Il sistema elettorale belga
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federalismi.it n. 10/2014
IL SISTEMA ELETTORALE BELGA*
di
Gabriele Conti
(Dottorando in Teoria dello Stato ed Istituzioni Politiche Comparate
Sapienza – Università di Roma)
14 maggio 2014
Sommario: 1. Introduzione – 2. Il sistema elettorale belga nel 1831 – 3. Le modifiche della
legislazione elettorale tra il 1848 e il 1893 – 4. Il passaggio al sistema proporzionale e il
suffragio universale maschile (1899 – 1921) - 5. L'estensione del voto alle donne, la legge
elettorale per il Parlamento europeo e la federalizzazione del sistema elettorale (1945 – 1993)
– 6. Le riforme elettorali nella 50a Legislatura (1999 – 2003) – 7. La sesta riforma dello Stato:
scissione dell'arrondissement elettorale Bruxelles-Hal-Vilvorde, elezione indiretta del Senato,
elezioni simultanee per la Camera dei Rappresentanti e per il Parlamento Europeo (2011 –
2014).
1. Introduzione
Il 25 Maggio 2014 in Belgio si voterà contemporaneamente per il rinnovo della Camera dei
Rappresentanti e per il Parlamento europeo. Le elezioni politiche non riguarderanno più il
Senato il quale, in seguito ad una revisione costituzionale adottata nel 2012, è stato
trasformato in una Camera degli enti federati e sarà composto, a partire dalla 54a Legislatura,
da 60 membri designati direttamente dai Parlamenti degli enti locali delle comunità
linguistiche francofona e fiamminga (Parlamento fiammingo, Parlamento della Regione
* Articolo sottoposto a referaggio.
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Vallonia, Parlamento della comunità francese e Parlamento della Regione di Bruxelles-
Capitale)1.
La legislazione elettorale belga si è trasformata nel tempo sotto molti profili e, in particolare,
durante la 53a Legislatura (2010 – 2014), sono state apportate alcune importanti modifiche al
sistema politico-istituzionale del Paese, nell'ambito della cosiddetta “sesta riforma dello
Stato”, che hanno reso necessaria la revisione della legge elettorale per la Camera e per il
Parlamento europeo. In tutto, tra il 2012 e il 2014 il costituente ha messo mano a ben 47
disposizioni costituzionali, ridefinendo così l’intero assetto federale dello Stato.
Lo Stato federale era stato formalmente istituito nel 1993, al termine di un lungo processo di
smantellamento dello Stato centrale avviato nel 1970, con la creazione dei primi enti di natura
comunitaria (le Comunità culturali, poi divenute Comunità tout court nel 1980). Nel 1993,
con l'adozione dello Stato federale, le Comunità e le Regioni (queste ultime istituite
formalmente nel 1970, ma rese sostanzialmente operative tra il 1980 e il 1989) furono dotate
di organi legislativi direttamente eletti: i Consigli di Comunità e i Consigli di Regione (tra il
1970 e il 1993 tali organi, ad eccezione del Consiglio della Comunità germanofona e del
Consiglio della Regione di Bruxelles-Capitale, istituito nel 1989, erano invece composti dai
membri del Parlamento nazionale, suddivisi in base al gruppo linguistico di appartenenza).
Fino al 1989 la legislazione elettorale belga, disciplinata dal legislatore centrale, si limitava
alla disciplina delle elezioni per la Camera dei Rappresentanti, di una parte dei senatori, del
Parlamento europeo, dei consigli locali (comuni e province) e del Consiglio della Comunità
germanofona. Dal 1993, invece, con la quarta riforma dello Stato, il sistema istituzionale
belga si è arricchito, come visto, di una nuova serie di organi elettivi in ciascuna istituzione
federata: il sistema elettorale si è così appesantito eccessivamente, costringendo in qualche
modo il legislatore centrale a demandare alle Regioni la competenza sulla legislazione
elettorale delle Province e dei Comuni2. Il clivage linguistico-culturale, emerso già negli anni
'30 del XX Secolo, si riversò pertanto dal livello istituzionale a quello elettorale, alimentando
1 In breve: il Senato belga era originariamente composto da una ristretta élite pagante un censo piuttosto
elevato, ma i membri della Camera Alta erano direttamente eletti dal popolo (anche gli elettori erano selezionati
in base ad un censo). Alla categoria dei senatori direttamente eletti venne affiancata in un momento successivo la
categoria dei senatori nominati dai consigli provinciali. Nel 1921 il costituente riservò solamente a 21 categorie
professionali la possibilità di candidarsi al Senato, abbandonando così il criterio censuario. Nel 1993, la
composizione del Senato mutò nuovamente, e la categoria dei senatori provinciali fu rimpiazzata da quella dei
senatori designati dagli enti federati. Dal 2014, il Senato sarà composto esclusivamente da quest'ultima categoria
di senatori.
2 La disciplina delle elezioni comunali e provinciali è diventata di competenza regionale dal 2002, in
seguito ai cosiddetti accordi “du Lambermont” del 2001. Vedi a tal proposito P. DELWIT, B. HELLINGS, “Les
accords de Lambermont-Saint-Polycarpe”, L’année sociale, 2001, Bruxelles, De Boeck, 2002
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le fratture sul fronte comunitario e portando così ad un’ulteriore frammentazione del
panorama partitico.
La vita politica del Belgio è stata in realtà attraversata da una serie di “tensioni che hanno
dato vita a tre logiche differenti, in grado di plasmare il sistema politico”3: il clivage Stato–
Chiesa aveva opposto la corrente cattolica a quella liberale nella prima metà dell’800,
contribuendo al processo di laicizzazione dello Stato; il clivage capitale–lavoro è emerso
invece nel 1885, con l'avvento del Partito Operaio Belga (POB), definendo un maggiore
pluralismo istituzionale; infine, il clivage comunitario si è sovrapposto ai precedenti alla fine
degli anni '60, in seguito alla fissazione delle frontiere linguistiche determinando, da un lato,
lo smembramento dello Stato centrale – con l'adozione di istituzioni separate per ciascuna
comunità linguistica – e, dall'altro, lo sfarinamento del sistema partitico nazionale – con
l'emergere di forze partitiche di impianto localistico operanti sul piano nazionale4.
Tra il 1831 ed il 1899 si assiste così al passaggio da un sistema bipartitico-maggioritario
(Liberali-Cattolici) ad un sistema tripartitico-proporzionale (Cattolici-Liberali-Socialisti),
mentre tra il 1965 e il 1978 si passa progressivamente ad un sistema di multipartitismo
estremo corredato da un modello di governo di tipo consociativo5 (con coalizioni formate da
almeno quattro partiti) dominato essenzialmente da formazioni di stampo comunitario
(fiamminghe, valloni, brussellesi).
I partiti tradizionali si separarono infatti nelle rispettive ali comunitarie ed il panorama
partitico ha visto l'emergere di nuove formazioni a carattere locale in grado di influenzare in
modo decisivo la politica nazionale: dalla fine degli anni ’70, anzi, non esistono più, in
Belgio, partiti a carattere nazionale6.
3 In M. QUÉVIT, M. AIKEN, “La composition politique au sein du système politique belge (1919 – 1974)”,
Courrier hebdomadaire du CRISP, n. 669-670, 1975, p. 4, trad. mia.
4 Si vedano a tal proposito C. VANDERMOTTEN, J. VANLAER, “Partis et élections depuis 1946”, Pouvoirs,
n. 54, 1990, p. 63; X. MABILLE, “Les partis politiques en Belgique”, Dossier du CRISP, 2004.
5 Si vedano a tal proposito A. LIJPHART, “Patterns of Democracy: Government Forms and Performance
in Thirty-six Countries”, New Haven, Yale University Press, 2012; ID., “Conflict and Coexistence in Belgium:
The Dynamics of a Culturally Divided Society”, University of California Press, Berkeley, 1981.
6 Il Partito Cristiano-sociale, ereditario del Partito cattolico, si è separato nel 1968 dando vita al C.V.P.
(Cristiano-sociali fiamminghi) e al P.S.C. (Cristiano-sociali valloni); il Partito Socialista, ereditario del Partito
Operaio, si è separato nel 1978, lasciando la scena al B.S.P. (Socialisti fiamminghi) e al PS (Socialisti valloni);
dalle ceneri del Partito Liberale sono emerse invece, nel 1972, tre diverse formazioni: il P.V.V. (Liberali
fiamminghi), il P.L.P. (Liberali brussellesi) e il P.R.L. (Liberali valloni); tra il 1954 e la prima metà degli anni
'70 emersero formazioni a carattere comunitario o regionalistico, come il VU (Volksunie, nazionalisti
fiamminghi), il F.D.F. (Federalisti Francofoni di Bruxelles), il R.W. (Rassemblement wallon, regionalisti
valloni). Alla fine degli anni '70 fu la volta dei partiti ecologisti (Ecolo e Agalev) e dei partiti di estrema destra
(Vlaams Blok e, nel 1985, il Front National, il primo con un forte seguito nelle Fiandre). Si veda per la
composizione dei partiti politici fino al 1979 X. MABILLE, “Le système des partis dans la Belgique post-
unitaire”, Courrier hebdomadaire du CRISP, n. 864, 1979.
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Il sistema elettorale di tipo proporzionale (il metodo adottato è quello D'Hondt corretto dal
meccanismo degli apparentamenti – cosiddetto metodo Van de Walle), è stato inserito in
Costituzione e pertanto adoperato in tutti i livelli di governo (Camera dei Rappresentanti,
Senato, consigli provinciali) e per le elezioni del Parlamento europeo, mentre ai Comuni è
stato riservato il sistema di ripartizione di tipo Imperiali (che segue lo stesso procedimento del
metodo D'Hondt ma con una leggera correzione che tende a privilegiare i partiti maggiori). Il
sistema proporzionale ha condotto così all'atomizzazione del sistema partitico, rendendo
pertanto più complessa la procedura di formazione dei governi a livello nazionale ed
inasprendo le tensioni tra le due maggiori comunità, quella fiamminga e quella vallona, ormai
completamente separate sul piano politico.
In realtà, nel corso del processo di federalizzazione sono emerse istanze “unitarie” che hanno
tentato di porre un freno alla deriva comunitaria: così, ad esempio, durante il governo
Verhofstadt I (1999-2003) sono state avanzate, senza successo, diverse proposte di legge per
la reintroduzione del sistema maggioritario7. In mancanza di maggioranza sufficienti per
l’adozione di riforme relative al meccanismo di trasformazione dei voti in seggi, il legislatore
ha ripiegato su alcuni meccanismi in grado di garantire, almeno teoricamente, la governabilità
(soglia di sbarramento al 5%, circoscrizioni elettorali più ampie).
Le tensioni emerse tra istanze unitarie e forze centrifughe, sul piano istituzionale, e tra
difensori del metodo proporzionale e fautori del modello maggioritario, sul piano elettorale,
ha determinato l'evoluzione del sistema politico belga in una duplice direzione. Nel periodo
successivo all’adozione della proporzionale, il Belgio ha attraversato infatti fasi alterne di
“concentrazione” e “dispersione” elettorale: le famiglie tradizionali hanno dominato il campo
politico tra il 1919 e il 1932 e tra il 1946 e il 1958, mentre tra il 1936 e il 1939 e il 1961 e il
1974 si è avuta una maggiore frazionalizzazione che ha favorito dapprima le formazioni
estremiste (asse destra-sinistra) e poi quelle a carattere localistico (asse centro-periferia),
portando, nel secondo caso, ad una “frammentazione stabile del sistema”8. Le elezioni del
1979 per il Parlamento europeo avrebbero dovuto segnare, in tal senso, uno spartiacque
profondo: la Legge elettorale per il Parlamento europeo adottata nel 1978, istituiva infatti due
collegi elettorali per ciascuna comunità linguistica e tre grandi circoscrizioni (Vallonia,
7 L'ipotesi di un ritorno al maggioritario potrebbe tornare ad essere discussa nel corso della prossima
Legislatura, posto che con una sola Camera elettiva, il sistema politico-istituzionale potrebbe richiedere il
superamento del modello proporzionale. La dottrina ha osservato a tal proposito che una legge elettorale
maggioritaria può funzionare infatti solo all'interno di un sistema “monocamerale”. Si veda a tal proposito B.
CARAVITA DI TORITTO, “La riforma elettorale alla luce della sentenza 1/2014”, federalismi.it, n. 2/2014, p. 7.
8 Vedi gli indici di frazionalizzazione calcolati da M. QUÉVIT, M. AIKEN, op. cit., pp. 14 e ss.
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Fiandra e Bruxelles)9. La maggiore ampiezza delle circoscrizioni avrebbe dovuto avviare una
fase di semplificazione del sistema con la “riunificazione dei partiti”, almeno a livello
comunitario. I risultati elettorali della prima elezione per il Parlamento europeo non
produssero però gli effetti sperati: la natura “comunitaria” dei collegi non fece altro che
accentuare il carattere localistico della competizione elettorale, vanificando il meccanismo di
“concentrazione” dato dalla maggiore ampiezza dei collegi.
Tuttavia, proprio da allora cominciò a farsi spazio l'ipotesi di un collegio “unico” nazionale,
non solo per le elezioni europee ma anche per quelle nazionali10
. Dopo l'adozione dello Stato
federale, è stata invece avanzata a più riprese l'idea di una circoscrizione unica “federale” al
fine di adattare la normativa elettorale al processo di federalizzazione in corso: nel 1988, il
democristiano fiammingo Bob Gijs propose l'adozione di un collegio unico per l'elezione dei
senatori mentre gli ecologisti valloni (Écolo) presentarono una proposta di legge per
l’adozione di una circoscrizione unica per l'elezione dei deputati federali11
.
Nel 1993 furono adottate per il Senato le medesime circoscrizioni utilizzate per le elezioni del
Parlamento europeo, mentre per la Camera dei Rappresentanti si è provveduto, dieci anni più
tardi, a definire un sistema di ritaglio delle circoscrizioni basato sui confini delle Province. In
tal modo però, si riapriva la questione relativa all'arrondissement elettorale Bruxelles-Hal-
Vilvorde, l'unica circoscrizione elettorale bilingue del Paese – posta a cavallo tra la Regione
di Bruxelles e il territorio fiammingo. La separazione del Paese in quattro aree linguistiche,
avvenuta negli anni ‘60, aveva infatti spinto il legislatore a stabilire un regime eccezionale per
alcuni Comuni di frontiera nei quali erano presenti consistenti minoranze linguistiche, anche
se il sistema del ritaglio delle circoscrizioni non era vincolato a criteri linguistici, né doveva
essere adattato ai nuovi confini amministrativi. Con l'adozione del criterio “provincialistico”
nel 2002, invece, l'arrondissement Bruxelles-Hal-Vilvorde costituiva un'eccezione
ingiustificata poiché il territorio della circoscrizione brabantina non coincideva con quello di
una Provincia. Il legislatore aveva poi stabilito delle eccezioni nel sistema degli
apparentamenti (che vengono definiti a livello provinciale) e della distribuzione dei seggi che
non avrebbe permesso, agli elettori fiamminghi della circoscrizione del Brabante fiammingo
9 Gli elettori fiamminghi potevano votare per le liste del collegio neerlandese, i francofoni per le liste del
collegio vallone e gli elettori residenti nella circoscrizione di Bruxelles-Hal-Vilvorde potevano votare per le liste
dell'uno o dell'altro collegio.
10 Lo stesso primo ministro di allora, Leo Tindemans, aveva proposto di adottare un collegio unico
nazionale per le elezioni del Parlamento europeo. Si vedano D. SINARDET, “Le projet de circonscription
électorale fédérale”, Courrier hebdomadaire du CRISP, n. 2142, 2012, p. 12; P. DELWIT, “Au bonheur de la
fédération, la circonscription fédérale”, Bruxelles, Centre d'études de la vie politique, 2012.
11 Ibidem, p. 16.
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(Lovanio), collegata a BHV, di ottenere con sicurezza tutti i seggi spettanti (sette in totale)
alla circoscrizione fiamminga.
Nel 2012 si è provveduto dunque alla scissione dell'arrondissement elettorale di BHV: ciò ha
lasciato emergere nuovamente l'ipotesi di una circoscrizione unica federale, stavolta intesa
però come strumento di riunificazione istituzionale, posto che con la separazione della
circoscrizione brabantina il legislatore aveva tagliato l'ultimo ponte di raccordo tra le due
comunità, mettendo in serio pericolo l'unità nazionale12
.
La sovrapposizione delle elezioni per la Camera dei Rappresentanti e per il Parlamento
Europeo, ormai fissata in Costituzione, si rivela a tal punto interessante, sotto alcuni profili.
Da un lato, l'effetto “nazionale” delle elezioni per la Camera dei Rappresentanti potrebbe
ridurre la tensione “campanilistica” che caratterizza solitamente le elezioni europee, e favorire
così i partiti “centralisti” a discapito delle formazioni comunitarie o estremiste. Dall'altro, al
contrario, l'effetto “europeo” potrebbe spingere gli elettori a insistere sul voto “di pancia”,
determinando così una nuova vittoria delle frange estremiste (intese tanto sull’asse destra-
sinistra quanto sul piano centro-periferia).
I risultati delle elezioni del prossimo 25 Maggio saranno dunque decisivi per il futuro del
Paese: se verranno confermati i risultati elettorali delle politiche del 2010, con un partito
antisistema in testa, il sistema istituzionale potrebbe entrare in una nuova fase di crisi, a quel
punto fatale per le sorti del Paese. Al contrario, un ritorno delle forze “unitarie” potrebbe
portare ad una seria riforma dell’impianto federale, con un ritorno all’unità nazionale che
potrebbe tradursi, sul piano elettorale, con un progressivo abbandono del metodo
proporzionale ovvero con l'introduzione di alcuni meccanismi in grado di marginalizzare
definitivamente le forze localistiche anti-sistema.
2. Il sistema elettorale belga del 1831
L'11 Ottobre 183013
il Governo provvisorio del Belgio indipendente emanò un'ordinanza con
la quale venivano stabiliti i criteri per l'elezione dei 200 deputati del Congresso Nazionale,
l'assemblea che si sarebbe occupata di redigere una Costituzione per il nascente Regno del
Belgio. Il sistema elettorale adottato per il Congresso Nazionale si rifaceva in gran parte al
12 Ibidem, pp. 43 e ss.
13 Vedi C. BEHRENDT, F. BOUHON, “Introduction à la Théorie générale de l'État”, Bruxelles, Édition
Larcier, 2009.
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sistema per l'elezione della seconda Camera degli Stati generali del Regno dei Paesi Bassi,
Regno da cui il Belgio si era distaccato in seguito alla rivoluzione del 25 Agosto 183014
.
Il Governo provvisorio riprendeva in particolare, dal modello olandese, un duplice criterio per
l'accesso al diritto di voto: da un lato la base del diritto di voto era determinata dal “censo” –
stabilito in misura variabile da 150 a 13 fiorini in base all'importanza e al benessere delle
varie località – e, dall'altro, dal criterio della cosiddetta “capacità presunta” che assegnava il
diritto di voto ai magistrati, ai ministri dei culti, agli ufficiali superiori fino al grado di
capitano e ai laureati15
. Il sistema era così estremamente selettivo: su una popolazione di circa
4 milioni e mezzo di anime, solo 46.099 cittadini avevano diritto di voto – 38.429 in base al
censo e 7.670 in base ai criteri capacitari16
.
In mancanza di veri e propri partiti politici, le prime elezioni della storia del Belgio
indipendente furono dominate da tre grandi correnti ideologiche: la corrente cattolica, quella
liberale ed il gruppo dei cosiddetti “unionisti”, composto da liberali e cattolici moderati. Il
dibattito sulla scelta del sistema elettorale da adottare per la futura assemblea legislativa del
Belgio indipendente fu incentrato principalmente su tre questioni: a) i criteri di accesso al
diritto di voto; b) i criteri di eleggibilità dei parlamentari; c) la strutturazione dell'assemblea
legislativa.
Nel corso dei lavori emerse così una spaccatura tra “democratici” e “conservatori”: i primi
erano fautori di un sistema monocamerale con elezione diretta di tutti i deputati; i secondi
erano invece a favore di un sistema bicamerale con un Senato composto da membri nominati
direttamente dal Re. Alla fine si giunse ad un compromesso, con l'adozione di un
bicameralismo con elezione diretta dei membri di entrambe le Camere, ma con l'introduzione
di criteri di eleggibilità per il Senato più stringenti rispetto a quelli stabiliti per la Camera
bassa.
Il Congresso Nazionale decise di inserire in Costituzione i criteri relativi all'accesso al diritto
di voto e all'eleggibilità di deputati e senatori, lasciando invece al legislatore piena libertà
sulla scelta del meccanismo di ripartizione dei voti in seggi. Per entrambe le Camere, il
14 Per una disamina storico-politica delle vicende che portarono all'indipendenza del Belgio si veda X.
MABILLE, “Nouvelle Histoire Politique de Belgique”, Bruxelles, CRISP, 2011.
15 “Sont également électeurs, sans qu'il soit exigé d'eux aucun cens électoral, et pourvu qu'ils remplissent
les deux premières condition de l'article 3, les conseillers de cours, juges des tribunaux, juges de paix, les
avocats, avoués, notaires, les ministres des différents cultes, les officiers supérieurs, jusqu'au grade de capitaine
inclusivement, les docteurs en droit, en science, en lettres et philosophie, en médecine, chirurgie ou
accouchement”, in E. HUYTTENS, “Discussion du Congrès national de Belgique 1830-1831: Pièces
justificatives”, Bruxelles, Société Typographique Belge, IV Tomo, 1844.
16 Dati ripresi da J. B. PILET, “Changer pour gagner? Les réformes des lois électorales en Belgique”,
Bruxelles, Editions de l'Université de Bruxelles, 2007, p. 18.
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Congresso stabilì, in maniera esclusiva, il principio del “diritto di voto censuario riservato
agli uomini”17
. L'abbandono del criterio capacitario – adottato invece per le elezioni del
Congresso Nazionale – scontentava i liberali18
anche se questi ultimi furono compensati
dall'adozione di un livello minimo di censo superiore a quello stabilito per l'elezione del
Congresso Nazionale: il pagamento di un censo avrebbe garantito, a parere dei liberali, la
piena indipendenza tanto economica quanto politica del singolo elettore (essi temevano
soprattutto l'influenza che il clero avrebbe potuto esercitare sulle classi meno abbienti).
L'articolo 47 della Costituzione belga del 7 Febbraio 1831 disponeva così che “la Camera dei
rappresentanti si compone di deputati eletti direttamente dai cittadini paganti il censo fissato
dalla legge elettorale, il quale non può superare i 100 fiorini di imposte dirette, né essere
inferiore ai 20 fiorini”. L'articolo 53 della Costituzione del 1831 stabiliva poi che il Senato
sarebbe stato eletto “dagli stessi cittadini che eleggevano la Camera dei rappresentanti”
anche se sotto altri aspetti le due Camere sarebbero state ampiamente differenziate.
Per quanto attiene l'elettorato passivo, ad esempio, l'articolo 50 della Costituzione elencava,
per i candidati alla Camera, le seguenti condizioni: “1° Essere Belga di nascita o aver
ricevuto la grande naturalizzazione; 2° Godere dei diritti civili e politici; 3° Avere raggiunto
l'età di venticinque anni compiuti; 4° Avere il proprio domicilio in Belgio. Nessun'altra
condizione di eleggibilità può essere richiesta”. Al contrario, l'eleggibilità al Senato veniva
limitata ad una élite piuttosto ristretta, disponendo, l'articolo 56 della Costituzione, che
“Onde poter essere eletto e rimanere senatore, bisogna: 1° Essere Belga di nascita o aver
ricevuto la grande naturalizzazione; 2° Godere dei diritti politici e civili; 3° Essere
domiciliato nel Belgio; 4° Avere almeno quarant'anni; 5° Pagare nel Belgio almeno mille
fiorini di contribuzioni dirette, comprese quelle di patenti. Nelle province, in cui la lista dei
cittadini paganti mille fiorini di contribuzioni dirette non raggiunge la proporzione di una su
seimila anime di popolazione, essa è formata dei maggiori contribuenti della provincia fino a
concorrenza di questa proporzione di uno su seimila”.
17 Si veda J. STENGERS, “Histoire de la législation électorale en Belgique”, in Revue Belge de Philologie
et d'Histoire, Vol. 84, 2004, N. 82-1-2, p. 248: “Cette disposition, lors du vote de la Constitution par le Congrès
National, fut adoptée en une seule séance, pratiquement sans débat de fond. Il y avait accord général, dans
l'optique de l'électorat-fonction pour considérer que le cens était le meilleur critère de l'aptitude électorale. Il
apparaissait comme le meilleur moyen de s'assurer que les électeurs présenteraient les garanties d'ordres (c'est-
à-dire d'attachement à l'ordre établi), de lumières et d'indépendance nécessaires pour remplir leur fonction”.
18 “On ne peut concevoir un plus grand non-sens politique que de n'admettre la qualité d'électeur qu'à
l'aristocratie des richesses et de la refuser au monopole de l'intelligence; comme si un sot qui paie le cens voulu
pouvait jamais être autre chose qu'un sot...”, in ARISTIDE (Conseiller Provinciaux de Hainaut), “Essai Politique:
Des Gouvernements Représentatifs modernes et de leur rapport avec la Belgique en 1847”, Mons, Imprimerie de
Masquillier et Lamir, 1847, pp. 65 – 66.
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Il numero dei deputati era fissato dalla legge elettorale e dipendeva dalla grandezza della
popolazione: l'articolo 49 della Costituzione stabiliva che tale numero non poteva eccedere
“la proporzione di un deputato ogni 40.000 anime”, mentre l'articolo 54 stabiliva che il
numero dei senatori doveva essere “la metà di quello dei deputati”. La Legge del 3 Marzo
1831 fissava il numero dei deputati a 102 e quello dei senatori a 51.
Oltre ai criteri di eleggibilità (democratico per la Camera dei Rappresentanti, censuario per il
Senato) e alle condizioni di età (25 anni per essere eletto deputato, 40 per essere eletto
senatore) deputati e senatori avevano anche differenti mandati temporali. L'articolo 51 della
Costituzione stabiliva infatti che i deputati sarebbero stati eletti per quattro anni e rinnovati
per metà ogni due anni, mentre l'articolo 55 disponeva che i senatori sarebbero stati eletti per
otto anni e rinnovati per metà ogni quattro anni. La legge elettorale del 1831 rinviava a sua
volta ad una serie di leggi, definite “speciali”, ovvero la Legge del 10 Aprile 1835 e la Legge
del 3 Giugno 1839, la definizione dei criteri per la determinazione delle liste dei senatori e dei
deputati da eleggersi nelle elezioni di medio termine.
Per quanto riguardava l'accesso al diritto di voto, come visto, l'unico criterio adottato fu
quello del censo: il costituente pose tuttavia dei limiti al legislatore, fissando il minimo di
censo a 20 fiorini (anziché 13 come nel sistema elettorale adottato per l'elezione del
Congresso Nazionale) ed un tetto massimo di 100 fiorini (anziché 150)19
. Il legislatore poteva
dunque stabilire il censo in maniera non necessariamente uniforme su tutto il territorio del
Belgio ma doveva tenere conto dei limiti stabiliti dal costituente20
. In effetti, il legislatore
interpretò questa norma nel senso di poter variare la misura del censo in base alle “condizioni
fiscali” della varie località, allo stesso modo con cui si era proceduto al momento
dell'applicazione della disciplina elettorale per il Congresso Nazionale, anziché fissare un
censo uniforme per tutto il Paese.
19 L'articolo 1, comma 3, della Legge elettorale del 3 Marzo 1831 stabiliva, infatti, tra i criteri per essere
elettore: “Verser au trésor de l'Etat la quotité de contributions directes, patentes comprises”. Per contribuzioni
dirette si intendevano: 1) imposte sul patrimonio fondiario; 2) le contribuzioni personali, compresa quella
derivante dall'imposta sul valore locativo, immobiliare, sulle porte e le finestre, sul focolare, sui domestici e sui
cavalli; 3) l'imposta professionale (c.d. patente); 4) le rendite fisse e proporzionali di derivazione mineraria. Il
pagamento di una contribuzione formante il censo necessario per l'acquisizione del diritto di voto era permessa
anche al di là del possesso dei beni imponibili (ad esempio, si poteva pagare un contributo “sui cavalli di lusso”
pur non possedendo cavalli). In J. B. BIVORT, “Loi électorale de la Belgique”, Bruxelles, Librairie de Deprez-
Parent, 1841, pp. 8 e 9, trad. mia.
20 La ragione della scelta di un tetto massimo oltre il quale il legislatore non potesse salire e una soglia
minima oltre la quale non discendere, risiedeva da un lato nella volontà di non rendere il sistema eccessivamente
selettivo e, dall'altro, dalla necessità di riservare il diritto di voto solo a chi potesse dimostrare un minimo di
“indipendenza economica”. Si veda L. ARNAUD, “La révision belge, 1890-1893”, Paris, Pedone – Bruxelles,
Société belge de librairie, 1894, p. 28.
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Il legislatore definì così, con la Legge del 3 Marzo 1831, un tasso variabile per le grandi città
e un tasso minimo per le campagne in ciascuna Provincia21
. Con la Legge del 1o Aprile 1843,
il legislatore stabilì poi che “i centesimi addizionali riscossi dalle province e dai comuni non
sarebbero stati conteggiati al fine della formazione del censo elettorale e che le imposte
fondiarie e sulle rendite minerarie dovevano essere pagate nei due anni precedenti la tornata
elettorale”22
. L'ampiezza e il tipo di elettorato dipendevano quindi dalle modulazioni che il
legislatore operava sulla legislazione fiscale oltre che dalle modalità di determinazione del
censo elettorale fissate nella Legge elettorale (nel 1831, il censo venne quasi esclusivamente
calcolato sulle imposte fondiarie, avvantaggiando così i soli proprietari terrieri).
La legge elettorale del 1831 poneva in essere un sistema piuttosto restrittivo, poiché
concedeva il diritto di voto solo a 45.000 cittadini, pari a un centesimo della popolazione del
Belgio del 1831: di questi 45.000 cittadini, solo 400 potevano votare per il Senato. Tuttavia,
la mancanza di ulteriori criteri di carattere “elitario” lo rendevano “abbastanza democratico in
riferimento alle esigenze dell'epoca in cui fu attuato ed allo sviluppo della coscienza politica
dei cittadini”23
.
Gli elettori venivano iscritti in liste permanenti, da rinnovarsi annualmente24
in ciascun
Comune25
e dovevano recarsi nel capoluogo del distretto amministrativo del proprio domicilio
per esprimere il voto anziché nel Comune di domicilio26
– condizione che spesso costringeva
a notevoli spostamenti e che di certo non favoriva la partecipazione elettorale (nel 1843
parteciparono alle elezioni solo il 14% degli aventi diritto voto)27
.
21 Ad esempio, nella Provincia di Anversa il censo per le campagne era di 30 fiorini, per Anversa (città)
80 fiorini, Malines 40 fiorini, Lierre e Turnhout 35 fiorini. Si veda, per la lista completa, J. B. BIVORT, op. cit.,
pp. 40 e ss..
22 In L. ARNAUD, op. cit., pp. 28 e 29, trad. mia.
23 In D. DE COCCI, “La legislazione elettorale belga”, Firenze, G. C. Sansoni, 1946, p. 11. Jean-Baptiste
Bivort scriveva a tal proposito, già ne 1841, in merito ad alcune proposte relative all'allargamento del suffragio:
“Les auteurs de la réforme la veulent largement conçue; mais n'oublions pas que, pour marcher dans la voie
qu'ils semblent vouloir tracer, il faut que les masses soient éclairées, c'est-à-dire qu'elles connaissent et
comprennent leurs devoirs, afin qu'elles soient capables de bien choisir leur représentants. Sans cela, l'intrigue
usurpera le droit de l'élection, et l'ignorance coopérera à la confection des lois”, in J. B. BIVORT, “Loi
électorale de la Belgique”, Bruxelles, Librairie de Deprez-Parent, 1841, p. vi.
24 L'articolo 6 della Legge del 3 Marzo 1831 disponeva infatti che “La liste des électeurs est permanents,
sauf les radiations et inscriptions qui peuvent avoir lieu lors de la révision annuelle”.
25 Articolo 7 della Legge del 3 Marzo 1831.
26 Articolo 19 della Legge del 3 Marzo 1831. Il collegio elettorale non poteva eccedere i 400 elettori. Se vi
erano più di 400 aventi diritto voto in uno stesso collegio, si ripartiva il collegio in varie sezioni, ciascuna delle
quali non inferiore ai 200 elettori. Ogni frazione poteva essere ripartita per cantoni, comuni o frazioni di comuni
a seconda dell'ampiezza del collegio.
27 In J. B. PILET, op. cit., p. 23.
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Il meccanismo di trasformazione dei voti in seggi adottato dal legislatore del 1831 fu quello
maggioritario28
: si trattava però di un sistema maggioritario variabile in ordine all'ampiezza
delle circoscrizioni elettorali29
. Le circoscrizioni ricalcavano la suddivisione amministrativa
antecedente al 1830, pertanto ciascun “arrondissement” elettorale corrispondeva ad un
“arrondissement” amministrativo anche se per i senatori ci si doveva rifare a circoscrizioni
più ampie poiché in alcuni distretti si eleggeva un solo deputato – in tal modo in alcuni
distretti i senatori venivano votati a turno30
. Nei distretti in cui si eleggeva un solo deputato,
veniva adottato lo scrutinio uninominale, mentre in tutti gli altri casi si procedeva con lo
scrutinio di lista (si trattava di un meccanismo simile a quello poi adottato nel Regno d'Italia
nel 1882, con la Legge del 7 Maggio 1882, n. 72531
).
Il sistema per le circoscrizioni plurinominali era un sistema a doppio turno eventuale in cui
sarebbero risultati eletti tutti i candidati che avessero ottenuto al primo turno la maggioranza
assoluta dei voti. La possibilità per più candidati di ottenere la maggioranza assoluta in uno
stesso distretto era data dal fatto che il calcolo dei voti si effettuava sul singolo candidato e
l'elettore poteva esprimere più preferenze, indicando tanti nomi quanti fossero i seggi
assegnati al suo distretto32
. In mancanza di “partiti” veri e propri, ogni elettore poteva indicare
i nomi di candidati legati a correnti ideologiche diverse, effettuando così un “panachage”.
Nel caso in cui non tutti i seggi fossero stati assegnati al primo turno, ai sensi dell'articolo 36
della Legge elettorale del 1831 si sarebbe proceduto al ballottaggio tra i candidati che
avevano ottenuto il maggior numero dei voti al primo turno. Il numero dei candidati ammessi
al ballottaggio era pari al doppio del numero dei seggi da assegnare. In caso di parità al primo
turno tra due candidati ammissibili al ballottaggio, si preferiva il candidato più anziano di
età33
. Nel secondo turno veniva adottata la regola della maggioranza relativa dei voti (“plus
des voix”)34
.
28 Articolo 35 della Legge del 3 Marzo 1831: “Nul n'est élu au premier tour de scrutin, s'il ne réunit plus
de la moitié des voix”. Il sistema maggioritario era invero l'unico metodo elettorale adottato in Europa all'epoca:
i sistemi proporzionali verranno elaborati infatti solo nei decenni successivi. Il metodo del divisore comune fu
elaborato proprio da un matematico belga, Viktor D'Hondt, e adottato in Belgio, come vedremo, nel 1899.
29 Vedi J. BEAUFAYS, “La représentation proportionnelle en Belgique”, in Pouvoirs, n. 32, 1985, p. 51.
30 Il territorio belga venne suddiviso pertanto in 41 collegi elettorali. Dei 102 deputati e 51 senatori, la
Provincia di Anversa eleggeva 9 deputati e 4 senatori, il Brabante 14 deputati e 7 senatori, la Fiandra
Occidentale 15 deputati e 8 senatori, la Fiandra Orientale 18 deputati e 9 senatori, Hainaut 15 deputati e 7
senatori, Liegi 9 deputati e 5 senatori, il Limburgo 9 deputati e 4 senatori, il Lussemburgo 8 deputati e 4 senatori,
Namur 5 deputati e 3 senatori. In diciassette distretti si eleggeva un solo deputato (Furnes, Ostenda, Dixmude,
Eekloo, Thuin, Huy, Waremme, Bastogne, Marche, Neufchâteau, Virton, Diekirch, Grevenmacher, Aarlon,
Lussemburgo, Philippeville e Dinant) mentre negli altri si eleggevano da due a sette deputati.
31 Si veda a tal proposito R. BONGHI, “Lo scrutinio di lista”, Nuova Antologia, 1891, pp. 231-250.
32 Vedi J. STENGERS, op. cit., p. 256.
33 L'ultimo comma dell'articolo 36 della Legge 1831 era in realtà piuttosto controverso, dal momento che
non stabiliva se la scelta tra il candidato più anziano attenesse il risultato del secondo scrutinio oppure i risultati
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E' necessario sottolineare che il tipo di scheda elettorale adottato tra il 1831 e il 1877, non
conteneva alcun nome prestampato, pertanto l'elettore ricopiava spesso la lista dei nomi
suggerita direttamente dal “partito” e vi era la possibilità, come visto, di scrivere i nomi di
candidati appartenenti a correnti ideologiche differenti. Questo sistema permetteva così ai
“partiti” di garantirsi un elevatissimo livello di disciplina da parte dei propri elettori – la
possibilità di controllare i voti era facilitata altresì dal fatto che non si votava all'interno di
cabine elettorali – mentre il meccanismo di conteggio dei voti era estremamente semplice, dal
momento che bastava sommare il numero di volte in cui il nome del singolo candidato
compariva sulle schede e poi verificare se questo avesse raggiunto o meno la maggioranza
richiesta.
Per quanto riguarda i livelli locali, il legislatore ordinario stabilì, con la Legge del 30 Aprile
1836, relativa alle elezioni dei consigli provinciali e comunali, il criterio del censo
differenziato, sebbene la Costituzione non irreggimentasse affatto i criteri di determinazione
dell'elettorato locale35
, “contentandosi di consacrare soltanto il principio dell'elezione
diretta”36
. Ciò permetteva al legislatore di muoversi liberamente nella determinazione dei
criteri di accesso al diritto di voto a livello locale ed in tal senso, le modifiche intervenute tra
il 1836 e il 1895 saranno prese a modello per le successive revisioni del sistema elettorale per
le Camere.
Per il sistema elettorale nazionale occorreva infatti procedere ad una revisione della
Costituzione ed in particolare dell'art. 47: si richiedeva in tal senso una maggioranza più
ampia di quella richiesta per la semplice legge ordinaria, senza contare che il processo di
revisione costituzionale avrebbe comportato, ai sensi dell'art. 131 della Costituzione, lo
scioglimento anticipato delle Camere – condizione che disincentivava i partiti dall’avviare la
procedura di revisione.
del primo turno in funzione dell'ammissione al ballottaggio. A tal proposito, numerose contestazioni furono
levate nei casi di parità tra candidati ammissibili, come avvenne ad esempio nel distretto di Termonde, in Fiandra
orientale, dove si eleggevano due deputati e dove fu spesso contestata la poca chiarezza della norma in
questione. Si veda, ad esempio Chambre des Représentants, Seduta del Venerdi 15 Novembre 1839, in Moniteur
Belge, n. 320 du 16 Novembre 1839.
34 Articolo 36 della Legge del 3 Marzo 1831.
35 “La différence de l'électorat aux conseils provinciaux et communaux n'était pas régi par la loi
constitutionnelle. Cette considération, jointe à certaines autres, comme les raisons qui militent en faveur d'une
distinction entre les trois collèges électoraux, quant aux conditions d'inscription à exiger des citoyens, nous
permettent de comprendre que la réforme de l'électorat aux assemblées locales ait été posée la première, devant
l'opinion publique et que, jusqu'au vote de la proposition Nyssens, au mois d'avril 1893, un parti politique, en
Belgique, se soit obstinément cantonné sur le terrain de l'extension aux assemblées législatives des lois relatives
à l'électorat communal et provincial”. In L. ARNAUD, op. cit., p. 21.
36 Vedi D. DE COCCI, op. cit., p. 12.
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Nel 1848, il legislatore operò, a Costituzione invariata, una variazione dei livelli di censo sia
per le Camere che per gli organi locali. Con la Legge del 12 Marzo 1848, il primo Governo
monocolore liberale del Belgio stabilì un censo uniforme per tutto il territorio belga, fissato al
livello minimo indicato dalla Costituzione (20 fiorini) per l'elezione delle Camere e dei
Consigli provinciali. La revisione era stata dettata dalla necessità di evitare che i moti parigini
del 1848 si riflettessero nel Paese in maniera devastante – il Belgio aveva raggiunto
l'indipendenza nel 1830 e la sua personalità giuridica internazionale era stata pienamente
riconosciuta solo nel 1839, senza contare che una parte della piccola borghesia francofona
sperava ancora di riannettere le Province belghe alla Francia37
. A livello comunale, invece, la
Legge del 31 Marzo 1848 stabilì la soppressione dei cinque gradini superiori delle scale
stabilite per la determinazione del censo nella Legge del 1836: il criterio censuario
differenziale sopravvivrà nella legislazione elettorale comunale fino al 1871.
3. Le modifiche della legislazione elettorale tra il 1848 e il 1893
Le prime concrete proposte di revisione della legge elettorale per le Camere provennero
soprattutto dalla parte “avancée” del Partito liberale, la prima formazione politica in Belgio a
dotarsi di una “organizzazione di partito strutturata”38
. Il Congresso dei liberali del 1846
deliberò, anche al fine di ripristinare l'unità di un Partito ormai spaccato tra la corrente dei
doctrinaires (conservatori) e quella dei radicaux (progressisti), un nuovo programma nel
quale furono comprese anche una serie di proposte di revisione del sistema elettorale per le
Camere.
Tra le proposte avanzate dai progressisti figurava la richiesta dell'abbassamento uniforme del
censo al minimo fissato in Costituzione ma solo per i cittadini chiamati a esercitare la
funzione di giurì39
. Altri invece intendevano stabilire differenti criteri capacitari, chi
domandando il diritto di voto per tutti coloro che “sapessero leggere e scrivere”40
, chi
chiedendo di allargare il suffragio ad alcune categorie di professionisti.
37 Vedi D. DE COCCI, “La Costituzione belga”, Firenze, G. C. Sansoni, 1946, p. 8.
38 Fu, Théodore Verhaegen, nel 1840, a dar vita ad un'associazione politica (liberale) permanente, la prima
della storia del Belgio. Vedi J. STENGERS, “Histoire de la législation électorale en Belgique”, in Revue Belge de
Philologie et d'Histoire, Vol. 84, 2004, N. 82-1-2, p. 250.
39 I conservatori, come Frère-Orban temevano invece che con l'abbassamento del censo, l'elettorato
sarebbe stato dominato dal clero e dai proprietari cattolici: “En abaissant le cens, s'écriait Frère-Orban dans une
intervention fameuse au Congrès libéral de 1846, vous aurez 'non pas des électeurs, mais des serviteurs, des
gens soumis à la domination d'autrui'. La domination que les libéraux redoutaient avant tout était évidemment
celle du Clergé et celle des grands propriétaires catholiques”, ibidem, p. 248.
40 In J. B. PILET, op. cit., p. 22.
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Nel 1848, la Camera e il Senato, a maggioranza liberale, approvarono “quasi
improvvisamente” una riforma della legge elettorale per le Camere: si trattava della Legge del
12 Marzo 1848 con la quale si estendeva il diritto di voto a “tutti i Belgi che pagavano almeno
20 fiorini di imposte” (circa 110.000 cittadini in totale, pari all'1,77% della popolazione)41
. Il
progetto di legge fu presentato il 28 Febbraio e adottato senza grandi resistenze nemmeno due
settimane dopo: il Governo guidato dal liberale Charles Rogier aveva cercato di affrettare i
tempi, nel timore che i moti francesi del 24 Febbraio 1848 risvegliassero il malcontento di una
parte della borghesia belga, compromettendo così la stabilità del Paese. La riforma elettorale
fu anzi accompagnata da una serie di riforme fiscali42
che avrebbero permesso a nuove
categorie di contribuenti di entrare a far parte del corpo elettorale (fino ad allora, come visto,
erano soprattutto coloro che pagavano imposte fondiarie ad essere ricompresi nel calcolo del
censo elettorale).
Una parte dei liberali poteva dirsi comunque soddisfatta della riforma: con la nuova legge
elettorale si abbandonava definitivamente il criterio del censo differenziale anche se non
veniva stabilito alcun criterio capacitario. Il diritto di voto veniva “esteso a nuovi elementi
della classe borghese, ma non [venne] concesso alle masse popolari, che ancora [non
avevano] la coscienza della forza consistente del numero e tarderanno almeno qualche
decennio a formulare le loro rivendicazioni nel campo del suffragio universale”43
.
I limiti della lotta per l'allargamento del suffragio erano derivati in buona sostanza non solo
dalla scarsa percezione dell'identità di classe da parte degli operai, ma anche dalla generale
convinzione “dell'intoccabilità” della Costituzione belga, il cui testo rimarrà anzi immutato
fino al 1893 – e, come visto, una modifica dei criteri per l'accesso al diritto di voto per le
Camere avrebbe implicato una revisione del dettato costituzionale.
Tra il 1864 ed il 1871, in assenza di maggioranze parlamentari sufficientemente ampie per
procedere ad una revisione della Costituzione, le battaglie per l’estensione del suffragio
raccolsero i maggiori frutti solo nel campo della legislazione elettorale locale44
. Nel 1864, il
41 “En 1848, d'un coup, pour donner satisfaction à la petite bourgeoisie des villes, dont il fallait éviter à
tout prix qu'elle ne subisse éventuellement la contagion de la France de la révolution de février, le cens sera
abaissé dans l'ensemble du pays à son minimum constitutionnel de 20 florins”, in J. STENGERS, op. cit., p. 249.
42 Poiché l'accesso al diritto di voto era legato al criterio del censo, il sistema elettorale era estremamente
sensibile alle riforme fiscali. Nella seconda metà del XIX Secolo, ad esempio, con l'introduzione di una tassa
sulla vendita delle bevande alcooliche, il diritto di voto fu esteso ai proprietari di rivendite all'ingrosso di
bevande alcooliche (i cosiddetti cabaretiers). La riforma ebbe un impatto tale che un elettore su otto sarebbe
appartenuto, da quel momento in poi, a quella categoria e ciò avrebbe avuto una ripercussione notevole sui
risultati elettorali, dato che la quasi totalità dei cabaretiers votava per i candidati del Partito Liberale. I cattolici
eliminarono l'imposta nel 1870, proprio al fine di togliere ai liberali una fetta consistente del loro elettorato. Ivi.
43 Vedi D. DE COCCI, op. cit., p. 13.
44 Si veda L. ARNAUD, op. cit., pp. 29 e 30.
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deputato Deschamps aveva presentato alla Camera un progetto di legge in cui si reclamava
l'abbassamento del censo per le elezioni comunali e provinciali al di sotto della soglia minima
fissata in Costituzione e l'anno seguente, Jules Guillery depose alla Camera una proposta di
legge per l'abbassamento del censo a 10 fiorini per gli elettori provinciali e comunali “sachant
lire et écrire”. Il movimento per l'estensione del suffragio raccolse adesioni non solo tra i
liberali, ma anche di una parte minoritaria dei cattolici e, soprattutto, dai primi gruppi marxisti
– questi ultimi richiedevano invece l'adozione del suffragio universale a tutti i livelli.
Il Governo liberale guidato da Charles Rogier prese in considerazione la proposta di Guillery
adottando, nel 1865, un projet ministériel nel quale però si faceva riferimento non a tutti
coloro che “sapessero leggere e scrivere” ma solo a chi avesse frequentato almeno “tre anni di
un corso di insegnamento di scuola media”45
. Il progetto fu tramutato in legge solo cinque
anni più tardi: la Legge del 30 Marzo 1870 riduceva della metà il censo provinciale e
comunale e allargava il suffragio a chi fosse dotato di un'istruzione “risultante da tre anni di
studio in una scuola media”. Tuttavia, la legge del 1870 non fu mai attuata, poiché il
legislatore cambiò ancora una volta direzione, adottando, l'anno seguente, una nuova legge
elettorale per le province e per i comuni, la Legge del 12 Giugno 1871, con la quale si
abbandonava nuovamente il criterio capacitario e si introduceva invece un nuovo sistema
esclusivamente censuario ed uniforme di 20 fiorini per le elezioni provinciali e di 10 fiorini
per quelle comunali. L'età per accedere al diritto di voto veniva poi abbassata da 25 a 21 anni.
Il criterio capacitario per le elezioni provinciali e comunali verrà ripristinato nel 1883, con la
Legge del 18 Agosto 1883: “un certo numero di cittadini 'capacitari', appartenenti anche alla
classe operaia, poté finalmente votare nelle province e nei comuni senza il possesso di alcuna
condizione di censo, ricoprendo determinate cariche o esercitando determinate professioni, o
anche avendo superato uno speciale esame”46
.
Con un censo inferiore ai 20 fiorini (per i comuni) e con l'introduzione di alcune categorie di
capacitari, il sistema elettorale per i comuni e le province era decisamente più democratico di
quello adottato per le Camere: alle elezioni del 1875–1876, gli aventi diritto voto per le
elezioni legislative erano solo 114.000, mentre quelli per le lezioni provinciali 225.000 e
quelli per le comunali 359.00047
.
Nel 1871, tuttavia, nel corso della discussione per la riforma della legge per le elezioni
provinciali e comunali, venne presentata, alla Camera, una proposta di revisione della
45 In ibidem, p. 36.
46 In D. DE COCCI, op. cit., p. 14.
47 Dati ripresi in J. STENGERS, op. cit., p. 249.
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Costituzione. La proposta concerneva l'art. 47 della Costituzione, sull'elettorato politico, e gli
artt. 53 e 56 della Costituzione, sulla composizione del Senato e sull'eleggibilità dei senatori.
La proposta fu respinta, con 73 voti contrari e 23 favorevoli di cui 3 cattolici.
Nel 1877 un gruppo di deputati guidati dal liberale progressista Paul Janson, propose
nuovamente “la revisione degli artt. 47, 53 e 56 della Costituzione, domandando non già il
suffragio universale, ma soltanto la decostituzionalizzazione delle condizioni della capacità
elettorale in generale e dell'eleggibilità al Senato, come premessa per l'estensione del
suffragio”48
. Nello stesso anno venne adottata, con l'appoggio del Governo guidato dal
cattolico Jules Malou, una nuova legge, la Legge del 9 Luglio 1877, con la quale veniva
adottato il principio della segretezza del voto e si introducevano nel sistema la cabina
elettorale (isoloir) ed un nuovo tipo di scheda.
Come visto, fino al 1877 si utilizzava una scheda essenzialmente “bianca” in cui l'elettore
scriveva direttamente i nomi dei candidati che intendeva votare: dal 1877 si cominciò invece
ad utilizzare una scheda prestampata che conteneva i nomi dei candidati e una casella per il
partito (case de tête), posta in cima alla lista. Con la scheda adottata nel 1831 non era infatti
garantita la segretezza del voto, potendosi verificare tanto la calligrafia degli elettori quanto
la fedeltà degli stessi, attraverso un controllo diretto della scheda al momento del voto (non si
votava all’interno di cabine elettorali)49
.
La scheda elettorale adottata nel 1877 conteneva i nomi prestampati dei candidati di ogni lista
e una casella di testa (case de tête) per ciascuna lista: l'elettore poteva pertanto votare sia per
la lista, annerendo la case de tête, sia indicare una preferenza per uno o più candidati presenti
nella lista ed effettuare anche un “panachage” ovvero segnare la case de tête di una lista e
dare contemporaneamente la preferenza al candidato di un'altra lista (ciò avveniva molto
raramente). Votare per tutta la lista, annerendo la case de tête, significava assegnare un voto a
ciascun candidato presente nella lista: pertanto il totale dei suffragi di ciascun candidato era
dato dalla somma dei voti ottenuti dalla lista (“pot commune”) più le rispettive preferenze.
Con l'introduzione della case de tête il potere del partito nella selezione dei candidati
aumentava considerevolmente, mentre il significato delle elezioni passava da un criterio di
tipo “personalistico” ad uno di tipo “ideologico”: non si votava più per i singoli ma per i
“candidati di partito”, ovvero per il partito medesimo (in case de tête – quest’ultima soluzione
48 Vedi D. DE COCCI, op. cit., p. 16.
49 Si veda V. DE COOREBYTER, “Secret du vote, transparence de l’élection”, Les analyses du CRISP en
ligne, 12 septembre 2013, p. 3.
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semplificava in qualche modo le operazioni elettorali e riduceva il peso delle singole
candidature).
Nel 1883 fu presentata, accanto alla nuova proposta di riforma del sistema elettorale locale,
una nuova proposta di revisione della Costituzione: il progetto di revisione, presentato ancora
da Paul Janson e accompagnato da una petizione di supporto, depositata al termine di una
manifestazione popolare tenutasi a Bruxelles, accolse però solo 11 voti favorevoli ala Camera.
Il Governo, allora guidato dal liberale Frère-Orban, al fine di evitare una rottura definitiva con
la corrente radicale del suo partito, propose dunque una modifica della legge elettorale per i
consigli locali: la Legge del 25 Agosto 1883 introduceva, come visto, alcuni criteri capacitari
che andavano incontro alle richieste dei progressisti.
Tra il 1883 e il 1890 fu presentata ancora una volta una proposta di revisione degli artt. 47, 53
e 56 della Costituzione, ma la situazione politica era cambiata rispetto al 1883: i cattolici
infatti avevano trionfato alle elezioni del Giugno 1884, formando un governo monocolore
guidato da Jules Malou. Tuttavia, in seguito alle dimissioni dei Ministri Charles Woeste e
Victor Jacobs (rispettivamente Ministro della Giustizia e dell'Interno), il Primo Ministro fu
costretto a cedere il passo ad Auguste Beernaert. Questi dimostrò una maggiore apertura nei
confronti del movimento progressista. Il 14 Luglio 1887 fu presentata nuovamente da Paul
Janson una proposta di revisione dell'articolo 47 della Costituzione e anche in quell'occasione
la proposta fu respinta, con 83 voti contrari e 33 a favore, di cui 2 cattolici. Da quel momento
in poi, tuttavia, il movimento progressista cominciò a compattarsi, accogliendo deputati e
senatori tanto di parte liberale quanto di parte cattolica, oltre che, ovviamente, personalità
della “sinistra avanzata extraparlamentare”50
.
Il 19 Novembre 1890 Janson tentò per l'ennesima volta di far adottare la sua proposta di
revisione degli artt. 47, 53 e 56 della Costituzione. Con grande sorpresa, il 10 Marzo 1891 il
Primo Ministro Beernaert si dichiarò favorevole a “prendere in considerazione” tale proposta
di revisione (l'approvazione del Governo per le dichiarazioni di revisione è costituzionalmente
50 “Cette formation s'inscrivait dans la lignée de l'éphémère parti ouvrier socialiste belge qui déclarait
dès 1879: 'il [le suffrage universel] rendrait presque impossible la corruption et les fraudes électorales contre
lesquelles échoueront toujours les lois répressives; il donnerait une gamme plus variée et plus étendue
d'opinions à la représentation nationale; il ferait l'éducation politique du peuple; enfin, à une époque où les
esprits les plus distingué s 'effraient des graves conséquences que pourrait amener la question sociale, il
fournirait aux classes laborieuses un moyen légal de revendication et il amènerait pacifiquement les réformes
nécessaires'”, in J. B. PILET, op. cit., p. 22.
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necessaria per la loro definitiva adozione)51
. Beernaert decise di prendere in considerazione la
proposta di Janson poiché agli occhi dei cattolici “la revisione era meglio farla che subirla”52
.
Il 2 Febbraio 1892 la Camera cominciò l'esame delle diverse proposte di revisione
costituzionale: nella proposta Janson era prevista la revisione degli artt. 47, 53 e 56. Il
Governo propose di inserire nella dichiarazione di revisione anche gli artt. 1, 26, 34, 48, 52,
54, 58, 60, 61 e 67. La Camera volle aggiungere anche l'art. 36, al fine di introdurre la
“rielezione per i deputati o i senatori nominati Ministri” mentre il Senato propose di
introdurre nella dichiarazione l’art. 57 al fine di introdurre l'indennità parlamentare anche per
i senatori.
Nel Maggio del 1892 le Camere furono sciolte de jure non appena venne approvata
all'unanimità una proposta congiunta di dichiarazione di revisione. La dichiarazione di
revisione venne poi pubblicata sul Moniteur belge del 23 Maggio 1892: lo scioglimento delle
Camere operava proprio al momento della pubblicazione sul Moniteur, dove era apparsa
anche la replica della dichiarazione di revisione firmata dal Re. Con le nuove elezioni, i
liberali guadagnarono 16 seggi e i cattolici ne persero 2 rispetto al 1890. Le nuove Camere si
riunirono per la prima volta il 12 luglio 1893.
Poiché le dichiarazioni di revisione non devono obbligatoriamente contenere “il tipo di
modifiche” che le Camere costituenti dovranno poi apportare, ma solo l'elenco delle
disposizioni o degli articoli che saranno sottoposti a revisione, nella dichiarazione di revisione
del 23 Maggio 1892 compariva solo l’elenco delle disposizioni costituzionali “aperte a
revisione”. In tal modo, durante i dibattiti parlamentari furono discussi diversi progetti di
riforma: le proposte “andavano dall'applicazione del suffragio universale puro e semplice ad
una revisione del sistema del censo con l'introduzione di quello dell'abitazione”53
. Per quanto
riguarda il Senato, invece, si andava dalla riduzione del censo per l’elettorato passivo fino
all'introduzione di una nuova categoria di senatori nominati direttamente dai Consigli
provinciali.
I cattolici non avevano i numeri né alla Camera né al Senato per adottare, da soli, proposte di
riforma della Costituzione. Tuttavia, le pressioni popolari e gli scioperi agitati dal Partito
Operaio, in particolare quello del 12 Aprile 1893, avevano costretto la maggioranza cattolica
ad affrettare i lavori e a giungere ad un compromesso con il Partito liberale. Pertanto, le
Camere accolsero e approvarono in pochi giorni la proposta presentata dal cattolico Nyssens,
51 Vedi M. VAUTHIER, “The revision of the Belgian Constitution in 1893”, Political Science Quarterly,
Vol. 9, N. 4, Dec. 1894, p. 709.
52 In J. B. PILET, op. cit., p. 23.
53 Vedi D. DE COCCI, op. cit., p. 16.
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con la quale veniva adottato il suffragio universale maschile (richiesto dai liberali
progressisti) temperato dal voto plurimo (richiesto dai cattolici)54
.
Il nuovo art. 47 della Costituzione accordava il diritto di voto per l'elezione della Camera dei
Rappresentanti a tutti i cittadini maschi che avessero compiuto 25 anni (dunque si tornava, su
tale punto, alla disciplina del 1831), che fossero domiciliati nello stesso Comune da almeno
un anno e che non fossero colpiti da uno dei casi di incapacità o indegnità previsti dalla legge.
Il voto plurimo permetteva invece di temperare gli effetti del suffragio universale maschile:
con l'entrata della massa degli operai nel corpo elettorale, il Partito Operaio avrebbe
sicuramente ottenuto un consistente numero di seggi se non proprio la maggioranza dei voti.
Il “voto plurimo” consisteva nell'assegnazione di un voto supplementare “a ciascun cittadino:
a) dell'età di 35 anni, capo di famiglia, pagante un tributo di 5 franchi; b) dell'età di 25 anni
ed avente un minimo di proprietà mobiliare o immobiliare; due voti supplementari furono
attribuiti all'elettore che possedeva un diploma o aveva determinate posizioni sociali.
Nessuno poteva cumulare più di tre voti”55
. Le categorie alle quali fu attribuito un voto
supplementare costituivano più di un terzo dell'elettorato totale56
: il voto plurimo avrebbe
dovuto favorire i cattolici poiché le categorie cui era riservato avrebbero dovuto votare,
generalmente, per il partito conservatore, anche se è difficile stabilire quale partito fosse
maggiormente avvantaggiato dai voti supplementari. In base ai risultati elettorali, il nuovo
sistema elettorale andò sicuramente a favore dei due partiti tradizionali, quello cattolico e
quello liberale.
Il Senato fu riformato sia sul piano della composizione, sia sul piano delle condizioni di
eleggibilità: per quanto riguarda il primo punto, venne introdotta la categoria dei “senatori
provinciali”. Questi ultimi venivano nominati direttamente dai Consigli provinciali per un
numero variabile da due a quattro, in misura dell'ampiezza demografica della Provincia57
. Tali
senatori non erano sottoposti ad alcuna condizione di censo.
Per quanto riguarda invece i criteri di eleggibilità, la proporzione tra candidabili ed abitanti
per Provincia fu abbassata da 1 ogni 6000 ad 1 ogni 5000 abitanti per Provincia. Il censo era
invariato per i senatori eletti ed il numero dei senatori rimaneva la metà di quello dei deputati
54 In E. MAHAIM, “Proportional Representation and the Debates upon the Electoral Question in
Belgium”, Annals of the American Academy of Political and Social Science, Vol, 15 (May, 1900), p. 75.
55 Vedi D. DE COCCI, op. cit., p. 17.
56 Si veda J. STENGERS, op. cit., p. 253.
57 “Les sénateurs provinciaux étaient revendiqués par le conservateurs car, comme l'exprimait le Premier
ministre catholique Beernaert: 'Au second degré, il n'y a plus seulement élection mais sélection. C'est que, entre
des mains moins nombreuses, mieux choisies, grâce à plus de lumières, à plus d'expériences des choses, le
suffrage se purifie et se clarifie; il est exempt de passion, moins susceptible de céder à des entraînements
irréfléchis”, in J. B. PILET, op. cit., p. 24.
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senza contare però i senatori provinciali e i figli maschi maggiorenni del Re i quali, in base al
nuovo articolo 58 della Costituzione, divenivano senatori di diritto (in totale, nel 1894 le
Camere erano composte da 152 deputati e da 102 senatori). L'età per eleggere i senatori,
infine, fu alzata a 30 anni.
La riforma portò di colpo l'elettorato a 1.350.000 unità (nel 1894 gli aventi diritto di voto
erano circa il 22% della popolazione, un salto notevole rispetto al 2% del 1892). I cattolici
riuscirono inoltre a far inserire nel nuovo articolo 48 della Costituzione la clausola del voto
obbligatorio: si trattava di una sorta di garanzia di voto da parte di quelle categorie alle quali
venne concesso il voto supplementare, i cosiddetti “moderati”, meno propensi dei radicali e
dei socialisti, a parere dei cattolici, ad esercitare il diritto di voto58
. Posto il principio
dell'obbligatorietà del voto, si ritenne opportuno organizzare le operazioni elettorali in ciascun
Comune anziché solamente nei capoluoghi dei distretti amministrativi.
Se a livello nazionale si era compiuto un notevole passo in avanti – con l'introduzione del
suffragio universale maschile seppur temperato dal voto plurimo – a livello comunale e
provinciale si avviava invece un processo inverso, addirittura “réactionnaire”, attraverso
l'adozione di criteri più stringenti per l'accesso al diritto di voto. Le Leggi dell'11 Aprile e del
12 Settembre 1895 ammisero all'elettorato comunale “solo i cittadini di età superiore a 30
anni, residenti nel comune da almeno tre anni, ed al primo voto supplementare i padri di
famiglia aventi un censo variabile, a seconda dell'importanza del comune, da 5 a 20 fiorini, e
permisero il cumulo di 4 voti ai grandi proprietari”59
. A livello provinciale il diritto di voto
venne riservato ai cittadini maschi che avessero compiuto 30 anni (la normativa precedente
prevedeva invece, come visto, l'accesso a chi avesse compiuto 21 anni).
Nella controversa legge del 1895 – che introduceva anche l'elezione di “consiglieri comunali
aggiunti” eletti per metà dai padroni e per metà dagli operai – venne introdotto per la prima
volta, per i consigli comunali, un sistema di ripartizione dei seggi di tipo proporzionale: nel
caso in cui il numero dei candidati che riportavano la maggioranza assoluta era inferiore al
numero dei seggi da ricoprire60
, al fine di evitare il ballottaggio, si sarebbero ripartiti
proporzionalmente i seggi, tra le liste che avevano raggiunto un minimo di voti stabilito dalla
legge. Come vedremo, gli effetti dell'allargamento del suffragio nel 1893 e la trasformazione
del sistema politico in senso tripartitico (cattolici-liberali-socialisti) portarono il legislatore nel
1899 all’adozione del sistema proporzionale anche a livello nazionale.
58 Vedi A. NERINCX, “Compulsory Voting in Belgium”, in Annals of the American Academy of Political
and Social Science, Vol. 18 (Sept., 1901), pp. 87-90.
59 Vedi D. DE COCCI, op. cit., p. 18.
60 Vedi E. MAHAIM, op. cit., p. 69.
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4. Il passaggio al sistema proporzionale e il suffragio universale maschile (1899 – 1921)
La seconda metà del XIX Secolo era stata caratterizzata non solo dalla lotta per l'estensione
del suffragio ma anche da un acceso dibattito sui criteri per la ripartizione dei seggi: si
riteneva che un sistema di tipo proporzionale fosse “matematicamente più giusto”61
rispetto al
sistema maggioritario, fino ad allora adottato in Belgio – così come nel resto del Continente62
.
A livello accademico non mancavano i modelli matematici per la ripartizione dei seggi di tipo
proporzionale: “en dix ans de temps, de 1857 à 1867, de nombreux auteurs présentent des
méthodes proportionnelles dans différents pays européens: Thomas Hare, 1857; H. R. Droop,
1857; Antoine Morin à Genève en 1861; Gustav Burnitz et Georg Varrentrapp à Francfort en
1863”63
.
Il sistema maggioritario adottato a livello nazionale in Belgio era viziato infatti da
meccanismi eccessivamente distorsivi: spesso il partito che aveva conseguito meno voti era
riuscito ad ottenere la maggioranza dei seggi e ciò in ragione soprattutto del sistema del
ritaglio delle circoscrizioni che favoriva nettamente i collegi più ampi64
. Il sistema elettorale
in senso stretto non aveva comunque impedito l'alternanza, almeno fino al 1884, ma con
l'introduzione del suffragio universale temperato dal voto plurimo, il Partito cattolico riuscì,
almeno fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, ad ottenere sempre una maggioranza
schiacciante in entrambe le Camere. Fu soprattutto il Partito Liberale a subire maggiormente
gli effetti distorsivi del sistema maggioritario65
, soprattutto dopo l'avvento del Partito Operaio
Belga. Alle elezioni del 1894, i liberali persero più della metà dei seggi alla Camera,
scendendo poi a soli 13 seggi nelle elezioni del 1896 e in quelle del 1898: “pur avendo un
notevole seguito nel paese”66
i liberali ottennero meno seggi dei socialisti, i quali con soli
61 In B. OWEN, “Aux origines de l'idée proportionnaliste”, Pouvoirs n. 32, p. 15.
62 Il Belgio fu il primo Paese europeo ad adottare un sistema proporzionale a livello nazionale. Fino al
1899, infatti, solo l'Inghilterra aveva adottato in alcuni distretti il metodo proporzionale mentre in Svizzera il
metodo proporzionale era adottato solo a livello cantonale. Si veda E. MAHAIM, op. cit., p. 69.
63 In B. OWEN, op. cit., p. 17.
64 “Non solo accadde talvolta che riportò la maggioranza nel parlamento il partito che nel paese era in
minoranza, ma si verificò anche che bastò lo spostamento di alcune centinaia di voti nei più grandi collegi per
far passare la maggioranza parlamentare, e quindi il governo, da un partito all'altro”, in D. DE COCCI, op. cit.,
p. 20.
65 “The first effect of the revision of the constitution was the annihilation from the parliamentary point of
view of the Liberal party. In the chambers elected in 1894, as in 1896 and 1898, the great party of M. Frère-
Orban was reduced to almost nothing. In the senate alone a group of twenty Liberals, counting among them able
leaders, defended with Liberal opinions with much ability, but with little practical effect-the higher chamber
where the Catholic majority is, moreover, always more docile and more homogeneous, not having the habit of
modifying laws which have been voted by the chamber of representatives. In the latter, the six or eight
representatives who called themselves Liberals belonged almost exclusively to the advanced group, which in
many districts had made alliances with the Labor party, so that the opposition was in reality conducted by the
socialists” in E. MAHAIM, op. cit., p. 76.
66 Vedi D. DE COCCI, op. cit., p. 20.
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36.000 voti in più, ottennero 28 seggi nel 1894, 28 alle elezioni del 1896 e 27 seggi in quelle
del 1898 (Vedi Appendice 1).
La scelta di operare una modifica del meccanismo di trasformazione dei voti in seggi, con il
passaggio al metodo proporzionale, metodo come visto fino ad allora mai adottato in Europa a
livello nazionale, fu dettata essenzialmente dal timore67
che il Partito Operaio, ormai di gran
lunga superiore – per numero di seggi conseguiti – a quello Liberale, potesse in qualche modo
contendere il governo ai cattolici: “i più lungimiranti dei cattolici compresero che il paese e
loro stessi non avrebbero avuto nulla da guadagnare dalle rovine del partito liberale,
destinato a svolgere una autonoma ed insostituibile funzione di centro, moderatrice ed
equilibratrice, tra il loro partito e quello socialista”68
.
A livello dottrinale, fu Viktor D'Hondt, Professore a Gand, a proporre un nuovo originale
procedimento elettorale, pubblicando a tal proposito una serie di scritti, tra cui “La
rappresentanza proporzionale dei partiti” e “Un sistema pratico e razionale di
rappresentanza proporzionale”69
. A livello politico, cattolici e liberali intrapresero invece
nuovamente il cammino “unionista” dando vita, nel 1881, alla “Associazione riformista belga
per l'adozione della rappresentanza proporzionale”70
.
Inizialmente, il governo cattolico tentò di introdurre il sistema proporzionale solo in quei
collegi in cui si dovevano eleggere almeno due deputati. Nel 1894 fu presentato alle Camere
un progetto di legge in cui si prevedeva l'adozione del sistema proporzionale per un numero
limitato di collegi (sette, dove i cattolici erano sfavoriti71
) ma le Camere respinsero
nuovamente la proposta governativa.
Solo cinque anni più tardi si giunse finalmente all'adozione, con uno scarto minimo alla
Camera, del metodo proporzionale integrale, ovvero per tutti i collegi, con la Legge del 29
Dicembre 1899. Si trattava di un sistema proporzionale con la concorrenza delle liste e
ripartizione con metodo D'Hondt. Il Partito Liberale guadagnò, grazie al metodo D'Hondt, ben
67 Si veda a tal proposito P. DELWIT, J. GOTOVITCH, “La peur du rouge”, Bruxelles, Editions de
l'Université de Bruxelles, 1996.
68 In D. DE COCCI, op. cit., p. 21.
69 Vedi V. D'HONDT, “La représentation proportionnelle des partis, par un électeur”,Ghent, 1878 e ID.,
“Système pratique et raisonné de représentation proportionnelle”, Bruxelles, Muquardt, 1882.
70 Viktor D’Hondt era tra i fondatori dell’Associazione. Vedi A. MCLAREN CARSTAIRS, “A Short History
of Electoral Systems in Western Europe”, London, Routledge Library Editions, Political Science Volume 22,
2013, p. 50.
71 “Les catholiques, qui détienne seuls le pouvoir depuis 1884 – ils le conserveront sans partage jusqu'à la
première guerre mondiale – sont donc confrontés avec une éventuelle modification. Après avoir tenté d'utiliser à
leur profit la poussée réformiste en organisant une représentation proportionnelle seulement là où il sont
faibles, ils l'instaureront complètement en 1899, au niveau des élections législatives”, in J. BEAUFAYS, op. cit.,
pp. 52 e 53.
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18 seggi alla Camera mentre i cattolici persero 26 seggi, pur mantenendo la maggioranza
assoluta sia alla Camera dei Rappresentanti che al Senato (Vedi Appendice 1).
Le circoscrizioni elettorali furono ridotte da 41 a 30 per la Camera e a 21 per il Senato. La
riduzione dei collegi si rese necessaria proprio per far fronte alle esigenze derivate
dall'adozione del metodo D'Hondt72
: tale metodo comporta infatti una maggiore
proporzionalità all'aumentare dell'ampiezza dei collegi (la massima proporzionalità col
metodo del divisore comune si ha invero in un “collegio unico”). Il metodo D'Hondt non
considera i resti, pertanto, al diminuire dell'ampiezza dei collegi, aumenta il peso di questi
ultimi (ovvero si annulla il peso di quei voti che hanno contribuito a formare quei resti,
aumentando di riflesso la disproporzionalità del risultato finale). L'articolo 5, ai paragrafi H
ed I, della Legge del 29 dicembre 1899, stabiliva che “la ripartizione dei mandati fra le liste
si opera attribuendo a ciascuna di esse tanti seggi quante volte la sua cifra elettorale
comprende [il divisore comune]” e che “quando un seggio spetta a titolo uguale a più liste è
attribuito a quella che ha ottenuto la cifra elettorale più elevata, e, in caso di parità di cifre
elettorali, alla lista in cui figura il candidato la cui elezione è in causa, che ha ottenuto più
voti, o, sussidiariamente, che è più anziano”.
L'elettore non aveva più la possibilità di effettuare un “panachage”, ma poteva votare la lista
(annerendo la case de tête) o i singoli candidati. In tal modo si accentuava ancor di più il
ruolo del partito nella selezione dei candidati e nella determinazione delle liste elettorali ed il
voto di preferenza era pensato solo per dare la possibilità all'elettore di cambiare quell'ordine
(sebbene l'effetto devolutivo della case de tête vanificasse in qualche modo quella scelta).
Con il metodo D'Hondt i partiti maggiori, in particolare quello cattolico, sarebbero stati
maggiormente favoriti (si tenga conto del fatto che il sistema del voto plurimo era rimasto in
vigore). In tal senso, subito dopo l'adozione del sistema proporzionale (nella letteratura belga
indicato con la sigla R. P.), vennero avanzate nuove proposte di legge al fine di porre dei
correttivi al sistema D'Hondt.
Alcuni proposero di utilizzare i resti per eleggere una categoria di deputati supplementari, i
cosiddetti “deputati provinciali”, mentre altri domandarono “l'adozione di un quoziente
72 Il sistema D'Hondt prevede successive divisioni dei risultati di ogni lista, fino al numero dei seggi da
assegnare. Così, se i seggi da assegnare sono 5, si dividono i totali di ogni lista per 1, 2, 3, 4 e 5. Il quinto
maggior quoziente, considerati i quozienti di tutte le liste, viene preso in considerazione come divisore comune. I
resti non vengono conteggiati permettendo, il divisore comune, l'assegnazione di tutti i seggi. La logica del
metodo D'Hondt riposa in tale proporzione matematica: “se vi è un solo seggio da ricoprire è logico assegnarlo
alla lista che ha riportato più voti; se i seggi sono due, il secondo va evidentemente assegnato alla lista che
conta più voti dopo la prima, venendo in seconda linea, a meno che il totale dei suffragi ottenuti dalla prima,
diviso per due, non sia superiore al complesso dei voti della seconda, nel qual caso anche il secondo seggio va
attribuito alla prima lista”, in D. DE COCCI, op. cit., p. 30.
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elettorale uniforme per tutte le circoscrizioni, grandi e piccole, da ottenersi dividendo il
numero totale dei voti per il numero totale dei deputati da eleggere, e l'utilizzazione dei resti
sul piano nazionale, con l'assegnazione dei seggi, sempre da farsi mediante il divisore unico,
ai candidati dei vari partiti non eletti al primo scrutinio, che hanno riportato più voti”73
.
Tuttavia, tra il 1899 e il 1919 la legislazione elettorale non venne modificata74
nonostante le
numerose proposte di revisione e le agitazioni dei movimenti operai, in particolare lo sciopero
generale del 1913. Nel 1916 il Primo Ministro cattolico De Broqueville propose una riforma
in cui si prevedeva l'assegnazione di un solo voto supplementare ai soli padri di famiglia e la
contemporanea abrogazione di ogni altro tipo di voto supplementare75
.
Nel 1918, al termine del conflitto, il Re convocò i rappresentanti di tutte le forze politiche al
fine di giungere ad un compromesso su tre questioni cruciali: la “questione del suffragio”, la
“questione fiamminga” e la “questione scolastica”. I partiti addivennero a quello che viene
storicamente ricordato come “Patto di Loppem”. Si decise di formare un governo tripartito
che deliberò, nell'ordine: un decreto per una nuova riforma in campo scolastico (la cosiddetta
“tregua scolastica”); un decreto con il quale veniva creata una sezione fiamminga
all'Università di Gand (fino ad allora completamente francesizzata)76
. Si stabilì infine che in
materia elettorale si sarebbe proceduto con l'adozione del suffragio universale maschile puro e
semplice77
.
Il Parlamento adottò così una legge manifestamente anticostituzionale, poiché stabiliva un
nuovo criterio di accesso al diritto di voto senza modificare il dettato dell'art. 47 della
Costituzione. Il nuovo sistema adottato nel 1919 concedeva infatti il diritto di voto ad ogni
uomo che avesse compiuto almeno 21 anni; le vedove e le madre dei soldati deceduti in
guerra e le donne per le quali era stato riconosciuto un particolare status per gli “atti
patriottici compiuti durante il conflitto”78
potevano altresì votare.
Oltre ai criteri di accesso al diritto di voto, con l'introduzione del suffragio universale
maschile e l'accesso al diritto di voto per alcune categorie di donne, la legge del 1919
introduceva un nuovo sistema di ripartizione dei seggi, un metodo proporzionale corretto dal
meccanismo detto “Van de Walle”, dal cognome del deputato belga che lo propose.
73 Ibidem, p. 36.
74 In J. B. PILET, op. cit., p. 27, trad. mia.
75 Ivi.
76 La Legge del 31 Luglio 1923 permetteva agli studenti dell'Università di Gand di seguire un terzo dei
corsi in lingua fiamminga.
77 In J. B. PILET, op. cit., p. 27.
78 Ivi.
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Secondo il metodo Van de Walle, l'allocazione dei seggi avviene in due fasi. Nella prima fase
i seggi vengono ripartiti all'interno di collegi distrettuali, dividendo i voti raccolti per il
“divisore elettorale” (tale divisore è ottenuto dividendo il numero dei voti validi per il numero
dei seggi da assegnare). I seggi vacanti vengono assegnati in una seconda ripartizione in cui si
utilizza il metodo D'Hondt. Tale secondo riparto avviene all'interno di una circoscrizione più
ampia, di livello provinciale79
. Per poter procedere all'assegnazione dei seggi nella seconda
fase, “i candidati presentati nei diversi circondari di una stessa provincia [...] si
apparentano”80
ovvero dichiarano, prima delle elezioni, di essere collegati ad un'altra lista
della Provincia.
A tal proposito il metodo D'Hondt si applica a livello distrettuale solo nel caso in cui tutte le
liste di uno stesso circondario decidono di non apparentarsi (situazione verificatasi solo a
Nivelles nel 1921). Nel caso in cui, invece, anche una sola lista dichiara l'apparentamento con
una o più liste nella stessa Provincia, si procede, per tutte le liste, con il metodo Van de Walle
al primo riparto e con metodo D'Hondt per la seconda ripartizione, a livello provinciale.
Per poter essere ammessi al secondo riparto a livello provinciale occorre che i gruppi
apparentati ottengano almeno un seggio in uno dei distretti compresi nella Provincia ovvero
un numero di voti pari almeno al 66% (i due terzi) del divisore elettorale. Il metodo D'Hondt
viene allora applicato non tenendo conto di un numero di quozienti pari ai seggi già attribuiti
nella prima ripartizione81
ovvero dividendo la cifra elettorale totale delle liste apparentate per
la serie di numeri successiva al numero di seggi già ottenuti nella prima ripartizione (se il
gruppo apparentato ottiene, ad esempio, tre seggi a livello distrettuale, si divide la sua cifra
elettorale totale per 4, 5, 6... e così via, anziché per 1, 2, 3... come nel sistema D'Hondt
puro)82
.
I quozienti ottenuti vengono dunque ordinati in ordine decrescente fino al numero di seggi da
assegnare ed i seggi vengono assegnati alla lista del rispettivo quoziente. Per la ripartizione
all'interno del gruppo di liste apparentate, ovvero per stabilire quale distretto debba
beneficiare della nuova ripartizione, si procede dapprima con l'attribuzione dei seggi alla lista
col più forte quoziente e, nel caso in cui tutti i seggi del distretto di quella lista siano stati
79 Si veda a tal proposito D. PASQUINUCCI, “Uniti dal voto? Storia delle elezioni europee 1948 – 2009”,
Milano, Franco Angeli, p. 44.
80 In D. DE COCCI, op. cit., p. 37.
81 In tal senso anche la proposta di riforma governativa del 1953 per l'elezione del Bundestag tedesco. Si
veda S. FURLANI, “Un nuovo sistema elettorale misto tedesco”, in Riv. Trim. di Dir. Pub., Fasc. 1, 1953, pp. 180
e ss..
82 Ovvero si aumentava il numero dei seggi acquisiti nella prima ripartizione di 2 unità, per la
determinazione del secondo quoziente, di 3 unità per il terzo quoziente e così via. Si veda a tal proposito J.
GERARD-LIBOIS, “Elections et électeurs en Belgique”, Courrier hebdomadaire du CRISP, 1989.
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ricoperti, si passa al circondario successivo nell'ordine della graduatoria delle cosiddette
“frazioni di seggio”.
Secondo il sistema del 1919, l'elettore poteva votare in quattro modi differenti: a) voto in testa
(alla lista); b) preferenza per un candidato principale; c) preferenza per un candidato
supplente; d) preferenza per un candidato principale e per un supplente. Il primo candidato
della lista veniva indicato con la dizione “tête de liste”83
. Anche votando per il singolo
candidato o per il supplente, il voto aveva valenza ai fini del calcolo della cifra elettorale della
lista: per tale motivo, il metodo elettorale adottato nel 1919 veniva detto del “doppio voto
simultaneo”84
. Con le elezioni del 1919, le Camere furono autorizzate a modificare la
Costituzione (divennero, per utilizzare la terminologia utilizzata dalla dottrina belga, “Camere
costituenti”). In tal senso, venne sanata la mancata revisione costituzionale che avrebbe
dovuto precedere la riforma introdotta con la Legge del 1919: il 7 Febbraio 1921 venne
pertanto varata una riforma della Costituzione che comportò, oltre all'adozione del suffragio
universale maschile puro, anche una nuova revisione del Senato.
Le proposte avanzate fino ad allora per la revisione della composizione della Camera Alta e
dei criteri di eleggibilità dei senatori andavano dalla creazione di una Camera degli interessi
alla creazione di una Camera territoriale formata esclusivamente da “senatori provinciali”
nominati direttamente dai consigli provinciali85
.
Alla fine si giunse, come al solito, ad un compromesso: l'età per eleggere i Senatori fu
abbassata da 30 a 21 anni (parificandola in tal senso a quella richiesta per eleggere i deputati).
La lista dei criteri di eleggibilità fu rimpiazzata da una lista di capacitari, nel nuovo articolo
56bis, che concedeva la possibilità di candidarsi a senatore solo a 21 categorie facenti parte
dell'élite politica, socio-economica ed intellettuale del Paese (ex ministri, ex deputati, ex
consiglieri provinciali, ex sindaci e consiglieri locali, direttori generali, proprietari ed
usufruttuari di beni immobili situati in Belgio, capi di imprese industriali, capi di società
cooperative o di sindacati ecc.)86
.
Venne mantenuto, infine, il rapporto tra il numero dei deputati e il numero dei senatori eletti
(questi ultimi erano pari alla metà dei deputati) mentre il numero dei senatori provinciali
passò da 27 a 40.
83 Si veda J. BEAUFAYS, op. cit., pp. 56 e 57.
84 Il candidato in testa di lista aveva una maggiore garanzia di elezione e al pari della case de tête, la sua
candidatura aveva un effetto devolutivo, poiché i voti non necessari alla sua elezione si riversavano a cascata sui
successivi candidati. Ibidem, pp. 63 e 64.
85 In J. B. PILET, op. cit., p. 28.
86 Si veda, per la lista completa “La Constitution Belge, revisé, 1921, texte complet, avec indication des
articles soumis à révision en 1892 et 1919 et des articles révisés en 1893 et 1921”, Bruxelles, Librairie Falk et
Fils, 1932.
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5. L'estensione del voto alle donne, la legge elettorale per il Parlamento europeo e la
federalizzazione del sistema elettorale (1945 – 1993)
Alle questioni relative all'estensione del suffragio e alla struttura della seconda Camera si
affiancò, verso la fine del XIX Secolo, anche la questione relativa all'accesso al diritto di voto
per le donne. La questione della concessione del voto alle donne non si pose prima
dell'avvento del POB, ovvero a partire dal 1885. Dal 1891, tuttavia, fu soprattutto una frangia
dei cattolici a rivendicare il diritto di voto per le donne. Il ministro Beernaert ebbe a
dichiarare: “l'inferiorità delle donne è una leggenda. Ne conosco molte che, per ciò che
concerne l'esercizio dei loro diritti politici, sarebbero ben più accorte e più capaci degli
uomini”87
. La posizione dei cattolici derivava però da un calcolo politico basato sulla pretesa
assunzione che le donne tendessero a votare per il partito conservatore88
. Per tale motivo, sia
liberali che socialisti temevano che il voto delle donne potesse favorire i cattolici e lasciarono
pertanto la questione del voto alle donne al di fuori del dibattito politico e parlamentare.
Come visto, nel 1921 fu introdotto il diritto di voto solo per alcune categorie di donne: si
trattava in particolare delle vedove e delle madri dei soldati caduti e delle donne che avevano
dimostrato atti di patriottismo durante la guerra. Il voto delle donne era concepito come un
voto dato “per procura” e riferito pertanto ai caduti (maschi) del primo conflitto mondiale e
non come espressione della volontà delle nuove categorie ammesse, tanto che le vedove
perdevano il loro diritto di voto se contraevano nuovamente matrimonio.
Per tutti gli anni Venti e Trenta del XX Secolo, i dibattiti relativi alla legislazione elettorale
vennero inoltre sovrastati dalla “grande critique du parlamentarisme”89
: la maggior parte dei
partiti belgi – dai comunisti fino all'ala destra dei cattolici, passando per REX e VNV – aveva
messo in discussione la base democratica della rappresentanza, rivendicando l’adozione di
nuovi modelli istituzionali della rappresentanza – si andava dalla rappresentanza degli
interessi alla rappresentanza di classe o delle corporazioni.
Il dibattito sulle regole elettorali verrà ripreso in termini democratici solo alla fine del secondo
conflitto mondiale. Nel 1948, su proposta di Paul-Henri Spaak, membro del Partito Socialista
Belga (PSB, ereditario del POB) il governo di coalizione PSC/PSB (il PSC, Partito cristiano-
sociale era ereditario invece del Partito cattolico) fece adottare una nuova proposta di legge
87 In J. B. PILET, op. cit., p. 29, trad. mia.
88 La correlazione tra voto femminile e voto conservatore è tuttora oggetto di studi da parte della scienza
politica. Si veda a tal proposito, per il caso francese, M. S. LEWIS-BECK, R. NADEAU, E. BÉLANGER, “French
Presidential Elections”, Basingtoke (Hampshire, England), Palgrave Macmillan, 2012.
89 In P. MAGNETTE, D. LUYTEN, “L'idée du parlementarisme en Belgique”, in E. GUBIN, J. P. NANDRIN, E.
GERARD, E. WITTE (sous la dir. de), Histoire de la Chambre des Représentants de Belgique, Chambre des
Représentants, 2003, p. 19 – 46, p. 35.
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che concedeva il diritto di voto a tutte le donne sia per le elezioni politiche che per le elezioni
provinciali: l'elettorato fu più che raddoppiato e nel 1949 gli aventi diritto voto erano pari a
5.635.452.
Nel 1947 fu invece introdotta una piccola variazione per il calcolo della ripartizione dei seggi
a livello provinciale per il Senato: per accedere alla ripartizione con metodo D'Hondt,
bisognava ottenere un numero di voti pari almeno al 33% (un terzo) del divisore elettorale
anziché il 66% (tale percentuale fu mantenuta invece per il sistema elettorale per la Camera
dei Rappresentanti).
Nel decennio successivo la legge elettorale non fu messa in discussione: “a quell'epoca
infatti, i dibattiti politici furono incentrati su due altre questioni: il patto scolastico e la
questione monarchica”90
. Con il riemergere del clivage linguistico, a partire dagli anni '60, il
tema della riforma elettorale tornò invece al centro del dibattito politico, soprattutto in
conseguenza del processo di federalizzazione avviato nel 1970 e che avrebbe investito il
Belgio per i successivi quarantadue anni (1970 – 2012).
Il Belgio comprendeva infatti, fin dalla sua nascita, due comunità linguistiche: la comunità
francofona, maggioritaria in Vallonia, nel Sud del Paese, e la comunità fiamminga,
neerlandofona, maggioritaria invece nel Nord del Paese91
. L'unità e l'indipendenza del Paese
si erano basate essenzialmente sulla comune fede religiosa delle due comunità (valloni e
fiamminghi sono in maggioranza cattolici, a differenza degli olandesi, di fede calvinista). Al
termine del primo conflitto mondiale si aggiunse poi una piccola comunità germanofona ad
Est, con l'annessione del territorio di Eupen quale compensazione per l'invasione tedesca.
Il carattere multi-linguistico del Belgio non aveva fino ad allora creato particolari problemi,
sebbene sul piano amministrativo e culturale era emerso, fin dalla prima metà dell'Ottocento,
un movimento culturale fiammingo che aveva rivendicato per la comunità neerlandofona una
maggiore autonomia sul piano amministrativo. Fino agli anni Venti del XX Secolo, il francese
era considerata l'unica lingua ufficiale del Regno: questa era, d'altro canto, la lingua utilizzata
dalla borghesia e dalla nobiltà francofona al potere dal 1831 e per tutti gli anni successivi nel
XIX Secolo.
Nel 1878, con la Legge del 22 Maggio 1878 (cosiddetta Loi de Laet), nelle Province
fiamminghe e a Bruxelles venne disposto l'utilizzo, nelle amministrazioni dello Stato, del
90 In J. B. PILET, op. cit., p. 31, trad. mia.
91 Espressione geografica con cui si indica tutta la Comunità fiamminga. In realtà con il termine Fiandra si
fa riferimento più specificamente alle Province Fiandra Occidentale (West-Vlaanderen) e Fiandra Orientale
(Oost-Vlaanderen), comprendendo la Comunità fiamminga anche le Province di Anversa (Antwerp), Limburgo
(Limburg) e il Brabante Fiammingo (Leuven).
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fiammingo (non ancora “neerlandese”) accanto alla lingua francese, mantenendo per
quest'ultima la primazia nel resto del Paese. La lingua fiamminga, tuttavia, non aveva fino ad
allora avuto un riconoscimento ufficiale nella Costituzione del 1831 e ciò aveva comportato
anche delle discriminazioni piuttosto evidenti, soprattutto in campo scolastico ed in campo
giuridico, discriminazioni che compattarono ancor di più il movimento nazionalista
fiammingo, spingendo così a nuove richieste di autonomia, anche in campo politico.
Tra il 1921 e il 1935 il legislatore adottò una serie di provvedimenti che riconoscevano al
fiammingo il ruolo di lingua primaria in campo amministrativo, linguistico e scolastico,
limitatamente però al territorio fiammingo92
. La Legge del 28 Giugno 1932, modificata poi
con Legge del 2 Luglio 1954, introduceva il principio dell'unilinguismo amministrativo a
livello regionale, ovvero dell'utilizzo del fiammingo nel territorio fiammingo, del francese in
Vallonia e di entrambe le lingue nei 16 Comuni (divenuti 19 con la Legge del 1954) formanti
il cosiddetto “agglomerato brussellese”. Nei Comuni in cui fosse stata presente una
consistente minoranza (almeno il 30%), si sarebbe applicato il bilinguismo. Le leggi del 1932
92 Si trattava in particolare della Legge del 31 Luglio 1921 “Sull'impiego delle lingue in materia
amministrativa” che stabiliva che nelle Province di Anversa, Fiandra Occidentale, Fiandra orientale, Limburgo,
nel circondario di Lovanio e nel circondario di Bruxelles, esclusi i comuni facenti parte del cosiddetto
agglomerato brussellese, il fiammingo sarebbe divenuto la lingua primaria in campo amministrativo. Nelle altre
Province del Sud, il francese manteneva invece la primauté linguistique nell'amministrazione, mentre
nell'agglomerato brussellese, comprendente allora 17 Comuni, si adottava il principio del bilinguismo. La Legge
de 14 Luglio 1932 introduceva il principio “lingua regionale – lingua scolastica”: veniva tolta la facoltà al padre
di famiglia di decidere la lingua di insegnamento nelle scuole primarie e intermedie per la propria prole e si
stabiliva l'impiego della lingua regionale al di là della lingua madre della prole. La Legge del 28 Giugno 1932
introduceva servizi separati, in fiammingo e in francese, in seno ai diversi Ministeri e modificava la legge del 31
Luglio 1921, introducendo il principio del censimento decennale: le frontiere linguistiche si sarebbero basate su
un censimento da effettuarsi ogni dieci anni e nel caso in cui la minoranza di un Comune avesse raggiunto il
30% del totale della popolazione di quel Comune, l'amministrazione avrebbe dovuto fornire i propri servizi in
entrambe le lingue del Regno. La Legge del 15 Giugno 1935, infine, stabiliva il medesimo principio
unilinguistico – regionale anche in materia giudiziaria.
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e del 1954 non stabilivano però una frontiera linguistica e i confini regionali sarebbero dovuti
variare in base ad un censimento da effettuarsi ogni dieci anni. Con il censimento del 1947,
ben 14 Comuni sarebbero dovuti passare al regime linguistico francofono e solo un Comune
al regime fiammingo. Per tale motivo, il Governo decise di pubblicare i risultati del
censimento solo nel 1954, nel timore di una reazione violenta da parte del movimento
fiammingo.
La Legge del 1954 stabiliva infatti che i Comuni di Evere, Ganshoren, e Berchem-Sainte-
Agathe (che sarebbero dovuti passare al regime francofono secondo il censimento del 1947)
sarebbero stati integrati al regime bilingue dell'agglomerato di Bruxelles. Con la Legge dell'8
Novembre 1962, si stabilirono i trasferimenti linguistici di ben 43 Comuni e furono fissate le
frontiere linguistiche: si abbandonava pertanto il principio del censimento decennale che
aveva determinato fino ad allora la cosiddetta “mobilità delle frontiere”.
La legge entrò in vigore il 1o Settembre 1963 insieme ad un altro provvedimento, la Legge del
2 Agosto 1963, che stabiliva invece la suddivisione del Regno in 4 Regioni linguistiche: si
trattava delle Regioni unilinguistiche fiamminga, vallona e germanofona e della Regione
bilingue di Bruxelles, comprendente 19 Comuni. I Comuni sottoposti al regime di “facilités
linguistiques” erano fissati per legge e non più sulla base della soglia del 30%.
La fissazione delle frontiere linguistiche determinò una serie di revisioni a cascata del sistema
elettorale, poiché i confini delle nuove regioni linguistiche (e dunque amministrative) non
rispettavano più i confini delle circoscrizioni elettorali.
La Legge del 1963 fu votata da una maggioranza prevalentemente fiamminga con l'apporto di
una stretta minoranza francofona (dei parlamentari francofoni, 34 votarono a favore e 54
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contro). Questo stato di cose delineava pertanto una spaccatura politico-linguistica che si
sarebbe riversata sul sistema dei partiti negli anni a venire, con la separazione delle famiglie
politiche tradizionali (cristiano-sociale, socialista e liberale) nelle loro rispettive ali
comunitarie (si passava pertanto da 3 a 6 partiti, più i partiti germanofoni). Il panorama dei
partiti fu poi ulteriormente arricchito dall'avvento di nuove formazioni a carattere
“esclusivamente comunitario” quali il FDF – Fédéralistes Démocrates Francophones, partito
fondato nel 1964, il cui scopo principale è quello di proteggere gli interessi dei francofoni
residenti nell'agglomerato di Bruxelles; il RW – Rassemblement Wallon, fondato da François
Perin nel 1968, partito vallone che propugnava lo Stato federale e, più avanti, l'indipendenza
per la Vallonia; infine, il VU – Volksunie, partito nazionalista fiammingo fondato nel 1954
sulle ceneri dell'Unione Popolare Fiammingo-Cristiana93
.
La conseguenza immediata, a livello giuridico, di questa “sconfitta” francofona fu
l'introduzione – nel corso della prima grande riforma dello Stato attuata nel 1970–1971 – di
un meccanismo detto della “sonnette d'alarme” con il quale la minoranza francofona in
Parlamento poteva bloccare i provvedimenti votati dalla maggioranza fiamminga che
potevano compromettere gli interessi della comunità francofona
Con il trasferimento da una regione linguistica all'altra di alcuni Comuni, le rivendicazioni
localistiche si inasprirono al punto da ingenerare vere e proprie crisi a livello nazionale. In
particolare, il trasferimento dei Comuni di Fourons e di Comines-Warneton dalla Provincia di
Liegi a quella del Limburgo avvelenò la politica belga fino al 1988, quando si giunse
finalmente a un “patto della pacificazione” con la Legge del 9 Agosto 1988 con la quale
venivano stabilite, per essi, alcune condizioni particolari in ambito elettorale94
.
Vi era poi una circoscrizione elettorale che si trovava a cavallo tra le due Regioni linguistiche.
Si trattava dell'arrondissement Bruxelles-Hal-Vilvorde, comprendente la Regione bilingue di
Bruxelles e i 35 comuni fiamminghi attorno a Hal e a Vilvorde (e dunque facenti parte della
93 Da una costola della VU nascerà poi la N-VA di Bart de Wever, vincitore alle elezioni del Maggio
2010.
94 Si tratta di due Comuni à facilités situati al confine della Regione di Bruxelles-Capitale. I fiamminghi
esigevano la conoscenza della lingua della Regione per essere eletti sindaci o assessori in quei comuni, mentre i
francofoni si opponevano a tale obbligo linguistico poiché ciò sarebbe andato contro la volontà degli elettori. La
controversia nacque fondamentalmente con la designazione, come sindaco di Fourons, del francofono José
Happart, incapace di esprimersi in fiammingo. Con la Legge del 9 Agosto 1988 si arrivò ad un compromesso:
con quest'ultima si pone in essere un obbligo per ogni mandatario comunale di conoscere la lingua della Regione
comprendente il Comune. Per i comuni di Fourons e di Comines-Warneton vengono poste delle eccezioni: in
questi Comuni, gli assessori (échevin) sono eletti direttamente dagli elettori, con lo stesso metodo con cui si
eleggono i consiglieri comunali. Tuttavia, deve essere assicurata la presenza di almeno un assessore per ciascun
gruppo linguistico all'interno del “collège des bourgmestre et échevins”. Per i collegi comunali di Comines-
Warneton e Fourons viene stabilita la regola del consensus per ogni deliberazione. Per le elezioni nazionali ed
europee, gli abitanti di questi due Comuni possono recarsi in altre due municipalità (Aubel e Heuvelland) al fine
di poter votare all’interno dell'uno o dell'altro regime linguistico. In J. B. PILET, op. cit., p. 34.
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Regione linguistica fiamminga). I parlamentari fiamminghi proposero la scissione di questo
arrondissement elettorale in due nuovi collegi elettorali (Bruxelles e Hal-Vilvorde) già
durante la Legislatura 1961 – 196595
. La questione sarebbe riemersa più in là, con la
provincializzazione delle circoscrizioni elettorali per la Camera, introdotta nel 2002, che
rendeva incostituzionale il mantenimento di tale circoscrizione. Le tensioni per il cosiddetto
dossier BHV portarono addirittura ad una paralisi istituzionale, con una crisi di governo risolta
solo dopo 18 mesi di negoziazioni, che portarono così all'ennesima riforma dello Stato.
La questione delle frontiere linguistiche aveva invero ingenerato un processo di
smantellamento dello Stato centrale avviato già nel 1970-1971, allorquando il Governo
Eyskens istituì due nuovi enti, le Comunità Culturali (nuovo art. 59bis della Costituzione) e le
Regioni (art. 107quater della Costituzione) per ciascuna comunità linguistica, con una
revisione costituzionale del 24 Dicembre 1970. Le Comunità Culturali furono dotate di organi
assembleari, i Consigli delle Comunità Culturali, che avevano competenze legislative da
esercitare tramite decreto – atto avente forza di legge – su alcune limitate materie di rilievo
culturale. Tuttavia, la creazione dei Consigli delle Comunità non implicò alcuna questione di
carattere elettorale, poiché il costituente stabilì che tali organi fossero composti dai membri
del Parlamento nazionale, ripartiti nei vari Consigli in base all'appartenenza linguistica.
Quando nel 1980-1981, nel corso della seconda tappa del processo di federalizzazione, furono
istituite le Comunità tout court, i rispettivi organi legislativi, i Consigli delle Comunità,
ottennero un potere legislativo più ampio: tali organi ereditavano i poteri decretali delle
Comunità culturali ma potevano altresì legiferare sulle cosiddette materie “personnalisables”
ovvero le materie legate “alla persona”. Tuttavia, il costituente stabiliva per essi (ovvero per il
Consiglio della Comunità fiamminga e il Consiglio della Comunità francese), ancora una
volta, l'elezione indiretta. Allo stesso modo, i Consigli delle Regioni (ovvero il Consiglio
della Regione Vallonia e il Consiglio della Regione fiamminga – le cui competenze furono
tuttavia fuse con quelle del Consiglio della Comunità fiamminga), erano dotati di organi
legislativi composti da membri eletti in maniera indiretta. Tali Consigli si sarebbero occupati
principalmente di materie legate alla gestione del territorio e di politica economica.
Nel frattempo, il legislatore adottò la legge per l'elezione del Parlamento Europeo – Legge del
16 Novembre 1978, cosiddetta Loi Boël, apportando una novità importante sul fronte della
definizione dei collegi elettorali e delle circoscrizioni. La nuova Legge riprendeva le
medesime disposizioni del Titolo I del Codice Elettorale per le elezioni politiche, ponendo in
95 Ibidem, p. 31.
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essere tuttavia alcune importanti eccezioni. In primo luogo, l'età per divenire elettore veniva
abbassata a 18 anni – al pari di quanto stabilito, nel 1969, per le elezioni comunali – anziché
21 anni, come per il Parlamento nazionale e per i Consigli provinciali. Il territorio belga
veniva suddiviso in tre circoscrizioni elettorali: “1) la circonscription électorale flamande qui
comprend les arrondissements électoraux appartenant entièrement à la région linguistique
néerlandaise; 2) la circonscription électorale wallonne qui comprend les arrondissement
électoraux couvrant les régions linguistiques française et allemande; 3) la circonscription
électorale bruxelloise qui coïncide avec l'arrondissement électoral de Bruxelles”.
Il corpo elettorale veniva suddiviso in due collegi elettorali, uno fiammingo, l'altro
francofono. Tale suddivisione verrà ripresa nel 1993 anche per le elezioni federali per il
Senato (articolo 87bis del codice elettorale belga)96
. Nella circoscrizione di Bruxelles, gli
elettori potevano scegliere di votare per le liste fiamminghe o per quelle francofone, mentre il
collegio neerlandese poteva votare esclusivamente per le liste fiamminghe e il collegio
francofono solo per le liste valloni. I voti venivano conteggiati sulla base dei collegi
linguistici: il collegio francofono raggruppava così i voti delle liste francofone di Bruxelles e
delle liste valloni, mentre il collegio fiammingo raggruppava i voti delle liste fiamminghe di
Bruxelles e delle liste neerlandesi. Ai fiamminghi erano assegnati 13 deputati europei e ai
francofoni 11 (divenuti poi 14 per i fiamminghi, 10 per i francofoni e 1 per la comunità
germanofona nel Dicembre 1992). La ripartizione dei seggi avviene anche per le elezioni
europee con il sistema proporzionale (metodo D'Hondt).
Il cammino verso la terza riforma dello Stato (1988-1989), con la quale furono stabiliti i
contorni istituzionali della Regione di Bruxelles, fino ad allora rimasta, secondo l'espressione
utilizzata dalla dottrina belga, “au frigo”, fu caratterizzato da un intenso dibattito in materia
elettorale, in ragione delle trasformazioni istituzionali in atto. Le revisioni elettorali
riguardarono soprattutto le questioni frontaliere tra una regione linguistica e l'altra e il metodo
di elezione da adottare per le nuove istituzioni rappresentative brussellesi.
96 “The first sign of the creation of two separate electoral arenas appeared with the first European
elections (1979). [...] In 1993 an amendment was passed to create a German-speaking district corresponding to
the German-speaking community. […] Electoral laws remained stable in this matter until 1993. At that time
separation in linguistic constituencies was also introduced for the Belgian Senate. Before then the directly
elected senators competed in 21 constituencies. In 1993, among many changes introduced by the constitutional
reform, one aimed to transform the Upper House into a chamber of the states. Elected senators were meant to be
representatives of the components of the federal state. Consequently, the system of Electoral Colleges used for
the European Parliament was extended to the Senate”. In J. B. PILET, “The Adaptation of the Electoral System to
the Ethno-linguistic Evolution of Belgian Consociationalism”, Ethnopolitics, Vol. 4, n. 4, 397–411, November
2005.
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In particolare, nel 1987, fu posta in essere un'eccezione al sistema degli apparentamenti per le
Camere nazionali: la Legge del 13 Aprile 1987 vietava gli apparentamenti tra gli
arrondissement di Nivelles e quello di Lovanio, in zona brabantina, per evitare che i candidati
senatori o deputati fiamminghi fossero eletti nella circoscrizione francofona e viceversa. Il
metodo Van de Walle, adottato fin dal 1919, permetteva infatti, da un lato, di correggere in
parte gli effetti distorsivi del sistema D'Hondt (che nella sua versione pura non prevede il
recupero dei resti) ma dall'altro, il riparto dei voti su due aree territoriali differenti –
l'arrondissement per le singole liste e la provincia per gli apparentamenti – poteva portare a
risultati spesso paradossali: “par exemple, en 1991, pour la Chambre des représentants à
Alost, Agalev obtient un siège avec 9.910 voix tandis que le Vlaams Blok n'a aucun élu
malgré un score de 15.954 suffrages”97
. La dottrina descrive tale effetto distorsivo come
“caprices de l'apparentement”.
Tale effetto distorsivo ha avuto delle conseguenze politiche non indifferenti negli
arrondissement di Nivelles e Lovanio, entrambi facenti parte della provincia del Brabante ma
afferenti a due comunità linguistiche differenti: i risultati elettorali per le Camere e il Senato
si sarebbero pertanto riversati sulle istituzioni regionali e comunitarie di due differenti
comunità linguistiche, i cui rispettivi organi assembleari erano formati dai parlamentari
nazionali. Il 13 Ottobre 1985 venne eletto senatore a Nivelles, in zona francofona, grazie
all'apparentamento, un membro del VU, Toon Van Overstraeten. In quanto senatore eletto a
Nivelles, egli aveva diritto a sedere nel Consiglio regionale vallone, dove la maggioranza
contava 52 membri e l'opposizione 51: “le sénateur VU pouvait donc bloquer la majorité”98
.
L'assemblea vallone rifiutò pertanto di validare l'elezione del senatore fiammingo. La Legge
del 13 Aprile 1987, come visto, impedì che si potesse ripetere una situazione del genere,
vietando l'apparentamento tra le due circoscrizioni e allargando in tal senso la separazione tra
le due comunità a livello elettorale.
Per quanto riguarda le istituzioni brussellesi, nel 1988 si decise, a differenza di quanto era
stato previsto per le istituzioni regionali e comunitarie fiamminghe e valloni, di creare
un'assemblea con membri direttamente eletti. Per l'elezione del Consiglio regionale di
Bruxelles venivano ammesse solo liste unilinguistiche. Il conteggio dei voti avveniva su base
linguistica: in una prima fase si addizionano i voti di tutte le liste francofone e i voti di tutte le
liste fiamminghe per determinare i seggi da attribuire a ciascun gruppo linguistico. Nella
97 In J. B. PILET, op. cit., p. 87.
98 Ibidem, p. 32.
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seconda fase si procede con la distribuzione dei seggi in seno a ciascun gruppo linguistico
(Vedi Annesso 2).
L'anno seguente, si stabilì, per i 19 Comuni di Bruxelles, la possibilità per i consigli comunali
di nominare un échevin supplementare al fine di permettere ai due gruppi linguistici di essere
rappresentati nel collegio sindaco-assessori. Se nessun rappresentante della minoranza
linguistica è eletto al consiglio comunale, il primo dei non eletti del gruppo linguistico non
rappresentato è designato di diritto membro del Consiglio del CPAS (Centre public d'action
sociale, un ufficio pubblico presente in ogni comune del Belgio che si occupa di aiuti sociali).
Pertanto, tanto nei comuni di Fourons e di Comines-Warneton, dopo il patto di pacificazione
del 1988, quanto nei comuni brussellesi, viene garantita la rappresentanza di ciascun gruppo
linguistico in seno al collegio comunale (Collège des bourgmestre et échevins, comprendente
il sindaco, gli assessori e il Presidente del CPAS).
La riforma dello Stato adottata nel 1993 comportò poi l'adozione dello Stato federale e la
parificazione, a livello elettorale, delle assemblee legislative delle comunità e delle Regioni.
Fino ad allora, infatti, come visto, la Regione Vallonia, la Comunità Francofona e la
Comunità Fiamminga erano dotate di assemblee legislative composte da eletti indiretti,
ovvero dai parlamentari nazionali, ripartiti in base all'appartenenza al gruppo linguistico.
Dal 1993, invece, il Consiglio della Regione Vallonia si compone di 75 eletti diretti, designati
con metodo proporzionale D'Hondt. I deputati della Regione fiamminga (le cui competenze,
ricordiamo, vengono esercitate dalla Comunità fiamminga) sono fissati a 118, anch'essi
vengono eletti con metodo D'Hondt. Il Consiglio delle comunità francese è eletto
indirettamente: esso è composto dai 75 eletti della Regione Vallonia a cui si aggiungono i
deputati del gruppo linguistico francofono del Consiglio regionale brussellese. Il consiglio
della comunità fiamminga raggruppa, invece, i 118 eletti della Regione fiamminga più i
deputati nominati in seno al gruppo linguistico neerlandofono dell'assemblea regionale di
Bruxelles. Infine, per la comunità germanofona è prevista l’elezione diretta dei 25 membri del
Parlamento della comunità germanofona.
I deputati federali furono ridotti, nel 1993, da 212 a 150 e i senatori eletti da 106 a 40: il
numero dei deputati e dei senatori fu fissato in modo permanente nell’articolo 67 della
Costituzione. La categoria dei senatori provinciali fu rimpiazzata da quella dei senatori delle
comunità, designati dai tre consigli di comunità (10 fiamminghi, 10 francofoni e 1
germanofono). Si stabilì poi una nuova categoria di senatori cooptati: dei 10 senatori cooptati,
6 venivano designati dal gruppo linguistico fiammingo al Senato e 4 dal gruppo linguistico
francofono.
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L'apparentamento è stato preservato tanto alla Camera quanto al Senato, ma il quorum per
accedere alla ripartizione a livello provinciale per i seggi della Camera fu parificato a quello
del Senato: per poter accedere al riparto a livello provinciale bisognava aver ottenuto almeno
il 33% del divisore elettorale in almeno una circoscrizione. Per i consigli regionali il quorum
veniva invece mantenuto al 66%.
6. Le riforme elettorali nella 50a Legislatura (1999 – 2003)
Nella 50a Legislatura (1999-2003), con il Governo guidato dal liberale fiammingo Guy
Verhofstadt, il processo di revisione della legislazione elettorale subì una brusca
accelerazione. Il sistema partitico di allora era in grande fermento dopo la burrascosa
campagna elettorale del 199999
. Molti partiti cambiarono nome e i risultati delle elezioni
furono in qualche modo sorprendenti: i liberali tornarono alla guida del Governo a danno dei
cattolici. Si registrò ugualmente una grande avanzata delle destre estreme e un piccolo balzo
in avanti per i socialisti valloni100
. Le trasformazioni in campo partitico seguivano le tendenze
degli anni Novanta, durante i quali erano state inoltre introdotte alcune riforme, poi rimesse in
discussione nel corso della 50a Legislatura.
In particolare, subito dopo l'adozione dello Stato federale, la Legge Smet-Tobback del 1994
aveva introdotto il principio delle cosiddette “quote” per il quale non più dei due terzi dei
candidati di una medesima lista potevano appartenere al medesimo sesso. Tale meccanismo
avrebbe dovuto favorire le candidature femminili, generalmente molto deboli – soprattutto per
il fatto che spesso le candidate venivano inserite in fondo alle liste, riducendone sensibilmente
le possibilità di elezione. Questa ed altre disposizioni saranno ampiamente modificate nel
corso della 50a Legislatura durante la quale il principio della parità di genere verrà addirittura
fissato in Costituzione, agli articoli 10 e 11bis, non limitandosi pertanto tale garanzia ad un
mero meccanismo di rappresentanza all'interno delle istituzioni federali.
Il Governo Verhofstadt si concentrò in particolare su tre aspetti tecnici della legge elettorale
per le Camere: la soppressione dell'effetto devolutivo della case de tête; il meccanismo di
trasformazione dei voti in seggi; la soppressione dei candidati supplenti. L'accordo con cui era
stato possibile dar vita al Governo – formato da ben sei partiti (da cui il nome arc-en-ciel,
arcobaleno) – intitolato “La voie vers le XXIe siècle”, venne siglato il 7 Luglio 1999. Un
99 P. DELWIT, “Belgique: le contexte politique”, L'année sociale, 1999, p. 9 e ss.
100 P. DELWIT, J. B. PILET, “The Belgian Federal Election, 18 May 2003: A First Step Towards Bipartism?”,
Representation, Vol. 41, n. 1/2004, pp. 33-41.
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capitolo di questo accordo, intitolato “La démocratie citoyenne”101
venne dedicato in parte
alle riforme elettorali.
Il Governo invitava così il Parlamento a creare una Commissione di “rinnovamento politico”
che si sarebbe dovuta occupare di tre questioni: la modernizzazione del sistema elettorale per
le Camere, la modifica della taglia delle circoscrizioni elettorali e il rafforzamento della
partecipazione per i cittadini102
. Lo stesso Governo, “in attesa delle conclusioni della
Commissione”103
, si attivò sottoponendo al Parlamento già ad inizio Legislatura una serie di
progetti di legge, in particolare: a) due progetti relativi al peso “dell'effetto devolutivo della
case de tête”; b) una serie di progetti relativi alla soppressione delle liste dei candidati
supplenti; c) tre progetti per la fissazione del principio della parità di genere; d) un progetto
per l’allargamento delle circoscrizioni elettorali; e) un progetto per la reintroduzione dei
candidati supplenti; f) un progetto per la fissazione di una soglia di sbarramento.
a) Soppressione della metà dell'effetto devolutivo della case de tête.
Con la prima proposta di legge, si intendeva eliminare uno degli effetti maggiormente
distorcenti del sistema elettorale, dato dal meccanismo della case de tête: eliminando il voto
in case de tête sarebbe aumentato il peso dei voti di preferenza, assegnando così all'elettore un
maggiore potere di scelta e vanificando l'ordine dei candidati stabilito dal partito. Segnando la
case de tête, infatti, si tende a favorire i candidati posizionati più in alto ed in tal senso ad
“approvare” l'ordine stabilito dai partiti104
.
La proposta di legge governativa intendeva sopprimere tale effetto devolutivo per la
legislazione elettorale di tutti i livelli di governo, ovvero per le legislazioni elettorali per le
Camere federali, le assemblee comunitarie, regionali, i consigli provinciali e comunali e per le
elezioni europee.
L'effetto devolutivo della case de tête era stato criticato già nel corso degli anni Novanta, in
particolare dai liberali sia al Nord che al Sud del Paese: questi ultimi argomentavano che con
101 L'obiettivo principale del Governo era quello di “replacer le citoyen au centre du processus de sorte qu'il
ait davantage d'emprise sur la politique”. Si veda P. BLAISE ET AL., “Les réformes électorales sous la Législature
1999 – 2003”, Courrier hebdomadaire du CRISP, 5/2003, n. 1790-1791, p. 6.
102 Sul declino della partecipazione politica in Belgio si veda il dossier di R. BEN ACHOUR, “L'abstention
électorale en Belgique: un phénomène récent”, Bruxelles, Institut Emile Vandervelde, Décembre 2012.
103 In P. BLAISE ET AL., op. cit., trad. mia.
104 “Dans le scrutin de liste en Begique, les électeurs ont deux grandes possibilités de vote valable. Ils
peuvent voter en case de tête, en d'autres termes voter pour un parti en acceptant la liste dand l'ordre de
présentation qui s'offre à lui. Ou ils ont l'opportunité d'émettre un vote pour une ou plusieurs personnalités d'un
liste: ils émettent de la sorte un vote de préférence [...]. Dans le système électoral actuel, le vote en case de tête
privilégie les candidats qui occupent les meilleurs places sur la liste. Cet effet dévolutif du vote en case de tête
enlève au citoyen une part de sa faculté de choix et de son pouvoir de contrôle”. Ibidem, p. 20.
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la soppressione dell'effetto devolutivo della case de tête, le possibilità di successo per le
candidature femminili sarebbero automaticamente aumentate, pertanto la riforma avrebbe
comportato un duplice beneficio ed evitato il ricorso ad una modulazione della legge del 1994
sulle quote105
. Durante la Legislatura 1995–1999 furono presentate a tal proposito numerose
proposte di legge: nel Marzo del 1997, Guy Verhofstadt e Hugo Coveliers, membri del PVV
(Partito liberale fiammingo) insieme a Bert Anciaux e Jan Loones (VU) presentarono due
proposte di legge per la soppressione della case de tête, rispettivamente per le elezioni
comunali e provinciali e per le elezioni del Parlamento fiammingo e vallone. Louis Michel e
Didier Reynders (PRL, Partito liberale francofono) presentarono nel Maggio 1997 un progetto
di legge simile, ma per le elezioni federali e provinciali. I cristiano-sociali accolsero le
proposte di legge avanzate dai liberali, dichiarandosi favorevoli alla cancellazione della case
de tête: “Les partis doivent faire des choix avec un système indicatif 1er
, 2e, 3
e, mais que ce ne
doit pas être cet ordre-là qui compte pour la dévolution des voix du pot. Ce système donne
une indication qu'on veut, donne la capacité, et j'espère qu'on peut tous l'avoir, imposer de
temps en temps, des femmes, des jeunes, des personnes d'origine étrangère”106
. Contrari alla
soppressione della case de tête, i socialisti e i verdi i quali sarebbero stati sfavoriti da un
sistema totalmente incentrato sulle preferenze: i socialisti dichiararono che un sistema del
genere avrebbe “individualizzato” eccessivamente la competizione elettorale e portato così ad
una “starisation”107
della vita politica del Paese. Inoltre essi dubitavano che un sistema basato
solo sul voto di preferenza potesse avvantaggiare le candidature femminili: “les chances des
femmes ne seront pas augmentées parce que les places intéressantes sur les listes seront
occupées par des hommes”108
. Si giunse così come al solito ad un compromesso tra le due
posizioni: il Governo adottò un progetto di legge per la riduzione (e non la soppressione
totale) della metà dell'effetto devolutivo della case de tête: il “pot commune”, ovvero l'insieme
dei voti dati in case de tête, sarebbe valso dunque la metà, raddoppiando in tal senso il peso
dei voti di preferenza.
Il Governo approvò un progetto di legge unico il 4 Febbraio 2000 per la riduzione della metà
dell'effetto devolutivo della case de tête per le elezioni delle Camere federali, del Parlamento
Europeo, del Consiglio della Comunità germanofona, dei consigli provinciali e comunali. Il
23 Maggio 2000 il Governò divise però il progetto di legge in due progetti separati: il primo
105 “D'aucuns considéraient que la suppression de l'effet dévolutif de la case de tête allait contribuer à la
féminisation des assemblées” in P. DELWIT, E. VAN HAUTE, “Les termes nouveaux du droit électoral aux
élections fédérales: philosophie et impacts”, in L'année sociale, 2002, De Boeck, 2003, p. 34.
106 Ivi.
107 Ivi.
108 In P. BLAISE ET AL., op. cit., p. 20.
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progetto riguardava i consigli provinciali, comunali e il Parlamento Europeo ed il secondo le
Camere federali e il Consiglio della Comunità germanofona.
I voti della case de tête continuavano, secondo i progetti di legge, ad essere contabilizzati per
la determinazione della cifra elettorale di ciascuna lista, ma non sarebbero stati presi in
considerazione “se non per la metà al momento della devoluzione dei seggi tra i candidati
della medesima lista”109
.
Furono così adottate quattro leggi differenti, ciascuna relativa ad una o più assemblee e tutte
relative alla riduzione della metà dell'effetto devolutivo del voto in testa: si tratta della Legge
del 26 Giugno 2000 relativa alle elezioni dei consigli provinciali e comunali e del Parlamento
Europeo; la legge del 27 Dicembre 2000 per l'elezione delle Camere federali e del Consiglio
della Comunità Germanofona; la legge del 22 Gennaio 2002 per l'elezione del Consiglio
fiammingo, del Consiglio regionale vallone e del Consiglio della Regione di Bruxelles-
Capitale; la legge speciale del 22 Gennaio 2002 relativa all'elezione di questi tre ultimi
consigli110
.
b) Soppressione della lista dei candidati supplenti
La soppressione della distinzione tra i candidati “effettivi” e i candidati “supplenti” si legava
direttamente alla questione della soppressione della case de tête. La soppressione della
distinzione tra le due liste di candidati avrebbe condotto in sostanza alla soppressione delle
liste dei candidati supplenti. Anche la questione relativa alla soppressione della lista dei
supplenti rientrava nell'accordo di Governo del 7 Luglio 1999: la logica della proposta
rientrava nell'obiettivo generale del Governo di voler “rafforzare il ruolo del cittadino nella
scelta dei suoi rappresentanti”. I supplenti in effetti beneficiavano più di altri candidati
dell'effetto devolutivo della case de tête: spesso, infatti, i candidati supplenti erano riusciti ad
ottenere i seggi a discapito di altri candidati “effettivi” non eletti rispetto ai quali avevano
ottenuto meno voti. La soppressione della lista dei candidati supplenti avrebbe avuto inoltre
l'effetto di ridurre ulteriormente la portata del “pot commune”111
.
Il progetto di legge del Governo prevedeva comunque di designare come supplenti quei
candidati che sarebbero stati eletti, in ordine ai voti ottenuti o secondo l'ordine di
presentazione nella lista, se la lista avesse ottenuto più seggi. Tale sistema di supplenze
“eventuali” sarebbe dunque stato riservato alle sole liste che avessero ottenuto uno o più
109 Ibidem, p. 21.
110 Ibidem, p. 22.
111 Vedi P. ANDRÉ, PH, LAUSIER, “Les élus francophones face à l'effet dévolutif de la case de tête”,
Courrier hebdomadaire du CRISP, n. 1687-1688, 2000, p. 16.
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seggi. Ai candidati non eletti sarebbe stata devoluta, al pari dei candidati eletti, la metà dei
voti dati in testa (voti in case de tête) al solo fine di determinarne l'ordine.
L'eliminazione della distinzione tra candidati effettivi e candidati supplenti fu inserita nelle
Leggi di cui si è detto – relative all'eliminazione della metà dell'effetto devolutivo della case
de tête. E' interessante sottolineare come nel progetto di legge unico del 4 Febbraio 2000
comparisse la possibilità per le liste di presentare un numero di candidati in eccedenza rispetto
al numero dei seggi da attribuire (tale eccedenza non poteva comunque essere superiore al
30% dei candidati da eleggere). Tale possibilità è stata soppressa nei progetti di legge separati
ed in tal senso il Consiglio di Stato si è pronunciato, mettendo in evidenza come nella Legge
speciale relativa alle elezioni per i Consigli regionale fiammingo, vallone e di Bruxelles-
Capitale non fosse permesso alle liste di presentare più candidati di quelli eleggibili e che tale
sistema “avrebbe aumentato considerevolmente la probabilità di dover procedere ad elezioni
parziali, in modo particolare nelle piccole circoscrizioni”112
. Tuttavia, il legislatore ha
soppresso la possibilità di introdurre candidati in eccedenza rispetto al numero di mandati da
assegnare anche nelle leggi relative all'elezione dei consigli provinciali e comunali, del
Parlamento europeo, delle Camere federali e del Consiglio della Comunità germanofona.
c) Parità di genere.
Le elezioni del 13 Giugno 1999 furono le prime in cui fu applicata la legge Smet-Tobback, la
quale stabiliva che “su una lista elettorale, il numero di candidati dello stesso sesso non
poteva eccedere la quota dei due terzi”113
. Tuttavia, il principio delle quote non produsse gli
effetti sperati e alle elezioni del 1999, la proporzione delle elette rispetto al totale degli eletti
aumentò solo del 5% (si passava dal 18,5% al 23,3% di elette).
Nell'accordo di governo del 7 Luglio 1997 il Governo non aveva previsto l'introduzione di un
principio di uguaglianza di genere da inserirsi tanto a livello costituzionale quanto a livello
legislativo: come visto, i liberali intendevano riequilibrare le condizioni di eleggibilità tra i
due generi attraverso una modulazione sull'effetto devolutivo della case de tête.
Tuttavia, furono i deludenti risultati delle elezioni del 1999, la determinazione di alcune
senatrici – che nel 1997 avevano proceduto all'adozione di una dichiarazione di revisione
dell'articolo 10 della Costituzione (relativo all'uguaglianza dei cittadini dinanzi la legge) – e il
112 In P. BLAISE ET AL., op. cit., p. 24, trad. mia.
113 Ivi, trad. mia.
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dibattito ancora aperto sulle modalità di compilazione delle liste elettorali a riaprire
nuovamente la questione di genere114
.
L'8 Giugno 2000 il Governo depositò al Senato una proposta di legge di revisione
costituzionale nella quale si prevedeva la revisione dell'articolo 10 della Costituzione e
l'introduzione di un nuovo articolo 11bis. Il processo di revisione dell'articolo 10 della
Costituzione ha portato così, con la revisione del 21 Febbraio 2000, all'introduzione di un
terzo alinéa in cui si stabilisce che “L'uguaglianza tra donne e uomini è garantita”115
.
Nel progetto di legge governativo relativo all'introduzione di un articolo 11bis si prevedeva la
costituzionalizzazione della parità di genere per l'accesso alle cariche pubbliche e
l'introduzione di una garanzia di rappresentanza di genere in ogni organo esecutivo del Paese.
In tal modo, si andava oltre la semplice garanzia di parità nella compilazione delle liste
elettorali: “le gouvernement avait décidé fin avril 2000 d'imposer la présence d'au moins une
femme dans les organes exécutifs aux différents niveaux de pouvoir, du fédéral au communal,
de manière à empêcher la mise en place d'exécutifs unisexes”116
. Con la revisione
costituzionale del 21 Febbraio 2002 pertanto, è stata inserita in Costituzione una nuova
disposizione, l'articolo 11bis che introduce una norma secondo cui ogni organo esecutivo del
Paese (il Consiglio dei Ministri e gli esecutivi di comunità e di regione) ed ogni “deputazione
permanente dei consigli provinciali, dei collegi dei sindaci e assessori, dei consigli del CPAS,
degli uffici permanenti dei CPAS e negli esecutivi degli organi interprovinciali, intercomunali
o intracomunali” deve comprendere persone di sesso differenti. Viene poi garantita la parità di
accesso per “tutti i mandati elettivi e pubblici”.
Sul piano legislativo, il Governo depositò il 19 Maggio 2000 due progetti di legge per
l'introduzione della parità dei sessi sulle liste elettorali a tutti i livelli di governo. I due
progetti introducevano il medesimo principio: 1) l'obbligo della parità di genere nelle liste
elettorali (ovvero, lo scarto tra i due sessi non può essere superiore ad uno); 2) l'obbligo di
presentazione dei candidati di sesso differente (alternanza donne – uomini e viceversa) nei
due primi piazzamenti della lista. Il Partito socialista francofono e i Verdi valloni (Écolo)
proposero l'alternanza uomo-donna per l'intera lista in modo che le candidature delle donne
non fossero tagliate fuori dall'effetto devolutivo della case de tête.
114 Ibidem, p. 37.
115 La proposta di dichiarazione di revisione di tale articolo fu depositata nella Legislatura precedente, il 20
Marzo 1997, da sette senatrici (4 di parte fiamminga, 3 di parte francofona) che intendevano in tal modo rendere
esplicita tale uguaglianza solo “implicitement énoncé par l'article 10”. Ivi.
116 Ibidem, p. 34.
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Il 28 Gennaio 2002 il Governo depositò così tre progetti di legge nelle due assemblee federali:
il primo relativo alle elezioni provinciali, comunali e del Parlamento europeo (depositato alla
Camera); il secondo relativo alle elezioni federali, per il Consiglio della Comunità
germanofona (depositato al Senato); il terzo, infine, relativo alle elezioni regionali (depositato
al Senato).
Tuttavia, nel 2001 si stabilì un nuovo trasferimento di competenze verso le Regioni che
trasformò ancora una volta l'assetto istituzionale del Belgio (la dottrina fa riferimento agli
accordi del 2001 come ad una “Quinta riforma dello Stato”). La riforma era il frutto di un
accordo, detto “du Lambermont”, nel quale venivano trasferite alle Regioni, tra le altre
competenze, anche quella relativa alla legislazione dei comuni e delle province, ivi compresa
la legislazione elettorale provinciale, comunale e intracomunale. In tal senso, per la prima
volta nella storia del Belgio, non era più lo Stato centrale (o federale) a doversi occupare della
legislazione elettorale degli enti locali, devolvendo il legislatore tale competenza alle Regioni.
In tal modo, il progetto di legge governativo del 2002 relativo alle elezioni dei Comuni e delle
Province per l'introduzione dei principi attuativi della parità di genere nella compilazione
delle liste elettorali non era più valido, poiché la competenza a legiferare in materia era ormai
passata, dal 1o Gennaio 2002, alle Regioni.
Il Parlamento adottò comunque tre leggi che coprivano gli altri livelli di potere: la legge del
17 Giugno 2002 assicurava una uguale presenza di donne ed uomini sulle liste dei candidati
per le elezioni del Parlamento Europeo; la legge del 18 Luglio 2002 assicurava una uguale
presenza di donne ed uomini sulle liste dei candidati per le elezioni delle Camere federali e
del Consiglio della Comunità germanofona; la legge speciale del 18 Luglio 2002 assicurava
una uguale presenza di donne ed uomini nelle liste di candidati alle elezioni del Consiglio
regionale vallone, del Consiglio fiammingo e del Consiglio della Regione di Bruxelles-
Capitale.
d) Le leggi del 13 Dicembre 2002: provincializzazione degli arrondissement elettorali per la
Camera dei Rappresentanti ed il regime di eccezione per gli arrondissement Bruxelles-Hal-
Vilvorde, Leuven e Brabante vallone (ex Nivelles).
Le riforme elettorali della 50a Legislatura si chiusero con un nuovo accordo politico, stipulato
il 26 Aprile del 2002 dai rappresentanti del governo, dai partiti della coalizione e dai
rappresentanti dei governi regionali, accordo che avrebbe però fatalmente riacceso i contrasti
sul fronte comunitario, aprendo ad una crisi politica ed istituzionale che avrebbe portato, nel
Maggio del 2010, ad elezioni anticipate. I risultati elettorali videro la clamorosa vittoria del
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partito nazionalista fiammingo N-VA, guidato da Bart De Wever: in assenza di un accordo
politico con gli altri partiti dell'arco parlamentare si aprì una crisi di governo terminata solo
nel dicembre 2011, dopo la stipulazione di un nuovo patto federale con cui si sarebbe avviata
l'ennesima riforma dello Stato.
L'accordo del 26 Aprile 2002 comportava, oltre ad alcune modifiche della legislazione
elettorale, anche una serie di “volet institutionnel”, quali la riforma del Senato e lo status della
Regione di Bruxelles-Capitale. Per quanto riguarda la legislazione elettorale, l'accordo portò
all'adozione di due leggi, entrambi del 13 Dicembre 2002, con il quale venivano da un lato
modificati i criteri di determinazione dei confini delle circoscrizioni elettorali; dall'altro si
procedeva invece a stabilire, sulla base dei nuovi criteri summenzionati, un regime speciale
per la vecchia Provincia del Brabante (si tenga conto che l'istituzione provinciale del Brabante
ha cessato di esistere dal 1995 e che quindi con tale espressione si fa riferimento all'area
territoriale comprendente gli arrondissement elettorali di Bruxelles-Hal-Vilvorde, Nivelles e
Leuven).
Già nell'accordo governativo del 1997 il Governo raccomandava al Parlamento che la
Commissione per il rinnovamento politico che quest'ultimo avrebbe dovuto istituire, si
sarebbe dovuta occupare anche del ritaglio delle circoscrizioni. Si tenga conto che l'articolo
63 della Costituzione rimanda al legislatore federale la determinazione del ritaglio delle
circoscrizioni e questo in qualche modo spiega la rapidità con cui si giunse alla revisione del
2002. Lo stesso Governo aveva dimostrato a tal proposito un insolito “attivismo”, proponendo
una revisione del ritaglio delle circoscrizioni elettorali, in particolare riducendo le
circoscrizioni del territorio fiammingo a soli tre arrondissement: Anversa, Fiandra occidentale
e Fiandra Orientale. Attraverso la riduzione delle circoscrizioni elettorali si sarebbe ridotto, a
parere del governo, l'effetto paradossale degli apparentamenti che, vedi supra, la dottrina
tende ad identificare come “caprice de l'apparentement”.
In realtà, già nel 1996, nel cosiddetto “Saggio della Costituzione per la Fiandra”, era emersa
la volontà di alcuni partiti fiamminghi, in particolare i socialisti di SP e i cristiano sociali di
CVP, di ridurre a cinque le circoscrizioni per la Fiandra e allo stesso modo in Vallonia era
stato presentato un progetto di riforma per l'istituzione di una circoscrizione unica per le
elezioni regionali.
Le ragioni della riforma prospettata nell'accordo del 26 Aprile 2002 derivavano piuttosto dalle
proiezioni effettuate per le elezioni del 2003: come visto, la Costituzione stabiliva un numero
fisso di deputati (150), da ripartirsi per ciascuna circoscrizione in base al peso demografico.
Per il 2003 si sarebbe verificato, in base al nuovo censimento decennale, il trasferimento di un
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deputato dalla Fiandra al territorio francofono (in particolare le circoscrizioni di Gand-Eecklo
e di Courtrai-Roulers-Tielt avrebbero perso un seggio ed il Limburgo ne avrebbe guadagnato
uno, in territorio fiammingo, mentre in territorio vallone Charleroi-Thuin perdeva un seggio e
Namur e Luxembourg ne guadagnavano rispettivamente uno).
In base ai risultati delle elezioni del 1999, era possibile comprendere anche quali partiti
avrebbero beneficiato del trasferimento di seggi da una circoscrizione all'altra: il Vlaams Blok
avrebbe guadagnato un seggio nel Limburgo, il VLD lo avrebbe perso nella Fiandra orientale
e lo SP ne avrebbe perso uno in Fiandra Occidentale. In territorio francofono invece, Écolo
avrebbe guadagnato un seggio a Namur e a Lussemburgo, mentre il Partito socialista avrebbe
perso un seggio a Hainaut.
Nell'accordo del 26 Aprile si decise allora di “provincializzare” gli arrondissement elettorali
per la Camera dei Rappresentanti e di mantenere due eccezioni, lasciando immutati i limiti
territoriali degli arrondissement elettorali di Bruxelles-Hal-Vilvorde e di Lovanio, in territorio
brabantino e stabilendo delle eccezioni per gli apparentamenti nella vecchia provincia del
Brabante. Si sarebbe passati così da 20 collegi elettorali a 11 collegi elettorali, 9 dei quali
corrispondenti ai confini delle Province. Il sistema di ritaglio delle circoscrizioni era così
modificato: in Vallonia le Province di Namur, Lussemburgo e Brabante vallone rimasero
immutate, corrispondendo già alle rispettive province. La nuova circoscrizione di Hainaut
avrebbe inglobato invece le tre vecchie circoscrizioni di Mons-Soignies, Tournai-Ath-
Mouscron e Charleroi-Thuin. La nuova circoscrizione di Liegi avrebbe infine accorpato le
vecchie circoscrizioni di Liegi, Huy-Waremme e Verviers. In territorio fiammingo la nuova
circoscrizione del Limburgo sarebbe corrisposta alla vecchia circoscrizione di Hasselt-
Tongres-Maaseik. La nuova circoscrizione della Fiandra orientale avrebbe accorpato Gand-
Eeklo, Saint-Nicolas–Termonde e Alost-Audenarde. La nuova circoscrizione della Fiandra
occidentale avrebbe accorpato Bruges, Furnes-Dixmude-Ypres-Ostende e Courtrai-Roulers-
Tielt. Infine, la nuova circoscrizione Anversa avrebbe accorpato le vecchie circoscrizioni di
Anversa e Malines-Turnhout.
Come visto, furono mantenute le tre vecchie circoscrizioni del territorio brabantino,
mancando, dal 1o Gennaio 1995, l'ente provinciale nella Regione di Bruxelles, ed essendo
vigente in tale territorio un regime bilingue: si tratta in particolare degli arrondissement di
Bruxelles-Hal-Vilvorde, circoscrizione bilingue (unica nel suo genere), che copre una parte
del Brabante fiammingo; nella parte restante dell'antico Brabante fiammingo, costituita dal
territorio di Leuven, fu mantenuta la circoscrizione di Leuven (Lovanio); allo stesso modo fu
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mantenuta la circoscrizione di Nivelles, ovvero il Brabante vallone (prese quest'ultima
denominazione).
La Legge del 13 Dicembre 2002 imponeva ai candidati fiamminghi di depositare liste
elettorali identiche, ovvero composte dagli stessi nomi e nello stesso ordine sia nella
circoscrizione Leuven sia nella circoscrizione Bruxelles-Hal-Vilvorde. In tal modo non erano
più ammesse liste bilingue nella circoscrizione Bruxelles-Hal-Vilvorde. Si sarebbe poi
proceduto alla distribuzione dei seggi nella circoscrizione Bruxelles-Hal-Vilvorde in due
tempi: in una prima fase si determinava il numero dei seggi da attribuire alle liste francofone e
il numero dei seggi da assegnare alle liste fiamminghe, entrambe in funzione dei voti ottenuti.
In una seconda fase, alle liste fiamminghe si sarebbero aggiunti i seggi ottenuti nella
circoscrizione di Leuven (cui sono assegnati sette seggi); i seggi totali così ottenuti sarebbero
poi stati ripartiti tra le liste fiamminghe comuni a BHV e Leuven sulla base del totale dei
seggi ottenuti da queste liste nelle due circoscrizioni. Per le liste francofone della
circoscrizione BHV, la ripartizione si sarebbe effettuata in un primo tempo nella
circoscrizione di BHV ma per esse era possibile, a differenza delle liste fiamminghe,
l'apparentamento con le liste presentate nel Brabante vallone. La soglia del 5% per poter
accedere alla ripartizione dei seggi era applicata in maniera diversa per le liste delle due
comunità: le liste fiamminghe avrebbero dovuto superare tale soglia nella circoscrizione in cui
si erano presentate mentre il 5% era calcolato per il totale dei voti ottenuti delle liste
francofone.
Le Leggi del 13 Dicembre 2002, pubblicate sul Moniteur il 10 Gennaio 2003, furono
impugnate davanti alla Cour d'Arbitrage (divenuta poi Corte Costituzionale) che con la
sentenza n. 73/2003117
ha cassato proprio la parte relativa al regime speciale per BHV,
ponendo in essere la reviviscenza della normativa precedente, ma limitatamente per quella
parte del codice elettorale. La Corte rilevò che il meccanismo instaurato per la ripartizione dei
seggi era di fatto discriminatorio per i fiamminghi, ai sensi dell'articolo 63 della Costituzione,
il quale stabilisce che “ogni circoscrizione elettorale della Camera conta un numero di seggi
proporzionale alla sua popolazione”: “ora, mescolando, per il calcolo della ripartizione dei
seggi, i voti ottenuti dalle liste comuni alle circoscrizioni di BHV e di Lovanio, il dispositivo
introdotto dalla riforma non può garantire che la circoscrizione di Lovanio avrà i sette
rappresentanti che gli sono conferiti in ragione della taglia della sua popolazione (lo stesso
117 Si veda a tal proposito J. C. SCHOLSEM, “La problématique de Bruxelles-Hal-Vilvorde et la
jurisprudence de la Cour constitutionnelle” Fédéralisme Régionalisme, n. 1, vol. 8/2008.
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ragionamento vale, simmetricamente, per la popolazione fiamminga di BHV)”. Era inoltre
possibile che dei sette seggi assegnati a Lovanio non ne fosse assegnato nessuno118
.
La sentenza della Corte annullò anche il sistema differenziato per le soglie di sbarramento
stabilite dalla Legge per le circoscrizioni del territorio brabantino e allo stesso tempo
permetteva, tornando in vigore la normativa precedente, il deposito di liste bilingui e la
possibilità di apparentamento per le liste fiamminghe di Lovanio. Poiché la sentenza della
Corte arrivò tre mesi prima delle nuove elezioni, il Governo non fece in tempo ad adottare
una nuova normativa – la Corte d'Arbitrato rimandava infatti al legislatore la modifica della
disciplina elettorale nella parte “sospesa” dalla sentenza. Con la provincializzazione delle
circoscrizioni elettorali, secondo alcuni deputati aumentava la distanza tra partiti e cittadini,
soprattutto dal punto di vista della conoscibilità dei candidati ed in tal senso si faceva un
passo indietro rispetto alle intenzioni che avevano mosso l'accordo governativo del 1997. Vi
era poi chi lamentava che tale riforma avrebbe favorito i candidati delle zone urbane a
detrimento dei candidati “rurali”, teoricamente meno conosciuti dagli elettori.
e) La reintroduzione dei candidati supplenti
Con l'allargamento delle circoscrizioni il legislatore ha ritenuto opportuno introdurre
nuovamente le liste dei candidati supplenti, soppresse due anni prima con una legge (Legge
del 27 Dicembre 2000) pertanto mai applicata. Questo “non solo al fine di garantire una
migliore rappresentazione dell'insieme del territorio della provincia ma anche per permettere
ai giovani e alle donne di acquisire progressivamente più notorietà sul piano politico”119
.
Nel secondo caso, infatti, sono i partiti a decidere direttamente di piazzare i candidati con
meno chance di ottenere seggi, come le donne e giovani, anziché lasciare che questi emergano
con il voto di preferenza. Il numero massimo di candidati supplenti iscrivibili nella lista è pari
alla metà più uno dei candidati cosiddetti “titolari” o effettivi (questo secondo termine è
quello usato dal legislatore). Tuttavia vi è l'obbligo di piazzare un minimo di 6 candidati
supplenti per ogni lista. In tal modo nel Lussemburgo e nel Brabante vallone il numero
minimo di candidati supplenti è superiore ai seggi destinati a queste circoscrizioni. Per i
candidati supplenti valgono le medesime regole applicate per i titolari al momento della
distribuzione dei seggi, in particolare la riduzione del 50% dell'effetto devolutivo della case
de tête e l'assegnazione dei seggi secondo il piazzamento in lista. Come nella normativa
precedente, un candidato può presentarsi sulla medesima lista sia come titolare sia come
118 In P. BLAISE ET AL., op. cit., p. 45.
119 Ibidem, p. 53, trad. mia.
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supplente. Con la reintroduzione dei candidati supplenti il legislatore ha dovuto rimodulare
anche altri aspetti della legge elettorale così come modificati già in corso di Legislatura, come
ad esempio la griglia di presentazione dei candidati per il rispetto della parità di genere. I tre
primi candidati effettivi e i tre primi candidati supplenti di ciascuna lista non possono essere
del medesimo sesso (e non più dunque il primo e il secondo). La parità di genere deve essere
rispettata tanto nelle liste degli effettivi, quanto nelle liste dei supplenti. La disposizione per la
reintroduzione dei candidati supplenti contenuta nella Legge del 13 Dicembre 2002 era valida
per le sole elezioni delle Camere federali, mentre per il Parlamento europeo è intervenuta una
legge separata – Legge del'11 Marzo 2003.
f) La soglia di sbarramento al 5% a livello provinciale
La Legge del 13 Dicembre 2002 introduce per la prima volta una soglia di sbarramento del
5% per l'ammissione al riparto dei seggi. Il 5% era calcolato su base collegiale per il Senato e
su base circoscrizionale (e dunque provinciale) per la Camera dei Rappresentanti – dal 2014
come visto il Senato non è più elettivo. La soglia rappresenta un elemento di semplificazione
del panorama partitico all'interno di un sistema elettorale comunque già molto selettivo,
nonostante l'impiego del metodo proporzionale. Sono infatti la scarsità di seggi e l'ampiezza
dei collegi a correggere la proporzionalità (intesa come fattore di frammentazione) della legge
elettorale. La scelta di introdurre una soglia del 5% a livello circoscrizionale è stata fatta
soprattutto per “rispondere al problema della dispersione del paesaggio politico fiammingo,
che ha conosciuto un grande numero di partiti capaci o suscettibili di ottenere una
rappresentanza all'uno o all'altro livello di potere”120
. Tuttavia, fare delle considerazioni su
quali “tipi di partito” possano essere tagliati fuori o meno dalla soglia di sbarramento è uno
sforzo vano121
, in Belgio, dove le sorprese elettorali non sono infrequenti: la dottrina a caldo
aveva infatti dato per spacciata la N-VA, il partito nazionalista fiammingo proprio a causa di
questa soglia di sbarramento. Nel 2010 la N-VA guidata da Bart de Wever vinse le elezioni
politiche, ottenendo la maggioranza relativa dei seggi alla Camera dei Rappresentanti e al
Senato. L'introduzione di una soglia di sbarramento ha posto invece dei problemi di
costituzionalità evidenti, dal momento che gli articoli 62 e 68 della Costituzione dispongono il
metodo proporzionale per la rappresentanza per tutti i livelli di governo. Il Consiglio di Stato
ha messo in evidenza piuttosto che tale soglia potrebbe violare la Costituzione nella misura in
120 Ibidem, trad. mia. Vedi anche A. TRÉFOIS, J. FANIEL, “L'évolution des partis politiques flamands (2002-
2007)”, Courrier hebdomadaire du CRISP, n. 1971, 2007.
121 Ibidem, p. 54.
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cui “tenda ad escludere completamente la rappresentanza dei piccoli partiti”. Tuttavia, il
legislatore ha obiettato, in primo luogo, che la Costituzione precisa “che la legge determina il
sistema di rappresentanza proporzionale” e che quindi non viene vietata la possibilità di
modulare tale sistema mediante l'introduzione di una soglia di sbarramento (la giurisprudenza
della Corte d'Arbitrato accoglie tale ragionamento) e che, in secondo luogo, il sistema
elettorale prevedeva già delle soglie di sbarramento “implicite”: la taglia delle circoscrizioni
infatti sono diverse poiché dipendono dal peso demografico della circoscrizione. Pertanto
esistono tanti divisori elettorali quante sono le circoscrizioni e da ciò deriva la maggiore
possibilità, per le liste che si presentano nelle circoscrizioni più popolose, di ottenere seggi
con un minore numero di voti.
7. La sesta riforma dello Stato: scissione dell'arrondissement elettorale Bruxelles-Hal-
Vilvorde, elezione indiretta del Senato, elezioni simultanee per la Camera dei
Rappresentanti e per il Parlamento Europeo (2011 – 2014).
La crisi ingenerata dalla questione della circoscrizione elettorale di Bruxelles-Hal-Vilvorde ha
praticamente paralizzato le istituzioni belghe durante la 52a e la 53
a Legislatura
(rispettivamente 2007–2010 e 2010–2014)122
. Già durante la 51a Legislatura, i partiti politici
di tutto l'arco parlamentare non erano riusciti a trovare un accordo in merito alla possibile
scissione dell'arrondissement BHV e nella Legislatura successiva la mancata risoluzione del
“dossier BHV” costrinse alle dimissioni il Primo Ministro Yves Leterme (CD&V,
democristiani fiamminghi) e allo scioglimento anticipato della Camere nel Maggio del 2010.
Le elezioni del Maggio 2010 portarono alla clamorosa vittoria della N-VA, il partito
nazionalista fiammingo guidato da Bart de Wever, che ottenne la maggioranza relativa dei
seggi alla Camera dei Rappresentanti e al Senato, seguito dal Partito Socialista vallone (PS) di
Elio di Rupo.
Le difficoltà incontrate per giungere ad un accordo di governo con il leader del partito di
maggioranza relativa – i nazionalisti fiamminghi puntano alla costituzione di una Fiandra
indipendente – ha comportato un prolungamento della crisi di governo per oltre diciotto mesi.
Si è trattata della crisi di governo più lunga in assoluto per un Paese democratico (fino ad
allora, tale record negativo era detenuto dall'Iraq, con 289 giorni di crisi). Il 6 Dicembre del
2011, dopo 541 giorni di impasse, si giunse finalmente alla formazione di un Governo di
122 La crisi attraversata durante la 52
a Legislatura ha portato la dottrina a parlare di vera e propria
“Lègislature maudite”. Vedi M. UYTTENDAELE, “Chronique d'une Législature maudite. Réflexions sur
l'instabilité politique de la Belgique”, Pouvoirs, n. 136, 2011, pp. 51 e ss.
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coalizione composto da 6 partiti (PS, CD&V, MR, SP.A, Open VLD, CDH) e guidato dal
leader socialista Elio di Rupo123
. L'accordo di governo, intitolato sinteticamente “Accord
Papillon” prevedeva una serie di riforme in campo istituzionale che avrebbero determinato
un'evoluzione nel processo di federalizzazione dello Stato belga e di riflesso, una modifica
sostanziale del sistema elettorale. In primo luogo l'accordo prevedeva la riforma del Senato in
senso federale: “Le Sénat sera transformé, pour la première fois lors des élections
simultanées de 2014, en une chambre des entités fédérées”. Con la revisione degli articoli 67
e 68 della Costituzione, si è stabilito che a partire dal 2014 il Senato sarà composto da 60
membri designati direttamente dalle rispettive comunità in misura di 29 senatori nominati dal
Parlamento fiammingo, 10 senatori nominati dal Parlamento della Comunità francese, 8
senatori nominati dal Parlamento della Regione Vallonia, 2 senatori nominati dal gruppo
linguistico francofono della Regione di Bruxelles-Capitale, 1 senatore nominato dalla
Comunità germanofona e dieci senatori cooptati (6 dal gruppo linguistico neerlandese al
Senato, 4 dal gruppo francofono). Il Senato non potrà contare più dei due terzi dei membri
dello stesso sesso. La ripartizione dei seggi per i senatori cooptati avverrà in funzione dei
risultati elettorali della Camera dei Rappresentanti (Vedi Annesso 2).
In secondo luogo, l'accordo di Governo ha portato alla scissione dell'arrondissement di
Bruxelles-Hal-Vilvorde, attraverso una serie di riforme congiunte a livello tanto
costituzionale quanto legislativo. In un primo tempo si è proceduto a revisionare l'articolo 63
della Costituzione124
(ex art. 49 della Costituzione, rinumerato in seguito all'adozione dello
Stato federale nel 1993), aggiungendo al quarto alinéa una disposizione atta a stabilire delle
garanzie “speciali” per i gruppi linguistici nell'antica provincia del Brabante: “La legge
determina le circoscrizioni elettorali; essa determina ugualmente le condizioni richieste per
essere elettore e lo svolgimento delle operazioni elettorali. Tuttavia, al fine di garantire gli
interessi legittimi dei neerlandofoni e dei francofoni nella vecchia provincia del Brabante,
delle modalità speciali saranno previste dalla legge. Una modifica alle regole che fissano
queste modalità speciali non potrà che essere apportata da una legge [speciale]”125
. La legge
speciale, così come regolata dall'articolo 4 della Costituzione, prevede una maggioranza ben
più ampia per la sua approvazione rispetto a quella richiesta per la legge ordinaria. In tal
modo, la modifica della normativa relativa alla determinazione di “modalità speciali” per la
123 Per un'analisi delle varie fasi di formazione del governo di Rupo si vedano: L. SCIANNELLA, “La
parabola discendente di uno Stato. Cronaca della difficile crisi politica belga”, federalismi.it, n. 7/2012.
124 Revisione del 19 Luglio 2012. Progetto di Legge: Sénat, Doc 1561/1 del 2012; Testo dell'adozione:
Sénat, Doc. 53-2282/005.
125 Trad. mia.
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garanzia degli interessi legittimi dei due gruppi linguistici (limitatamente al territorio
brabantino) dovrà trovare l'accordo della maggioranza dei membri del Parlamento di
entrambe le comunità.
E' stato poi introdotto in Costituzione l'articolo 168bis,126
che adotta i medesimi principi
inseriti nel quarto alinéa dell'articolo 63 della Costituzione, per le elezioni del Parlamento
europeo: “Pour les élections du Parlement européen, la loi prévoit des modalités spéciales
aux fins de garantir les intérêts légitimes des néerlandophones et des francophones dans
l'ancienne province de Brabant”.
Con la Legge del 19 Luglio 2012 si è proceduti così alla scissione della vecchia circoscrizione
di BHV in tre diverse circoscrizioni per l'elezione della Camera dei Rappresentanti e del
Parlamento Europeo: una circoscrizione Brabante fiammingo, una circoscrizione Brabante
vallone e una circoscrizione elettorale specifica di Bruxelles-Capitale il cui territorio
corrisponde all'arrondissement amministrativo di Bruxelles-Capitale. Con la Legge del 19
Luglio 2012 si dà finalmente seguito alla sentenza della Corte d'Arbitrato n. 73/2003.
Pertanto, quella di Bruxelles-Capitale è l'unica circoscrizione in Belgio a corrispondere
direttamente con un arrondissement amministrativo, restando fermo il principio della
provincializzazione per tutte le altre circoscrizioni. Per tutte e tre le nuove circoscrizioni vale
la soglia di sbarramento del 5%.
I sei comuni à facilités attorno a Bruxelles sono stati riuniti nel nuovo cantone elettorale
Rhode-Saint-Genèse. Gli elettori iscritti nel cantone Rhode-Saint-Genèse hanno la facoltà di
votare sia per una lista presentata nella circoscrizione elettorale di Bruxelles-Capitale, sia per
una lista presentata nella circoscrizione elettorale del Brabante fiammingo (nuovo articolo
89ter del Codice elettorale).
Per il Parlamento Europeo, gli elettori di Rhode-Saint-Genèse possono votare sia per il
collegio elettorale francofono sia per il collegio elettorale neerlandese: l'appartenenza all'uno
o all'altro collegio è determinata dalla scelta personale degli elettori di questo cantone
elettorale (nuovo alinéa del paragrafo 1, articolo 10 della Legge del 23 Marzo 1989 relativa
all'elezione del Parlamento europeo).
In terzo luogo si è proceduto con una modifica del cumulo dei mandati, con due leggi, Legge
del 19 Luglio 2012 e Legge speciale del 19 Luglio 2012, nell'ambito di quello che
nell'accordo di Governo e nei rispettivi progetti di legge è stato indicato come “Rafforzamento
della democrazia e credibilità della politica”: in prima istanza viene vietata la presentazione
126 Revisione del 19 Luglio 2012. Progetto di Legge: Sénat, Doc. 1562/1 del 2012; Testo dell'adozione:
Sénat, Doc. 53-2283/005.
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per un medesimo candidato su una lista in qualità di effettivo e di supplente. In seconda
istanza, i membri del Parlamento fiammingo o del Parlamento vallone che si candidano (come
effettivi) all'elezione per la Camera dei Rappresentanti o per il Parlamento europeo decadono
dal loro mandato al momento della validazione del loro nuovo mandato. Allo stesso modo,
non è permesso un cumulo di mandati tra Parlamento fiammingo e Parlamento della Regione
di Bruxelles-Capitale.
Non si possono cumulare candidature simultanee per il Parlamento fiammingo o il Parlamento
vallone e la Camera dei Rappresentanti o il Parlamento Europeo, se le elezioni di queste
assemblee hanno luogo lo stesso giorno (e allo stesso modo non ci si può candidare per il
Parlamento fiammingo e per il Parlamento della Regione di Bruxelles-Capitale se le elezioni
di queste assemblee hanno luogo lo stesso giorno).
Con la revisione dell'articolo 46 della Costituzione (revisione del 6 Gennaio 2014), viene
posto il principio della simultaneità delle elezioni per la Camera dei Rappresentanti e del
Parlamento europeo: in caso di scioglimento anticipato della Camera dei Rappresentanti, la
nuova Legislatura termina al momento dell'elezione del nuovo Parlamento europeo: “En cas
de dissolution anticipée, la nouvelle législature fédérale ne pourra courir au-delà du jour des
premières élections pour le Parlement européen suivant cette dissolution”.
In tal senso è stato modificato anche l'articolo 65 della Costituzione che fissa la durata della
Legislatura per la Camera dei Rappresentanti a 5 anni. Non sono invece stati approvati i
progetti di legge volti a rendere simultanee le elezioni della Camera dei Rappresentanti con
quelle per le Regioni e le Comunità. Infine, il legislatore ha introdotto un nuovo articolo 39ter
nella Costituzione, che fissa il principio secondo cui una legge o un decreto regionale che
modifichi, a meno di un anno dal termine previsto della Legislatura, la legislazione elettorale
per la Camera dei Rappresentanti o di un Parlamento di una Regione o di una Comunità, non
potrà avere effetto se non al termine delle elezioni per la nuova Legislatura127
.
127 Su tale punto è critico J. VAN NIEUWENHOVE, “L'article 195 de la Constitution et la prise de décision au
niveau fédéral: verrouillage ou assouplissement?”, Administration Publique: Revue de droit public et sciences
administratives, n. 3/2012.