Riforma del sistema elettorale spagnolo, 2010

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CAPITOLO QUATTORDICESIMO La riforma del sistema elettorale spagnolo: proposte e conseguenze José Ramón Montero e Pedro Riera La stabilità dei sistemi elettorali è solitamente spiegata mediante l’aporia se- condo cui gli unici attori che possono approvare modifiche istituzionali sono, di so- lito, anche i più interessati ad evitare che le riforme vadano a buon fine. Ed è nota anche l’idea per cui il sistema elettorale, pur non trovandosi in molti casi formaliz- zato nella Costituzione, sia integrato nella cosiddetta Costituzione materiale, per cui risulta impossibile procedere alla sua riforma senza un consenso elevato e dif- fuso. Ciononostante, in Spagna, dopo le elezioni politiche del 2008, la riforma elet- torale sembra essere entrata nell’agenda politica 1 . La considerevole disproporziona- lità che il sistema elettorale spagnolo produce - senza dubbio una delle sue princi- pali caratteristiche - ha giustificato la creazione, nel settembre dello stesso anno, di una sottocommissione parlamentare per studiare le possibili modifiche da apportare alla Legge elettorale nazionale (Ley Orgánica del Régimen Electoral General - LOREG), del giugno 1985. Questo capitolo esamina il dibattito sulla riforma della legge elettorale spagno- la, i suoi protagonisti e le sue possibili conseguenze. Nella prima sezione passere- mo in rassegna gli elementi del sistema elettorale spagnolo ed i loro effetti princi- pali. Di seguito, esporremo le proposte dei partiti per ridurre l’alto livello di di- 1 Uno dei primi studi che Mario Caciagli ha dedicato alla politica spagnola era rivolto all’analisi degli articoli 68 e 69 della Costituzione del 1978, che riguardano la regolamentazione del sistema elettorale per il Congresso dei deputati e per il Senato (Caciagli, 1980 e 1986). Nel suo lavoro Caciagli rico- struiva le preferenze dei partiti, esaminava le strategie messe in atto nel corso della negoziazione par- lamentare e ne analizzava i termini fissati poi nel testo costituzionale. Nelle conclusioni, discuteva con intelligenza e rigore i criteri che permettevano di predire, da un lato, un funzionamento virtuoso del sistema elettorale per il Congresso e, dall’altro, la più che probabile stabilità dei suoi elementi principali. In entrambe le previsioni, Caciagli ha colpito nel segno. Il caso spagnolo si è infatti inte- grato alla perfezione nel gruppo più numeroso delle democrazie occidentali, ossia quello in cui gli in- terventi di modifica dell’assetto istituzionale elettorale sono una rara avis (Taagepera e Shugart, 1989; Lijphart, 1995; Katz, 2008).

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CAPITOLO QUATTORDICESIMO

La riforma del sistema elettorale spagnolo: proposte e conseguenze

José Ramón Montero e Pedro Riera

La stabilità dei sistemi elettorali è solitamente spiegata mediante l’aporia se-condo cui gli unici attori che possono approvare modifiche istituzionali sono, di so-lito, anche i più interessati ad evitare che le riforme vadano a buon fine. Ed è nota anche l’idea per cui il sistema elettorale, pur non trovandosi in molti casi formaliz-zato nella Costituzione, sia integrato nella cosiddetta Costituzione materiale, per cui risulta impossibile procedere alla sua riforma senza un consenso elevato e dif-fuso.

Ciononostante, in Spagna, dopo le elezioni politiche del 2008, la riforma elet-torale sembra essere entrata nell’agenda politica1. La considerevole disproporziona-lità che il sistema elettorale spagnolo produce - senza dubbio una delle sue princi-pali caratteristiche - ha giustificato la creazione, nel settembre dello stesso anno, di una sottocommissione parlamentare per studiare le possibili modifiche da apportare alla Legge elettorale nazionale (Ley Orgánica del Régimen Electoral General -LOREG), del giugno 1985.

Questo capitolo esamina il dibattito sulla riforma della legge elettorale spagno-la, i suoi protagonisti e le sue possibili conseguenze. Nella prima sezione passere-mo in rassegna gli elementi del sistema elettorale spagnolo ed i loro effetti princi-pali. Di seguito, esporremo le proposte dei partiti per ridurre l’alto livello di di-

1 Uno dei primi studi che Mario Caciagli ha dedicato alla politica spagnola era rivolto all’analisi degli articoli 68 e 69 della Costituzione del 1978, che riguardano la regolamentazione del sistema elettorale per il Congresso dei deputati e per il Senato (Caciagli, 1980 e 1986). Nel suo lavoro Caciagli rico-struiva le preferenze dei partiti, esaminava le strategie messe in atto nel corso della negoziazione par-lamentare e ne analizzava i termini fissati poi nel testo costituzionale. Nelle conclusioni, discuteva con intelligenza e rigore i criteri che permettevano di predire, da un lato, un funzionamento virtuoso del sistema elettorale per il Congresso e, dall’altro, la più che probabile stabilità dei suoi elementi principali. In entrambe le previsioni, Caciagli ha colpito nel segno. Il caso spagnolo si è infatti inte-grato alla perfezione nel gruppo più numeroso delle democrazie occidentali, ossia quello in cui gli in-terventi di modifica dell’assetto istituzionale elettorale sono una rara avis (Taagepera e Shugart, 1989; Lijphart, 1995; Katz, 2008).

2 La politica e le radici

sproporzionalità del sistema stesso. Nella terza parte, discuteremo queste proposte e, nella quarta, presenteremo i lavori della sottocommissione creata nel settembre 2008 per affrontare la possibile riforma del sistema elettorale e il rapporto del Con-siglio di Stato del febbraio 2009. Infine, nella sezione conclusiva, ricapitoleremo, da una prospettiva comparata, quali importanti cambiamenti potrebbero verificarsi nel sistema elettorale spagnolo.

14.1 Il sistema elettorale spagnolo: effetti maggioritari e (anche) conserva- tori

Gli elementi fondamentali del sistema elettorale spagnolo si sono mantenuti costan-ti dalla transizione, avvenuta ormai più di trent’anni fa, in poi2. Alcuni di questi e-lementi furono introdotti già con la Legge per la Riforma Politica del gennaio 1977 e poi raccolti in maniera sistematica nel decreto legge sulle norme elettorali del marzo 1977; in seguito una parte di questi fu inserita anche nell’articolo 68 della Costituzione e, infine, tutti furono ratificati nella LOREG. Questi elementi fonda-mentali sono allora: a) il principio di rappresentanza proporzionale e la formula e-lettorale D’Hondt; b) una Camera bassa (Congresso dei deputati) composta da 350 membri; c) le 50 province spagnole coincidenti con le circoscrizioni (o collegi) e-lettorali e due città autonome (Ceuta e Melilla); d) una ripartizione “distorta”, che prevede l’assegnazione di un minimo iniziale di due seggi per circoscrizione (con l’eccezione delle città autonome, a cui ne spetta solo uno) e la distribuzione dei 248 seggi restanti con criterio proporzionale; e) una soglia di sbarramento pari al 3% dei voti validi in ogni circoscrizione (che produce di solito effetti limitati); e vi) li-ste di partito chiuse e bloccate.

Il sistema elettorale spagnolo appartiene alla categoria dei sistemi forti, data la sua capacità di incanalare il comportamento dei votanti e di avere un effetto ridut-tore sul sistema partitico (Sartori, 1994, p. 37). Il sistema elettorale produce dunque, tra le altre cose, effetti sul livello di disproporzionalità e sul formato del sistema parti-tico, aspetti su cui ci concentreremo in questo capitolo.

Gli elevati livelli di disproporzionalità del sistema spagnolo registrano la notevole discrasia esistente tra la percentuale di voti conquistati da ogni partito e la percentuale di seggi ad esso effettivamente attribuiti. L’analisi degli effetti disproporzionali in o-gnuna delle circoscrizioni rivela l’importanza della variabile «ampiezza del collegio», come ben illustrato dalla tabella 14.1. Per ciascuna delle elezioni politiche spagnole dal 1977 ad oggi, è stato calcolato il grado di disproporzionalità in funzione dei tre “sottosistemi” che compongono il sistema elettorale spagnolo (Penadés, 1999, p. 293): un sottosistema maggioritario (che include le circoscrizioni in cui vengono attribuiti da uno a cinque seggi), uno intermedio (da sei a nove seggi) e uno pro-

2 Si tratta qui del sistema elettorale per il Congresso dei deputati, la camera bassa spagnola. La came-ra alta, il Senato, è composta da 264 membri di cui una parte eletta direttamente con un sistema eletto-rale maggioritario e una parte designata dai parlamenti delle Comunità Autonome. Tanto le caratteri-stiche del sistema elettorale quanto i loro effetti sono stati esaminati più ampiamente in Lago e Mon-tero (2005) e in Montero e Riera (2009, pp. 396 ss.).

14.La riforma del sistema elettorale spagnolo 3

porzionale (con 10 o più seggi attribuiti nella circoscrizione). In tutte le elezioni il grado di disproporzionalità aumenta sistematicamente man mano che si riduce la grandezza del collegio elettorale e, pur essendo diminuito tale grado, soprattutto negli anni 2000, a seguito della crescente concentrazione del voto sul Partito Socialista O-peraio Spagnolo (Partido Socialista Obrero Español - PSOE) e sul Partito Popolare (Partido Popular - PP), il suo livello è ancora tra i più elevati dei paesi con sistema a rappresentanza proporzionale.

Tab. 14.1. Grado di disproporzionalità nelle elezioni politiche spagnole per “sottosistema” elettorale. 1977-2008.

Elezione Maggioritario (1-5 seggi)

Intermedio (6-9 seggi)

Proporzionale (10 seggi e

oltre)

Media elezione

1977 19,4 13,7 7,8 10,6 1979 17,5 11,5 7,3 10,5

1982 17,3 11,4 7,2 8,2 1986 16,5 10,2 6,4 7,3 1989 18,4 11,7 7,3 8,9

1993 16,4 9,5 5,4 6,8 1996 14,7 8,2 3,3 5,3 2000 7,7 5,1 3,4 5,6

2004 5,0 5,4 3,4 4,6 2008 4,8 5,8 3,6 4,4

Media 13,8 10,3 5,5 7,2

Note: Il grado di disproporzionalità è misurato attraverso l’indice del quadrato minore (o least square index) di Gallagher (1991), calcolato mediante la seguente formula: ID = [½ ∑ (si - vi) 2]1/2, dove vi è la percentuale dei voti ottenuta da ogni partito e si è la percentuale di seggi. La media di ciascuna elezione (in riga) è ottenuta sulla base dei risultati aggregati a livello nazionale (dati reperibili su www.mir.es).

È pur vero che il funzionamento della formula D’Hondt contribuisce di per sé a

generare una certa disproporzionalità. D’altra parte, però, l’incidenza specifica della formula elettorale è secondaria rispetto all’effetto determinato dalla grandezza delle circoscrizioni che abbiamo appena evidenziato3. Inoltre, poiché la modalità di riparti-zione dei seggi – che ha un elevato minimo iniziale per collegio (come si è detto, due seggi per 50 province e uno per ciascuna città autonoma) – deve conciliarsi con un

3 Nonostante questo, più avanti mostreremo che la sostituzione della formula D'Hondt, proposta da alcuni partiti, con un’altra più proporzionale, come la formula Hare, potrebbe attenuare questi elevati gradi di disproporzionalità.

4 La politica e le radici

Congresso di relativamente piccole dimensioni (350 seggi), ciò fa sì che si produca una notevole sovrarappresentazione dei collegi meno popolati. La disproporzionalità si concentra specialmente in quelle piccole circoscrizioni, dove i seggi si spartiscono di fatto solo tra i due partiti maggiori, lasciando i partiti minori senza rappresentanza parlamentare. Il grado di disproporzionalità per questi collegi è, di conseguenza, mol-to più alto di quello registrato nelle circoscrizioni di grandezza maggiore. Questo dato riveste un’importanza ancora maggiore se teniamo in considerazione che in questi piccoli collegi si eleggono 99 deputati, vale a dire, circa un terzo dei deputati del Con-gresso4.

Rispetto invece all’impatto sul sistema partitico e sul suo formato, il sistema elet-torale spagnolo ha, in generale, considerevoli propensioni conservatrici e maggiorita-rie. Gli orientamenti conservatori – nel senso di mantenimento dello status quo – hanno permesso all’Unione di Centro Democratico (Unión de Centro Democrático - UCD) e al PP, i due principali partiti conservatori, di essere sistematicamente sovra-rappresentati in termini di seggi, molto più di qualunque altro partito, potendo così in-crementare le vittorie e ammortizzare le sconfitte. Le inclinazioni maggioritarie han-no invece fatto sì che i risultati elettorali abbiano teso a concentrarsi sui due maggiori partiti fin dalle prime elezioni democratiche del 1977. I due partiti più grandi non hanno mai conseguito meno dell’80% dei seggi del Congresso. Al contrario, i partiti minori, di rilevanza nazionale ma con sostegno elettorale territorialmente disperso, hanno perso progressivamente rappresentanza. Nel 1977 contavano 41 seggi distribui-ti fra tre partiti – Partito Comunista spagnolo (Partido Comunista de España - PCE), Alleanza Popolare (Alianza Popular - AP) e Partito Socialista Popolare (Partido So-cialista Popular - PSP); nel 1989 ne avevano 31 per due forze politiche – Sinistra U-nita (Izquierda Unida - IU) e Centro Democratico e Sociale (Centro Democrático y Social - CDS); ma nel 2008 hanno ottenuto solo 3 seggi, due dei quali di IU e uno di Unione, Progresso e democrazia (Unión, Progreso y Democracia - UPyD).

A livello nazionale, il sistema partitico ha poi visto ulteriori semplificazioni a causa delle chiamate al «voto utile», invocate dai partiti maggiori in occasione di tutte le tornate elettorali e della marcata tendenza degli elettori a ricorrere al «voto strategi-co» a danno dei piccoli partiti con possibilità scarse o nulle di ottenere un seggio (La-go, 2005 e 2008)5. Gli effetti diretti del sistema elettorale hanno portato, così, molti piccoli partiti a fondersi o a coalizzarsi con altri maggiori, e molti leaders minori a cercare di evitare scissioni, come unico modo per evitare non perdere sicuramente la propria rappresentanza parlamentare.

I dati nella tabella 14.2, che mostrano le differenze tra le percentuali di voti e quelle di seggi nelle dieci elezioni politiche tenutesi sinora in Spagna, sono estrema-

4 È proprio grazie a questi collegi che può verificarsi che un partito che non ottiene la maggioranza assoluta dei voti riesca però a raggiungere, nel complesso, la maggioranza assoluta dei seggi. Si tratta delle cosiddette maggioranze «costruite», come quelle ottenute dal PSOE alle elezioni del 1982, 1986 e 1989 con percentuali di voto che oscillavano tra il 48,4% e il 39,9%, e dal PP nel 2000, con il 44,5%. 5 Per voto utile si intende il voto a quei partiti che hanno maggiori probabilità di avere rappresentanza parlamentare, in modo da massimizzare l’utilità del voto e non “sprecarlo”; per voto strategico si intende nella sostanza la stessa cosa, sottolineando però la razionalità dell’elettore che volontariamente decide di non votare partiti con scarse o nulle possibilità di ottenere rappresentanza [N.d.R.].

14.La riforma del sistema elettorale spagnolo 5

mente indicativi. I due principali partiti - UCD e PSOE fino agli anni Ottanta e PSOE e AP/PP a partire da allora – sono sempre state notevolmente avvantaggiate nella pro-porzione tra seggi e voti. Questo vantaggio è più elevato per il primo partito (UCD nel 1977 e 1979; PP nel 1996 e 2000; PSOE nelle rimanenti consultazioni), ancor più se questo primo partito è un partito conservatore (UCD e PP). Ciò mostra ancora una volta come le propensioni maggioritarie del sistema elettorale spagnolo si rafforzino mutuamente con quelle conservatrici. Tab. 14.2. Differenza tra le percentuali di voti e di seggi alle elezioni politi- che in Spagna. 1977-2008.

Elezione PCE/IU PSOE CDS UPyD UCD AP/PP CiU PNV

1977 -3,6 +4,4 - - +12,9 -3,8 -0,6 +0,6

1979 -4,2 +4,1 - - +12,9 -3,5 -0,5 +0,4

1982 -2,4 +10,4 -2,2 - -3,1 +4,7 -0,2 +0,5

1986 -2,7 +8,5 -3,8 - - +3,9 +0,1 +0,2

1989 -4,3 +10,4 -3,9 - - +4,8 +0,1 +0,2

1993 -4,5 +6,0 - - - +5,5 - +0,2

1996 -4,6 +2,8 - - - +5,7 - +0,1

2000 -3,2 +1,6 - - - +7,8 +0,1 +0,5

2004 -3,5 +4,2 - - - +4,6 -0,4 +0,4

2008 -3,2 +4,6 - -0,9 - +3,6 -0,1 +0,5

Media -3,62 + 5,7 -3,3 -0,9 +7,6 +3,33 -0,15 +0,36

Note: I segni positivi indicano situazioni di sovrarappresentazione, dove i partiti ottengono percentuali di seggi superiori a quelle dei voti; i negativi, di sottorappresentazione. Nel calcolo della colonna PCE/IU si sono tenuti in considerazione anche i risultati del Partito Sociali-sta Unificato di Catalogna (PSUC) e di Iniziativa per Catalogna Verdi (ICV). Sigle dei partiti: AP/PP Alleanza Popolare /Partito Popolare CDS Centro Democratico e Sociale CiU Convergenza e Unione PCE/IU Partito Comunista spagnolo/Sinistra Unita PNV Partito Nazionalista Basco PSOE Partito Socialista Operaio Spagnolo UCD Unione di Centro Democratico UPyD Unione Progresso e Democrazia

La notevole sovrarappresentazione dei due maggiori partiti - soprattutto nelle

prime legislature (+12,9 punti percentuali per l’UCD e oltre quattro punti per il PSOE nel 1977 e nel 1979) - in virtù dell’alta frammentazione parlamentare, si è andata pian piano riducendo, con la parallela concentrazione del voto sugli stessi due partiti. I par-titi minori, con un sostegno elettorale disperso sul territorio nazionale, sono stati inve-

6 La politica e le radici

ce sistematicamente penalizzati nella relazione fra voti e seggi: è quello che è succes-so ad AP negli anni Settanta, al CDS negli anni Ottanta e al PCE/IU in tutte le elezio-ni. Al contrario, i partiti con elettorato concentrato in una o in poche circoscrizioni (in genere quelli nazionalisti o regionalisti), hanno di solito raggiunto una rappresentanza equilibrata: nella tabella 14.2 sono presentati solo i casi di Convergenza e Unione (Convergència i Unió - CiU) in Catalogna e del Partito Nazionalista Basco (Partido Nacionalista Vasco - PNV) nel Paese Basco, per la loro maggiore rilevanza, ma que-sta “regola” può essere applicata a molti altri casi. In definitiva, a parità di condizioni, i partiti maggiori di centro-destra risultano più sovrarappresentati di quelli di centro-sinistra, mentre i partiti minori di centro-destra risultano meno sottorappresentati di quelli di centro-sinistra. E se la propensione maggioritaria si spiega principalmente con la grandezza dei collegi, quella conservatrice opera grazie alla distorsione della ripartizione e alla varianza prodotta dalla stessa grandezza delle circoscrizioni (Lago e Montero, 2005, p. 313 ss.).

14.2 Le proposte dei partiti per la riforma del sistema elettorale

In questa sezione presenteremo le principali proposte formulate dai partiti politici sulla riforma del sistema elettorale per il Congresso dei Deputati, limitandoci a quanto contenuto nei programmi dei quattro principali partiti di livello nazionale6.

14.2.1 Le proposte del PSOE L’atteggiamento del PSOE rispetto al tema del sistema elettorale è stato estrema-mente diverso da quella di AP ed invece piuttosto simile a quello che in seguito ha assunto l’erede di Allenza Popolare, il PP. Vediamo perché.

Quando il governo di Adolfo Suárez (UCD) stava elaborando la Legge per la Ri-forma Politica, nell’estate del 1976, il PSOE sembrava favorevole ad un sistema pro-porzionale non molto diverso da quello sostenuto dall’esecutivo (González e Guerra, 1977, p. 73). Il PSOE, d’altra parte, aveva beneficiato fin dalle prime elezioni del 1977, come si è visto, della sovrarappresentazione conferita dal sistema alle grandi formazioni politiche. Il fatto di apparire come il primo partito dell’opposizione, il pri-mo partito della sinistra e l’alternativa reale di governo nel breve periodo, lo portò a mettere pragmaticamente da parte le rivendicazioni proporzionaliste di cui si era fatto portavoce durante la transizione democratica.

Questa tendenza si fece ancora più accentuata a partire dal 1982, anno in cui il PSOE conseguì una straordinaria vittoria elettorale e divenne il primo partito del pae-se, oltretutto ad una distanza considerevole dal suo diretto concorrente. Per molte delle

6 Per maggiori e più complete informazioni sulle proposte di riforma dei gruppi parlamentari e partiti dal 2004, si veda l’Appendice 1 del rapporto del Consiglio di Stato (2009, pp. 283 ss.).

14.La riforma del sistema elettorale spagnolo 7

successive elezioni, i documenti programmatici del PSOE hanno mancato di vere e proprie proposte di riforma del sistema elettorale7.

Soltanto nel programma del 1996 riemerse la necessità di perfezionare il processo democratico migliorando, tra l’altro, «il legame tra rappresentanti e rappresentati»; o-biettivo che venne poi ripetuto anche nel programma del 2004 («avvicinare i rappre-sentanti e i rappresentati»), con la proposta, a questo scopo, di avviare «un dibattito con la società e con gli altri gruppi parlamentari sul miglioramento dell’attuale sistema elettorale», dibattito che includeva, tra le altre possibilità, «il rendere aperte le liste e-lettorali».

Ma è solo nel programma presentato alle elezioni del 2008 che queste proposte timide e parziali hanno lasciato il passo ad indicazioni sul sistema elettorale in senso stretto: il voto agli spagnoli residenti all’estero, il voto delle persone con disabilità, il voto elettronico e la regolamentazione dei dibattiti elettorali. Tali proposte, tuttavia, sono state precedute dalla chiara premessa che il loro fine era teso «a migliorare la partecipazione della cittadinanza, non a cambiare il modello [di sistema elettorale]» e che comunque «le riforme collegate al sistema elettorale devono sempre essere fatte con un ampio consenso».

14.2.2 Le proposte di AP/PP

Durante i primi tre anni della transizione, AP aveva sostenuto l’introduzione di un si-stema maggioritario (AP, 1976 e 1978); posizione che si andò gradualmente modifi-cando a partire dalle elezioni del 1982, quando i popolari divennero il maggior partito di opposizione. Solo alla fine degli anni Ottanta questo partito smise di criticare il si-stema elettorale vigente, accettando la sua configurazione e considerandolo un ele-mento in più di cui tenere conto al momento di disegnare la strategia del partito (AP, 1989).

Le proposte di riforma che il PP ha elaborato dopo la sua rifondazione nel 1989 sono state del tutto occasionali, soprattutto dopo che il partito ha iniziato a beneficiare degli effetti maggioritari del sistema elettorale.

Ad esempio nel 1995 il leader del PP Aznar fece alcuni riferimenti al sistema elettorale che però consistevano soltanto nella proposta di sblocco delle liste eletto-rali8. I programmi elettorali del PP in anni recenti si sono limitati a presentare pro-poste generali d’intenti. Tanto nel programma del 1996 che in quello del 2000, ad esempio, si sollecitava lo sblocco delle liste elettorali per «raccogliere le preferenze dei votanti». In quello del 2004, il PP esprimeva il suo impegno nella «ricerca di formule per raggiungere una maggiore vicinanza tra rappresentanti e rappresenta-ti». Soltanto nel programma del 2008, il PP ha proposto più concretamente la crea-zione di una «Commissione di esperti per l’analisi e la valutazione del sistema elet-

7 I testi dei programmi elettorali qui menzionati sono raccolti nel sito web del PSOE (www.psoe.es). 8 Dichiarazioni di José María Aznar a El Mundo, 26 marzo 1995, pubblicate un anno prima della vittoria elettorale del 1996.

8 La politica e le radici

torale, che elaborerà delle opportune proposte di riforma, a partire dall’esperienza degli ultimi trent’anni» 9.

14.2.3 Le proposte del PCE/IU

Il PCE e, in seguito, la coalizione Sinistra Unita (IU)10 sono state le formazioni po-litiche che hanno assunto le posizioni più critiche nei confronti del sistema elettora-le. Di fatto, entrambe hanno subito le conseguenze negative della sua applicazione in tutte le elezioni politiche svoltesi finora, venendo sistematicamente penalizzate al momento di tradurre le preferenze elettorali in seggi.

Fin dal momento della stesura della Legge per la Riforma Politica il PCE pro-pose l’adozione di un sistema proporzionale. D’altra parte, più che alla stabilità di governo, la sua preferenza era orientata al raggiungimento della maggiore rappre-sentanza possibile delle diverse istanze presenti nella società (Carrillo e Sánchez Montero, 1977, p. 72). Durante la stesura della Costituzione, il PCE difese ancora l’adozione di un sistema elettorale proporzionale, pur alla fine accettando il sistema vigente. Sebbene non soddisfatto, il partito accettò il compromesso raggiunto con una certa rassegnazione, considerandolo una specie di male minore: «Anche se siamo con-sapevoli dell’esistenza di errori e lacune considerevoli [nella regolamentazione del si-stema elettorale], rinunciamo a battaglie che, d’altra parte, sappiamo perse in parten-za» (PCE, 1978, p. 37). Il PCE accolse con analoga rassegnazione la continuità del si-stema elettorale stabilito con la LOREG del 1985, cui non oppose una eccessiva resi-stenza.

Tuttavia, a partire dalla fine degli anni Ottanta, la riforma elettorale è diventata uno dei temi programmatici ricorrenti di questo partito. In quasi tutti i suoi programmi elettorali, infatti, la sinistra radicale, ormai divenuta IU, ha sempre espresso dure criti-che al sistema elettorale ed avanzato proposte affinché si riducessero almeno i suoi ef-fetti peggiori. Nel programma del 1986, per esempio, si sollecitava tanto l’eliminazione delle liste bloccate e chiuse, quanto l’aumento del numero dei deputati da 350 a 400 per «evitare la grave, attuale penalizzazione delle grandi circoscrizioni elettorali». Nei programmi del 1993, del 1996 e del 2004 si aggiungevano l’istanza di diminuire la disproporzionalità mediante l’ampliamento della circoscrizione elettorale dalla provincia alla Comunità autonoma e la proposta dell’adozione di una nuova formula elettorale che contemplasse l’utilizzo dei resti a livello nazionale. In quello del 2008, infine, IU ha proposto di nuovo «una riforma del sistema elettorale, volta a garantire la proporzionalità elettorale nella ripartizione dei seggi come indicato dalla Costituzione. In primo luogo, modificando quegli aspetti della legge che non implica-no una riforma costituzionale: l’ampliamento a 400 del numero dei deputati; la ridu-zione da due a uno del numero minimo dei deputati per circorscrizione e una riparti-

9 I testi dei programmi elettorali qui menzionati sono raccolti nel sito web del PP (www.pp.es). 10 La coalizione IU fu fondata nel 1986 da tutti i partiti di sinistra, tra cui il PCE, che si erano schierati a favore del No al referendum dello stesso anno sull’ingresso della Spagna nella Nato. Negli anni, e nelle elezioni successive, la coalizione è rimasta in piedi e si è poi trasformata in partito [N.d.R.].

14.La riforma del sistema elettorale spagnolo 9

zione dei deputati tale da migliorare il rapporto popolazione-rappresentanti. In secon-do luogo, incoraggiando la modifica costituzionale nella direzione della trasformazio-ne della Comunità autonoma in circoscrizione elettorale»11.

14.2.4 Le proposte di Unione, Progresso e Democrazia

In accordo con le sue dichiarazioni, UPyD nasce come partito, poco prima delle e-lezioni del marzo 2008, con due obiettivi fondamentali: la «rigenerazione della democrazia» e la modifica del sistema elettorale, che questa forza politica stigma-tizzava come «perverso» per il supposto vantaggio conferito ai partiti nazionalisti. Di conseguenza, il primo punto del programma elettorale di UPyD12 prevedeva la riforma della Costituzione e della legge elettorale, in linea con le posizioni espresse anche da Sinistra Unita.

14.3 La riforma elettorale in Spagna: come e perché

Se si fossero adottate alcune delle proposte precedenti, che risultati avrebbero otte-nuto i vari partiti? Presentiamo di seguito gli esiti di una serie di simulazioni che abbiamo realizzato a partire dai risultati delle elezioni politiche del 200813.

È però necessario fare alcune premesse. Si deve anzitutto ricordare che stiamo lavorando con dati essenzialmente impuri, sui quali ha già operato i suoi effetti il già menzionato voto utile. È probabile, di conseguenza, che, in presenza di sistemi elettorali più permissivi di quello in questione – ad esempio come quelli che use-remo per le simulazioni – le chiamate al voto utile dei partiti maggiori avrebbero avuto meno successo, e che l’offerta elettorale si sarebbe ampliata, producendo cambiamenti nelle percentuali di voto delle differenti opzioni partitiche. In defini-tiva, la clausola ceteris paribus, elemento chiave in qualunque esercizio di statisti-ca comparativa, non è presente nel nostro caso. Il che ci obbliga a raddoppiare la prudenza al momento di trarre conclusioni.

Una seconda avvertenza riguarda alcune peculiarità dei risultati delle elezioni al Congresso dei deputati del marzo 200814. Se è vero che a grandi linee si è ripetu-to lo scenario delle legislature che vanno dal 1993 al 2000 – vale a dire un’alta competitività tra i due principali partiti e il mancato ottenimento della maggioranza assoluta da parte di uno di questi – è altrettanto evidente che nel 2008 si sono regi-strate alcune peculiarità. Per esempio, la grande concentrazione del voto sui due principali partiti, che è stata dell’83,8% e che si è tradotta nell’assegnazione al

11 Come negli altri casi, i programmi elettorali recenti di IU possono essere consultati sul suo sito web (www.izquierda-unida.es). 12 Questo documento è reperibile sul sito web del partito (www.upyd.es). 13 Altri lavori che raccolgono le potenziali distribuzioni di seggi per i partiti utilizzando differenti combinazioni delle principali dimensioni del sistema elettorale spagnolo, sono quelle di Ruiz-Rufino (2006), Bosch (2008), Ramírez, Martínez e Márquez (2008) e Bastida (2009). 14 Per uno studio più dettagliato delle elezioni politiche del 2008 si veda Montero e Lago (2010).

10 La politica e le radici

PSOE e al PP di addirittura 322 dei 350 seggi in ballo – vale a dire del 92% circa della rappresentanza al Congresso. Per questa ragione, non è insensato adottare qualche cautela sulla validità generale delle nostre simulazioni e sulla possibilità di estrapolare previsioni per il futuro sulla base dei loro esiti, dal momento che stiamo lavorando con dati elettorali che – pur considerando l’ipotesi che si possano con-vertire in regola da ora in poi – hanno tuttavia costituito una certa anomalia storica.

Il criterio principale che abbiamo seguito nel realizzare le simulazioni è stato quello di rispettare i limiti tracciati dall’art. 68 della Costituzione15. Per questa ra-gione, considereremo: un Congresso con non più di 400 deputati; la provincia co-me sola circoscrizione elettorale possibile in tutte le fasi della distribuzione dei seggi; l’assegnazione di un numero minimo iniziale di seggi per ogni circoscrizio-ne, distribuendo i restanti in proporzione alla popolazione.

L’altro criterio è stato quello di tentare di ridurre la disproporzionalità del si-stema elettorale. Di conseguenza, gli ipotetici sistemi elettorali qui raccolti adotta-no alcune, o tutte, le modifiche seguenti: adoperano una formula elettorale più fa-vorevole agli interessi dei piccoli partiti (come Saint-Laguë, Droop o Hare), au-mentano la grandezza del Congresso dei deputati fino al massimo permesso dalla Costituzione (400), riducono da due a uno il numero minimo di seggi assegnati ini-zialmente ad ogni circoscrizione16.

Le tabelle 14.3 e 14.4 raccolgono i risultati delle simulazioni realizzate. Appare chiaro che, introducendo le riforme che le simulazioni mostrano, si a-

vrebbe una riduzione percentuale dei seggi per i due grandi partiti. Quest’effetto sarebbe particolarmente pronunciato nel caso del PSOE, che potrebbe vedere ridot-ta la sua rappresentanza parlamentare fino a quattro punti percentuali.

Al contrario, i partiti minori a diffusione nazionale migliorerebbero sensibil-mente la loro rappresentanza parlamentare: IU potrebbe arrivare persino a quadru-plicare il numero di seggi ottenuti.

E fino a quattro nuove formazioni, che attualmente sono prive di rappresentan-za parlamentare, potrebbero entrare al Congresso. Si tratta, in tutti e quattro i casi, di partiti nazionalisti o regionalisti che apparirebbero per la prima volta nell’emiciclo (come Unità per le Isole Baleari - Unitat per les Illes e Nuove Canarie-Centro Canario Nazionalista - Nueva Canarias-Centro Canario Nacionalista, NC-CCN), o che recupererebbero il seggio di cui godevano nelle legislature precedenti (come i casi di Solidarietà Basca - Eusko Alkartasuna, EA – e Unione Aragonesista - Chunta Aragonesista, ChA).

Infine, e come conseguenza dei cambiamenti summenzionati, si accentuerebbe il carattere minoritario del governo socialista presieduto da José Luis Rodríguez Zapate-ro, che ha solo il 48% dei seggi al Congresso, incrementando così le sue attuali diffi-coltà legislative.

15 Questo criterio è lo stesso il governo chiese di adottare tanto al Consiglio di Stato quando sollecitò un suo rapporto in merito, quanto alla sottocommissione parlamentare del Congresso dei deputati quando quest’ultimo approvò l’istituzione della stessa. 16 Non sono stati analizzati né la modifica della soglia di sbarramento, né i cambiamenti del metodo di ripartizione dei seggi per circoscrizione in ragione del loro minor impatto nell’incrementare la pro-porzionalità.

14.La riforma del sistema elettorale spagnolo 11

Tab. 14.3. Risultati elettorali in termini di seggi alle elezioni politiche del 2008 e simulazioni con variazioni del numero minimo di seggi per circoscrizione e della formula elettorale.

Partito Effettivi 2008

Simulazioni: Grandezza Congresso/Numero minimo seggi per circoscrizione

Formula elettorale 350/2

D’Hondt

350/2 Sainte-Laguë

350/1 D’Hondt

350/1 Sainte-Laguë

350/2 Droop

350/2 Hare

350/1 Droop

350/1 Hare

PSOE 169 (48,3)

160 (-2,6)

168 (-0,3)

159 (-2,9)

162 (-2,0)

159 (-2,9)

162 (-2,0)

155 (-4,0)

PP 154 (44,0)

153 (-0,3)

153 (-0,3)

151 (-0,8)

156 (+0,6)

151 (-0,8)

153 (-0,3)

150 (-1,1)

IU-ICV

2 (0,6)

8 (+1,7)

4 (+0,6)

8 (+1,7)

5 (+0,8)

9 (+2,0)

6 (+1,1)

10 (+2,3)

UPyD 1 (0,3)

1 (--)

1 (--)

2 (+0,3)

1 (--)

1 (--)

1 (--)

2 (+0,3)

CiU 10 (2,9)

10 (--)

11 (+0,3)

11 (+0,3)

10 (--)

10 (--)

11 (+0,3)

12 (+0,6)

PNV 6 (1,7)

6 (--)

5 (-0,3)

6 (--)

6 (--)

6 (--)

6 (--)

6 (--)

ERC 3 (0,8)

5 (+0,6)

3 (--)

6 (+0,8)

4 (+0,3)

5 (+0,6)

5 (+0,6)

6 (+0,8)

BNG 2 (0,6)

2 (--) 2 (--) 2

(--) 2

(--) 2

(--) 2

(--) 2

(--) CC-PNC

2 (0,6)

2 (--) 2 (--) 2

(--) 2

(--) 3

(+0,3) 2

(--) 3

(+0,3) Na-Bai

1 (0,3)

1 (--)

1 (--)

1 (--)

1 (--)

1 (0,0)

1 (--)

1 (--)

EA - 1 (+0,3) - 1

(+0,3) - 1 (+0,3) - 1

(+0,3)

ChA - - - - - 1 (+0,3) - 1

(+0,3) NC-CCN - 1

(+0,3) - 1 (+0,3)

1 (+0,3)

1 (+0,3)

1 (+0,3)

1 (+0,3)

Unitat Illes - - - - - - - -

Totale 350 350 350 350 350 350 350 350 Nota: Nella prima colonna, in corsivo, i risultati delle elezioni del 2008 (tra parentesi la percentuali di seggi effettivamente ottenuta da ciascun partito). Nelle altre colonne viene presentato il numero di seggi che avrebbe ottenuto ogni partito se fossero state implementate le riforme corrispondenti e, tra parentesi, le differenze in punti percentuali che ne deriverebbero rispetto ai risultati del 2008. Per le sigle dei partiti si veda la Tab. 14.2. Inoltre: BNG Blocco Nazionalista Galiziano CC-PNC Coalizione Canaria-Partito Nazionalista Canario ChA Unione Aragonesista EA Solidarietà Basca (Eusko Alkartasuna)

12 La politica e le radici

ERC Sinistra Repubblicana di Catalogna Na-Bai Navarra Sì (Nafarroa Bai) NC-CCN Nuove Canarie -Centro Canario Nazionalista Unitat Illes Unità per le Isole (Baleari)

Tab. 14.4. Risultati elettorali in termini di seggi alle elezioni politiche del 2008 e simulazioni con variazioni della grandezza del Con- gresso, del numero minimo di seggi per circoscrizione e del- la formula elettorale.

Partito Effettivi 2008

Simulazioni: Grandezza Congresso/Numero minimo seggi per circoscrizione

Formula elettorale 350/2

D’Hondt 400/2

D’Hondt

400/2 Sainte-Laguë

400/1 D’Hondt

400/1 Sainte-Laguë

400/2 Droop

400/2 Hare

400/1 Droop

400/1 Hare

PSOE 169 (48,3)

191 (-0,6)

181 (-3,1)

191 (-0,6)

181 (-3,1)

186 (-1,8)

182 (-2,8)

182 (-2,8)

178 (-3,8)

PP 154 (44,0)

174 (-0,5)

171 (-1,3)

173 (-0,8)

171 (-1,3)

170 (-1,5)

170 (-1,5)

173 (-0,8)

171 (-1,3)

IU-ICV 2 (0,6)

4 (+0,4)

9 (+1,6)

4 (+0,4)

9 (+1,6)

7 (+1,1)

11 (+2,1)

9 (+1,6)

13 (+2,6)

UPyD 1 (0,3)

1 (-0,1)

2 (+0,2)

1 (-0,1)

2 (+0,2)

2 (+0,2)

2 (+0,2)

2 (+0,2)

2 (+0,2)

CiU 10 (2,9)

14 (+0,6)

13 (+0,3)

14 (+0,6)

14 (+0,6)

13 (+0,3)

13 (+0,3)

14 (+0,6)

14 (+0,6)

PNV 6 (1,7)

7 (0,0)

7 (0,0)

6 (-0,2)

7 (0,0)

6 (-0,2)

6 (-0,2)

6 (-0,2)

6 (-0,2)

ERC 3 (0,8)

3 (-0,1)

6 (+0,7)

5 (+0,4)

6 (+0,7)

6 (+0,7)

6 (+0,7)

5 (+0,4)

6 (+0,7)

BNG 2 (0,6)

2 (-0,1)

2 (-0,1)

2 (-0,1)

2 (-0,1)

2 (-0,1)

2 (-0,1)

2 (-0,1)

2 (-0,1)

CC-PNC

2 (0,6)

3 (+0,1)

4 (+0,4)

3 (+0,1)

4 (+0,4)

3 (+0,1)

3 (+0,1)

3 (+0,1)

3 (+0,1)

Na-Bai 1 (0,3)

1 (-0,1)

1 (-0,1)

1 (-0,1)

1 (-0,1)

1 (-0,1)

1 (-0,1)

1 (-0,1)

1 (-0,1)

EA - - 1 (+0,2) - - 1

(+0,2) 1

(+0,2) - 1 (+0,2)

ChA - - 1 (+0,2) - 1

(+0,2) 1

(+0,2) 1

(+0,2) 1

(+0,2) 1

(+0,2) NC-CCN - - 1

(+0,2) - 1 (+0,2)

1 (+0,2)

1 (+0,2)

1 (+0,2)

1 (+0,2)

Unitat Illes - - 1

(+0,2) - 1 (+0,2)

1 (+0,2)

1 (+0,2)

1 (+0,2)

1 (+0,2)

Totale 350 400 400 400 400 400 400 400 400 Note: Nella prima colonna, in corsivo, i risultati delle elezioni del 2008 (tra parentesi, la percentuale di seggi effettivamente ottenuta da ogni partito). Nelle altre colonne, viene presentato il numero di seggi che avrebbe ottenuto ogni partito se fossero state implementate le riforme corrispondenti e, tra parentesi, le differenze in punti percentuali che ne deriverebbero rispetto ai risultati del 2008. Per le sigle dei partiti si vedano le Tabb. 14.2 e 14.3.

14.La riforma del sistema elettorale spagnolo 13

Tutti questi cambiamenti sono riassunti nella tabella 14.5 che ci permette di con-cludere che l’introduzione della formula Hare (o dei resti più alti) sarebbe la riforma con un maggiore impatto nella distribuzione dei seggi tra i partiti.

Ed è precisamente questo potenziale “proporzionalizzante” che ci porta a nutrire seri dubbi sulla possibile modifica in questa direzione della formula elettorale, almeno nell’immediato futuro.

Tab. 14.5. Tassi di variazione aggregati, in punti percentuali, nelle elezioni

del 2008 derivanti dalle simulazioni (con modifiche della gran- dezza del Congresso, del numero minimo per circoscrizione e della formula elettorale).

Grandezza Congresso/numero minimo seggi per collegio Formule elettorali 350/2

(attuale) 350/1 400/2 400/1 Media

D’Hondt 0 0,9 1,5 1,9 1,4

Saint-Laguë 2,9 3,7 4,6 4,6 3,9

Droop 2 2,3 3,7 4 3

Hare 3,7 5,1 4,7 5,5 4,7

Media 2,9 3 3,6 4 3,3

Note: Il tasso di variazione per le elezioni del 2008 (prima cella della prima colonna) è ovviamente pari a zero. Il tasso di variazione aggregato è espresso attraverso l’indice di Pedersen (1979), calcola-to con la formula seguente: VT = Σ | pi Δ |, dove la variazione della percentuale di seggi di ogni parti-to (pi Δ) è uguale a pi(t + 1) – pi(t) con i = 1, ..., n. L’indice varia da 0 a 100. 14.4 Appunti sulla riforma elettorale: la sottocommissione parlamentare e il rapporto del Consiglio di Stato

14.4.1 La creazione della sottocommissione parlamentare

All’inizio della nona legislatura (2008-2012), alcune delle proposte per riformare il sistema elettorale del Congresso arrivarono finalmente in sede parlamentare. Tra l’aprile e l’ottobre 2008, vari gruppi parlamentari presentarono fino a sette proposte di legge per modificare diversi aspetti della LOREG17; una di queste proponeva an-che una modifica sostanziale degli elementi dell’attuale sistema elettorale18.

Il 6 giugno del 2008, l’Ufficio di presidenza del Congresso (Mesa del Congre-so) decise la creazione di una sottocommissione parlamentare, che fu votata all’unanimità da tutti i gruppi nella sessione della commissione costituzionale svol-

17 Congresso dei deputati, Boletín Oficial de las Cortes Generales. IX Legislatura. Serie B. Proposi-ciones de ley, 25-1, 62-1, 95-1, 96-1, 103-1 e 124-1. 18 Fu presentata da Rosa Díez, dell’UPyD, appartenente al Gruppo misto (ivi, 99-1).

14 La politica e le radici

tasi il 5 settembre e approvata definitivamente dall’aula il 15 settembre19. Scopo della sottocommissione era quello di esaminare e discutere le possibili modifiche del sistema elettorale nazionale, col tacito accordo che queste non avrebbero impli-cato una modifica della Costituzione. I lavori di questa sottocommissione avevano una durata prevista di un anno. Tuttavia, il 1° ottobre 2009, il Congresso ha deciso di estendere di sei mesi il periodo previsto per la conclusione degli stessi20.

Anche se finora le attività di questa sottocommissione hanno avuto scarsa visi-bilità e, almeno in apparenza, non sono state molte, le posizioni dei partiti all’interno di quest’organo si stanno conformando alle proposte dei rispettivi pro-grammi elettorali, posizioni che abbiamo passato in rassegna in precedenza.

Il PSOE e il PP sono stati, anche in questa occasione, i meno interessati a mo-dificare le regole di un sistema elettorale che, come si è visto, ha procurato loro vantaggi considerevoli in termini di rappresentanza parlamentare. Questa mancan-za di interesse è stata particolarmente evidente durante gli interventi dei loro rispet-tivi portavoce nel dibattito tenutosi in commissione costituzionale in occasione del-la creazione della menzionata sottocommissione.

Mentre il portavoce del gruppo parlamentare socialista, Jesús Quijano, assicu-rava che «l’attuale legge elettorale ha realizzato abbondantemente gli obiettivi di qualunque buona legge elettorale»21, quello del gruppo popolare, Juan Carlos Vera, sosteneva che la regolazione elettorale attuale «è un sistema accettabile, perché soddisfa i requisiti fondamentali che qualunque sistema elettorale deve avere: esse-re rappresentativo della volontà dei cittadini ed essere imparziale»22. Inoltre i due portavoce concordavano nel segnalare che il consenso avrebbe dovuto caratterizza-re qualunque tentativo di modifica del sistema elettorale vigente. In termini simili si esprimeva la prima vicepresidente del governo, María Teresa Fernández de la Vega. Secondo la sua opinione, il sistema elettorale vigente sarebbe non solo ade-guato, ma consentirebbe la formazione di maggioranze parlamentari e di governo. Soprattutto, la vicepresidente difendeva l’opportunità di procedere alla riforma del sistema se e quando questa fosse affrontata con il consenso tra le forze politiche23.

I due partiti che più fortemente hanno sostenuto la necessità di riformare il si-stema elettorale sono stati invece IU e UPyD. Dopo le elezioni, il primo lanciava una “Campagna per una legge elettorale giusta e democratica” che coincideva con l’avvio della sottocommissione parlamentare al Congresso. L’allora leader di IU, Gaspar Llamazares, formalizzava nel maggio 2008 una proposta da valutare in sot-tocommissione che consisteva nell’aumentare a 400 il numero dei deputati, nel ri-durre a uno il minimo di seggi assegnati per circoscrizione, nel sostituire la formula D’Hondt con quella Sainte-Laguë e nel creare, mediante i resti, un bacino naziona-le di voti con cui assegnare i nuovi 50 seggi del Congresso. Llamazares sosteneva

19 Congresso dei deputati (Comm.), Diario de Sesiones del Congreso de los Diputados, IX Legislatu-ra, 68, 5 settembre 2008; Congresso dei deputati, Boletín Oficial de las Cortes Generales. IX Legisla-tura. Serie D. General, 64, 15 settembre 2008. 20 Ivi, 268, 8 ottobre 2009. 21 Congresso dei deputati (Comm.), Diario de Sesiones. IX Legislatura, 68, 5 settembre 2008, p. 5. 22 Ivi, p. 4. 23 Ivi, 63, 30 luglio 2008, p. 3.

14.La riforma del sistema elettorale spagnolo 15

che questa riforma era «imprescindibile» per migliorare la rappresentatività della camera e garantire il suo pluralismo tanto politico che territoriale24. Per IU un ulte-riore vantaggio di questa proposta era che essa non richiedeva modifiche della Co-stituzione, ragione per cui non sarebbe stato necessario più di un anno per poter giungere ad una riforma. E aggiungeva che «nessuna formazione politica, né statale né nazionalista, viene particolarmente danneggiata dai cambiamenti previsti, che hanno come obiettivo solo quello di adeguare i voti conquistati da ogni partito alla effettiva rappresentanza ottenuta»25.

Anche la dirigente e unica deputata di UPyD, Rosa Díez, nell’aprile del 2008 presentava al Congresso una proposta di riforma della LOREG26. Analogamente a IU, UPyD proponeva l’ampliamento del Congresso a 400 deputati e la riduzione ad uno del numero minimo di seggi per circoscrizione. Si distanziava, però, dalla proposta della Sinistra Unita nel proporre anche la soppressione della soglia di sbarramento del 3% per ogni collegio. Sorprendentemente, nella proposta di legge non c’era alcuna proposta di formula elettorale, per cui, implicitamente, quest’ultima avrebbe continua-to ad essere la D’Hondt27. Nonostante l’UPyD sia rimasta fuori dalla sottocommissio-ne parlamentare - dato che la rappresentanza del gruppo misto è stata attribuita al Blocco Nazionalista Galiziano (Bloque Nacionalista Galego, BNG) - la questione del-la riforma elettorale è stata oggetto di una interrogazione della stessa Rosa Díez al presidente del governo, José Luis Zapatero, nel settembre seguente. La portavoce dell’UPyD chiedeva lumi all’esecutivo riguardo alle azioni che questo pensava di in-traprendere per promuovere una nuova legge elettorale «più rappresentativa, giusta e ugualitaria» 28.

Infine, l’interesse dei partiti nazionalisti catalano, basco e galiziano si è centrato su questioni diverse dalla riforma elettorale in sé. Così, mentre la CiU e il PNV pro-ponevano di sostituire l’attuale circoscrizione unica per le elezioni al Parlamento Eu-ropeo con circoscrizioni coincidenti con le Comunità autonome, il BNG si è mostrato particolarmente interessato a riformare il procedimento di voto dei cosiddetti “residen-ti assenti”29. Inoltre, ancora una volta, tanto la portavoce di CiU, Montserrat Surroca, che il portavoce del PNV, Aitor Esteban, avevano richiesto, nel processo di istitu-

24 Ivi, 68, 5 settembre 2008, p. 3. 25 El País, IU propone un Congreso de 400 diputados, 8 maggio 2008 (www.elpais.com). 26 Congresso dei deputati, Boletín Oficial de las Cortes Generales, IX Legislatura. Serie B. Proposi-ciones de ley, 99-1, 25 aprile 2008. 27 Nella stessa proposta di legge si chiedeva al governo di inoltrare un progetto di legge di riforma della Costituzione che modificasse l’articolo 68 comma 2 e stabilisse che la circoscrizione elettorale fosse la Comunità autonoma per 198 deputati; che le popolazioni di Ceuta e Melilla fossero rappre-sentate da un deputato ciascuna; e che i restanti 200 deputati fossero eletti in un’unica circoscrizione nazionale tra i partiti che avessero ottenuto voti in un numero di Comunità autonome contenenti al-meno il 65% della popolazione spagnola. 28 Congresso dei deputati (Plenaria e Commissione permanente), Diario de Sesiones del Congreso de los Diputados, IX Legislatura, 109. Nel febbraio 2010, Rosa Díez ha presentato in aula una mozione con cui si chiedeva al governo di realizzare la riforma del sistema elettorale. La mozione fu bocciata con 335 voti contro e solo 4 a favore e con la critica unanime di tutti i gruppi parlamentari alla pretesa di tale mozione di obbligare l’aula alla discussione su questioni già in corso di esame nella sottocom-missione parlamentare creata all’uopo. Ivi, 142, 23 febbraio 2010, pp. 24 ss. 29 Ossia i cittadini spagnoli all’estero [N.d.R.]

16 La politica e le radici

zione della summenzionata sottocommissione, che qualunque riforma di legge elet-torale potesse poggiare su un ampio consenso30.

14.4.2 Il rapporto del Consiglio di Stato

Dopo sette mesi di lavoro, il testo finale del rapporto del Consiglio di Stato sulla ri-forma elettorale fu approvato dalla commissione di studio del medesimo il 24 feb-braio del 2009 e messo a disposizione del governo pochi giorni dopo, rispettando la scadenza che quest’ultimo aveva indicato. Nonostante la relazione del Consiglio di Stato tocchi molte altre questioni elettorali, qui esamineremo solo quelle relative all’incremento della proporzionalità del sistema. Le proposte sono, in sintesi, di tre ordini.

In primo luogo, il Consiglio di Stato consigliava di ridurre la rappresentanza minima per circoscrizione da due seggi a uno ed elevare il numero di deputati a 400. Senza dubbio, si tratta di due modifiche di profilo relativamente basso, dato che non richiedono riforma costituzionale, e potrebbero godere del consenso neces-sario per intraprendere il processo di modifica. Se, da una parte, la riduzione del minimo circoscrizionale potrebbe incontrare l’opposizione dei deputati delle circo-scrizioni meno popolate, che vedrebbero ridotta la loro presenza alla Camera, al contrario, dall’altra, l’aggiunta di 50 seggi potrebbe far vincere questa resistenza. Ricordiamo che il numero di seggi era stata fissata a 350 dalla Legge per la Rifor-ma Politica del 1977 e che da allora, nonostante il considerevole aumento della po-polazione avutosi in Spagna, non è mai stato modificato. Come conseguenza anche di questo incremento, la Spagna ha il secondo rapporto più basso d’Europa tra de-putati ed elettori31 e il Congresso ha dieci seggi in meno di quelli che dovrebbe a-vere secondo la «legge della radice cubica» (Taagepera e Shugart, 1989).

La seconda raccomandazione presentata dal Consiglio di Stato in materia di pro-porzionalità era quella di migliorare la corrispondenza tra il numero dei seggi e la per-centuale di voti mediante la sostituzione della formula D’Hondt con un’altra dagli ef-fetti più proporzionali. In principio la formula Hare, con l’assegnazione dei resti più alti, sembrerebbe la candidata ideale, dati i considerevoli livelli di aggiusta-mento che produce proprio nel rapporto tra il numero dei seggi e la percentuale dei voti32. D’altra parte, proprio il suo marcato carattere proporzionale induce a nutrire seri dubbi sulle possibilità dell’effettiva introduzione di questo tipo di formula.

Infine, e con l’obiettivo sempre di ridurre le distorsioni della proporzionalità, il Consiglio di Stato proponeva di stabilire una redistribuzione dei resti a livello na-zionale. Questa proposta, tuttavia, oltre a presentare vantaggi e inconvenienti, può

30 Congresso dei Deputati (Comm.), Diario de Sesiones, IX Legislatura, 68, 5 settembre 2008, pp. 3-4. 31 Il rapporto più basso c’è l’ha la Germania, laddove il numero dei seggi al Bundestag, a seguito dell’incremento di elettori dopo la riunificazione nel 1990, fu considerevolmente aumentato (da 496 a 598), ma non abbastanza. 32 È utile ricordare che questa formula è (o è stata) applicata in Germania, Austria, Slovenia e Roma-nia.

14.La riforma del sistema elettorale spagnolo 17

generare dubbi di costituzionalità33. L’esistenza di una compensazione attraverso una redistribuzione ad altro livello territoriale è relativamente frequente nei paesi europei, anche se la formula proposta dal Consiglio di Stato non coincide esatta-mente con nessuna di quelle attualmente in vigore in Europa34. Il suo potenziale di riduzione della disproporzionalità del sistema attuale è considerevole. Di fatto, la creazione di un bacino nazionale di resti rispecchia esattamente le proposte di IU che, si ricorda, è una delle formazioni politiche abitualmente più penalizzate dalla mancanza di proporzionalità delle vigenti regole elettorali.

Senza dubbio - e queste sono le cattive notizie per formazione minori di questo tipo - questa riforma non ha grandi possibilità di essere portata avanti. Per almeno due ragioni. La prima è che la procedura di computo dei resti che propone il Consi-glio di Stato danneggerebbe seriamente gli interessi dei partiti che “fanno il pieno” nella distribuzione dei seggi nella prima fase di assegnazione. Vale a dire, il PSOE e il PP, che sono oltretutto gli unici che hanno i numeri per modificare le regole e-lettorali.

La seconda ragione è che si faciliterebbe l’entrata al Congresso ad un numero-so gruppo di partiti minori con limitato consenso elettorale, facendo aumentare considerevolmente la frammentazione del sistema dei partiti. Diventerebbe, quindi, necessario stabilire qualche tipo di soglia di sbarramento per limitare il numero di partiti che possono accedere alla ripartizione dei seggi attraverso la distribuzione dei resti35. Ed infatti, come è noto, la creazione di questi livelli superiori di asse-gnazione di seggi è accompagnata di solito da qualche clausola tesa a limitare i possibili accordi tra i partiti che possano beneficiare dell’esistenza di questo tipo di meccanismo compensatorio.

14.5 Conclusioni: riformare o non riformare in prospettiva comparata

Perché si riformano i sistemi elettorali? Più concretamente, come si risolve l’aporia per cui i governanti si decidono a cambiare le regole che hanno permesso loro di vincere le elezioni? Richard Katz (2008) ha sistematizzato le sei ragioni più comu-ni per cui i governanti decidono di modificare le regole elettorali con cui gli stessi sono arrivati al potere. Queste sono la volontà di evitare una sicura sconfitta eletto-rale, la rilevanza acquisita dagli attori non partitici, le concessioni dei partiti mag-giori ai minori per assicurarsi la propria continuità al potere, la miopia dei partiti di governo sulle conseguenze delle riforme elettorali, la persecuzione di obiettivi di

33 I dubbi sono basati sulla lettera dell’art. 68 comma 2 della Costituzione, che stabilisce la provincia come circoscrizione elettorale, per cui l’introduzione di un livello territoriale superiore potrebbe con-traddire questo dettato. 34 D’accordo con i dati di Golder (2005), gli undici paesi europei che hanno in vigore un sistema elet-torale a due o più livelli collegati tra loro sono: Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Esto-nia, Grecia, Islanda, Malta, Norvegia, Romania e Svezia. 35 In questo senso si potrebbe scegliere di computare solo i resti di quei partiti che hanno ottenuto rappresentanza parlamentare nella prima fase di assegnazione dei seggi, o che hanno conseguito una certa percentuale di voti a livello provinciale o nazionale.

18 La politica e le radici

medio raggio come la modifica del sistema partitico, e, infine, il volersi assicurare l’appoggio parlamentare di altre forze politiche per l’approvazione di alcune dispo-sizioni legislative.

Esiste dunque un nutrito numero di situazioni in cui si produce una riforma dei sistemi elettorali, in nessuna delle quali, però, sembra essere finora incorso il si-stema politico spagnolo. Un’eventuale riforma del sistema elettorale attuale avreb-be bisogno di poter contare sull’appoggio di almeno uno dei due principali partiti, PSOE o PP, e questo è estremamente difficile dati i vantaggi in termini di seggi che il sistema vigente ha assegnato loro sin dal 1977. D’altra parte i partiti minori di li-vello nazionale non hanno la forza parlamentare necessaria per poter imporre un qualunque tipo di modifica istituzionale e le iniziative dei cittadini in questo senso sono tanto deboli quanto differenziate.

Non solo. Nonostante le propensioni conservatrici del sistema elettorale, un PSOE ipoteticamente all’opposizione a partire dal 2012 sa che sarebbe difficile trovare un sistema elettorale che fosse più favorevole ai propri interessi di quello attuale. E sa anche che la regolazione vigente non gli impedirebbe di tornare al go-verno nel medio periodo. In più, il conservatorismo del sistema sembra essersi at-tenuato in questi ultimi anni, ragion per cui il PSOE si troverebbe ancora più av-vantaggiato se restasse il sistema attuale.

Infine, come già segnalato, le regole elettorali attualmente in vigore hanno funzionato ragionevolmente bene nel favorire una moderata frammentazione parti-tica e la formazione di governi stabili e duraturi.

Le luci del sistema elettorale spagnolo non occultano tuttavia nessuna delle sue ombre. Tra queste ultime meritano un’attenzione speciale i suoi considerevoli livel-li di disproporzionalità e di voti dispersi. Come già abbiamo dimostrato in prece-denza, il sistema elettorale spagnolo di proporzionale ha solo il nome: potrebbe es-sere più correttamente definito o come un «proporzionale attenuato» o come un «maggioritario corretto». Ed è proprio questa discrasia tra la percentuale di voti e la percentuale di seggi ottenute dai partiti ad essere al centro di molte delle proposte di riforma che intendono avvicinare il sistema spagnolo al polo della proporzionali-tà.

Poniamoci in una prospettiva comparata. In altri paesi, in che misura la di-sproporzionalità è stata un fattore decisivo perché le proposte di riforma elettorale andassero a buon fine? La risposta a questa domanda è fondamentalmente negativa. È certo che la riforma in Islanda, alla vigilia delle elezioni del 1959 e del 1987, e quella in Nuova Zelanda nel 1993, non possono essere comprese senza considerare l’importante componente disproporzionale che presentavano i sistemi elettorali precedenti e che ha favorito le modifiche. Ma è anche certo che perché queste, alla fine, fossero approvate è stata necessaria la presenza di una coalizione di partiti con peso parlamentare sufficiente. Perciò è stato sostenuto che il funzionamento defici-tario di un sistema elettorale non è ragione sufficiente perché se ne intraprenda la riforma (Shugart 2008a). E Kenneth Benoit (2007, p. 387) ha potuto scrivere che:

I sistemi elettorali rimarranno stabili finché un partito o coalizione di partiti con la capa-cità di adottare un sistema elettorale alternativo, penserà di poter arrivare a migliorare i

14.La riforma del sistema elettorale spagnolo 19

propri obiettivi (in seggi o in politiche) attraverso un cambiamento delle regole. […] I si-stemi elettorali rimarranno intoccabili fino a quando le regole restrittive che governano la loro modifica renderanno difficile, troppo costoso o praticamente impossibile il cambia-mento di queste regole (elettorali) per i partiti interessati. […] (Solo) in casi eccezionali, il cambiamento del sistema elettorale potrà provenire da avvenimenti politici inaspettati come cambi di regime, movimenti popolari, riallineamenti elettorali o eventi esterni.

Esistono due ordini di motivazioni possibili alla base della decisione di adotta-

re un sistema elettorale alternativo: le motivazioni dirette, derivanti dalle conse-guenze meccaniche del funzionamento del nuovo sistema; e quelle indirette, che consistono nel premio che gli elettori conferiscono alla forza o alle forze politiche che si fanno promotrici del cambiamento del sistema. Dato che il sistema elettorale attuale in Spagna è molto favorevole agli interessi del PSOE e del PP, che l’opinione pubblica non valuta negativamente il suo funzionamento e che, oltretut-to, non si intravedono nel breve periodo accadimenti politici eccezionali, non sem-bra che la riforma del sistema elettorale abbia, per il momento, molte possibilità di essere perseguita.

Quest’equilibrio relativo potrebbe rompersi in futuro qualora si producessero situazioni politiche per le quali i partiti e/o ampi settori dell’elettorato attribuiscano la responsabilità al sistema elettorale. Una di queste situazioni potrebbe derivare dall’esistenza di governi costantemente dipendenti da partiti nazionalisti o regiona-listi per il raggiungimento della necessaria maggioranza al Congresso. Si tratta del-la forma di governo prevalente a partire dagli anni Novanta, adottata tanto dal PSOE tra il 1993 e il 1996 che dal PP tra il 1996 e il 2000 e, di nuovo, dal PSOE dal 2004. Finora, è sembrato esistere un accordo implicito con il quale si accettava la disproporzionalità del sistema elettorale se in cambio questo avesse prodotto maggioranze parlamentari sufficienti, quasi sempre relative (con proporzioni che hanno oscillato tra il 45 e il 50% del Congresso) ed eccezionalmente assolute (e comunque sempre costruite). D’altra parte, questo accordo potrebbe rompersi al mancare di uno dei termini dell’equazione. Vale a dire, qualora diventasse impos-sibile creare governi con i partiti nazionali minori e diventasse necessario ricorrere sistematicamente all’appoggio parlamentare di partiti nazionalisti o regionalisti. Un aggravamento di questa dinamica, che andrebbe a inficiare uno dei presupposti ba-silari della governabilità, potrebbe contribuire ad una riconsiderazione del sistema elettorale (Santamaría, 1996). D’altra parte, in quel caso, la discussione sulla di-sproporzionalità sarebbe messa da parte in favore della ricerca di meccanismi che attribuiscano maggioranze stabili e, per quanto possibile, assolute.

Anche la seconda situazione che potrebbe portare alla riforma non si è ancora verificata. Si tratta della possibilità che si produca in Spagna un risultato atipico nelle prossime competizioni elettorali per cui il primo partito in numero di voti non sia quello che ottiene la maggiore rappresentanza parlamentare. E d’altra parte, il crescente livello di competitività dei due grandi partiti non consente di scartare l’idea che si verifichi un risultato di questo tipo in un futuro prossimo. Non solo, ma esiti in tal senso si distanziano da ciò che ci si dovrebbe aspettare da un sistema proporzionale, vale a dire, che rifletta nel Parlamento, con maggiore o minore fe-

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deltà, le percentuali di voto ottenute da ogni partito. Questi episodi anomali, come dimostra, tra gli altri, il caso della Nuova Zelanda, tendono peraltro a penalizzare uno dei due partiti con i numeri per cambiare le regole, cosa che naturalmente può rafforzare la sua volontà di procedere nella riforma (Shugart, 2008b). Nell’ambito spagnolo si sono prodotti dei risultati atipici in occasione di due elezioni al Parla-mento catalano. Se qualcosa di simile accadesse al Congresso dei deputati, è pro-babile che verrebbe avanzata qualche proposta di riforma elettorale che favorisca, con dei premi di maggioranza, il primo partito in termini di voti che arriva secondo in termini di seggi.

Inoltre, è anche possibile che un episodio di questo tipo contribuirebbe a dare consistenza alle (di solito) disinformate, qualora esistenti, preferenze dei cittadini per cambiare le regole elettorali. I cittadini tendono a considerare ingiusti i risultati atipici e una riforma elettorale che vi ponesse fine sarebbe ben accolta dagli eletto-ri.

Già abbiamo sottolineato che la Spagna presenta dei livelli di disproporzionali-tà estremamente elevati per un paese che utilizza una formula di rappresentanza proporzionale. E abbiamo anche sottolineato che la scarsa corrispondenza tra le percentuali di voti e di seggi ottenuti dai partiti, di per sé, non è solita portare alla modifica delle regole elettorali.

Le simulazioni che abbiamo realizzato introducono cambiamenti in senso pro-porzionale nella regolazione elettorale attuale, pur muovendosi sempre negli stretti margini previsti dall’articolo 68 della Costituzione. Per concludere possiamo sotto-lineare che in tutte queste simulazioni, una qualche riduzione del livello di dispro-porzionalità del sistema elettorale si realizza solo al prezzo di incrementare l’indice di frammentazione partitica al Congresso. La sostituzione della formula D’Hondt con quella Hare è il cambiamento che produce il maggiore impatto. IU sarebbe la grande beneficiata da questo tipo di riforma e aumenterebbe la sua presenza al Congresso a spese del PSOE e del PP. La distanza in numero di seggi fra i partiti maggiori diminuirebbe in quasi tutti gli scenari istituzionali disegnati. Ed infine, in tutte le simulazioni realizzate, il PSOE resterebbe più lontano dalla maggioranza assoluta di quanto non lo sia adesso: detto in altri termini, i suoi governi sarebbero ancora più deboli.

14.6 Riferimenti bibliografici

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[Traduzione di Valentina Reda]