"Ricercare la sapienza di tutti gli antichi" (Sir 39,1). Miscellanea in onore di G.L. Prato, a cura...

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’ûrîm e tummîm in Esd 2,63 (= Ne 7,65) Studio filologico e storico * Francesco Bianchi Fra le peculiarità della lista genealogica presente in Esd 2 e Ne 7, 1 compo- sta soprattutto da patronimici, toponimi e cifre, 2 c’è un lungo inciso che descrive l’incerta situazione genealogica di alcuni gruppi di giudaiti rientrati dall’esilio e l’impossibilità di chiarirla in assenza di un sacerdote, capace di consultare gli ’ûrîm e i tummîm. Recita, infatti, Esd 2,59-63 (= Ne 7,61-65): 59 Queste persone salirono da Tel Melach, Tel Aarsa, Kerub, Addan e Immer, ma non furono in grado di dichiarare se la propria famiglia o la propria discendenza provenisse da Israele: 60 i figli di Delaia, i figli di Tobia, i figli di Nekoda: 642. 61 E fra i sacerdoti: i discendenti di Obaia, i discendenti di Hakkoz, i discendenti di Barzilai (che aveva preso in moglie una delle figlie di Barzilai il Galadita ed era soprannominato così). 62 Essi cerca- rono nei loro certificati le genealogie, ma non le trovarono e furono esclusi dal sacerdozio. 63 L’Eccellenza comandò loro che non mangiassero dalle cose santissime finché non vi fosse il sacerdote preposto agli ’ûrîm e ai tummîm». Secondo l’esegesi tradizionale, il primo gruppo di giudaiti proviene da cin- que località mesopotamiche nell’area di Nippur dove, sotto il dominio neobabilo- nese, furono insediate diverse popolazioni nel tentativo di rivitalizzare l’economia di un territorio che aveva resistito agli eserciti di Napolassar e Nebucadrezzar. 3 Come attesta l’archivio della banca Murashu, attiva per gran parte del V secolo a.C., essi occuparono ventotto insediamenti suddivisi in tre clan economicamente 1 Sulle varie ipotesi che cercano di spiegare l’origine della lista rimando alla presentazione di cf. H.G.M. WILLIAMSON, Ezra, Nehemiah (WBC 16), Word Publishing House, Waco (TX) 1985, 27 e a BIAN- CHI, Esdra-Neemia, 38-39. 2 La lista è composta dai capi dei reduci dall’esilio (1-2), dai laici suddivisi in 17 o 18 fratrie (2b- 20), da laici distribuiti per luogo di origine o provenienza (21-35), da sacerdoti (36-39), leviti, cantori e por- tieri (40-42), dai servi del tempio e dai servi di Salomone (43-58) e l’inciso narrativo sui giudaiti di incerta discendenza, dal totale dei reduci dall’esilio, dei loro animali e delle offerte (64-69). 3 Cf. M. LIVERANI, Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele, Laterza, Roma-Bari 2003, 238-239. * Questo articolo, con il quale onoriamo la rigorosa dottrina di G.L. Prato, approfondisce alcune piste di ricerca esplorate nel nostro commento ai libri di Esdra e Neemia: cf. F. BIANCHI, Esdra-Neemia (Nuova versione della Bibbia dai testi antichi 29), Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2011. Milani-Zappella - I bozza.indd 137 26/02/13 11.42

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’ûrîm e tummîm in Esd 2,63 (= Ne 7,65)Studio filologico e storico*

Francesco Bianchi

Fra le peculiarità della lista genealogica presente in Esd 2 e Ne 7,1 compo-sta soprattutto da patronimici, toponimi e cifre,2 c’è un lungo inciso che descrive l’incerta situazione genealogica di alcuni gruppi di giudaiti rientrati dall’esilio e l’impossibilità di chiarirla in assenza di un sacerdote, capace di consultare gli ’ûrîm e i tummîm. Recita, infatti, Esd 2,59-63 (= Ne 7,61-65):

59Queste persone salirono da Tel Melach, Tel Aarsa, Kerub, Addan e Immer, ma non furono in grado di dichiarare se la propria famiglia o la propria discendenza provenisse da Israele: 60i figli di Delaia, i figli di Tobia, i figli di Nekoda: 642. 61E fra i sacerdoti: i discendenti di Obaia, i discendenti di Hakkoz, i discendenti di Barzilai (che aveva preso in moglie una delle figlie di Barzilai il Galadita ed era soprannominato così). 62Essi cerca-rono nei loro certificati le genealogie, ma non le trovarono e furono esclusi dal sacerdozio. 63L’Eccellenza comandò loro che non mangiassero dalle cose santissime finché non vi fosse il sacerdote preposto agli ’ûrîm e ai tummîm».

Secondo l’esegesi tradizionale, il primo gruppo di giudaiti proviene da cin-que località mesopotamiche nell’area di Nippur dove, sotto il dominio neobabilo-nese, furono insediate diverse popolazioni nel tentativo di rivitalizzare l’economia di un territorio che aveva resistito agli eserciti di Napolassar e Nebucadrezzar.3 Come attesta l’archivio della banca Murashu, attiva per gran parte del V secolo a.C., essi occuparono ventotto insediamenti suddivisi in tre clan economicamente

1 Sulle varie ipotesi che cercano di spiegare l’origine della lista rimando alla presentazione di cf. h.G.m. Williamson, Ezra, Nehemiah (WBC 16), Word Publishing House, Waco (TX) 1985, 27 e a bian-chi, Esdra-Neemia, 38-39.

2 La lista è composta dai capi dei reduci dall’esilio (1-2), dai laici suddivisi in 17 o 18 fratrie (2b-20), da laici distribuiti per luogo di origine o provenienza (21-35), da sacerdoti (36-39), leviti, cantori e por-tieri (40-42), dai servi del tempio e dai servi di Salomone (43-58) e l’inciso narrativo sui giudaiti di incerta discendenza, dal totale dei reduci dall’esilio, dei loro animali e delle offerte (64-69).

3 Cf. m. liVerani, Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele, Laterza, Roma-Bari 2003, 238-239.

* Questo articolo, con il quale onoriamo la rigorosa dottrina di G.L. Prato, approfondisce alcune piste di ricerca esplorate nel nostro commento ai libri di Esdra e Neemia: cf. F. bianchi, Esdra-Neemia (Nuova versione della Bibbia dai testi antichi 29), Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2011.

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assai intraprendenti.4 Delaia e Tobia,5 gli eponimi dei due gruppi, portano due buoni nomi yahvistici e due personaggi con lo stesso nome partecipano secon-do Zc 6,9-15 alla preparazione della corona per Zorobabele, voluta dal profeta Zaccaria.6 La loro incerta situazione genealogica appare, però, singolare a meno che l’interazione con altre popolazioni avesse incrementato i matrimoni misti ed eclissato la coscienza etnica espressa dalle genealogie raccolte dai capofamiglia.7

Più problematica risulta – così sostengono gli esegeti – la situazione del-le tre famiglie sacerdotali. Della prima famiglia, quella di Obaia, non sappiamo niente, mentre maggiori sono le informazioni sulla famiglia di Akkos. Secondo 1Cr 24,10,8 il suo eponimo era stato sacerdote all’epoca di Davide. Meremot, fi-glio di Uria, discendente di Akkos, partecipò alla ricostruzione di due settori delle mura di Gerusalemme: il primo ubicato presso la porta dei Pesci (Ne 3,4), il se-condo presso la casa del sommo sacerdote Eliasib (Ne 3,21). Entrambe le citazio-ni non lo chiamano mai sacerdote, al contrario di un altro individuo con lo stesso nome, tesoriere del tempio di Gerusalemme, al quale Esdra avrebbe consegnato le offerte affidategli dal re di Persia (Esd 8,33). Della casata farà parte l’Eupole-mo, sacerdote e storico, inviato a Roma come ambasciatore da Giuda Maccabeo (1Mac 8,17).9 La casa di Akkos compare, infine, nel fantastico catalogo di tesori elencato dal Rotolo di Rame: secondo questo testo, un tesoro sarebbe localizzato nei dintorni di Gerico in una proprietà della Bet HaQos (3Q 15 VII,6).10 La terza famiglia ha una storia ancora più singolare:11 l’eponimo dovrebbe il suo nome al Barzilai vissuto all’epoca di Davide (2Sam 17,27-29; 19,31-39). Poiché i venti-quattro corsi sacerdotali di 1Cr 24 non menzionano nessuna famiglia con questo nome e di essa non si parlerà altrove, la sua esclusione dal sacerdozio dovreb-be essere dovuta al mancato matrimonio con una donna di schiatta sacerdotale. Avendo sposato la donna per lucrarne l’eredità, l’anonimo sacerdote avrebbe in-franto la legge che vietava ai sacerdoti di possedere terre (Nm 18,20).

Di fronte a questa situazione il at'v'r>Ti (Ne 7,65.69; 8,9; 10,2) – un prestito dall’anticopersiano tarsa, «avere paura», «incutere paura», usato qui come sino-

4 Cf. r. zaDoK, The Jews in Babylonia during the Chaldean and Achaemenian Periods according to Babylonian Sources, The University of Haifa, Haifa 1979, 49-86; e. bicKermann., «The Babylonian Captivity», in W.D. DaVies – l. FinKelstein (edd.), The Cambridge History of Judaism. I, Cambridge Uni-versity Press, Cambridge 1984, 326-358.

5 Uno dei clan giudaiti stanziato nella regione di Nippur si chiamava Tu-bia-ma, cioè Tobiahu: esso sarebbe stato formato da deportati provenienti dalla Transgiordania e, secondo un’ipotesi che non ha otte-nuto però molti consensi, avrebbe avuto legami di parentela con il Tobia, l’arcirivale di Neemia: cf. zaDoK, The Jews in Babylonia, 54, 61.

6 G. Garbini, Il ritorno dall’esilio babilonese, Paideia, Brescia 1999, 151-156.7 Sulla cura per le genealogie nell’epoca del Secondo Tempio cf. J. Jeremias, Gerusalemme al

tempo di Gesù. Ricerche di storia economica e sociale per il periodo neotestamentario, Dehoniane, Roma 1989, 431-450.

8 1Cr 24,10 fa parte di un brano di epoca ellenistica dove si registrano i ventiquattro turni in cui era suddiviso il sacerdozio di Gerusalemme: cf. h.G.m. Williamson, 1 and 2 Chronicles (NCBC), Eerdmans-Marshall – Morgan & Scott, Grands Rapids-London 1982, 162-164.

9 Garbini, Il ritorno dall’esilio babilonese, 187.10 F. García martínez, Testi di Qumran, Paideia, Brescia 1996, 718.11 Williamson, Ezra, Nehemiah, 31 e 37.

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nimo di «governatore»12 – li avrebbe allontanati dalle cose santissime cioè dal cibarsi di cose sacre in attesa che un sacerdote fosse stato in grado di consultare YHWH mediante gli ’ûrîm e i tummîm, risolvendo così la loro situazione. Dal momento che questo non accade, se ne conclude che i discendenti di Akkos sareb-bero riusciti a provare la bontà della propria genealogia o al contrario di quella di Barzilai. La menzione degli ’ûrîm e dei tummîm rappresenterebbe, infine, soltan-to un’eco di un’usanza ormai dimenticata. Questa ricostruzione presenta, tuttavia, diversi aspetti così oscuri – pensiamo alla genealogia delle due famiglie sacerdo-tali, alla presenza dell’antico mezzo di divinazione e all’anonimia del sacerdote – da suggerire di riesaminare la pericope alla ricerca di una soluzione diversa.

Ancora una volta è la testimonianza di 1 Esdra, riconosciuto ormai da molti esegeti come la versione originale del libro di Esdra,13 a indicare una soluzione per molti versi inaspettata; composto in ebraico verso il 150 a.C. ma tradotto in greco verso il 100 a.C., il racconto di 1 Esdra si impernia su tre momenti quali-ficanti della storia di Israele: la Pasqua celebrata al tempo di Giosia; una serie di ritorni guidati da Sheshbassar prima e da Zorobabele poi che culminano con la ricostruzione del tempio; la figura di Esdra che conduce il popolo alla lettura della legge e alla purificazione della comunità. All’interno del racconto la lista, colle-gata al ritorno guidato da Zorobabele, conserva alcune lezioni assai interessanti per la nostra indagine. 1Esd 5,38 recita così: ui`oi. Obbia ui`oi. Akkwj ui`oi. Ioddouj tou/ labo,ntoj Augian gunai/ka tw/n qugate,rwn Farzellaiou kai. evklh,qh evpi. tw/| ovno,mati auvtou/ («i discendenti di Obbia, i discendenti di Akkos, i discendenti di Ioddua che aveva preso in moglie Augia, una discendente delle figlie di Farzil-laio da cui prese il nome»). La singolarità di questa lezione non è sfuggita a G. Garbini, che ha individuato nella menzione dei discendenti di Akkos (1Esd 5,38 = Esd 2,61) una pointe polemica contro la famiglia di quell’Eupolemo favorevole agli Asmonei e nemica del sommo sacerdote Alcimo. A questa osservazione pos-siamo adesso aggiungerne un’altra: mentre il testo masoretico di Esd 2,61 legge yL;zIr>b; ynEB. («discendenti di Barzilai»), 1Esd 5,38 menziona i discendenti di Ioddua e la donna, Augia, che avrebbe sposato questo sacerdote. Se è possibile che Augia rappresenti una corruzione del greco Agiliadi, traslitterazione dell’ebraico hgldy, il passaggio da zlly a Iaddus ammette una sola spiegazione: il nome rimanda al sommo sacerdote Iaddua (Ne 12,11.22) vissuto all’epoca di Alessandro Magno14 (Antichità giudaiche 11,8.2) e colpevole di avere ucciso il fratello Gionata, un pretendente alla carica di sommo sacerdote; questa allusione ne metteva in di-scussione la legittimità sacerdotale sua e dei suoi discendenti. Costoro facevano risalire la propria genealogia al sacerdote Ioiada, ritornato dall’esilio babilonese e indirettamente allo stesso Sadoc. I suoi rappresentanti rivestiranno la carica di sommo sacerdote fino alla prima metà del II secolo a.C. allorché i dissidi intesti-

12 Williamson, Ezra, Nehemiah, 27. Qui 1Esd 5,40 legge Neemiaj kai. Atqariaj considerando quest’ultimo un nome riferito a Neemia

13 Cf. bianchi, Esdra-Neemia, 25-27.14 Sull’improbabile incontro fra Iaddua e Alessandro cf. a. momiGliano, Pagine ebraiche, Einaudi,

Torino 1987, 87-95.

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ni prepararono la crisi maccabaica, la fine ingloriosa della dinastia con la morte violenta di Onia III e la fuga di Onia IV, fondatore del tempio di Leontopoli in Egitto.

Non meno singolare è l’identità di chi debba consultare gli ’ûrîm e i tummîm. Esd 2,63 rimanda a !hEßKo senza l’articolo, mentre Ne 7,65 ha !hEßKoh; con l’articolo. La discrepanza potrebbe essere causata dal fatto che l’ebraico più recente usa l’arti-colo in modo irregolare, tanto più nei casi in cui deve rendere lo stato costrutto. Anche qui la lezione di 1Esd 5,40 si allontana dal testo masoretico, poiché colui che presiede alla consultazione degli ’ûrîm e dei tummîm è chiamato avrciereu,j, cioè «sommo sacerdote». Le versioni antiche concordano con questa traduzione, dalla quale si distacca, invece, la Vulgata che sottintende un sacerdote esperto nella consultazione (sacerdos doctus atque espertus). è evidente che il sommo sacerdote è il legittimo depositario di questo mezzo di divinazione che 1Esd 5,40 traduce, secondo la resa corrente dei LXX, th.n dh,lwsin kai. th.n avlh,qeian («co-noscenza e verità»).15

Giunti a questo punto della ricerca, possiamo trarre alcune conclusioni: 1 Esdra contiene un attacco ad homines contro le famiglie sacerdotali di Akkos e di Ioaida, che avevano assunto grande importanza nella Gerusalemme del III-II secolo a.C. 1 Esdra ne metteva in dubbio la genealogia e la legittimità in un mo-mento in cui l’appartenenza al qāhal yisrā’el era stata ormai collegata alla discen-denza patrilineare, al rifiuto del connubio con le donne straniere, alla purità gene-alogica. Se ammettiamo che 1Esd 5,36-40 (= Esd 2,56-61) sia stato composto o per lo meno riorganizzato intorno alla prima metà del II secolo a.C., l’attacco alle due famiglie sacerdotali intendeva promuovere l’ascesa del sacerdote Alcimo, membro dei discendenti di Aronne e ostile ai Sadociti. Costui rivestì il sommo sacerdozio fra il 161 e il 159 a.C. e il suo tentativo di riforma religiosa, destinato a elevare il popolo al rango sacerdotale con l’abbattimento del muro che separava sacerdoti e laici nel cortile interno del tempio, avrebbe ispirato la creazione della figura di Esdra. L’anonimia di questo sommo sacerdote rimanda allora allo stesso Alcimo il quale, in quanto portatore degli ’ûrîm e dei tummîm, avrebbe dovuto manifestare con un suo verdetto la volontà divina in merito alla purità genealogi-ca di questi esponenti del sacerdozio.

Questa conclusione conferma la trasformazione subita dagli ’ûrîm e tummîm: originalmente essi erano due pietre che recavano incise le lettere alef e tav. ’ûrîm, deriva dalla radice rra («maledire») e indica qualcosa di sgradito a Dio, mentre tummîm, da quella ~mt («perfetto», «senza macchia», quindi gradi-to a Dio). La forma plurale sarebbe nata dalla necessità di consultarli almeno tre volte per ottenere una risposta valida. Citati otto volte nella letteratura biblica (Es 28,30; Lv 8,8; Nm 27,21 [solo ’ûrîm]; Dt 33,8 [tummîm e ’ûrîm]; 1Sam 14,41; 1Sam 28,6 [solo’ûrîm]; Esd 2,63; Ne 7,65), essi appartenevano al fondo più an-

15 P. sacchi, Il terzo libro di Ezra, in P. sacchi (ed.), Apocrifi dell’Antico Testamento, UTET, Torino 1981, I, 153-154, traduce «un sommo sacerdote che avesse la capacità di indicare come stessero realmente le cose».

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tico della religione di Israele. Fino alla fine del VII secolo a.C., infatti, come attesta la benedizione rivolta a Levi in Dt 33,10 («Disse a Levi: i tuoi tummîm e i tuoi ’ûrîm all’uomo, al tuo pio, che hai messo alla prova a Massa, per cui hai litigato alle acque di Meriba»),16 la loro consultazione spettava ai leviti presenti nei santuari locali.17 Questi ultimi richiedevano una risposta «sovrumana» in casi inficiati da prove lacunose o dall’assenza di una legge.18 Dalle citazioni della sto-ria deuteronomistica,19 che comprendono il periodo che va dai giudici al regno di Davide, se ne riflette un uso in ambito militare. 1Sam 14,41, che appartiene alla redazione «salomonica» della storia di Saul e Davide,20 narra come l’infrazione di un digiuno da parte di Gionata, figlio di Saul, durante una campagna militare fu scoperto mediante l’uso degli ’ûrîm e tummîm. La procedura è descritta così dalla versione greca del libro: «E Saul disse: “Signore, Dio di Israele, perché non hai risposto oggi al tuo servo? Se è in me o in mio figlio Gionata quel peccato, Signore, Dio di Israele, da’ manifestazione (dh,louj); se, invece, il peccato è nel tuo popolo, da’ completezza (o`sio,thta)».21 La mancata punizione di Gionata22 fi-nisce per gettare un’ombra sulla condotta dello stesso Saul. La seconda citazione dell’oracolo in 1Sam 28,6 precede la sortita di Saul dal proprio accampamento per consultare la veggente di Endor e la morte in battaglia del re. Il versetto, anch’esso di epoca salomonica,23 così afferma: «E Saul interrogò YHWH, ma YHWH non gli rispose né con i sogni, né con gli ’ûrîm né con i profeti». Il si-lenzio eloquente di questi tre mezzi legittimi di rivelazione divina – gli ’ûrîm menzionati da soli rappresentano una pars pro toto – sottolinea il rigetto di Saul e prepara ormai l’elezione di Davide.

Nel racconto delle imprese militari di Davide gli ’ûrîm e i tummîm non compaiono mai. Davide incarica, però, il sacerdote Ebiatar, di consultare l’efod24 prima di liberare la città di Cheila e prima di fuggirne all’arrivo di Saul. La con-

16 a.D.h. mayes, Deuteronomy (NCBC), Eerdmans-Marshall – Morgan & Scott, Grand Rapids-London 1987, 402-403 rimarca l’alternanza fra il singolare (8-9a) e il plurale (9b-10), la presenza dell’ar-ticolo e il pronome relativo soltanto nei vv. 8-10 e l’oscuro collegamento di Levi con gli eventi di Massa e Meriba.

17 h. rinGreen, La religion d’Israël, Payot, Paris 1966, 65ss, e G. Fohrer, History of Israelite Reli-gion, London 1973, 83; 115, attribuiscono l’uso dell’oracolo alla fase «mosaica» della religione d’Israele e alla competenza dei sacerdoti e dei leviti che officiavano nei santuari del paese.

18 m. Fishbane, Biblical Interpretation in Ancient Israel, Clarendon Press, Oxford 1988, 236-247 ricorda che Es 18,20.26 riservava a Mosè i segui casi: la blasfemia (Lv 24,10-23); l’impurità in occasione della Pasqua (Nm 9,1-14); la raccolta di legna di sabato (Nm 15,32-36); l’eredità delle figlie di Zelophad (Nm 27,1-11).

19 J.m. sassoon, «Oracles Inquiries in Judges», in c. cohen et al., Birkat Shalom. Studies in the Bible, Ancient Eastern Literature and Postbiblical Judaism presented to Sh. M. Paul on the occasion of his seventieth Birthday, Eisenbrauns, Winona Lake, IN 2008, 149-168.

20 r.W. Klein, 1Samuel (WBC 10), Word Publishing House, Waco, TX 1983, 132; 140. La caduta nel testo masoretico sarebbe dovuta a omoteleuto.

21 In maniera piuttosto singolare il testo greco traduce tummîm, o`sio,thta, che rimanda genericamen-te alla radice tom/tamam; tutte le altre attestazioni dei LXX presentano sempre alh,qeia.

22 Cf. invece Gs 7 dove Acan è ucciso insieme alla sua famiglia e i suoi beni sono votati all’herem.23 Klein, 1Samuel, 268-271.24 Cf. J. Vermeylen, La loi du plus fort. Histoire de la rédaction des récits davidiques de 1 Samuel

8 à 1 Rois 2 (BEThL 154), Peteers, Leuven 2000, e le cogenti osservazioni di sassoon, «Oracles Inquir-ies», 153-154.

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sultazione descritta da 1Sam 23,2-4; 9-13 presenta due domande, la prima delle quali doppia e ottiene due risposte. Altrettanto elaborata è la consultazione dell’e-fod prima della spedizione contro gli amaleciti che avevano saccheggiato Ziklag e rapito le mogli di Davide, prima del viaggio a Ebron (2Sam 1) e della vittoria contro i filistei alle porte di Gerusalemme (2Sam 5,19). Poiché di ’ûrîm e tummîm non si parlerà più dopo la morte di Davide, la loro scomparsa fu messa in relazio-ne col passaggio da una concezione carismatica e tribale della regalità (Efraim e Nob) a una più simile ai modelli cananaici,25 sostenuta dal parere di consiglieri esperti.26 Anche se la Mishnah e il Talmud confermano indirettamente tale spie-gazione, collegandola alla morte dei profeti anteriori, Samuele, Davide e Salo-mone (bSota 48a), la soluzione non si impone. Os 3,4 – un’aggiunta alla storia matrimoniale del profeta – preannuncia, infatti, che «per lunghi giorni staranno gli Israeliti senza re, senza capo, senza sacrificio, senza stele, senza efod e senza terafim». Ne consegue che verso la fine dell’VIII secolo a.C. – quando profetizzò Osea – la consultazione di questo mezzo di divinazione doveva essere, almeno nel regno del Nord, vitale.27

Sono tre testi di tradizione sacerdotale, composti fra il VI e V secolo a.C., a collegare per la prima volta gli ’ûrîm e i tummîm non più ai leviti, ma al sommo sacerdote. In Es 28,30, un brano che rivela aggiunte e ampliamenti secondari,28 Dio ordina a Mosè di porre «sul pettorale del giudizio gli ’ûrîm e i tummîm: essi staranno sul cuore di Aronne quando entrerà al cospetto di YHWH; Aronne por-terà il giudizio dei figli di Israele sul proprio cuore al cospetto di YHWH per sem-pre». Il Pentateuco Samaritano e 4QExod-Lev 17 (il rotolo dell’Esodo scoperto a Qumran e datato al 250 a.C.) fanno precedere, però, il comando dal seguente ordine: «Ti farai gli ’ûrîm e i tummîm». L’assenza dal testo masoretico vuole «eli-minare» un concreto riferimento a un mezzo di divinazione che ricordava usanze idolatriche29 per confinarlo nel corredo del sommo sacerdote. La conferma di questa situazione non va ricercata nel testo masoretico di Lv 8,8 che riferisce l’in-vestitura e l’ordinazione di Aronne con le seguenti parole: «Gli mise il pettorale e anche gli ’ûrîm e i tummîm»,30 ma in 4QExod-Lev e nel Pentateuco Samaritano che tramandano l’esecuzione del comando. Es 39,21 secondo il Pentateuco Sama-ritano recita: «Essi fecero gli ’ûrîm e i tummîm come YHWH aveva comandato a Mosè», mentre 4Q17 (4QExod-Lev f II frag. 1ii righe 5-6) legge: «Ed egli fece gli ’ûrîm e i tummîm come YHWH aveva ordinato a Mosè».31

25 Cf. h.F. Fuhs, «ša’al šela miša’ala ša’ul», in GLAT, 8, 911-926; 921-922. Cf. R. De VauX, Le istituzioni dell’Antico Testamento, Marietti, Torino 1964, 348-349, e C. Van Dam, The Urim and Tummim. A Study of an Old Testament Means of Revelation, Van den Berg, Kampen 1986, 146.

26 Cf. Van Dam, The Urim and Thummim, 185. 27 J.l. mays, Hosea (OTL), SCM Press, London 61988, 58-59.28 m. noth, Esodo, Paideia, Brescia 1977, 273-278.29 A. roFÉ, «“No Ephod or Teraphim”. Oude Hierateias Oude Delon: Hosea 3:4 in the LXX and in

the Paraphrases of the Chronicles and the Damascus Document», in a.h.c. cohen – s. Paul (edd.), Sefer Moshe: The Sefer Moshe Weinfeld Jubilee Volume, Einsenbrauns, Winona Lake, IN 2004, 135-49.

30 G. Deiana, Levitico, Edizioni Paoline, Milano 2005, 106.31 Cf. l.s. FrieD, «Did the Second Temple High Priest Possess the Urim and Thummim», in The

Journal of Hebrew Scriptures 7(2007), 3-24. L’articolo è consultabile sul sito http://www.jhsonline.org.

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Questi testi sanciscono l’appropriazione del mezzo di divinazione da parte del sommo sacerdote, benché soltanto Nm 27,31 – un altro testo di tradizione sacerdotale – ne descriva la consultazione; narrando l’investitura di Giosuè da parte di Mosè e la prassi da seguire in caso di guerra, il testo sottolinea il ruolo del sommo sacerdote nella consultazione: «[Giosuè] starà davanti al sommo sacerdo-te Eleazaro e questi consulterà per lui il giudizio degli ’ûrîm di fronte a YHWH; al suo ordine entreranno e usciranno lui e tutti i figli di Israele con lui e tutta la comunità». Il brano enfatizza il ruolo di Eleazaro come successore di Aronne e la sua funzione di guida nelle operazioni militari, sottesa dall’espressione «entrare e uscire al suo ordine». La completa subordinazione di Giosuè al sommo sacerdote tradisce la recenziorità del brano che conferisce all’autorità esclusiva del sommo sacerdote la consultazione degli ’urîm prima di una guerra.32 è opinione comune che questi testi dimostrino che gli ’ûrîm e tummîm erano ormai una parte «ossifi-cata» del corredo del sommo sacerdote.33

A un esame più attento, invece, una serie di testi datati fra il III secolo a.C. e il I secolo d.C. e studiati da Batsch,34 Fried35 e Lange36 confermano la pista di ricerca individuata in 1 Esdra: che cioè gli ’ûrîm e i tummîm, pur essendo un ele-mento essenziale del pettorale del sommo sacerdote, confermavano, attraverso lo sfolgorìo delle pietre, l’oracolo o il responso del sommo sacerdote. Ciò che va qui notato non è la possibilità che le pietre del pettorale lampeggiassero,37 ma la trasformazione «funzionale» degli ’urîm e tummîm: il sommo sacerdote non li consulta più, seguendo la mantica tradizionale, ma grazie ad essi diviene un interprete ispirato della legge.38 L’esame di alcuni testi chiarirà questa situazio-ne. Nell’elogio degli uomini illustri di Israele che il Siracide compose all’inizio del II secolo a.C., Sir 45,7-22 descrive a lungo Aronne e le sue vesti. All’interno della descrizione Sir 45,10 LXX afferma: «Dio gli fece indossare la veste santa,

La studiosa americana rileva che secondo il Liber Antiquitarum Biblicarum 11,15 e 12,1 è lo stesso Mosè a realizzarli.

32 Nella divisione del territorio transgiordano fra le sette tribù è Giosuè a gettare le sorti, dette tAlr"AG – un termine piuttosto tardo – nel santuario di Silo (Gs 18,6.8.10; 19,51). Non è chiaro se vi fosse differenza fra queste sorti, delle piccole pietre che le persone portavano in una tasca della veste e gli ’ûrîm e tummîm. Anche se si ammette di solito la loro identità, le tAlr"AG potrebbero essere state un mezzo di divinazione accessibile a tutti, mentre gli ’ûrîm e tummîm lo erano soltanto ai sacerdoti

33 l. Grabbe Sacerdoti profeti indovini sapienti nell’antico Israele, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1998, 120-126 esprime bene questa posizione.

34 c. batsch, La guerre et les rites de guerre dans le judaïsme du deuxième temple (SJSJ 93), Brill, Leiden 2005, 308-343.

35 FrieD, «Did the Second Temple High Pries», 2-2436 a. lanGe, «The Essene Position on Magic and Divination», in m. bernstein et al., Legal texts

and Legal Issues. Proceedings of the Second Meeting of the International Organization for Qumran Studies Cambridge 1995. Published in Honour of J.M. Baumgartner, Brill, Leiden 1997, 395-397.

37 Cf. la voce ḥošen «pettorale» in G. busi, Simboli del pensiero ebraico. Lessico ragionato in set-tanta voci, Einaudi, Torino 1999, 100-106; 527-531. Secondo lo Zohar, le pietre dell’essen «possedevano poteri miracolosi e, quando rilucevano si illuminava anche il volto del sommo sacerdote». All’illuminarsi del volto del sommo sacerdote «si poteva comprendere dal rilievo delle lettere l’auspicio favorevole e si sapeva anche se il sacerdote fosse giusto oppure no» (la citazione dello Zohar è la numero 138).

38 m. Fishbane, «From Scribalism to Rabbinism: Perspectives on the Emergence of Classical Juda-ism», in J.G. Gammie – l.G. PerDue (edd.), The Sage in Israel and the Ancient Near East, Einsebrauns, Winona Lake, IN 1990, 439-456; 441-443.

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lavorata dal ricamatore con oro, giacinto e porfirio; il pettorale del giudizio e gli ’ûrîm della verità». Il testo ebraico del v. 10, scoperto nella Geniza del Cairo, di-verge dal greco, poiché legge: «il pettorale della decisione, l’efod e la cintura».39 Dall’analisi condotta da Fried emerge che il testo ebraico è una revisione del testo greco: l’ebraico introduce la parola rAzae («cintura») che non fa parte del corredo del sommo sacerdote e cerca di «dimenticare» ’ûrîm e tummîm. Il testo greco sot-tolinea che questi ultimi sono invece presenti nel pettorale del sommo sacerdote e che lo saranno anche in quello portato dai suoi discendenti per sempre. Di questi ultimi fa parte il sommo sacerdote Simeone, con il cui elogio si chiude la celebra-zione dei padri: la sua esaltazione ricorda quella di Aronne, come dimostra la fra-se «perfetto splendore» riferita alle vesti, presente in Sir 45,8 (= 50,11b). Anche in questo caso il testo ebraico diverge leggermente, poiché ha «perfetta magnifi-cenza». Dalle vesti e dal corredo del sommo sacerdote scaturisce perciò la sapien-za e lo spirito profetico necessari ad Aronne e ai suoi discendenti per «insegnare a Giacobbe le testimonianze e illuminare Israele con la sua legge» (Is 45,17: eco degli ’ûrîm). è evidente che gli ’ûrîm e i tummîm accentuino il prestigio e la sa-pienza del sommo sacerdote nel periodo di massimo splendore dell’istituzione.

Una situazione alquanto diversa traspare invece dalla menzione dell’ora-colo nel Testamento di Levi; si tratta di un’opera nota da una versione greca con interpolazioni cristiane, da frammenti scoperti nella quarta grotta di Qumran e nella Geniza del Cairo.40 TGrLevi 8,2 contiene una visione ambientata a Betel in cui sette uomini vestiti di bianco danno a Levi l’ordine seguente: «Alzati e indos-sa la veste del sacerdozio, la corona della giustizia, il pettorale dell’intelligenza, la stola della verità, il diadema della fedeltà, la mitra della testa e l’efod della profezia».41 In questo elenco di qualità spirituali la penultima frase, cioè «mitra della testa», non ha molto senso. Il testo greco legge shmei,ou che corrisponde all’ebraico «segno», «prodigio», «presagio». Vi si potrebbe intravedere un riman-do alla descrizione dell’investitura del sommo sacerdote Giosuè in cui egli indos-sa un turbante purificato ed è chiamato insieme ai suoi compagni la promessa di tpeAm yven>a; («uomini di presagio»: Zc 3,5.8).

Dopo avere portato questi oggetti e avere vestito Levi, gli stessi uomini si congedano con queste parole: «Da ora sii sacerdote tu e la tua discendenza per sempre» (TGrLevi 8,3). Anche se la provenienza giudaica del testo è contestata da M. de Jonge che lo attribuisce a un interpolatore cristiano interessato al valore spirituale del sacerdozio, il brano condivide l’esaltazione di Levi, tipica di altri

39 Per la traduzione del testo greco del Siracide cf. a. minissale, Siracide (Ecclesiastico), (Nuovis-sima versione della Bibbia 23), Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1989, 215-216. Per la traduzione del testo ebraico cf. P.W. sKehan – a.a. Di lella, The Wisdom of Ben Sira (AB 39), Doubleday, New York 1987, 511-512.

40 P. sacchi, Testamento di Levi, in sacchi (ed.), Apocrifi dell’Antico Testamento, II, 789-790.41 Cf. per questa traduzione sacchi, Testamento di Levi, 797. Il libro dei Giubilei 32,2-4 sviluppa

in modo parallelo il tema dell’elezione di Levi: mentre Giacobbe e la sua famiglia passano la notte a Betel, Levi sogna di essere stato scelto con la sua discendenza al sacerdozio eterno. Il mattino seguente, dopo che Rachele ha partorito Beniamino, Giacobbe conta i propri figli a partire da quest’ultimo e la sorte cade sul decimo che è Levi. Allora Levi verrà rivestito degli abiti sacerdotali e consacrato sacerdote.

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passi del libro e ne rivendica, in concorrenza con il sacerdozio gerosolimitano, la legittimità della pretesa del sommo sacerdozio. Nella visione Levi riceverà tutto il corredo del sommo sacerdote, compresi gli ’ûrîm e i tummîm; per ragioni di pa-rallelismo letterario o per sottolineare la funzione sacerdotale e profetica di Levi, i due termini che nella LXX indicano il mezzo di divinazione, cioè intelligenza e verità, sono, come in Sir 45,10 LXX, due genitivi: il primo dipende dal pettora-le, logei/on, la custodia dell’oracolo, l’altro dalla stola che nella versione greca è detta podh,rhj.42

Di non molto posteriore a questo passo è una citazione della Lettera di Ari-stea. Composta probabilmente nella seconda metà del II secolo a.C. e molto ben informata su Gerusalemme e sui costumi dei suoi sacerdoti,43 l’opera pretende di essere lo hieros logos per la traduzione greca del Pentateuco. Del sommo sacer-dote Eleazaro, Aristea 97 descrive accuratamente le vesti sulla scorta di Es 28, osservando che «sul suo petto porta il cosiddetto lo,gion (oracolo) sul quale sono fissate dodici pietre, di diversa specie, saldate con oro, i nomi dei dodici capi del-le tribù secondo quello che era stato l’ordine originale».44 Il brano non contiene nessun riferimento diretto agli ’ûrîm e ai tummîm, ma soltanto all’efod, il vestito del sommo sacerdote.

Proprio al periodo in cui fu composta la Lettera di Aristea, cioè l’ultimo quarto del II secolo a.C., Giuseppe Flavio sembra ascrivere la definitiva scompar-sa degli ’ûrîm e dei tummîm. In Antichità giudaiche 3,187-190 egli afferma che le dodici pietre che il sommo sacerdote portava cucite nell’essen, cioè l’hosen, brillavano con uno splendore così grande da annunciare la vittoria al popolo pri-ma che l’esercito si mettesse in marcia, ma che esse avevano smesso di brillare duecento anni prima che egli scrivesse la sua opera cioè all’epoca di Giovanni Ir-cano. La notizia di Giuseppe Flavio potrebbe riprendere la citazione di Nm 27,21 che abbiamo già incontrata, ma di fatto proietta indietro nel tempo la situazione di epoca asmonea: in età postesilica, infatti, la Giudea che fu provincia persiana, lagide e seleucide, non fece nessuna guerra, a meno di pensare a contingenti che combatterono agli ordini di questo o quel re.

Passiamo alle numerose attestazioni degli ’ûrîm e dei tummîm nei mano-scritti di Qumran.45 Molti testi, pur frammentari, citano, infatti, l’oracolo, a partire dal Rotolo del Tempio. Datato paleograficamente alla fine del I secolo a.C., que-sto testo attinge a una serie di temi legislativi tipici del Deuteronomio e disposti

42 podh,rhj indica una veste lunga fino ai piedi, ma in LXX traduce più lemmi: !v,xo (Es 25,6 [7]) cioè il pettorale, ly[im. (Es 28,4.27 [31]; 29,5), tAcl'x]m; (Zc 3,4) e dB; (Ez 9,2.3.11) che indicano genericamente le vesti dei sacerdoti.

43 Sul contesto storico e letterario della Lettera di Aristea, cf. G. nicKelsburG, Jewish Literature between the Bible and the Mishnah. A Historical and Literary Introduction, Fortress Press, Minneapolis, MI 22005, 196-199 propone di datare l’opera fra il 138 e il 130 a.C. cioè all’inizio del regno di Giovanni Ircano.

44 Per la traduzione l. troiani, Lettera di Aristea, in sacchi (ed.), Apocrifi dell’Antico Testamento, V, 97.

45 Nei manoscritti di Qumran il termine lr"AG o tAlr"AG, tradotto generalmente «sorte» o «sorti», sottolinea che l’appartenenza al gruppo scaturiva da una decisione divina

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all’interno di una cornice narrativa che rimanda al patto sinaitico.46 Nata nell’am-biente sacerdotale da cui prese forma la comunità di Qumran, l’opera riprende la legge del re di Dt 17,14-20. Fra le novità di 11QTemple 58,18-20 c’è il seguente comando per il re in guerra: «Non uscirà fino a che non sia entrato in presenza del sommo sacerdote e che questi non abbia consultato per lui la sentenza degli ’ûrîm e dei tummîm. Secondo i suoi ordini uscirà e secondo i suoi ordini entrerà, lui e tutti i figli d’Israele che sono con lui. Non uscirà secondo il consiglio del suo cuo-re finché non abbia consultato la sentenza degli ’ûrîm e dei tummîm. Avrà succes-so in tutte le sue vie se esce secondo la sentenza».47 Anche se il testo si interrom-pe qui, è chiaro il riferimento a Nm 27,21 dove, come abbiamo visto, il verdetto degli ’ûrîm e dei tummîm, consultati da Eleazaro, doveva guidare la campagne militari di Giosuè. Non va neppure escluso un richiamo al modello presentato dal re Davide con la sua frequente consultazione dell’oracolo prima di ogni impresa militare.48 Il testo potrebbe polemizzare contro Giovanni Ircano, allo stesso tem-po re e sacerdote, che aveva riportato una serie di successi militari,49 rivendicando la preminenza del legittimo sacerdozio sul re-sacerdote asmoneo.

Citazioni esplicite degli ’ûrîm e dei tummîm caratterizzano altri testi dal chiarissimo tenore escatologico: 4Q175Test – una raccolta di quattro citazioni bibliche dal valore escatologico e datata all’inizio del I secolo a.C. – riprende, infatti, Dt 33,8-10 per sottolineare l’attesa di un messia sacerdotale, il cosiddetto messia di Aronne.50 Mentre questo centone di citazioni escatologiche è privo di un’interpretazione, 4QPešerIsaiad (4Qp164) fr. 1 4-5 – anch’esso risalente alla se-conda metà del I secolo a.C. – attinge alla descrizione della Gerusalemme ideale di Is 54,12 per applicarla alla nuova comunità.51 Le dodici pietre preziose che nel testo isaiano ornano le mura di Gerusalemme indicheranno, secondo l’interpre-tazione del pešer qumranico, «i dodici [capi dei sacerdoti che] illuminano con il giudizio degli ’ûrîm e dei tummîm [… senza che] nessuno di essi erri, come il sole in tutta la sua luce».52

Proiettata verso il culto celeste è la presenza degli ’ûrîm e dei tummîm nella liturgia angelica dei Canti per l’olocausto del Sabato. Il canto per il tredicesimo sabato conservatoci da 11Q 17 ix 11QShirShabb IV fr. 8-7 in condizioni pur-troppo assai frammentarie descrive le variopinte vesti sacerdotali indossate dagli angeli; nel testo sono state ricostruite le frasi «la forma del pettorale» e «l’efod» citato ancora al plurale in un altro frammento della stessa opera, proveniente dalla

46 García martínez, Testi di Qumran, 270, n. 1, per una breve presentazione del testo.47 García martínez, Testi di Qumran, 297-298. 48 m. Delcor, «Le statut du roi d’après le Rouleau du Temple», in Henoch 3(1981), 47-88.49 Su Giovanni Ircano si veda e. schürer, Storia del popolo ebraico al tempio di Gesù Cristo, Pai-

deia, Brescia 1985, I, 262-279. 50 García martínez, Testi di Qumran, 249-250. La citazione ritorna nel pešer escatologico 4QMi-

drash escatologico della seconda metà I secolo a.C. Per questo testo, cf. García martínez, Testi di Qumran, 349 con altre citazioni sulla fine dei tempi.

51 García martinez, Testi di Qumran, 311 per una breve introduzione alla tecnica del pešer sulla quale si sofferma anche l.h. schiFFmann, Reclaiming the Dead Sea Scrolls. Their True Meaning for Juda-ism and Christianity, Doubleday, New York 1995, 223-241.

52 García martínez, Testi di Qumran, 318.

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quarta grotta (4Q405 23 colonna ii).53 Il testo presenta una forte identificazione con il culto del tempio celeste, collocando i sacerdoti della comunità al di sopra del sacerdozio che fra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C. officiava nel tempio di Gerusalemme.

Va menzionato, infine, 1Q Liturgia delle tre lingue di fuoco conservato da due manoscritti assai frammentari, 1Q29 e 4Q376, che risalgono alla fine del I secolo a.C.; per ragioni di stile e contenuto, essi sono catalogati fra gli apocrifi di Mosè. 4Q376 fr. i col I 1-2 afferma: «E uscirà con lui con lingue di fuoco, la pie-tra del lato sinistro che è al suo fianco brillerà agli occhi di tutta l’assembla finché il sacerdote finisca di parlare».54 Poiché il testo è assai frammentario, non è chiaro se sottintendesse che gli ’ûrîm e i tummîm o soltanto le due pietre che sorregge-vano il pettorale lampeggiassero di fronte a tutta l’assemblea, quando il sacerdo-te parlava, rivestito dell’autorità divina. I testi qumranici oscillano, pertanto, fra la rivendicazione dell’oracolo degli ’ûrîm e dei tummîm, in mano al sacerdozio illegittimo che officiava nel tempio di Gerusalemme e un’interpretazione escato-logica aperta al futuro.

Questo imponente materiale comparativo indica dunque la persistenza de-gli ’ûrîm e dei tummîm fino al I secolo a.C. e il cambiamento «funzionale» da essi subito. Come abbiamo visto, il cambiamento emerge a partire dal IV secolo a.C., quando cioè il sommo sacerdozio assume ed esercita il potere nella Giudea elle-nistica, anche attraverso l’interpretazione della legge. Alla luce di questa situazio-ne, la soluzione abituale di riferire Esd 2,61 (= Ne 7,65) al periodo compreso fra il 586 e il 515 a.C. allorché non c’era un sommo sacerdote o un sacerdote responsa-bile degli ’ûrîm e dei tummîm, è difficilmente sostenibile e rende, di fatto, questa notizia un masso erratico. A nostro parere 1 Esdra avrebbe introdotto nella lista trovata nel tempio il suo attacco contro due importanti famiglie sacerdotali per sostenere le pretese di Alcimo e per sottolineare che egli deteneva legittimamente gli ’ûrîm e i tummîm. Altri testi coevi respingono questa pretesa rivendicando, come fa Testamento di Levi, la concessione degli ’ûrîm e dei tummîm ai leviti oppure, come fanno i testi qumranici, li collegano a una sempre più forte attesa escatologica. La testimonianza di Giuseppe Flavio sulla scomparsa degli ’ûrîm e dei tummîm all’epoca di Giovanni Ircano intende proteggere, infine, questi ogget-ti così sacri dalle pretese sacerdotali e divinatorie di quest’ultimo.

Chi risistemò il testo masoretico di Esdra e Neemia nel corso del I secolo d.C. riorganizzò la pericope facendo sparire, a prezzo di rendere il testo più oscu-ro, le malevole allusioni contro i discendenti di Iaddua e Akkos che facevano or-mai parte dei ventiquattro corsi sacerdotali; inserì la lista nel libro di Neemia per preparare il ripopolamento della città da parte di un resto santo che avverrà ancora per estrazione a sorte (Ne 11,1: tAlr"Ag); la menzione del sacerdote resta, infine,

53 García martínez, Testi di Qumran, 662. Si veda anche J.r. DaVila, Liturgical Works (Eerdmans Commentaries on the Dead Sea Scrolls), Eerdmans, Grand Rapids, MI 2000, 83-97 (introduzione generale all’opera); 158-159 (traduzione e commento del testo).

54 García martínez, Testi di Qumran, 457-458.

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ambivalente: Esd 2,63 si limita a parlare di un sacerdote, mentre Ne 7,68 del sa-cerdote. Questa riorganizzazione del materiale riflette, tuttavia, l’idea rabbinica ben espressa dalla Mishnah e dal Talmud secondo la quale gli ’ûrîm e i tummîm erano ormai assenti dal secondo tempio (bSota 13,2): soltanto nell’età messianica essi sarebbero tornati a disposizione del sommo sacerdote (bSota 48b).

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