenti contributi (Padova 1996),255 s.

(2) Cfr. L. Barassi, La teoria generale delle obbligazioni. III. L'attuazio­ne2 (Milano 1948), 238; G. Persico, L'eccezione d'inadempimento (Milano 1955), 114 s.; A. Dalmartello, Risoluzione del contratto, Noviss. Digesto ita­liano, XVI (Torino 1957), 128 s.; R. Miccio, Delle obbligazioni in generale,

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circostanza che l'inadempimento è categoria dell'obbligazione (art. 1218 c.c.) e ciò induce a richiamarne la disciplina, ma in realtà essa sembra il frutto dì una non sufficiente considera­zione delle novità introdotte con la codificazione del '42 nella disciplina del contratto. Tra di esse una delle più significative è proprio la figura del contratto con prestazioni corrispettive, sco­nosciuta al codice del 1865 e comprensiva tanto dei contratti ad effetti obbligatori quanto dei contratti ad effetti reali (3).

l (Torino 1957), 144 S.; C.M. Bianca, Dell'inadempimento delle , Comm. Scialoja - Branca, Art. 1218-1229 (Bologna-Roma 1979), 162 S.; A. Belfiore, Risoluzione del con­tratto per inadempimento, Enc. dir., XL (Milano 1989), 1316 S.; M. Tamponi, La risoluzione per inadempimento, I contratti in generale, II, a cura di E. Ga­brielli, Tratt. Rescigno (Torino 1999), 1485 S., 185; G. Sicchiero, La risolu­zione per inadempimento, Comm. Schlesinger - Busnelli, Art. 1453-1459 (Mi­lano 2007), 161; F. Galgano, Trattato di diritto civile, II (Padova 2009), 500 S.; P.M. Putti, La risoluzione, Diritto civile, III. Obbliga7.ioni, 2. Il contratto in generale, coordinato da A. Zoppini, diretto da N. Lipari e P. Rescigno (Mi­lano 2009), 1147 s. Contra M. Dellacasa, inadempimento e risoluzione del contratto: un punto di vista sulla giurisprudenza, Danno resp., 2008, 261 nt. 3, spec. 263. I:inadempimento sovente indicato con il termine colpa - è criticato anche da L. Mosco, La risoluzione del contratto per inadempimento (Napoli 1950), 18 S.; M. Giorgianni, L'inadempimento. Corso di diritto civile3

(Milano 1975),312 S., 320 S.; G. Scalfi, Risoluzione del contratto. l) diritto ci­vile, Enc. giuro Treccani, XXVII (Roma 1991),3; G. Pisciotta, La risoluzione per inadempimento (Milano 2000), 42; G. Amadio, Inattuazione e risoluzione: la fattispecie, Tratt. del contratto, v: Rimedi, 2, a cura di V. Roppo (Milano 2006), 73; M. Costanza, sub art. Comm. Scialoja - Branca - Galgano, I, 2, Art. 1455-1459 (Bologna-Roma 2007), 62 s. spec. 64; A. di Majo, Le tutele contrattuali (Torino 2009), 207 S.; A. Plaia, risoluzione per mancanza di qua­lità e colpa del venditore, Contratti, 2010,631 S.; S. Lorenz, Prospettive del di­ritto europeo dei contratti: la violazione di un obbligo, Riv. dir. civ., 2010, I, 104 s.

(3) Cfr. la Relazione del Ministro Guardasigilli al Codice civile n. 660 e in dottrina M. de Simone, Il contratto con prestazioni corrispettive, Riv. trim. dir. proc. civ., 1948, 26 S.; G. ScaIri, Osservazioni sui contratti a presta­zioni corrispettive, Riv. dir. comm., 1958, I, 455-456; Id., Corri!:>pettività e alea nei contratti (Milano-Varese 1960), lO S.; A. Pino, Il contratto con prestazioni corrispettive. Bilateralità, onerosità e corrispettività nella teoria del contratto (Padova 1963), 39 S.; G. Biscontini, Onerosità, corrispettività e qualificazione dei contratti. Il problema della donazione mista (Napoli 1984), 13 S.; R. Ver­dem Server, Inadempimento e risoluzione del contratto (Padova 1994), 13 S.; Tamponi, La risoluzione cit.. 1480.

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La sovrapposizione di tutela contro !'inadempimento del­l'obbligazione e di tutela del contratto dipende dall'idea che di quest'ultimo era fatta propria dal codice abrogato, quale « ac­cordo di due o più persone per costituire, regolare o sciogliere fra loro un vincolo giuridico» (art. 1098 c.c. 1865), ove per {( vincolo giuridico» si intendeva esclusivamente quello cui dà luogo l'obbligazione (4). Questa concezione discende dell'espe­rienza giuridica francese (5), ma è superata dal legislatore del '42 che all'art. 1321 c.c. menziona non più il vincolo, ma il rap­porto giuridico e vi include anche la funzione traslativa o co­stitutiva di diritti reali (6).

La nozione di contratto che emerge risulta, pertanto, di gran lunga più ampia come conferma la definizione dell' og­getto che gli artt. 1346 ss. c.c. identificano in modo univoco con la « prestazione» (7), la quale non va intesa ovviamente

(4) Sotto il codice del 1865 la dottrina era solita distinguere tra con­tratto e convenzione, designando, il primo, l'accordo diretto a costituire un'obbligazione e, la seconda, ogni specie d'accordo su un oggetto di inte­resse giuridico, che poteva avere quale contenuto sia la costituzione di un'ob­bligazione sia la costituzione di un diritto reale. Cfr. R. de Ruggiero, Istitu­zioni di diritto civile7

, III. Diritti di obbligazione. Diritto ereditario (Messina­Milano 1935),241-242. Contra G. Pacchioni, Dei contratti in generale2

, Diritto civile italiano, II, 2 (Padova 1936), 7 s. secondo cui nel codice del 1865 era accolta « una definizione assai lata che comprende[va] tutti i contratti, tanto obbligatori che reali non solo, ma anche quelli famigliari, successori ecc. ».

(5) Com'è noto si deve all'insegnamento di Pothier l'impossibilità di concepire il contratto come immediatamente produttivo di effetti reali ed il conseguente accoglimento esclusivo della figura dei contratti obbligatori. Cfr. sul punto de Ruggero, Istituzioni, III cit., 241 s.; G. Osti, Contratto, No­visso die:. it., IV (Torino 1959),490.

Così F. Messineo, Contratto priv.), Enc. dir., IX (Milano 1961), 817, il quale rileva che il distacco dal Code dvil era già presente sotto il co­dice del 1865 laddove si assegnava al contratto, non solo la funzione di co­stituire il vincolo giuridico - come l'art. 1101 (òde civil-, ma anche quella di regolare e di sciogliere il medesimo. Contra Osti, Contratto cit., 468, che dà minore rilevanza all'innovazione di cui si discorre supra in testo, sottoli­neando che in realtà la definizione di contratto del nuovo codice costituisce un pertezionamento meramente formale dell'idea sostanziale di contratto già desumibile per via di interpretazione sistematica dal codice del 1865.

(7) Cfr. Scalfi, Corrispettività cit., 21; Osti, Contratto cit., 503, il quale rileva, riferendosi a G. Giorgi, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano7

, III. Fonti delle obbligazioni - Contratti (Firenze 1907), 379 s., che

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nel significato circoscritto di oggetto dell'obbligazione di cui discorre l'art. 1174 c.c. Nel codice del '42 la prestazione coin­cide, infatti, con l'apporto da un soggetto ad un altro, che può essere procurato tramite differenti mezzi giuridici: «col far derivare immediatamente dal contratto il trasferimento della proprietà di una cosa, la costituzione o il trasferimento della proprietà di altri diritti, oppure colla costituzione di un rap­porto obbligatOlio, onde il concreto risultato utile sia differito ad un momento successivo e fatto dipendere dall'adempi­mento della obbligazione assunta dal soggetto passivo del rap­portO» (8).

Rispetto alla normativa previgente la disciplina del con­tratto prevista dal nuovo codice appare, dunque, maggior­mente autonoma da quella dell'obbligazione, acquisendo una dimensione più specifica rappresentata dal contesto più ampio in cui sono collocati gli interessi coinvolti. E di tutto ciò si trae conferma anche dalle norme sulla risoluzione del contratto con prestazioni corrispettive (artt. 1453 ss. c.c.) (9), !'introdu­zione del quale ha scalzato la categoria del contratto bilaterale prevista dall'art. 1165 c.c. 1865 (10) ed è stata salutata dalla dottrina come la risposta all'esigenza di estendere l'ambito d'applicazione della risoluzione oltre i contratti ad effetti ob­

il concetto di cui supra in testo era già stato elaborato dalla dottrina sotto il codice del 1865, nonostante la prevalente considerazione del contratto come mera fonte di obbligazione. Contra, con specifico riferimento al pensiero di Osti, Messineo, Contratto cit., 836 s., ma v. già Id., Dottrina generale del con­tratto (artt. 1321-1469 c.c.) (Milano 1944), 91 secondo cui« la prestazione è concetto attinente alla materia dell'obbligazione e non a quella del contratto, poiché la prestazione propriamente è il contenuto dell'obbligazione ".

(8) Osti, Contratto cit., 503. (9) Cfr. per indicazioni in senso contrario G. Cian, La ftgura generale

dell'obbligazione nell'evoluzione giuridica contemporanea fra unitarietà e plu­ralità degli statuti, Riv. dir. civ., 2002, I, 496 S.

(lO) Nel codice del 1865, com'è noto, la risoluzione costituiva l'effetto deU'aweramento di una condizione risolutiva implicita dei contratti bilate­rali: {{ la condizione risolutiva è sempre sottintesa nei contratti bilaterali, pel caso in cui una delle parti non soddisfaccia alla sua obbligazione. In questo caso il contratto non è sciolto di diritto. La parte verso cui non fu eseguita l'obbligazione ha la scelta o di costringere l'altra all'adempimento del con­tratto, quando sia possibile, o di domandarne lo scioglimento, oltre il risar­cimento del danno in ambedue i casi» (art. 1165).

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bligatori fino ai contratti ad effetti reali (11). Questa lettura non convince però per due ragioni: in primo luogo, perché as­segna alla definizione di contratto con prestazioni corrispet­tive una connotazione che è già inclusa nell'idea rinnovata di contratto e, in secondo luogo, perché trascura la trasversalità del contratto con prestazioni corrispettive, la cui nozione pre­scinde dalla coppia contratti ad effetti obbligatori-contratti ad effetti reali, fondandosi piuttosto sulla particolare relazione che contraddistingue il denominatore comune, ossia la prestazione.

Il contratto con prestazioni corrispettive s'incentra, quindi, sul rapporto tra le prestazioni, piuttosto che tra le ob­bligazioni, e ne segnala il « nesso speciale, che è detto di corri­spettività, e che consiste nell'interdipendenza (o causalità reci­proca) fra esse, per cui, ciascuna parte non è tenuta aua pro­pria prestazione, se non sia dovuta, ed effettuata, la presta­zione dell'altra}} (12).

(11) Sull'inadeguatezza della nozione di contratto bilaterale a com­prendere i contratti che non danno vita ad obbligazioni cfr. L. Barassi, Con­tratto di lavoro, I (Milano 1915),393 nt. 1; G. Deiana, Concetto e natura giu­ridica del contratto di divisione, Riv. dir. civ., 1939, 15 s.; M. Allara, La presta­zione in luogo di adempimento, Annali sem. giuro univo Palermo, 1929,75 nt. 1. In quest'ottica la nuova disciplina avrebbe comportato, quindi, non già una metamorfosi formale del dato codicistico, bensì una modifica sostan­ziale sul versante della maggiore estensione applicativa della risoluzione ri­spetto a quella prevista dal codice del 1865: de Simone, Il contratto cit., 26 s.; Scalfi, Corrispettività cit., lO s.; Verdera Server, Inadempimento cit., 13 s.; Tamponi, La risoluzione cit., 1480. Secondo Pino, Il contratto con prestazioni corrispettive cit., 39 s. la differenza tra la figura del contratto con prestazioni corrispettive e la figura del contratto bilaterale risiede nella diversa prospet­tiva da cui queste sono disciplinate: mentre il regime giuridico del contratto con prestazioni corrispettive appare notevolmente più ampio, riferendosi sia alla fase della conclusione sia alla fase dell' esecuzione; quello del contratto bilaterale era regolato sotto l'esclusivo angolo visuale dell'inadempimento dell'obbligazione. Contra Osti, Contratto cit., 490.

(12) Messineo, Contratto cit., 911. In dottrina è pressoché pacifica l'identificazione del nesso di corrispettività con il collegamento causale o di interdipendenza tra le prestazioni, per cui l'una trova la sua giustificazione nell'altra: de Simone, Il contratto cit., 48; F. Santoro - Passarelli, Dottrine ge­nerali del diritto civile7 (Napoli 1962), 221; A. Cataudella, Sul contenuto del contratto (Milano 1974),319; A. Luminoso, sub art. 1453, A. Luminoso - U. Carnevali - M. Costanza, Della risoluzione per inadempimento, Comm. Scia­loja _ Branca - Galgano, Art. 1453-1454, I, 1 (Bologna-Roma 1990),2 s.; Ver­

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Il significato autentico dell'innovazione fatta segnare dal contratto con prestazioni corrispettive non consiste nell'am­pliamento dell'ambito d'applicazione della risoluzione, ma ri­siede piuttosto nell'esigenza di predisporre una tutela apposita contro la violazione del contratto, la quale coincide, talvolta con l'inadempimento di un' obbligazione, talvolta con la man­cata realizzazione dell'effetto reale, talvolta con la violazione di un obbligo di protezione ed altre volte ancora con il verificarsi dei presupposti per l'attivazione di una garanzia. E le diverse ipotesi di violazione del contratto non rilevano di per sé, ma in quanto idonee ad incidere sul nesso di corrispettività.

In definitiva, la violazione della lex contractus costituisce una categoria più ampia di quella dell'inadempimento dell'ob­bligazione (13) e, quindi, la lettura della prima alla luce del

dera Server, Inadempimento cit., 25; P. Barcellona, Diritto privato e società moderna (Napoli 1996),364; C. Camardi, Economie individuali e connessione contrattuale. Saggio sulla presupposizione (Milano 1997), 455; Tamponi, La risoluzione cit., 1477 s.; L. Cabella Pisu, Impossibilità soprawenuta, Comm. Scialoja - Branca - Galgano, Art. 1463-1466 (Bologna-Roma 2002), 44; A. Trabucchi, L,tituzioni di diritto civile40

, a cura di G. 1rabucchi (Padova 2005), 694. Diversamente Scalfi, Corrispettività cit., 57 sostiene che «quando la legge usa l'espressione contratto con prestazioni corrispettive essa indica quei contratti caratterizzati da ciò: che le utilità che le parti tendono a con­seguire (che cioè il contratto è destinato a procurare loro) sono reciproche ». Ancora diversa è la lettura di Pino, Il contratto con prestazioni corrispettive cit., 159, secondo cui il dato caratteristico e tipico del contratto con presta­zioni corrispettive è « lo scambio, inteso non in senso economico, giacché qualunque negozio con contenuto patrimoniale può essere utilizzato per svolgere attività economica, ma in senso giuridico, con il significato cioè che appare accolto dalla disciplina positiva: il reciproco trasferimento di beni o di servizi attuato con un unico strumento negoziale ».

(13) Cfr. sul punto L. Mengoni, Profili di una revisione della teoria sulla garanzia per i vizi nella vendita, Riv. dir. comm., 1953, I, 16, il quale, ri­cordando W. FIume, Eigenschaftsirrtum und Kauf (MOnster 1948), 41 se­condo cui « si deve distinguere inadempimento del contratto (in genere) e inadempimento di una obbligazione ex contractu (in specie) », afferma che la maggior ampiezza del primo rispetto al secondo è data dalla circostanza che « la forza della lex contractus non si esprime necessariamente in una obbli­gazione »; adde A. Nicolussi, Diritto europeo della vendita dei beni di consumo e categorie dogmatiche, in questa Rivista, 2003, 532-533; M. Pacifico, Il danno nelle obbligazioni (Napoli 2008), 157 S. D'altra parte si è precisato di recente che è scorretto discorrere di inadempimento del contratto giacché l'adempi-

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paradigma normativo della seconda non può che risultare ri­duttiva, riuscendo a cogliere soltanto quell'aspetto parziale rappresentato dalle violazioni contrattuali che consistono nel­!'inadempimento dell'obbligazione (14).

Sotto questo profilo, la normativa sulla risoluzione tratta l'inadempimento, non come mancata realizzazione dell'inte­resse del creditore e fonte di danno (art. 1218 c.c.) (15), ma come causa di alterazione del nesso di corrispettività: anche ove la prestazione rivesta la forma giuridica dell'obbligazione, il suo inadempimento colpisce in via immediata il sinallagma e

mento/inadempimento è una coppia categoriale esclusiva dell'istituto del­l'obbligazione, sicché appare più opportuno disquisire di « violazione del contratto ». Cfr. C. Castronovo, Ritorno all'obbligazione senza prestazione, in questa Rivista, 2009, 707; F. Piraino, Il pagamento al creditore apparente nella prospettiva di un diritto europeo dell'obbligazione, ivi, 313 nt. 113 e già citamente Id., La vendita di beni di consumo tra obbligazione e garanzia, ivi, 2006, 585 s. Contra E. Barcellona, Le tutele dell'acquirente nella vendita di beni di consumo tra responsabilità garanzia e esatto adempimento, Contro impr., 2009, 201, secondo cui è irrilevante distinguere tra « inadempimento dell'obbligazione» ed " inadempimento del contratto » in quanto entrambe le forme di inadempimento innescano il medesimo apparato di rimedi « tanto nel caso che si riferisca ad una "obbligazione" che nel caso in cui si riferisca ad un "contratto" ».

(14) V. invece Lorenz, Prospettive cit., 99 secondo cui il diritto ita­liano, che segue il modello francese, prevede l'onnicomprensiva fattispecie dell'inadempimento ex art. 1218 la quale abbraccia qualsiasi divergenza dal quadro delle prestazioni dovute. Più in generale secondo l'a. la distinzione tra la violazione di un obbligo contrattuale e l'inadempimento ha un rilievo meramente terminologico, sicché una disciplina moderna dell'inadempi­mento in generale dovrebbe « sostanzialmente ricondurre ogni divergenza della prestazione eseguita da quella dovuta ad un'unica fattispecie ».

(15) Cfr. F. Piraino, Adempimento e responsabilità contrattuale (in corso di pubblicazione), secondo cui il nodo del giudizio di responsabilità consiste non già nell'individuazione del criterio di imputazione dell'inadem­pimento, ma, piuttosto, nell'identificazione del criterio di imputazione del danno da violazione del vincolo obbligatorio. Tale criterio si deve ravvisare proprio nell'inadempimento in quanto la riconducibilità del danno alla sfera di imputazione del debitore passa attraverso la prova del nesso di causalità tra la perdita, patrimoniale o non patrimoniale, e la condotta dell'obbligato, che non richiede alcuna connotazione ulteriore (dolo o colpa) rispetto a quella connessa alla sua natura di violazione dell'obbligo principale di pre­stazione o degli obblighi accessori.

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soltanto in via mediata l'obbligazione cui accede, accreditan­dosi in questa sede come inattuazione del rapporto contrat­tuale. Quest'ultima racchiude tutte le violazioni contrattuali idonee a rompere il nesso di corrispettività innestando così il giudizio di risoluzione del contratto a prescindere dalla tipolo­gia dei suoi effetti (16).

La conclusione sembra trovare conferma anche nella riso­luzione per impossibilità ex art. 1463 c.c. (17), la quale costi­tuisce effetto immediato della rottura del nesso di corrispetti­vità causata dall'estinzione di una delle obbligazioni (18).

Quel che emerge è un sistema bipolare della tutela lato sensu contrattuale, dove il giudizio di responsabilità del de­bitore per inadempimento resta distinto per presupposti ed effetti dalla risoluzione del contratto (19), la quale costitui­

(16) Cfr. sul punto anche Piraino, Il pagamento al creditore apparente cit., 301.

(17) Cfr. nello stesso senso anche di Majo, Le tutele cit., 208. Contra E. Betti, Teoria generale delle obbligazioni. Vicende dell'obbligazione. Difèsa pre­ventiva e successiva dell'obbligazione, llI, 2 (Milano 1954), 131-132 il quale rileva che la necessità dell'inadempimento colpevole ai fini della risoluzione ex art. 1453 c.c. si evincerebbe proprio argomentando dalla disciplina dedi­cata all'impossibilità sopravvenuta (artt. 1463-1466 c.c.), ove campeggia chiaramente !'indizio terminologico che, nell'ipotesi di sopravvenuta impos­sibilità parziale, contemplerebbe per la parte che non abbia un « interesse apprezzabile» all'adempimento parziale, un potere di "recesso" e non già di risoluzione (art. 1464 c.c.). Ma V. la critica di Dalmartello, risoluzione cit., 130.

(18) La risoluzione ex art. 1463 c.c. si verifica in un momento in cui l'obbligazione è estinta e con essa la possibilità di un suo adempimento/ina­dempimento. Cfr. sul punto Piraino, Adempimento cit., secondo cui l'evento dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione si situa al di là della dina­mica obbligazione inadempiuta-responsabilità contrattuale, giacché non è vicenda destinata ad inserirsi nel giudizio di corrispondenza tra il dato ed il dovuto, ossia tra la condotta tenuta in concreto dal debitore e la condotta dallo stesso dovuta. In quanto estranea allo svolgimento del rapporto obbli­gatorio ed anzi incompatibile con la sua sopravvivenza, costituendone una causa di estinzione, !'impossibilità della prestazione sfugge all'automatica consecuzione tra inadempimento e responsabilità.

Secondo la dottrina tradizionale non rientrerebbero nella tutela ex art. 1453 c.c. i contratti che solo accidentalmente prevedono un nesso di corrispettività tra le prestazioni, come ad es. il mutuo, il mandato oppure il deposito. Tali contratti, anche nella loro variante onerosa, non sarebbero si-

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sce il rimedio posto a presidio del rapporto di corrispettivi­

nallagmatici, poiché le prestazioni cui danno vita sono sì reciproche, ma non corrispettive, giacché l'attività del mandatario e del depositario trovano il loro fondamento causale nella fiducia: A. Ravà, Istituzioni di diritto privato2

(Padova 1938), 499-500; Trabucchi, Istituzioni cit., 695; Verdera Server, Ina­dempimento cit., 31, F. Gazzoni, Manuale di diritto privato13 (Napoli 2007), 833. Contra G. Minervini, Il mandato, la commissione, la spedizione, Tratt. Vassalli, VIII, l (Torino 1952), 205 s. e 211 s. secondo cui compenso e fidu­cia si pongono, invero, su piani diversi giacché questa influisce particolar­mente sulla scelta della persona del mandatario e, quindi, assume" preminen­temente rilevanza sul versante della sostituzione nell'esecuzione del mandato e solo limitatamente sulla sua persistenza. Con riguardo al mutuo oneroso, poi, secondo Trabucchi, Istituzioni cit., 695 dovrebbe parlarsi più corretta­mente di bilateralità in senso economico e non già in senso giuridico, poiché il mutuante dà il bene da consumare ed il mutuatario paga gli intj;!ressi per il tempo che corre sino alla restituzione. La tesi in commento non sembra tuttavia convincente, in quanto il carattere di reciproca causalità che carat­terizza la struttura dei contratti con prestazioni corrispettive prescinde dal loro fondamento causale. Il carattere sinallagmatico del contratto sembra attenere, infatti, al rapporto intercorrente tra una prestazione e l'altra, sicché la circostanza per cui il mandato ed il deposito trovano la loro ragion d'es­sere nella fiducia non sembra inficiare il nesso strutturale di reciproca cau­salità presente tra il compenso e l'attività prestata dal mandatario e dal de­positario: Osti, Contratto cit., 492; Scalfi, Corrispettività cit., 20-21; Miner­vini, Il mandato cit., 39 s.; A. Luminoso, Mandato, commissione, spedizione, Tratt. Cicu - Messineo - Mengoni, XXXII (Milano 1984), 146 s.; Id., Il man­dato, Diritto civile, III. Obbligazioni, 3. I contratti, coordinato da A. Zoppini, diretto da N. Lipari e P. Rescigno (Milano 2009), 418-419; M. Graziadei, Mandato, Dig. disc. privo Sez. civ., XI (Torino 1994), 159; .c. Santagata, Del mandato. Delle obbligazioni del mandatario. Delle obbligazioni del mandante, Comm. Scialoja - Branca - Galgano, Art. 1710-1721 (Bologna-Roma 1998), 5 s.; A. Darmartello - G.B. Portale, Deposito (diritto vigente), Enc. dir., XII (Mi­lano 1964), 251; F. Mastropaolo, Deposito. I) in generale, Enc. giur. Treccani, X (Roma 1988),7; A. Galasso - G. Galasso, Deposito, Dig. disc. privo Sez. civ., V (Torino 1989), 255. In questo senso, non pare si pongano particolari osta­coli ad ammettere il carattere sinallagmatico anche del contratto di mutuo, qualora questo preveda la dazione di interessi. II pagamento degli interessi rappresenta infatti, a differenza della mera restituzione (A. Dalmartello, Ap­punti in tema di contratti reali, contratti restitutorii e contratti sinallagmatici, Riv. dir. civ., 1955, I, 817 S.; L. Nivarra (- W. Romagno), Il mutuo (Milano 2000), 357; contra F. Realmonte, Eccezione di inadempimento, Enc. dir., XIV (Milano 1965), 223 s.), il corrispettivo del godimento della somma di denaro (art. 820, co. 3, c.c.) data a mutuo il cui inadempimento può comportare la risoluzione del contratto ex art. 1820 c.c. (Cfr. Osti, Contratto cit., 494; Scalfi, Corrispettività cit., 32 s.; A. Piraino Leto, Il mutuo (Torino 1978), 73 s.; E. Si­

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tà (20), cui è estraneo qualsiasi riferimento all'obbligazio­ne (21).

:Lautonomia della violazione del contratto dall'inadempi­mento fa segnare un progresso, ma non è un argomento di per sé sufficiente a risolvere la questione dell'interesse protetto dal risarcimento in sede di risoluzione. Sin da ora si può antici­pare che la risposta al quesito dipende dall'analisi degli effetti della risoluzione ed è strettamente correlata alla verifica di ciò che residua in tennini di pregiudizio a seguito dello sciogli­mento retroattivo del rapporto contrattuale e, di contro, non si può in alcuno modo esaurire nella mera assimi1azione al danno da inadempimento.

2. :Lidea della risoluzione come rimedio contro l'inattua­zione del nesso di corrispettività non deve alimentare, tuttavia, la convinzione che l'istituto - quanto meno nella sua veste or­dinaria (art. 1453 c.c.) - si esaurisca in una questione o di riallocazione di prestazioni prive oramai di una loro causa (22)

monetto, Mutuo. I) disciplina generale, Enc. giuro Treccani, :xx (Roma 1990), 7; Nivarra (- Romagno), Il mutuo cit., 277 s., 362 s.; Amadio, Inattuazione e risoluzione cit., 35 s.; F.A. Magni, Il mutuo, Diritto civile cit., III, 3, 889). La natura sinallagmatìca del mutuo oneroso non sembra essere sconfessata dal­l'art. 1815, co. 2, c.c. che prevede la nullità della clausola di interessi usurari senza però disporre l'eliminazione della controprestazione. Tale nullità rende infatti la clausola in questione inesistente con efficacia ex tunc ossia sin dalla costituzione del rapporto, il che è in linea con la scelta del legislatore di pre­vedere due forme di mutuo: oneroso e gratuito.

(20) V. però B. Marucci, La risoluzione per inadempimento dei con­tratti non corrispettivi (Napoli 2000), 75 s. e passim; G. Biscontini, Assenza di corrispettività e risoluzione, VIolazioni del contratto. Danni e rimedi, a cura di E. del Prato (Milano 2003), 43 s.

(21) Cfr. nello stesso senso anche de Simone, Il contratto cit., 34. (22) Così invece le tesi causaliste che, muovendo dalla scissione di

matrice francese [v. per tutti H. Capitant, De la cause des obligations (Paris 1924)J tra il concetto di causa del contratto e quello di causa dell'obbliga­zione, sostengono che la risoluzione derivi dalla sopravvenuta mancanza della seconda: C. Manenti, Della cosidetta condizione risolutiva tacita sottin­tesa dell'art. 1 165 in rapporto alla teoria dei contratti secondo il nostro codice Riv. dir. civ., 1912, 148 s.; Messineo. Dottrina generale cit., 72 s. e 405 sS.; E. Enrietti, Della risoluzione del contratto, Codice civile. Libro delle obbligazioni. Commentario, diretto da M. D'Amelio ed E. Finzi, I (Firenze

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o di sopravvenuta alterazione del sinallagma contrattuale (23). Tale fonna di tutela non si innesca automaticamente al verifi­carsi del vulnus contrattuale, ma è condizionata dal giudizio ex art. 1455 c.c. che, assoggettando la risoluzione alla verifica della non scarsa importanza dell'inadempimento avuto ri­guardo all'interesse di controparte, mira a preservare la so­pravvivenza dell'assetto di interessi predisposto dane par­ti (24).

:Lart. 1455 introduce, in altri tennini, un elemento strut­turale in più che rende necessaria ma non sufficiente la mera rottura del sinallagma, che deve incidere in modo non scarsa­mente importante sul piano di interessi confluito nel regola­mento contrattuale (25). Tutto ciò si può rappresentare con

1948),780 S.; Santoro-Passarelli, Dottrine generali cit., 183; G. Mirabelli, Delle obbligazioni. Dei contratti in generale. (Artt. 1321-1469)3, Comm. C.C., a cura di magistrati e docenti (Torino 1980),599; Galgano, Trattato cit., 497 s.

(23) La tesi che spiega la risoluzione come una reazione alla soprav­venuta alterazione del nesso di corrispettività tra le prestazioni durante l'ese­cuzione del contratto è riconducibile allo studio di Osti, che contempla l'isti­tuto in parola come un'ipotesi di applicazione concreta della tesi sulla so­pravvenienza. Cfr. G. Osti, Appunti per una teoria della sopravvenienza, Riv. dir. civ., 1913, 471 s., 647 S.; Id., Saggi di applicazioni pratiche del concetto di sopravvenienza (Bologna 1914), Id., Applicazioni del concetto di sopravve­nienza - La risolubilità dei contratti per inadempimento (Imola 1922), inedito, pubblicato successivamente come La risoluzione del contratto per inadempi­mento.Fondamento e principi generali, Scritti giuridici, I (Milano 1973),403 s. Il collegamento tra la risoluzione ed il sinallagma contrattuale è stato poi approfondito da Mosco, La risoluzione cit., 12 s.; Persico, L'eccezione cit., 53 s.; R. Scognamiglio, Contratti in generale2 , Tratt. Grosso Santoro Passarelli (Milano 1966), 264; R. Bocchini, La somministrazione di servizi (Padova 1999), 351 s.

(24) Cfr. anche M.G. Cubeddu, L'importanza dell'inadempimento (To­rino 1995), 64, 119 e 161 ; nell'ottica della natura di rimedio cautelativo della risoluzione v. F. Nappi, Sull'importanza dell'inadempimento ex art. 1455 c.c.: lo sviluppo di un calcolo applicativo, Rass. dir. civ., 2010, 116 s., 121 s.

(25) La duplice prospettiva da cui guardare al rapporto contrattuale sinallagmatico è in Camardi, Economie individuali cit., che, nell'approfon­dire il tema dell'impossibilità dell'oggetto della prestazione contrattuale, rav­visa una divaricazione tra ciò che è materialmente ed oggettivamente impos­sibile e ciò che è impossibile relativamente allo scambio pattuito dalle parti. Ciò accade ad es. nella vendita di cosa altrui in cui secondo l'a. « la promessa del venditore concerne un oggetto che esiste nella realtà materiale, ma che

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l'immagine di un doppio livello di vincolatività del contratto con prestazioni corrispettive: l'uno correlato al nesso di inter­dipendenza e l'altro costituito dalla pianificazione economi­ca (26).

La risoluzione del contratto per inadempimento tutela, quindi, non solo il sinallagma contrattuale, ma quell'ulteriore bene giuridico costituito dall'interesse del contraente a libe­rarsi dal vincolo violato in quanto non più idoneo a dare corso all'equilibrio economico consacrato nel regolamento contrat­tuale (27).

non è attualmente, seppur non definitivamente nella sua disponibilità giuri­dica. Lo scambio previsto nel contratto, pertanto, non può considerarsi og­gettivamente ed assolutamente impossibile: esso è possibile materialmente perché il bene esiste, è stato individuato, ed è virtualmente possibile che il compratore lo acquisti. Limpossibilità concerne piuttosto il "programma" che le parti hanno costruito su quel bene, e cioè l'effettiva trasferibilità del diritto di proprietà in capo al compratore» (ibidem, 447). Cosi anche G. Be­nedetti, La rescissione, Il contratto in generale, VIII*, Tratt. Bessone, XIII (Torino 2007),42 s. in part. 49, il quale vede nella disciplina della rescissione l'occasione « per riflettere sull'opportunità di ricostruire, accanto alla strut­tura della fattispecie contrattuale, una struttura contestuale ad essa. Questa struttura contestuale assume rilevanza non solo ermeneutica, secondo l'art. 1362 c.c., come generalmente riconosciuto, ma, dì più, sostantiva. E in modo significativo, come si può desumere dalla disciplina della risoluzione del contratto, che dipende da un fatto sopravvenuto, che non è elemento della fonte del rapporto ».

(26) Lidea di cui supra in testo sembra ventilata anche da Nicolussi, Diritto europeo dt., 535, che sottolinea come nel contratto di vendita la pre­stazione di dare cui è tenuto il venditore non si esaurisca nella mera dispo­sizione della cosa (trasferimento e consegna), ma comprenda altresì quella di alienare una cosa che non possieda anomalie tali da « renderla inidonea a soddisfare !'interesse del compratore giuridicizzato nel contratto ».

(27) Cfr. sul punto anche A. di Majo Giaquinto, L'esecuzione del con­tratto (Milano 1967),427; Ros. Alessi, Risoluzione perinadempimento e tecni­che di conservazione del contratto, Riv. crit. dir. priv., 1984, 71, sulla quale v. contra C. Turco, L'imputabilità e l'importanza dell'inadempimento nella clau­sola risolutiva (Torino 1997), 115; G. Collura, Importanza dell'inadempimento e teoria del contratto (Milano 1992), 37 s.; Tamponi, La risoluzione dt., 1492 s. La duplicità di piani che informa il rimedio della risoluzione sembra de­sumibile anche dall'art. 3:502 del Draft Common frame of reference (DCFR) sul fundamental non-performance: ({ a creditor may terminate if the debtor's non-performance of a contractual obligation is fundamental. (2) A non-per­formance of a contractual obligation is fundamental if: (a) it substantially

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A tale riguardo, il ricorso all'aggettivo di « grave» utiliz­zato nel linguaggio giuridico comune per significare la non scarsa importanza dell'inadempimento (28), può risultare fuor­viante, perché accentua la prospettiva dell' alterazione del rap­porto di corrispettività e ridimensiona, invece, il ruolo della perdita dell'assetto economico originario. La violazione del contratto determina una discrasia tra il piano di corrispettività e il piano degli interessi contrattuali e lo scarto è di «non scarsa importanza» rispetto all'interesse della parte, che per­tanto non risulta realizzato (29).

Se ne trae una confenna nella disciplina del termine es­senziale (art. 1457 c.c.), che riconosce alla parte non inadem­piente la possibilità di "ritrattare" l'essenzialità del termine previamente stabilita (30): il legislatore ha di mira l'assetto di interessi dei contraenti sempre modificabile in executivis, mentre l'esclusiva specola del sinallagma costringe la risolu­zione nella secca alternativa tra il perfezionamento o meno del sinallagma medesimo.

La duplicità di piani su cui si disloca la disciplina della ri­soluzione per inadempimento comporta, quindi, il rafforza­mento della forza vincolante del contratto con prestazioni cor­rispettive, la quale non si appunta soltanto sul suo aspetto strutturale, come emerge dalle due ipotesi dell' adempimento che non ostacola la risoluzione e dell"'inadempimento" che non determina un simile esito. Quanto al primo caso si po­trebbe verificare, infatti, che la prestazione venga adempiuta, ma in ritardo così da non soddisfare l'interesse di controparte

deprives the creditor of what the creditor was entitled to expect under the contract, as applied to the whole or relevant part of the performance, unless at the time of conclusion of the contract the debtor did not foresee and could not reasonably be expected to have foreseen that result; or (b) it is inten­tional or reckless and gives the ereditor reason to believe that the debtor's future performance cannot be relied on ».

(28) Cfr. tra gli altri L. Bigliazzi Geri - U. Breccia - ED. Busnelli - U. Natoli, Diritto civile. Fatti e atti giuridici (Torino 1991), 866; R. Sacco (- G. De Nova), Il contratto3

, II, Tratt. Sacco (Torino 2004), 631 s. (29) Non è del tutto puntuale l'affermazione di A. Klische de La

Grange, Risoluzione per inadempimento e potestà del giudice, Riv. dir. civ., 1964, l,54. Contra Cubeddu, L'importanza cit., 122 s.

(30) Cfr. anche Enrietti, Della risoluzione cit., 828.

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alla luce della pianificazione contrattuale. Quanto al secondo caso, può accadere, invece, che il ritardo nell'adempimento non abbia la medesima incidenza (31).

Ciò risulta avvalorato dalla disciplina di alcune ipotesi speciali di risoluzione, come ad es. quella del contratto di ven­dita con riserva di proprietà oppure quella del contratto di somrninistrazione. In entrambe le fattispecie è infatti possibile che il contratto sopravviva alla violazione del sinallagma o per­ché il mancato pagamento di una rata non supera l'ottava parte del prezzo (art. 1525 c.c.) (32) o perché l'inadempimento

(31) La lettura del giudizio di non scarsa importanza proposta supra nel testo sembrerebbe fugare, inoltre, le preoccupazioni di quell'orienta­mento giurispmdenzialc, che, al fine di preservare il debitore da una do­manda di risoluzione "improvvisa", ossia subito dopo la scadenza del ter­mine per adempiere la prestazione, subordina la stessa alla previa costitu­zione in mora del debitore, sicché lo stesso ha la possibilità sino alla prima udienza di ovviare all'inadempimento: Casso 10-1-1963 n. 30, Foro. it., 1963, 1,1459 s.; Casso 14-11-1967 n. 364, Giur. it., 1968, 1,1,376 s.; Casso 14-1-1968 n. 1987, ivi, 1969, I, 1,308 s. Dal combinato disposto degli artt. 1453 e 1455 c.c. discende, infatti, che qualora la domanda di risoluzione non sia suffra­gata dalla prova dell'inadempimento non scarsamente importante alla luce dell'assetto degli interessi contmttuali, il contratto non verrà risolto dal giu­dice e, conseguentemente, controparte potrà eseguire la propria prestazione. Cfr. sul punto Enrietti, Della risoluzione cit., 821; Giorgianni, L'inadempi­mento cit., 104; L. Bigliazzi Geri, In tema di risoluzione del contratto ex art. 1453 C.C., di costituzione in mora e di tardivo adempimento, Foro. it., 1963, I, 1461; F.M. Cervelli, Profili della risoluzione del contratto per inadempimento, Riv. trim. dir. proc. civ., 1969, Il, 1811; A. Smiroldo, Profili della risoluzione per inadempimento (Milano 1982), 365; Tamponi, La risoluzione cit., 1490.

(32) Sul punto V. anche Collura, Importanza dell'inadempimento cit., 45 nonostante un eccc..'lSO di specificazione che sembm ridurre la portata della norma: «la "rafio" di una tale rigorosa determinazione degli inadempimenti che legittimano la risoluzione ex art. 1525 c.c. non può non essere ricondotta al camttere specifico, nella quale al rischio ordinario di uno scambio di una cosa contro un prezzo si sovrappone e si intreccia il rischio del venditore che opera la dila7ione di pagamento e quello dell'acquirente, in genere teso a rea­lizzare l'inserimento definitivo ed organico del bene acquisito nella struttura della propria azienda o della propria famiglia [ ... ] In altri termini si tratta in genere di un consumatore finale che subirebbe un gmve pregiudizio dall'im­provvisa perdita della disponibilità dell' oggetto acquistato; e dall' altm parte sul­l'altro lato si trova verosimilmente il dettagliante, che, per incoraggiare la dif­fusione del prodotto, deve necessariamente tener conto del reddito medio dei propri clienti e del loro normale potere di acquisto".

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non è tale da menomare la fiducia di controparte nell'esattezza dei successivi adempimenti (art. 1564 c.c.) (33).

Quest'ultima fattispecie conferma i due piani del giudizio di risoluzione che nel caso specifico dei c.d. contratti di durata deve necessariamente abbinare all'inesecuzione delle singole coppie di prestazioni (34) la frustrazione dell'interesse dura­turo alla cui soddisfazione mira il rapporto (35). Essa eviden­zia, anche, l'ulteriore caratteristica della risoluzione su cui ci si soffermerà meglio nel prosieguo: il giudizio di risoluzione in­veste sì l'intero rapporto, ma l'efficacia ablativa che ne di­scende viene circoscritta alle prestazioni corrispettive inese­guite. Sotto questo profilo, l'art. 1458 c.c. più che derogare nei contratti di durata alla consueta efficacia della risoluzione, ne chiarisce la portata, escludendo, pertanto, l'ipotesi di efficacia {{ parziale}} (36).

(33) Cfr. sul punto Mosco, La risoluzione cit., 105; G. Cottino, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, Comm. Scialoja Branca, Art. 1556-1570 (Bologna-Roma 1970), 146; A. Gentili, La risoluzione parziale (Na­poli 1990), 29-30; Collura, Importanza dell'inadempimento cit., 48; O. Ca­gnasso, Somministrazione (contratto di), Dig. disc. privo Sez. comm., XIV (Torino 1997), 474. Leggermente diversa appare l'opinione di Bocchini, La somministrazione cit., 350, 364; secondo cui il carattere duplice del giudi7io ex art. 1564 c.c. rappresenta il portato di una scelta imposta dalla specificità della fattispecie, non riscontrabile nella disciplina generale di cui all'art. 1455 c.c. Così anche G.B. Ferri - A. Nervi, Il contratto di somministrazione, Diritto civile, III. Obbligazioni, 3. I contratti, coordinato da A. Zoppini, di­retto da N. Lipari e P. Rescigno (Milano 2009), 898.

(34) Cfr. S. Pagliantini, La risoluzione dei contratti di durata (Milano 2006),23 s., 72 s. e passim, che, rispetto alla risoluzione dei contratti di du­rata, si discosta dall'insegnamento secondo cui la risoluzione nei contmtti ad esecuzione continuata o periodica ha effetti eccezionalmente irretroattivi (v. per tutti G. Oppo, I contratti di durata, Riv. dir. comm., 1943, I, 244 s. e ivi, 1944, I, 39 s.), affermando che dall'art. 1458 c.c. discende un modello di ri­soluzione con effetti retroattivi limitati alle singole coppie di prestazioni ri­maste ineseguite.

(35) Cfr. Oppo, I contratti di durata cit., 148 s., 21 s. la cui ricostm­zione unitaria dei contratti di durata implica che la soddisfazione continua­tiVd dell'interesse duraturo è legata alla ripetizione ed al coordinamento dei singolì atti esecutivi e l'inadempimento rilevante ai fini della risoluzione deve essere in gmdo di frustrare tale interesse, che tmscende l'istantaneità del singolo periodo, involgendo l'intero rapporto contrattuale.

(36) Cfr. invece Gentili, La risoluzione parziale cit., 26 s.

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Lart. 1455 c.c. sollecita, dunque, una ricostruzione volta a misurare l'ampiezza della frattura tra violazione del sinal­lagma e alterazione dell'assetto di interessi pianificato dai con­traenti. Al momento della conclusione del contratto, infatti, il piano della corrispettività risulta in perfetta sintonia con il piano della programmazione degli interessi ed è soltanto suc­cessivamente, a seguito dell'inesecuzione della prestazione che si altera tale corrispondenza in maniera non scarsamente im­portante avuto riguardo all'interesse « contrattualizzato » (37) della parte c.d. fedele (38) il cui sindacato spetta al giudice, in linea con la natura costitutiva (39) dell'intervento (40).

(37) Lespressione è mutuata da Camardi, Economie individuali cit., 455, che definisce così la « prestazione che "incorpora" l'utilità contrattual­mente garantita, in quanto connessa tipicamente all'oggetto dello scambio ».

(38) Loperazione di cui supra nel testo deve essere eITettuata, quindi, valutando !'interesse oggettivo della parte, tenendo conto anche delle evolu­zioni che lo svolgimento del programma contrattuale ha comportato nella sua sfera giuridico-economica. Cfr. sul punto di Majo Giaquinto, L'esecuzione cit., 442; M.R. SpaUarossa, Importanza dell'inadempimento e risoluzione del contratto, Riv. dir. civ., 1972, II, 479; V. Ricciuto, Il recente orientamento della Cassazione sui criteri di valutazione dell'importanza dell'inadempimento, Riv. dir. comm., 1987, II, 462 s.; Cubeddu, L'importanza cit., 68; Pisciotta, La ri­soluzione cit., 57; Amadio, Inattuazione e risoluzione cit., 125 s. Viceversa, non è condivisibile la lettura in senso soggettivo dell'interesse ex art. 1455 c.c. invece Dalmartello, Risoluzione 133 s. e V. Roppo, ncontratto, Tratt. di diritto privato, a cura di G. Iudica e P. Zatti (Milano 2001), 962) in quanto sembra ammorbidire oltrtemodo la tutela del principio di vincolati­vità del contratto cui è ispirata la norma in esame, rimettendo la dissolu­zione del vinculum iuris al mero arbitrio della parte non inadempiente.

(39) Così anche Cubeddu, L'importanza cit., 67. Contra Klische de La Grange, Risoluzione per inadempimento cit., 28 s. secondo cui la sentenza di risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c. non ha natura costitutiva, in quanto l'effetto risolutivo è da ricollegarsi alla domanda della parte (arg. ex art. 1453, co. 2 e 3, c.c.), in relazione alla quale il giudice ha « una potestà di mero accertamento, la quale si esercita a séguito di valutazioni (!'importanza dell'inadempimento di una parte e !'interesse dell'altra) che, almeno in certa misura, sono rimesse al convincimento del Non perciò è lecito rite­nere che spetti al giudice il potere di "caso per caso" a "suo pru­dente arbitrio", se un contratto debba essere risoluto o no: altro è, infatti ac­certare un fatto in base a criteri necessariamente approssimativi, altro è compiere una scelta tra due possibili provvedimenti» (ibidem, 55).

(40) Sul punto il codice del '42 appare più rigoroso del codice abro­gato rispetto al quale si segnala l'aporia insita nell'esclusione dell'operatività

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3. La risoluzione del contratto insieme all'azione di adempimento non esauriscono i mezzi di tutela contemplati dall'art. 1453 c.c. a favore del contraente non inadempiente: « salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno ».

TI contenuto di tale domanda risarcitoria sembra doversi attestare, come si preciserà meglio in prosieguo, nel ristoro dei danni subiti a causa della vicenda contrattuale intercorsa (c.d. interesse contrattuale negativo) (41), dovendosi invece esclu­dere, in virtù dell' effetto ablativo del contratto innescato dalla risoluzione, la possibilità di ottenere il risarcimento del danno da lesione dell'interesse all'esecuzione del contratto (c.d. inte­resse contrattuale positivo) (42).

ipso iure della condizione risolutiva implicita, nonostante la sua inconcilia­bilità con un intervento del giudice di tipo « formativo »: di Majo Giaquinto, L'esecuzione cit., 430.

Cfr. nel senso del testo F. Carnelutti, Sul risarcimento del danno in caso di risoluzione del contratto bilaterale per inadempimento, Riv. dir. comm., 1923, II, 330; G.E. Guerrera, Della cosiddetta condizione risolutiva ta­cita nel diritto civile e commerciale italiano, Riv. it. per le scienze giur., 1927, 79; W. Bigiavi, Irretroattività della risoluzione per inadempimento, Riv. dir. comm., 1934, 701-702; G. Gorla, L'atto di disposizione dei diritti, Studi del­l'Università di Perugia in memoria di E. Tommasone (Perugia 1936), 106 s.; di Majo, Le tutele cit., 218 s.; M.R. Marella, Tutela risarcitoria nella risoluzione del contratto per inadempimento, Giur. it., 1985, I, 1,369 s.; Pacifico, Il danno cit., 196.

(42) Così invece L. Covicllo jr., Risoluzione per inadempimento: re­troattività e risarcimento del danrw, Riv. dir. civ., 1935,30 s.; G.G. Auletta, La risoluzione per inadempimento (Milano 1942), 142 s.; Della risolu­zione cit., 814; A. De Cupis, Il danno. Teoria generale della responsabilità civi­le3 , I (Milano 1979),346 S.; A. Belfiore, Risoluzione per inadempimento e ob­bligazioni restitutorie, Scritti in onore di G. Auletta, II (Milano 1988),313 s.; Luminoso, sub art . .1453 cit., 199 s., spec. 205 ss.; Bianca, Dell'inadempi­mento cit., 278 s.; Id., Diritto civile, 5. Responsabilità, Milano, 1994, 296 s.; Turco, L'imputabilità cit., 115 s.; Pagliantini, La risoluzione cit., 170 s.; Gaz­zoni, Manuale cit., 1018; G. Villa, Danno e risarcimento contrattuale, Tratt. del contratto, V, 2 cit., 936; Putti, La risoluzione cit., 1156 s. Questa sembre­rebbe la via imboccata anche dal DCFR: " A creditor who terminates under this Section retains existing rights to damagcs or a stipulated payment for non-performance and in addition has the same right to damages or a stipu­lated payment for non-performance as the creditor would have had if there had been non-performance of the now extinguished obligations of the debtor. In relation to such extinguished obligations the creditor is not re­garded as having caused or contributed to the loss by exercising the

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Quest'ultima soluzione è tuttavia preferita dalla dottrina prevalente, che, muovendo dal pensiero di Auletta formatosi sotto il codice del 1865 (43), lo ha sviluppato e meglio definito nel senso che per fronteggiare in modo pieno l'inadempimento il legislatore ha apprestato « gli strumenti indispensabili per controbilanciare e sostanzialmente modificare gli effetti tipici del meccanismo risolutorio}} (44). In quest'ottica l'art. 1453 c.c. contempla un duplice modello di effetti: per un verso tu­tela l'interesse della parte fedele ad eliminare il regolamento contrattuale in quanto fonte di un particolare « assetto quali­tativo » del suo patrimonio, consentendo alla stessa di riotte­nere la prestazione eventualmente già eseguita e di tornare li­bero sul mercato alla ricerca della controprestazione perduta; e, per altro verso, garantisce alla parte la soddisfazione del suo interesse a tenere in vita il contratto in quanto fonte di un de­terminato « assetto quantitativo » del patrimonio, prevedendo il risarcimento del valore della prestazione dedotta nel con­tratto comprensiva degli utili che da essa sarebbero deriva­ti (45). Su quest'ultimo versante viene precisato che, al fine di

to teffi1Ìnate » [art. 3:509 (3)]. La tesi è prevalente anche in giurispru­denza: Casso 26-9-1950 n. 2552, Foro it., 1950, 1129; Casso 1-12-1983 n. 7199, Giur. H., 1984, 1453; App. Cagliari 21-5-1993, Riv. giuro sarda, 1995,7; Casso 29-4-2003 n. 6651, Contratto in genere, 564, Rep. foro it., 2003, 896; Trib. di Roma 22-1-2003, Giur. romana, 2003, 101.

(43) Cfr. Auletta, La risoluzione cit., 142, secondo cui siccome l'art. 1165 c.c. 1865 - come l'attuale art. 1453 c.c. - contemplava la duplice pos­sibilità per la parte incolpevole di domandare l'adempimento del contratto oppure il suo scioglimento, oltre il risarcimento dei danni, risultava evidente che il risarcimento del danno dovesse essere inteso allo stesso modo in en­trambi i casi. Ma v. in tal senso già Coviello jr., Risoluzione per inadempi­mento cit., 31; nonché, sotto il codice vigente, Luminoso, sub art. 1453 cit., 200. Contra De Cupis, Il danno cit., 347.

(44) Belfiore, Risoluzione per inadempimento cit., 315. (45) Così Belfiore, Risoluzione per inadempimento cit., 314; contra Lu­

minoso, sub art. 1453 cit., 185-186, il quale non crede « si possa ritenere (nella prospettiva che ricollega il danno da risoluzione alla lesione dell'inte­resse positivo) che, nel nostro ordinamento, effetti della risoluzione del contratto per inadempimento rispondono a due diversi modelli di disciplina. Poiché risoluzione c risarcimento costituiscono due distinte tecniche di tu­tela contro l'inattuazione dello scambio, non sembra legittimo, infatti rita­gliare o addirittura desumere le note funzionali del primo rimedio dai carat­teri e dalle finalità dell'altro ».

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combinare il rimedio risarcitorio con le restituzioni innescate dalla risoluzione, è necessario dedurre dal quantum risarcito­rio il valore della prestazione già eseguita e riottenuta in via restitutoria. In tale prospettiva il c.d. danno positivo si attesta, quindi, nel maggior valore della prestazione cui era tenuta la parte inadempiente incrementato degli utilì, che rappresenta !'interesse della parte fedele all'esecuzione del contratto avuto riguardo alle specifiche obbligazioni (46).

I.:orientamento in parola giunge, infine, a configurare il risarcimento del danno da risoluzione come species del risarci­mento del danno da inadempimento, nel senso che l'art. 1218 c.c., contemplando la regola generale di responsabilità del de­bitore, necessariamente disciplina anche la fattispecie in cui si verifichi l'inattuazione del sinallagma contrattuale (47). A ciò non può obiettarsi, infatti, che nella fattispecie diSCiplinata dall'art. 1453 c.c. tra l'inadempimento ed il danno sffrappone la risoluzione del contratto, e che quindi la pretesa risarcitoria non rappresenta soltanto la conseguenza dell'inadempimento, ma anche della risoluzione, in quanto quest'ultima è ricon­dotta dal legislatore all'inadempimento del contraente e dun­que risulta anch'essa un fatto ad esso imputabile (48). Ne con­segue che la parte inadempiente deve rispondere dei danni provocati dalla risoluzione del contratto, nonostante la stessa sia stata in fatto azionata da controparte: ({ il vero significato di questa parte del contenuto dell'art. 1453 10 comma, quindi, è proprio quello di presentare la risoluzione come un evento lesivo provocato dalla condotta del debitore e le conseguenze economiche negative per il creditore come danni dei quali il primo è chiamato a rispondere (ai sensi dell'art. 1218), seb­bene il venir meno del contratto non derivi in modo imme­diato dall'inadempimento e discenda invece direttamente da una iniziativa del creditore}} (49).

(46) Così Coviello jr., Risoluzione per inadempimento cit., 32; Belfiore, Risoluzione per inadempimento cit., 315-316; Luminoso, sub art. 1453 cit., 299 S.

(47) Così Luminoso, sub art. 1453 cit.• 224-225. (48) Così Luminoso, sub art. 1453 cit., 225. (49) Luminoso, sub art. 1453 cit., 226. Allo stesso modo si precisa che

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Diritti nazionali e comparazione

Tale tesi è stata recentemente rivisitata per una sua mi­gliore conformazione rispetto alla fattispecie del contratto a prestazioni corrispettive cui accede. La dottrina in esame con­divide che l'inadempimento alla base della risoluzione {{ pone il risarcimento immediatamente oltre la linea del mero inte­resse negativo» (50), ma esclude che il danno da risoluzione costituisca una species del danno da inadempimento, data l'in­compatibilità della logica sostitutiva del risarcimento del danno ex art. 1218 c.c. con la fattispecie contrattuale tutelata dall'art. 1453 c.c.: nel contratto con prestazioni corrispettive l'obbligazione di una parte trova la sua causa in quella dell'al­tra, conseguentemente l'inadempimento di un'obbligazione è configurabile fin tanto che l'altra sia disponibile (51).

Ne consegue l'erroneità del tentativo di risolvere il pro­blema del contenuto del danno da risoluzione sul terreno della sua compatibilità con gli effetti retroattivi, peraltro imposti dal dato positivo (52), in quanto tale problematica si pone ancor prima ed a prescindere dalla retroattività, investendo il piano del sinallagma (53). In questo senso la tutela del danno posi­tivo da risoluzione non può coprire il {{ danno emergente», os­sia l'equivalente pecuniario della prestazione ineseguita, che ({ in quanto altro modo di essere dell' obbligazione inadem­

i criteri di imputazione dell'inadempimento che ha dato luogo alla risolu­zione saranno gli stessi dall'art. 1218 c.c.

(50) C. Castronovo, La risoluzione del contratto dalla prospettiva del diritto italiano, in questa Rivista, 1999,837.

(51) Cfr. Castronovo, La risoluzione cit., 837. Lidea di ricondurre il danno da risoluzione entro la categoria del danno da inadempimento è cri­ticata anche da di Majo, Le tuteledt., 220 poiché nella fattispecie risolutoria l'inadempimento rileva non già come fonte di danno, bensì quale fatto cau­sativo dell'estinzione delle obbligazioni per il tramite della risoluzione. Con­tra Bianca, Diritto civile, 5 cit., 112.

(52) Cfr. sul punto Luminoso, sub art. 1453 cit., 216 secondo cui « niente si oppone, sul terreno dogmatico ad ammettere che la eliminazione (ex tunc) della regola negoziale lasci integra la rilevanza di una precedente violazione della lex contractus ", cui Castronovo, La risoluzione cit., 838 con­trobatte, rammentando che « niente può essere opposto sul piano dogmatico a ciò che è normativamente previsto: se veramente la questione traesse dalla irretroattività normativamente fissata, ritenere la sopravvivenza di effetti sa­rebbe soltanto contraddittorio ».

(53) Così Castronovo, La risoluzione cit., 838.

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piuta, presupporrebbe il persistere della controprestazione, a propria volta estinta mediante la risoluzione del contratto » (54), ma va circoscritta al lucro cessante che ({ significa dire soltanto una parte di quell'interesse positivo che è l'interesse all'adempi­mento, il quale tradotto in valore equivalente contiene anzitutto la prestazione dovuta e non adempiuta» (55).

4. La tesi tradizionale non convince per almeno due ra­gioni in parte legate all'opinione critica già anticipata.

Una volta appurato, infatti, che la risoluzione del con­tratto è rimedio sottratto alla logica dell'obbligazione, la tesi secondo cui {( l'inadempimento del contratto con prestazioni corrispettive determina la risoluzione e il risarcimento del danno» (56) non appare condivisibile quanto meno sul piano della sua portata applicativa, che, se vuole essere coerente con le sue premesse, dovrebbe essere limitata alle fattispecie in cui l'inattuazione del sinallagma si riduce all'inadempimento del­l'obbligazione, restandone escluse le ipotesi di violazione da inesecuzione dell'effetto reale (57). Si porrebbe poi il problema di individuare una norma che, come l'art. 1218 c.c., regoli il ri­sarcimento del c.d. danno positivo nell'ipotesi di violazione dell'effetto reale e, al riguardo, non sembra invocabile l'art. 1518 c.c. che prevede una presunzione di danno minimo (58)

(54) Castronovo, La risoluzione cit., 839. (55) Castronovo, La risoluzione cit., 840; adde Sacco (- De Nova), Il

contratto cit., 673; Nicolussi, Diritto europeo cit., 549. Contra Pacifico, Il danno cit., 190 s.

(56) Barassi, La teoria generale cit., 411; adde Belfiore, Risoluzione per inadempimento cit., 313 s.; Luminoso, sub art. 1453 cit., 216.

(57) Cfr. sul punto anche Persico, L'eccezione cit., 42, il quale non ap­pare conseguente laddove ricostruisce la risoluzione alla luce delle regole sull'obbligazione ed afferma, però, che la risoluzione è innestata dalla man­cata prestazione di un corrispettivo indifferentemente dall'esistenza o meno di un'obbligazione.

(58) Così C.M. Bianca, La vendita e la pennuta2 , Tratt. Vassalli, VII, 1

(Torino 1993), 1098 secondo cui l'art. 1518 c.c. prevede una presunzione re­lativa, non escludendo la possibilità per il contraente inadempiente di dimo­strare che il danno non sussiste oppure sussiste in misura inferiore. Tale eventualità è invece esclusa dalla dottrina incline a riconoscere nella dispo­sizione in parola una presunzione di tipo assoluto non suscettibile, quindi,

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derivante dalla risoluzione del contratto di vendita di cose mo­bili aventi un « prezzo corrente» (59). La disposizione in pa­rola infatti, in primo luogo sembra attagliarsi al c.d. interesse negativo, giacché contempla la traslazione del costo della per­dita di opportunità più favorevoli dalla sfera soggettiva del compratore a quella del venditore, e, in secondo luogo, riveste natura speciale (60) e ciò la rende inidonea a candidarsi a norma generale di risarcimento del danno da risoluzione nei contratti ad effetti reali (61).

D'altra parte, anche a voler applicare la disciplina del danno da inadempimento limitatamente al solo danno da riso­luzione dei contratti ad effetti obbligatori, resta l'insoddisfa­zione nei confronti del risultato cui essa approda in punto di danno da risoluzione. Com'è stato autorevolmente rilevato, in­fatti, nel contratto sinallagmatico le vicende di un'attribuzione rilevano fintanto che l'altra sia disponibile (62), e, nell'ipotesi di risoluzione del contratto, !'inadempimento di un contraente comporta la temporanea alterazione del sinallagma, la quale diviene definitiva a seguito della domanda di risoluzione (63),

di prova contraria: D. Rubino, La compravendita, Tratt. Cicu - Messineo (Mi­lano 1971), 989 s.; P. Greco - G. Cottino, Della vendita, Comm. Scialoja ­Branca, Art. 1470-1574 (Bologna-Roma 1978),401. Secondo un'ulteriore linea di pensiero, inoltre, l'art. 1518 c.c. menziona una voce fissa di danno che la parte non ha l'onere di provare e che controparte non può contrastare, trattan­dosi di un criterio di determinazione del danno stabilito a priori dal legislatore alla luce della peculiarità della F. Bocchini, La vendita di cose mobi­li2 , Artt. 1510-1536, Comm. Schlesinger - Busnelli (Milano 2004),288 s.

(59) V. invece Risoluzione perinadempimento cit., 319 nt. 86; Luminoso, sub art. 1453 cit., 203 secondo cui la norma di cui supra in testo costituisce la conferma a livello positivo della tesi che prospetta il risarci­mento del danno positivo in caso di risoluzione del contratto.

(60) Cfr. Bocchini, La vendita cit., 286, secondo cui la peculiarità della norma sta nella preordinazione di un criterio di sollecito ripristino delle po­sizioni sostanziali, evitando di fatto il ricorso all'autorità giudiziaria.

(61) Cfr. sul punto Pacifico, Il danno cit., 216 secondo cui la natura speciale dell'art. 1518 deriva dalla circostanza « non solo (e non tanto) poi­ché dettata all'interno della disciplina di un contratto tipico, quanto (e so­prattutto) perché essa regola una fattispecie particolare, in cui la cosa og­getto della vendita è un bene mobile che abbia un "prezzo corrente" ».

(62) Ch: Castronovo, La risoluzione cit., 838. (63) Ch: in tal senso anche F. Benatti, La costituzione in mora del de-

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con conseguente indisponibilità della prestazione, il che esclude la possibilità di configurare il danno da inadempimento (64).

La tesi prevalente non si concilia appieno, inoltre, nep­pure con gli effetti connessi alla domanda di risoluzione, la quale preclude alla parte non inadempiente il diritto di do­mandare l'adempimento (art. 1453, co. 2, c.c.) (65), sicché è evidente che la domanda di risoluzione funge da rinuncia della c.d. parte fedele a quel che non si è ricevuto e si aveva diritto di ricevere in virtù del contratto. Da questo punto di vista il ri­sarcimento dell'interesse positivo si presenta come un rimedio eccedente rispetto ai diritti che residuano dopo lo scioglimento del rapporto (66), e sembra in contrasto con il principio di in­

bitore (Milano 1968), 52; Giorgianni, L'inadempimento cit., 320; I.,. Mengoni, La responsabilità contrattuale, Jus, 1986, 129-130; U. Carnevali, sub art. 1453, Luminoso - Carnevali - Costanza, Della risoluzione cit., 68; Luminoso, sub art. 1453 cit., 130; Amadio, Inattuazione e risoluzione cit., 83 s.

(64) Cfr. Castronovo, La risoluzione cit., 838-839. (65) Sulla possibilità di domandare l'adempimento successivamente

alla domanda di risoluzione (art. 1453, co. 2, c.c.) la dottrina è discorde: se­condo un orientamento l'azione per l'adempimento deve essere preclusa al cre­ditore sia dopo la domanda di risoluzione sia a seguito di una pronuncia del giudice che neghi la risoluzione, e ciò al fine di tutelare l'interesse del debitore, il quale, liberato dall' obbligo di adempiere, potrebbe aver disposto in altro modo della prestazione: C. Vivante, Trattato di diritto commerciale. Le obbliga­zioni (contratti e prescrizione?, IV (Milano 1935), 114 e 118; Dalmartello, Riso­luzione cit., 141; Mirabelli, Delle obbligazioni cit., 614; Alessi, Risoluzione cit., 67; Luminoso, sub art. 1453 cit., 39; Sacco (- De Nova), Il contratto cit., 635­636. Altra dottrina rileva, invece, che la pronuncia con cui il giudice rigetta la domanda di risoluzione è indice della non gravità dell'inadempimento e quindi della permanenza del rapporto obbligatorio e della possibilità per l'adempiente di domandare l'adempimento oppure, qualora l'inadempimento si sia aggra­vato nelle more del processo, propone una nuova domanda di risoluzione: G. Auletta, Domanda di risoluzione e domanda di adempimento (in via principale e subordinata) e questioni sull'importanza dell'inadempimento, Giur. it., 1956, I, 1, 482; Mosco, La risoluzione cit., 242; Smiroldo, Profili della risoluzione cit., 377 s. LOttica del contemperamento interessi delle parti alla luce anche del loro atteggiamento processuale è infine da M. Giorgianni, In tema di risoluzione del contratto per inadempimento, Contratto impr., 1991,68 s. il quale non esclude un'estensione del giudizio sulla risoluzione per includervi quello sull' accertamento della validità dell' adempimento successivo.

(66) Lassunto di cui supra nel testo sembra trovare una conferma a contrario nell'opinione che non nega al contraente la possibilità di doman­

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~­r "~ ,

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disponibilità degli effetti della risoluzione, affermato anche re­centemente dalle Sezioni Unite (67).

La tutela dell'interesse positivo rischia di caricarsi Ql una valenza punitiva della parte inadempiente: una valenza incon­grua rispetto ai principi del diritto contrattuale (68), che peral­tro mette a nudo il postulato da cui muove l'orientamento che si critica, secondo cui la risoluzione costituisce una sanzione dell'inadempimento (69). Soltanto in tal modo si può, infatti, giustificare la violazione arrecata al principio della specularità tra il diritto e la sua tutela (70).

dare l'adempimento nelle more del giudizio di risoluzione « essendo titolare del diritto in base al contratto non ancora risolto (e che forse non sarà risolto) ,,: S. Patti, Risoluzione per inadempimento, contratti di durata e con­tratto di appalto d'opera, TI contratto e le tutele. Prospettive di diritto euro­peo, a cura di S. Mazzamuto (Torino 2002), 360.

(67) Cfr. Casso S.U. 14-1-2009 n. 553, Danno rcsp., 2009, 625 s. con nota di M. Dellacasa, Caparra confìrmatoria e disponibilità dell'effetto risotu­torio. Secondo l'a. l'indisponibi1ità dell'effetto risolutorio discende dall'art. 1453, co. 2, c.c. che, al fine di tutelare l'affidamento della parte inadem­piente, preclude all'attore in risoluzione di rinunciare agli effetti della stessa, domandando l'adempimento: «non si vede come il creditore possa determi­nare unilateralmente la reviviscenza di un contratto risolto. La legittima­zione a disporre degli effetti della risoluzione confligge con il principio se­condo cui non è possibile modificare unilateralmente in senso peggiorativo la sfera giuridica altrui" (ibidem, 644). La necessità di tutelare l'affidamento della parte non inadempiente era sollecitata anche da C. Vivante, La risolu­zione della vendita commerciale e il termine essenziale, Riv. dir. comm., 1919, I, 646 s. spee. 649 sotto il codice abrogato.

(68) I.:impossibilità di configurare i punitive damages all'interno del diritto contrattuale è rammentata nel common law da G.R. Treitel- E. Peel, The Law or Contract 12 (London 2007), 1003. Sull'impossibilità di riconoscere i punitive damages nel diritto contrattuale italiano v. Bianca, Diritto civile, 5 cit., 127, e, sul versante della tutela aquiliana, C. Castronovo, Del non risar­cibile aquiliano: danno meramente patrimoniale, c.d. perdita di chance, danni

danno c.d. esistenziale, in questa Rivista, 2008, 326 S.

(69) Cfr. nel senso del testo di Majo, Le tutele cit., 220 nt. 41; Marella, Tutela risarcitoria cit., 375; Pacifico, n danno cit., 209. Udea che la risolu­zione rappresenta una sanzione contro l'inadempimento va ricondotta al noto studio di Auletta, La risoluzione cit., 147 S. e passim. Tale tesi è condi­visa tra gli altri da U. Natali, Il termine essenziale, Riv. dir. comm., 1947,233; Betti, Teoria generale, III, 2 cit., 131; Persico, L'eccezione cit., 114; Belfiore, Risoluzione del contratto cit., 1309 e nt. 9.

(70) Cfr. D.B. Dobbs, Law or remedies. Damages-Equity-restitution2

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Non sembra del tutto condivisibile, infine, neppure l'orientamento che, pur rifiutando l'assimilazione tra danno da inadempimento e danno da risoluzione, individua quest'ultimo nel lucro cessante che la parte fedele avrebbe ottenuto dal­l'adempimento. La cancellazione delle prestazioni corrispettive non consente infatti alla parte non inadempiente di invocare quel mancato guadagno che poggia sulla prestazione cui non si ha più diritto: la domanda di risoluzione comporta sia la li­berazione della parte dall'obbligo di adempimento, sia la sua rinuncia "totale" alla controprestazione.

5. Le critiche mosse alla tesi tradizionale ed in partico­lare alla configurabilità del danno da risoluzione come danno da inadempimento potrebbero traballare a causa delle indica­zioni fornite dalla fattispecie della.risoluzione per impossibi­lità imputabile al debitore, dove la definitività dell'inadempi­mento precede la domanda di risoluzione; ma ad un'analisi più accorta emerge che tutt'al contrario l'ipotesi della tutela del­l'interesse negativo si rivela più credibile e coerente con il si­stema.

L'opinione prevalente ritiene che !'impossibilità imputa­bile al debitore abiliti il contraente fedele alla scelta tra do­mandare l'equivalente pecuniario della prestazione impossibile (c.d. risarcimento sostitutivo) (71) e la risoluzione (72) ed in­

(St. Paul Minn. 1993), 22 e 26-27 che sottolinea l'eccezionalità delle circo­stanze idonee a giustificare in common law una deroga al principio detto su­pra nel testo.

(71) La conversione dell'obbligazione principale nell'obbligazione rì­sarcitoria primeggia nei sistemi di common law: Lord Diplock in photo Pro­ductions Ltd v Securior Transport Ltd (1980), 1 AlI ER 556. Cfr. anche L.J. MacGregor, The expectation interest, reliance and restitution interest in con­traet damages, Judicial review, 1996,232 s.; H.G. Beale - W.D: Bishop - M.P. Furmston, Contraet. Cases & Materials5 (Oxford 2008),611 s. e 990 s.; E. Mc­Kendrick, Contract (Houndmills-Basingstoke-Hampshire-New York), 2007, 392 s. In Italia tra gli altri A. di Majo, Tutela risarcitoria: alla ricerca di una tipologia, ivi, 2005, I, 254; Id., L'obbligazione, Manuale di diritto privato europeo, a cura di C. Castronovo e S. Mazzamuto, II (Milano 2007), 164 s.; Id., Le tutele cit., 154 s.; P. Trimarchi, Il contratto: inadempimento e rimedi (Milano 2010), 59 s. Contra Pacifico, Il danno cit., 110 s., 205.

(72) Cfr. Luminoso, sub art. 1453 cit., 127 s.

810 811 Diritti nazionali e comparazione

fatti a seguito di questa foona di impossibilità il debitore non è liberato dal vincolo obbligatorio e, dunque, non è pregiudi­cata l'alternativa rimediale di cui all'art. 1453 c.c.

Questa soluzione muove dal principio di priorità logico­giuridica dell'adempimento in natura (73), che preclude la pre­tesa unilaterale di risarcimento del danno in luogo dell'adem­pimento finché perduri la possibilità della prestazione oppure, nel caso del ritardo, non sopravvenga un disinteresse alla pre­stazione in natura (artt. 1218 e 1256 c.c.) (74). Al di là di que­ste ipotesi, e sempre che non intervenga un accordo delle parti

(73) Cfr. M. Giorgianni, Tutela del creditore e tutela « reale», Riv. trim. dir. proc. civ., 1975,620 S.; S. Mazzamuto, L'attuazione degli obblighi di fare (Napoli 1978), 113 S.; Id., L'inattuazione dell'obbligazione e l'adempimento in natura, Il contratto e le tutele cit., 526 S.; A. Proto Pisani, Brevi note in tema di tutela specifica e tutela risarcitoria, Foro it., 1983, V, 127 s. ed ora Le tutele giurisdizionali dei diritti. Studi (Napoli 2003), 160 S.; Id., L'attuazione dei provvedimenti di condanna, Processo e tecniche di attuazione dei diritti, a cura di S. Mazzamuto, I (Napoli 1989), 39 S.; Mengoni, La responsabilità cit., 128; di Majo, La tutela civile dei diritti4 (Milano 2003), 279 s.; Piraino, Adem­pimento cito La tutela dell'adempimento in natura è stata, inoltre, incentivata dalla recente introduzione nel codice di procedura civile dell'art. 614-bis che contempla la possibilità per il giudice con il provvedimento di condanna di fissare la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inos­servanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell' esecuzione del provvedi­mento. Tale disposizione si presenta come l'istituto generale di esecuzione indiretta degli obblighi di fare infungibile e di non fare. Al riguardo v. ora S. Mazzamuto, La comminatoria di cui all'art. 614-bis C.p.C. e il concetto di in­fungibilità processuale, in questa Rivista, 2009, 947 s.

(74) Cfr. Luminoso, sub ari. 1453 cit., 136 s. il quale aggiunge alle ipotesi di cui supra in testo anche quelle in cui l'azione di adempimento si riveli nella pratica difficilmente perseguibile. Adde Amadio, lnattuazione e ri­soluzione cit., 115. Tale argomento si potrebbe tuttavia ridimensionare alla luce del recente art. 614-bis C.p.c. per cui v. nt. precedente. Il ricorso al risar­cimento sostitutivo in caso di sopravvenuta inutilità della prestazione è pro­posto da A. Belfiore, lnattuazione dello scambio per causa imputabile al debi­tore e tecniche di tutela del creditore: la conversione della prestazione in natura in prestazione per equivalente, Riv. crit. dir. priv., 1987, 227 s. sulla scorta di un'interpretazione evolutiva dell'art. 1553 c.c. Secondo l'a. nonostante il si­lenzio del legislatore la tecnica in discorso sembra rispondere alla necessità di assicurare al creditore dinanzi aIl'inattuazione dello scambio la tutela della libertà di organizzazione del proprio patrimonio senza perciò imporre in via coattiva il costo della risoluzione oppure quello dell'adempimento in natura, ma consentendogli di scaricare tale costo sull'inadempiente.

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ex art. 1197 c.c., la conversione della prestazione in natura nel suo equivalente non sembra possibile (75).

D'altra parte proprio la fattispecie del ritardo che deter­mina la perdita dell'interesse alla prestazione sembra rivelare l'incoerenza della tesi del risarcimento del danno positivo da risoluzione. Secondo questa linea di pensiero, infatti, il ritardo nell'adempimento consentirebbe al contraente non più interes­sato alla prestazione in natura di ottenere il medesimo risul­tato sia che chieda il risarcimento sostitutivo sia che opti per la risoluzione ed il risarcimento del danno (76), per quanto, nel primo caso, il contraente resti vincolato all'adempimento della propria prestazione (77). In altri termini, il contraente fe­dele finirebbe per disporre di due diversi rimedi destinati, però, alla medesima finalità: l'ottenimento del plusv&lore eco­nomico legato all'operazione contrattuale (78), il che contra­sta, però, con l'eterogeneità delle funzioni delle tutele rac­chiuse nell'art. 1453 c.c. (79).

Il rilievo non mira certo a negare il diritto del contraente fedele al risarcimento sostitutivo e' neppure intende negare il suo collegamento ai già ricordati presupposti dell'impossibilità

(75) V. invece Sicchiero, La risoluzione cit., 448 s. (76) Di tutela « esorbitante)} del risarcimento del danno positivo da

risoluzione parla Marella, Tutela risarcitoria cit., 375. (77) Non appare sufficiente al riguardo affermare che comunque tra

azione per ottenere l'equivalente ed azione di risoluzione (anche se non ac­coppiata al risarcimento) rimarrebbe la differenza di consentire al con­traente nel primo caso di eseguire la prestazione dovuta e ricevere in cambio il risarcimento del danno. Così Auletta, La risoluzione cit., 247; adde Lumi­noso, sub art. 1453 cit., 135-136; Amadio, lnattuazione e risoluzione cit., 116.

(78) Quanto si afferma supra nel testo sembra trovare una conferma a contrario nelle argomentazioni di Belfiore, lnattuazione dello scambio cit., 230 s. spec. nt. 7 secondo cui la scelta di riconoscere all'attore in risoluzione il risarcimento del danno per l'interesse positivo giustifica l'opzione legisla­tiva « che, in sede di disciplina generale delle tecniche di reazione all'ina­dempimento contrattuale, non ha, appunto, previsto azioni diverse da quelle per la risoluzione o per l'adempimento". V. anche Luminoso, sub ari. 1453 cit., 135; nonché Trimarchi, Il contratto cit., 60 secondo cui il creditore che ha perso interesse all'adempimento in forma specifica e preferisce ottenere l'equivalente pecuniario - poi utilizzabile a propria discrezione - può rea­lizzare il proprio interesse agendo per la risoluzione del contratto.

(79) Cfr. al riguardo Camelutti, Sul risarcimento cit., 329.

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imputabile o della soprawenuta perdita dell'interesse del cre­ditore all'adempimento in natura. Ciò che preme maggior­mente evidenziare è, invece, la conferma che l'ipotesi in esame offre alla tesi della tutela dell'interesse negativo in sede di ri­sarcimento del danno da risoluzione.

Se il risarcimento sostitutivo integra, infatti, un'ipotesi autonoma fondata su presupposti specifici rappresentati da fat­tispecie di inadempimento ben determinate, si rivela allora in­coerente l'individuazione dell'interesse tutelato in sede di riso­luzione con l'interesse positivo, giacché il risarcimento di que­st'ultimo include sempre il risarcimento sostitutivo, che per­tanto verrebbe disancorato dai suoi presupposti. Ben diverso è lo scenario nell'ottica del risarcimento dell'interesse negativo, poiché così non solo verrebbe preservata l'autonomia della fi­gura del risarcimento sostitutivo, ma verrebbero diversificate per giunta le conseguenze sul fronte risarcitorio nel caso di domanda di adempimento owero di domanda di risoluzione.

6. La chiave di lettura preferibile non può che essere un'altra: muovere dagli effetti della risoluzione per verificare cosa residua sul piano dei pregiudizi patrimoniali e non patri­moniali a seguito del fallimento del rapporto contrattuale.

La risoluzione elimina con efficacia ex tune gli effetti si­nallagmatici e, tramite le restituzioni, mira al ripristino dello status qua ante patrimoniale delle parti. Alla tutela risarcitoria è quindi attribuita, come si è anticipato, la funzione di com­pensare la parte non inadempiente dai pregiudizi sofferti a causa del contratto (80) considerato non come vicenda nego­

(80) Non sembra quindi condivisibile la tesi che attribuisce al risarci­mento del danno da risoluzione la funzione di «rimettere le cose in stino» (così Camelutti, Sul risarcimento cit., 330; adde Bigiavi, Irretroattività cit., 1934, 701-702), poiché in tal modo si eliminerebbe la differenza tra la tutela risarcitoria, che ha funzione compensativa, e la tutela restitutoria, che, seguendo la logica e gli schemi della tutela reale, tende al ripristino dello status quo ante (cfr. Mosco, La risoluzione, cit., 272 s.; T. Ascarelli, Obbliga­zioni pecuniarie, Comm. Scialoja - Branca, Art. 1277-1284 (Bologna-Roma), 1968, 545; A. di Majo, Obbligazioni pecuniarie, Ene. dir., XXIX (Milano 1979), 269; Id., La tutela civile cit., 319; E. Moscati, Pagamento dell'in-

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ziale ma come evento dannoso (81), chiaramente in termini retrospettivi proprio in quanto operazione economica fallita.

In tal senso l'efficacia retroattiva della risoluzione elimina il regolamento contrattuale in quanto fonte di prestazioni cor­rispettive (82), ma lo lascia in vita quale vicenda storica consi­stente nella mancata realizzazione del programma negoziale fonte di pregiudizio per la parte delusa ulteriore rispetto ai va­lori che il contratto veicolava e che sono venuti meno con la risoluzione. In altri termini, posto che - come si è anticipato

l'efficacia ablativa della risoluzione investe esclusivamente il sinallagma ineseguito, essa lascia impregiudicata la tutela dai pregiudizi di natura patrimoniaie e non patrimoniale che il contatto tra i contraenti ha sollecitato.

La cancellazione del sinallagma unita alla liberazione dei contraenti sembra dunque impedire che la tutela risarcitoria del danno derivante dalla risoluzione del contratto miri al ri­storo del dover essere della vicenda contrattuale, e quindi l'at­tuazione del nesso di corrispettività (83), bensì tende alla com-

debito, Comm. Scialoja - Branca, Art. 2028-2042 (Bologna-Roma), 1981,232 e 242 s.).

(81) Cfr. sul punto G.K. Gardner, Observations on the Course in Con­tracts, 1934, inedito, riportato da Du. Kennedy, From the Will Theory to the Principle or Private Autonomy: Lon Fullers "Conside:ration and Form", Colum. L. Rev., 2000, 166. Al riguardo v. anche M.R. Marella - L. Cruciani, Il danno contrattuale, Il nuovo contratto, diretto da P.G. Monateri, E. del Prato, M.R. Marella, A. Somma e C. Costantini (Bologna 2007), 1154; di Majo, Le tutele cit., 172 s.

(82) Quanto detto supra nel testo sembrerebbe, pertanto, escludere la possibilità di utilizzo della regola sinallagmatica al fine di individuare il con­tenuto del danno da risoluzione (così invece Marella, lutela risarcitoria cit., 375, secondo cui l'opzione per il risarcimento dell'interesse nel danno da risoluzione {( può rappresentare un tentativo di riportare il rime­dio risarcitorio nell'alveo di una tutela della sinallagmaticità delle presta­zioni più strettamente intesa ». Nonché Pacifico, Il danno cit., 71 e 187, se­condo cui il risarcimento del danno ex art. 1453 c.c. deve tener conto della struttura sinallagmatica del rapporto contrattuale).

(83) La soluzione detta supra nel testo non sembra dover mutare nel caso di danno da risoluzione nei contratti di durata in cui il normale espli­carsi dell'efficacia retroattiva sulle singole coppie di prestazioni ineseguite, innescando l'effetto restitutorio delle prestazioni eventualmente eseguite, im­pedisce alla parte c.d. fedele di domandare il risarcimento del valore delle

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pensazione di ciò che non doveva essere di quella vicenda ed invece è stato (84). Si tratta, in altri termini, della tutela del contraente non inadempiente dal contratto, inteso quale evento dannoso per la persona ed il patrimonio della parte non inadempiente, e non già della tutela per il contratto, inteso quale fonte di incremento del patrimonio della parte.

La tutela dell'interesse negativo in sede di danno da riso­luzione non sembra però giustificabile - come si è proposto anche di recente - alla luce dell'affermazione per cui la sen­tenza costitutiva che dispone la risoluzione riporta il rapporto giuridico tra le parti allo stato precontrattuale (85), in quanto l'effetto retroattivo della risoluzione concerne solo le presta­zioni corrispettive, non elidendo i pregiudizi che alla vicenda contrattuale sono riconducibili in quanto operazione fallita e quindi dannosa. Al contempo, però, non pare neppure corretto escludere tale fronte di tutela in base all'idea che assegna la tutela dell'interesse negativo esclusivamente alla fattispecie della culpa in contrahendo e che, quindi, stante la diversità tra questa e la vicenda della risoluzione per inadempimento, non si può che dedurne l'en-oneità (86). Tale critica sembra risol­

ulteriori controprestazioni cui ha rinunciato. In tal senso anche Bianca, Del­l'inadempimento cit., 321, secondo cui ({ ai fini del risarcimento del danno non può essere L..] assunta la violazione di un interesse all'esecuzione del contratto che vada oltre il momento in cui a tale esecuzione si è rinunziato ».

Contra Luminoso, sub art. 1453 cit., 327 s.; Pagliantini, La risoluzione cit., 133: il risarcimento del danno da risoluzione dei contratti di durata « è pari all'ammontare di tutte le prestazioni convenute, ma non eseguite ».

(84) Si riprende sul punto la sintesi effettuata da C. Castronovo, n ri­sarcimento del danno, Riv. dir. civ., 2006, I, 84 della differenza tra risarci­mento del danno da inadempimento e quello da fatto illecito. Per il common law si esprime in termini analoghi Treitel - Peel, The Law of Contract 1005.

(85) Cfr. sul punto anche Luminoso, sub art. 1453 cit., 211; Castro­novo, La risoluzione cit., 837. V. invece Pacifico, ndanno cit., 196, la cui opi­nione sembrerebbe assimilabile a quella espressa in passato da Guerrera, Della cosiddetta cit., 79; Gorla, L'atto di disposizione ci!., 106 s., i quali giusti­ficano l'opzione per la tutela dell'interesse negativo nella fattispecie del danno da risoluzione, assimilandola a quella della culpa in contrahendo.

(86) Così invece Auletta, La risoluzione cit., 142 s.; De Cupis, Il danno cit., 348.

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versi infatti in una mera petilio principii (87) e ciò la priva di capacità pervasiva, alla luce tra l'altro dell'esistenza di indici che come meglio si vedrà nel prosieguo - fanno propen­dere per una diversa soluzione.

7. La configurazione del danno da risoluzione che si è proposta esalta il nesso di consequenzialità rispetto al rimedio ablativo che lo precede (88) e ciò conduce a svolgere qualche considerazione ulteriore sul ruolo assegnato al risarcimento del danno nell'ambito delle tutele ex art. 1453 c.c.

La scelta del legislatore di anteporre alla tutela risarcito­ria l'alternativa tra l'azione di adempimento e quella di risolu­zione, sembra ispirata dall'esigenza di privilegiare la tutela dei due interessi antitetici che la violazione della .lex contractus può suscitare nel contraente non inadempiente: !'interesse a conseguire, seppur in seconda battuta, quanto il contratto pre­vede tramite la tutela in natura e l'interesse a tornare libero dal vincolo contrattuale reputato ormai irrimediabilmente fallito, il che si ottiene mediante il rimedio ablativo della risoluzione. Il risarcimento del danno rappresenta un'aggiunta, per così dire, dettata dall'esigenza di contrastare i pregiudizi arrecati dalla vicenda contrattuale al patrimonio ed alla persona del contraente c,d. fedele. Si tratta di danni che non costituiscono il surrogato della prestazione inadempiuta perché questa o è stata ricevuta in natura, seppur in ritardo, o vi si è rinunciato domandando la risoluzione del contratto, sicché il risarci­mento risulta funzionalizzato alla compensazione dei pregiu­dizi patrimoniali e non patrimoniali prodotti dalla vicenda contrattuale (89).

(87) Cfr. anche Luminoso, sub art. 1453 cit., 212 secondo cui il bino­mio interesse negativo-culpa in contrahendo rappresenta « il frutto della vi­schiosità di una tradizione culturale recepita acriticamente e mai sottoposta a verifica ».

(88) La consequenzialità del danno rispetto alla risoluzione trapela anche dall'impostazione di Carnelutti, Sul risarcimento cit., 329 s. ed è affer­mata ora da di Majo, Le tutele dt., 220-221.

(89) Cfr. Mengoni, La responsabilità cit., 88 secondo cui bi'logna di­stinguere tra l'obbligo di risarcimento del danno che si pone in luogo del do­

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Il ruolo così assegnato al risarcimento del danno sembra trovare riscontro anche nel diritto europeo, basti pensare alla direttiva sulla vendita dei beni di consumo (dir. 99/44) che rac­chiude alcune delle linee essenziali del diritto europeo dei con­tratti: la predilezione per la prospettiva rimediale a discapito della fattispecie (90) preclude, a prescindere dalle scelte di po­litica del diritto, la possibilità di concepire una disciplina del contratto in generale (91) e, per converso, la scelta di interve­nire settorialmente, per lo più per « gruppi di contratti)} (92), affida all'interprete il compito di rintracciame l'eventuale ratio comune (93).

vere primario dì prestazione ed accanto alla prestazione. Tale distinzione sembra ora presente nel BGB riformato rispettivamente ai §§ 281-283 e al § 280. Cfr. sul punto A. di Majo, La modemisierung del diritto delle obbliga­zioni in Germania, in questa Rivista, 2004, 361 S., 369 s.; S. Grundmann, Ri­sarcimento del danno contrattuale. Sistema e prospettive nell'interazione fra gli ordinamenti tedesco e italiano in Europa, Dir. giur., 2005, 177 s.

(90) Cfr. sul punto A. di Majo, Il linguaggio dei rimedi, in questa Rivi­sta, 2005, 345 s.; S. Mazzamuto - A. Plaia, I rimedi, Manuale di diritto vato europeo cit., II, 758 s.; S. Mazzamuto, La vendita di beni di consumo, ivi, 879 s.

(91) Cfr: sul punto anche N. Lipari, Per una revisione della disciplina sull'interpretazione e sull'integrazione del contratto?, Riv. dir. civ., 2006, I, 218 s., che, in riferimento alla legislazione europea, sottolinea le difficoltà di configurare una legislazione per principi stante la sua natura « analitico-re­golamentare ».

(92) Cfr. A. Plaia, I tipi contrattuali. Introduzione, Manuale di diritto privato europeo cit., II, 859 s.

(93) Sul punto v. L. Mengoni, L'Europa dei codici o un codice per l'Eu­ropa? (Roma 1993); AA.W., L'armonizzazione del diritto privato europeo. Il piano d'azione 2003, a cura di M. Meli - M.R. Maugeri (Milano 2004); H. Beale, The European Commissions Common Frame ofreference, ERCL, 2006, 303 s.; Id., The future of Common Frame of reference, ivi, 2007, 257 s.; M. Meli, Armonizzazione del diritto privato europeo e quadro comune di riferi­mento, in questa Rivista, 2008, 59 s.; C. Castronovo, La codificazione, Ma­nuale di diritto privato europeo, a cura di C. Castronovo e S. Mazzamuto, I (Milano 2007), 171 s.; Id., Quadro comune di riferimento e aquis comunitario: conciliazione o incompatibilità?, in questa Rivista, 2007, 275 S.; C. von Bar, Coverage and structure of the academic Common Frame of reference, ERCL, 2007,350 s.; C. 'I\vigg-Flesner, The Europeanisation ofContract Law (London 2008); G. Alpa - G. Conte, riflessioni sul progetto di Common Frame of refe­rence e sulla revisione dell'Aquis communautaire, Riv. dir. civ., 2008, I, 141 s.;

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Il sistema predisposto dal legislatore europeo appare molto simile a quello del legislatore italiano, nonostante le di­vergenze imposte dalla specificità della disciplina. La dir. 99/44 si pone in linea con la politica europea di razionalizzazione del mercato, stabilendo un sistema gerarchizzato di tutele, frutto della ponderazione degli interessi presenti nei contratti di ven­dita business to consumer (94). Ne consegue una strategia ri­mediale volta a soddisfare, in primo luogo, l'interesse dell'ac­quirente ad ottenere il risultato contrattualmente previsto, at­traverso la riparazione o la sostituzione, e, in via subordinata ed alternativa, quello a mantenere il bene non conforme con una corrispettiva e proporzionale riduzione di prezzo oppure quello a liberarsi dal vincolo contrattuale (art. 130 cocL cons.). Il risarcimento del danno, che pur non espressament~ Plenzio­nato dalla direttiva vi rientra ex art. 135 cod. cons. (95), tende come nella disciplina dell'art. 1453 c.c., a tutelare la parte dai danni che residuano dopo l'attivazione dei rimedi della ripara­zione o sostituzione e della risoluzione (96), il che rivela la tendenza del diritto europeo a privilegiare i mezzi di tutela in forma specifica rispetto al risarcimento del danno (97).

R. Schulze - T. Wilhelmsson, From the Draft Common Frame of reference towards European Contract Law rules, ERCL, 2008, 155 s.

(94) V. però l'attuazione della dir. 99/44 che è stata data in Germania, la quale, essendo coincisa con la Schuldrechtmodernirierung del 2001, è as­surta a disciplina del contratto di vendita generalmente considerato con la conseguenza che si applica anche ai rapporti business to business. V. al ri­guardo le critiche di S. Mazzamuto, Equivoci e concettualismi nel diritto eu­ropeo dei contratti: il dibattito sulla vendita dei beni di consumo, in questa Ri­vista, 2004, 1039 s.

(95) Cfr. A. di Majo, Garanzia e inadempimento nella vendita di beni di consumo, ivi, 2002, 12 S.; G. Pisciotta, Scambio di beni di consumo e modelli codicistici di protezione dell'acquirente (Napoli 2003), 151 s. spec. 152; C. Ca­stronovo, Il diritto di regresso del venditore finale nella tutela del consumatore, in questa Rivista, 2004, 979; Mazzamuto, Equivoci e concettualismi cit., 1124; Piraino, La vendita di beni di consumo cit., 617.

(96) Sul risarcimento del danno da difetto di conformità v. Castro­novo, Il diritto di regresso cit., 957 s.; Id., La nuova responsabilità civile3

lano 2006), 708 s.; e sia consentito il rinvio ad A. Montanari, La responsabi­lità del « fornitore)} nella disciplina europea del danno da prodotti difettosi, in questa Rivista, 2007, 195 s.

(97) Così Mazzamuto, La vendita cit., 210. Al riguardo si possono ri­

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La tutela contrattuale costituisce dunque, sia in ambito italiano sia in ambito europeo, espressione dell'interesse del contraente all'adempimento del contratto oppure al suo scio­glimento, sicché il risarcimento del danno mira alla compen­sazione dei pregiudizi che residuano dopo l'attivazione dei due rimedi.

Nell'esperienza di common law si parla al riguardo di con­sequential/incidentalloss, in contrapposizione alle normalloss: mentre le prime comprendono i pregiudizi, per l'appunto inci­dentali, che aggiungono alla perdita della prestazione in sé considerata e si sostanziano nei pregiudizi causati dall'inese­cuzione del rapporto contrattuale (98); le seconde si identifi­cano con i pregiudizi, per così dire, "immediati" dell'inadempi­mento, corrispondenti ad es. al differente prezzo di mercato del bene compravenduto (99).

Tale distinzione è stata proclamata nel caso Mondel v Steel (100) e, successivamente, trasfusa nelle Sect. 50 e 51 del Sale of Goods Act del 1893, che regolano, rispettivamente, il criterio di valutazione del damages for non-acceptance e del da­mages for non-delivery. Le Subsect. 2nd e 3Td di entrambe le norme stabiliscono che la stima del risarcimento del danno deve essere effettuata guardando al naturale corso degli eventi e alla differenza tra il prezzo pattuito e il prezzo di mercato. Quest'ultima precisazione costituisce, secondo un'interpreta­zione costante delle corti di common law, l'indice rivelatore che il riferimento della 2nd Subsect. alle perdite « directly and

chiamare anche i progetti di codificazione europea: v. l'art. 9:102 PECL, gli artt. 111 e 112 Code européenne des contrats e l'art. 3:302 (2) DCFR.

(98) Al riguardo v. anche la definizione dell'art. 2:201 DCFR: «loss caused to a natural person as a result of injury to his or her body or health and thc injury as such are legally relevant damage ».

(99) Cfr. sul punto Dobbs, Law ofremedies cit., 226 s.; R. Craswell - A. Schwartz, Fundanons of Contract Law (Oxford-New York), 1994, 68 s.; H. McGregor, McGregor on damages 17 (London 2003), 23 s.; Treitel - PeeI, The Taw ofContract cit., 1012; Beale - Bishop - Furmston, Contract cit., 706 s. In Italia v. G. Smorto, Il danno da inadempimento (Padova 2005),87 s.; di Majo, Le tutele cit., 167 s.

(100) (1841) 8 M. & W. 858, spec. 870.

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naturally resulting, in the ordinary course of events » attenga tanto alle normalloss quanto alle consequentialloss (101).

In definitiva, sembra la scelta più coerente nell'ottica di coordinamento tra i rimedi ex art. 1453 c.c. quella di qualifi­care il danno da risoluzione come pregiudizio consequenziale nei termini in precedenza delineati.

8. Ad un livello più generale il danno da risoluzione si configura come una species del danno contrattuale (102) previ­sto dall'ari. 1453 c.c. a completamento del più ampio disegno rimediale a contrasto della violazione della lex contrac­tus (103). La fattispecie lesiva contemplata dalla disciplina in parola appare più ampia di quella sul danno da inadempi­mento e ciò risulta in linea con le modifiche approntate dalla codificazione del '42.

La collocazione sistematica del danno contrattuale ha in­dotto una dottrina ad assoggettarne la disciplina alle regole del sinallagma contrattuale: « se è la legge dello scambio a gover­nare il contratto, il danno contrattuale non può non esserne, allo stesso modo, influenzato» (104).

Per quanto suggestiva, la tesi in discorso non va condivisa: la tutela del sinallagma è affidata dall'art. 1453 c.c. ai rimedi dell'adempimento e della risoluzione che o tramite l'attuazione ritardata del vincolo corrispettivo o tramite il suo scioglimento retroattivo elidono ogni possibile interferenza tra sinallagma e risarcimento del danno consequenziale. Le caratteristiche del

(101) Cfr. sul punto McGregor, McGregor on damages cit., 23 e in giu­risprudenza Kaye v Hosier (1972) 1 AlI E.R. 121, HL, spec. 128; George Cohen v Dock & Island Waterways Executive (1950) 84 LI. Rep. 97, CA; Davis & Co v Alfa-Minerva (1974) 2 Lloyd's Rep. 27.

(102) La dottrina raramente si occupa in maniera specifica dei carat­teri del danno contrattuale essendo la trattazione dello stesso spesso assimi­lata a quella dell'ipotesi generale di responsabili tà ex art. 1218 c.c. Per un'analisi specifica v. A. Pinori, Il danno contrattuale. Criteri di valutazione. Tecniche e regole giudiziali di liquidazione, II (Padova 2001); Marella - Cru­ciani, Il danno contrattuale cit., 1065 s.; Pacifico, Il danno cit., 157 s.; di Majo, Le tutele cit., 151 s.

(103) Cfr. nello stesso senso di Majo, Le tutele cit., 25. (104) di Majo, Le tutele cit., 151-152; Pacifico, Il danno cit., 157 s., 163

e 187.

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danno contrattuale consistono, infatti, sia nella maggiore estensione applicativa rispetto al danno da inadempimento sia nella natura consequenziale connessa al suo ruolo di rimedio complementare dell'adempimento in natura e della risoluzione assegnatogli dall'art. 1453 c.c. nonché nella maggiore sensibi­lità alla mutevolezza degli interessi dei contraenti nel corso dello svolgimento del programma contrattuale, di cui sono spie le scelte compiute in sede rimediale.

La natura consequenziale del danno contrattuale com­porta, inoltre, una ridefinizione dell'idea secondo cui la sua valutazione mira a collocare la parte nella stessa posizione economico-giuridica in cui si sarebbe trovata in caso di esatta esecuzione del contratto (105): non si può escludere che, tanto nel caso dell'adempimento in ritardo quanto in quello della ri­soluzione, il pregiudizio subito possa rivestire un valore supe­riore a quello della prestazione contrattuale, come ad es. nel­l'ipotesi di danno non patrimoniale (106).

9. Strana coppia quella interesse positivo e interesse ne­gativo: considerati in origine l'uno come l'oggetto naturale e normale del risarcimento a seguito dell'inadempimento e l'al­

(105) Cfr. Treitel- PeeI. The Law ofContract cit., 1004-1005. (106) Lidoneità della disciplina contrattuale a risarcire il danno non

patrimoniale è stata affermata da Casso S.U. 11-11-2008, n. 26972, Corro giur., 2009, 48 s., su cui V. ED. Busnelli, Le sezioni unite e il danno non patrimo­niale, Riv. dir. civ., 2009, 111 s.; C. Castronovo, Danno esistenziale: il lungo addio, Dannoresp., 2009, 8 s.; A. Procida Mirabelli di Lauro, n danno non patrimoniale secondo le sezioni unite. Un "de profundis" per il danno esisten­ziale, ivi, 39 s.; P. Cendon, A proposito di Cass., sez. un., n. 26972/2008. L'urlo e la furia, NGCC, 2009, 69 s.; M. Gaz7~a, Danno non patrimoniale da ina­dempimento: le ss.uu. e le prime applicazioni nella giurisprudenza di merito, ivi, 279 s.; E Gazzoni, n danno esistenziale, cacciato, come meritava, dalla porta, rientrerà dalla finestra, Dir. fam. pers., 2009, 73 s.; G. Grisi, n danno (di

esistenziale e la nomofilachia « creativa j) delle Sezioni Unite, in questa Rivista, 2009, 452 s.; E. Navarretta, Il valore della persona nei diritti inviola­bili e la complessità dei danni non patrimoniali, Resp. civ. prev., 69 s.; P. Ziviz, Il danno non patrimoniale: istruzioni per l'uso, ivi, 117 s.; S. Mazzamuto, Il rapporto tra gli artt. 2059 e 2043 c.c. e le ambiguità delle Sezioni unite a pro­posito della risarcibilità del danno non patrimoniale, Contratto 2009, 619 s.; V. Tomarchio, Unitarietà del danno non patrimoniale nella prospettiva delle Sezioni unite, Giur. it., 2009, 22 S.

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tro come "eccezione", figlia dell'intuizione di Rudolf von Jhe­ring sfociata nella nota teoria della culpa in contrahendo (107) con cui finisce per fare corpo, quasi che al Negativen Vertrags­interesse non corrisponda uno specifico ed autonomo bisogno di tutela, riscontrabile in altre fattispecie (108).,

Di qui gli studi della dottrina continentale tesi a rintrac­ciare fattispecie analoghe a quella della culpa in contrahendo in modo da giustificare la risarcibilità dell'interesse negativo sulla base dell'assunto che il Negativen Vertragsinteresse as­suma rilevanza soltanto nella situazione giuridica tutelata dal dovere di comportarsi correttamente durante le trattative (art. 1337 c.c.) (109).

(107) R. von Jhering, Culpa in contrahendo oder Shadensersatz bei nichtingen oder nicht zur Perfection gelangten Vertragen, Jahrbiicher f.d. Dog­matik, 1861; per la versione italiana: Id., Della culpa in contrahendo ossia del risarcimento del danno nei contratti nulli o non giunti a perfezione, trad. it. a cura di E Procchi (Napoli 2005).

(108) TI tradizionale accoppiamento interesse negativo-culpa in con­trahendo è criticato anche da G. Grisi, L'obbligo precontrattuale di informa­zione (Napoli 1990), 341 s. secondo cui bisogna lasciare da parte ogni aprio­rismo approfondendo lo studio del risarcimento del danno all'insegna della sua correlazione con la situazione giuridica lesa. In tal modo si comprende che la relazione tra culpa in contrahendo ed interesse negativo è sì costante, ma non esclusiva, in quanto il secondo non possiede una definizione sempre identica, ma variabile a seconda delle esigenze concrete prospettate dalle singole fattispecie. Di conseguenza, {( ove apprezzato in quest'ottica, !'inte­resse negativo rifiuta la qualificazione di parente povero dell'interesse posi­tivo e vede valorizzata la sua autonoma dignità» (ibidem, 353). V. anche A. Luminoso, La lesione dell'interesse contrattuale negativo (e dell'interesse posi­tivo) nella responsabilità civile, Contr. impr., 1988, 792 s.; Id., sub art. 1453 cit., 359 s. che tuttavia, pur criticando il binomio interesse negativo-respon­sabilità precontrattuale, svolge un'analisi tesa a dimostrare l'esistenza, ac­canto ad ipotesi di tutela dell'interesse negativo estranee alla culpa in con­trahendo, di fattispecie di responsabilità precontrattuale in cui a ricevere tu­tela deve essere l'interesse positivo e che, quindi, tale forma di responsabilità non deriva dalla lesione di un tipo costante di interesse. La necessità di di­stinguere la tutela dell'affidamento dalla fattispecie di culpa in contraendo è stata sottolineata anche a livello europeo: cfr. J. Cartwright - M. Hesselink, Conclusions, Precontractual Liability in European Private Law, edited by J. Cartwright and M. Hesselink (Cambridge 2008), 454: « the language of "re­liance" [ ... ] can be used in different contexts and in different senses ".

(109) Cfr. C. Thrco, Interesse negativo e responsabilità precontrattuale

822 823

~.

Diritti nazionali e comparazione

L'identificazione di interesse negativo e responsabilità precontrattuale è il frutto di una lettura riduzionistica e forse anche superficiale dello studio di von Jhering, che non sembra riduci bile alla sola esplicazione dell'interesse tutelato nella fase in contrahendo ma, tutt'al contrario, si spinge oltre, mettendo in risalto il sostrato relazionale della vicenda contrattuale che prende corpo negli obblighi di protezione che conferiscono ri­levanza giuridica all'affidamento anche a prescindere dalla prestazione.

In questo senso, l'opera di coniugare la tutela risarcitoria per la violazione del contratto con la declaratoria di nullità co­stituisce probabilmente il volto più innovativo della culpa in contrahendo (110): von Jhering precisando che la nullità del contratto non travolge l'intera gamma degli effetti ma investe soltanto quello principale costituito dall' obbligo di prestazio­ne (111), consente di individuare l'oggetto della tutela dell'inte­

(Milano 1990); Jd., L'interesse negativo nella culpa in contrahendo (verità e di­storsioni della teoria di jhering nel sistema tedesco e italiano), Riv. dir. civ., 2007, J, 53 s. sulla scia di C.M. Bianca, Diritto civile, 3. Il contratto (Milano rist. 1987), 161. Alla ricostruzione di Turco sembrano aderire anche M. Man­tovani, « Vìzi incompleti II del contratto e rimedio risarcitorio (Torino 1995), 181, 186; L. Rovelli, Il contratto in generale, Tratt. Bessone, XIII, 2 (Torino 2004), 428 s.; G. D'Amico, La responsabilità precontrattuale, Tratt. del con­tratto cit., V, 2, 1121. Nel senso che l'interesse negativo è solo un'espressione meramente descrittiva per indicare il danno nascente dalla violazione dei doveri precontrattuali: F. Benatti, Responsabilità precontrattuale, Enc. giuro Treccani, XXVIJ (Roma 1991),9; G. Meruzzi, La trattativa maliziosa (Padova 2002),308 s. spec. Jd., La quantificazione dell'interesse contrattuale nega­tivo nella responsabilità in contrahendo ex art. 1338 c.c., Corriere giur., 2005, 1103.

(110) V. invece Turco, Interesse negativo cit., 64: ({ punto debole della teoria dello Jhering appare poi il voler comunque agganciare al contratto, pure se invalido, l'azione risarcitoria, al fine di dimostrare la natura contrat­tuale della responsabilità. Ne discende così una ricostruzione alquanto for­zata, anche se originale, che induce l'Autore a distinguere, sotto il profilo dell'efficacia (Wirkung), tra "Hauptwirkung" e "Nebenwirkungen" del con­tratto e ad affermare che l'invalidità di quest'ultimo eliminerebbe solo il

e cioè l'effetto fondamentale dell'obbligo di adempimento, ma non gli effetti secondari o collaterali )}.

(111) Cfr. von TIlering, Della culpa in contrahendo cit., 59, il quale de­sume la circostanza di cui supra nel testo dalla regolazione dei casi di ven­dita di una res extra commercium e di vendita di un'eredità inesistente pre-

Andrea Montanari

resse negativo nelle situazioni giuridiche, per così dire, "altre" rispetto al diritto alla prestazione.

Quest'ultimo costituisce l'obiettivo cui tende l'intera vi­cenda contrattuale ed la ragione prima per cui la parte vi ri­pone affidamento (112). L'analisi del giurista tedesco, tramite la separazione del diritto alla prestazione dagli altri effetti del contratto, consente di mettere in risalto la carica precettiva della buona fede contrattuale e, conseguentemente, la tutela innescata dal rapporto contrattuale una volta svanito il diritto alla prestazione.

La tesi della culpa in contrahendo dà cosÌ impulso ad una nuova stagione nel dibattito scientifico, sia di civil law sia di common law, volto ad attribuire rilevanza sul piano del rap­porto obbligatorio al coinvolgimento della sfera giuridica del contraente: la conseguenza è la riconcettualizzazione del vin­colo obbligatorio non più inteso quale mero rapporto lineare ai cui estremi si collocano debito e credito. In questo senso, allo studio della tutela dell'aspettativa di prestazione si af­fianca quello della rilevanza giuridica del contatto instaurato tra i contraenti: l'elaborazione delle Schutzspflichten (113),

senti nelle fonti romane: D. 18,1,62, 1 (Modestinus): « Qui nesciens loca sa­cra vel religiosa vel publica pro privatis comparavit, licet emptio non teneat, ex empto tamen adversus venditorem experietur, ut consequatur quod interfuit eius, ne deciperetur »; ed aD. 11, 7, 8, 1 (Ulpianus): « si locus religiosus pro puro venisse dicetur, Praetor in factum actionem in eum dat ei, ad quem ea res perlinet, quae aclio et in heredem competit, cum quas ex empto actionem con­tineat ll. Cfr. al riguardo R Zimmermann,The Law of Obligations. Roman Foundations of the Civilian Tradition, eng. tr. by T. Weir (Oxford-New York 1996), 241 s.; C. Castronovo, La responsabilità precontrattuale, Manuale di diritto privato europeo cit., II, 326; S. Lorenz - W. Vogelsang, sub case 1: Ne­gotiations for premises for a bookshop, Precontractual Liability in European Private Law cit., 32 s.

(112) Cfr. Cartwright - Hesselink, Conclusions cit., 455. (113) Cfr. H. Sto11, Abschied von der Lehre von der positiven Vetragsver­

letzung, Arch. civ. Pr., 136 (1932), 288 s. Sull'argomento v. E. Betti, Teoria ge­nerale delle obbligazioni. Prolegomeni: funzione economico-sociale dei rapporti d'obbligazione, I (Milano 1953),68 s. in parto 99; L. Mengoni, Obbligazioni di « risultato" e obbligazioni di « mezzi ". (Studio critico), Riv. dir. comm., 1954, I, 368 s.; G.F. Mancini, La responsabilità contrattuale del prestatore di lavoro (Milano 1957), 3 s. e 81 s.; G. Cattaneo, La responsabilità del professionista (Milano 1958),91 s.; U. Majello, Custodia e deposito (Napoli 1958),58 s.; F.

824 825 Diritti nazionali e comparazione

prima, e la tesi dell'obbligazione senza prestazione (114), dopo, contribuiscono alla determinazione del contenuto degli effetti ulteriori rispetto alla prestazione, portando a compi­mento l'analisi del rapporto obbligatorio inteso come luogo di contatto tra soggetti determinati.

Nell'esperienza di eommon law l'elaborazione del relianee interest da parte della dottrina statunitense (115) si colloca

Benatti, Osservazioni in tema di « doveri di protezione», Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, 1342 S.; R. Scognamiglio, Contratti in generale, Tratt. Grosso - San­toro PassareIli (Milano 1961),266 s.; F. Carusi, (orrettezza (Obblighi dì), Enc. dir., V (Milano 1962), 711; G. Visintini, La responsabilità per fatto degli ausi­liari (Padova 1965), 39 s.; Id., Inadempimento e mora del debitore2

, Comm. Schlesinger - Busnelli (Milano 2006), 33 s.; C. Castronovo, Obblighi di prote­zionee tutela del terzo, Jus, 1976, 143 s.; Id., Obblighi diprotezione, Enc. giuro Treccani, XXI (Roma 1990), l S.; di Majo Giaquinto, L'esecuzione cit., 408 s., 417 s.; Id., Delle obbligazioni in generale, Comm. Scialoja-Branca, art. 1173­1176 (Bologna-Roma 1988), 316 s.; Id., Le tutele cit., 58 s.; S. Mazzamuto, Il mobbing (Milano 2004), 23 s.; M. Maggiolo, Il risarcimento della pura perdita patrimoniale (Milano 2003), 142 s.; L. Lambo, Obblighi di protezione (Padova 2007).

(114) Cfr. per qualche cenno premonitore C. Castronovo, Il diritto ci­vile della legislazione nuova. La. legge sulla intennediazione mobiliare, Banca borsa tit. cred., 1993, 319 S.; la tesi trova la sua elaborazione compiuta suc­cessivamente in Id., L'obbligazione senza prestazione. Ai confini tra contratto e torto, Le ragioni del diritto. Scritti in onore di Luigi Mengoni, I, cit., 147 s., Id., La nuova responsabilità cit., 464 s.; e ora Id., Ritorno all'obbligazione cit., 679 s. Lidea di un rapporto obbligatorio senza obbligo primario dì presta­:r.Ìone «( Schuldverhiiltnis ohne primare Leistungspflicht }» era stata ideata an­che da K. Larenz, Lehrbuch des Schuldrechts, I (Miinchen u. Berlin 1954), 104 s., 122 s., tuttavia questa non pare assimilabile alla tesi di Castronovo, trattandosi di una mera generalizzazione del rapporto originariamente defi­nito come precontrattuale. Cfr. sul punto la chiarificazione dello stesso C. Castronovo, Responsabilità civile per la pubblica amministrazione, Jus, 1998, 657 e nt. 38.

(115) Cfr. L.L. Fuller - W.R. Perdue, The reliance interest in contract damages, Yale Law Review, 1936,52 s., e ivi, 1937,373 s. Sul reliance interest v. anche A. Burrows, Remedies for torts and breach ofcontract3 (Oxford 2004), 34 s.; Beale - Bishop - Furmston, Contract cit., 626 s. e, nella letteratura ita­liana, G. Marini, Promessa ed affidamento nel diritto dei contratti (Napoli 1995),25 S.; Smorto, Il danno cit., 168 s.; Marella - Cruciani, Il danno con­trattuale cit., 1155 s. La protezione del « reasonable Reliance » è prevista dal DCFR come uno degli « ingredients» della tutela contrattuale. Cfr. C. von Bar H. Beale - E. Clive - H. Schulte-Nolke, Principles, Definitions and Model

Andrea Montanari

sulla stessa lunghezza d'onda degli studi continentali, differen­ziandosi com'è noto '- soltanto in punto di metodo per l'operare della tecnica rimediale (116).

In un fortunato studio Fuller e Perdue procedono ad una migliore definizione degli interessi tutelati dal contratto, evi­denziando che la strategia rimediale contro il breaeh of eon­traet non si esaurisce nella tutela dell'aspettativa di prestazione (expeetation interest) ma comprende anche la protezione della parte dal contratto inteso come evento dannoso (relianee inte­rest) (117).

Gli studi successivi a von Jhering sembrano dunque la­sciare intendere che la rilevanza dell' affidamento in sé è inne­scata dalla buona fede e risulta collegata al venir meno della prestazione contrattuale dovuta. È in quell'istante, infatti, che il costo delle azioni effettuate in vista dello scopo del Cùntratto sfumato si traducono in un danno: l'affidamento rende giusti­ficati, in chiave generale, le spese e le perdite patrimoniali le­gate alla dedizione al contratto in vista dell' ottenimento della prestazione e, in chlave più specifica, il costo del materiale adempimento della propria prestazione per ottenere il corri­spettivo. TI venir meno della prestazione per una causa eziolo­gicamente riconducibile alla violazione del contratto ad opera di una delle parti giustifica la traslazione su quest'ultima dei costi inizialmente sopportati dal contraente fedele per l'esecu­zione del contratto (118).

La violazione del contratto e la successiva risoluzione de­terminano la lesione dell'affidamento la cui rilevanza giuridica si ricollega all'imperativo di buona fede, sicché bisogna sotto­

rules ofEuropean Private Law. Draft Common Frame of reference (DCFr). Full Edition, prepared by Study Group on a European Civil Code and Research Group on EC Private Law (Acquis Group), ed. by C. von Bar and E. Clive (Miinchen 2009), 72.

(116) Al riguardo sia consentito il rinvio ad A. Montanari, Problema­tical aspects of the remedial perspective, Riv. dir. eco trasp. amb., 2009, www­

l s. spec. 7 S.

(117) Cfr. Fuller - Perdue, The reliance interest 52 s. (118) Cfr. sul punto anche G. Afferni, Il quantum del danno nella re­

sponsabilità precontrattuale (Torino 2008), 79, secondo cui il risarcimento dell'interesse negativo determina una nuova distribuzione del rischio con­trattuale.

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.....-­r . i

Diritti nazionali e comparazione

porre a revisione critica l'affermazione, espressa anche di re­cente dalla giurisprudenza, secondo cui la conclusione di un contratto valido impedisce il risarcimento dell'interesse nega­tivo (119).

Tale idea sembra invero riallacciarsi alla criticata endiadi interesse negativo-responsabilità precontrattuale, che rende ri­sarcibile il primo soltanto in connessione con l'obbligo di com­portarsi correttamente durante le trattative. Secondo que­st'orientamento, infatti, la conclusione del contratto cancella la differenza tra interesse negativo ed interesse positivo, com­portando la «coincidenza direzionale» del contenuto del primo con quello del secondo o per meglio dire l'assorbimento del primo nel secondo, sicché entrambi tendono all'otteni­mento della prestazione contrattuale (120).

D'altra parte e lo si è anticipato - questa lettura non sembra cogliere appieno la portata dell'insegnamento di von Jhering che risiede non tanto nell'aver individuato la tutela dell'interesse negativo in una fattispecie di culpa in con­trahendo, ma nell'aver enunciato che la mancata conclusione di un valido contratto comporta l'esclusione del diritto alla prestazione e per converso lascia in piedi le altre situazioni giuridiche tutelate dal contratto.

La nozione rinnovata dell' obbligazione e del contratto come rapporti complessi implica !'impossibilità di esaurirne l'efficacia rispettivamente nel rapporto di debito-credito o nelle prestazioni corrispettive, arricchendone il contenuto tra­mite la configurazione, accanto all'obbligo o al vincolo di pre­stazione, dell' obbligo di conservazione della sfera giuridica di controparte. Ne consegue che, mentre l'interesse positivo è !'in­teresse all'adempimento dell'obbligo di prestazione o di esecu­zione dell'impegno contrattuale, l'interesse negativo va indivi­

(119) Cfr. Casso 29-9-2005 n. 19024, Danno resp., 2006, 25 s. con nota di V. Roppo - G. Dai contratti fìnanziari al contratto in genere:

della Cassazione sulla nullità virtuale e responsabilità precontrattuale; sulla sentenza v. anche le recenti critiche di C. Castronovo, Vaga culpa in contrahendo: invalidità responsabilità e la ricerca della chance perduta, in questa Rivista, 2010, 31 s.

20) Così Turco, Interesse cit., 282. Contra Mantovani, « Vizi incompleti)} cit., 185.

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duato nell'interesse a non subire pregiudizi di natura patrimo­niale e non patrimoniaie a causa della vicenda contrattua­le (121).

Conviene, allora, chiedersi se l'ipotesi di conclusione di un contratto invalido o di mancata conclusione di un contratto costituiscano le uniche fattispecie in cui, caduta la presta­zione, emerga l'autonoma rilevanza della lesione dell'obbligo di protezione.

10. Si è sin qui tentato di dimostrare che il fenomeno da ultimo enunciato si verifica anche nella risoluzione del con­tratto, la quale reagisce all'inesatta esecuzione del rapporto contrattuale per rottura del sinallagma tramite l'effetto abla­tivo del contratto che però non si spinge sino a travolgere an­che gli obblighi di protezione propriamente detti (122). Questi ultimi infatti ({ accedono il rapporto obbligatorio in vista del­l'interesse di ciascuna parte a preservare la propria persona e le proprie cose dalla specifica possibilità di danno, derivante

(121) Cfr. sul punto L. Mengoni, Risolubilità della vendita di cosa al­trui e acquisto ({ a non domino)}, Riv. dir. comm., 1949, I, 282-283 che iden­tifica l'ìnteresse contrattuale negativo nei danni che il contraente non avrebbe subito se non avesse fatto affidamento nel contratto. Lindividua­zione della tutela dell'interesse contrattuale negativo nella protezione della sfera giuridica del contraente dalle lesioni di carattere patrimoniale e non patrimoniale comporta che l'ammontare del risarcimento del danno ad esso connesso ben possa superare quello dell'interesse contrattuale positivo. Su tale circostanza la dottrina pare essere concorde: cfr. tra gli altri M.L. Loi ­F. Tessitore, Buona fede e responsabilità precontrattuale (Milano 1975),97 s. spec. 100; V. Cuffaro, Responsabilità precontrattuale, Enc. dir., XXXIX (Mi­lano 1988), 1274; Luminoso, sub art. 1453 cit., 387; Grisi, L'obbligo precon­trattuale cit., 338 s.; Turco, Interesse negativo cit., 366 s.; Mantovani, «Vizi incompleti» cit., 173 s.; Meruzzi, La quantificazione cit., 1103 s.; Rovelli, Il contratto in generale cit., 430 s.; Roppo, Il contratto cit., 186 s.; P. Gallo, re­sponsabilità precontrattuale: il quantum, Riv. dir. civ., 2004, I, 503; D'Amico, La responsabilità precontrattuale cit., 1121 s.; di Majo, Le tutele cit., 172; Ca­stronovo, Vaga culpa in contrahendo cit., 36.

(122) Sulla distinzione tra meri obblighi integrativi secondaril strumentali ed ohblighi di protezione « autonomi» cfr. Betti, Teoria generale, I cit., 97 s.; Mengoni, Obbligazioni di « risultato)} cit., 368 s.; di Majo Giaquinto, L'esecuzione cit., 417 s.; Castronovo, Obblighi cit., 2; e ora Id., Vaga culpa in contrahendo cit., 47.

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dalla particolare relazione costituitasi fra i due soggetti (inte­resse negativo di protezione) » (123).

La tutela di tali interessi c.d. primari non è quindi veico­lata dal contratto, ma è garantita a priori dall'ordinamen­to (124), e ciò è dimostrato anche dal fatto che la loro prote­zione a livello contrattuale soggiace alla dimostrazione di un nesso eziologico tra il contratto ed il danno subito (125).

Il coinvolgimento di tali interessi nella vicenda contrat­tuale permette al soggetto che ne è portatore di godere di una protezione più intensa, giacché la buona fede ne assicura una tutela avente il carattere della doverosità (126): l'instaurarsi di una relazione sociale provoca il pericolo di reciproca inge­renza dannosa tra le sfere soggettive, il che ha portato il legi­slatore ad assoggettarne la regolazione all'imperativo di buona fede da cui discendono per i soggetti dei doveri specifici tesi alla tutela dell'altrui incolumità (127).

Quanto detto rende gli obblighi di protezione insensibili rispetto all' effetto ablativo innescato dalla risoluzione il quale si appunta sul vincolo di corrispettività e, quindi, sul mero rapporto di debito-credito.

(123) Mengoni, Obbligazioni di {{ risultato}} cit., 368. (124) Cfr. L. Mengoni, Spunti per una teoria delle clausole generali, Riv.

crit dir. priv., 1986, 12 S.; Castronovo, Obblighi cit., 2; Id., Vaga culpa in con­trahendo cit., 37; S. Rodotà, Le fonti di integrazione del contratto (Milano 2004), 9 secondo cui il processo di integrazione postula una forma di inter­vento nel contratto ad esso aliena.

(125) Cfr. sul punto di Majo Giaquinto, L'esecuzione cit., 418. (126) Cfr. di Majo Giaquinto, ibidem, 413. Sull'interazione tra la lex

contractus e la tutela dei valori primari della persona v. anche i recenti rilievi di Mazzamuto, Il rapporto cit., 619 s. Diversamente, al di fuori della rela­zione specifica assoggettata all'imperativo di buona fede la tutela degli inte­ressi primari può assumere il mero connotato ex post della tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., non potendosi configurare resistenza nei confronti degli in­dividui di un generico dovere di neminem laedere. Cfr. F. Carnelutti, Sulla di­stinzione tra colpa contrattuale e colpa extracontrattuale, Riv. dir. comm., 1912, II, 744; L. Mengoni, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, Riv. dir. comm., 1956, II, 361; C. Castronovo, Problema e sistema nel danno da prodotti (Milano 1979), 141 s.; Id., La nuova responsabilità cit., 21 S.; F. Pi­raino, «Ingiustizia del danno}} e antigiuridicità, in questa Rivista, 2005, 706.

(127) Cfr. Mengoni, Sulla natura cit., 364 s.; Castronovo, Vaga culpa in contrahendo cit., 19.

Andrea Montanari

n discorso deve inevitabilmente mutare con riferimento agli interessi meramente patrimoniali la cui protezione è vei­colata dal contratto (128).

Su quest'aspetto il danno da risoluzione non è di certo as­similabile a quello generato dalla rottura ingiustificata delle trattative o da qualsiasi altra fattispecie di responsabilità pre­contrattuale poiché non risultano equiparabili le posizioni so­stanziali dei soggetti della trattativa e quelle delle parti di un contratto concluso e successivamente risolto. Più in partico­lare, va verificato se anche il risarcimento del danno da risolu­zione includa le spese inutilmente sopportate per il contratto e le opportunità contrattuali alternative perdute (c.d. perdita di chance).

Sul primo versante, la conclusione del contratto non sem­bra sollevare il contraente dall' obbligo ex fide bona di evitare che gli investimenti effettuati da controparte per ottenere la prestazione si tramutino in perdita. :r;inesecuzione della pre­stazione determina, infatti, l'inutilità delle spese effettuate da controparte (129) e viola in pari tempo tanto il sinallagma con­trattuale quanto l'obbligo di protezione (130), il che giustifica in punto di tutela sia l'azione di risoluzione sia il risarcimento del danno da interesse negativo.

La determinazione dell'ammontare del danno coincidente con le spese inutilmente sopportate passa per l'applicazione

(128) Cfr. Castronovo, La nuova responsabilità cit., 99 S" 109 s.; Id., Del non risarcibile aquiliano cit., 315 S.; S. Mazzamuto, Spunti in tema di danno ingiusto e di danno meramente patrimoniale, in questa Rivista, 2008, 349 s.

(129) V. invece P. Trimarchi, Interesse positivo e interesse negativo nella risoluzione del contratto per inadempimento, Riv. dir. civ., 2002, I, 647 e ora Id., Il contratto cit., 102: {{ la "inutilità" è un giudizio, e non un evento che consegua causalmente all'inadempimento. Se sono state affrontate delle spese che ora si giudicano inutili, e il danno è considerato pari alla diminu­zione patrimoniale che ne è derivata, l'evento dannoso è rappresentato dal­l'esecuzione della spesa, e non può dirsi cagionato dall'inadempimento ;'.

(130) In questo senso sulla scia della distinzione tra interesse positivo ed interesse negativo proposta da Castronovo, Obblighi cit., 2 si potrebbe an­che dire che l'inesecuzione contrattuale viola in pari tempo 1'« interesse pa­trimoniale specifico}} (veicolato dal sinallagma) e 1'« interesse patrimoniale generico}} (veicolato dagli obblighi di protezione) del contraente,

830 Diritti nazionali e comparazione

analogica delle regole di cui agli artt. 1223 ss. c.c. e, in primo luogo, della regola sul danno evitabile ex art. 1227, co. 2, c.c. (131). Ne consegue che la valutazione circa !'inutilità degli investimenti effettuati va compiuta alla luce del programma contrattuale, del contesto sociale in cui esso si svolge (132) e della qualifica del contraente danneggiato: quest'ultima appare rilevante al fine di verificare la possibilità di riutilizzo del ca­pitale investito e la ragionevolezza delle spese effettuate.

La questione attinente al risarcimento del danno da per­

(131) Cfr. al riguardo Gallo, responsabilità cit., 507 S.; Afferni, Il quan­tum cit., 80 s. e 104 s. Sul tema del danno evitabile cfr. tra gli altri G. Catta­neo, Il concorso di colpa del danneggiato, Riv. dir. civ., I, 460 S.; C. Rossello, Il danno evitabile. La misura della responsabilità tra diligenza ed efficienza (Pa­dova 1990); Id., L'evitabilità secondo diligenza quale criterio di selezione del danno risarcibile, Danno resp., 2002, 630 S.; Bianca, Diritto civile, 5 cit., 142 S.; Smorto, Il danno 270 S.; Marella - Cruciani, Il danno contrattuale cit., 1093 S.; Villa, Danno cit., 916 S.; di Majo, Le tutele cit., 190 s. La C.d. doctrine ofmitigation di common law segue tre regole fondamentali: la prima secondo cui la parte non inadempiente non può chiedere il risarcimento delle perdite che potevano essere evitate effettuando dei c.d. reasonable steps; la seconda - corollario della prima per cui la parte può domandare il risarcimento dei danni sofferti nel "mitigare" le perdìte subite, e ciò anche laddove l'azione effettuata si sia rivelata infruttifera e l'ammontare delle lesioni così subite superi quello dei pregiudizi che si sarebbero verificati senza la "miti­gazione"; la terza, secondo cui la parte non può chiedere il risarci­mento del danno per i pregiudizi evitati: Halson, Mitigation, D. Harris - D. Campbell - R. Halson, Remedies in Contract & Tort2 (London 2002), 110 s.; McGregor, McGregor on Damages cit., 217; D.R. Harris, Damages, Chitty on Contract. 4th Supp1.29, ed. by H.G. Beale (London 2007), 26-062; C.J. Goetz - R.E. Scott, The mitigation principle: toward a generai theory of contractual obligation, Va. L. Rev., 1983, 69, 967 S.; M.G. Bridge, Mitigation of damages in contract and the meaning ofavoidable loss, LQR, 1989, 105 (JuI), 398 S.; D. Witmann, Optimal prices of sequential inputs: last clear chance, mitigation of damages, and related doctrines in the law, J. LegaI Stud., 1981, 10,77 S.; H.G. Beale, Remedies for Breach of Contract (London 1980), 187, che riconduce alla mitigation rule anche il dovere per la parte non inadempiente di non au­mentare i danni. ad es. tramite l'utilizzo del bene che si è consci essere difet­toso.

(132) Cfr. al riguardo Halson, Mitigation cit., 114 che sottolinea l'in­fluenza sul principle del contesto economico-sociale in cui si svolge l'operazione contrattuale, incidendo su essa la pronta disponibilità di beni sostitutivi a prezzi concorrenziali e, quindi, la presenza di un'economia di mercato ben sviluppata.

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dita di chance appare più complessa. La conclusione del con­tratto costituisce, infatti, una cesura in apparenza definitiva rispetto alla fase precontrattuale in cui la possibilità di cogliere le opportunità diverse si colloca, implicando la scelta del con­traente a favore di una determinata operazione contrattuale, la quale, se consapevole, comporta l'assunzione dei rischi corre­lati anche in ordine alle alternative negoziali trascurate. La configurazione in capo a controparte di un obbligo di prote­zione che verta sul mancato sfruttamento delle chance contrat­tuali sembra forse eccessiva perché presuppone una forzatura della regola per cui la responsabilità del danneggiante non può garantire il danneggiato dai rischi cui egli si è consapevol­mente esposto (133). Nel caso specifico, inoltre, la perdita di chance costituisce l'effetto della conclusione del contratto e dunque si tratterebbe di un danno alla cui produzione con­corre proprio la scelta del danneggiato di concluderlo'.

Al riguardo la soluzione suggerita da alcuni autori è quella che assegna al contraente fedele il diritto al risarcimento del danno derivante dalle opportunità perdute nei limiti dell' am­montare dell'interesse positivo: il prezzo del contratto, se si opera in un mercato cO'ncorrenziale, fO'rnisce immediatamente il valore delle occasioni perdute (134), in quanto in tale tipO' di mercato « si può presumere che gli affari trascurati siano equi­valenti al cO'ntratto concluso» (135).

La tesi in parola però non convince, poiché predilige l'analisi economica e del mercato a scapito di quella della fat­tispecie. La traslazione del costo delle opportunità perdute

(133) Cfr. sul punto P. Causalità e danno vnnauv

56 s. (134) Così Marella - Cruciani. Il danno contrattuale cit., 1158; di

Majo, Le tutele cit., 175. (135) Trimarchi, Il con.tratto cit., 86, che tuttavia mostra alcune per­

plessità sul risarcimento del danno da perdita di chance, in quanto questo alle volte può garantire al contraente una posizione migliore « sia di quella derivante dalla stipulazione sia di quella derivante dalla non stipulazione del contratto, con un vantaggio non giustificato per lui e una penalizzazione ec­cessiva per il venditore inadempiente)} (ibidem 100-101). Contra Afferni, Il quantum cit., 73 secondo cui il fatto stesso che vi sia una trattativa lascia in­tendere che il mercato non è trasparente e che la parte deve investire tempo e denaro per scoprire se la proposta di controparte è conveniente.

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Diritti nazionali e comparazione

sulla sfera giuridica dell'inadempiente, anche se solo nei limiti dell'expectation interest (136), non sembra poter prescindere dalla sua giustificazione sul piano della fattispecie (137), do­vendo rintracciare in quest'ultima ii criterio per derogare alla normale allocazione dei costi contrattuali.

La soluzione della questione in esame necessita, pertanto, un supplemento di analisi che tuttavia non è possibile effet­tuare in questa sede, anche se si può sin d'ora anticipare che una possibile via argomentativa potrebbe essere quella di at­tingere alla qualificazione dolosa della violazione dell' obbligo contrattuale o alla condotta scorretta dell'inadempiente che ha indotto controparte ad indugiare nella domanda di risolu­zione; in tal modo si potrebbe giustificare l'inclusione nella re­sponsabilità anche di quei pregiudizi che coprono aree di ri­schio sopportate dalla parte danneggiata. D'altro canto il d010 è criterio rilevante sul piano della quantificazione del risarci­mento, come emerge dalla regola di cui all'art. 1225 c.c., che ammette al risarcimento anche il danno imprevedibile qualora la violazione dell'obbligo sia, per l'appunto, dolosa. E si pensi ancora all'art. 1229 c.c. che in caso di dolo prevede l'ineffica­cia dell'eventuale patto di esonero da responsabi1ità (138).

Tale prospettiva sembra garantire, inoltre, una maggiore applicazione di quella del mercato senza al contempo escluder­

(136) Cfr. M.B. Kelly, The phantom reliance interest in contract dama­ges, Wis. Law Rev., 1992, 1761 s. spec. 1768. Secondo l'a. il passaggio dalla teoria alla pmtica ha modificato l'essenza della tesi sul reliance interest, com­portandone l'articolazione nelle categorie del pure reliance interest, del re­liance lìmited byexpectation ed infine dell'expenditure measure: la prima di queste voci mim a collocare la parte nella posizione che avrebbe avuto lad­dove non avesse contrattato, incluso il valore delle chance perdute; la se­conda limita il risarcimento del pure reliance interest al valore dell'expecta­tion interest; la terza contempla le spese effettuate dalla parte in ragione del contratto entro il limite dell'expectation interest.

(137) Cfr. sul punto S. Mazzamuto, Il danno da perdita di una ragio­nevole aspettativa patrimoniale, in questa Rivista, 2010, 82-83.

(138) Cfr. P. Cendon, Il dolo nella responsabilità extracontrattuale (To­rino 1974); Id., Danno imprevedibile e illecito doloso, Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrdttuale, a cura di G. Visintini (Milano 1984), 30 s.; Id., Dolo (ìntenzione nella responsabilità extracontrattuale), Dig. disc. privo Sez. civ. (rist. Torino 2001), 42 S.

Andrea Montanari

la (139): lo studio della fattispecie non accantona di certo l'analisi de1 contesto in cui il contratto si svolge, ma, al contra­rio, lo incentiva al fine di misurarne le ripercussioni.

ABSTRACf

Termination or Contract and Reliance Damages

The essay tackles the study of the tem1Ìnation of contract as part of the contract life, not as part of the obbligation life. In partictÙar, the A. analyses the content of the damages deriving from bilateral or unilateral breach of contract, arguing against the traditional view that consider these damages as linked to the violation of the positive interest to the correct implementation of the contract (performance interest). The example of the "resolution by non-excusable impossi­bility" is used to explain the most trustworthy of the reliance dam­ages idea. The A. also tackles the traditional assumption of the reli­ance interest protection into the category of culpa in contrahendo, providing a new definition of reliance interest: interest to do not suf­fer damages in relation to a contractual relationship.

(139) I limiti della prospettiva del mercato si rinvengono dalla consi­derazione secondo cui la soluzione può mutare ove si accantoni l'angolo vi­suale del mercato e si accentui ad es. il versante soggettivo, « così da tenere conto anche di quelle "occasioni" che non hanno alcuna specifica connes­sione con il contratto concluso »: di Majo, Le tutele cit., 175.