Ortensio Zecchino, Federico II e il declassamento della sacralità imperiale nel nuovo ordo...

14
ArNoS ARCHIVIO NORMANNO-SVEVO Testi e studi sul mondo euromediterraneo dei secoli XI-XIII del Centro Europeo di Studi Normanni Texts and Studies in Euro-Mediterranean World during XIth-XIIIth Centuries of Centro Europeo di Studi Normanni 4 2013/2014 a cura di Edoardo D’Angelo Fulvio Delle Donne Centro Europeo di Studi Normanni Ariano Irpino

Transcript of Ortensio Zecchino, Federico II e il declassamento della sacralità imperiale nel nuovo ordo...

ArNoSARCHIVIO NORMANNO-SVEVO

Testi e studi sul mondo euromediterraneo dei secoli XI-XIIIdel Centro Europeo di Studi Normanni

Texts and Studies in Euro-Mediterranean World during XIth-XIIIth Centuries

of Centro Europeo di Studi Normanni

4

2013/2014

a cura di Edoardo D’AngeloFulvio Delle Donne

Centro Europeo di Studi NormanniAriano Irpino

 

  

ArNoS ARCHIVIO NORMANNO-SVEVO

Testi e studi sul mondo euromediterraneo dei secoli XI-XIII del Centro Europeo di Studi Normanni

    

COMITATO SCIENTIFICO  

G. Arnaldi, Th. Asbridge, P. Bouet, M. Caravale, G. Coppola, F. Delle Donne, M. D’Onofrio, H. Enzensberger, S. Fodale, C.D. Fonseca, J. France, G. Galasso, V. Gazeau, B. Grévin, E.C. van Houts, Th. Kölzer,

C. Leonardi (†), O. Limone, G.A. Loud, J.M. Martin, E. Mazzarese Fardella, F. Neveux, M. Oldoni, F. Panarelli, A. Paravicini Bagliani, A. Romano, V. Sivo,

W. Stürner, A.L. Trombetti, H. Takayama, S. Tramontana  

SEGRETERIA DI REDAZIONE L. Russo, T. De Angelis

 COMITATO DI DIREZIONE

A. Cernigliaro, E. Cuozzo, E. D’Angelo, O. Zecchino      

© 2014 Centro Europeo di Studi Normanni      

I contributi scientifici sono sottoposti a doppia lettura anonima di esperti     

ISSN: 2036-7759 ISBN: 978-88-98028-07-8

OrtensiO ZecchinO, Federico II e il declassamento della sacralità impe-riale nel nuovo ordo coronationis imposto da Innocenzo III

FulviO Delle DOnne, Il papa e l’anticristo: poteri universali e attese escatologiche all’epoca di Innocenzo IV e Federico II

Klementyna GlińsKa - Benoît Grévin, Circulation, interpréta-tions et exploitation des «comédies élégiaques» dans le royaume de Si-cile. De Pierre de la Vigne à Boccace (XIIIe-XIVe s.)

richarD Psík, Henricus de Isernia and his Invectiva Prosotetrasti-cha in Ulricum Polonicum

PietrO cOlletta, Per un’edizione del codice Fitalia: l’apporto della tra-dizione manoscritta della Cronica Sicilie

DariO internullO, Una poco nota raccolta di dictamina di epoca angioina

victOr rivera MagOs, Politiche ecclesiastiche e interessi territoriali nel Regno di Sicilia. L’intolerabilis contentio tra i canonici di Gerusa-lemme e la chiesa tranese per il Santo Sepolcro di Barletta (1130-1162)

carMine Megna, Il castello di Cervinara: ricerche storico-architettoniche e stato di conservazione

MarianO Messinese, I combattimenti del chiostro di Santa Sofia

7

17

45

75

103

125

147

175

193

arnos 4 (2013-2014)

sOMMariO

FEDERICO II E IL DECLASSAMENTO DELLA SACRALITÀ IMPERIALE NEL NUOVO ORDO CORONATIONIS

IMPOSTO DA INNOCENZO III

OrtensiO ZecchinO

In una disposizione chiave della sua celebre Costituzione (I, 31), Federico affrontando la vexata quaestio dell’origine del potere, offre – nella prima parte – una motivazione tutta ‘laica’, incentrata sulla allora famosa, e fumosa, romana lex regia de imperio:

Non senza profonda riflessione e ponderata decisione i Quiriti con la lex regia trasferirono all’imperatore romano il ius condende legis e l’imperium in modo che l’origine della giustizia discendesse da colui che imperava sui popoli grazie alla potestà acquisita, per la gloria della missione imperiale affidatagli…1

Abbiamo definito fumosa la lex regia perché, a quel tempo, essa non era ancora completamente uscita dall’alone d’incertezza che l’avvolgeva. I puntelli che la sorreggevano erano due passi del Corpus iuris civilis di Giustiniano, riscoperto e ricostruito dalla scuola di Bologna poco più di un secolo prima: uno tratto dalle Istituzioni ed un altro, attribuito ad Ulpiano, dal Digesto, circondati entrambi da dubbi e incertezze filologiche2. Solo dopo un secolo dal riuso fattone

1 «Non sine grandi consilio et deliberatione perpensa condende legis ius et impe-rium in Romanum principem lege regia transtulere Quirites ut ab eodem qui commisse sibi cesaree fortune fastigio per potentiam populis imperabat prodiret origo iustitie a quo eiusdem defensio procedebat». Il testo della Costituzione qui utilizzato è quello dell’edi-zione napoletana del 1492, pubblicato in riproduzione anastatica nel III vol. di Federico II. Enciclopedia Fridericiana, (Istituto dell’Enciclopedia italiana, Roma 2005-2008), con nota introduttiva e traduzione italiana a cura di chi scrive.

2 Istituzioni 1. 2. 6: «sed et quod principi placuit, legis habet vigorem, cum lege regia, quae de imperio eius lata est, populus ei et in eum omne suum imperium et potestatem concessit». Digesto 1. 4. 1: «quod principi placuit, legis habet vigorem: utpote cum lege

OrtensiO ZecchinO8

da Federico, la lex regia uscirà dall’aura d’incertezza che l’avvol-geva, grazie al ritrovamento, intorno al 1347, ad opera di Cola di Rienzo, di un bronzo contenente il testo di una lex de imperio Vespasiani del 69 d. C., da allora divenuto punto fermo del relativo dibattito storiografico3.

Nella seconda parte della stessa costituzione, Federico, con una solenne proclamazione, sposta la questione della legittimazio-ne del potere su di un piano diverso, ai nostri occhi non compati-bile con quello tutto ‘laico’ della precedente affermazione:

…Noi che abbiamo ricevuto dalla mano del Signore lo scettro imperiale e, tra gli altri regni, il governo del regno di Sicilia...4

Invocando la derivazione del potere imperiale direttamente da Dio, con tutta evidenza, Federico5 tentava di erigere un baluardo a difesa della sua autonomia, minacciata dal papa, ma la sua invoca-zione era ormai in gran parte vanificata dalla nuova ecclesiologia. Significative innovazioni liturgiche – intervenute nella cerimonia d’incoronazione e attuate già in occasione della sua stessa incoro-

regia, quae de imperio eius lata est, populus ei et in eum omne suum imperium et potesta-tem conferat». I passi hanno subito severi vagli critici che hanno evidenziato, tra l’altro, la diversità dei verbi in essi usati (concessit/conferat), che adombrerebbero un diverso senso e peso della delega, nel primo caso consistente in una concessione permanente fatta dal popolo all’imperatore, e nel secondo caso invece in un conferimento attuato di volta in volta.

3 Sul tema: La Lex de Imperio Vespasiani e la Roma dei Flavi, cur. L. Capogrossi Colognesi, E. Tassi Scandone, Roma 2009, passim.

4 «… qui de manu domini sceptrum imperii et inter alia regna regni Sicilie modera-men accepimus…».

5 Su Federico miscredente/devoto s’è scritto molto e sono sorte anche molte leg-gende. In tutte le dichiarazioni egli non mancava mai di professarsi devoto figlio della Chiesa (cosa che non gli impediva di contestare anche duramente il papato). Per un approfondimento sul complesso tema ci permettiamo di rinviare al nostro O. ZecchinO, L’origine del diritto in Federico II. Storia di un intrigo filologico, «Atti dell’Accademia nazionale dei Lincei. Classe di Scienze morali, storiche e filologiche. Memorie» ser. IX, 12/3, 2012, pp. 217-346, qui pp. 287-293.

9Federico II e il declassamento della sacralità imperiale

nazione imperiale in S. Pietro – avevano suggellato, anche nella simbologia ufficiale, il nuovo corso6.

Nell’Ordo coronationis di Magonza7 – che aveva regolato l’inve-stitura imperiale di Ottone I del 2 febbraio del 962 e che per lungo tempo fu considerato il pontificale per eccellenza – la consacra-zione regia era assimilata a quella vescovile. L’ordo prevedeva che il candidato assumesse l’impegno di reggere e difendere «regnum … a Deo concessum»8, quindi prescriveva all’officiante «unguat de olio santificato caput, pectus et scapulas ambasque compages brachiorum ipsius…»9.

In tale consacrazione – chiarisce Duby – l’unzione impregnava «…il corpo del re della gloria e della forza divina. Da quel mo-mento egli è ripieno di una potenza soprannaturale. Toccando guarisce»10. Nasceva così il mito de I re taumaturghi, oggetto e tito-

6 In proposito, ci piace ripetere con Paolo Prodi: «qui si tocca il problema che per decenni ha impegnato il meglio della storiografia europea sull’evoluzione del diritto divi-no dei re e sui limiti della sovranità in relazione agli ordines dell’incoronazione e dell’un-zione dei sovrani: Kern, Bloch, Schramm, David, Kantorowicz, Ullmann, per ricordare solo alcuni nomi, hanno posto al centro dei loro studi il problema del passaggio dalla professio che abbiamo trovato nell’incoronazione del IX secolo al giuramento che i sovrani presteranno in tutta Europa nel secolo XIII» (P. PrOdi, Il sacramento del potere. Il giuramento politico nella storia costituzionale dell’Occidente, Bologna 1992, p. 110).

7 C. VOgel - R. elZe, Le pontifical romano-germanique du dixiém sieclé, Città del Vaticano 1963-1972, pp. 246 ss. Sul tema: D. Mertens, Il pensiero politico medievale, tr. it., Bologna 1999, pp. 67-70; E. KantOrOwicZ, Laudes regiae, tr. it., Milano 2006, p. 276, nota 83; G. isabella, Modelli di regalità a confronto. L’ordo coronationis regio di Magonza e l’incoronazione regia di Ottone I in Widukindo di Corvey, in Forme di potere nel pieno medioevo (secc. VII-XII). Dinamiche e rappresentazioni, cur. G. Isabella, Bologna 2006, pp. 39-56.

8 VOgel - elZe, Le pontifical romano-germanique, p. 249. 9 VOgel - elZe, Le pontifical romano-germanique, p. 252. 10 G. duby, L’anno mille. Storia religiosa e psicologica collettiva, tr. it., Torino 2001,

p. 64.

OrtensiO ZecchinO10

lo di quel classico della medievistica, pubblicato nel 1924 da Marc Bloch.

Con l’unzione11, in definitiva, si realizzava la piena equipara-zione tra dignità regale e dignità vescovile12.

Dopo quasi centocinquant’anni dall’investitura di Ottone I, l’Anonimo normanno, all’inizio del XII secolo, in un libello (De consacrazione pontificum et regum) poteva perfino teorizzare la supe-riorità della sacralità regia. Significativo l’incipit: «La santa Chiesa è la sposa di Cristo, vero re e vero sacerdote: ma è la sposa di Cristo re, non di Cristo sacerdote»13. Il libello procede poi con afferma-zioni sempre più regaliste: «Il re e il sacerdote sono entrambi unti con il crisma… ed hanno in comune il nome di Cristo»14; «re e sacerdote sono in spirito sia Cristo che divinità, e nella loro fun-zione sono immagine di Cristo e di Dio: il sacerdote lo è di Cristo sacerdote, il re di Cristo re. Il sacerdote lo è della funzione e della natura inferiore, cioè di quella umana; il re, di quella superiore, ossia di quella divina»15; «Dio unse sì i sacerdoti con l’unzione spirituale, al pari degli apostoli, ma unse il re al pari del suo figlio primogenito, generato prima dei secoli, preferendolo a tutti i suoi compagni»16.

Nel Natale del 1130 l’ordo di Magonza, modello ancora riconosciu-to come tale, fu seguito per l’incoronazione di Ruggero II. Dobbiamo a

11 La valenza dell’unzione come atto d’investitura è di derivazione biblica: «Samuele prese l’ampolla dell’olio e gliela versò (a Saul) sulla testa, poi lo baciò dicendo: Ecco, il Signore ti ha unto capo sopra Israele suo popolo. Tu avrai potere sul popolo del Signore e tu lo libererai dalle mani dei nemici» (I Sm 10.1); «Samuele prese il corno dell’olio e lo consacrò con l’unzione in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore si posò su David da quel giorno in poi» (I Sm 16.13) ; «…olio profumato sul capo» si legge nel “Canto delle ascensioni di Davide” (Ps 133.2); «Il sacerdote Zadok prese il corno dell’olio dal-la tenda e unse Salomone al suono della tromba: Tutti i presenti gridarono: Viva il re Salomone» (III Rg 1.39); «…ti unse Dio, il tuo Dio, con olio di esultanza…» (Hbr 1.8).

12 Del lungo processo che portò a tale equiparazione g. cantarella, Le sacre unzioni regie, in Olio e vino nell’Alto Medioevo, II, Spoleto 2007, pp. 1291-1329, offre una vivace e dotta ricostruzione, con ricca bibliografia, cui si rinvia.

13 anOniMO nOrMannO, La consacrazione dei vescovi e dei re, in Il papa ed il Sovrano.Gregorio VII ed Enrico IV nella lotta per le investiture, cur. G. Cantarella, D. Tuniz, Bergamo 1998, pp. 181-199, qui p. 181.

14 anOniMO nOrMannO, La consacrazione, p. 185. 15 anOniMO nOrMannO, La consacrazione, p. 188. 16 anOniMO nOrMannO, La consacrazione, p.191. Nel trattato citato, l’Anonimo

Normanno molto si sofferma sulla questione della partecipazione dell’unto al nome e all’essenza divina, se per naturam o per gratiam; sul tema Ernst Kantorowicz ha pubblicato

11Federico II e il declassamento della sacralità imperiale

Reinhard Elze la conoscenza del testo integrale dell’ordo coronationis del fondatore del Regno di Sicilia: unzione – con olio santificato – su capo, petto, spalle e braccia17.

Le cose però andavano progressivamente mutando. Il crisma usato inizialmente, dopo la lotte per le investiture, era stato sosti-tuito dall’olio santificato18, di rango inferiore, perché «l’olio santo era usato per esorcizzare il diavolo, l’acqua per mondare il peccato, il crisma per l’illuminazione per mezzo della grazia dello Spirito Santo»19.

Questo progressivo svuotamento della liturgia dell’Ordo di Magonza20 è registrabile già in un ordo coronationis del XII secolo in cui si legge che l’officiante «debet iungere brachium dextrum de

nel 1952 uno studio, recentemente tradotto in italiano (E. KantOrOwicZ, La regalità, in id., I misteri dello Stato, tr. it., Genova - Milano 2005, pp. 37-65, qui pp. 99-101).

17 Reinhard Elze nel 1973 ha pubblicato il testo integrale di tre ordines per l’inco-ronazione alla corte normanna di Palermo, il primo dei quali,che«si basa sul pontificale romano-germanico del X secolo, considerato il pontificale per eccellenza» (R. elZe, Tre Ordines per l’incoronazione di un re e di una regina del regno normanno di Sicilia, in Atti del Congresso Internazionale di Studi sulla Sicilia Normanna, Palermo 4-8 dicem-bre 1972, Palermo 1973, pp. 438-459, qui p. 440), fu seguito per l’incoronazione di Ruggero II. Al paragrafo 13 del primo dei tre ordines si legge: «tunc ab episcopo metro-politano ungantur manus de oleo santificato»: «ungantur manus iste de olio santificato, unde uncti fuerunt reges et prophete, et sicut iunxit Samuel David in rege, ut sis bene-dictus et constitutus rex super populum istum quem dominus deus tuus dedit tibi ad regendum ac gubernandum». Nel successivo paragrafo v’è la preghiera dell’officiante: «respice, omnipotens deus, hunc gloriosum regem a serenis obtutibus, et ut benedixisi-sti Abraham, Ysaac et Iacob, sic illum largis benediccionibus spiritualis gracie…». Nel paragrafo 15 v’è indicazione di ciò che deve fare l’officiante: «ab episcopo unguantur de olio santificato caput, pectus, scapul eambeque, compages brachiorum» (elZe, Tre Ordines, pp. 447-448).

18 Mertens, Il pensiero politico medievale, p. 68; H. Zug tucci, Le incoronazioni imperiali nel Medioevo, in Per me reges regnant. La regalità sacra nell’Europa medievale, cur. F. Cardini, M. Saltarelli, Siena 2002, pp. 119-136, qui p. 128 ritiene invece che l’unzione del capo fosse riservata al solo clero «a cominciare dal secolo IX».

19 E. KantOrOwicZ, I due corpi del re, tr. it., Torino 1989, p. 274, nota 15 riprende da più fonti queste definizioni, aggiungendo di credere che comunque «la precisione tecnico-liturgica delle fonti che menzionano l’oleum sanctum in luogo del chrisma sia so-pravvalutata» (p. 279, nota 21).

20 Non pare tenerne conto cantarella, Le sacre unzioni regie, p. 1329: «le unzioni regie, sporadico oggetto di discussione all’inizio del secolo XII, resteranno il segno della regalità fino al secolo XIX».

OrtensiO ZecchinO12

oleo exorcizato et inter scapulas»21. È evidente il declassamento sia in relazione all’olio utilizzato (exorcizato e non più sanctificato) che in relazione alle parti del corpo unte (non più il capo e il petto, ma solo braccio destro e scapole).

La sanzione definitiva del ridimensionamento del significato della liturgia dell’incoronazione e della condizione dell’investito fu imposta da Innocenzo III, con un’articolata Decretale (De sacra untione) del 1204, emanata per garantire uniformità di liturgia nelle ordinazioni e consacrazioni episcopali e per motivare il cambia-mento di liturgia e di significato dell’unzione dei principi:

…nell’Antico Testamento veniva unto non solo il sacerdote, ma anche il re ed il Profeta, come il Signore comandò ad Elia nel li-bro dei Re… Ma poichè Gesù Nazareno – che Dio unse in virtù dello Spirito Santo, come si legge negli Atti degli Apostoli – fu unto olio pietatis come colui che secondo l’apostolo è il capo della Chiesa, la quale dello stesso è il corpo, l’unzione del principe fu trasferita al braccio, in modo che il principe da allora non sia unto sul capo, ma sul braccio e così pure sull’omero e sulla scapola, nelle cui parti il principato è precipuamente designato, secondo quanto si legge: ‘Il principato è stato costituito sul suo omero etc.’… Sul capo del pontefice è stata conservata l’unzione sacramentale, poiché egli, nell’ufficio pontificale, rappresenta la persona del Capo. Dal confronto che tra l’unzione del pontefice e quella del principe – poiché il capo del pontefice è consacrato col crisma, mentre il braccio del principe è cosparso dell’olio – deriva, come è evidente, che grande è la differenza tra l’autorità del pontefice e la potestà del principe22.

Come si vede, Innocenzo,con sottigliezze storico-teologico-liturgiche, molto declassò, nella scala della sacralità, l’unzione dei

21 M. andrieu, Le Pontifical romain au moyen âge, Città del Vaticano 1938-1941, I, p. 253.

22 «…in veteri testamento non solum ungebatur sacerdos, sed etiam rex et prophe-ta, sicut in libro Regum Dominus praecepit Heliae […] Sed ubi Iesus Nazarenus, quem unxit Deus Spiritu sancto, sicut in Actibus Apostolorum legitur, unctus est oleo pietatis prae consortibus suis, qui secundum Apostolum est caput ecclesiae, quae est corpus ipsius, principis unctio a capite ad brachium est translata, ut princeps ex tunc non unga-tur in capite, sed in brachio, sive in humero vel in armo, in quibus principatus congrue designatur, iuxta illud, quod legitur: ‘Factus est principatus super humerum eius’ […] In capite vero pontificis sacramentalis est delibutio conservata, quia personam capitis in pontificali officio repraesentat. Refert autem inter pontificis et principis unctionem, quia caput pontificis chrismate consecrator, brachium vero principis oleo delinuntur, ut

13Federico II e il declassamento della sacralità imperiale

principi, rispolverando tra l’altro la distinzione gelasiana tra auctori-tas e potestas23. Nelle laudes dell’incoronazione – oggetto di un’ope-ra di Kantorowicz, di recente tradotta in italiano24 – mentre l’Ordo di Magonza prescriveva l’invocazione dei dodici apostoli, di dodici martiri e di dodici vergini25, l’Ordo innocenziano prevedeva l’accla-mazione dell’imperatore invictissimus, ma non più a Deo coronatus26.

In due Ordines del XIII secolo, rispettivamente «ad benedi-cendum imperatorem quando coronam accipit»27, e «ad benedi-cendum seu coronandum imperatorem»28 il mutamento liturgico appare ormai consolidato. In entrambi è contenuta questa pre-scrizione all’officiante: «… ungat ei de oleo exorcizato brachium dextrum et inter scapolas»29.

Con Innocenzo III, insomma, l’incoronazione si andò laiciz-zando, cosa che realizzava un ridimensionamento sia del potere imperiale o regio, che quello del papato perché per un verso l’in-coronato non acquisiva più quella “potenza soprannaturale” che era gran parte della sua forza, ma per altro verso il ruolo del pa-pato si andava riducendo alla pura ratifica dell’elezione fatta dai principi o dal popolo.

La tesi che l’acquisizione della pienezza del potere da parte dell’eletto avvenisse già prima dell’incoronazione aveva trovato avallo e diffusione dalla glossa al Decreto di Graziano di Giovanni Semeca (più noto come Giovanni Teutonico) dopo il Concilio Lateranense del 121530. Cino da Pistoia (1270-1336) – il “ghibelli-no”, secondo Kantorowicz31, convertito guelfo secondo Maffei32

ostendatur, quanta sit differentia inter auctoritatem pontificis et principis potestatem» (Corpus iuris Canonici, II, coll. 132-133).

23 Ma nota KantOrOwicZ, I due corpi del re, p. 275: «fuori Roma il decreto papale esercitò ben poca influenza. Esso non incise per nulla sui riti dell’incoronazione seguiti, per esempio, in Inghilterra e in Francia».

24 KantOrOwicZ, Laudes regiae, già citato.25 KantOrOwicZ, Laudes regiae, p. 276, nota 83. 26 J. PetersOhn, Incoronazioni, in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, Roma 2005-2008,

II, pp. 40-46, qui p. 46. 27 andrieu, Le Pontifical romain, II, pp. 382-385. 28 andrieu, Le Pontifical romain, II, pp. 385-387. 29 Rispettivamente pp. 383 e 389. 30 KantOrOwicZ, I due corpi del re, p. 278. 31 KantOrOwicZ, I due corpi del re, p. 279. 32 D. Maffei, Il pensiero di Cino da Pistoia sulla donazione di Costantino, le sue fonti e il

dissenso finale da Dante, «Letture classensi» 16, 1987, pp. 119-127.

OrtensiO ZecchinO14

– con la sua autorità suggellerà nel XIV secolo la tesi, affermando che chi viene eletto dal popolo grazie alla lex regia, gode di tutti i diritti e poteri sovrani anche senza incoronazione33. Ad onor del vero non mancò di continuare ad avere cittadinanza tra i canonisti del tempo anche la tesi secondo cui il potere imperiale comunque discendeva da Dio attraverso l’elezione, a prescindere dall’inco-ronazione (era la tesi dei così detti dualisti, favorevoli cioè ad un equilibrio tra i due poteri).

Federico – dopo Ottone IV, incoronato imperatore il 4 ottobre 1209 da Innocenzo III – fu il secondo imperatore ad essere inco-ronato con l’ordo definitivamente sancito dalla Decretale innocen-ziana. In quel 22 novembre del 1220 gli fu infatti riservata non la consacrazione sacerdotale, ma l’ammissione nella confraternita dei canonici di S. Pietro; non ricevette l’anello vescovile; dopo aver baciato il piede del papa, fu unto con l’olio santo su braccia e spalle (e non più sul capo); quindi ricevette le insegne imperiali: mitra e corona, spada (che Federico brandì tre volte, come sol-dato di Pietro), scettro e pomo, simboleggiante il mondo; infine Federico, deposto manto e corona, da suddiacono si dispose a servire messa34.

Federico, di fronte a queste evoluzioni di teoria e prassi, non era più il novello David della tradizione di un passato non remoto. Nel nuovo contesto aveva ben poco da cullarsi nostalgicamente nei ricordi dei suoi due grandi nonni: il Barbarossa che preten-deva di convocare i concili, e Ruggero – unto sul capo mentre l’officiante evocava l’unzione di David da parte di Samuele – che si era fatto ritrarre nel celebre mosaico della Martorana nell’atto di ricevere la corona regale direttamente da Gesù e che, forte dell’ac-quisita sacralità, potette far sua, nelle Assise di Ariano, la disposi-zione con la quale gli imperatori romani equiparavano al sacrilegio ogni manifestazione di dissenso, anche solo velato, verso le loro decisioni35.

L’«…abbiamo ricevuto dalla mano del Signore lo scettro imperiale…» che Federico proclama enfaticamente nella sua Costituzione, per contrastare la diffida papale, era insomma a quel

33 KantOrOwicZ, I due corpi del re, p. 279. 34 KantOrOwicZ, Federico II imperatore, tr. it., Milano 1976, pp. 97-98 e 146.35 Le Assise di Ariano, ed. O. Zecchino, Cava dei Tirreni 1984, p. 38.

15Federico II e il declassamento della sacralità imperiale

tempo affermazione molto depotenziata, anche se Dante, circa ottant’anni dopo, la rilancerà nel De Monarchia36.

Già dal tempo della rivoluzione gregoriana «l’unità politico re-ligiosa può dirsi terminata, la Santa Romana Repubblica si avvia alla dissoluzione»37, ma il nuovo – la separazione delle due sfere – nel XIII secolo è ancora su orizzonti lontani. E qui è il dramma di Federico, la sua impotenza e, in definitiva, il suo essere signum contradictionis.

Abstract. In 1220, Frederick II was crowned with a new ordo formalized in a Decretal by Innocent III (1204). He had no priestly consecration, and he didn’t receive the bishop’s ring. Faced with these developments in theory and practice, Frederick was no longer the new David of a tradition not so ancient. Since the Gregorian revolution, the Holy Roman Republic had begun to dissolve, but the separation of temporal and spiritual sphere, in the XIII century, was still far away. Here is the drama of Frederick, his powerlessness, and ultimately, his being signum contradictionis.

([email protected])

36 De Monarchia, III 15. 37 G. falcO, La Santa Romana Repubblica. Profilo storico del Medioevo, Napoli 1942,

p. 241.