Il sistema elettorale belga

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federalismi.it n. 10/2014 IL SISTEMA ELETTORALE BELGA * di Gabriele Conti (Dottorando in Teoria dello Stato ed Istituzioni Politiche Comparate Sapienza Università di Roma) 14 maggio 2014 Sommario : 1. Introduzione 2. Il sistema elettorale belga nel 1831 3. Le modifiche della legislazione elettorale tra il 1848 e il 1893 4. Il passaggio al sistema proporzionale e il suffragio universale maschile (1899 1921) - 5. L'estensione del voto alle donne, la legge elettorale per il Parlamento europeo e la federalizzazione del sistema elettorale (1945 1993) 6. Le riforme elettorali nella 50 a Legislatura (1999 2003) 7. La sesta riforma dello Stato: scissione dell'arrondissement elettorale Bruxelles-Hal-Vilvorde, elezione indiretta del Senato, elezioni simultanee per la Camera dei Rappresentanti e per il Parlamento Europeo (2011 2014). 1. Introduzione Il 25 Maggio 2014 in Belgio si voterà contemporaneamente per il rinnovo della Camera dei Rappresentanti e per il Parlamento europeo. Le elezioni politiche non riguarderanno più il Senato il quale, in seguito ad una revisione costituzionale adottata nel 2012, è stato trasformato in una Camera degli enti federati e sarà composto, a partire dalla 54 a Legislatura, da 60 membri designati direttamente dai Parlamenti degli enti locali delle comunità linguistiche francofona e fiamminga (Parlamento fiammingo, Parlamento della Regione * Articolo sottoposto a referaggio.

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federalismi.it n. 10/2014

IL SISTEMA ELETTORALE BELGA*

di

Gabriele Conti

(Dottorando in Teoria dello Stato ed Istituzioni Politiche Comparate

Sapienza – Università di Roma)

14 maggio 2014

Sommario: 1. Introduzione – 2. Il sistema elettorale belga nel 1831 – 3. Le modifiche della

legislazione elettorale tra il 1848 e il 1893 – 4. Il passaggio al sistema proporzionale e il

suffragio universale maschile (1899 – 1921) - 5. L'estensione del voto alle donne, la legge

elettorale per il Parlamento europeo e la federalizzazione del sistema elettorale (1945 – 1993)

– 6. Le riforme elettorali nella 50a Legislatura (1999 – 2003) – 7. La sesta riforma dello Stato:

scissione dell'arrondissement elettorale Bruxelles-Hal-Vilvorde, elezione indiretta del Senato,

elezioni simultanee per la Camera dei Rappresentanti e per il Parlamento Europeo (2011 –

2014).

1. Introduzione

Il 25 Maggio 2014 in Belgio si voterà contemporaneamente per il rinnovo della Camera dei

Rappresentanti e per il Parlamento europeo. Le elezioni politiche non riguarderanno più il

Senato il quale, in seguito ad una revisione costituzionale adottata nel 2012, è stato

trasformato in una Camera degli enti federati e sarà composto, a partire dalla 54a Legislatura,

da 60 membri designati direttamente dai Parlamenti degli enti locali delle comunità

linguistiche francofona e fiamminga (Parlamento fiammingo, Parlamento della Regione

* Articolo sottoposto a referaggio.

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Vallonia, Parlamento della comunità francese e Parlamento della Regione di Bruxelles-

Capitale)1.

La legislazione elettorale belga si è trasformata nel tempo sotto molti profili e, in particolare,

durante la 53a Legislatura (2010 – 2014), sono state apportate alcune importanti modifiche al

sistema politico-istituzionale del Paese, nell'ambito della cosiddetta “sesta riforma dello

Stato”, che hanno reso necessaria la revisione della legge elettorale per la Camera e per il

Parlamento europeo. In tutto, tra il 2012 e il 2014 il costituente ha messo mano a ben 47

disposizioni costituzionali, ridefinendo così l’intero assetto federale dello Stato.

Lo Stato federale era stato formalmente istituito nel 1993, al termine di un lungo processo di

smantellamento dello Stato centrale avviato nel 1970, con la creazione dei primi enti di natura

comunitaria (le Comunità culturali, poi divenute Comunità tout court nel 1980). Nel 1993,

con l'adozione dello Stato federale, le Comunità e le Regioni (queste ultime istituite

formalmente nel 1970, ma rese sostanzialmente operative tra il 1980 e il 1989) furono dotate

di organi legislativi direttamente eletti: i Consigli di Comunità e i Consigli di Regione (tra il

1970 e il 1993 tali organi, ad eccezione del Consiglio della Comunità germanofona e del

Consiglio della Regione di Bruxelles-Capitale, istituito nel 1989, erano invece composti dai

membri del Parlamento nazionale, suddivisi in base al gruppo linguistico di appartenenza).

Fino al 1989 la legislazione elettorale belga, disciplinata dal legislatore centrale, si limitava

alla disciplina delle elezioni per la Camera dei Rappresentanti, di una parte dei senatori, del

Parlamento europeo, dei consigli locali (comuni e province) e del Consiglio della Comunità

germanofona. Dal 1993, invece, con la quarta riforma dello Stato, il sistema istituzionale

belga si è arricchito, come visto, di una nuova serie di organi elettivi in ciascuna istituzione

federata: il sistema elettorale si è così appesantito eccessivamente, costringendo in qualche

modo il legislatore centrale a demandare alle Regioni la competenza sulla legislazione

elettorale delle Province e dei Comuni2. Il clivage linguistico-culturale, emerso già negli anni

'30 del XX Secolo, si riversò pertanto dal livello istituzionale a quello elettorale, alimentando

1 In breve: il Senato belga era originariamente composto da una ristretta élite pagante un censo piuttosto

elevato, ma i membri della Camera Alta erano direttamente eletti dal popolo (anche gli elettori erano selezionati

in base ad un censo). Alla categoria dei senatori direttamente eletti venne affiancata in un momento successivo la

categoria dei senatori nominati dai consigli provinciali. Nel 1921 il costituente riservò solamente a 21 categorie

professionali la possibilità di candidarsi al Senato, abbandonando così il criterio censuario. Nel 1993, la

composizione del Senato mutò nuovamente, e la categoria dei senatori provinciali fu rimpiazzata da quella dei

senatori designati dagli enti federati. Dal 2014, il Senato sarà composto esclusivamente da quest'ultima categoria

di senatori.

2 La disciplina delle elezioni comunali e provinciali è diventata di competenza regionale dal 2002, in

seguito ai cosiddetti accordi “du Lambermont” del 2001. Vedi a tal proposito P. DELWIT, B. HELLINGS, “Les

accords de Lambermont-Saint-Polycarpe”, L’année sociale, 2001, Bruxelles, De Boeck, 2002

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le fratture sul fronte comunitario e portando così ad un’ulteriore frammentazione del

panorama partitico.

La vita politica del Belgio è stata in realtà attraversata da una serie di “tensioni che hanno

dato vita a tre logiche differenti, in grado di plasmare il sistema politico”3: il clivage Stato–

Chiesa aveva opposto la corrente cattolica a quella liberale nella prima metà dell’800,

contribuendo al processo di laicizzazione dello Stato; il clivage capitale–lavoro è emerso

invece nel 1885, con l'avvento del Partito Operaio Belga (POB), definendo un maggiore

pluralismo istituzionale; infine, il clivage comunitario si è sovrapposto ai precedenti alla fine

degli anni '60, in seguito alla fissazione delle frontiere linguistiche determinando, da un lato,

lo smembramento dello Stato centrale – con l'adozione di istituzioni separate per ciascuna

comunità linguistica – e, dall'altro, lo sfarinamento del sistema partitico nazionale – con

l'emergere di forze partitiche di impianto localistico operanti sul piano nazionale4.

Tra il 1831 ed il 1899 si assiste così al passaggio da un sistema bipartitico-maggioritario

(Liberali-Cattolici) ad un sistema tripartitico-proporzionale (Cattolici-Liberali-Socialisti),

mentre tra il 1965 e il 1978 si passa progressivamente ad un sistema di multipartitismo

estremo corredato da un modello di governo di tipo consociativo5 (con coalizioni formate da

almeno quattro partiti) dominato essenzialmente da formazioni di stampo comunitario

(fiamminghe, valloni, brussellesi).

I partiti tradizionali si separarono infatti nelle rispettive ali comunitarie ed il panorama

partitico ha visto l'emergere di nuove formazioni a carattere locale in grado di influenzare in

modo decisivo la politica nazionale: dalla fine degli anni ’70, anzi, non esistono più, in

Belgio, partiti a carattere nazionale6.

3 In M. QUÉVIT, M. AIKEN, “La composition politique au sein du système politique belge (1919 – 1974)”,

Courrier hebdomadaire du CRISP, n. 669-670, 1975, p. 4, trad. mia.

4 Si vedano a tal proposito C. VANDERMOTTEN, J. VANLAER, “Partis et élections depuis 1946”, Pouvoirs,

n. 54, 1990, p. 63; X. MABILLE, “Les partis politiques en Belgique”, Dossier du CRISP, 2004.

5 Si vedano a tal proposito A. LIJPHART, “Patterns of Democracy: Government Forms and Performance

in Thirty-six Countries”, New Haven, Yale University Press, 2012; ID., “Conflict and Coexistence in Belgium:

The Dynamics of a Culturally Divided Society”, University of California Press, Berkeley, 1981.

6 Il Partito Cristiano-sociale, ereditario del Partito cattolico, si è separato nel 1968 dando vita al C.V.P.

(Cristiano-sociali fiamminghi) e al P.S.C. (Cristiano-sociali valloni); il Partito Socialista, ereditario del Partito

Operaio, si è separato nel 1978, lasciando la scena al B.S.P. (Socialisti fiamminghi) e al PS (Socialisti valloni);

dalle ceneri del Partito Liberale sono emerse invece, nel 1972, tre diverse formazioni: il P.V.V. (Liberali

fiamminghi), il P.L.P. (Liberali brussellesi) e il P.R.L. (Liberali valloni); tra il 1954 e la prima metà degli anni

'70 emersero formazioni a carattere comunitario o regionalistico, come il VU (Volksunie, nazionalisti

fiamminghi), il F.D.F. (Federalisti Francofoni di Bruxelles), il R.W. (Rassemblement wallon, regionalisti

valloni). Alla fine degli anni '70 fu la volta dei partiti ecologisti (Ecolo e Agalev) e dei partiti di estrema destra

(Vlaams Blok e, nel 1985, il Front National, il primo con un forte seguito nelle Fiandre). Si veda per la

composizione dei partiti politici fino al 1979 X. MABILLE, “Le système des partis dans la Belgique post-

unitaire”, Courrier hebdomadaire du CRISP, n. 864, 1979.

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Il sistema elettorale di tipo proporzionale (il metodo adottato è quello D'Hondt corretto dal

meccanismo degli apparentamenti – cosiddetto metodo Van de Walle), è stato inserito in

Costituzione e pertanto adoperato in tutti i livelli di governo (Camera dei Rappresentanti,

Senato, consigli provinciali) e per le elezioni del Parlamento europeo, mentre ai Comuni è

stato riservato il sistema di ripartizione di tipo Imperiali (che segue lo stesso procedimento del

metodo D'Hondt ma con una leggera correzione che tende a privilegiare i partiti maggiori). Il

sistema proporzionale ha condotto così all'atomizzazione del sistema partitico, rendendo

pertanto più complessa la procedura di formazione dei governi a livello nazionale ed

inasprendo le tensioni tra le due maggiori comunità, quella fiamminga e quella vallona, ormai

completamente separate sul piano politico.

In realtà, nel corso del processo di federalizzazione sono emerse istanze “unitarie” che hanno

tentato di porre un freno alla deriva comunitaria: così, ad esempio, durante il governo

Verhofstadt I (1999-2003) sono state avanzate, senza successo, diverse proposte di legge per

la reintroduzione del sistema maggioritario7. In mancanza di maggioranza sufficienti per

l’adozione di riforme relative al meccanismo di trasformazione dei voti in seggi, il legislatore

ha ripiegato su alcuni meccanismi in grado di garantire, almeno teoricamente, la governabilità

(soglia di sbarramento al 5%, circoscrizioni elettorali più ampie).

Le tensioni emerse tra istanze unitarie e forze centrifughe, sul piano istituzionale, e tra

difensori del metodo proporzionale e fautori del modello maggioritario, sul piano elettorale,

ha determinato l'evoluzione del sistema politico belga in una duplice direzione. Nel periodo

successivo all’adozione della proporzionale, il Belgio ha attraversato infatti fasi alterne di

“concentrazione” e “dispersione” elettorale: le famiglie tradizionali hanno dominato il campo

politico tra il 1919 e il 1932 e tra il 1946 e il 1958, mentre tra il 1936 e il 1939 e il 1961 e il

1974 si è avuta una maggiore frazionalizzazione che ha favorito dapprima le formazioni

estremiste (asse destra-sinistra) e poi quelle a carattere localistico (asse centro-periferia),

portando, nel secondo caso, ad una “frammentazione stabile del sistema”8. Le elezioni del

1979 per il Parlamento europeo avrebbero dovuto segnare, in tal senso, uno spartiacque

profondo: la Legge elettorale per il Parlamento europeo adottata nel 1978, istituiva infatti due

collegi elettorali per ciascuna comunità linguistica e tre grandi circoscrizioni (Vallonia,

7 L'ipotesi di un ritorno al maggioritario potrebbe tornare ad essere discussa nel corso della prossima

Legislatura, posto che con una sola Camera elettiva, il sistema politico-istituzionale potrebbe richiedere il

superamento del modello proporzionale. La dottrina ha osservato a tal proposito che una legge elettorale

maggioritaria può funzionare infatti solo all'interno di un sistema “monocamerale”. Si veda a tal proposito B.

CARAVITA DI TORITTO, “La riforma elettorale alla luce della sentenza 1/2014”, federalismi.it, n. 2/2014, p. 7.

8 Vedi gli indici di frazionalizzazione calcolati da M. QUÉVIT, M. AIKEN, op. cit., pp. 14 e ss.

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Fiandra e Bruxelles)9. La maggiore ampiezza delle circoscrizioni avrebbe dovuto avviare una

fase di semplificazione del sistema con la “riunificazione dei partiti”, almeno a livello

comunitario. I risultati elettorali della prima elezione per il Parlamento europeo non

produssero però gli effetti sperati: la natura “comunitaria” dei collegi non fece altro che

accentuare il carattere localistico della competizione elettorale, vanificando il meccanismo di

“concentrazione” dato dalla maggiore ampiezza dei collegi.

Tuttavia, proprio da allora cominciò a farsi spazio l'ipotesi di un collegio “unico” nazionale,

non solo per le elezioni europee ma anche per quelle nazionali10

. Dopo l'adozione dello Stato

federale, è stata invece avanzata a più riprese l'idea di una circoscrizione unica “federale” al

fine di adattare la normativa elettorale al processo di federalizzazione in corso: nel 1988, il

democristiano fiammingo Bob Gijs propose l'adozione di un collegio unico per l'elezione dei

senatori mentre gli ecologisti valloni (Écolo) presentarono una proposta di legge per

l’adozione di una circoscrizione unica per l'elezione dei deputati federali11

.

Nel 1993 furono adottate per il Senato le medesime circoscrizioni utilizzate per le elezioni del

Parlamento europeo, mentre per la Camera dei Rappresentanti si è provveduto, dieci anni più

tardi, a definire un sistema di ritaglio delle circoscrizioni basato sui confini delle Province. In

tal modo però, si riapriva la questione relativa all'arrondissement elettorale Bruxelles-Hal-

Vilvorde, l'unica circoscrizione elettorale bilingue del Paese – posta a cavallo tra la Regione

di Bruxelles e il territorio fiammingo. La separazione del Paese in quattro aree linguistiche,

avvenuta negli anni ‘60, aveva infatti spinto il legislatore a stabilire un regime eccezionale per

alcuni Comuni di frontiera nei quali erano presenti consistenti minoranze linguistiche, anche

se il sistema del ritaglio delle circoscrizioni non era vincolato a criteri linguistici, né doveva

essere adattato ai nuovi confini amministrativi. Con l'adozione del criterio “provincialistico”

nel 2002, invece, l'arrondissement Bruxelles-Hal-Vilvorde costituiva un'eccezione

ingiustificata poiché il territorio della circoscrizione brabantina non coincideva con quello di

una Provincia. Il legislatore aveva poi stabilito delle eccezioni nel sistema degli

apparentamenti (che vengono definiti a livello provinciale) e della distribuzione dei seggi che

non avrebbe permesso, agli elettori fiamminghi della circoscrizione del Brabante fiammingo

9 Gli elettori fiamminghi potevano votare per le liste del collegio neerlandese, i francofoni per le liste del

collegio vallone e gli elettori residenti nella circoscrizione di Bruxelles-Hal-Vilvorde potevano votare per le liste

dell'uno o dell'altro collegio.

10 Lo stesso primo ministro di allora, Leo Tindemans, aveva proposto di adottare un collegio unico

nazionale per le elezioni del Parlamento europeo. Si vedano D. SINARDET, “Le projet de circonscription

électorale fédérale”, Courrier hebdomadaire du CRISP, n. 2142, 2012, p. 12; P. DELWIT, “Au bonheur de la

fédération, la circonscription fédérale”, Bruxelles, Centre d'études de la vie politique, 2012.

11 Ibidem, p. 16.

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(Lovanio), collegata a BHV, di ottenere con sicurezza tutti i seggi spettanti (sette in totale)

alla circoscrizione fiamminga.

Nel 2012 si è provveduto dunque alla scissione dell'arrondissement elettorale di BHV: ciò ha

lasciato emergere nuovamente l'ipotesi di una circoscrizione unica federale, stavolta intesa

però come strumento di riunificazione istituzionale, posto che con la separazione della

circoscrizione brabantina il legislatore aveva tagliato l'ultimo ponte di raccordo tra le due

comunità, mettendo in serio pericolo l'unità nazionale12

.

La sovrapposizione delle elezioni per la Camera dei Rappresentanti e per il Parlamento

Europeo, ormai fissata in Costituzione, si rivela a tal punto interessante, sotto alcuni profili.

Da un lato, l'effetto “nazionale” delle elezioni per la Camera dei Rappresentanti potrebbe

ridurre la tensione “campanilistica” che caratterizza solitamente le elezioni europee, e favorire

così i partiti “centralisti” a discapito delle formazioni comunitarie o estremiste. Dall'altro, al

contrario, l'effetto “europeo” potrebbe spingere gli elettori a insistere sul voto “di pancia”,

determinando così una nuova vittoria delle frange estremiste (intese tanto sull’asse destra-

sinistra quanto sul piano centro-periferia).

I risultati delle elezioni del prossimo 25 Maggio saranno dunque decisivi per il futuro del

Paese: se verranno confermati i risultati elettorali delle politiche del 2010, con un partito

antisistema in testa, il sistema istituzionale potrebbe entrare in una nuova fase di crisi, a quel

punto fatale per le sorti del Paese. Al contrario, un ritorno delle forze “unitarie” potrebbe

portare ad una seria riforma dell’impianto federale, con un ritorno all’unità nazionale che

potrebbe tradursi, sul piano elettorale, con un progressivo abbandono del metodo

proporzionale ovvero con l'introduzione di alcuni meccanismi in grado di marginalizzare

definitivamente le forze localistiche anti-sistema.

2. Il sistema elettorale belga del 1831

L'11 Ottobre 183013

il Governo provvisorio del Belgio indipendente emanò un'ordinanza con

la quale venivano stabiliti i criteri per l'elezione dei 200 deputati del Congresso Nazionale,

l'assemblea che si sarebbe occupata di redigere una Costituzione per il nascente Regno del

Belgio. Il sistema elettorale adottato per il Congresso Nazionale si rifaceva in gran parte al

12 Ibidem, pp. 43 e ss.

13 Vedi C. BEHRENDT, F. BOUHON, “Introduction à la Théorie générale de l'État”, Bruxelles, Édition

Larcier, 2009.

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sistema per l'elezione della seconda Camera degli Stati generali del Regno dei Paesi Bassi,

Regno da cui il Belgio si era distaccato in seguito alla rivoluzione del 25 Agosto 183014

.

Il Governo provvisorio riprendeva in particolare, dal modello olandese, un duplice criterio per

l'accesso al diritto di voto: da un lato la base del diritto di voto era determinata dal “censo” –

stabilito in misura variabile da 150 a 13 fiorini in base all'importanza e al benessere delle

varie località – e, dall'altro, dal criterio della cosiddetta “capacità presunta” che assegnava il

diritto di voto ai magistrati, ai ministri dei culti, agli ufficiali superiori fino al grado di

capitano e ai laureati15

. Il sistema era così estremamente selettivo: su una popolazione di circa

4 milioni e mezzo di anime, solo 46.099 cittadini avevano diritto di voto – 38.429 in base al

censo e 7.670 in base ai criteri capacitari16

.

In mancanza di veri e propri partiti politici, le prime elezioni della storia del Belgio

indipendente furono dominate da tre grandi correnti ideologiche: la corrente cattolica, quella

liberale ed il gruppo dei cosiddetti “unionisti”, composto da liberali e cattolici moderati. Il

dibattito sulla scelta del sistema elettorale da adottare per la futura assemblea legislativa del

Belgio indipendente fu incentrato principalmente su tre questioni: a) i criteri di accesso al

diritto di voto; b) i criteri di eleggibilità dei parlamentari; c) la strutturazione dell'assemblea

legislativa.

Nel corso dei lavori emerse così una spaccatura tra “democratici” e “conservatori”: i primi

erano fautori di un sistema monocamerale con elezione diretta di tutti i deputati; i secondi

erano invece a favore di un sistema bicamerale con un Senato composto da membri nominati

direttamente dal Re. Alla fine si giunse ad un compromesso, con l'adozione di un

bicameralismo con elezione diretta dei membri di entrambe le Camere, ma con l'introduzione

di criteri di eleggibilità per il Senato più stringenti rispetto a quelli stabiliti per la Camera

bassa.

Il Congresso Nazionale decise di inserire in Costituzione i criteri relativi all'accesso al diritto

di voto e all'eleggibilità di deputati e senatori, lasciando invece al legislatore piena libertà

sulla scelta del meccanismo di ripartizione dei voti in seggi. Per entrambe le Camere, il

14 Per una disamina storico-politica delle vicende che portarono all'indipendenza del Belgio si veda X.

MABILLE, “Nouvelle Histoire Politique de Belgique”, Bruxelles, CRISP, 2011.

15 “Sont également électeurs, sans qu'il soit exigé d'eux aucun cens électoral, et pourvu qu'ils remplissent

les deux premières condition de l'article 3, les conseillers de cours, juges des tribunaux, juges de paix, les

avocats, avoués, notaires, les ministres des différents cultes, les officiers supérieurs, jusqu'au grade de capitaine

inclusivement, les docteurs en droit, en science, en lettres et philosophie, en médecine, chirurgie ou

accouchement”, in E. HUYTTENS, “Discussion du Congrès national de Belgique 1830-1831: Pièces

justificatives”, Bruxelles, Société Typographique Belge, IV Tomo, 1844.

16 Dati ripresi da J. B. PILET, “Changer pour gagner? Les réformes des lois électorales en Belgique”,

Bruxelles, Editions de l'Université de Bruxelles, 2007, p. 18.

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Congresso stabilì, in maniera esclusiva, il principio del “diritto di voto censuario riservato

agli uomini”17

. L'abbandono del criterio capacitario – adottato invece per le elezioni del

Congresso Nazionale – scontentava i liberali18

anche se questi ultimi furono compensati

dall'adozione di un livello minimo di censo superiore a quello stabilito per l'elezione del

Congresso Nazionale: il pagamento di un censo avrebbe garantito, a parere dei liberali, la

piena indipendenza tanto economica quanto politica del singolo elettore (essi temevano

soprattutto l'influenza che il clero avrebbe potuto esercitare sulle classi meno abbienti).

L'articolo 47 della Costituzione belga del 7 Febbraio 1831 disponeva così che “la Camera dei

rappresentanti si compone di deputati eletti direttamente dai cittadini paganti il censo fissato

dalla legge elettorale, il quale non può superare i 100 fiorini di imposte dirette, né essere

inferiore ai 20 fiorini”. L'articolo 53 della Costituzione del 1831 stabiliva poi che il Senato

sarebbe stato eletto “dagli stessi cittadini che eleggevano la Camera dei rappresentanti”

anche se sotto altri aspetti le due Camere sarebbero state ampiamente differenziate.

Per quanto attiene l'elettorato passivo, ad esempio, l'articolo 50 della Costituzione elencava,

per i candidati alla Camera, le seguenti condizioni: “1° Essere Belga di nascita o aver

ricevuto la grande naturalizzazione; 2° Godere dei diritti civili e politici; 3° Avere raggiunto

l'età di venticinque anni compiuti; 4° Avere il proprio domicilio in Belgio. Nessun'altra

condizione di eleggibilità può essere richiesta”. Al contrario, l'eleggibilità al Senato veniva

limitata ad una élite piuttosto ristretta, disponendo, l'articolo 56 della Costituzione, che

“Onde poter essere eletto e rimanere senatore, bisogna: 1° Essere Belga di nascita o aver

ricevuto la grande naturalizzazione; 2° Godere dei diritti politici e civili; 3° Essere

domiciliato nel Belgio; 4° Avere almeno quarant'anni; 5° Pagare nel Belgio almeno mille

fiorini di contribuzioni dirette, comprese quelle di patenti. Nelle province, in cui la lista dei

cittadini paganti mille fiorini di contribuzioni dirette non raggiunge la proporzione di una su

seimila anime di popolazione, essa è formata dei maggiori contribuenti della provincia fino a

concorrenza di questa proporzione di uno su seimila”.

17 Si veda J. STENGERS, “Histoire de la législation électorale en Belgique”, in Revue Belge de Philologie

et d'Histoire, Vol. 84, 2004, N. 82-1-2, p. 248: “Cette disposition, lors du vote de la Constitution par le Congrès

National, fut adoptée en une seule séance, pratiquement sans débat de fond. Il y avait accord général, dans

l'optique de l'électorat-fonction pour considérer que le cens était le meilleur critère de l'aptitude électorale. Il

apparaissait comme le meilleur moyen de s'assurer que les électeurs présenteraient les garanties d'ordres (c'est-

à-dire d'attachement à l'ordre établi), de lumières et d'indépendance nécessaires pour remplir leur fonction”.

18 “On ne peut concevoir un plus grand non-sens politique que de n'admettre la qualité d'électeur qu'à

l'aristocratie des richesses et de la refuser au monopole de l'intelligence; comme si un sot qui paie le cens voulu

pouvait jamais être autre chose qu'un sot...”, in ARISTIDE (Conseiller Provinciaux de Hainaut), “Essai Politique:

Des Gouvernements Représentatifs modernes et de leur rapport avec la Belgique en 1847”, Mons, Imprimerie de

Masquillier et Lamir, 1847, pp. 65 – 66.

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Il numero dei deputati era fissato dalla legge elettorale e dipendeva dalla grandezza della

popolazione: l'articolo 49 della Costituzione stabiliva che tale numero non poteva eccedere

“la proporzione di un deputato ogni 40.000 anime”, mentre l'articolo 54 stabiliva che il

numero dei senatori doveva essere “la metà di quello dei deputati”. La Legge del 3 Marzo

1831 fissava il numero dei deputati a 102 e quello dei senatori a 51.

Oltre ai criteri di eleggibilità (democratico per la Camera dei Rappresentanti, censuario per il

Senato) e alle condizioni di età (25 anni per essere eletto deputato, 40 per essere eletto

senatore) deputati e senatori avevano anche differenti mandati temporali. L'articolo 51 della

Costituzione stabiliva infatti che i deputati sarebbero stati eletti per quattro anni e rinnovati

per metà ogni due anni, mentre l'articolo 55 disponeva che i senatori sarebbero stati eletti per

otto anni e rinnovati per metà ogni quattro anni. La legge elettorale del 1831 rinviava a sua

volta ad una serie di leggi, definite “speciali”, ovvero la Legge del 10 Aprile 1835 e la Legge

del 3 Giugno 1839, la definizione dei criteri per la determinazione delle liste dei senatori e dei

deputati da eleggersi nelle elezioni di medio termine.

Per quanto riguardava l'accesso al diritto di voto, come visto, l'unico criterio adottato fu

quello del censo: il costituente pose tuttavia dei limiti al legislatore, fissando il minimo di

censo a 20 fiorini (anziché 13 come nel sistema elettorale adottato per l'elezione del

Congresso Nazionale) ed un tetto massimo di 100 fiorini (anziché 150)19

. Il legislatore poteva

dunque stabilire il censo in maniera non necessariamente uniforme su tutto il territorio del

Belgio ma doveva tenere conto dei limiti stabiliti dal costituente20

. In effetti, il legislatore

interpretò questa norma nel senso di poter variare la misura del censo in base alle “condizioni

fiscali” della varie località, allo stesso modo con cui si era proceduto al momento

dell'applicazione della disciplina elettorale per il Congresso Nazionale, anziché fissare un

censo uniforme per tutto il Paese.

19 L'articolo 1, comma 3, della Legge elettorale del 3 Marzo 1831 stabiliva, infatti, tra i criteri per essere

elettore: “Verser au trésor de l'Etat la quotité de contributions directes, patentes comprises”. Per contribuzioni

dirette si intendevano: 1) imposte sul patrimonio fondiario; 2) le contribuzioni personali, compresa quella

derivante dall'imposta sul valore locativo, immobiliare, sulle porte e le finestre, sul focolare, sui domestici e sui

cavalli; 3) l'imposta professionale (c.d. patente); 4) le rendite fisse e proporzionali di derivazione mineraria. Il

pagamento di una contribuzione formante il censo necessario per l'acquisizione del diritto di voto era permessa

anche al di là del possesso dei beni imponibili (ad esempio, si poteva pagare un contributo “sui cavalli di lusso”

pur non possedendo cavalli). In J. B. BIVORT, “Loi électorale de la Belgique”, Bruxelles, Librairie de Deprez-

Parent, 1841, pp. 8 e 9, trad. mia.

20 La ragione della scelta di un tetto massimo oltre il quale il legislatore non potesse salire e una soglia

minima oltre la quale non discendere, risiedeva da un lato nella volontà di non rendere il sistema eccessivamente

selettivo e, dall'altro, dalla necessità di riservare il diritto di voto solo a chi potesse dimostrare un minimo di

“indipendenza economica”. Si veda L. ARNAUD, “La révision belge, 1890-1893”, Paris, Pedone – Bruxelles,

Société belge de librairie, 1894, p. 28.

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Il legislatore definì così, con la Legge del 3 Marzo 1831, un tasso variabile per le grandi città

e un tasso minimo per le campagne in ciascuna Provincia21

. Con la Legge del 1o Aprile 1843,

il legislatore stabilì poi che “i centesimi addizionali riscossi dalle province e dai comuni non

sarebbero stati conteggiati al fine della formazione del censo elettorale e che le imposte

fondiarie e sulle rendite minerarie dovevano essere pagate nei due anni precedenti la tornata

elettorale”22

. L'ampiezza e il tipo di elettorato dipendevano quindi dalle modulazioni che il

legislatore operava sulla legislazione fiscale oltre che dalle modalità di determinazione del

censo elettorale fissate nella Legge elettorale (nel 1831, il censo venne quasi esclusivamente

calcolato sulle imposte fondiarie, avvantaggiando così i soli proprietari terrieri).

La legge elettorale del 1831 poneva in essere un sistema piuttosto restrittivo, poiché

concedeva il diritto di voto solo a 45.000 cittadini, pari a un centesimo della popolazione del

Belgio del 1831: di questi 45.000 cittadini, solo 400 potevano votare per il Senato. Tuttavia,

la mancanza di ulteriori criteri di carattere “elitario” lo rendevano “abbastanza democratico in

riferimento alle esigenze dell'epoca in cui fu attuato ed allo sviluppo della coscienza politica

dei cittadini”23

.

Gli elettori venivano iscritti in liste permanenti, da rinnovarsi annualmente24

in ciascun

Comune25

e dovevano recarsi nel capoluogo del distretto amministrativo del proprio domicilio

per esprimere il voto anziché nel Comune di domicilio26

– condizione che spesso costringeva

a notevoli spostamenti e che di certo non favoriva la partecipazione elettorale (nel 1843

parteciparono alle elezioni solo il 14% degli aventi diritto voto)27

.

21 Ad esempio, nella Provincia di Anversa il censo per le campagne era di 30 fiorini, per Anversa (città)

80 fiorini, Malines 40 fiorini, Lierre e Turnhout 35 fiorini. Si veda, per la lista completa, J. B. BIVORT, op. cit.,

pp. 40 e ss..

22 In L. ARNAUD, op. cit., pp. 28 e 29, trad. mia.

23 In D. DE COCCI, “La legislazione elettorale belga”, Firenze, G. C. Sansoni, 1946, p. 11. Jean-Baptiste

Bivort scriveva a tal proposito, già ne 1841, in merito ad alcune proposte relative all'allargamento del suffragio:

“Les auteurs de la réforme la veulent largement conçue; mais n'oublions pas que, pour marcher dans la voie

qu'ils semblent vouloir tracer, il faut que les masses soient éclairées, c'est-à-dire qu'elles connaissent et

comprennent leurs devoirs, afin qu'elles soient capables de bien choisir leur représentants. Sans cela, l'intrigue

usurpera le droit de l'élection, et l'ignorance coopérera à la confection des lois”, in J. B. BIVORT, “Loi

électorale de la Belgique”, Bruxelles, Librairie de Deprez-Parent, 1841, p. vi.

24 L'articolo 6 della Legge del 3 Marzo 1831 disponeva infatti che “La liste des électeurs est permanents,

sauf les radiations et inscriptions qui peuvent avoir lieu lors de la révision annuelle”.

25 Articolo 7 della Legge del 3 Marzo 1831.

26 Articolo 19 della Legge del 3 Marzo 1831. Il collegio elettorale non poteva eccedere i 400 elettori. Se vi

erano più di 400 aventi diritto voto in uno stesso collegio, si ripartiva il collegio in varie sezioni, ciascuna delle

quali non inferiore ai 200 elettori. Ogni frazione poteva essere ripartita per cantoni, comuni o frazioni di comuni

a seconda dell'ampiezza del collegio.

27 In J. B. PILET, op. cit., p. 23.

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Il meccanismo di trasformazione dei voti in seggi adottato dal legislatore del 1831 fu quello

maggioritario28

: si trattava però di un sistema maggioritario variabile in ordine all'ampiezza

delle circoscrizioni elettorali29

. Le circoscrizioni ricalcavano la suddivisione amministrativa

antecedente al 1830, pertanto ciascun “arrondissement” elettorale corrispondeva ad un

“arrondissement” amministrativo anche se per i senatori ci si doveva rifare a circoscrizioni

più ampie poiché in alcuni distretti si eleggeva un solo deputato – in tal modo in alcuni

distretti i senatori venivano votati a turno30

. Nei distretti in cui si eleggeva un solo deputato,

veniva adottato lo scrutinio uninominale, mentre in tutti gli altri casi si procedeva con lo

scrutinio di lista (si trattava di un meccanismo simile a quello poi adottato nel Regno d'Italia

nel 1882, con la Legge del 7 Maggio 1882, n. 72531

).

Il sistema per le circoscrizioni plurinominali era un sistema a doppio turno eventuale in cui

sarebbero risultati eletti tutti i candidati che avessero ottenuto al primo turno la maggioranza

assoluta dei voti. La possibilità per più candidati di ottenere la maggioranza assoluta in uno

stesso distretto era data dal fatto che il calcolo dei voti si effettuava sul singolo candidato e

l'elettore poteva esprimere più preferenze, indicando tanti nomi quanti fossero i seggi

assegnati al suo distretto32

. In mancanza di “partiti” veri e propri, ogni elettore poteva indicare

i nomi di candidati legati a correnti ideologiche diverse, effettuando così un “panachage”.

Nel caso in cui non tutti i seggi fossero stati assegnati al primo turno, ai sensi dell'articolo 36

della Legge elettorale del 1831 si sarebbe proceduto al ballottaggio tra i candidati che

avevano ottenuto il maggior numero dei voti al primo turno. Il numero dei candidati ammessi

al ballottaggio era pari al doppio del numero dei seggi da assegnare. In caso di parità al primo

turno tra due candidati ammissibili al ballottaggio, si preferiva il candidato più anziano di

età33

. Nel secondo turno veniva adottata la regola della maggioranza relativa dei voti (“plus

des voix”)34

.

28 Articolo 35 della Legge del 3 Marzo 1831: “Nul n'est élu au premier tour de scrutin, s'il ne réunit plus

de la moitié des voix”. Il sistema maggioritario era invero l'unico metodo elettorale adottato in Europa all'epoca:

i sistemi proporzionali verranno elaborati infatti solo nei decenni successivi. Il metodo del divisore comune fu

elaborato proprio da un matematico belga, Viktor D'Hondt, e adottato in Belgio, come vedremo, nel 1899.

29 Vedi J. BEAUFAYS, “La représentation proportionnelle en Belgique”, in Pouvoirs, n. 32, 1985, p. 51.

30 Il territorio belga venne suddiviso pertanto in 41 collegi elettorali. Dei 102 deputati e 51 senatori, la

Provincia di Anversa eleggeva 9 deputati e 4 senatori, il Brabante 14 deputati e 7 senatori, la Fiandra

Occidentale 15 deputati e 8 senatori, la Fiandra Orientale 18 deputati e 9 senatori, Hainaut 15 deputati e 7

senatori, Liegi 9 deputati e 5 senatori, il Limburgo 9 deputati e 4 senatori, il Lussemburgo 8 deputati e 4 senatori,

Namur 5 deputati e 3 senatori. In diciassette distretti si eleggeva un solo deputato (Furnes, Ostenda, Dixmude,

Eekloo, Thuin, Huy, Waremme, Bastogne, Marche, Neufchâteau, Virton, Diekirch, Grevenmacher, Aarlon,

Lussemburgo, Philippeville e Dinant) mentre negli altri si eleggevano da due a sette deputati.

31 Si veda a tal proposito R. BONGHI, “Lo scrutinio di lista”, Nuova Antologia, 1891, pp. 231-250.

32 Vedi J. STENGERS, op. cit., p. 256.

33 L'ultimo comma dell'articolo 36 della Legge 1831 era in realtà piuttosto controverso, dal momento che

non stabiliva se la scelta tra il candidato più anziano attenesse il risultato del secondo scrutinio oppure i risultati

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E' necessario sottolineare che il tipo di scheda elettorale adottato tra il 1831 e il 1877, non

conteneva alcun nome prestampato, pertanto l'elettore ricopiava spesso la lista dei nomi

suggerita direttamente dal “partito” e vi era la possibilità, come visto, di scrivere i nomi di

candidati appartenenti a correnti ideologiche differenti. Questo sistema permetteva così ai

“partiti” di garantirsi un elevatissimo livello di disciplina da parte dei propri elettori – la

possibilità di controllare i voti era facilitata altresì dal fatto che non si votava all'interno di

cabine elettorali – mentre il meccanismo di conteggio dei voti era estremamente semplice, dal

momento che bastava sommare il numero di volte in cui il nome del singolo candidato

compariva sulle schede e poi verificare se questo avesse raggiunto o meno la maggioranza

richiesta.

Per quanto riguarda i livelli locali, il legislatore ordinario stabilì, con la Legge del 30 Aprile

1836, relativa alle elezioni dei consigli provinciali e comunali, il criterio del censo

differenziato, sebbene la Costituzione non irreggimentasse affatto i criteri di determinazione

dell'elettorato locale35

, “contentandosi di consacrare soltanto il principio dell'elezione

diretta”36

. Ciò permetteva al legislatore di muoversi liberamente nella determinazione dei

criteri di accesso al diritto di voto a livello locale ed in tal senso, le modifiche intervenute tra

il 1836 e il 1895 saranno prese a modello per le successive revisioni del sistema elettorale per

le Camere.

Per il sistema elettorale nazionale occorreva infatti procedere ad una revisione della

Costituzione ed in particolare dell'art. 47: si richiedeva in tal senso una maggioranza più

ampia di quella richiesta per la semplice legge ordinaria, senza contare che il processo di

revisione costituzionale avrebbe comportato, ai sensi dell'art. 131 della Costituzione, lo

scioglimento anticipato delle Camere – condizione che disincentivava i partiti dall’avviare la

procedura di revisione.

del primo turno in funzione dell'ammissione al ballottaggio. A tal proposito, numerose contestazioni furono

levate nei casi di parità tra candidati ammissibili, come avvenne ad esempio nel distretto di Termonde, in Fiandra

orientale, dove si eleggevano due deputati e dove fu spesso contestata la poca chiarezza della norma in

questione. Si veda, ad esempio Chambre des Représentants, Seduta del Venerdi 15 Novembre 1839, in Moniteur

Belge, n. 320 du 16 Novembre 1839.

34 Articolo 36 della Legge del 3 Marzo 1831.

35 “La différence de l'électorat aux conseils provinciaux et communaux n'était pas régi par la loi

constitutionnelle. Cette considération, jointe à certaines autres, comme les raisons qui militent en faveur d'une

distinction entre les trois collèges électoraux, quant aux conditions d'inscription à exiger des citoyens, nous

permettent de comprendre que la réforme de l'électorat aux assemblées locales ait été posée la première, devant

l'opinion publique et que, jusqu'au vote de la proposition Nyssens, au mois d'avril 1893, un parti politique, en

Belgique, se soit obstinément cantonné sur le terrain de l'extension aux assemblées législatives des lois relatives

à l'électorat communal et provincial”. In L. ARNAUD, op. cit., p. 21.

36 Vedi D. DE COCCI, op. cit., p. 12.

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Nel 1848, il legislatore operò, a Costituzione invariata, una variazione dei livelli di censo sia

per le Camere che per gli organi locali. Con la Legge del 12 Marzo 1848, il primo Governo

monocolore liberale del Belgio stabilì un censo uniforme per tutto il territorio belga, fissato al

livello minimo indicato dalla Costituzione (20 fiorini) per l'elezione delle Camere e dei

Consigli provinciali. La revisione era stata dettata dalla necessità di evitare che i moti parigini

del 1848 si riflettessero nel Paese in maniera devastante – il Belgio aveva raggiunto

l'indipendenza nel 1830 e la sua personalità giuridica internazionale era stata pienamente

riconosciuta solo nel 1839, senza contare che una parte della piccola borghesia francofona

sperava ancora di riannettere le Province belghe alla Francia37

. A livello comunale, invece, la

Legge del 31 Marzo 1848 stabilì la soppressione dei cinque gradini superiori delle scale

stabilite per la determinazione del censo nella Legge del 1836: il criterio censuario

differenziale sopravvivrà nella legislazione elettorale comunale fino al 1871.

3. Le modifiche della legislazione elettorale tra il 1848 e il 1893

Le prime concrete proposte di revisione della legge elettorale per le Camere provennero

soprattutto dalla parte “avancée” del Partito liberale, la prima formazione politica in Belgio a

dotarsi di una “organizzazione di partito strutturata”38

. Il Congresso dei liberali del 1846

deliberò, anche al fine di ripristinare l'unità di un Partito ormai spaccato tra la corrente dei

doctrinaires (conservatori) e quella dei radicaux (progressisti), un nuovo programma nel

quale furono comprese anche una serie di proposte di revisione del sistema elettorale per le

Camere.

Tra le proposte avanzate dai progressisti figurava la richiesta dell'abbassamento uniforme del

censo al minimo fissato in Costituzione ma solo per i cittadini chiamati a esercitare la

funzione di giurì39

. Altri invece intendevano stabilire differenti criteri capacitari, chi

domandando il diritto di voto per tutti coloro che “sapessero leggere e scrivere”40

, chi

chiedendo di allargare il suffragio ad alcune categorie di professionisti.

37 Vedi D. DE COCCI, “La Costituzione belga”, Firenze, G. C. Sansoni, 1946, p. 8.

38 Fu, Théodore Verhaegen, nel 1840, a dar vita ad un'associazione politica (liberale) permanente, la prima

della storia del Belgio. Vedi J. STENGERS, “Histoire de la législation électorale en Belgique”, in Revue Belge de

Philologie et d'Histoire, Vol. 84, 2004, N. 82-1-2, p. 250.

39 I conservatori, come Frère-Orban temevano invece che con l'abbassamento del censo, l'elettorato

sarebbe stato dominato dal clero e dai proprietari cattolici: “En abaissant le cens, s'écriait Frère-Orban dans une

intervention fameuse au Congrès libéral de 1846, vous aurez 'non pas des électeurs, mais des serviteurs, des

gens soumis à la domination d'autrui'. La domination que les libéraux redoutaient avant tout était évidemment

celle du Clergé et celle des grands propriétaires catholiques”, ibidem, p. 248.

40 In J. B. PILET, op. cit., p. 22.

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Nel 1848, la Camera e il Senato, a maggioranza liberale, approvarono “quasi

improvvisamente” una riforma della legge elettorale per le Camere: si trattava della Legge del

12 Marzo 1848 con la quale si estendeva il diritto di voto a “tutti i Belgi che pagavano almeno

20 fiorini di imposte” (circa 110.000 cittadini in totale, pari all'1,77% della popolazione)41

. Il

progetto di legge fu presentato il 28 Febbraio e adottato senza grandi resistenze nemmeno due

settimane dopo: il Governo guidato dal liberale Charles Rogier aveva cercato di affrettare i

tempi, nel timore che i moti francesi del 24 Febbraio 1848 risvegliassero il malcontento di una

parte della borghesia belga, compromettendo così la stabilità del Paese. La riforma elettorale

fu anzi accompagnata da una serie di riforme fiscali42

che avrebbero permesso a nuove

categorie di contribuenti di entrare a far parte del corpo elettorale (fino ad allora, come visto,

erano soprattutto coloro che pagavano imposte fondiarie ad essere ricompresi nel calcolo del

censo elettorale).

Una parte dei liberali poteva dirsi comunque soddisfatta della riforma: con la nuova legge

elettorale si abbandonava definitivamente il criterio del censo differenziale anche se non

veniva stabilito alcun criterio capacitario. Il diritto di voto veniva “esteso a nuovi elementi

della classe borghese, ma non [venne] concesso alle masse popolari, che ancora [non

avevano] la coscienza della forza consistente del numero e tarderanno almeno qualche

decennio a formulare le loro rivendicazioni nel campo del suffragio universale”43

.

I limiti della lotta per l'allargamento del suffragio erano derivati in buona sostanza non solo

dalla scarsa percezione dell'identità di classe da parte degli operai, ma anche dalla generale

convinzione “dell'intoccabilità” della Costituzione belga, il cui testo rimarrà anzi immutato

fino al 1893 – e, come visto, una modifica dei criteri per l'accesso al diritto di voto per le

Camere avrebbe implicato una revisione del dettato costituzionale.

Tra il 1864 ed il 1871, in assenza di maggioranze parlamentari sufficientemente ampie per

procedere ad una revisione della Costituzione, le battaglie per l’estensione del suffragio

raccolsero i maggiori frutti solo nel campo della legislazione elettorale locale44

. Nel 1864, il

41 “En 1848, d'un coup, pour donner satisfaction à la petite bourgeoisie des villes, dont il fallait éviter à

tout prix qu'elle ne subisse éventuellement la contagion de la France de la révolution de février, le cens sera

abaissé dans l'ensemble du pays à son minimum constitutionnel de 20 florins”, in J. STENGERS, op. cit., p. 249.

42 Poiché l'accesso al diritto di voto era legato al criterio del censo, il sistema elettorale era estremamente

sensibile alle riforme fiscali. Nella seconda metà del XIX Secolo, ad esempio, con l'introduzione di una tassa

sulla vendita delle bevande alcooliche, il diritto di voto fu esteso ai proprietari di rivendite all'ingrosso di

bevande alcooliche (i cosiddetti cabaretiers). La riforma ebbe un impatto tale che un elettore su otto sarebbe

appartenuto, da quel momento in poi, a quella categoria e ciò avrebbe avuto una ripercussione notevole sui

risultati elettorali, dato che la quasi totalità dei cabaretiers votava per i candidati del Partito Liberale. I cattolici

eliminarono l'imposta nel 1870, proprio al fine di togliere ai liberali una fetta consistente del loro elettorato. Ivi.

43 Vedi D. DE COCCI, op. cit., p. 13.

44 Si veda L. ARNAUD, op. cit., pp. 29 e 30.

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deputato Deschamps aveva presentato alla Camera un progetto di legge in cui si reclamava

l'abbassamento del censo per le elezioni comunali e provinciali al di sotto della soglia minima

fissata in Costituzione e l'anno seguente, Jules Guillery depose alla Camera una proposta di

legge per l'abbassamento del censo a 10 fiorini per gli elettori provinciali e comunali “sachant

lire et écrire”. Il movimento per l'estensione del suffragio raccolse adesioni non solo tra i

liberali, ma anche di una parte minoritaria dei cattolici e, soprattutto, dai primi gruppi marxisti

– questi ultimi richiedevano invece l'adozione del suffragio universale a tutti i livelli.

Il Governo liberale guidato da Charles Rogier prese in considerazione la proposta di Guillery

adottando, nel 1865, un projet ministériel nel quale però si faceva riferimento non a tutti

coloro che “sapessero leggere e scrivere” ma solo a chi avesse frequentato almeno “tre anni di

un corso di insegnamento di scuola media”45

. Il progetto fu tramutato in legge solo cinque

anni più tardi: la Legge del 30 Marzo 1870 riduceva della metà il censo provinciale e

comunale e allargava il suffragio a chi fosse dotato di un'istruzione “risultante da tre anni di

studio in una scuola media”. Tuttavia, la legge del 1870 non fu mai attuata, poiché il

legislatore cambiò ancora una volta direzione, adottando, l'anno seguente, una nuova legge

elettorale per le province e per i comuni, la Legge del 12 Giugno 1871, con la quale si

abbandonava nuovamente il criterio capacitario e si introduceva invece un nuovo sistema

esclusivamente censuario ed uniforme di 20 fiorini per le elezioni provinciali e di 10 fiorini

per quelle comunali. L'età per accedere al diritto di voto veniva poi abbassata da 25 a 21 anni.

Il criterio capacitario per le elezioni provinciali e comunali verrà ripristinato nel 1883, con la

Legge del 18 Agosto 1883: “un certo numero di cittadini 'capacitari', appartenenti anche alla

classe operaia, poté finalmente votare nelle province e nei comuni senza il possesso di alcuna

condizione di censo, ricoprendo determinate cariche o esercitando determinate professioni, o

anche avendo superato uno speciale esame”46

.

Con un censo inferiore ai 20 fiorini (per i comuni) e con l'introduzione di alcune categorie di

capacitari, il sistema elettorale per i comuni e le province era decisamente più democratico di

quello adottato per le Camere: alle elezioni del 1875–1876, gli aventi diritto voto per le

elezioni legislative erano solo 114.000, mentre quelli per le lezioni provinciali 225.000 e

quelli per le comunali 359.00047

.

Nel 1871, tuttavia, nel corso della discussione per la riforma della legge per le elezioni

provinciali e comunali, venne presentata, alla Camera, una proposta di revisione della

45 In ibidem, p. 36.

46 In D. DE COCCI, op. cit., p. 14.

47 Dati ripresi in J. STENGERS, op. cit., p. 249.

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Costituzione. La proposta concerneva l'art. 47 della Costituzione, sull'elettorato politico, e gli

artt. 53 e 56 della Costituzione, sulla composizione del Senato e sull'eleggibilità dei senatori.

La proposta fu respinta, con 73 voti contrari e 23 favorevoli di cui 3 cattolici.

Nel 1877 un gruppo di deputati guidati dal liberale progressista Paul Janson, propose

nuovamente “la revisione degli artt. 47, 53 e 56 della Costituzione, domandando non già il

suffragio universale, ma soltanto la decostituzionalizzazione delle condizioni della capacità

elettorale in generale e dell'eleggibilità al Senato, come premessa per l'estensione del

suffragio”48

. Nello stesso anno venne adottata, con l'appoggio del Governo guidato dal

cattolico Jules Malou, una nuova legge, la Legge del 9 Luglio 1877, con la quale veniva

adottato il principio della segretezza del voto e si introducevano nel sistema la cabina

elettorale (isoloir) ed un nuovo tipo di scheda.

Come visto, fino al 1877 si utilizzava una scheda essenzialmente “bianca” in cui l'elettore

scriveva direttamente i nomi dei candidati che intendeva votare: dal 1877 si cominciò invece

ad utilizzare una scheda prestampata che conteneva i nomi dei candidati e una casella per il

partito (case de tête), posta in cima alla lista. Con la scheda adottata nel 1831 non era infatti

garantita la segretezza del voto, potendosi verificare tanto la calligrafia degli elettori quanto

la fedeltà degli stessi, attraverso un controllo diretto della scheda al momento del voto (non si

votava all’interno di cabine elettorali)49

.

La scheda elettorale adottata nel 1877 conteneva i nomi prestampati dei candidati di ogni lista

e una casella di testa (case de tête) per ciascuna lista: l'elettore poteva pertanto votare sia per

la lista, annerendo la case de tête, sia indicare una preferenza per uno o più candidati presenti

nella lista ed effettuare anche un “panachage” ovvero segnare la case de tête di una lista e

dare contemporaneamente la preferenza al candidato di un'altra lista (ciò avveniva molto

raramente). Votare per tutta la lista, annerendo la case de tête, significava assegnare un voto a

ciascun candidato presente nella lista: pertanto il totale dei suffragi di ciascun candidato era

dato dalla somma dei voti ottenuti dalla lista (“pot commune”) più le rispettive preferenze.

Con l'introduzione della case de tête il potere del partito nella selezione dei candidati

aumentava considerevolmente, mentre il significato delle elezioni passava da un criterio di

tipo “personalistico” ad uno di tipo “ideologico”: non si votava più per i singoli ma per i

“candidati di partito”, ovvero per il partito medesimo (in case de tête – quest’ultima soluzione

48 Vedi D. DE COCCI, op. cit., p. 16.

49 Si veda V. DE COOREBYTER, “Secret du vote, transparence de l’élection”, Les analyses du CRISP en

ligne, 12 septembre 2013, p. 3.

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semplificava in qualche modo le operazioni elettorali e riduceva il peso delle singole

candidature).

Nel 1883 fu presentata, accanto alla nuova proposta di riforma del sistema elettorale locale,

una nuova proposta di revisione della Costituzione: il progetto di revisione, presentato ancora

da Paul Janson e accompagnato da una petizione di supporto, depositata al termine di una

manifestazione popolare tenutasi a Bruxelles, accolse però solo 11 voti favorevoli ala Camera.

Il Governo, allora guidato dal liberale Frère-Orban, al fine di evitare una rottura definitiva con

la corrente radicale del suo partito, propose dunque una modifica della legge elettorale per i

consigli locali: la Legge del 25 Agosto 1883 introduceva, come visto, alcuni criteri capacitari

che andavano incontro alle richieste dei progressisti.

Tra il 1883 e il 1890 fu presentata ancora una volta una proposta di revisione degli artt. 47, 53

e 56 della Costituzione, ma la situazione politica era cambiata rispetto al 1883: i cattolici

infatti avevano trionfato alle elezioni del Giugno 1884, formando un governo monocolore

guidato da Jules Malou. Tuttavia, in seguito alle dimissioni dei Ministri Charles Woeste e

Victor Jacobs (rispettivamente Ministro della Giustizia e dell'Interno), il Primo Ministro fu

costretto a cedere il passo ad Auguste Beernaert. Questi dimostrò una maggiore apertura nei

confronti del movimento progressista. Il 14 Luglio 1887 fu presentata nuovamente da Paul

Janson una proposta di revisione dell'articolo 47 della Costituzione e anche in quell'occasione

la proposta fu respinta, con 83 voti contrari e 33 a favore, di cui 2 cattolici. Da quel momento

in poi, tuttavia, il movimento progressista cominciò a compattarsi, accogliendo deputati e

senatori tanto di parte liberale quanto di parte cattolica, oltre che, ovviamente, personalità

della “sinistra avanzata extraparlamentare”50

.

Il 19 Novembre 1890 Janson tentò per l'ennesima volta di far adottare la sua proposta di

revisione degli artt. 47, 53 e 56 della Costituzione. Con grande sorpresa, il 10 Marzo 1891 il

Primo Ministro Beernaert si dichiarò favorevole a “prendere in considerazione” tale proposta

di revisione (l'approvazione del Governo per le dichiarazioni di revisione è costituzionalmente

50 “Cette formation s'inscrivait dans la lignée de l'éphémère parti ouvrier socialiste belge qui déclarait

dès 1879: 'il [le suffrage universel] rendrait presque impossible la corruption et les fraudes électorales contre

lesquelles échoueront toujours les lois répressives; il donnerait une gamme plus variée et plus étendue

d'opinions à la représentation nationale; il ferait l'éducation politique du peuple; enfin, à une époque où les

esprits les plus distingué s 'effraient des graves conséquences que pourrait amener la question sociale, il

fournirait aux classes laborieuses un moyen légal de revendication et il amènerait pacifiquement les réformes

nécessaires'”, in J. B. PILET, op. cit., p. 22.

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necessaria per la loro definitiva adozione)51

. Beernaert decise di prendere in considerazione la

proposta di Janson poiché agli occhi dei cattolici “la revisione era meglio farla che subirla”52

.

Il 2 Febbraio 1892 la Camera cominciò l'esame delle diverse proposte di revisione

costituzionale: nella proposta Janson era prevista la revisione degli artt. 47, 53 e 56. Il

Governo propose di inserire nella dichiarazione di revisione anche gli artt. 1, 26, 34, 48, 52,

54, 58, 60, 61 e 67. La Camera volle aggiungere anche l'art. 36, al fine di introdurre la

“rielezione per i deputati o i senatori nominati Ministri” mentre il Senato propose di

introdurre nella dichiarazione l’art. 57 al fine di introdurre l'indennità parlamentare anche per

i senatori.

Nel Maggio del 1892 le Camere furono sciolte de jure non appena venne approvata

all'unanimità una proposta congiunta di dichiarazione di revisione. La dichiarazione di

revisione venne poi pubblicata sul Moniteur belge del 23 Maggio 1892: lo scioglimento delle

Camere operava proprio al momento della pubblicazione sul Moniteur, dove era apparsa

anche la replica della dichiarazione di revisione firmata dal Re. Con le nuove elezioni, i

liberali guadagnarono 16 seggi e i cattolici ne persero 2 rispetto al 1890. Le nuove Camere si

riunirono per la prima volta il 12 luglio 1893.

Poiché le dichiarazioni di revisione non devono obbligatoriamente contenere “il tipo di

modifiche” che le Camere costituenti dovranno poi apportare, ma solo l'elenco delle

disposizioni o degli articoli che saranno sottoposti a revisione, nella dichiarazione di revisione

del 23 Maggio 1892 compariva solo l’elenco delle disposizioni costituzionali “aperte a

revisione”. In tal modo, durante i dibattiti parlamentari furono discussi diversi progetti di

riforma: le proposte “andavano dall'applicazione del suffragio universale puro e semplice ad

una revisione del sistema del censo con l'introduzione di quello dell'abitazione”53

. Per quanto

riguarda il Senato, invece, si andava dalla riduzione del censo per l’elettorato passivo fino

all'introduzione di una nuova categoria di senatori nominati direttamente dai Consigli

provinciali.

I cattolici non avevano i numeri né alla Camera né al Senato per adottare, da soli, proposte di

riforma della Costituzione. Tuttavia, le pressioni popolari e gli scioperi agitati dal Partito

Operaio, in particolare quello del 12 Aprile 1893, avevano costretto la maggioranza cattolica

ad affrettare i lavori e a giungere ad un compromesso con il Partito liberale. Pertanto, le

Camere accolsero e approvarono in pochi giorni la proposta presentata dal cattolico Nyssens,

51 Vedi M. VAUTHIER, “The revision of the Belgian Constitution in 1893”, Political Science Quarterly,

Vol. 9, N. 4, Dec. 1894, p. 709.

52 In J. B. PILET, op. cit., p. 23.

53 Vedi D. DE COCCI, op. cit., p. 16.

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con la quale veniva adottato il suffragio universale maschile (richiesto dai liberali

progressisti) temperato dal voto plurimo (richiesto dai cattolici)54

.

Il nuovo art. 47 della Costituzione accordava il diritto di voto per l'elezione della Camera dei

Rappresentanti a tutti i cittadini maschi che avessero compiuto 25 anni (dunque si tornava, su

tale punto, alla disciplina del 1831), che fossero domiciliati nello stesso Comune da almeno

un anno e che non fossero colpiti da uno dei casi di incapacità o indegnità previsti dalla legge.

Il voto plurimo permetteva invece di temperare gli effetti del suffragio universale maschile:

con l'entrata della massa degli operai nel corpo elettorale, il Partito Operaio avrebbe

sicuramente ottenuto un consistente numero di seggi se non proprio la maggioranza dei voti.

Il “voto plurimo” consisteva nell'assegnazione di un voto supplementare “a ciascun cittadino:

a) dell'età di 35 anni, capo di famiglia, pagante un tributo di 5 franchi; b) dell'età di 25 anni

ed avente un minimo di proprietà mobiliare o immobiliare; due voti supplementari furono

attribuiti all'elettore che possedeva un diploma o aveva determinate posizioni sociali.

Nessuno poteva cumulare più di tre voti”55

. Le categorie alle quali fu attribuito un voto

supplementare costituivano più di un terzo dell'elettorato totale56

: il voto plurimo avrebbe

dovuto favorire i cattolici poiché le categorie cui era riservato avrebbero dovuto votare,

generalmente, per il partito conservatore, anche se è difficile stabilire quale partito fosse

maggiormente avvantaggiato dai voti supplementari. In base ai risultati elettorali, il nuovo

sistema elettorale andò sicuramente a favore dei due partiti tradizionali, quello cattolico e

quello liberale.

Il Senato fu riformato sia sul piano della composizione, sia sul piano delle condizioni di

eleggibilità: per quanto riguarda il primo punto, venne introdotta la categoria dei “senatori

provinciali”. Questi ultimi venivano nominati direttamente dai Consigli provinciali per un

numero variabile da due a quattro, in misura dell'ampiezza demografica della Provincia57

. Tali

senatori non erano sottoposti ad alcuna condizione di censo.

Per quanto riguarda invece i criteri di eleggibilità, la proporzione tra candidabili ed abitanti

per Provincia fu abbassata da 1 ogni 6000 ad 1 ogni 5000 abitanti per Provincia. Il censo era

invariato per i senatori eletti ed il numero dei senatori rimaneva la metà di quello dei deputati

54 In E. MAHAIM, “Proportional Representation and the Debates upon the Electoral Question in

Belgium”, Annals of the American Academy of Political and Social Science, Vol, 15 (May, 1900), p. 75.

55 Vedi D. DE COCCI, op. cit., p. 17.

56 Si veda J. STENGERS, op. cit., p. 253.

57 “Les sénateurs provinciaux étaient revendiqués par le conservateurs car, comme l'exprimait le Premier

ministre catholique Beernaert: 'Au second degré, il n'y a plus seulement élection mais sélection. C'est que, entre

des mains moins nombreuses, mieux choisies, grâce à plus de lumières, à plus d'expériences des choses, le

suffrage se purifie et se clarifie; il est exempt de passion, moins susceptible de céder à des entraînements

irréfléchis”, in J. B. PILET, op. cit., p. 24.

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senza contare però i senatori provinciali e i figli maschi maggiorenni del Re i quali, in base al

nuovo articolo 58 della Costituzione, divenivano senatori di diritto (in totale, nel 1894 le

Camere erano composte da 152 deputati e da 102 senatori). L'età per eleggere i senatori,

infine, fu alzata a 30 anni.

La riforma portò di colpo l'elettorato a 1.350.000 unità (nel 1894 gli aventi diritto di voto

erano circa il 22% della popolazione, un salto notevole rispetto al 2% del 1892). I cattolici

riuscirono inoltre a far inserire nel nuovo articolo 48 della Costituzione la clausola del voto

obbligatorio: si trattava di una sorta di garanzia di voto da parte di quelle categorie alle quali

venne concesso il voto supplementare, i cosiddetti “moderati”, meno propensi dei radicali e

dei socialisti, a parere dei cattolici, ad esercitare il diritto di voto58

. Posto il principio

dell'obbligatorietà del voto, si ritenne opportuno organizzare le operazioni elettorali in ciascun

Comune anziché solamente nei capoluoghi dei distretti amministrativi.

Se a livello nazionale si era compiuto un notevole passo in avanti – con l'introduzione del

suffragio universale maschile seppur temperato dal voto plurimo – a livello comunale e

provinciale si avviava invece un processo inverso, addirittura “réactionnaire”, attraverso

l'adozione di criteri più stringenti per l'accesso al diritto di voto. Le Leggi dell'11 Aprile e del

12 Settembre 1895 ammisero all'elettorato comunale “solo i cittadini di età superiore a 30

anni, residenti nel comune da almeno tre anni, ed al primo voto supplementare i padri di

famiglia aventi un censo variabile, a seconda dell'importanza del comune, da 5 a 20 fiorini, e

permisero il cumulo di 4 voti ai grandi proprietari”59

. A livello provinciale il diritto di voto

venne riservato ai cittadini maschi che avessero compiuto 30 anni (la normativa precedente

prevedeva invece, come visto, l'accesso a chi avesse compiuto 21 anni).

Nella controversa legge del 1895 – che introduceva anche l'elezione di “consiglieri comunali

aggiunti” eletti per metà dai padroni e per metà dagli operai – venne introdotto per la prima

volta, per i consigli comunali, un sistema di ripartizione dei seggi di tipo proporzionale: nel

caso in cui il numero dei candidati che riportavano la maggioranza assoluta era inferiore al

numero dei seggi da ricoprire60

, al fine di evitare il ballottaggio, si sarebbero ripartiti

proporzionalmente i seggi, tra le liste che avevano raggiunto un minimo di voti stabilito dalla

legge. Come vedremo, gli effetti dell'allargamento del suffragio nel 1893 e la trasformazione

del sistema politico in senso tripartitico (cattolici-liberali-socialisti) portarono il legislatore nel

1899 all’adozione del sistema proporzionale anche a livello nazionale.

58 Vedi A. NERINCX, “Compulsory Voting in Belgium”, in Annals of the American Academy of Political

and Social Science, Vol. 18 (Sept., 1901), pp. 87-90.

59 Vedi D. DE COCCI, op. cit., p. 18.

60 Vedi E. MAHAIM, op. cit., p. 69.

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4. Il passaggio al sistema proporzionale e il suffragio universale maschile (1899 – 1921)

La seconda metà del XIX Secolo era stata caratterizzata non solo dalla lotta per l'estensione

del suffragio ma anche da un acceso dibattito sui criteri per la ripartizione dei seggi: si

riteneva che un sistema di tipo proporzionale fosse “matematicamente più giusto”61

rispetto al

sistema maggioritario, fino ad allora adottato in Belgio – così come nel resto del Continente62

.

A livello accademico non mancavano i modelli matematici per la ripartizione dei seggi di tipo

proporzionale: “en dix ans de temps, de 1857 à 1867, de nombreux auteurs présentent des

méthodes proportionnelles dans différents pays européens: Thomas Hare, 1857; H. R. Droop,

1857; Antoine Morin à Genève en 1861; Gustav Burnitz et Georg Varrentrapp à Francfort en

1863”63

.

Il sistema maggioritario adottato a livello nazionale in Belgio era viziato infatti da

meccanismi eccessivamente distorsivi: spesso il partito che aveva conseguito meno voti era

riuscito ad ottenere la maggioranza dei seggi e ciò in ragione soprattutto del sistema del

ritaglio delle circoscrizioni che favoriva nettamente i collegi più ampi64

. Il sistema elettorale

in senso stretto non aveva comunque impedito l'alternanza, almeno fino al 1884, ma con

l'introduzione del suffragio universale temperato dal voto plurimo, il Partito cattolico riuscì,

almeno fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, ad ottenere sempre una maggioranza

schiacciante in entrambe le Camere. Fu soprattutto il Partito Liberale a subire maggiormente

gli effetti distorsivi del sistema maggioritario65

, soprattutto dopo l'avvento del Partito Operaio

Belga. Alle elezioni del 1894, i liberali persero più della metà dei seggi alla Camera,

scendendo poi a soli 13 seggi nelle elezioni del 1896 e in quelle del 1898: “pur avendo un

notevole seguito nel paese”66

i liberali ottennero meno seggi dei socialisti, i quali con soli

61 In B. OWEN, “Aux origines de l'idée proportionnaliste”, Pouvoirs n. 32, p. 15.

62 Il Belgio fu il primo Paese europeo ad adottare un sistema proporzionale a livello nazionale. Fino al

1899, infatti, solo l'Inghilterra aveva adottato in alcuni distretti il metodo proporzionale mentre in Svizzera il

metodo proporzionale era adottato solo a livello cantonale. Si veda E. MAHAIM, op. cit., p. 69.

63 In B. OWEN, op. cit., p. 17.

64 “Non solo accadde talvolta che riportò la maggioranza nel parlamento il partito che nel paese era in

minoranza, ma si verificò anche che bastò lo spostamento di alcune centinaia di voti nei più grandi collegi per

far passare la maggioranza parlamentare, e quindi il governo, da un partito all'altro”, in D. DE COCCI, op. cit.,

p. 20.

65 “The first effect of the revision of the constitution was the annihilation from the parliamentary point of

view of the Liberal party. In the chambers elected in 1894, as in 1896 and 1898, the great party of M. Frère-

Orban was reduced to almost nothing. In the senate alone a group of twenty Liberals, counting among them able

leaders, defended with Liberal opinions with much ability, but with little practical effect-the higher chamber

where the Catholic majority is, moreover, always more docile and more homogeneous, not having the habit of

modifying laws which have been voted by the chamber of representatives. In the latter, the six or eight

representatives who called themselves Liberals belonged almost exclusively to the advanced group, which in

many districts had made alliances with the Labor party, so that the opposition was in reality conducted by the

socialists” in E. MAHAIM, op. cit., p. 76.

66 Vedi D. DE COCCI, op. cit., p. 20.

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36.000 voti in più, ottennero 28 seggi nel 1894, 28 alle elezioni del 1896 e 27 seggi in quelle

del 1898 (Vedi Appendice 1).

La scelta di operare una modifica del meccanismo di trasformazione dei voti in seggi, con il

passaggio al metodo proporzionale, metodo come visto fino ad allora mai adottato in Europa a

livello nazionale, fu dettata essenzialmente dal timore67

che il Partito Operaio, ormai di gran

lunga superiore – per numero di seggi conseguiti – a quello Liberale, potesse in qualche modo

contendere il governo ai cattolici: “i più lungimiranti dei cattolici compresero che il paese e

loro stessi non avrebbero avuto nulla da guadagnare dalle rovine del partito liberale,

destinato a svolgere una autonoma ed insostituibile funzione di centro, moderatrice ed

equilibratrice, tra il loro partito e quello socialista”68

.

A livello dottrinale, fu Viktor D'Hondt, Professore a Gand, a proporre un nuovo originale

procedimento elettorale, pubblicando a tal proposito una serie di scritti, tra cui “La

rappresentanza proporzionale dei partiti” e “Un sistema pratico e razionale di

rappresentanza proporzionale”69

. A livello politico, cattolici e liberali intrapresero invece

nuovamente il cammino “unionista” dando vita, nel 1881, alla “Associazione riformista belga

per l'adozione della rappresentanza proporzionale”70

.

Inizialmente, il governo cattolico tentò di introdurre il sistema proporzionale solo in quei

collegi in cui si dovevano eleggere almeno due deputati. Nel 1894 fu presentato alle Camere

un progetto di legge in cui si prevedeva l'adozione del sistema proporzionale per un numero

limitato di collegi (sette, dove i cattolici erano sfavoriti71

) ma le Camere respinsero

nuovamente la proposta governativa.

Solo cinque anni più tardi si giunse finalmente all'adozione, con uno scarto minimo alla

Camera, del metodo proporzionale integrale, ovvero per tutti i collegi, con la Legge del 29

Dicembre 1899. Si trattava di un sistema proporzionale con la concorrenza delle liste e

ripartizione con metodo D'Hondt. Il Partito Liberale guadagnò, grazie al metodo D'Hondt, ben

67 Si veda a tal proposito P. DELWIT, J. GOTOVITCH, “La peur du rouge”, Bruxelles, Editions de

l'Université de Bruxelles, 1996.

68 In D. DE COCCI, op. cit., p. 21.

69 Vedi V. D'HONDT, “La représentation proportionnelle des partis, par un électeur”,Ghent, 1878 e ID.,

“Système pratique et raisonné de représentation proportionnelle”, Bruxelles, Muquardt, 1882.

70 Viktor D’Hondt era tra i fondatori dell’Associazione. Vedi A. MCLAREN CARSTAIRS, “A Short History

of Electoral Systems in Western Europe”, London, Routledge Library Editions, Political Science Volume 22,

2013, p. 50.

71 “Les catholiques, qui détienne seuls le pouvoir depuis 1884 – ils le conserveront sans partage jusqu'à la

première guerre mondiale – sont donc confrontés avec une éventuelle modification. Après avoir tenté d'utiliser à

leur profit la poussée réformiste en organisant une représentation proportionnelle seulement là où il sont

faibles, ils l'instaureront complètement en 1899, au niveau des élections législatives”, in J. BEAUFAYS, op. cit.,

pp. 52 e 53.

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18 seggi alla Camera mentre i cattolici persero 26 seggi, pur mantenendo la maggioranza

assoluta sia alla Camera dei Rappresentanti che al Senato (Vedi Appendice 1).

Le circoscrizioni elettorali furono ridotte da 41 a 30 per la Camera e a 21 per il Senato. La

riduzione dei collegi si rese necessaria proprio per far fronte alle esigenze derivate

dall'adozione del metodo D'Hondt72

: tale metodo comporta infatti una maggiore

proporzionalità all'aumentare dell'ampiezza dei collegi (la massima proporzionalità col

metodo del divisore comune si ha invero in un “collegio unico”). Il metodo D'Hondt non

considera i resti, pertanto, al diminuire dell'ampiezza dei collegi, aumenta il peso di questi

ultimi (ovvero si annulla il peso di quei voti che hanno contribuito a formare quei resti,

aumentando di riflesso la disproporzionalità del risultato finale). L'articolo 5, ai paragrafi H

ed I, della Legge del 29 dicembre 1899, stabiliva che “la ripartizione dei mandati fra le liste

si opera attribuendo a ciascuna di esse tanti seggi quante volte la sua cifra elettorale

comprende [il divisore comune]” e che “quando un seggio spetta a titolo uguale a più liste è

attribuito a quella che ha ottenuto la cifra elettorale più elevata, e, in caso di parità di cifre

elettorali, alla lista in cui figura il candidato la cui elezione è in causa, che ha ottenuto più

voti, o, sussidiariamente, che è più anziano”.

L'elettore non aveva più la possibilità di effettuare un “panachage”, ma poteva votare la lista

(annerendo la case de tête) o i singoli candidati. In tal modo si accentuava ancor di più il

ruolo del partito nella selezione dei candidati e nella determinazione delle liste elettorali ed il

voto di preferenza era pensato solo per dare la possibilità all'elettore di cambiare quell'ordine

(sebbene l'effetto devolutivo della case de tête vanificasse in qualche modo quella scelta).

Con il metodo D'Hondt i partiti maggiori, in particolare quello cattolico, sarebbero stati

maggiormente favoriti (si tenga conto del fatto che il sistema del voto plurimo era rimasto in

vigore). In tal senso, subito dopo l'adozione del sistema proporzionale (nella letteratura belga

indicato con la sigla R. P.), vennero avanzate nuove proposte di legge al fine di porre dei

correttivi al sistema D'Hondt.

Alcuni proposero di utilizzare i resti per eleggere una categoria di deputati supplementari, i

cosiddetti “deputati provinciali”, mentre altri domandarono “l'adozione di un quoziente

72 Il sistema D'Hondt prevede successive divisioni dei risultati di ogni lista, fino al numero dei seggi da

assegnare. Così, se i seggi da assegnare sono 5, si dividono i totali di ogni lista per 1, 2, 3, 4 e 5. Il quinto

maggior quoziente, considerati i quozienti di tutte le liste, viene preso in considerazione come divisore comune. I

resti non vengono conteggiati permettendo, il divisore comune, l'assegnazione di tutti i seggi. La logica del

metodo D'Hondt riposa in tale proporzione matematica: “se vi è un solo seggio da ricoprire è logico assegnarlo

alla lista che ha riportato più voti; se i seggi sono due, il secondo va evidentemente assegnato alla lista che

conta più voti dopo la prima, venendo in seconda linea, a meno che il totale dei suffragi ottenuti dalla prima,

diviso per due, non sia superiore al complesso dei voti della seconda, nel qual caso anche il secondo seggio va

attribuito alla prima lista”, in D. DE COCCI, op. cit., p. 30.

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elettorale uniforme per tutte le circoscrizioni, grandi e piccole, da ottenersi dividendo il

numero totale dei voti per il numero totale dei deputati da eleggere, e l'utilizzazione dei resti

sul piano nazionale, con l'assegnazione dei seggi, sempre da farsi mediante il divisore unico,

ai candidati dei vari partiti non eletti al primo scrutinio, che hanno riportato più voti”73

.

Tuttavia, tra il 1899 e il 1919 la legislazione elettorale non venne modificata74

nonostante le

numerose proposte di revisione e le agitazioni dei movimenti operai, in particolare lo sciopero

generale del 1913. Nel 1916 il Primo Ministro cattolico De Broqueville propose una riforma

in cui si prevedeva l'assegnazione di un solo voto supplementare ai soli padri di famiglia e la

contemporanea abrogazione di ogni altro tipo di voto supplementare75

.

Nel 1918, al termine del conflitto, il Re convocò i rappresentanti di tutte le forze politiche al

fine di giungere ad un compromesso su tre questioni cruciali: la “questione del suffragio”, la

“questione fiamminga” e la “questione scolastica”. I partiti addivennero a quello che viene

storicamente ricordato come “Patto di Loppem”. Si decise di formare un governo tripartito

che deliberò, nell'ordine: un decreto per una nuova riforma in campo scolastico (la cosiddetta

“tregua scolastica”); un decreto con il quale veniva creata una sezione fiamminga

all'Università di Gand (fino ad allora completamente francesizzata)76

. Si stabilì infine che in

materia elettorale si sarebbe proceduto con l'adozione del suffragio universale maschile puro e

semplice77

.

Il Parlamento adottò così una legge manifestamente anticostituzionale, poiché stabiliva un

nuovo criterio di accesso al diritto di voto senza modificare il dettato dell'art. 47 della

Costituzione. Il nuovo sistema adottato nel 1919 concedeva infatti il diritto di voto ad ogni

uomo che avesse compiuto almeno 21 anni; le vedove e le madre dei soldati deceduti in

guerra e le donne per le quali era stato riconosciuto un particolare status per gli “atti

patriottici compiuti durante il conflitto”78

potevano altresì votare.

Oltre ai criteri di accesso al diritto di voto, con l'introduzione del suffragio universale

maschile e l'accesso al diritto di voto per alcune categorie di donne, la legge del 1919

introduceva un nuovo sistema di ripartizione dei seggi, un metodo proporzionale corretto dal

meccanismo detto “Van de Walle”, dal cognome del deputato belga che lo propose.

73 Ibidem, p. 36.

74 In J. B. PILET, op. cit., p. 27, trad. mia.

75 Ivi.

76 La Legge del 31 Luglio 1923 permetteva agli studenti dell'Università di Gand di seguire un terzo dei

corsi in lingua fiamminga.

77 In J. B. PILET, op. cit., p. 27.

78 Ivi.

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Secondo il metodo Van de Walle, l'allocazione dei seggi avviene in due fasi. Nella prima fase

i seggi vengono ripartiti all'interno di collegi distrettuali, dividendo i voti raccolti per il

“divisore elettorale” (tale divisore è ottenuto dividendo il numero dei voti validi per il numero

dei seggi da assegnare). I seggi vacanti vengono assegnati in una seconda ripartizione in cui si

utilizza il metodo D'Hondt. Tale secondo riparto avviene all'interno di una circoscrizione più

ampia, di livello provinciale79

. Per poter procedere all'assegnazione dei seggi nella seconda

fase, “i candidati presentati nei diversi circondari di una stessa provincia [...] si

apparentano”80

ovvero dichiarano, prima delle elezioni, di essere collegati ad un'altra lista

della Provincia.

A tal proposito il metodo D'Hondt si applica a livello distrettuale solo nel caso in cui tutte le

liste di uno stesso circondario decidono di non apparentarsi (situazione verificatasi solo a

Nivelles nel 1921). Nel caso in cui, invece, anche una sola lista dichiara l'apparentamento con

una o più liste nella stessa Provincia, si procede, per tutte le liste, con il metodo Van de Walle

al primo riparto e con metodo D'Hondt per la seconda ripartizione, a livello provinciale.

Per poter essere ammessi al secondo riparto a livello provinciale occorre che i gruppi

apparentati ottengano almeno un seggio in uno dei distretti compresi nella Provincia ovvero

un numero di voti pari almeno al 66% (i due terzi) del divisore elettorale. Il metodo D'Hondt

viene allora applicato non tenendo conto di un numero di quozienti pari ai seggi già attribuiti

nella prima ripartizione81

ovvero dividendo la cifra elettorale totale delle liste apparentate per

la serie di numeri successiva al numero di seggi già ottenuti nella prima ripartizione (se il

gruppo apparentato ottiene, ad esempio, tre seggi a livello distrettuale, si divide la sua cifra

elettorale totale per 4, 5, 6... e così via, anziché per 1, 2, 3... come nel sistema D'Hondt

puro)82

.

I quozienti ottenuti vengono dunque ordinati in ordine decrescente fino al numero di seggi da

assegnare ed i seggi vengono assegnati alla lista del rispettivo quoziente. Per la ripartizione

all'interno del gruppo di liste apparentate, ovvero per stabilire quale distretto debba

beneficiare della nuova ripartizione, si procede dapprima con l'attribuzione dei seggi alla lista

col più forte quoziente e, nel caso in cui tutti i seggi del distretto di quella lista siano stati

79 Si veda a tal proposito D. PASQUINUCCI, “Uniti dal voto? Storia delle elezioni europee 1948 – 2009”,

Milano, Franco Angeli, p. 44.

80 In D. DE COCCI, op. cit., p. 37.

81 In tal senso anche la proposta di riforma governativa del 1953 per l'elezione del Bundestag tedesco. Si

veda S. FURLANI, “Un nuovo sistema elettorale misto tedesco”, in Riv. Trim. di Dir. Pub., Fasc. 1, 1953, pp. 180

e ss..

82 Ovvero si aumentava il numero dei seggi acquisiti nella prima ripartizione di 2 unità, per la

determinazione del secondo quoziente, di 3 unità per il terzo quoziente e così via. Si veda a tal proposito J.

GERARD-LIBOIS, “Elections et électeurs en Belgique”, Courrier hebdomadaire du CRISP, 1989.

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ricoperti, si passa al circondario successivo nell'ordine della graduatoria delle cosiddette

“frazioni di seggio”.

Secondo il sistema del 1919, l'elettore poteva votare in quattro modi differenti: a) voto in testa

(alla lista); b) preferenza per un candidato principale; c) preferenza per un candidato

supplente; d) preferenza per un candidato principale e per un supplente. Il primo candidato

della lista veniva indicato con la dizione “tête de liste”83

. Anche votando per il singolo

candidato o per il supplente, il voto aveva valenza ai fini del calcolo della cifra elettorale della

lista: per tale motivo, il metodo elettorale adottato nel 1919 veniva detto del “doppio voto

simultaneo”84

. Con le elezioni del 1919, le Camere furono autorizzate a modificare la

Costituzione (divennero, per utilizzare la terminologia utilizzata dalla dottrina belga, “Camere

costituenti”). In tal senso, venne sanata la mancata revisione costituzionale che avrebbe

dovuto precedere la riforma introdotta con la Legge del 1919: il 7 Febbraio 1921 venne

pertanto varata una riforma della Costituzione che comportò, oltre all'adozione del suffragio

universale maschile puro, anche una nuova revisione del Senato.

Le proposte avanzate fino ad allora per la revisione della composizione della Camera Alta e

dei criteri di eleggibilità dei senatori andavano dalla creazione di una Camera degli interessi

alla creazione di una Camera territoriale formata esclusivamente da “senatori provinciali”

nominati direttamente dai consigli provinciali85

.

Alla fine si giunse, come al solito, ad un compromesso: l'età per eleggere i Senatori fu

abbassata da 30 a 21 anni (parificandola in tal senso a quella richiesta per eleggere i deputati).

La lista dei criteri di eleggibilità fu rimpiazzata da una lista di capacitari, nel nuovo articolo

56bis, che concedeva la possibilità di candidarsi a senatore solo a 21 categorie facenti parte

dell'élite politica, socio-economica ed intellettuale del Paese (ex ministri, ex deputati, ex

consiglieri provinciali, ex sindaci e consiglieri locali, direttori generali, proprietari ed

usufruttuari di beni immobili situati in Belgio, capi di imprese industriali, capi di società

cooperative o di sindacati ecc.)86

.

Venne mantenuto, infine, il rapporto tra il numero dei deputati e il numero dei senatori eletti

(questi ultimi erano pari alla metà dei deputati) mentre il numero dei senatori provinciali

passò da 27 a 40.

83 Si veda J. BEAUFAYS, op. cit., pp. 56 e 57.

84 Il candidato in testa di lista aveva una maggiore garanzia di elezione e al pari della case de tête, la sua

candidatura aveva un effetto devolutivo, poiché i voti non necessari alla sua elezione si riversavano a cascata sui

successivi candidati. Ibidem, pp. 63 e 64.

85 In J. B. PILET, op. cit., p. 28.

86 Si veda, per la lista completa “La Constitution Belge, revisé, 1921, texte complet, avec indication des

articles soumis à révision en 1892 et 1919 et des articles révisés en 1893 et 1921”, Bruxelles, Librairie Falk et

Fils, 1932.

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5. L'estensione del voto alle donne, la legge elettorale per il Parlamento europeo e la

federalizzazione del sistema elettorale (1945 – 1993)

Alle questioni relative all'estensione del suffragio e alla struttura della seconda Camera si

affiancò, verso la fine del XIX Secolo, anche la questione relativa all'accesso al diritto di voto

per le donne. La questione della concessione del voto alle donne non si pose prima

dell'avvento del POB, ovvero a partire dal 1885. Dal 1891, tuttavia, fu soprattutto una frangia

dei cattolici a rivendicare il diritto di voto per le donne. Il ministro Beernaert ebbe a

dichiarare: “l'inferiorità delle donne è una leggenda. Ne conosco molte che, per ciò che

concerne l'esercizio dei loro diritti politici, sarebbero ben più accorte e più capaci degli

uomini”87

. La posizione dei cattolici derivava però da un calcolo politico basato sulla pretesa

assunzione che le donne tendessero a votare per il partito conservatore88

. Per tale motivo, sia

liberali che socialisti temevano che il voto delle donne potesse favorire i cattolici e lasciarono

pertanto la questione del voto alle donne al di fuori del dibattito politico e parlamentare.

Come visto, nel 1921 fu introdotto il diritto di voto solo per alcune categorie di donne: si

trattava in particolare delle vedove e delle madri dei soldati caduti e delle donne che avevano

dimostrato atti di patriottismo durante la guerra. Il voto delle donne era concepito come un

voto dato “per procura” e riferito pertanto ai caduti (maschi) del primo conflitto mondiale e

non come espressione della volontà delle nuove categorie ammesse, tanto che le vedove

perdevano il loro diritto di voto se contraevano nuovamente matrimonio.

Per tutti gli anni Venti e Trenta del XX Secolo, i dibattiti relativi alla legislazione elettorale

vennero inoltre sovrastati dalla “grande critique du parlamentarisme”89

: la maggior parte dei

partiti belgi – dai comunisti fino all'ala destra dei cattolici, passando per REX e VNV – aveva

messo in discussione la base democratica della rappresentanza, rivendicando l’adozione di

nuovi modelli istituzionali della rappresentanza – si andava dalla rappresentanza degli

interessi alla rappresentanza di classe o delle corporazioni.

Il dibattito sulle regole elettorali verrà ripreso in termini democratici solo alla fine del secondo

conflitto mondiale. Nel 1948, su proposta di Paul-Henri Spaak, membro del Partito Socialista

Belga (PSB, ereditario del POB) il governo di coalizione PSC/PSB (il PSC, Partito cristiano-

sociale era ereditario invece del Partito cattolico) fece adottare una nuova proposta di legge

87 In J. B. PILET, op. cit., p. 29, trad. mia.

88 La correlazione tra voto femminile e voto conservatore è tuttora oggetto di studi da parte della scienza

politica. Si veda a tal proposito, per il caso francese, M. S. LEWIS-BECK, R. NADEAU, E. BÉLANGER, “French

Presidential Elections”, Basingtoke (Hampshire, England), Palgrave Macmillan, 2012.

89 In P. MAGNETTE, D. LUYTEN, “L'idée du parlementarisme en Belgique”, in E. GUBIN, J. P. NANDRIN, E.

GERARD, E. WITTE (sous la dir. de), Histoire de la Chambre des Représentants de Belgique, Chambre des

Représentants, 2003, p. 19 – 46, p. 35.

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che concedeva il diritto di voto a tutte le donne sia per le elezioni politiche che per le elezioni

provinciali: l'elettorato fu più che raddoppiato e nel 1949 gli aventi diritto voto erano pari a

5.635.452.

Nel 1947 fu invece introdotta una piccola variazione per il calcolo della ripartizione dei seggi

a livello provinciale per il Senato: per accedere alla ripartizione con metodo D'Hondt,

bisognava ottenere un numero di voti pari almeno al 33% (un terzo) del divisore elettorale

anziché il 66% (tale percentuale fu mantenuta invece per il sistema elettorale per la Camera

dei Rappresentanti).

Nel decennio successivo la legge elettorale non fu messa in discussione: “a quell'epoca

infatti, i dibattiti politici furono incentrati su due altre questioni: il patto scolastico e la

questione monarchica”90

. Con il riemergere del clivage linguistico, a partire dagli anni '60, il

tema della riforma elettorale tornò invece al centro del dibattito politico, soprattutto in

conseguenza del processo di federalizzazione avviato nel 1970 e che avrebbe investito il

Belgio per i successivi quarantadue anni (1970 – 2012).

Il Belgio comprendeva infatti, fin dalla sua nascita, due comunità linguistiche: la comunità

francofona, maggioritaria in Vallonia, nel Sud del Paese, e la comunità fiamminga,

neerlandofona, maggioritaria invece nel Nord del Paese91

. L'unità e l'indipendenza del Paese

si erano basate essenzialmente sulla comune fede religiosa delle due comunità (valloni e

fiamminghi sono in maggioranza cattolici, a differenza degli olandesi, di fede calvinista). Al

termine del primo conflitto mondiale si aggiunse poi una piccola comunità germanofona ad

Est, con l'annessione del territorio di Eupen quale compensazione per l'invasione tedesca.

Il carattere multi-linguistico del Belgio non aveva fino ad allora creato particolari problemi,

sebbene sul piano amministrativo e culturale era emerso, fin dalla prima metà dell'Ottocento,

un movimento culturale fiammingo che aveva rivendicato per la comunità neerlandofona una

maggiore autonomia sul piano amministrativo. Fino agli anni Venti del XX Secolo, il francese

era considerata l'unica lingua ufficiale del Regno: questa era, d'altro canto, la lingua utilizzata

dalla borghesia e dalla nobiltà francofona al potere dal 1831 e per tutti gli anni successivi nel

XIX Secolo.

Nel 1878, con la Legge del 22 Maggio 1878 (cosiddetta Loi de Laet), nelle Province

fiamminghe e a Bruxelles venne disposto l'utilizzo, nelle amministrazioni dello Stato, del

90 In J. B. PILET, op. cit., p. 31, trad. mia.

91 Espressione geografica con cui si indica tutta la Comunità fiamminga. In realtà con il termine Fiandra si

fa riferimento più specificamente alle Province Fiandra Occidentale (West-Vlaanderen) e Fiandra Orientale

(Oost-Vlaanderen), comprendendo la Comunità fiamminga anche le Province di Anversa (Antwerp), Limburgo

(Limburg) e il Brabante Fiammingo (Leuven).

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fiammingo (non ancora “neerlandese”) accanto alla lingua francese, mantenendo per

quest'ultima la primazia nel resto del Paese. La lingua fiamminga, tuttavia, non aveva fino ad

allora avuto un riconoscimento ufficiale nella Costituzione del 1831 e ciò aveva comportato

anche delle discriminazioni piuttosto evidenti, soprattutto in campo scolastico ed in campo

giuridico, discriminazioni che compattarono ancor di più il movimento nazionalista

fiammingo, spingendo così a nuove richieste di autonomia, anche in campo politico.

Tra il 1921 e il 1935 il legislatore adottò una serie di provvedimenti che riconoscevano al

fiammingo il ruolo di lingua primaria in campo amministrativo, linguistico e scolastico,

limitatamente però al territorio fiammingo92

. La Legge del 28 Giugno 1932, modificata poi

con Legge del 2 Luglio 1954, introduceva il principio dell'unilinguismo amministrativo a

livello regionale, ovvero dell'utilizzo del fiammingo nel territorio fiammingo, del francese in

Vallonia e di entrambe le lingue nei 16 Comuni (divenuti 19 con la Legge del 1954) formanti

il cosiddetto “agglomerato brussellese”. Nei Comuni in cui fosse stata presente una

consistente minoranza (almeno il 30%), si sarebbe applicato il bilinguismo. Le leggi del 1932

92 Si trattava in particolare della Legge del 31 Luglio 1921 “Sull'impiego delle lingue in materia

amministrativa” che stabiliva che nelle Province di Anversa, Fiandra Occidentale, Fiandra orientale, Limburgo,

nel circondario di Lovanio e nel circondario di Bruxelles, esclusi i comuni facenti parte del cosiddetto

agglomerato brussellese, il fiammingo sarebbe divenuto la lingua primaria in campo amministrativo. Nelle altre

Province del Sud, il francese manteneva invece la primauté linguistique nell'amministrazione, mentre

nell'agglomerato brussellese, comprendente allora 17 Comuni, si adottava il principio del bilinguismo. La Legge

de 14 Luglio 1932 introduceva il principio “lingua regionale – lingua scolastica”: veniva tolta la facoltà al padre

di famiglia di decidere la lingua di insegnamento nelle scuole primarie e intermedie per la propria prole e si

stabiliva l'impiego della lingua regionale al di là della lingua madre della prole. La Legge del 28 Giugno 1932

introduceva servizi separati, in fiammingo e in francese, in seno ai diversi Ministeri e modificava la legge del 31

Luglio 1921, introducendo il principio del censimento decennale: le frontiere linguistiche si sarebbero basate su

un censimento da effettuarsi ogni dieci anni e nel caso in cui la minoranza di un Comune avesse raggiunto il

30% del totale della popolazione di quel Comune, l'amministrazione avrebbe dovuto fornire i propri servizi in

entrambe le lingue del Regno. La Legge del 15 Giugno 1935, infine, stabiliva il medesimo principio

unilinguistico – regionale anche in materia giudiziaria.

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e del 1954 non stabilivano però una frontiera linguistica e i confini regionali sarebbero dovuti

variare in base ad un censimento da effettuarsi ogni dieci anni. Con il censimento del 1947,

ben 14 Comuni sarebbero dovuti passare al regime linguistico francofono e solo un Comune

al regime fiammingo. Per tale motivo, il Governo decise di pubblicare i risultati del

censimento solo nel 1954, nel timore di una reazione violenta da parte del movimento

fiammingo.

La Legge del 1954 stabiliva infatti che i Comuni di Evere, Ganshoren, e Berchem-Sainte-

Agathe (che sarebbero dovuti passare al regime francofono secondo il censimento del 1947)

sarebbero stati integrati al regime bilingue dell'agglomerato di Bruxelles. Con la Legge dell'8

Novembre 1962, si stabilirono i trasferimenti linguistici di ben 43 Comuni e furono fissate le

frontiere linguistiche: si abbandonava pertanto il principio del censimento decennale che

aveva determinato fino ad allora la cosiddetta “mobilità delle frontiere”.

La legge entrò in vigore il 1o Settembre 1963 insieme ad un altro provvedimento, la Legge del

2 Agosto 1963, che stabiliva invece la suddivisione del Regno in 4 Regioni linguistiche: si

trattava delle Regioni unilinguistiche fiamminga, vallona e germanofona e della Regione

bilingue di Bruxelles, comprendente 19 Comuni. I Comuni sottoposti al regime di “facilités

linguistiques” erano fissati per legge e non più sulla base della soglia del 30%.

La fissazione delle frontiere linguistiche determinò una serie di revisioni a cascata del sistema

elettorale, poiché i confini delle nuove regioni linguistiche (e dunque amministrative) non

rispettavano più i confini delle circoscrizioni elettorali.

La Legge del 1963 fu votata da una maggioranza prevalentemente fiamminga con l'apporto di

una stretta minoranza francofona (dei parlamentari francofoni, 34 votarono a favore e 54

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contro). Questo stato di cose delineava pertanto una spaccatura politico-linguistica che si

sarebbe riversata sul sistema dei partiti negli anni a venire, con la separazione delle famiglie

politiche tradizionali (cristiano-sociale, socialista e liberale) nelle loro rispettive ali

comunitarie (si passava pertanto da 3 a 6 partiti, più i partiti germanofoni). Il panorama dei

partiti fu poi ulteriormente arricchito dall'avvento di nuove formazioni a carattere

“esclusivamente comunitario” quali il FDF – Fédéralistes Démocrates Francophones, partito

fondato nel 1964, il cui scopo principale è quello di proteggere gli interessi dei francofoni

residenti nell'agglomerato di Bruxelles; il RW – Rassemblement Wallon, fondato da François

Perin nel 1968, partito vallone che propugnava lo Stato federale e, più avanti, l'indipendenza

per la Vallonia; infine, il VU – Volksunie, partito nazionalista fiammingo fondato nel 1954

sulle ceneri dell'Unione Popolare Fiammingo-Cristiana93

.

La conseguenza immediata, a livello giuridico, di questa “sconfitta” francofona fu

l'introduzione – nel corso della prima grande riforma dello Stato attuata nel 1970–1971 – di

un meccanismo detto della “sonnette d'alarme” con il quale la minoranza francofona in

Parlamento poteva bloccare i provvedimenti votati dalla maggioranza fiamminga che

potevano compromettere gli interessi della comunità francofona

Con il trasferimento da una regione linguistica all'altra di alcuni Comuni, le rivendicazioni

localistiche si inasprirono al punto da ingenerare vere e proprie crisi a livello nazionale. In

particolare, il trasferimento dei Comuni di Fourons e di Comines-Warneton dalla Provincia di

Liegi a quella del Limburgo avvelenò la politica belga fino al 1988, quando si giunse

finalmente a un “patto della pacificazione” con la Legge del 9 Agosto 1988 con la quale

venivano stabilite, per essi, alcune condizioni particolari in ambito elettorale94

.

Vi era poi una circoscrizione elettorale che si trovava a cavallo tra le due Regioni linguistiche.

Si trattava dell'arrondissement Bruxelles-Hal-Vilvorde, comprendente la Regione bilingue di

Bruxelles e i 35 comuni fiamminghi attorno a Hal e a Vilvorde (e dunque facenti parte della

93 Da una costola della VU nascerà poi la N-VA di Bart de Wever, vincitore alle elezioni del Maggio

2010.

94 Si tratta di due Comuni à facilités situati al confine della Regione di Bruxelles-Capitale. I fiamminghi

esigevano la conoscenza della lingua della Regione per essere eletti sindaci o assessori in quei comuni, mentre i

francofoni si opponevano a tale obbligo linguistico poiché ciò sarebbe andato contro la volontà degli elettori. La

controversia nacque fondamentalmente con la designazione, come sindaco di Fourons, del francofono José

Happart, incapace di esprimersi in fiammingo. Con la Legge del 9 Agosto 1988 si arrivò ad un compromesso:

con quest'ultima si pone in essere un obbligo per ogni mandatario comunale di conoscere la lingua della Regione

comprendente il Comune. Per i comuni di Fourons e di Comines-Warneton vengono poste delle eccezioni: in

questi Comuni, gli assessori (échevin) sono eletti direttamente dagli elettori, con lo stesso metodo con cui si

eleggono i consiglieri comunali. Tuttavia, deve essere assicurata la presenza di almeno un assessore per ciascun

gruppo linguistico all'interno del “collège des bourgmestre et échevins”. Per i collegi comunali di Comines-

Warneton e Fourons viene stabilita la regola del consensus per ogni deliberazione. Per le elezioni nazionali ed

europee, gli abitanti di questi due Comuni possono recarsi in altre due municipalità (Aubel e Heuvelland) al fine

di poter votare all’interno dell'uno o dell'altro regime linguistico. In J. B. PILET, op. cit., p. 34.

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Regione linguistica fiamminga). I parlamentari fiamminghi proposero la scissione di questo

arrondissement elettorale in due nuovi collegi elettorali (Bruxelles e Hal-Vilvorde) già

durante la Legislatura 1961 – 196595

. La questione sarebbe riemersa più in là, con la

provincializzazione delle circoscrizioni elettorali per la Camera, introdotta nel 2002, che

rendeva incostituzionale il mantenimento di tale circoscrizione. Le tensioni per il cosiddetto

dossier BHV portarono addirittura ad una paralisi istituzionale, con una crisi di governo risolta

solo dopo 18 mesi di negoziazioni, che portarono così all'ennesima riforma dello Stato.

La questione delle frontiere linguistiche aveva invero ingenerato un processo di

smantellamento dello Stato centrale avviato già nel 1970-1971, allorquando il Governo

Eyskens istituì due nuovi enti, le Comunità Culturali (nuovo art. 59bis della Costituzione) e le

Regioni (art. 107quater della Costituzione) per ciascuna comunità linguistica, con una

revisione costituzionale del 24 Dicembre 1970. Le Comunità Culturali furono dotate di organi

assembleari, i Consigli delle Comunità Culturali, che avevano competenze legislative da

esercitare tramite decreto – atto avente forza di legge – su alcune limitate materie di rilievo

culturale. Tuttavia, la creazione dei Consigli delle Comunità non implicò alcuna questione di

carattere elettorale, poiché il costituente stabilì che tali organi fossero composti dai membri

del Parlamento nazionale, ripartiti nei vari Consigli in base all'appartenenza linguistica.

Quando nel 1980-1981, nel corso della seconda tappa del processo di federalizzazione, furono

istituite le Comunità tout court, i rispettivi organi legislativi, i Consigli delle Comunità,

ottennero un potere legislativo più ampio: tali organi ereditavano i poteri decretali delle

Comunità culturali ma potevano altresì legiferare sulle cosiddette materie “personnalisables”

ovvero le materie legate “alla persona”. Tuttavia, il costituente stabiliva per essi (ovvero per il

Consiglio della Comunità fiamminga e il Consiglio della Comunità francese), ancora una

volta, l'elezione indiretta. Allo stesso modo, i Consigli delle Regioni (ovvero il Consiglio

della Regione Vallonia e il Consiglio della Regione fiamminga – le cui competenze furono

tuttavia fuse con quelle del Consiglio della Comunità fiamminga), erano dotati di organi

legislativi composti da membri eletti in maniera indiretta. Tali Consigli si sarebbero occupati

principalmente di materie legate alla gestione del territorio e di politica economica.

Nel frattempo, il legislatore adottò la legge per l'elezione del Parlamento Europeo – Legge del

16 Novembre 1978, cosiddetta Loi Boël, apportando una novità importante sul fronte della

definizione dei collegi elettorali e delle circoscrizioni. La nuova Legge riprendeva le

medesime disposizioni del Titolo I del Codice Elettorale per le elezioni politiche, ponendo in

95 Ibidem, p. 31.

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essere tuttavia alcune importanti eccezioni. In primo luogo, l'età per divenire elettore veniva

abbassata a 18 anni – al pari di quanto stabilito, nel 1969, per le elezioni comunali – anziché

21 anni, come per il Parlamento nazionale e per i Consigli provinciali. Il territorio belga

veniva suddiviso in tre circoscrizioni elettorali: “1) la circonscription électorale flamande qui

comprend les arrondissements électoraux appartenant entièrement à la région linguistique

néerlandaise; 2) la circonscription électorale wallonne qui comprend les arrondissement

électoraux couvrant les régions linguistiques française et allemande; 3) la circonscription

électorale bruxelloise qui coïncide avec l'arrondissement électoral de Bruxelles”.

Il corpo elettorale veniva suddiviso in due collegi elettorali, uno fiammingo, l'altro

francofono. Tale suddivisione verrà ripresa nel 1993 anche per le elezioni federali per il

Senato (articolo 87bis del codice elettorale belga)96

. Nella circoscrizione di Bruxelles, gli

elettori potevano scegliere di votare per le liste fiamminghe o per quelle francofone, mentre il

collegio neerlandese poteva votare esclusivamente per le liste fiamminghe e il collegio

francofono solo per le liste valloni. I voti venivano conteggiati sulla base dei collegi

linguistici: il collegio francofono raggruppava così i voti delle liste francofone di Bruxelles e

delle liste valloni, mentre il collegio fiammingo raggruppava i voti delle liste fiamminghe di

Bruxelles e delle liste neerlandesi. Ai fiamminghi erano assegnati 13 deputati europei e ai

francofoni 11 (divenuti poi 14 per i fiamminghi, 10 per i francofoni e 1 per la comunità

germanofona nel Dicembre 1992). La ripartizione dei seggi avviene anche per le elezioni

europee con il sistema proporzionale (metodo D'Hondt).

Il cammino verso la terza riforma dello Stato (1988-1989), con la quale furono stabiliti i

contorni istituzionali della Regione di Bruxelles, fino ad allora rimasta, secondo l'espressione

utilizzata dalla dottrina belga, “au frigo”, fu caratterizzato da un intenso dibattito in materia

elettorale, in ragione delle trasformazioni istituzionali in atto. Le revisioni elettorali

riguardarono soprattutto le questioni frontaliere tra una regione linguistica e l'altra e il metodo

di elezione da adottare per le nuove istituzioni rappresentative brussellesi.

96 “The first sign of the creation of two separate electoral arenas appeared with the first European

elections (1979). [...] In 1993 an amendment was passed to create a German-speaking district corresponding to

the German-speaking community. […] Electoral laws remained stable in this matter until 1993. At that time

separation in linguistic constituencies was also introduced for the Belgian Senate. Before then the directly

elected senators competed in 21 constituencies. In 1993, among many changes introduced by the constitutional

reform, one aimed to transform the Upper House into a chamber of the states. Elected senators were meant to be

representatives of the components of the federal state. Consequently, the system of Electoral Colleges used for

the European Parliament was extended to the Senate”. In J. B. PILET, “The Adaptation of the Electoral System to

the Ethno-linguistic Evolution of Belgian Consociationalism”, Ethnopolitics, Vol. 4, n. 4, 397–411, November

2005.

www.federalismi.it 34

In particolare, nel 1987, fu posta in essere un'eccezione al sistema degli apparentamenti per le

Camere nazionali: la Legge del 13 Aprile 1987 vietava gli apparentamenti tra gli

arrondissement di Nivelles e quello di Lovanio, in zona brabantina, per evitare che i candidati

senatori o deputati fiamminghi fossero eletti nella circoscrizione francofona e viceversa. Il

metodo Van de Walle, adottato fin dal 1919, permetteva infatti, da un lato, di correggere in

parte gli effetti distorsivi del sistema D'Hondt (che nella sua versione pura non prevede il

recupero dei resti) ma dall'altro, il riparto dei voti su due aree territoriali differenti –

l'arrondissement per le singole liste e la provincia per gli apparentamenti – poteva portare a

risultati spesso paradossali: “par exemple, en 1991, pour la Chambre des représentants à

Alost, Agalev obtient un siège avec 9.910 voix tandis que le Vlaams Blok n'a aucun élu

malgré un score de 15.954 suffrages”97

. La dottrina descrive tale effetto distorsivo come

“caprices de l'apparentement”.

Tale effetto distorsivo ha avuto delle conseguenze politiche non indifferenti negli

arrondissement di Nivelles e Lovanio, entrambi facenti parte della provincia del Brabante ma

afferenti a due comunità linguistiche differenti: i risultati elettorali per le Camere e il Senato

si sarebbero pertanto riversati sulle istituzioni regionali e comunitarie di due differenti

comunità linguistiche, i cui rispettivi organi assembleari erano formati dai parlamentari

nazionali. Il 13 Ottobre 1985 venne eletto senatore a Nivelles, in zona francofona, grazie

all'apparentamento, un membro del VU, Toon Van Overstraeten. In quanto senatore eletto a

Nivelles, egli aveva diritto a sedere nel Consiglio regionale vallone, dove la maggioranza

contava 52 membri e l'opposizione 51: “le sénateur VU pouvait donc bloquer la majorité”98

.

L'assemblea vallone rifiutò pertanto di validare l'elezione del senatore fiammingo. La Legge

del 13 Aprile 1987, come visto, impedì che si potesse ripetere una situazione del genere,

vietando l'apparentamento tra le due circoscrizioni e allargando in tal senso la separazione tra

le due comunità a livello elettorale.

Per quanto riguarda le istituzioni brussellesi, nel 1988 si decise, a differenza di quanto era

stato previsto per le istituzioni regionali e comunitarie fiamminghe e valloni, di creare

un'assemblea con membri direttamente eletti. Per l'elezione del Consiglio regionale di

Bruxelles venivano ammesse solo liste unilinguistiche. Il conteggio dei voti avveniva su base

linguistica: in una prima fase si addizionano i voti di tutte le liste francofone e i voti di tutte le

liste fiamminghe per determinare i seggi da attribuire a ciascun gruppo linguistico. Nella

97 In J. B. PILET, op. cit., p. 87.

98 Ibidem, p. 32.

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seconda fase si procede con la distribuzione dei seggi in seno a ciascun gruppo linguistico

(Vedi Annesso 2).

L'anno seguente, si stabilì, per i 19 Comuni di Bruxelles, la possibilità per i consigli comunali

di nominare un échevin supplementare al fine di permettere ai due gruppi linguistici di essere

rappresentati nel collegio sindaco-assessori. Se nessun rappresentante della minoranza

linguistica è eletto al consiglio comunale, il primo dei non eletti del gruppo linguistico non

rappresentato è designato di diritto membro del Consiglio del CPAS (Centre public d'action

sociale, un ufficio pubblico presente in ogni comune del Belgio che si occupa di aiuti sociali).

Pertanto, tanto nei comuni di Fourons e di Comines-Warneton, dopo il patto di pacificazione

del 1988, quanto nei comuni brussellesi, viene garantita la rappresentanza di ciascun gruppo

linguistico in seno al collegio comunale (Collège des bourgmestre et échevins, comprendente

il sindaco, gli assessori e il Presidente del CPAS).

La riforma dello Stato adottata nel 1993 comportò poi l'adozione dello Stato federale e la

parificazione, a livello elettorale, delle assemblee legislative delle comunità e delle Regioni.

Fino ad allora, infatti, come visto, la Regione Vallonia, la Comunità Francofona e la

Comunità Fiamminga erano dotate di assemblee legislative composte da eletti indiretti,

ovvero dai parlamentari nazionali, ripartiti in base all'appartenenza al gruppo linguistico.

Dal 1993, invece, il Consiglio della Regione Vallonia si compone di 75 eletti diretti, designati

con metodo proporzionale D'Hondt. I deputati della Regione fiamminga (le cui competenze,

ricordiamo, vengono esercitate dalla Comunità fiamminga) sono fissati a 118, anch'essi

vengono eletti con metodo D'Hondt. Il Consiglio delle comunità francese è eletto

indirettamente: esso è composto dai 75 eletti della Regione Vallonia a cui si aggiungono i

deputati del gruppo linguistico francofono del Consiglio regionale brussellese. Il consiglio

della comunità fiamminga raggruppa, invece, i 118 eletti della Regione fiamminga più i

deputati nominati in seno al gruppo linguistico neerlandofono dell'assemblea regionale di

Bruxelles. Infine, per la comunità germanofona è prevista l’elezione diretta dei 25 membri del

Parlamento della comunità germanofona.

I deputati federali furono ridotti, nel 1993, da 212 a 150 e i senatori eletti da 106 a 40: il

numero dei deputati e dei senatori fu fissato in modo permanente nell’articolo 67 della

Costituzione. La categoria dei senatori provinciali fu rimpiazzata da quella dei senatori delle

comunità, designati dai tre consigli di comunità (10 fiamminghi, 10 francofoni e 1

germanofono). Si stabilì poi una nuova categoria di senatori cooptati: dei 10 senatori cooptati,

6 venivano designati dal gruppo linguistico fiammingo al Senato e 4 dal gruppo linguistico

francofono.

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L'apparentamento è stato preservato tanto alla Camera quanto al Senato, ma il quorum per

accedere alla ripartizione a livello provinciale per i seggi della Camera fu parificato a quello

del Senato: per poter accedere al riparto a livello provinciale bisognava aver ottenuto almeno

il 33% del divisore elettorale in almeno una circoscrizione. Per i consigli regionali il quorum

veniva invece mantenuto al 66%.

6. Le riforme elettorali nella 50a Legislatura (1999 – 2003)

Nella 50a Legislatura (1999-2003), con il Governo guidato dal liberale fiammingo Guy

Verhofstadt, il processo di revisione della legislazione elettorale subì una brusca

accelerazione. Il sistema partitico di allora era in grande fermento dopo la burrascosa

campagna elettorale del 199999

. Molti partiti cambiarono nome e i risultati delle elezioni

furono in qualche modo sorprendenti: i liberali tornarono alla guida del Governo a danno dei

cattolici. Si registrò ugualmente una grande avanzata delle destre estreme e un piccolo balzo

in avanti per i socialisti valloni100

. Le trasformazioni in campo partitico seguivano le tendenze

degli anni Novanta, durante i quali erano state inoltre introdotte alcune riforme, poi rimesse in

discussione nel corso della 50a Legislatura.

In particolare, subito dopo l'adozione dello Stato federale, la Legge Smet-Tobback del 1994

aveva introdotto il principio delle cosiddette “quote” per il quale non più dei due terzi dei

candidati di una medesima lista potevano appartenere al medesimo sesso. Tale meccanismo

avrebbe dovuto favorire le candidature femminili, generalmente molto deboli – soprattutto per

il fatto che spesso le candidate venivano inserite in fondo alle liste, riducendone sensibilmente

le possibilità di elezione. Questa ed altre disposizioni saranno ampiamente modificate nel

corso della 50a Legislatura durante la quale il principio della parità di genere verrà addirittura

fissato in Costituzione, agli articoli 10 e 11bis, non limitandosi pertanto tale garanzia ad un

mero meccanismo di rappresentanza all'interno delle istituzioni federali.

Il Governo Verhofstadt si concentrò in particolare su tre aspetti tecnici della legge elettorale

per le Camere: la soppressione dell'effetto devolutivo della case de tête; il meccanismo di

trasformazione dei voti in seggi; la soppressione dei candidati supplenti. L'accordo con cui era

stato possibile dar vita al Governo – formato da ben sei partiti (da cui il nome arc-en-ciel,

arcobaleno) – intitolato “La voie vers le XXIe siècle”, venne siglato il 7 Luglio 1999. Un

99 P. DELWIT, “Belgique: le contexte politique”, L'année sociale, 1999, p. 9 e ss.

100 P. DELWIT, J. B. PILET, “The Belgian Federal Election, 18 May 2003: A First Step Towards Bipartism?”,

Representation, Vol. 41, n. 1/2004, pp. 33-41.

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capitolo di questo accordo, intitolato “La démocratie citoyenne”101

venne dedicato in parte

alle riforme elettorali.

Il Governo invitava così il Parlamento a creare una Commissione di “rinnovamento politico”

che si sarebbe dovuta occupare di tre questioni: la modernizzazione del sistema elettorale per

le Camere, la modifica della taglia delle circoscrizioni elettorali e il rafforzamento della

partecipazione per i cittadini102

. Lo stesso Governo, “in attesa delle conclusioni della

Commissione”103

, si attivò sottoponendo al Parlamento già ad inizio Legislatura una serie di

progetti di legge, in particolare: a) due progetti relativi al peso “dell'effetto devolutivo della

case de tête”; b) una serie di progetti relativi alla soppressione delle liste dei candidati

supplenti; c) tre progetti per la fissazione del principio della parità di genere; d) un progetto

per l’allargamento delle circoscrizioni elettorali; e) un progetto per la reintroduzione dei

candidati supplenti; f) un progetto per la fissazione di una soglia di sbarramento.

a) Soppressione della metà dell'effetto devolutivo della case de tête.

Con la prima proposta di legge, si intendeva eliminare uno degli effetti maggiormente

distorcenti del sistema elettorale, dato dal meccanismo della case de tête: eliminando il voto

in case de tête sarebbe aumentato il peso dei voti di preferenza, assegnando così all'elettore un

maggiore potere di scelta e vanificando l'ordine dei candidati stabilito dal partito. Segnando la

case de tête, infatti, si tende a favorire i candidati posizionati più in alto ed in tal senso ad

“approvare” l'ordine stabilito dai partiti104

.

La proposta di legge governativa intendeva sopprimere tale effetto devolutivo per la

legislazione elettorale di tutti i livelli di governo, ovvero per le legislazioni elettorali per le

Camere federali, le assemblee comunitarie, regionali, i consigli provinciali e comunali e per le

elezioni europee.

L'effetto devolutivo della case de tête era stato criticato già nel corso degli anni Novanta, in

particolare dai liberali sia al Nord che al Sud del Paese: questi ultimi argomentavano che con

101 L'obiettivo principale del Governo era quello di “replacer le citoyen au centre du processus de sorte qu'il

ait davantage d'emprise sur la politique”. Si veda P. BLAISE ET AL., “Les réformes électorales sous la Législature

1999 – 2003”, Courrier hebdomadaire du CRISP, 5/2003, n. 1790-1791, p. 6.

102 Sul declino della partecipazione politica in Belgio si veda il dossier di R. BEN ACHOUR, “L'abstention

électorale en Belgique: un phénomène récent”, Bruxelles, Institut Emile Vandervelde, Décembre 2012.

103 In P. BLAISE ET AL., op. cit., trad. mia.

104 “Dans le scrutin de liste en Begique, les électeurs ont deux grandes possibilités de vote valable. Ils

peuvent voter en case de tête, en d'autres termes voter pour un parti en acceptant la liste dand l'ordre de

présentation qui s'offre à lui. Ou ils ont l'opportunité d'émettre un vote pour une ou plusieurs personnalités d'un

liste: ils émettent de la sorte un vote de préférence [...]. Dans le système électoral actuel, le vote en case de tête

privilégie les candidats qui occupent les meilleurs places sur la liste. Cet effet dévolutif du vote en case de tête

enlève au citoyen une part de sa faculté de choix et de son pouvoir de contrôle”. Ibidem, p. 20.

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la soppressione dell'effetto devolutivo della case de tête, le possibilità di successo per le

candidature femminili sarebbero automaticamente aumentate, pertanto la riforma avrebbe

comportato un duplice beneficio ed evitato il ricorso ad una modulazione della legge del 1994

sulle quote105

. Durante la Legislatura 1995–1999 furono presentate a tal proposito numerose

proposte di legge: nel Marzo del 1997, Guy Verhofstadt e Hugo Coveliers, membri del PVV

(Partito liberale fiammingo) insieme a Bert Anciaux e Jan Loones (VU) presentarono due

proposte di legge per la soppressione della case de tête, rispettivamente per le elezioni

comunali e provinciali e per le elezioni del Parlamento fiammingo e vallone. Louis Michel e

Didier Reynders (PRL, Partito liberale francofono) presentarono nel Maggio 1997 un progetto

di legge simile, ma per le elezioni federali e provinciali. I cristiano-sociali accolsero le

proposte di legge avanzate dai liberali, dichiarandosi favorevoli alla cancellazione della case

de tête: “Les partis doivent faire des choix avec un système indicatif 1er

, 2e, 3

e, mais que ce ne

doit pas être cet ordre-là qui compte pour la dévolution des voix du pot. Ce système donne

une indication qu'on veut, donne la capacité, et j'espère qu'on peut tous l'avoir, imposer de

temps en temps, des femmes, des jeunes, des personnes d'origine étrangère”106

. Contrari alla

soppressione della case de tête, i socialisti e i verdi i quali sarebbero stati sfavoriti da un

sistema totalmente incentrato sulle preferenze: i socialisti dichiararono che un sistema del

genere avrebbe “individualizzato” eccessivamente la competizione elettorale e portato così ad

una “starisation”107

della vita politica del Paese. Inoltre essi dubitavano che un sistema basato

solo sul voto di preferenza potesse avvantaggiare le candidature femminili: “les chances des

femmes ne seront pas augmentées parce que les places intéressantes sur les listes seront

occupées par des hommes”108

. Si giunse così come al solito ad un compromesso tra le due

posizioni: il Governo adottò un progetto di legge per la riduzione (e non la soppressione

totale) della metà dell'effetto devolutivo della case de tête: il “pot commune”, ovvero l'insieme

dei voti dati in case de tête, sarebbe valso dunque la metà, raddoppiando in tal senso il peso

dei voti di preferenza.

Il Governo approvò un progetto di legge unico il 4 Febbraio 2000 per la riduzione della metà

dell'effetto devolutivo della case de tête per le elezioni delle Camere federali, del Parlamento

Europeo, del Consiglio della Comunità germanofona, dei consigli provinciali e comunali. Il

23 Maggio 2000 il Governò divise però il progetto di legge in due progetti separati: il primo

105 “D'aucuns considéraient que la suppression de l'effet dévolutif de la case de tête allait contribuer à la

féminisation des assemblées” in P. DELWIT, E. VAN HAUTE, “Les termes nouveaux du droit électoral aux

élections fédérales: philosophie et impacts”, in L'année sociale, 2002, De Boeck, 2003, p. 34.

106 Ivi.

107 Ivi.

108 In P. BLAISE ET AL., op. cit., p. 20.

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progetto riguardava i consigli provinciali, comunali e il Parlamento Europeo ed il secondo le

Camere federali e il Consiglio della Comunità germanofona.

I voti della case de tête continuavano, secondo i progetti di legge, ad essere contabilizzati per

la determinazione della cifra elettorale di ciascuna lista, ma non sarebbero stati presi in

considerazione “se non per la metà al momento della devoluzione dei seggi tra i candidati

della medesima lista”109

.

Furono così adottate quattro leggi differenti, ciascuna relativa ad una o più assemblee e tutte

relative alla riduzione della metà dell'effetto devolutivo del voto in testa: si tratta della Legge

del 26 Giugno 2000 relativa alle elezioni dei consigli provinciali e comunali e del Parlamento

Europeo; la legge del 27 Dicembre 2000 per l'elezione delle Camere federali e del Consiglio

della Comunità Germanofona; la legge del 22 Gennaio 2002 per l'elezione del Consiglio

fiammingo, del Consiglio regionale vallone e del Consiglio della Regione di Bruxelles-

Capitale; la legge speciale del 22 Gennaio 2002 relativa all'elezione di questi tre ultimi

consigli110

.

b) Soppressione della lista dei candidati supplenti

La soppressione della distinzione tra i candidati “effettivi” e i candidati “supplenti” si legava

direttamente alla questione della soppressione della case de tête. La soppressione della

distinzione tra le due liste di candidati avrebbe condotto in sostanza alla soppressione delle

liste dei candidati supplenti. Anche la questione relativa alla soppressione della lista dei

supplenti rientrava nell'accordo di Governo del 7 Luglio 1999: la logica della proposta

rientrava nell'obiettivo generale del Governo di voler “rafforzare il ruolo del cittadino nella

scelta dei suoi rappresentanti”. I supplenti in effetti beneficiavano più di altri candidati

dell'effetto devolutivo della case de tête: spesso, infatti, i candidati supplenti erano riusciti ad

ottenere i seggi a discapito di altri candidati “effettivi” non eletti rispetto ai quali avevano

ottenuto meno voti. La soppressione della lista dei candidati supplenti avrebbe avuto inoltre

l'effetto di ridurre ulteriormente la portata del “pot commune”111

.

Il progetto di legge del Governo prevedeva comunque di designare come supplenti quei

candidati che sarebbero stati eletti, in ordine ai voti ottenuti o secondo l'ordine di

presentazione nella lista, se la lista avesse ottenuto più seggi. Tale sistema di supplenze

“eventuali” sarebbe dunque stato riservato alle sole liste che avessero ottenuto uno o più

109 Ibidem, p. 21.

110 Ibidem, p. 22.

111 Vedi P. ANDRÉ, PH, LAUSIER, “Les élus francophones face à l'effet dévolutif de la case de tête”,

Courrier hebdomadaire du CRISP, n. 1687-1688, 2000, p. 16.

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seggi. Ai candidati non eletti sarebbe stata devoluta, al pari dei candidati eletti, la metà dei

voti dati in testa (voti in case de tête) al solo fine di determinarne l'ordine.

L'eliminazione della distinzione tra candidati effettivi e candidati supplenti fu inserita nelle

Leggi di cui si è detto – relative all'eliminazione della metà dell'effetto devolutivo della case

de tête. E' interessante sottolineare come nel progetto di legge unico del 4 Febbraio 2000

comparisse la possibilità per le liste di presentare un numero di candidati in eccedenza rispetto

al numero dei seggi da attribuire (tale eccedenza non poteva comunque essere superiore al

30% dei candidati da eleggere). Tale possibilità è stata soppressa nei progetti di legge separati

ed in tal senso il Consiglio di Stato si è pronunciato, mettendo in evidenza come nella Legge

speciale relativa alle elezioni per i Consigli regionale fiammingo, vallone e di Bruxelles-

Capitale non fosse permesso alle liste di presentare più candidati di quelli eleggibili e che tale

sistema “avrebbe aumentato considerevolmente la probabilità di dover procedere ad elezioni

parziali, in modo particolare nelle piccole circoscrizioni”112

. Tuttavia, il legislatore ha

soppresso la possibilità di introdurre candidati in eccedenza rispetto al numero di mandati da

assegnare anche nelle leggi relative all'elezione dei consigli provinciali e comunali, del

Parlamento europeo, delle Camere federali e del Consiglio della Comunità germanofona.

c) Parità di genere.

Le elezioni del 13 Giugno 1999 furono le prime in cui fu applicata la legge Smet-Tobback, la

quale stabiliva che “su una lista elettorale, il numero di candidati dello stesso sesso non

poteva eccedere la quota dei due terzi”113

. Tuttavia, il principio delle quote non produsse gli

effetti sperati e alle elezioni del 1999, la proporzione delle elette rispetto al totale degli eletti

aumentò solo del 5% (si passava dal 18,5% al 23,3% di elette).

Nell'accordo di governo del 7 Luglio 1997 il Governo non aveva previsto l'introduzione di un

principio di uguaglianza di genere da inserirsi tanto a livello costituzionale quanto a livello

legislativo: come visto, i liberali intendevano riequilibrare le condizioni di eleggibilità tra i

due generi attraverso una modulazione sull'effetto devolutivo della case de tête.

Tuttavia, furono i deludenti risultati delle elezioni del 1999, la determinazione di alcune

senatrici – che nel 1997 avevano proceduto all'adozione di una dichiarazione di revisione

dell'articolo 10 della Costituzione (relativo all'uguaglianza dei cittadini dinanzi la legge) – e il

112 In P. BLAISE ET AL., op. cit., p. 24, trad. mia.

113 Ivi, trad. mia.

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dibattito ancora aperto sulle modalità di compilazione delle liste elettorali a riaprire

nuovamente la questione di genere114

.

L'8 Giugno 2000 il Governo depositò al Senato una proposta di legge di revisione

costituzionale nella quale si prevedeva la revisione dell'articolo 10 della Costituzione e

l'introduzione di un nuovo articolo 11bis. Il processo di revisione dell'articolo 10 della

Costituzione ha portato così, con la revisione del 21 Febbraio 2000, all'introduzione di un

terzo alinéa in cui si stabilisce che “L'uguaglianza tra donne e uomini è garantita”115

.

Nel progetto di legge governativo relativo all'introduzione di un articolo 11bis si prevedeva la

costituzionalizzazione della parità di genere per l'accesso alle cariche pubbliche e

l'introduzione di una garanzia di rappresentanza di genere in ogni organo esecutivo del Paese.

In tal modo, si andava oltre la semplice garanzia di parità nella compilazione delle liste

elettorali: “le gouvernement avait décidé fin avril 2000 d'imposer la présence d'au moins une

femme dans les organes exécutifs aux différents niveaux de pouvoir, du fédéral au communal,

de manière à empêcher la mise en place d'exécutifs unisexes”116

. Con la revisione

costituzionale del 21 Febbraio 2002 pertanto, è stata inserita in Costituzione una nuova

disposizione, l'articolo 11bis che introduce una norma secondo cui ogni organo esecutivo del

Paese (il Consiglio dei Ministri e gli esecutivi di comunità e di regione) ed ogni “deputazione

permanente dei consigli provinciali, dei collegi dei sindaci e assessori, dei consigli del CPAS,

degli uffici permanenti dei CPAS e negli esecutivi degli organi interprovinciali, intercomunali

o intracomunali” deve comprendere persone di sesso differenti. Viene poi garantita la parità di

accesso per “tutti i mandati elettivi e pubblici”.

Sul piano legislativo, il Governo depositò il 19 Maggio 2000 due progetti di legge per

l'introduzione della parità dei sessi sulle liste elettorali a tutti i livelli di governo. I due

progetti introducevano il medesimo principio: 1) l'obbligo della parità di genere nelle liste

elettorali (ovvero, lo scarto tra i due sessi non può essere superiore ad uno); 2) l'obbligo di

presentazione dei candidati di sesso differente (alternanza donne – uomini e viceversa) nei

due primi piazzamenti della lista. Il Partito socialista francofono e i Verdi valloni (Écolo)

proposero l'alternanza uomo-donna per l'intera lista in modo che le candidature delle donne

non fossero tagliate fuori dall'effetto devolutivo della case de tête.

114 Ibidem, p. 37.

115 La proposta di dichiarazione di revisione di tale articolo fu depositata nella Legislatura precedente, il 20

Marzo 1997, da sette senatrici (4 di parte fiamminga, 3 di parte francofona) che intendevano in tal modo rendere

esplicita tale uguaglianza solo “implicitement énoncé par l'article 10”. Ivi.

116 Ibidem, p. 34.

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Il 28 Gennaio 2002 il Governo depositò così tre progetti di legge nelle due assemblee federali:

il primo relativo alle elezioni provinciali, comunali e del Parlamento europeo (depositato alla

Camera); il secondo relativo alle elezioni federali, per il Consiglio della Comunità

germanofona (depositato al Senato); il terzo, infine, relativo alle elezioni regionali (depositato

al Senato).

Tuttavia, nel 2001 si stabilì un nuovo trasferimento di competenze verso le Regioni che

trasformò ancora una volta l'assetto istituzionale del Belgio (la dottrina fa riferimento agli

accordi del 2001 come ad una “Quinta riforma dello Stato”). La riforma era il frutto di un

accordo, detto “du Lambermont”, nel quale venivano trasferite alle Regioni, tra le altre

competenze, anche quella relativa alla legislazione dei comuni e delle province, ivi compresa

la legislazione elettorale provinciale, comunale e intracomunale. In tal senso, per la prima

volta nella storia del Belgio, non era più lo Stato centrale (o federale) a doversi occupare della

legislazione elettorale degli enti locali, devolvendo il legislatore tale competenza alle Regioni.

In tal modo, il progetto di legge governativo del 2002 relativo alle elezioni dei Comuni e delle

Province per l'introduzione dei principi attuativi della parità di genere nella compilazione

delle liste elettorali non era più valido, poiché la competenza a legiferare in materia era ormai

passata, dal 1o Gennaio 2002, alle Regioni.

Il Parlamento adottò comunque tre leggi che coprivano gli altri livelli di potere: la legge del

17 Giugno 2002 assicurava una uguale presenza di donne ed uomini sulle liste dei candidati

per le elezioni del Parlamento Europeo; la legge del 18 Luglio 2002 assicurava una uguale

presenza di donne ed uomini sulle liste dei candidati per le elezioni delle Camere federali e

del Consiglio della Comunità germanofona; la legge speciale del 18 Luglio 2002 assicurava

una uguale presenza di donne ed uomini nelle liste di candidati alle elezioni del Consiglio

regionale vallone, del Consiglio fiammingo e del Consiglio della Regione di Bruxelles-

Capitale.

d) Le leggi del 13 Dicembre 2002: provincializzazione degli arrondissement elettorali per la

Camera dei Rappresentanti ed il regime di eccezione per gli arrondissement Bruxelles-Hal-

Vilvorde, Leuven e Brabante vallone (ex Nivelles).

Le riforme elettorali della 50a Legislatura si chiusero con un nuovo accordo politico, stipulato

il 26 Aprile del 2002 dai rappresentanti del governo, dai partiti della coalizione e dai

rappresentanti dei governi regionali, accordo che avrebbe però fatalmente riacceso i contrasti

sul fronte comunitario, aprendo ad una crisi politica ed istituzionale che avrebbe portato, nel

Maggio del 2010, ad elezioni anticipate. I risultati elettorali videro la clamorosa vittoria del

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partito nazionalista fiammingo N-VA, guidato da Bart De Wever: in assenza di un accordo

politico con gli altri partiti dell'arco parlamentare si aprì una crisi di governo terminata solo

nel dicembre 2011, dopo la stipulazione di un nuovo patto federale con cui si sarebbe avviata

l'ennesima riforma dello Stato.

L'accordo del 26 Aprile 2002 comportava, oltre ad alcune modifiche della legislazione

elettorale, anche una serie di “volet institutionnel”, quali la riforma del Senato e lo status della

Regione di Bruxelles-Capitale. Per quanto riguarda la legislazione elettorale, l'accordo portò

all'adozione di due leggi, entrambi del 13 Dicembre 2002, con il quale venivano da un lato

modificati i criteri di determinazione dei confini delle circoscrizioni elettorali; dall'altro si

procedeva invece a stabilire, sulla base dei nuovi criteri summenzionati, un regime speciale

per la vecchia Provincia del Brabante (si tenga conto che l'istituzione provinciale del Brabante

ha cessato di esistere dal 1995 e che quindi con tale espressione si fa riferimento all'area

territoriale comprendente gli arrondissement elettorali di Bruxelles-Hal-Vilvorde, Nivelles e

Leuven).

Già nell'accordo governativo del 1997 il Governo raccomandava al Parlamento che la

Commissione per il rinnovamento politico che quest'ultimo avrebbe dovuto istituire, si

sarebbe dovuta occupare anche del ritaglio delle circoscrizioni. Si tenga conto che l'articolo

63 della Costituzione rimanda al legislatore federale la determinazione del ritaglio delle

circoscrizioni e questo in qualche modo spiega la rapidità con cui si giunse alla revisione del

2002. Lo stesso Governo aveva dimostrato a tal proposito un insolito “attivismo”, proponendo

una revisione del ritaglio delle circoscrizioni elettorali, in particolare riducendo le

circoscrizioni del territorio fiammingo a soli tre arrondissement: Anversa, Fiandra occidentale

e Fiandra Orientale. Attraverso la riduzione delle circoscrizioni elettorali si sarebbe ridotto, a

parere del governo, l'effetto paradossale degli apparentamenti che, vedi supra, la dottrina

tende ad identificare come “caprice de l'apparentement”.

In realtà, già nel 1996, nel cosiddetto “Saggio della Costituzione per la Fiandra”, era emersa

la volontà di alcuni partiti fiamminghi, in particolare i socialisti di SP e i cristiano sociali di

CVP, di ridurre a cinque le circoscrizioni per la Fiandra e allo stesso modo in Vallonia era

stato presentato un progetto di riforma per l'istituzione di una circoscrizione unica per le

elezioni regionali.

Le ragioni della riforma prospettata nell'accordo del 26 Aprile 2002 derivavano piuttosto dalle

proiezioni effettuate per le elezioni del 2003: come visto, la Costituzione stabiliva un numero

fisso di deputati (150), da ripartirsi per ciascuna circoscrizione in base al peso demografico.

Per il 2003 si sarebbe verificato, in base al nuovo censimento decennale, il trasferimento di un

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deputato dalla Fiandra al territorio francofono (in particolare le circoscrizioni di Gand-Eecklo

e di Courtrai-Roulers-Tielt avrebbero perso un seggio ed il Limburgo ne avrebbe guadagnato

uno, in territorio fiammingo, mentre in territorio vallone Charleroi-Thuin perdeva un seggio e

Namur e Luxembourg ne guadagnavano rispettivamente uno).

In base ai risultati delle elezioni del 1999, era possibile comprendere anche quali partiti

avrebbero beneficiato del trasferimento di seggi da una circoscrizione all'altra: il Vlaams Blok

avrebbe guadagnato un seggio nel Limburgo, il VLD lo avrebbe perso nella Fiandra orientale

e lo SP ne avrebbe perso uno in Fiandra Occidentale. In territorio francofono invece, Écolo

avrebbe guadagnato un seggio a Namur e a Lussemburgo, mentre il Partito socialista avrebbe

perso un seggio a Hainaut.

Nell'accordo del 26 Aprile si decise allora di “provincializzare” gli arrondissement elettorali

per la Camera dei Rappresentanti e di mantenere due eccezioni, lasciando immutati i limiti

territoriali degli arrondissement elettorali di Bruxelles-Hal-Vilvorde e di Lovanio, in territorio

brabantino e stabilendo delle eccezioni per gli apparentamenti nella vecchia provincia del

Brabante. Si sarebbe passati così da 20 collegi elettorali a 11 collegi elettorali, 9 dei quali

corrispondenti ai confini delle Province. Il sistema di ritaglio delle circoscrizioni era così

modificato: in Vallonia le Province di Namur, Lussemburgo e Brabante vallone rimasero

immutate, corrispondendo già alle rispettive province. La nuova circoscrizione di Hainaut

avrebbe inglobato invece le tre vecchie circoscrizioni di Mons-Soignies, Tournai-Ath-

Mouscron e Charleroi-Thuin. La nuova circoscrizione di Liegi avrebbe infine accorpato le

vecchie circoscrizioni di Liegi, Huy-Waremme e Verviers. In territorio fiammingo la nuova

circoscrizione del Limburgo sarebbe corrisposta alla vecchia circoscrizione di Hasselt-

Tongres-Maaseik. La nuova circoscrizione della Fiandra orientale avrebbe accorpato Gand-

Eeklo, Saint-Nicolas–Termonde e Alost-Audenarde. La nuova circoscrizione della Fiandra

occidentale avrebbe accorpato Bruges, Furnes-Dixmude-Ypres-Ostende e Courtrai-Roulers-

Tielt. Infine, la nuova circoscrizione Anversa avrebbe accorpato le vecchie circoscrizioni di

Anversa e Malines-Turnhout.

Come visto, furono mantenute le tre vecchie circoscrizioni del territorio brabantino,

mancando, dal 1o Gennaio 1995, l'ente provinciale nella Regione di Bruxelles, ed essendo

vigente in tale territorio un regime bilingue: si tratta in particolare degli arrondissement di

Bruxelles-Hal-Vilvorde, circoscrizione bilingue (unica nel suo genere), che copre una parte

del Brabante fiammingo; nella parte restante dell'antico Brabante fiammingo, costituita dal

territorio di Leuven, fu mantenuta la circoscrizione di Leuven (Lovanio); allo stesso modo fu

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mantenuta la circoscrizione di Nivelles, ovvero il Brabante vallone (prese quest'ultima

denominazione).

La Legge del 13 Dicembre 2002 imponeva ai candidati fiamminghi di depositare liste

elettorali identiche, ovvero composte dagli stessi nomi e nello stesso ordine sia nella

circoscrizione Leuven sia nella circoscrizione Bruxelles-Hal-Vilvorde. In tal modo non erano

più ammesse liste bilingue nella circoscrizione Bruxelles-Hal-Vilvorde. Si sarebbe poi

proceduto alla distribuzione dei seggi nella circoscrizione Bruxelles-Hal-Vilvorde in due

tempi: in una prima fase si determinava il numero dei seggi da attribuire alle liste francofone e

il numero dei seggi da assegnare alle liste fiamminghe, entrambe in funzione dei voti ottenuti.

In una seconda fase, alle liste fiamminghe si sarebbero aggiunti i seggi ottenuti nella

circoscrizione di Leuven (cui sono assegnati sette seggi); i seggi totali così ottenuti sarebbero

poi stati ripartiti tra le liste fiamminghe comuni a BHV e Leuven sulla base del totale dei

seggi ottenuti da queste liste nelle due circoscrizioni. Per le liste francofone della

circoscrizione BHV, la ripartizione si sarebbe effettuata in un primo tempo nella

circoscrizione di BHV ma per esse era possibile, a differenza delle liste fiamminghe,

l'apparentamento con le liste presentate nel Brabante vallone. La soglia del 5% per poter

accedere alla ripartizione dei seggi era applicata in maniera diversa per le liste delle due

comunità: le liste fiamminghe avrebbero dovuto superare tale soglia nella circoscrizione in cui

si erano presentate mentre il 5% era calcolato per il totale dei voti ottenuti delle liste

francofone.

Le Leggi del 13 Dicembre 2002, pubblicate sul Moniteur il 10 Gennaio 2003, furono

impugnate davanti alla Cour d'Arbitrage (divenuta poi Corte Costituzionale) che con la

sentenza n. 73/2003117

ha cassato proprio la parte relativa al regime speciale per BHV,

ponendo in essere la reviviscenza della normativa precedente, ma limitatamente per quella

parte del codice elettorale. La Corte rilevò che il meccanismo instaurato per la ripartizione dei

seggi era di fatto discriminatorio per i fiamminghi, ai sensi dell'articolo 63 della Costituzione,

il quale stabilisce che “ogni circoscrizione elettorale della Camera conta un numero di seggi

proporzionale alla sua popolazione”: “ora, mescolando, per il calcolo della ripartizione dei

seggi, i voti ottenuti dalle liste comuni alle circoscrizioni di BHV e di Lovanio, il dispositivo

introdotto dalla riforma non può garantire che la circoscrizione di Lovanio avrà i sette

rappresentanti che gli sono conferiti in ragione della taglia della sua popolazione (lo stesso

117 Si veda a tal proposito J. C. SCHOLSEM, “La problématique de Bruxelles-Hal-Vilvorde et la

jurisprudence de la Cour constitutionnelle” Fédéralisme Régionalisme, n. 1, vol. 8/2008.

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ragionamento vale, simmetricamente, per la popolazione fiamminga di BHV)”. Era inoltre

possibile che dei sette seggi assegnati a Lovanio non ne fosse assegnato nessuno118

.

La sentenza della Corte annullò anche il sistema differenziato per le soglie di sbarramento

stabilite dalla Legge per le circoscrizioni del territorio brabantino e allo stesso tempo

permetteva, tornando in vigore la normativa precedente, il deposito di liste bilingui e la

possibilità di apparentamento per le liste fiamminghe di Lovanio. Poiché la sentenza della

Corte arrivò tre mesi prima delle nuove elezioni, il Governo non fece in tempo ad adottare

una nuova normativa – la Corte d'Arbitrato rimandava infatti al legislatore la modifica della

disciplina elettorale nella parte “sospesa” dalla sentenza. Con la provincializzazione delle

circoscrizioni elettorali, secondo alcuni deputati aumentava la distanza tra partiti e cittadini,

soprattutto dal punto di vista della conoscibilità dei candidati ed in tal senso si faceva un

passo indietro rispetto alle intenzioni che avevano mosso l'accordo governativo del 1997. Vi

era poi chi lamentava che tale riforma avrebbe favorito i candidati delle zone urbane a

detrimento dei candidati “rurali”, teoricamente meno conosciuti dagli elettori.

e) La reintroduzione dei candidati supplenti

Con l'allargamento delle circoscrizioni il legislatore ha ritenuto opportuno introdurre

nuovamente le liste dei candidati supplenti, soppresse due anni prima con una legge (Legge

del 27 Dicembre 2000) pertanto mai applicata. Questo “non solo al fine di garantire una

migliore rappresentazione dell'insieme del territorio della provincia ma anche per permettere

ai giovani e alle donne di acquisire progressivamente più notorietà sul piano politico”119

.

Nel secondo caso, infatti, sono i partiti a decidere direttamente di piazzare i candidati con

meno chance di ottenere seggi, come le donne e giovani, anziché lasciare che questi emergano

con il voto di preferenza. Il numero massimo di candidati supplenti iscrivibili nella lista è pari

alla metà più uno dei candidati cosiddetti “titolari” o effettivi (questo secondo termine è

quello usato dal legislatore). Tuttavia vi è l'obbligo di piazzare un minimo di 6 candidati

supplenti per ogni lista. In tal modo nel Lussemburgo e nel Brabante vallone il numero

minimo di candidati supplenti è superiore ai seggi destinati a queste circoscrizioni. Per i

candidati supplenti valgono le medesime regole applicate per i titolari al momento della

distribuzione dei seggi, in particolare la riduzione del 50% dell'effetto devolutivo della case

de tête e l'assegnazione dei seggi secondo il piazzamento in lista. Come nella normativa

precedente, un candidato può presentarsi sulla medesima lista sia come titolare sia come

118 In P. BLAISE ET AL., op. cit., p. 45.

119 Ibidem, p. 53, trad. mia.

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supplente. Con la reintroduzione dei candidati supplenti il legislatore ha dovuto rimodulare

anche altri aspetti della legge elettorale così come modificati già in corso di Legislatura, come

ad esempio la griglia di presentazione dei candidati per il rispetto della parità di genere. I tre

primi candidati effettivi e i tre primi candidati supplenti di ciascuna lista non possono essere

del medesimo sesso (e non più dunque il primo e il secondo). La parità di genere deve essere

rispettata tanto nelle liste degli effettivi, quanto nelle liste dei supplenti. La disposizione per la

reintroduzione dei candidati supplenti contenuta nella Legge del 13 Dicembre 2002 era valida

per le sole elezioni delle Camere federali, mentre per il Parlamento europeo è intervenuta una

legge separata – Legge del'11 Marzo 2003.

f) La soglia di sbarramento al 5% a livello provinciale

La Legge del 13 Dicembre 2002 introduce per la prima volta una soglia di sbarramento del

5% per l'ammissione al riparto dei seggi. Il 5% era calcolato su base collegiale per il Senato e

su base circoscrizionale (e dunque provinciale) per la Camera dei Rappresentanti – dal 2014

come visto il Senato non è più elettivo. La soglia rappresenta un elemento di semplificazione

del panorama partitico all'interno di un sistema elettorale comunque già molto selettivo,

nonostante l'impiego del metodo proporzionale. Sono infatti la scarsità di seggi e l'ampiezza

dei collegi a correggere la proporzionalità (intesa come fattore di frammentazione) della legge

elettorale. La scelta di introdurre una soglia del 5% a livello circoscrizionale è stata fatta

soprattutto per “rispondere al problema della dispersione del paesaggio politico fiammingo,

che ha conosciuto un grande numero di partiti capaci o suscettibili di ottenere una

rappresentanza all'uno o all'altro livello di potere”120

. Tuttavia, fare delle considerazioni su

quali “tipi di partito” possano essere tagliati fuori o meno dalla soglia di sbarramento è uno

sforzo vano121

, in Belgio, dove le sorprese elettorali non sono infrequenti: la dottrina a caldo

aveva infatti dato per spacciata la N-VA, il partito nazionalista fiammingo proprio a causa di

questa soglia di sbarramento. Nel 2010 la N-VA guidata da Bart de Wever vinse le elezioni

politiche, ottenendo la maggioranza relativa dei seggi alla Camera dei Rappresentanti e al

Senato. L'introduzione di una soglia di sbarramento ha posto invece dei problemi di

costituzionalità evidenti, dal momento che gli articoli 62 e 68 della Costituzione dispongono il

metodo proporzionale per la rappresentanza per tutti i livelli di governo. Il Consiglio di Stato

ha messo in evidenza piuttosto che tale soglia potrebbe violare la Costituzione nella misura in

120 Ibidem, trad. mia. Vedi anche A. TRÉFOIS, J. FANIEL, “L'évolution des partis politiques flamands (2002-

2007)”, Courrier hebdomadaire du CRISP, n. 1971, 2007.

121 Ibidem, p. 54.

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cui “tenda ad escludere completamente la rappresentanza dei piccoli partiti”. Tuttavia, il

legislatore ha obiettato, in primo luogo, che la Costituzione precisa “che la legge determina il

sistema di rappresentanza proporzionale” e che quindi non viene vietata la possibilità di

modulare tale sistema mediante l'introduzione di una soglia di sbarramento (la giurisprudenza

della Corte d'Arbitrato accoglie tale ragionamento) e che, in secondo luogo, il sistema

elettorale prevedeva già delle soglie di sbarramento “implicite”: la taglia delle circoscrizioni

infatti sono diverse poiché dipendono dal peso demografico della circoscrizione. Pertanto

esistono tanti divisori elettorali quante sono le circoscrizioni e da ciò deriva la maggiore

possibilità, per le liste che si presentano nelle circoscrizioni più popolose, di ottenere seggi

con un minore numero di voti.

7. La sesta riforma dello Stato: scissione dell'arrondissement elettorale Bruxelles-Hal-

Vilvorde, elezione indiretta del Senato, elezioni simultanee per la Camera dei

Rappresentanti e per il Parlamento Europeo (2011 – 2014).

La crisi ingenerata dalla questione della circoscrizione elettorale di Bruxelles-Hal-Vilvorde ha

praticamente paralizzato le istituzioni belghe durante la 52a e la 53

a Legislatura

(rispettivamente 2007–2010 e 2010–2014)122

. Già durante la 51a Legislatura, i partiti politici

di tutto l'arco parlamentare non erano riusciti a trovare un accordo in merito alla possibile

scissione dell'arrondissement BHV e nella Legislatura successiva la mancata risoluzione del

“dossier BHV” costrinse alle dimissioni il Primo Ministro Yves Leterme (CD&V,

democristiani fiamminghi) e allo scioglimento anticipato della Camere nel Maggio del 2010.

Le elezioni del Maggio 2010 portarono alla clamorosa vittoria della N-VA, il partito

nazionalista fiammingo guidato da Bart de Wever, che ottenne la maggioranza relativa dei

seggi alla Camera dei Rappresentanti e al Senato, seguito dal Partito Socialista vallone (PS) di

Elio di Rupo.

Le difficoltà incontrate per giungere ad un accordo di governo con il leader del partito di

maggioranza relativa – i nazionalisti fiamminghi puntano alla costituzione di una Fiandra

indipendente – ha comportato un prolungamento della crisi di governo per oltre diciotto mesi.

Si è trattata della crisi di governo più lunga in assoluto per un Paese democratico (fino ad

allora, tale record negativo era detenuto dall'Iraq, con 289 giorni di crisi). Il 6 Dicembre del

2011, dopo 541 giorni di impasse, si giunse finalmente alla formazione di un Governo di

122 La crisi attraversata durante la 52

a Legislatura ha portato la dottrina a parlare di vera e propria

“Lègislature maudite”. Vedi M. UYTTENDAELE, “Chronique d'une Législature maudite. Réflexions sur

l'instabilité politique de la Belgique”, Pouvoirs, n. 136, 2011, pp. 51 e ss.

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coalizione composto da 6 partiti (PS, CD&V, MR, SP.A, Open VLD, CDH) e guidato dal

leader socialista Elio di Rupo123

. L'accordo di governo, intitolato sinteticamente “Accord

Papillon” prevedeva una serie di riforme in campo istituzionale che avrebbero determinato

un'evoluzione nel processo di federalizzazione dello Stato belga e di riflesso, una modifica

sostanziale del sistema elettorale. In primo luogo l'accordo prevedeva la riforma del Senato in

senso federale: “Le Sénat sera transformé, pour la première fois lors des élections

simultanées de 2014, en une chambre des entités fédérées”. Con la revisione degli articoli 67

e 68 della Costituzione, si è stabilito che a partire dal 2014 il Senato sarà composto da 60

membri designati direttamente dalle rispettive comunità in misura di 29 senatori nominati dal

Parlamento fiammingo, 10 senatori nominati dal Parlamento della Comunità francese, 8

senatori nominati dal Parlamento della Regione Vallonia, 2 senatori nominati dal gruppo

linguistico francofono della Regione di Bruxelles-Capitale, 1 senatore nominato dalla

Comunità germanofona e dieci senatori cooptati (6 dal gruppo linguistico neerlandese al

Senato, 4 dal gruppo francofono). Il Senato non potrà contare più dei due terzi dei membri

dello stesso sesso. La ripartizione dei seggi per i senatori cooptati avverrà in funzione dei

risultati elettorali della Camera dei Rappresentanti (Vedi Annesso 2).

In secondo luogo, l'accordo di Governo ha portato alla scissione dell'arrondissement di

Bruxelles-Hal-Vilvorde, attraverso una serie di riforme congiunte a livello tanto

costituzionale quanto legislativo. In un primo tempo si è proceduto a revisionare l'articolo 63

della Costituzione124

(ex art. 49 della Costituzione, rinumerato in seguito all'adozione dello

Stato federale nel 1993), aggiungendo al quarto alinéa una disposizione atta a stabilire delle

garanzie “speciali” per i gruppi linguistici nell'antica provincia del Brabante: “La legge

determina le circoscrizioni elettorali; essa determina ugualmente le condizioni richieste per

essere elettore e lo svolgimento delle operazioni elettorali. Tuttavia, al fine di garantire gli

interessi legittimi dei neerlandofoni e dei francofoni nella vecchia provincia del Brabante,

delle modalità speciali saranno previste dalla legge. Una modifica alle regole che fissano

queste modalità speciali non potrà che essere apportata da una legge [speciale]”125

. La legge

speciale, così come regolata dall'articolo 4 della Costituzione, prevede una maggioranza ben

più ampia per la sua approvazione rispetto a quella richiesta per la legge ordinaria. In tal

modo, la modifica della normativa relativa alla determinazione di “modalità speciali” per la

123 Per un'analisi delle varie fasi di formazione del governo di Rupo si vedano: L. SCIANNELLA, “La

parabola discendente di uno Stato. Cronaca della difficile crisi politica belga”, federalismi.it, n. 7/2012.

124 Revisione del 19 Luglio 2012. Progetto di Legge: Sénat, Doc 1561/1 del 2012; Testo dell'adozione:

Sénat, Doc. 53-2282/005.

125 Trad. mia.

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garanzia degli interessi legittimi dei due gruppi linguistici (limitatamente al territorio

brabantino) dovrà trovare l'accordo della maggioranza dei membri del Parlamento di

entrambe le comunità.

E' stato poi introdotto in Costituzione l'articolo 168bis,126

che adotta i medesimi principi

inseriti nel quarto alinéa dell'articolo 63 della Costituzione, per le elezioni del Parlamento

europeo: “Pour les élections du Parlement européen, la loi prévoit des modalités spéciales

aux fins de garantir les intérêts légitimes des néerlandophones et des francophones dans

l'ancienne province de Brabant”.

Con la Legge del 19 Luglio 2012 si è proceduti così alla scissione della vecchia circoscrizione

di BHV in tre diverse circoscrizioni per l'elezione della Camera dei Rappresentanti e del

Parlamento Europeo: una circoscrizione Brabante fiammingo, una circoscrizione Brabante

vallone e una circoscrizione elettorale specifica di Bruxelles-Capitale il cui territorio

corrisponde all'arrondissement amministrativo di Bruxelles-Capitale. Con la Legge del 19

Luglio 2012 si dà finalmente seguito alla sentenza della Corte d'Arbitrato n. 73/2003.

Pertanto, quella di Bruxelles-Capitale è l'unica circoscrizione in Belgio a corrispondere

direttamente con un arrondissement amministrativo, restando fermo il principio della

provincializzazione per tutte le altre circoscrizioni. Per tutte e tre le nuove circoscrizioni vale

la soglia di sbarramento del 5%.

I sei comuni à facilités attorno a Bruxelles sono stati riuniti nel nuovo cantone elettorale

Rhode-Saint-Genèse. Gli elettori iscritti nel cantone Rhode-Saint-Genèse hanno la facoltà di

votare sia per una lista presentata nella circoscrizione elettorale di Bruxelles-Capitale, sia per

una lista presentata nella circoscrizione elettorale del Brabante fiammingo (nuovo articolo

89ter del Codice elettorale).

Per il Parlamento Europeo, gli elettori di Rhode-Saint-Genèse possono votare sia per il

collegio elettorale francofono sia per il collegio elettorale neerlandese: l'appartenenza all'uno

o all'altro collegio è determinata dalla scelta personale degli elettori di questo cantone

elettorale (nuovo alinéa del paragrafo 1, articolo 10 della Legge del 23 Marzo 1989 relativa

all'elezione del Parlamento europeo).

In terzo luogo si è proceduto con una modifica del cumulo dei mandati, con due leggi, Legge

del 19 Luglio 2012 e Legge speciale del 19 Luglio 2012, nell'ambito di quello che

nell'accordo di Governo e nei rispettivi progetti di legge è stato indicato come “Rafforzamento

della democrazia e credibilità della politica”: in prima istanza viene vietata la presentazione

126 Revisione del 19 Luglio 2012. Progetto di Legge: Sénat, Doc. 1562/1 del 2012; Testo dell'adozione:

Sénat, Doc. 53-2283/005.

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per un medesimo candidato su una lista in qualità di effettivo e di supplente. In seconda

istanza, i membri del Parlamento fiammingo o del Parlamento vallone che si candidano (come

effettivi) all'elezione per la Camera dei Rappresentanti o per il Parlamento europeo decadono

dal loro mandato al momento della validazione del loro nuovo mandato. Allo stesso modo,

non è permesso un cumulo di mandati tra Parlamento fiammingo e Parlamento della Regione

di Bruxelles-Capitale.

Non si possono cumulare candidature simultanee per il Parlamento fiammingo o il Parlamento

vallone e la Camera dei Rappresentanti o il Parlamento Europeo, se le elezioni di queste

assemblee hanno luogo lo stesso giorno (e allo stesso modo non ci si può candidare per il

Parlamento fiammingo e per il Parlamento della Regione di Bruxelles-Capitale se le elezioni

di queste assemblee hanno luogo lo stesso giorno).

Con la revisione dell'articolo 46 della Costituzione (revisione del 6 Gennaio 2014), viene

posto il principio della simultaneità delle elezioni per la Camera dei Rappresentanti e del

Parlamento europeo: in caso di scioglimento anticipato della Camera dei Rappresentanti, la

nuova Legislatura termina al momento dell'elezione del nuovo Parlamento europeo: “En cas

de dissolution anticipée, la nouvelle législature fédérale ne pourra courir au-delà du jour des

premières élections pour le Parlement européen suivant cette dissolution”.

In tal senso è stato modificato anche l'articolo 65 della Costituzione che fissa la durata della

Legislatura per la Camera dei Rappresentanti a 5 anni. Non sono invece stati approvati i

progetti di legge volti a rendere simultanee le elezioni della Camera dei Rappresentanti con

quelle per le Regioni e le Comunità. Infine, il legislatore ha introdotto un nuovo articolo 39ter

nella Costituzione, che fissa il principio secondo cui una legge o un decreto regionale che

modifichi, a meno di un anno dal termine previsto della Legislatura, la legislazione elettorale

per la Camera dei Rappresentanti o di un Parlamento di una Regione o di una Comunità, non

potrà avere effetto se non al termine delle elezioni per la nuova Legislatura127

.

127 Su tale punto è critico J. VAN NIEUWENHOVE, “L'article 195 de la Constitution et la prise de décision au

niveau fédéral: verrouillage ou assouplissement?”, Administration Publique: Revue de droit public et sciences

administratives, n. 3/2012.

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Appendice 1

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Appendice 2

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