Modello costantiniano e regionalismo gallico nell'usurpazione di Magnenzio

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SOMMARIO

interventi

Laura Mecella, Publio Herennio Dexippo : osservazioni in margine ad una nuo- va edizione dei frammenti 9

città e campagne in sicilia e in magna grecia

Antonino Pinzone, Città e campagna nella Sicilia nord-orientale dall’età el- lenistica alla Tarda Antichità : considerazioni generali e casi particolari 35Elena Caliri, Città e campagna nella Sicilia tardoantica : massa fundorum ed istituto civico 51Umberto Roberto, Geiserico, Gaudenzio e l’eredità di Aezio. Diplomazia e stra- tegie di parentela tra Vandali e impero 71Daniela Motta, Santi-soldati nelle campagne siciliane : la vicenda di S. Nicone 87

gli storici, la storia

Giuseppe Giarrizzo, Le lezioni di un maestro. Un commento, un ricordo 107

saggi e studi

Luigi De Cristofaro, Tifeo nella Teogonia esiodea : confronto con Ullikummi ed Hedammu, rivali del dio della Tempesta 155Francesco Guizzi, Il re, l’amico, i Galati. Epistola inedita di Eumene II alla città di Tabai 181Silvia Marastoni, Il Decemvirato e la soluzione moderata nel decennio post-sil- lano 205Martin Bommas, Die Genese der Isis-Thermouthis im kaiserzeitlichen Ägypten sowie im Mittelmeerraum zwischen Aufnahme und Abgrenzung 221Laura Mecella, Pavnta me;n h\n a[narcav te kai; ajbohvqhta. Le città dell’Orien- te romano e le invasioni barbariche del iii secolo d.C. 241Milena Raimondi, Modello costantiniano e regionalismo gallico nell’usurpa- zione di Magnenzio 267Daniela Motta, Nerva nell’Epitome de Caesaribus 293Alessandro Bazzocchi, I miliari di Ravenna : nuove proposte di lettura 313Dario Nappo, Anastasio I, i duces e i commerciarii 329

note critiche

Giuseppe Squillace, La voce del vinto ? La lettera di Dario III ad Alessandro Magno a Marato nel 332 a.C. Nota a Diodoro XVII 39, 1-2 355

«mediterraneo antico», ix, 1, 2006

MODELLO COSTANTINIANO E REGIONALISMO GALLICO

NELL’USURPAZIONE DI MAGNENZIO

Milena Raimondi

L’usurpazione di Magnenzio (350-353 d.C.) pose fine alla diarchia costantinide di Costanzo II e Costante ed aprì un abbondante decennio di crisi politica

in Occidente che si chiuse solo con l’avvento al trono di Valentiniano I. 1 Al di là della sua durata relativamente breve (già sul finire del 351 con la battaglia di Mursa le sorti dell’usurpazione appaiono compromesse) e nonostante il suo sostanziale fallimento, il tentativo di Magnenzio di rimettere in discussione, in Occidente, la successione dinastica costantiniana si segnala anche come la prima ‘emergenza’ in Gallia dopo la fine dell’imperium Galliarum e la riorganizzazione tetrarchico-co-stantiniana. Tradizionalmente, pertanto, gli studi moderni hanno inserito l’usur-pazione nella duplice prospettiva della storia generale del iv secolo (in rapporto alla quale l’opposizione civile e militare coagulatasi attorno alla figura di Magnen-zio nascerebbe da un’opposizione a Costante e, più profondamente, alla politica costantiniana) e/o della sua dimensione regionale (per cui essa è stata variamente ricollegata o al classico tema del separatismo gallico, delle proclamazioni dell’im-perium Galliarum del iii secolo o ancora è vista come espressione di una politica « neogauloise »). 2

1 Sulle conseguenze dell’usurpazione e sull’instabilità politica dell’Occidente che ne seguì mi permetto di rinviare a M. Raimondi, Valentiniano I e la scelta dell’Occidente, Collana di storia greca e romana 5, Alessandria 2001, specialmente 101-105 di cui questo articolo approfondisce alcuni temi.

2 Per il collegamento con il separatismo gallico vd. ad esempio P. Bastien, Le monnayage de Magnen-ce (350-353), Wetteren 1983, nouv. éd., 10. A suo tempo C. Jullian, Histoire de la Gaule, viii, Paris 1926, 152-153 accostava la figura di Magnenzio a quella di Vindice e interpretava l’usurpazione come una rivolta nata dall’opposizione a Costante da parte dei capi militari di origine germanica dell’esercito, i quali desideravano un capo loro compatriota pur non essendo antiromani, ed anzi aspirando a vive-re come romani. Le istanze sociali della ribellione sono state sottolineate da S. Mazzarino, L’impero romano, ii, Roma 1973, 703 per il quale Magnenzio come semibarbarus aveva con sé non solo i dediticii ma gli humiliores in genere e che avvicina la sollevazione gallica contro Costante ai pronunciamenti gallici del III secolo. Per una politica « neogauloise » dell’usurpatore vd. J.-P. Callu, La dyarchie constan-tinide (340-350) : les signes d’évolutions, in M. Christol (éd. par), Institutions, société et vie politique dans l’Empire romaine au iv siècle ap. J.-C. Actes de la table ronde autour de l’œuvre d’André Chastagnol, Paris 1989, Rome 1992, 60-61. In generale sull’usurpazione di Magnenzio vd. I. Didu, Magno Magnen-zio. Problemi cronologici ed ampiezza della sua usurpazione. I dati epigrafici, CS 14, 1977, 11-56. Sviluppa il motivo di una generale ostilità alla politica di Costante nonostante i suoi successi militari S. Elbern, Usurpationen im spätrömischen Reich, Bonn 1984, 19-22, con riepilogo degli avvenimenti, e soprattutto 42-43. Una rapida sintesi, nella prospettiva del rinnovarsi del problema delle usurpazioni nell’impero della dinastia costantiniana, in R.M. Frakes, The Dynasty of Constantine Down to 363, in N. Lenski (ed. by), The Cambridge Companion to the Age of Constantine, Cambridge 2006, 100-103.

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Non che si registrino particolari novità rispetto a questo approccio, ma diversi studiosi hanno mostrato, anche nel contesto di studi di più ampio respiro, un rin-novato interesse per la vicenda. 3 Vi è chi ha sottolineato il fatto che Magnenzio avrebbe dato di sé e della propria politica un’immagine antitetica rispetto a quella del sovrano detronizzato e, più in generale, della dinastia di Costantino. 4 Altri hanno tentato di ridimensionare la dimensione gallica dell’usurpazione, negando l’origine barbarica (britanno-franca o letica) di Magnenzio, affermata dalle fonti, e interpretando, perciò, la sua ribellione in termini equivalenti alle proclamazioni militari del iii secolo : l’usurpatore dovette prendere le distanze non semplice-mente da Costante ma dall’intera storia costantiniana e il suo caso non è sostan-zialmente diverso da quello di un Diocleziano o di un Claudio II il Gotico, e cioè un imperatore soldato, di nascita pressoché oscura, eletto secondo modalità non eccezionali, e con tutti i requisiti per sembrare l’uomo migliore a cui affidare il trono d’Occidente. 5

D’altro canto, al centro delle nuove analisi della tradizione letteraria spiccano, ancora una volta, i temi politici, ideologici e religiosi che animarono lo scontro. 6 In questa direzione, davvero cospicui appaiono i riferimenti a Costantino messi in campo da Costanzo II : la battaglia di Mursa fu esplicitamente presentata come una riedizione della battaglia del Ponte Milvio 7 e fu accompagnata da una nuo-va ‘visione della croce’ ; 8 per via dell’affinità onomastica Massenzio e Magnenzio furono facilimente sovrapposti, mentre la localizzazione dello scontro in Illirico, nei dintorni di Cibalae, finì per ricordare anche la campagna di Costantino contro Licinio. 9 Ampio è lo sfoggio di motivi volti ad assimilare l’immagine di Costanzo II a quella del padre, 10 ma richiami a Costantino si colgono anche nella contro-

3 Cfr. J.F. Drinkwater, The Revolt and Ethnic Origin of the Usurper Magnentius (350-353) and the Rebelli-on of Vetranio (350), « Chiron » 30, 2000, 131-159 ; B. Bleckmann, Die Schlacht von Mursa und die zeitgenös-sische Deutung eines spätantiken Bürgerkrieges, in H. Brandt (hrsg. von), Gedeutete Realität. Krisen, Wirk-lichkeiten, Interpretationen (3.-6. Jh. n. Chr.), Historia Einz. 114, Stuttgart 1999, 47-101 che presuppone dello stesso autore Constantina, Vetranio und Gallus Caesar, « Chiron » 24, 1994, 29-68 ; infine l’ampio commento di I. Tantillo, La prima orazione di Giuliano a Costanzo, Roma 1997 che discute dettagliata-mente tutte le questioni connesse all’usurpazione. Dell’usurpazione si occupano anche il volume di R. Urban, Gallia Rebellis. Erhebungen in Gallien im Spiegel antiker Zeugnisse, Historia Einz. 129, Stuttgart 1999, 101-103 e E.D. Hunt, The successors of Constantine, in A. Cameron - P. Garnsey (ed. by), The Late Empire. A.D. 337-425, The Cambridge Ancient History, xiii, Cambridge 1998, soprattutto 10-11 e 14-22.

4 Così Tantillo, La prima orazione, cit., 41. 5 Drinkwater, The Revolt, cit., 131-159.6 Cfr. soprattutto i lavori, seppure diversi, di Tantillo, La prima orazione, cit., passim e di Bleck-

mann, Die Schlacht von Mursa, cit., 47-101.7 Cfr. Bleckmann, Die Schlacht von Mursa, cit., 58-64.8 H. Chantraine, Die Kreuzesvision von 351. Fakten und Probleme, ByzZ 86-87, 1993-1994, 430-441 ; G.

Weber, Kaiser, Träume und Visionen in Prinzipat und Spätantike, Historia Einz. 143, Stuttgart 2000, 296-298. 9 Bleckmann, Die Schlacht von Mursa, cit., 63-64.

10 Ultimamente Bleckmann, Die Schlacht von Mursa, cit., 63 e n. 71 ; H. Leppin, Constantius II. und Heidentum, « Athenaeum » 87, 1999, 459-461 ; vd. anche M. Raimondi, Costantinopoli e la politica militare nei discorsi di Temistio a Costanzo II (Or. iii e iv), MedAnt 5, 2002, 1-44. Si aggiunga il tema della ‘vittoria incruenta’ di Costanzo II su Vetranione celebrata da Temistio ma già utilizzato per Costantino : cfr. I. Tantillo, L’ideologia imperiale tra centro e periferie. A proposito di un ‘elogio’ di Costantino da Augusta Traiana in Tracia, RFIC 127, 1999, 81-83.

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usurpazione di Vetranione, 11 il quale impedì a Magnenzio di occupare l’Illirico e, seppur tra alterne vicende, finì per schierarsi dalla parte di Costanzo II. 12

L’intenso utilizzo di riferimenti all’esperienza di Costantino – cosa già peraltro nota – sollecita, però un ampliamento dell’indagine in relazione alla propaganda e all’immagine dell’usurpatore, rimaste, invece, piuttosto in ombra. Infatti è curio-so notare che, in apparente e parziale contrasto con l’idea che Magnenzio avrebbe fornito di sé un’immagine opposta a quella di Costante e della dinastia di Costan-tino o avrebbe voluto contrapporsi alla storia costantiniana, è stato nuovamen-te rilevato che anche l’usurpatore non esitò a ricollegare la propria esperienza a quella di Costantino. 13 Se il significato del cristogramma delle monete magnen-ziane ha dato adito a opinioni differenti anche per le attuali incertezze sulla fede religiosa di Magnenzio, 14 sono soprattutto le monete che propongono il tema tra-dizionale della libertas, che ha paralleli epigrafici, a riproporre un tema che nel iv secolo fu altrettanto utilizzato solo da Costantino. A dire il vero, lo aveva già a suo tempo messo in evidenza W. Kellner, 15 sottolineando il valore della monetazione collegata al motivo della libertas 16 ma intendendo il recupero magnenziano di Co-stantino in chiave religiosa, come testimonierebbero le monete con il simbolo cri-stiano. Sulla sua scia anche il Bastien, nella seconda edizione del suo volume sulla

11 Per le monete di Vetranione con la scritta IN HOC SIGNO VICTOR ERIS cfr. J.P.C. Kent, The Roman Imperial Coinage, viii, The Family of Constantine I, London 1981, 44, 344-345 (= RIC) che le inter-preta come segno di fedeltà a Costanzo e alla dinastia ; Bleckmann, Constantina, Vetranio und Gallus Caesar, cit., 47-48 fa notare come attraverso di esse Vetranione si richiamasse a Costantino soprattut-to in quanto egli doveva appartentere alla generazione dei commilitones Constantini ; lo stesso autore in Die Schlacht von Mursa, cit., 60-61 insiste sull’interesse di Costantina, ispiratrice dell’usurpazione, a ottenere la fedeltà dei soldati dell’Illirico ricordando loro la campagna di Constantino del 324 e le successive guerre costantiniane contro i barbari ; Drinkwater, The Revolt, cit., 151-152 vede in queste monete il miglior tentativo di Vetranione di spezzare l’esclusivo legame dei secondi Flavi con la divinità.

12 Sull’usurpazione di Vetranione vd. Bleckmann, Constantina, Vetranio und Gallus Caesar, cit., pas-sim e Die Schlacht von Mursa, cit., 60-61 per il quale tale usurpazione rappresenterebbe una sorta di compromesso dinastico tra Costanzo e l’ambiziosa sorella Costantina. La ricostruzione di Bleck-mann è contestata da Drinkwater, The Revolt, cit., 146-159. Per la tradizionale interpretazione secon-do cui l’appoggio dato da Costantina a Vetranione sarebbe l’espressione del tentativo di tutelare gli interessi dinastici della famiglia minacciati da Magnenzio vd. da ultimo Hunt, The successors, cit., 16.

13 Tantillo, La prima orazione, cit., 332.14 Di recente si è pronunciato per il cristianesimo di Magnenzio Tantillo, La prima orazione, cit., 41 ;

lo considera invece pagano H. Brandt, Geschichte der römischen Kaiserzeit von Diokletian und Konstantin bis zum Ende der konstantinischen Dynastie (284-363), Berlin 1998, 151-152. Sull’intera questione rinvio al classico J. Ziegler, Zur religiösen Haltung der Gegenkaiser im 4. Jh. n.Chr., FAS 4, Kallmünz Opf. 1970, 53-74. Zos. ii 46, 1 descrive la madre dell’usurpatore come mavnti~ ajlhqhv~ (per il confronto con la superstiziosa madre di Galerio in Lattanzio vd. Ziegler, Zur religiösen Haltung, cit., 63, n. 332) e Zon. xiii 8, 12 dice l’usurpatore dedito a pratiche magiche. In ogni caso, tra i sostenitori di Magnenzio, si ritrovano personaggi certamente cristiani come Silvano ed altri sicuramente pagani come Fabio Tiziano.

15 W. Kellner, Libertas und Christogramm. Motivesgeschichtliche Untersuchungen zur Münzprägung des Kaisers Magnentius, Karlsruhe 1968, che interpretava le monete con il cristogramma come tentativo dell’usurpatore di porre il suo regno sotto l’egida del dio che aveva aiutato il suo illustre predecesso-re. 16 Cfr. sul motivo della libertas anche Didu, Magno Magnenzio, cit., 19-20.

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monetazione magnenziana, ha insistito sul fatto che Magnenzio si proponeva un governo meno autoritario, rispettoso della libertà individuale e religiosa, in un quadro di tolleranza e con un ritorno alla situazione dell’età di Costantino. Per-tanto in relazione alla sua politica religiosa, il Bastien ne rileva l’opportunismo, vedendo anch’egli nelle monete con il simbolo cristiano il tentativo di rivolgersi al Dio cristiano, l’unico che poteva garantirgli la vittoria, e di garantirsi l’appog-gio delle comunità ortodosse della Gallia. 17 Se anche si abbandona la prospettiva religiosa di Kellner, la ripresa magnenziana di Costantino resta comunque ancora collegata esclusivamente allo slogan della libertas. Viene invece da chiedersi se la riproposizione da parte dell’usurpatore di questo motivo costantiniano, peraltro assai adatto al rinnovarsi dell’esperienza delle guerre civili, non sia solo una spia di un tentativo più ampio di riutilizzare e di riconfigurare, non senza qualche dif-ficoltà, il precedente costantiniano (o meglio, taluni suoi aspetti), in una sorta di imitatio Constantini che va ben al di là della ripresa di un unico motivo propagan-distico. Non si tratta, perciò, tanto di pensare ad un ritorno alla situazione dell’età di Costantino, ma di rileggere il tentativo dell’usurpatore nella prospettiva del suo rapporto con il modello di Costantino : mettere in luce taluni aspetti che caratte-rizzano tale ripresa permette di raccordare, su nuove basi, dimensione regionale e dimensione generale dell’usurpazione stessa.

a) Il discorso di Magnenzio alle sue truppe (Zos. ii 47, 3)

Nel quadro di una documentazione piuttosto carente per delineare le cause e le istanze autentiche dell’usurpazione, si è solitamente data importanza ai docu-menti epigrafici e numismatici. L’usurpatore appare in essi come liberator rei publi-cae, restitutor publicae libertatis o come conservator militum et provincialium 18 e ciò fa eco a quelle testimonianze letterarie che pongono tra le cause dell’eliminazione di Costante il generale sfavore dei militari o l’insofferenza dei provinciali per una austera politica fiscale e per la scelta poco oculata dei governatori. 19 Quanto alla singolare rappresentazione, sulle monete, di Magnenzio senza il diadema, simbo-lo dell’autocrazia costantiniana, essa alluderebbe alla volontà dell’usurpatore di

17 Cfr. Bastien, Le monnayage, cit., soprattutto 271-272 ; sul problema delle monete ‘cristiane’ è tornato C. Brenot, À propos des monnaies au chrisme de Magnence, in Christol (éd.par), Institutions, cit., 183-192 per il quale le ultime monete bronzee di Magnenzio sono da riferire ad una iniziativa diretta dei discepoli di Atanasio vicini al vescovo Paolino di Treviri.

18 Cfr. Didu, Magno Magnenzio, cit., 38 per CIL xiii 9135 proveniente dalla strada che collegava Colonia a Treviri e 45-47 con riferimento ai numerosi miliari italici dell’usurpatore con la seguente titolatura : liberator orbis Romani, restitutor libertatis et rei publicae, conservator militum et provincialium. Numerosi sono stati i ritrovamenti recenti in Italia con la medesima titolatura : cfr. AE 1997, n. 525 ; 1993, n. 712b ; 1992, nn. 379 ; 741, 783 ; 1987, n. 433 ;

19 Aur. Vict. Caes. 41, 23 : adhuc ministrorum pravitate execrabilis, atque praeceps in avaritiam despec-tumque militarium anno post triumphum decimo Magnentii scelere circumventus est ; Eutr. x 9, 3 : cum into-lerabilis provincialibus, militi iniucundus esset a factione Magnentii occisus esset. Per la corruzione nella nomina dei governatori vd. Epit. 41, 24 : si provinciarum rectores non pretio, sed iudicio provexisset.

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prendere le distanze da tale esperienza. 20 In questa stessa direzione andrebbero lette anche le monete della zecca di Roma con la scritta renobatio urbis Rome (sic), con le quali Magnenzio avrebbe voluto sottolineare il primato dell’antica capitale sulla nuova città di Costantino, 21 nonché disposizioni come quella che, in contrasto con la legislazione antipagana di Costantino e di Costante, autorizzò nuovamente i sacrifici notturni. 22 Ne emergerebbe dunque un sostanziale males-sere nei confronti della politica costantiniana a giustificazione di una propaganda e di provvedimenti da parte di Magnenzio opposti a quelli dei predecessori. 23

A fronte di questa ricostruzione che per la natura stessa delle nostra documen-tazione rischia di essere piuttosto sommaria, una posizione di rilievo occupa la tradizione di Zosimo/Eunapio che, pur con i consueti problemi che essa notoria-mente pone, conserva però alcune notizie riferibili al punto di vista dell’usurpa-tore. Zosimo dedica, infatti, all’usurpazione una sezione narrativa insolitamente ampia ed è opinione condivisa che vi sia alla base una tradizione bene informata, 24

20 Sull’assenza del diadema Callu, La dyarchie, cit., 60 ; P. Bastien, Le buste monétaire des empereurs romains, i, Wetteren 1992, cit., 47-48 vi scorge il desiderio di Magnenzio di tornare ad un governo che richiami l’inizio del principato in opposizione al sistema autoritario di Costante e Costanzo II ; Tantillo, La prima orazione, cit., 41.

21 Così Tantillo, La prima orazione, cit., 42. Sulle monete della zecca di Aquileia con la scritta LIBERATOR REI PUBLICAE cfr. Kent, RIC, viii, 325-326 ; Bastien, Le monnayage, cit., 265 le collega alla riconquista di Roma da parte dei magnenziani dopo la vittoria su Nepoziano ; Didu, Magno Ma-gnenzio, cit., 32-33 è incerto sul loro significato e dà loro il significato propagandistico di un generale rinnovamento, nel quadro del consolidamento tangibile del potere di Magnenzio su Roma,

22 Dell’abolizione del divieto di compiere sacrifici notturni siamo informati da CTh xvi 10, 5 con cui Costanzo abrogò, a sua volta, la legge di Magnenzio. Sulla complessa questione dei diversi prov-vedimenti di Costantino e dei figli a riguardo dei sacrifici pagani si vd. la discussione moderna in L. De Giovanni, L’imperatore Costantino e il mondo pagano, Napoli 2003, l’intero volume e soprattutto 161-172 per l’inquadramento di CTh xvi 10, 5. Per una rapida sintesi della politica religiosa di Costantino nei confronti del paganesimo vd. ora A.D. Lee, Traditional Religions, in Lenski (ed. by), The Cambridge Companion, cit., 159-179.

23 Più semplicemente, per A. Piganiol, L’empire chrétien, Paris 1947, 86 Magnenzio era un germano astuto che perseguiva una politica di compromesso.

24 Sull’importanza di Zosimo per la narrazione relativa all’usurpazione in generale F. Paschoud, Histoire nouvelle, i, Paris 2000, 2e ed., xxxi e per il problema delle fonti xlviii-xlix ; 272-273. A. Olivetti, Osservazioni sui capitoli 45-53 del libro ii di Zosimo e sulla loro probabile fonte, RFIC 43, 1915, 321-333 svilup-pando un’idea di Seeck, per il quale Zosimo aveva utilizzato un epos, ipotizzò che fonte di Zosimo fosse un poema di intonazione favorevole all’usurpatore e da identificare con l’opera della poetessa della famiglia degli Anici, Faltonia Proba, la quale, oltre al Cento che è conservato, aveva scritto anche un poema sul bellum tra Costanzo e Magnenzio. L’ipotesi dell’esistenza di un epos favorevole all’usur-patore utilizzato però non da Zosimo, ma dalla sua fonte Eunapio ha avuto una lunga fortuna : cfr F. Paschoud, Histoire nouvelle, i, Paris 1971, i, xlii e 260 e A. Baldini, Ricerche sulla storia di Eunapio di Sardi, Bologna 1984, 173-174 secondo cui tale ipotesi non è inverosimile, anche se la figurazione zosimiana di Magnenzio oscilla tra caratteristiche positive e negative. Fortemente critico Tantillo, La prima orazione, cit., 350-353 per il quale l’equazione « Zos. ii, 45-53 = panegirico imperiale » per Ma-gnenzio non è ammissibile, anche perché l’opera di Faltonia Proba, il cui marito Adelfio, praefectus urbi sotto Magnenzio era stato sospettato di aspirare alla porpora, doveva essere in realtà filocostan-ziana : cfr. anche J. Matthews, The Poetess Proba and Fourth Century Roma : Questions and Interpretation, in Christol (éd. par), Institutions, cit., 277-304. Il problema delle fonti di Zosimo è stato ripreso anche da Bleckmann, Die Schlacht von Mursa, cit., spec. 86-91 il quale propone di identificare la fonte di Zo-

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attenta a registrare le posizioni dei due contendenti 25 pur non essendo, nell’in-sieme, né filomagnenziana, né del tutto filocostanziana. In quanto tale, proprio Zosimo (ii 47, 3) riporta, in forma indiretta, la sintesi di un discorso tenuto da Magnenzio alle sue truppe, che è forse la migliore testimonianza della linea pro-pagandistica dell’usurpatore, al di fuori delle fonti numismatiche e epigrafiche. Una riconsiderazione di tale discorso, finora sottoutilizzato, permette di trarre indicazioni su cui vale la pena soffermarsi.

Narra Zosimo che giunto Magnenzio nei pressi di Siscia nel 351, Costanzo inviò al campo del nemico il prefetto del pretorio Flavio Filippo per trattare la pace, offrendo a Magnenzio il governo sui territori transalpini ed invitandolo a rinun-ciare all’Italia. Filippo si rivolse alle truppe dell’usurpatore ricordando i benefici che esse avevano avuto combattendo con Costantino contro i Germani, ma la trattativa fallì dopo che Magnenzio discusse con i suoi generali e tenne anch’egli un discorso davanti ai soldati che sortì l’effetto di convincerli alla guerra. Egli, in-fatti, riunì i soldati in assemblea e ricordò loro come Costante « si era comportato follemente come un ubriaco » verso di loro (Zos. ii 47, 3 : o{sa Kwnsta~ eij~ aujtou;~ ejparw/vnhse diexh/vei ; cfr. infra) e che tutti, non sopportando la grandezza delle ille-galità compiute contro lo stato, si erano fatti carico di difendere il bene comune, e, liberando le città da una belva malvagia, avevano conferito il regno a lui che non voleva (Zos. ii 47, 3). Mentre ancora diceva queste cose, tutti si alzarono per combattere (Zos. ii 48, 1). 26

Questo discorso presenta alcuni motivi tipici e topici dell’ideologia imperiale tardoantica, a partire dall’insistenza sull’elezione militare dell’usurpatore e sulla sua recusatio imperii, elementi che qualificano, come noto, il legittimismo costi-tuzionale anche nel iv secolo. 27 L’usurpatore proclama la legittimità della sua nomina e la attribuisce all’esercito, mentre è evidentemente oscurata la presunta illegalità della sua elezione avvenuta nel corso di un banchetto notturno presso il comes Marcellino a cui alludono varie fonti, compreso Zosimo. 28 A ciò si ag-giunge il richiamo all’unanimità dell’esercito che elegge Magnenzio e ne segue poi concordemente i propositi. Oltre a questi motivi chiaramente riconducibili al punto di vista dell’usurpatore, vi si ritrovano altri argomenti che sembrano autentici. Già, infatti, è stato notato che il tema della liberazione (ejleuqerwvsante~ de; ponhrou` qhrivou ta;~ povlei~) trova una importante corrispondenza nel motivo

simo, al solito, con Nicomaco Flaviano, mentre per quanto riguarda l’opera di Proba ritiene che si trattasse di un epos di tipo lucaneo pubblicato dopo la morte di Costanzo II. Ad una contaminazione tra Nicomaco e l’epos di Proba pensa ora, invece, Paschoud, Zosime, i, cit., 273.

25 Tantillo, La prima orazione, cit., 350-353.26 Zos. ii 47, 3-48, 1 : genomevnh~ hJmevra~ au\qi~ to; stravteuma sunageivra~, o{sa Kwvnstan~ eij~ aujtou;~

ejparw/vnhse diexh/vei, kai; o{pw~ oujk ejnegkovnte~ to; mevgeto~ w|n eij~ to; polivteuma parhnovmei pavnte~ ejpi; to; koinh/` lusitelou`n w{rmhsan, ejleuqerwvsante~ de; ponhrou` qhrivou ta;~ povlei~ aujtw/`` th;n basileivan ejpevqhkan a[konti. Tau`ta levgonto~ ejxanevsthsan a{pante~ eij~ to; polemei`n.

27 Cfr. in generale A. Pabst, Comitia imperii. Ideelle Grundlagen des römischen Kaisertums, Darmstadt 1997, che però non analizza il caso di Magnenzio. Più sinteticamente F. Heim, Vox exercitus, vox Dei : la désignation de l’empereur charismatique au iv siècle, REL 68,1990, 160-172. 28 Cfr. infra.

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della libertas che compare su epigrafi e monete. Altrettanto si può pensare di tutti gli altri motivi : folle comportamento « da ubriaco » di Costante verso i soldati e illegalità ai danni dello stato ; lotta per il bene comune ; liberazione delle città ; Co-stante « belva malvagia ». Zosimo ci pone senz’altro di fronte, pur nella sinteticità della notizia, ad un discorso che non si fatica a considerare espressione della linea dell’usurpatore, 29 un vero e proprio manifesto programmatico.

Nel complesso, i motivi cui fa riferimento Magnenzio sono apparentemente tradizionali e ricorrenti. Essi sono frequentemente attestati nella panegiristica im-periale o, ad esempio, nell’epigrafia o nella documentazione numismatica. Ciò vale per il tema della lotta per il bene comune o, anche, per la cura delle città. 30 Eppure proprio la già rilevata presenza di un tema, quello della libertas, che do-po Magnenzio non rintracciamo più sulle monete, ma che sembra essere stato utilizzato con eguale insistenza da Costantino, invita a non esaurire l’interpreta-zione del discorso dell’usurpatore nell’ambito della retorica imperiale. In effetti, è suggestivo osservare che l’intera allocuzione militare di Magnenzio è impostata su temi che, per quanto consueti, trovano tutti precise corrispondenze nella pro-paganda costantiniana.

In particolare, oltre ai motivi già sopra ricordati, si rilevano, nell’ordine :- L’ebrietas di Costante che affiora nel verbo ejparw/vnhse riferito al comporta-

mento del sovrano verso i soldati. Faccio notare che il passo è per lo più inteso in senso generico attribuendo al verbo paroinei`n il significato di « comportarsi in modo folle », o « comportarsi incovenientemente » 31. Tuttavia se si tiene presente che il significato principale e prevalente del verbo ha in sé l’idea di un comporta-mento indecente derivante dall’ubriachezza 32 diventa possibile accostare il passo di Zosimo a diverse testimonianze che attestano l’uso costantiniano del tema del-l’ebrietas : topico per i militari, 33 esso è caratteristico della presentazione negativa

29 Secondo Tantillo, La prima orazione, cit., 331 il discorso, forse in forma diretta nella fonte ori-ginale, sembra voler interpretare la gnome delle ragioni magnenziane ; Bleckmann, Die Schlacht von Mursa, cit., 86-87 annovera questo discorso tra quegli elementi della presentazione negativa di Ma-gnenzio, che contribuiscono a delineare il carattere filocostanziano della narrazione di Zosimo : il ri-tratto dell’usurpatore non è positivo, in quanto non è il ritratto di un comandante militare superiore poiché egli rende vana la proposta di pace di Filippo e spinge i suoi uomini alla guerra.

30 Tantillo, La prima orazione, cit., 329-332 (bene comune) e 384-391 (cura delle città) con riferimenti e bibliografia.

31 Paschoud, Zosime, cit., 119 traduce : « il fit le récit de toutes les inconvenances que Constant avait commis à leur égard ». Nel senso generico di « comportamento oltraggioso » anche Tantillo, La prima orazione, cit., 337. A suo tempo, però, Piganiol, L’empire chrétien, cit., 85, sulla base di questo passo, poneva tra i vizi di Costante il fatto che « il s’enivrait ». Stranamente Elbern, Usurpationen, cit., 19 e 42 ricorda tra le cause dell’usurpazione il vizio dell’alcol di Costante, ma cita solo la tarda testimo-nianza dell’Artemii Passio, 10.

32 Cfr. Thesaurus Graecae Linguae, vii, ed. anast., Graz 1954, 535 : « Ex ebrietate dico agove quae de-decent » ; H.G. Liddell - R. Scott, A Greek-English Lexicon, Oxford 1996 (ed. con nuovo supplemento), 1342 : « act like a drunken man » da cui gli usi traslati di « treat with drunken violence » e « maltreat, do violence ».

33 Cfr. F. Paschoud, Ebria sobrietas. De quelques géneraux amateurs de femmes et de vin, in Bonner Historia-Augusta Colloquium 1984/1985, Antiquitas 4, Bonn 1987, 185-196.

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dei nemici di Costantino, di Galerio e del suo accolito Severo, 34 e presuppone, co-me è ovvio, l’avvenuta sovrapposizione di « comportamento folle » e « ubriachez-za ». Tra l’altro, il motivo fu utilizzato anche nel corso della guerra tra Costantino II e Costante, evidentemente in un trasparente richiamo alle lotte paterne. 35 Non va perciò smarrita la pregnanza implicita in Zos. ii 47, 3 del riferimento al compor-tamento irrazionale dell’ubriaco e non vedo ragioni per limitare l’interpretazione di tale passo, privandolo così di una sfumatura significativa, tanto più che l’ebrietas di Costante risulterebbe pienamente rispondente, nell’ottica dell’usurpatore, alla natura bestiale che, come vedremo, gli è attribuita, e che contrasta con l’ideale del sovrano temperante e sobrio, legittimamente eletto a cui si richiama qui indiret-tamente Magnenzio.

- La presentazione di Costante come « belva malvagia » (Zos. ii 47, 3 : ponhrou` qhrivou), anch’essa di trasparente ascendenza costantiniana, dato che l’epiteto di bestia ricorre ad esempio per Galerio, 36 l’empio e barbaro nemico di Costantino e dell’impero, e nella forma pressoché sinonimica di belua per il suo modello Mas-simino il Trace. 37

- La preoccupazione per le città, che pur qualificando tradizionalmente l’im-magine imperiale e pur essendo utilizzata da parte dei sostenitori di Magnenzio in polemica anticostantiniana, 38 è comunque documentata per lo stesso Costan-tino. 39 Del resto, se si attribuisce a Costante una natura bestiale e un’attitudine

34 Ebrietas di Galerio in Anon. Vales. i, Origo Constantini Imperatoris 4, 11 : Igitur Galerius sic ebriosus fuit, ut cum iuberet temulentus ea, quae facienda non essent, a praefecto admonitus constituerit, ne iussa eius aliquis post prandium faceret. Per Severo, Lact. DMP 18, 2 : Illumne saltatorem temulentum ebriosum, cui nox pro die est et dies pro nocte ; Anon. Val. i, 4, 9 : Severus Caesar ignobilis et moribus et natalibus, ebriosus et hoc Galerio amicus. Il motivo dell’ubriachezza è applicato anche a Massimino Daia in Eus. HE viii 14, 11 ; Aur. Vict. Caes. 40, 19 ; Epit. 40, 9. Ulteriori riferimenti e discussione del tema in V. Neri, Medius Princeps. Storia e immagine di Costantino nella storiografia latina pagana, Bologna 1992, 214-218.

35 Cfr. Epit. 41, 21 : Constantinus latrocinii specie, dum incautus foedeque temulentus in aliena irruit, ob-truncatus est. Il tema è giustamente rilevato, ma non approfondito, da M. Festy, Pseudo-Aurélius Victor. Abrégé des Césars, Paris 1999, 196 che si limita ad osservare il fatto che solo l’Epitome de Caesaribus conserva notizia dell’ubriachezza di Costantino II.

36 Cfr. Lact. DMP 9, 2 e 25,1 su cui cfr. J. Moreau, Lactance. De la mort des persécuteurs, ii, Paris 1954, 255 con rilievi per l’uso lattanziano in rapporto ai persecutori.

37 Per lo sviluppo costantiniano del motivo si veda l’analisi di G. Zecchini, Dall’imperium Daci-scum alla Gothia : il ruolo di Costantino nell’evoluzione di un tema politico e storiografico, in G. Bonamen-te - F. Fusco (a cura di), Costantino il Grande dall’Antichità all’Umanesimo, ii, Macerata 1993, 926-928.

38 Cfr. Zos. ii 49, per l’ambasceria a Costanzo II nel corso della quale Tiziano pronunciò discorsi ingiuriosi verso Costantino e i suoi figli (o}~ kata; Kwnstantivnou kai; tw`n ejx aujtou` gegonovtwn a[topa polla; sumforhvsa~) e rinfacciò a Costante l’incuria verso le città (th;n tw`n povlewn ajpwvleian th/` peri; th;n ajrch;n ajnaqei;~ ejkmeleiva/). Il tema del benessere delle città si ritrova anche in altri passi di Zosimo : ii 37, 3 ; ii 34, 2 ; ii 38, 4 ; iv 29 ; iv 32, 2-3 ; iv 59, 3 su cui cfr. Paschoud, Zosime, cit., 131-132 con ulteriori rimandi. In particolare per le critiche a Costantino di aver provocato l’impoverimento delle città con la sua politica fiscale il noto passo di Zos. II 38, 4. All’ambasceria di Tiziano e alle sue offese alla fami-glia di Costantino alluderebbero anche Iul. Or. 2, 96 a ; Them. Or. 2, 62 c ; 6, 80 c ; 7, 97 c.

39 Cfr. ad esempio la dedica africana dell’insigne senatore romano Hilarianus a Costantino cele-brato come Conditori adque amplifi/catori totius orbis Romani sui / ac singularum quarumque / civitatum statum adque / ornatum liberalitate / clementiae suae augenti di CIL viii 1179 pubblicata anche da T. Grünewald, Constantinus Maximus Augustus, Historia Einz. 64, Stuttgart 1990, 199, numero 119 con

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all’ubriachezza ne risulta un’immagine così lontana da quella del civilis princeps amante delle città e del benessere dei cittadini che diventa un semplice corollario l’insistenza sul tema delle città.

Dunque, anche se di per sé i singoli motivi che si sono fin qui individuati non sono una creazione costantiniana, certo l’insieme del discorso dell’usurpatore pare davvero costruito attorno a temi particolarmente cari al Costantino delle guerre civili. In ogni caso, in virtù del precedente costantiniano, essi non poteva-no più essere usati in modo del tutto neutro o topico. Anche senza voler eccedere in ragionamenti di tipo sillogistico, una conferma dell’utilizzo ‘costantiniano’ di questi topoi è offerta dalla contropropaganda di Costanzo che li riutilizza per de-nigrare Magnenzio. 40 Una menzione particolare merita ad esempio la presenza, nella testimonianza celebrativa del retore costantinpolitano Temistio, del medesi-mo verbo zosimiano paroinevw in relazione al comportamento dell’usurpatore. 41 Poiché la volontà di Costanzo di richiamarsi a padre è, in questa circostanza, più che esplicita, il ricorso ai medesimi argomenti sia da parte di Magnenzio sia ad opera di Costanzo 42 non si spiega semplicemente con un utilizzo esteriore di una identica orchestrazione retorico-propagandistica né in uno scambio di battute a botta e risposta, ma denota più profondamente la centralità del ruolo di Costan-tino nella loro ridefinizione.

Se leggiamo il discorso di Magnenzio in questa prospettiva, a voler essere pre-cisi, manca, però, almeno in Zos. ii 47, 3, il motivo tipicamente costantiniano del tyrannus 43 e la esplicita classificazione del nemico come barbaro, temi obsoleti ma sempre tra loro correlati.

Per quanto riguarda il primo aspetto – la qualifica di tyrannus – vale la pena di richiamare Zos. ii 42, 1 secondo il quale l’usurpazione fu originata dall’insop-portabile tirannide di Costante nei confronti dei sudditi (pa`san ajfovreton uJper-

ulteriori indicazioni. Il motivo compare nell’iscrizione di Orcistus in Frigia (i, ll. 13-16) : cfr. A. Cha-stagnol, L’inscription constantinienne d’Orcistus, MÉFRA 93, 1981, 386. In genere, sull’immagine tra-dizionalistica di Costantino come promotore del benessere delle città vd. ultimamente S. Mitchell, The cities of Asia Minor in the age of Constantine, in S.N.C. Lieu - D. Monteserrat (ed. by), Constantine. History, historiography and legend, London-New York 1998, specialmente 52-54.

40 Magnenzio belva malvagia : cfr. Athan. Apol. ad Const. 9 ; ubriachezza : Iul. Or. 3 (ii), 6 ma so-pratt. nota seguente.

41 Them. Or. 2, 38 B commentando il suicidio di Magnenzio : w/| qavnato~ ejf∆ oi|~ ejparw/vnhsen h\n ajnagkai`o~, che R. Maisano, Discorsi di Temistio, Torino 1995, 203 traduce : « il quale avrebbe meritato la morte per i suoi folli misfatti » ; 4, 56 C per il pericolo di saccheggi e distruzioni, da parte del-l’usurpatore, a Costantinopoli la città oijkeiotavth/ kai; suggenestavth/ tw`n despotw`n eij~ ou}~ ejxemavnh kai; ejparw/vnhsen, tradotto da Maisano, Discorsi, 249 : « a colei che è più intimamente legata ai signori contro i quali egli infuriava ».

42 Sull’utilizzo da parte di Magnenzio e di Costanzo di identitici argomenti vd. Tantillo, La prima orazione, cit., 331.

43 Cfr. in generale V. Neri, L’usurpatore come tiranno nel lessico politico della Tarda Antichità, in F. Paschoud - J. Szidat (hrsg. von), Usurpationen in der Spätantike, Historia Einz. 111, Stuttgart 1997, 71-86 ; T.D. Barnes, Oppressor, persecutor, usurper : the meaning of ‘tyrannus’ in the fourth century, in G. Bonamente - M. Mayer (a cura di), Historiae Augustae Colloquium Barcinonense, Bari 1996, 55-65. Cfr. però anche Grünewald, Constantinus, cit., 64-71.

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ballovmeno~ turannivda). Il passo riflette una tendenza chiaramente favorevole all’usurpatore (del tutto coerente con la nota ostilità verso Costantino e i suoi figli dell’autore e della sua fonte Eunapio), ma il contesto narrativo e la presenza del motivo della tirannide ricorrente anche altrove in Eunapio/Zosimo lasciano aperto qualche dubbio sull’attribuzione del motivo direttamente all’usurpatore o alla rielaborazione letteraria compiuta dallo storico o dalle sue fonti.

Elementi più chiari affiorano invece per il secondo motivo. Costante non era certo un barbaro, ciò che si poteva piuttosto dire dell’usurpatore. La celebrazione del trionfo sui Franchi, la spedizione in Britannia, la lotta contro gli Alamanni ne facevano, per giunta, il perfetto erede delle tradizioni militari di famiglia. 44 Anzi, alcuni autori antichi, anche non immediatamente legati ad esigenze celebrative, sottolineano l’assenza di pericoli barbarici durante il regno di Costante, tanto è vero che la stessa critica moderna ha notato che l’usurpazione magnenziana non sembra essere stata determinata da una cattiva gestione della difesa dei confini. 45 Eppure anche Costante non sfuggì ad una caratterizzazione filobarbarica, che ri-sale ultimamente alla tradizione favorevole all’usurpazione. Si è già detto del mo-tivo dell’ebrietas, tradizionale attributo dei barbari amanti del vino, e dell’epiteto di « belva malvagia » che ci introduce nella sfera della bestialità connaturata al loro mondo. Soprattutto, però, non può essere taciuta l’accusa di rapporti omosessuali con giovinetti barbari che le fonti antiche pongono tra le cause dell’usurpazione.

44 Manca una aggiornata monografia su Costante per cui ci si deve tuttora riferire, per la rico-struzione del regno, a studi di carattere generale quali i classici Piganiol, L’empire chrétien, cit., 78-81 e 85 e E. Stein - J.R. Palanque, Histoire du Bas-Empire, i, Bruges 1959, 133-134 entrambi ostili. Una sintesi dei problemi principali si trova ora in Hunt, The successors, cit., 5-11 attento prevalentemente alla politica religiosa. L’articolo di E. Garrido Gonzales, Observaciones sobre un emperador cristiano : Fl. Jul. Costante, « Lucentum » 3, 1984, 261-278 si occupa del periodo antecedente la lotta con Costantino II. Sulla spedizione britannica di Costante vd. di recente P.L. Malosse, Qu’est donc allé faire Constant Ier en Bretagne pendant l’hiver 343 ?, « Historia » 48, 1999, 465-476. Sottolinea i rapporti tra la Britannia e la dinastia costantiniana Callu, La dyarchie, cit., 59 ; sulla spedizione britannica vd. dello stesso autore Le “De Bello Iudaico” du Pseudo-Hégésippe : essai de datation, in Bonner Historia-Augusta Colloquium 1984-1985, cit., 130-132. La ripresa da parte di Costante del modello militare paterno sembra documentata dall’iscrizione (Augustus Constans dat laeta decennia victor/spondens om(i)nibus ter tricennalia faustis) del nuovo piatto dei decennali di Costante scoperto nel tesoro di Kaiseraugst su cui A. Kaufmann-Heinimann, Eighteen new pieces from the late Roman silver treasure of Kaiseraugst : the first notice, JRA 12, 1999, 339-341 e il commento di H. Heinen, Zum Verständnis des Textes auf der neuen Decennalien-Platte des Constans aus Kaiseraugst, ZPE 132, 2000, 291-294 che insiste sui rapporti tra la nuova iscrizione dei decennali di Costante e passi dei Panegyrici Latini in onore di Costantino. L’esaltazione della virtus in hostes di Costante che eguaglia quella paterna si ritrova nella dedica ostiense di Avianio Simmaco su cui L. Gasperini, Dedica ostiense di Aurelio Avianio Simmaco all’imperatore Costante, MGR 13, 1988, 242-250 e le precisazioni di G.A. Cecconi, Avianio Simmaco, Costante e l’andamento delle carriere senatorie nel tardo impero (in margine all’interpretazione di AE 1988, 217), SDHI 62, 1996, 343-355. Sui complessi rap-porti con Costanzo W. Portmann, Die politische Krise zwischen den Kaisern Constantius II. und Constans, « Historia » 48, 1999, 301-329.

45 L’assenza di pericoli barbarici durante il regno di Costante è sottolineata da Epit. 41, 24 e ricono-sciuta da Callu, La dyarchie, cit., 58-59 ; Hunt, The successors, cit., 6-7. Didu, Magno Magnenzio, cit., 21 ritiene invece che tra i motivi della fine ingloriosa di Costante sia da porre anche il venir meno delle sue primitive capacità militari.

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È per l’appunto ancora Zosimo (ii 42, 1) a ricordare esplicitamente che Costante aveva lasciato lo stato in balia di barbari « di bell’aspetto » (barbavrou~ eujproswvpou~) che egli acquistava e teneva tra gli ostaggi e ai quali permetteva di fare tutto ciò che volessero, finendo in tal modo per attirarsi l’ostilità generale dei popoli da lui governati. 46 Ammiano Marcellino riserva solo una vaga allusione ai vizi di Costante, 47 ma Aurelio Vittore insiste molto chiaramente sul motivo di rapporti omosessuali con pueri barbari 48 e, analogamente, anche la tarda narrazione di Zonara ricorda gli amori maschili (e la vita dissoluta) del giovane sovrano. 49 Può anche sembrare singolare la coincidenza tra le accuse di omosessualità rivolte a Costante e il fatto che proprio a Costante risalga un provvedimento contro l’omo-sessualità. 50 Di per sé non vi è alcun collegamento nelle fonti in questo senso ed è semmai interessante notare che la legislazione di Costante contro l’omosessualità si potrebbe anche collocare, in qualche modo, sulla linea della legislazione pater-na. 51 Ma al di là dell’effettiva attendibilità delle insinuazioni sulla omosessualità del sovrano, tale accusa appare piuttosto significativa dal punto di vista che ci inte-ressa. È noto che di per sé l’omosessualità è comportamento attribuito ai barbari da una consolidata tradizione etnografica classica, cosicché già la semplice accusa di essere omosessuale finisce per presentare Costante come un sovrano che ha assunto comportamenti del tutto affini. Se poi si aggiunge che Costante nelle sue inclinazioni omosessuali privilegiava giovinetti barbari, non stupisce l’insistenza di un moralista come Aurelio Vittore che vede in questo vizio del sovrano il segno della degenerazione morale e della decadenza di Roma, e ne fa, indirettamente, il compimento del profetico prodigio occorso nel 248 d.C. a Filippo l’Arabo, che gli aruspici dell’epoca interpretarono come presagio della rovina dei posteri. 52 Dun-

46 Secondo Paschoud, Zosime, cit., la versione di Zosimo è contraddittoria nell’affermazione che gli ostaggi venivano acquistati. 47 Amm. Marc. xvi 7, 5.

48 Aur. Vict. Caes. 41, 24 : Quarum [i. e. externarum gentium] obsides pretio quaesitos, pueros venustiores, quod cultius habuerat, libidine huiuscemodi arsisse pro iusto habetur. L’ipotesi che Aurelio Vittore attinga alla stessa fonte di Zos. ii 42, 1 è sostenuta da Neri, Medius princeps, cit., 41.

49 Zon. xiii 5, 15 : kajkeino~ eij~ ajllokovtou~ ejkkulisqei;~ e[rwta~ kai; ejkdedih/thmevnhn zwhvn e xiii 6, 8 ove si ricorda che Costante si dedicava ai piaceri della caccia e eij~ u{la~ ejgkateduveto meta; tw`n peri; aujto;n meirakivskwn kai; nenanivskwn, oi} ejkeivnw/ dia; kavllo~ sunelevgonto kai; w/jkeivwnto ejkallwpivzontov te periergovteron kai; livcnoi~ h\san ojfqalmoi`~, ajkolasiva~ ejmpuvreuma, kajkeivnw/ ejtuvgcanon, wJ~ levge-tai, paidika;. Sull’omosessualità di Costante e sull’amore per la caccia torno più ampiamente in altra sede. 50 CTh ix 7, 3 ; Callu, La dyarchie, cit., 55, n. 67.

51 Un provvedimento costantiniano contro la prostituzione maschile, limitatamente al divieto di prostituzione in luoghi pubblici, citato in Hier. In Es. i 2, 5-6 (che lo esalta come segno dei tempora christiana) è stato segnalato solo di recente da V. Neri, I marginali nell’Occidente tardoantico. Poveri, ‘infames’ e criminali nella nascente società cristiana, Bari 1998, 214.

52 Aur. Vict. Caes. 28, 3-7 riferisce il prodigio androgino dell’apparizione nel ventre di un maiale maschio di organi genitali femminili a seguito del quale : Id haruspices solutionem posterorum portendere vitiaque fore potiora interpretati (28, 5). Per non cedere al prodigio, Filippo l’Arabo, vedendo per caso davanti ad un bordello un giovane che assomigliava al figlio, prese provvedimenti per sopprimere la prostituzione maschile. Il passo di Aurelio Vittore trae spunto dalla sdegnata constatazione della mancata celebrazione dei ludi saeculares sotto il consolato di Filippo nel 348 (su cui cfr. anche infra n. 60). Per l’ipotesi che il prodigio manifestatosi a Filippo sia da porre in relazione all’omosessualità di

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que il motivo dell’omosessualità di Costante, più ancora che banale « hostile fol-cklore » 53, si presta ad essere ricondotto ad una caratterizzazione di Costante del tutto coerente con l’impianto propagandistico che si è individuato nel discorso conservato da Zosimo. È significativo che Costantino prese provvedimenti contro la prostituzione maschile 54 ed è ancor più significativo, per il nostro discorso, che proprio Costantino doveva aver trovato modo di attribuire al suocero Massimia-no un comportamento affine a quello rinfacciato a Costante : il passo più chiaro sull’omosessualità di Massimiano è rintracciabile in Aurelio Vittore, che potrebbe anche avere una qualche corrispondenza in Lattanzio. 55 Anche su questo piano, perciò, la denigrazione di Costante parrebbe costruita secondo uno schema ben individuabile e che ci permette di concludere che Magnenzio, nel promuovere una immagine di sé opposta a quella del principe detronizzato, non fece altro che riutilizzare contro Costante il modello di un princeps rispettoso dei mores romani che Costantino aveva saputo abilmente riplasmare e sul quale aveva costruito le sue fortune.

Dalla narrazione di Zosimo si è dunque ricavato un dato importante per la no-stra conoscenza dell’usurpazione : la fonte di Zosimo/Eunapio nel passo in que-stione ci presenta un Magnenzio che parla integralmente il linguaggio di Costan-tino, o meglio del Costantino delle guerre civili, ed ha il pregio, diversamente da quanto sappiamo da altre categorie di fonti, di restituirci tale rappresentazione in modo ben strutturato, seppure entro i limiti della sintesi del discorso. Il confronto con altre notizie letterarie o con informazioni provenienti da altri tipi di fonte conferma l’autenticità degli argomenti del discorso riferito da Zosimo, ma rivela al contempo, specie nelle fonti letterarie, una sostanziale dispersione e frammen-tazione dell’impostazione originaria della linea dell’usurpatore, di cui noi coglia-mo, presso i vari autori, ora l’uno ora l’altro aspetto delle critiche rivolte a Costan-

Costante cfr. l’analisi di V. Neri, Costantino nei Caesares di Aurelio Vittore, in Bonamente - Fusco (a cu-ra di), Costantino il Grande, ii, cit., 709-711 e dello stesso autore Medius princeps, cit., 40 che riprende ed amplia lo studio di S. Montero, Aurelio Victor y la adivinacion, ASNP s. iii, 17, 1987, 989-1000 e propone di vedere un riferimento a Costante anche nell’interpretazione di un altro prodigio che alluderebbe all’omosessualità di Gallieno sempre riferito da Aur. Vict. Caes. 32, 3-4.

53 Così Hunt, The successors, cit., 10 che osserva come in questo contesto è ironica la legge di Co-stante contro l’omosessualità. 54 Cfr. supra.

55 Cfr. Aur. Vict. Caes. 39, 46 : Quippe Herculius libidine tanta agebatur, ut ne ab obsidum corporibus quidem animi labem comprimeret. P. Dufraigne, Aurelius Victor. Livre des Césars, Paris 1975, 189, n. 51 rinvia a Lact. DMP 8, 5 : iam libido in homine pestifero non modo ad corrumpendos mares, quod est odiosum et detestabile, verum etiam ad vilandas primorum filias. L’accostamento tra i due passi di Aurelio Vittore e Lattanzio è proposto anche da Moreau, Lactance, ii, cit., 253. È da segnalare tuttavia che il mares di Lact. DMP 8, 5 è frutto di una proposta di emendazione della lezione tradita mores. Accetta mares J.L. Creed, Lactantius. De mortibus persecutorum, Oxford 1984, 14 e 90 che fa notare come l’accusa di omosessualità sia meno grave per uno scrittore cristiano rispetto a quella di violazione delle vergini. L’emendazione del passo di Aurelio Vittore è accolta anche nella traduzione di H.W. Bird, Liber de Caesaribus of Sextus Aurelius Victor, Liverpool 1994, 45-46. L’omosessualità di Massimiano è richiamata, in parallelo a quella di Costante, da Callu, La dyarchie, cit., 55 che però non sviluppa il problema.

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te. Escludo pertanto che la presentazione di Magnenzio come restitutor o liberator mirasse a stabilire contatti e rapporti con Costanzo II e Vetranione. 56 Dietro di essa sembra esserci piuttosto una più ampia ripresa del modello di Costantino, di cui l’usurpatore riattualizza alcuni temi propagandistici. Naturalmente Zos. ii 47, 3, per come l’abbiamo analizzato, non coglie e/o non privilegia una carat-terizzazione localistica dell’usurpazione, né dal punto di vista politico (presunte rivendicazioni galliche), né sul piano sociale. Anche se ciò non significa negare uno specifico background socio-politico gallico, al momento però le indicazioni tratte da Zos. ii 47, 3 sollecitano una riflessione su caratteristiche e limiti di quella che appare una vera e propria imitatio Constantini.

Sgombrerei subito il campo da un’impostazione equivoca del problema. Pen-sare che richiamandosi a Costantino l’usurpatore si proponesse un ritorno sic et simpliciter alla politica del suo illustre predecessore (o addirittura intendesse faci-litare l’accordo con Costanzo) è evidentemente riduttivo : alcune notizie relative all’usurpazione sembrano portare nella direzione opposta e, non a caso, esse sono state interpretate come espressione di una opposizione occidentale a Costantino e alla sua dinastia. 57 In effetti, taluni provvedimenti dell’usurpatore sembrano pren-dere le distanze dalla politica costantiniana (o dei figli), ad esempio l’abolizione da parte di Magnenzio del divieto di compiere sacrifici notturni. Se un provvedimen-to di questo tipo appare in contrasto con le misure di Costante e del padre, non si può non notare che l’irrigidimento della politica religiosa di Costantino su questo tema – ammesso poi che si sia effettivamente realizzato – appartiene almeno al periodo successivo alla vittoria su Licinio. Qualcosa del genere si può dire anche per il motivo della renovatio urbis Romae. Che da un punto di vista occidentale, quale dovette essere quello di Magnenzio, ciò significasse una rivalutazione del-l’antica capitale in polemica con la fondazione di Costantinopoli non esclude che anche per Costantino doveva esistere un giudizio a lui favorevole che gli attribuiva il rinnovamento di Roma di cui si fa portavoce Aurelio Vittore, non a caso in un periodo di poco successivo all’usurpazione. 58 Ponendosi come nuovo Augusto d’Occidente e ricercando l’accordo con Costanzo, anche per via matrimoniale, 59

56 Così Hunt, The successors, cit., 16.57 Cfr. soprattutto Neri, Costantino nei Caesares di Aurelio Vittore, cit., 706.58 Aur. Vict. Caes. 41, 17 commentando il disappunto del popolo romano per il funerale a Costan-

tinopoli di Costantino : Quod sane populus Romanus aegerrime tulit, quippe cuius armis, legibus, clementi imperio quasi novatam urbem Romam arbitrarentur, su cui Neri, Medius princeps, cit., 52-53 secondo cui Aurelio Vittore, pur riprendendo il tratto encomiastico della sua fonte, ne indebolisce il significato attribuendo l’esaltazione dei meriti di Costantino al solo popolo romano. Per una tradizione pro-fondamente diversa dei rapporti tra il popolo di Roma e Costantino confluita in Libanio (Or. 20, 24 ; 19, 19) oltre che naturalmente in Zos. ii 29 vd. A. Fraschetti, La conversione. Da Roma pagana a Roma cristiana, Bari 1999, 93-94 a cui rimando per l’intera questione e per gli ulteriori riferimenti bibliogra-fici. Il tema è trattato di recente anche da H.-U. Wiemer, Libanios und Zosimos über den Rom-Besuch Konstantins I. im Jahre 326, « Historia » 43, 1994, 467-494.

59 Secondo Petr. Patr. fr. 16 FHG nel corso dell’ambasceria per giungere ad un accordo tra Ma-gnenzio, Vetranione e Costanzo II, fu avanzata la proposta, da parte degli ambasciatori di Magnen-zio, di un matrimonio tra l’usurpatore e la sorella di Costanzo II, Costanza (nota dalle altre fonti

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Magnenzio, non poteva, almeno nella fase iniziale, contestare esplicitamente l’azione di Costantino per la fondazione di Costantinopoli, semmai poteva rivalu-tare la suddetta tradizione, rivendicando ora a sé il rinnovamento dell’antica ca-pitale. La renovatio urbis Romae magnenziana poteva dunque far leva su un deter-minato aspetto della fortuna di Costantino, non prevalente, ma opportunamente rivalutato (e da rivalutare come indica Aurelio Vittore) in quegli ambienti che, forse, con il tempo, non avevano particolarmente gradito taluni atteggiamenti, quanto meno distaccati, del giovane Costante. 60 I due esempi sono espressione di

come Costantina, poi andata in sposa al cesare Gallo). D’altro lato, siamo informati da Iohan. Ant. fr. 187 FHG del matrimonio tra Magnenzio e la giovanissima Giustina (futura moglie di Valentiniano I), la quale vantava ascendenze costantiniane ed era imparentata con la famiglia di Gallo. Sull’appar-tenenza di Giustina alla famiglia di Costantino attraverso Giulio Costanzo vd. il classico J. Rougé, La pseudo-bigamie de Valentinien I, CH 3, 1958, 5-15 e più di recente Fr. Chausson, La genealogia dell’impera-trice Giustina, RAC 74, 1998, 538-539 e Frakes, The Dynasty, cit., 96-97.

60 Quanto ai rapporti tra Costante e Roma, in genere si presume che Costante abbia incontrato l’ostilità dell’aristocrazia senatoria pagana a causa della sua politica religiosa che vide già nel 341 una più rigida persecuzione dei culti pagani : così Hunt, The successors, cit., 7. Per A. Chastagnol, La préfec-ture urbaine à Rome sous le Bas-Empire, Paris 1960, 416-419 le misure antipagane di Costante non ebbero effetto a Roma e la rottura dei rapporti risalirebbe piuttosto al 347 quando la prefettura passò dalle mani delle grandi famiglie romane a quelle di senatori (pagani) costantinopolitani. Che almeno nei primi anni del regno di Costante la famiglia dei Simmachi, imparentata con il prefetto del pretorio di Costante Fabio Tiziano, fosse in buoni rapporti con il governo è sostenuto da Cecconi, Avianio Simmaco, cit., soprattutto 346-347 il quale non condivide la posizione di Gasperini, Dedica ostiense, cit., 249-250 che ha ipotizzato una caduta in disgrazia di Avianio, all’avvento di Costante, per prece-denti simpatie verso Costantino II. La diffidenza dell’aristocrazia pagana emergerebbe comunque anche dalle critiche di Aur. Vict. Caes. 28, 2 per la mancata celebrazione dei ludi saeculares segno del progressivo disinteresse per la città di Roma : mea quoque aetate, post mille centesimus consule Philippo excessit, nullis, uti solet, solemnibus frequentatus : adeo in dies cura minima Romanae urbis. È da notare che nella discussione tardoantica sulla celebrazione dei ludi saeculares [su cui G. Zecchini, Feste e identità : dai ludi saeculares ai natali di Roma, in A. Barzanò - C. Bearzot - F. Landucci - L. Prandi - G. Zecchini (a cura di), Identità e valori. Fattori di aggregazione e fattori di crisi nell’esperienza politica antica, Roma 2001, 195-208], mentre la tradizione orientale, e segnatamente Eunapio, critica la mancata celebrazione dei ludi da parte di Costantino, assumendo per il conteggio le celebrazioni di Settimio Severo (così anche l’egiziano Claudiano), nella tradizione occidentale senatoria, e cioè in Aurelio Vittore ed indirettamente nella Historia Augusta, Costantino non riveste importanza alcuna poiché il calcolo si basa sul millenario di Filippo l’Arabo e dunque il problema è spostato su Costante. La prospettiva della tradizione occidentale e senatoria è tra l’altro caratteristica anche del Cronografo del 354. Quanto all’ipotesi che Costante abbia visitato Roma nel 340 sostenuta da T.D. Barnes, Constans and Gratian in Rome, HSCP 79, 1975, 327-328, essa sembra un po’ debole, dato che si basa : a) su una no-tizia dell’Artemii Passio derivata probabilmente da Filostorgio (secondo cui Costante stava visitando Roma quando Costantino II lo attaccò) che è comunque cronologicamente errata poiché Costante, all’epoca, si trovava certamente a Naisso come risulta da CTh xii 1, 29 e X 10, 5 ; b) sulla dedica a Co-stante di Avianio Simmaco, prefetto dell’annona (ILS 726) la quale, come riconosce lo stesso Barnes, è comunque testimonianza ancor più congetturale (anche perché la data non è chiara). Un viaggio a Roma nel 348, anche se non vi furono festeggiamenti, è proposto, seppure in modo consapevolmen-te ipotetico, da Hunt, The successors, cit., 5. L’ipotesi di un adventus di Costante a Roma, per lo meno nel 340 è forse poco conciliabile con il fatto che, secondo il Cronografo del 354, proprio nel maggio del 340, subito dopo la fine della lotta con Costantino II, il PVR Tiziano guidò una delegazione da Roma a Aquileia (MGH AA ix = Chr. Min. I 68), si ipotizza per congratularsi con il vincitore Costante : se l’imperatore fosse stato atteso a Roma non vi sarebbe stata stretta necessità di un’ambasceria a Aqui-

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un giudizio articolato e complesso sull’evoluzione della figura di Costantino nella generazione successiva, per cui determinati provvedimenti dell’usurpatore posso-no in definitiva sembrare al tempo stesso una ripresa di Costantino o una conte-stazione degli esiti della sua politica. Ciò non è indifferente anche per poter giu-dicare la natura più o meno strumentale dell’azione dell’usurpatore di fronte alla necessità di raccogliere e consolidare il consenso, dato che l’usurpazione incontrò senz’altro quelle resistenze che sfociarono nelle controusurpazioni di Nepoziano a Roma e di Vetranione in Illirico. Di per sé dunque, non su questo piano si presta-no ad essere discusse le implicazioni della testimonianza di Zosimo anche perché nulla ci testimonia che Magnenzio abbia esplicitamente fatto menzione del nome di Costantino. Del resto l’usurpatore, come nuovo Augusto non legittimato su basi dinastiche, non poteva di per sé rivendicare un rapporto diretto con Costan-tino, il quale aveva indirettamente avallato e rimodellato il principio dinastico per cui l’impero era divenuto patrimonio ereditario ed esclusivo dei Costantinidi. 61 Inoltre, ricercando l’accordo con Costanzo II difficilmente egli poteva sbilanciarsi in una contestazione esplicita della figura di Costantino, tanto è vero che anche i toni apparentemente più duri utilizzati dai fautori di Magnenzio nei confronti di Costantino e della sua dinastia – e prontamente raccolti da un autore come Zosimo – appartengono, per quanto ne sappiamo, al periodo in cui la trattativa era ormai compromessa e le sorti dello scontro sembravano, per giunta, favore-voli all’usurpatore. Semmai non restava che tornare, nell’ottica dell’usurpatore, al primo Costantino, e, in effetti, l’impressione che si ricava da quanto si è fin qui visto è quella di un utilizzo, solo apparentemente contraddittorio, dell’esempio di Costantino per contestare l’opera sua e, soprattutto, del figlio.

Tornando perciò a Zos. ii 47, 3, un primo livello di osservazione del problema è senz’altro fornito dal contesto della testimonianza dello storico, cioè quello del-l’esercito cui il discorso è destinato. Se noi spostiamo infatti la nostra attenzione sui rapporti Magnenzio-esercito, è interessante che Zosimo conservi un discorso dell’usurpatore all’esercito impostato nel modo che abbiamo tentato di chiari-re, poiché gli argomenti individuati dovevano essere ben noti a quei capi militari che avevano incoraggiato e sostenuto l’usurpatore. Il caso più eclatante e per noi meglio attestato è quello del generale franco Silvano cui Magnenzio affidò il co-mando della cavalleria e che fu senz’altro uno dei principali sostenitori dell’usur-pazione, prima di defezionare a Costanzo. Si è spesso indicato nell’origine franca di Silvano un elemento importante per chiarire in quali ambiti militari Magnenzio ebbe successo. Magnenzio come Silvano altro non sarebbero che barbari insediati su suolo romano i quali raggiungono alti comandi militari, rivendicano creden-

leia, ricordata oltretutto solo da una fonte come il Cronografo che invece avrebbe avuto maggiore interesse a dar notizia di una visita imperiale alla città.

61 I. Tantillo, “Come un bene ereditario” : Costantino e la retorica dell’impero-patrimonio, AnTard 6, 1998, 251-264, soprattutto 259, con ampia analisi del tema e bibliografia precedente ; sulla poltica dinastica Frakes, The Dynasty, cit., 91-98.

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ziali per aspirare al trono e rappresentano perciò un nuovo prototipo di individui capaces imperii. 62 In linea generale ciò non solleva problemi, nonostante le ingiu-stificate riserve di chi contesta l’origine etnica barbarica/letica di Magnenzio, che non vi è ragione di negare anche se proviene da fonti dichiaratamente filocostan-ziane. Ma alla luce di quanto si è detto, andrà richiamata l’attenzione sulla notizia di Ammiano Marcellino da cui sappiamo che Silvano era figlio di un capo franco, Bonito, che era stato a fianco di Costantino durante la lotta contro i liciniani, nella quale si era distinto per valore. 63 Al di là dunque della sua estrazione franca e della sua appartenenza a quell’élite dei cosiddetti barbari ‘imperiali’, desiderosi di fare carriera nell’esercito romano e addirittura, come proprio sappiamo per Silvano, di conseguire il consolato, Silvano ben conosceva i temi ‘costantiniani’ di Ma-gnenzio, che a questo punto acquistano una certa consistenza. Del resto il rappor-to con Costantino e la sua famiglia è documentato per lo stesso Magnenzio. 64 Si tenga presente l’età dell’usurpatore : se egli all’epoca dell’usurpazione aveva una cinquantina d’anni (Epit. 42, 6), anch’egli, più e meglio del più giovane Silvano, era stato testimone delle lotte dell’età di Costantino. Silvano come Magnenzio so-no barbari sostanzialmente ‘integrati’ nell’esercito costantiniano e, a prescindere dalla loro origine barbarica, rappresentano quei ceti militari occidentali che erano stati determinanti nell’ascesa dello stesso Costantino e con cui il giovane Costan-te si trovò a fare i conti. Può essere che, in realtà, anche Magnenzio, come più tar-di Silvano, abbia ottenuto l’appoggio dell’esercito grazie a compensi economici o donativi, 65 ma ciò non sminuisce l’importanza di un’elaborazione di temi che si presentano più che rispondenti alle sfere militari che diedero vita all’usurpazione. Se si osserva quindi la vicenda nel suo aspetto militare, alla base dell’usurpazione di Magnenzio vi è indubbiamente il più ampio problema, che per noi resta nei dettagli largamente oscuro, dei rapporti tra Costantino e l’esercito che l’aveva portato al trono, 66 della posizione e delle aspettative dei suoi capi militari all’indo-mani della sua morte e soprattutto delle relazioni tra questi e i figli di Costantino. In questo contesto, l’impostazione propagandistica, che abbiamo rilevato nel di-scorso alle truppe, non è per nulla generica. Essa, tuttavia, diventa ancor più inte-ressante se consideriamo la dimensione regionale gallica dell’usurpazione. E ciò per due ordini di motivi facilmente intuibili : a) anche considerando la vicenda sul piano esclusivamente militare, soprattutto l’usurpazione militare di Vetranione in Illirico rivela la genesi ultimamente gallica del tentativo di Magnenzio, anche

62 Hunt, The successors, cit., 14-15.63 Amm. Marc. xv 5, 33 : licet patris quoque Boniti praetenderet fortia facta, Franci quidem sed pro Con-

stantini partibus in bello civili acriter contra Licinianos saepe versati.64 Iul. Or. 1, 34 a.65 Sui donativi di Magnenzio vd. P. Bastien, Monnaie et “donativa” au Bas-Empire, Wetteren 1988, 21.66 Sul problema dei rapporti clientelari tra Costantino e il suo esercito che sarebbero molto im-

portanti per lo sviluppo dei comitatenses vd. la discussione di J.-M. Carrié - S. Janniard, L’armée romaine tardive dans quelques travaux récents, AnTard 8, 2000, 322.

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se essa non può essere affrontata semplicisticamente applicando all’usurpazio-ne le tradizionali categorie del separatismo gallico, dato che l’usurpatore non si presentava certo come un Augusto semplicemente gallico né, nella tradizione storiografica, sono le istanze regionali e locali ad alimentare le rivendicazioni ma-gnenziane ; b) proprio in Gallia Costantino, dopo la sua ‘elezione-usurpazione’ in Britannia, aveva trascorso gli anni delle guerre civili e qui aveva posto le basi della sua affermazione non solo militare. Diventa allora interessante tentare di chiarire come abbia agito un usurpatore, in Gallia, dopo Costantino.

b) Augustodunum

L’importanza della dimensione gallica dell’usurpazione emerge, come si è detto, già dalle difficoltà incontrate da Magnenzio in Italia ed in Illirico. A Roma, subito alla notizia della proclamazione di Magnenzio, fu elevato al trono Nepoziano, fi-glio di una sorella di Costantino. Nepoziano fu prontamente eliminato dalle forze magnenziane, ma anche così l’autorità dell’usurpatore fu piuttosto traballante : la prefettura urbana, affidata a personaggi che l’avevano già rivestita, vide avvi-cendamenti insolitamente rapidi e uno dei prefetti, Adelfio, imparentato con la prestigiosa famiglia degli Anici, fu sospettato di tramare contro Magnenzio. L’ari-stocrazia senatoria non sembra essersi fino in fondo compromessa con l’usurpa-tore, offrendo anzi, al momento opportuno, la propria collaborazione a Costanzo II. 67 Quanto all’Illirico, Magnenzio non solo non fu in grado di prevenire l’usur-pazione di Vetranione, ma, anche nel momento in cui sembrava nelle condizioni di invadere con successo la regione, non andò oltre un temporaneo e ambiguo accordo che avrebbe dovuto costituire la base di una trattativa, poi fallita, per una tripartizione dell’impero tra lui, Vetranione e Costanzo. 68

Pertanto, anche in conseguenza dell’incapacità dell’usurpazione a radicarsi al di fuori dalla prefettura gallica, il funzionariato magnenziano è pressoché ignoto e i pochi nomi conosciuti hanno fatto pensare che Magnenzio si sia appoggiato ad uomini di provenienza oscura. 69 Essi ci riconducono all’area gallica, sia a livello

67 Per lo scarso appoggio dell’aristocrazia senatoria nei confronti di Magnenzio si esprime L. Cracco Ruggini, « Felix temporum reparatio ». Realtà socio-economiche in movimento durante un ventennio di regno (Costanzo II Augusto, 337-361 d.C.), in L’Église et l’empire au ive siècle, Entretiens Hardt, xxxiv, Vandœuvres-Genève 1989, spec. 212-218 ma già in precedenza Chastagnol, La Préfecture, cit., 420. Ha invece sostenuto l’ipotesi che molti senatori dovettero porsi dalla parte di Magnenzio R. Lizzi Testa, Senatori, popolo, papi. Il governo di Roma al tempo dei Valentiniani, Bari 2004, 44-48, 394 la quale comun-que sottolinea l’esistenza di diversi clans senatorî che rimasero dalla parte di Costanzo. Le amnistie concesse da Costanzo II sono ricordate da Iul. Or. i 38 bc ; ii 58bc e 97 b ; per l’‘esodo’ del senato verso Costanzo in Pannonia soprattutto Iul. Or. i 38 c. Cfr. Tantillo, La prima orazione, cit., 363-369.

68 Petr. Patr. fr. 16 FHG.69 R. Delmaire, Les usurpateurs du Bas-Empire et le recrutement des fonctionnaires (Essai de réflexion

sur les assises du pouvoir et leurs limites), in Paschoud - Szidat (hrsg. von), Usurpationen, cit., 111-116 e in part. 115 : Magnenzio si è appoggiato in gran parte su uomini oscuri e sconosciuti, tranne che per l’amministrazione di Roma per la quale comunque la rapida rotazione di prefetti urbani denuncia un malessere evidente nell’Urbs.

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militare, sia a livello civile : per Marcellino, già comes rerum privatarum di Costante e vero regista del complotto, 70 alcuni studiosi moderni hanno ipotizzato un’origi-ne gallica 71 e su di lui torneremo più oltre. Per la prima ambasceria a Costanzo II, l’usurpatore si servì di due vescovi filoatanasiani della Gallia. 72 Il senatore Nune-chio inviato successivamente come ambasciatore presso Costanzo II, per trattare la pace, parrebbe portare un nome attestato prevalentemente nell’area gallica. 73 Infine, è significativo che l’unico vero esponente dell’aristocrazia senatoria di Ro-ma schieratosi in prima linea a fianco di Magnenzio, cioè Fabio Tiziano, vantasse stretti rapporti con la Gallia, dato che egli vi aveva per ben dieci anni rivestito la prefettura del pretorio. 74 Quanto al consolato, le indicazioni sono molto limita-te : Magnenzio si affiancò inizialmente un militare di probabile estrazione franca, suo complice nell’uccisione di Costante, Gaiso, 75 e poi, nel 352 e nel 353, il Cesare Decenzio, 76 suo parente. 77 Certo tra i fautori dell’usurpatore si possono rintrac-ciare alcuni nomi non di per sé legati alla realtà gallica (il caso più interessante è rappresentato dal pannonico Graziano maior, padre del futuro imperatore Valen-tiniano I), 78 ma gli artefici della ribellione ci riportano oltre che ad alti ufficiali dell’esercito di Costante a funzionari civili e palatini – come appunto Marcellino

70 Le fonti sul personaggio sono riunite in PLRE i, 546. In seguito Marcellino fu magister officiorum dell’usurpatore. Per il problema della carica rivestita da Marcellino al momento dell’usurpazione, comes sacrarum largitionum o comes rei privatae, R. Delmaire, Les responsables des finances au Bas-Empire romaine (ive-vie s.). Études prosopographiques, Bruxelles 1989, 32-33 che opta dubitativamente per la seconda.

71 M. Heinzelmann, Gallische Prosopographie, « Francia » 10, 1982, 644 seguito da H. Sivan, Ausonius of Bordeaux. Genesis of a Gallic Aristocracy, London-New York 1993, 18-19 e173, n. 60 ; Delmaire, Les responsables, cit., 32 non ritiene impossibile che Marcellino fosse originario di Autun, dove scoppiò l’usurpazione, dato che questa città non è una residenza imperiale abituale e che Costante non si trovava lì al momento della rivolta.

72 Cfr. Athan. Apol. ad Const. 9. Si tratta di Servazio di Tongres e di Massimo, due vescovi cattolici, che Atanasio ricorda come sue sostenitori nel Concilio di Colonia del 346.

73 Sul personaggio vd. PLRE i, 635 per l’ipotesi che fosse prefetto del pretorio dell’usurpatore sulla base di Petr. Patr. fr. 16 FHG, che lo qualifica come sugklhtiko;~ u{parco~. La cauta ipotesi di una pro-venienza dall’area gallica (cfr. Heinzelmann, Gallische Prosopographie, cit., 658) può essere sostenuta sulla base di alcuni fatti : alla pressoché totale assenza di personaggi con questo nome in età antica (un Nunechius è attestato in CIL xiii 3869=ILCV 3681 b da Augusta Treverorum e una Nunechia in ICUR vi 15627=ILCV 4130 da Anagni) fa seguito l’attestazione di una Nunechia del v secolo, moglie del britannico Geronzio, il comes e magister utriusque militiae di Costantino III (PLRE ii, p. 788) e soprattutto di diversi personaggi di età merovingia che portano il nome affine di Nonnichius/Nun-nichius, menzionati in Gregorio di Tours : vi ritroviamo un Nonnichius parente del vescovo della civitas Namnetica Felice a cui successe per ordine del re franco Chidelberto (Hist. vi 15 e viii 43 a) e suo figlio (Hist. viii 43 a) ; un Nunnichius/Nonnichius comes di Limoges (Hist. ii 22).

74 Cfr. PLRE i, 918-919 : già console nel 337 e prefetto urbano a Roma negli anni 339-341, divenne subito dopo prefetto del pretorio in Gallia per il decennio successivo.

75 PLRE i, 380 : console nel 351, era stato inviato con le truppe a uccidere Costante.76 PLRE i, 244 e 1044.77 Sull’esatto grado di parentela, fratello o cugino, vd. B. Bleckmann, Decentius, Bruder oder Cousin

des Magnentius, « Göttinger Forum für Altertumswissenschaft » 2, 1999, 85-87 (non vidi).78 Raimondi, Valentiniano I, cit., 19-22.

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o anche Tiziano – che dovevano aver stretto particolari rapporti con l’area gallica, dove cioè la corte di Costante aveva risieduto per lunghi periodi. 79

79 Tra i fautori di Magnenzio è stato da alcuni annoverato [O. Seeck, Delphidius, RE iv.2, Stuttgart 1901, col. 2403 ; PLRE i, 246 e Heinzelmann, Gallische Prosopographie, cit., 591], anche il retore e avvo-cato gallico Attius Tiro Delphidius, oratore di grande fama, appartenente ad una famiglia dell’Are-morica, di discendenza druidica ma altamente romanizzata, trapiantata a Bordeaux e con contatti anche a Roma (sulla famiglia dati e bibliografia in Sivan, Ausonius, cit., 91-93). L’ipotesi è stata però contestata, ritenendo più probabile un coinvolgimento con l’usurpatore Procopio : così Sivan, Auso-nius, cit., 92 ma già R.P.H. Green, Prosopographical notes on the family and friends of Ausonius, BICS 25 1978, 23 e A.D. Booth, Notes on Ausonius’ Professores, « Phoenix » 32, 1978, 236-239. Poiché Gerolamo pone il floruit del personaggio nel 355 e sappiamo anche che Delfidio, nel 358, accusò, alla presenza di Giuliano Cesare, il governatore della Narbonense Numerio (o Numeriano) (il caso è analizzato da H. Sivan, Numerian the intellectual. A Dynastic Survivor in Fourth Century Gaul, RhM 136, 1993, 360-365), si è ricavato, sulla base della presunta allusione a questa vicenda in Aus. Prof. 5, 19-23 (felix, quietis si maneres litteris / opus Camenarum colens / nec odia magnis concitata litibus / armaret ultor impetus / nec inquieto temporis tyrannici / palatio te adtolleres), che l’adesione alla causa di un usurpatore sia successiva al processo e ciò porterebbe dunque a Procopio e non a Magnenzio. Inoltre si è fatto no-tare che si unirono a Procopio due Galli, Eufrasio e Fronimio, institutis bonarum artium spectatissimi (Amm. Marc. xxvi 7, 4), che furono, poi, il primo rimandato in Gallia e il secondo deportato nel Chersoneso Tracico in quanto ex-fautore di Giuliano. Per quanto riguarda Delfidio, egli sarebbe stato, comunque, perdonato in virtù dei meriti del padre e si sarebbe poi ritirato dall’attività forense, per dedicarsi all’insegnamento a Bordeaux. Il problema merita alcune considerazioni. Innanzitutto sembrano insostenibili le argomentazioni del Green, Prosopographical notes, cit., 33 che per spiegare gli eventuali rapporti tra Procopio e Delfidio adduce le credenze druidiche, cioè pagane, di quest’ul-timo, che lo avrebbero avvicinato a Procopio, un usurpatore pagano parente di Giuliano. In realtà, al di là dell’ostentata discendenza druidica del nonno che fu sacerdote del tempio del dio celtico Beleno, moglie e figlia erano sicuramente cristiane, perché subirono la triste sorte dei Priscilliani eliminati da Magno Massimo. Inoltre, anche la caratterizzazione pagano-giulianea dell’usurpazio-ne di Procopio, che comunque nulla avrebbe a che fare con il druidismo, appare oggi sempre più riduttiva : cfr. sul problema M. Raimondi, Temistio e la prima guerra gotica di Valente, MedAnt 3, 2000, 660-662 con bibliografia precedente. Posto poi che l’adesione di Delfidio alla causa di un usurpatore (sia esso Magnenzio o Procopio) non dovette essere così nota al di fuori del mondo gallico, se è vero che Ammiano Marcellino, pur ricordando la vicenda del processo, non fa comunque menzione del coinvolgimento del personaggio in un’usurpazione (né nell’uno, né nell’altro caso, dunque, Delfidio dovette evidentemente rivestire cariche di particolare rilievo), l’ipotesi di rapporti tra Delfidio e Ma-gnenzio (e non Procopio) non deve essere scartata a priori. Infatti, la testimonianza di Ausonio non è così perspicua, sul piano cronologico, nel senso di una rigida successione tra le vicende a cui si allude con l’ultor impetus (si presume il fallimento del processo a carico di Numeriano) e il tentativo di Del-fidio di far parte del palatium di un usurpatore. Se davvero Aus. Prof. 5, 19 allude al processo contro Numeriano, il collegamento tra le due vicende (processo e adesione all’usurpazione) potrebbe an-che essere ripensato, in senso inverso, riconsiderando proprio il fallimento della cause celèbre contro Numeriano, fallimento causato dal fatto che lo stesso Giuliano, alla cui presenza si svolse l’udienza, appoggiò il governatore. È stato osservato che Delfidio sperava, con tale processo, di trovare un at-tento interlocutore in Giuliano, del quale è ampiamente nota l’azione contro il malgoverno a danno dei provinciali durante il cesarato gallico. Questa osservazione è però di per sé incompleta poiché è particolarmente significativo proprio l’impegno di questo prestigioso personaggio a sostenere la causa dei provinciali in un periodo di poco successivo all’usurpazione magnenziana : dato che tra le cause dell’eliminazione di Costante le fonti ricordano lo scontento dei provinciali, ne ricaviamo che Delfidio sembrerebbe dar voce, anche dopo la fine dell’usurpazione, alle medesime richieste che evidentemente avevano favorito l’ascesa di Magnenzio. Allora credo si debba riflettere nuovamente sul fallimento del processo, a quanto sembra proprio per l’intervento in prima persona di Giuliano il quale biasimò la durezza dell’accusa e la volontà dell’accusatore di ottenere la condanna senza

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Tuttavia, più ancora che a queste scarse informazioni che si ottengono con l’indagine prosopografica, l’attenzione va, a mio avviso, posta soprattutto sulla proclamazione augustodunense di Magnenzio, che più di ogni altro aspetto qua-lifica l’usurpazione nella sua dimensione regionale.

Secondo la testimonianza di alcuni autori antichi, Magnenzio venne acclamato imperatore nel gennaio del 350 nella città di Augustodunum. 80 La proclamazio-ne davanti all’esercito e agli abitanti della città 81 avvenuta all’alba, sarebbe stata preceduta da una proclamazione notturna e ‘privata’ favorita da una festa appo-sitamente organizzata per il natalis del figlio di Marcellino. Vi avrebbero preso parte capi militari e diverse personalità e nel corso di essa Magnenzio, allora alto ufficiale della guardia imperiale, dopo cena e a notte inoltrata, si presentò ai con-vitati indossando la porpora imperiale, dando così il via alla ribellione che portò, di lì a pochi giorni, all’uccisione del sovrano, precipitosamente rifugiatosi in una piccola località dei Pirenei. 82 Da quanto risulta dalle nostre fonti, sia il banchet-to organizzato da Marcellino sia la proclamazione militare sono da localizzare a Augustodunum. Non si conosce invece con precisione dove si trovasse Costante al momento dell’usurpazione ; comunque, egli non doveva trovarsi a Augustodu-num, dato che le fonti antiche offrono una ricostruzione degli avvenimenti diffi-cilmente conciliabile con l’ipotesi della presenza della corte e di Costante nella suddetta città.

La scelta di Augustodunum per la proclamazione di Magnenzio è stata in gene-re, e anche di recente, spiegata con l’ipotesi che la città fosse trascurata a favore di Treviri e dunque la proclamazione a Autun adombrerebbe una sorta di rivalità tra l’antica capitale degli Edui e la nuova capitale di frontiera, cioè Treviri. Autun avrebbe appoggiato l’usurpatore essendo stata oscurata dalla supremazia di Tre-viri. 83 Sul problema specifico è tornato di recente il Drinkwater, il quale rifiutan-do l’idea di una contrapposizione Treviri-Autun ha sottolineato l’importanza di Autun, che vantava un rapporto privilegiato con la dinastia dei secondi Flavi e che perciò era il miglior luogo per dar inizio alla rivolta, anche perché Treviri dovette restare fedele alla dinastia regnante, come rivela il successivo rifiuto ad accogliere Decenzio. 84 Questo studioso non indaga però ulteriormente il problema e, per di più, si basa sulla convinzione, assai improbabile, che al momento della rivolta

prove. Viene da chiedersi se tra le cause, e non tra le conseguenze, di tale fallimento non debbano essere poste proprio le simpatie di Delfidio per l’ignoto usurpatore, che verrebbe ad essere pertanto Magnenzio e non Procopio. Tra l’altro, va notato che l’accusato, Numerio/Numeriano, apparteneva forse ad una delle famiglie più in vista della Gallia Narbonense, quella che aveva dato i natali agli imperatori Caro, Carino e Numeriano (vd. su questo aspetto Sivan, Numerian the intellectual, cit., 360-365) e dunque ben si comprenderebbero sia l’intervento assolutorio di Giuliano, sia eventuali vendette locali a danno di Delfidio e la sua successiva emarginazione dall’attività forense.

80 Sulla località informano Hier. Chron. 237 Helm ; Zos. ii 42, 4 ; Zon. xiii 6, 2 che situa la scena ejn Aujgustouvlw/ th`/ povlei.

81 Sottolinea il ruolo e l’unanimità degli abitanti di Autun Zos. ii 42, 4.82 Alle fonti citate alle note precedenti si aggiungano anche Aur. Vict. Caes. 41, 23 ; Eutr. x 9, 3 ;

Epit. 41, 22. 83 Hunt, The successors, cit., 10-11. 84 Amm. Marc. xv 6, 4.

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Costante si trovasse a Autun forse per il periodo natalizio, la qual cosa dimostre-rebbe l’onore in cui era tenuta la città e smentirebbe pertanto l’ipotesi che Autun si sentisse trascurata.

Lasciamo, al momento, da parte la posizione di Treviri, sulla cui evoluzione non siamo bene informati. Dato che, per un verso, la rivolta contro Decenzio appartiene ad un momento piuttosto avanzato dell’usurpazione, per l’altro, la zecca della città sembra essere una delle zecche principali del nuovo Augusto fin dall’inizio della sua ribellione, 85 possiamo semmai dedurre che nella capitale re-nana dovette sorgere una certa insofferenza nei confronti dell’usurpazione e che, anche se la città aderì inizialmente alla rivolta, probabilmente non qui Magnenzio ebbe i suoi più fedeli sostenitori.

Consideriamo qualche altro elemento fornito dalle notizie antiche :1) La proclamazione ad Autun presuppone l’esistenza di agganci locali da parte

degli organizzatori del complotto. Se infatti il comes Marcellino organizzò ad Au-tun la festa in onore del figlio, invitandovi autorità civili e militari, evidentemente egli doveva intrattenere rapporti con personaggi del luogo. Ho già ricordato che vi è chi ha attribuito un’origine gallica a questo personaggio anche se non vi sono esplicite attestazioni in tal senso. 86

2) Sostegno convinto all’usurpazione dovette venire anche dalla città di Lione, dove ebbe termine l’avventura di Magnenzio. Siccome le fonti antiche concordano nel collocare a Lione il suicidio in extremis dell’usurpatore, dopo la sua definitiva sconfitta nella battaglia presso il vicino Mons Seleucus, 87 questa città fu senz’altro l’ultima roccaforte gallica dove Magnenzio, asserragliandosi, pensava di resistere e dove dunque doveva avere, o sperava di avere, sicuri appoggi.

Questi elementi consentono, a mio avviso, di circoscrivere almeno un’area ben precisa, ruotante attorno alle città di Autun e della vicina Lione, l’area che nella riforma amministrativa dioclezianea andò a costituire la Lugdunense I, 88 ma che era il cuore dell’antica Lugdunense. Qui dovrebbe pertanto essere individuata un’area sicuramente solidale con l’usurpatore, se non addirittura l’epicentro ori-ginario della ribellione.

Ora, tra le due città, cioè Lione e Autun, è senz’altro la prima città di maggiori dimensioni e importanza politico-amministrativa. Lo rivelano le indicazioni con-

85 Cfr. Kent, RIC, viii, 132 anche per le monete con l’arcaica titolatura imperiale di Caesar nella scritta IM CAE MAGNENTIUS AVG.

86 Cfr. Sivan, Ausonius, cit., 173, n. 61 per la quale la scelta di Autun, il coinvolgimento negli eventi da parte di Marcellino e il facile sostegno che questo fu in grado di ottenere dagli abitanti indicano forse il suo elevato status locale, basato forse su proprietà. Essa si stupisce però della mancata me-moria del popolo di Autun per la resistenza della città di 80 anni prima, quando la città fu attaccata dall’usurpatore Vittorino e dalle forze dell’imperium Galliarum, ma si mantenne fedele a Roma.

87 Magnenzio temendo di essere abbandonato o di essere consegnato al nemico si suicidò a Lione il 10 agosto del 353 : Eutr. x 12, 2 ; Epit. 42, 6 ; Zos. II 53, 3 (che però non cita Lione) ; Zon. xiii 9, 2-5 ; Chron. Min. i, 238.

88 Dati sintetici in Sivan, Ausonius, cit., 14-16 ; T.D. Barnes, The New Empire of Diocletian and Con-stantine, Cambridge Mass.-London 1982, 201-208 e 217-218.

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tenute ad esempio nella Notitia Galliarum dove compare prima la metropolis civitas Lugdunensium e poi la civitas Aeduorum (p. 84). La proclamazione dell’usurpatore ad Augustodunum deve dunque riflettere una scelta deliberata, che non può es-sere ridotta ad una presunta rivalità con Treviri. Al tempo stesso, anche l’impor-tanza storica dell’antica capitale degli Edui non sarebbe giustificazione sufficiente se non si tenesse conto del rilancio costantinide del ruolo della città, un rilancio che, come noto, valorizzò, per voce soprattutto dei panegiristi, le tradizioni gal-loromane e lealiste.

Famosi passi dei Panegyrici Latini attestano gli speciali rapporti tra Costantino (e il padre Costanzo) e Autun. L’anonimo retore augustodunense, che pronunciò nel 312 (o forse più probabilmente nel 311) un panegirico in onore di Costantino, ringrazia l’imperatore per la sua recente visita alla città e per la concessione di benefici economici e fiscali, 89 e ricorda tra l’altro una ridenominazione di Autun con il nome di Flavia Aeduorum di cui non si trova traccia altrove. 90 In generale, da Costanzo Cloro a Costantino i termini della questione possono essere così ricapitolati. Già in seguito alla vittoria di Costanzo su Carausio e Alletto, nel 298, il retore Eumenio rispolverò l’antico tema della fraternitas degli Edui 91 e presen-tò la spedizione britannica del tetrarca come una riedizione, ma di gran lunga superiore, dell’impresa di Giulio Cesare. A quanto apprendiamo dal panegirico di Eumenio, fu proprio Costanzo Cloro a ripopolare la città e a provvedere alla sua ricostruzione edilizia dopo le devastazioni seguite alle traumatiche vicende in cui si trovò coinvolta la città al tempo dell’imperium Galliarum. Su questa strada ebbe buon giuoco Costantino. Non ci si limitò però più a rivendicare solo l’antica alleanza tra Roma e gli Edui. 92 Il già citato panegirista del 312 celebrò i rapporti tra il capostipite della nuova dinastia Claudio II il Gotico e la città, ricordando come Autun, incalzata dalla ribellione dell’imperium Galliarum, si fosse mantenuta fede-le a Roma richiedendo l’aiuto di Claudio il quale, se non fosse prematuramente morto, ben volentieri sarebbe accorso a salvarla. 93 L’episodio storico non ha bi-sogno di ulteriori analisi. Ciò che qui interessa maggiormente richiamare è l’in-terpretazione retrospettiva che ne risulta. Il retore offre infatti una versione tutta

89 Il panegirico sarebbe stato pronunciato il 25 luglio del 311 o, meno probabilmente, il 31 marzo del 312 : sulla questione cronologica e per le indicazioni sulla visita di Costantino alla città cfr. C.E.V. Nixon - B. Rodgers, In praise of later roman emperors. The Panegyrici Latini, Berkeley-Los Angeles-Oxford 1994, 255-256 ; datato al 312 da E. Galletier, Panégyrique Latins, ii, Paris 1952, 77-78.

90 Cfr. Pan. Lat. 8 (5), 1, 1 ; 2, 1 e 14, 5 (Galletier). Non si sa quando la città assunse il nome di Flavia ; è probabile che la città sia stata così ridenominata in onore di Costantino, dopo la sua visita e i suoi benefici del 310 : così Nixon - Rodgers, In praise of later roman emperors, cit., 264. Da notare che, al di fuori dei passi di questo panegirico, le fonti successive (vd. Amm. Marc. xv 11, 11 e xvi 2, 1 ; ND Occ. 9, 33-34 e 11, 59) conservano la denominazione Augustodunum.

91 Pan. Lat. 5 (9), 4, 1 (Galletier) ; cfr. D. Lassandro, « Aedui, fratres populi Romani » (in margine ai Pa-negirici gallici), in M. Sordi (a cura di), Autocoscienza e rappresentazione dei popoli nell’antichità, CISA 18, Milano 1992, 261-265 che interpreta questo motivo con la volontà degli Edui di contrastare in certo qual modo il primato di Treviri : alla preminenza politica di Treviri i retori augustodunensi oppongo-no l’antica nobiltà della loro città. 92 Pan. Lat. 7 (6), 22, 4 (Galletier).

93 Pan. Lat. 8 (5), 2, 5 ; 4, 2-3 (Galletier).

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particolare della fine dell’imperium Galliarum sostenendo che se fosse intervenuto Claudio il Gotico non sarebbe stata necessaria la clades Catelaunica e, grazie agli Edui, la Gallia sarebbe stata riconciliata pacificamente con Roma. 94 Il problema dell’imperium Galliarum del iii secolo viene così risolto nel 312, assai tendenziosa-mente, sulla base del nuovo rapporto Autun-Costantino, un rapporto nel quale la dinastia di quest’ultimo si configura in definitiva come la potenziale salvatrice della Gallia lealista e come la potenziale risolutrice della tragica frattura alimen-tata dall’imperium Galliarum. Che il panegirista del 312 sostenga qui argomenti si-curamente graditi a Costantino, trova conferma nel fatto che lo stesso Costantino non esitò a intrattenere rapporti con famiglie augustodunensi lealiste. Mi riferisco ovviamente al caso da noi più conosciuto che è quello della famiglia di Ausonio il cui zio, Emilio Magno Arborio, ottenne, al tempo di Costantino, una cattedra a Tolosa e vi insegnò mentre risiedevano forzosamente i fratelli di Costantino, Dalmazio e Costanzo, e fu in seguito tutore a Costantinopoli di un Caesar della dinastia. 95 È indice del ruolo di Costantino nella valorizzazione della città il fatto che, anche per quanto concerne l’episcopato cittadino, è solo in concomitanza con Costantino che abbiamo notizia del più antico vescovo a noi noto di questa città : si tratta di Reticio che, su designazione dello stesso Costantino, partecipò come giudice al concilio romano del 313 indetto per sanare la controversia donati-sta, e che ebbe anche una certa qual fama letteraria. 96 In un momento particolare quale quello che seguì l’eliminazione di Massimiano e che segnò il superamento da parte di Costantino della fase tetrarchica, anche la valorizzazione dei rapporti Autun-Costantino dovette contribuire a normalizzare la sua posizione. Quel che però emerge dalla testimonianza dei panegirici, e che è espressione degli ambienti

94 Pan. Lat. 8 (5), 4, 3 : sine ullo detrimento Romanarum virium, sine clade Catalaunica compendium pacis reconciliatis provinciis attulisset fraternitas Aeduorum. Sulla peculiarità di questa versione della battaglia dei Campi Catalaunici (Châlons-sur-Marne) che ne sottolinea il carattere disastroso, a quanto sembra anche da parte romana (e dunque da accostare solo in parte a Aur. Vict. Caes. 35, 3), in contrasto con la rimanente, e più nota, tradizione secondo cui Tetrico si consegnò spontaneamente ad Aureliano e non ci fu neppure un vero e proprio combattimento vd. J.F. Drinkwater, The Gallic Empire, Historia Einz. 52, Stuttgart 1987, 42-43 e 82 che la ritiene attendibile e pensa che Tetrico mosse contro Aure-liano, fu sconfitto e umiliato ma gli fu permesso di vivere. Più di recente A. Watson, Aurelian and the third century, London-New York 1999, 93-95 e 246, n. 13 accetta la notizia del panegirico e ritiene la versione della resa, volontaria e pre-concordata, di Tetrico scarsamente credibile, attribuendola ad un panegirico perduto in onore del vincitore Aureliano. Per l’annientamento delle forze di Tetrico durante la battaglia E. Cizek, L’empereur Aurélien et son temps, Paris 1994, 120 che però non cita la te-stimonianza del panegirico. La versione ‘pacifica’ della fine dell’imperium Galliarum è invece accolta da M. Christol, L’empire romain du iiie siècle, Paris 1997, 161 : Aureliano ottenne la resa « sans coup férir » poiché Tetrico e il figlio rifiutarono di ingaggiare battaglia.

95 Basti qui il rinvio a Sivan, Ausonius, cit., 53-54, con ulteriori indicazioni bibliografiche.96 Sulla posizione ecclesiastica della città fonti e bibliografia in Ch. Pietri, Province ecclésiastique

de Lyon (Lugdunensis Prima), Paris 1986, 41. Su Reticio vd. l’ancora utile É. Griffe, La Gaule chrétienne à l’époque romaine, I, Paris-Toulose 1947, 131-132 : a Reticio Gerolamo attribuisce un commentario al Cantico dei Cantici, esistente ancora nel xii secolo, e un’opera contro Novaziano, forse citata anche da Agostino. Sul concilio romano del 313 si vd. ora J.-M. Mayeur - Ch. et L. Pietri - A. Vauchez - M. Venard, Histoire du christianisme des origines à nos jours, ii, Desclée 1995, 234-235.

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galloromani della città di Autun, non è neppure smentito da una testimonianza, il cui punto di vista non è certamente quello regionale galloromano e cioè HA Au-rel. 44. Il biografo della HA riferisce infatti una profezia con cui le druidesse della Gallia predissero a Aureliano che non avrebbe avuto alcun discendente sul trono e che l’impero sarebbe toccato alla famiglia di Claudio il Gotico. 97 La notizia, evi-dentemente collegata al noto tema encomiastico della discendenza costantinide da Claudio II attestato per la prima volta proprio in Gallia nel 310, conferma, pur nell’ottica senatoria dell’HA, il valore dei rapporti tra i Costantinidi e l’area galli-ca, rapporti che sembrano coniugare, al contempo, le tradizioni locali filoromane (panegirici) e quelle celtizzanti (HA), pur mantenute, con la profezia sull’impero delle bonarie e folkloristiche druidesse, nell’alveo lealista. In queste testimonian-ze le due anime, romana e celtica, che avevano convissuto a fatica nell’esperienza dell’imperium Galliarum, vorrebbero dunque essere nuovamente conciliate in fun-zione romanocentrica e lealista 98 e ciò spiega il fatto che nella prima metà del iv secolo si registrano casi di personaggi galloromani che rivendicano discendenze druidiche e altri che, al contrario, attribuiscono l’origine della propria famiglia agli Eneadi capostipiti del popolo romano. 99 La compresenza di elementi che evocano il passato celtico, da un lato, e un’ostentata appartenenza alla romanità, dall’altro, si ritrova del resto nella famiglia di Ausonio. 100

Su questo sfondo, in un’ottica regionale gallica, proclamare, dopo Costantino e in contrapposizione a suo figlio, un nuovo imperatore proprio ad Augustodu-num, e non in un’altra località – non ad esempio a Lione, che, tra l’altro, al tempo

97 HA Aurel. 44, 3-5 : Mirabile fortasse videtur quod compertum Diocletiano Asclepiodotus Celsino consilia-rio suo dixisse perhibetur, sed de hoc posteri iudicabunt. Dicebat enim quodam tempore Aurelianum Gallica-nas consuluisse Dryadas sciscitantem utrum apud eius posteros imperium permaneret ; tum illas respondisse dixit nullius clarius in re publica nomen quam Claudii posterorum futurum. Et est quidem iam Constantius imperator, eiusdem vir sanguinis, cuius puto posteros ad eam gloriam quae a Dryadibus pronuntiata sit, perve-nire. Quod idcirco in Aureliani vita constitui quia haec ipsi Aureliano consulenti responsa sunt. Sui problemi posti da questa notizia e sulla menzione delle druidesse che è esclusiva della HA vd. F. Paschoud, Histoire Auguste. Vies d’Aurélien, Tacite, Paris 1996, 205-207 il quale nota tra l’altro come la profezia, in-serita nel mito della propaganda costantiniana della discendenza di Claudio, sia assai poco benevola verso Aureliano, la qual cosa sembra condurci nella medesima prospettiva della notizia sulla clades Catalaunica del panegirico. Sulle druidesse G. Zecchini, Los druidas y la oposición de los celtas a Roma, Madrid 2002, 135 ne rileva l’estraneità al druidismo e vede in esse un indizio del nostalgico recupero del passato da parte dela popolazione rurale celtica.

98 Sul proseguimento del cosiddetto « rinascimento celtico » del iii secolo nell’età di Costantino e poi Ausonio vd. Zecchini, Los druidas, cit., 140.

99 Cfr. sulle origini druidiche della famiglia di Delfidio Sivan, Ausonius, cit., 91 ; sulla discendenza troiana e eneadica, attraverso Acilio Glabrione, del grammatico Acilio Glabrione ancora Sivan, Au-sonius, cit., 87 e della stessa A Late Gallic Branch of the Acilii Glabriones ? Notes on Ausonius’Professores 24 (Peiper), « Mnemosyne » 44, 1991, 435-439 secondo cui tale discendenza sarebbe un’invenzione di nobiltà per una famiglia gallica con storia recente, un’invenzione erudita resa possibile dalla coin-cidenza dei nomi che permisero o al grammatico o ad Ausonio la riconnesione alla famiglia degli Acilii Glabriones.

100 Zecchini, Los druidas, cit., 137-138 : sorella, pronipote e zia materna avevano ricevuto il nome di Dryadia mentre il nome del poeta Ausonius sottolinea i legami romani.

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di Probo, aveva incoraggiato con Proculo 101 gli ultimi sussulti dell’imperium Gal-liarum – rivela la volontà di stabilire un legame privilegiato tra il nuovo Augusto e la città. Lo conferma indirettamente la potenziale alternativa offerta dalla città di Lione che ho prima non casualmente richiamato per i suoi ambigui precedenti del iii secolo per i quali è di estremo interesse notare che la proclamazione in quodam convivio di Proculo descritta dalla HA (Quadr. Tyr. 13, 2), vera o fittizia, presenta affinità con quella di Magnenzio, forse più che con l’usurpazione di Silvano. 102 Se allora consideriamo il punto di vista dell’usurpatore, il suo rapporto con Augu-stodunum non poteva che trarre il massimo beneficio dal rilancio del ruolo della città operato da Costantino e doveva, perciò, in sostanza ricalcare, almeno nelle intenzioni, quello già a suo tempo realizzato da quest’ultimo, il quale, a questo punto, viene ad essere il modello privilegiato con cui l’usurpatore imposta il pro-blema delle sue relazioni con il mondo gallico e, alla luce di quanto abbiamo detto nella prima parte, con l’impero.

La proclamazione augustodunense di Magnenzio sembra dunque presupporre una chiara consapevolezza del precedente costantiniano. Se così è, è allora nel-l’esperienza costantiniana, più esattamente nel primo Costantino, che si deve in-dividuare l’anello di congiunzione tra dimensione locale e dimensione generale dell’usurpazione di Magnenzio. Chi sostenne il colpo di stato contro Costante potè anche far leva sull’adflicta paupertas che l’anonimo De rebus bellicis indica tra le cause delle usurpazioni del suo tempo, 103 ma quanto si è qui detto impedisce di esaurire l’interpretazione dell’usurpazione nell’ambito dei problemi socio-econo-mici tardoantichi delle classi inferiori.

101 HA Quadr. Tyr. 13, 1. Ampio commento alla notizia con bibliografia in F. Paschoud, Histoire Auguste, V, 2, Vies de Probus, Firmus, Saturnin, Proculus et Bonose, Carus, Numérien et Carin, Paris 2001, 271 che sulla scorta dell’iperscettico Syme esprime dubbi sul ruolo di Lione : l’HA avrebbe collocato l’usurpazione a Lione a causa del parallelo con l’usurpazione di Eugenio, che alcune testimonianze numismatiche permetterebbero di localizzare esattamente a Lione, mente l’usurpazione di Proculo sarebbe piuttosto da collocare a Colonia. Vi è però anche chi ritiene attendibile la notizia del soste-gno dei lionesi a Proculo. Per una ricostruzione dell’usurpazione di Proculo e della tradizione ad essa relativa vd. di recente G. Zecchini, Un usurpatore ligure : Proculo di Albingaunum, in M.G. Bertinelli Angeli (a cura di), La Liguria nell’impero romano : gli imperatori liguri, Genova 2002, 29-36.

102 HA Quadr. Tyr. 13, 2 : Nam cum in quodam convivio ad latruncolos luderetur atque ipse decies impera-tor exisset, quidam non ignobilis scurra « Ave, inquit, Auguste », adlataque lana purpurea umeros eius vinxit eumque adoravit. Sulla notizia che l’HA attribuisce a Onesimo cfr. Paschoud, Histoire Auguste, v, 2, cit., 273-275 per una ricapitolazione delle diverse posizioni critiche : a) già secondo Casaubon, la pro-clamazione durante un banchetto e nel corso di una sorta di gioco richiamerebbe la proclamazione di Regaliano, l’usurpatore dell’epoca di Gallieno : durante un banchetto militare alcuni soldati si interrogano sull’etimologia del nome (ovviamente da rex) e subito avrebbero proclamato Regaliano. Secondo Paschoud le due messe in scena si assomigliano e risalgono all’invenzione della HA ; b) il motivo della adoratio permette di confrontare Proculo con Silvano : in questa direzione cfr. soprat-tutto A. Chastagnol, Recherches sur l’Histoire Auguste, Bonn 1970, 91-96 che riprende le conclusioni di R. Syme, Ammianus and the Historia Augusta, Oxford 1968, 53-59 sul fatto che Proculo è ‘costruito’ sulla base del xv libro di Ammiano e della narrazione dell’usurpazione di Silvano.

103 Da notare il dettaglio di Zos. ii 42, 4 sul ruolo della massa fatta venire dalla campagna dei din-torni di Autun in occasione della proclamazione di Magnenzio.

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In conclusione, portando al trono Magnenzio, non si voleva certo creare un Augusto gallico, l’usurpatore di turno, ma un successore di Costantino sul trono d’Occidente, in grado, nelle intenzioni (non certo nei fatti e nei risultati), di racco-glierne l’eredità, di intepretare le aspirazioni dell’esercito e dei provinciali (gallici in primis) ma anche i sentimenti di ostilità al regno di Costante o di perplessità di fronte alla politica costantiniana (o ai suoi esiti) emersi non solo nell’area gallica : non dunque un ‘anti-Costantino’ e nemmeno un ‘Costantino redivivo’, ma una sorta di ‘primo Costantino riveduto e aggiornato’ che, non senza una riflessione critica, avrebbe dovuto riprendere le fila del discorso costantiniano dal punto in cui la storia di Costantino aveva avuto inizio, con una prospettiva che, purtroppo, il fallimento dell’usurpazione impedisce di cogliere fino in fondo. I tratti regionali dell’usurpazione, che sono qui emersi con maggior chiarezza, furono probabil-mente all’origine di tale fallimento. Pure resta il fatto che, in definitiva, fu in Gal-lia e in Occidente, non in Oriente, che, alla lunga, si giocò realmente la questione della successione politica a Costantino e non a caso, chi, come Valentiniano I, si trovò nelle condizioni di succedere davvero alla dinastia di Costantino e di gesti-re le conseguenze innescate dall’usurpazione di Magnenzio (Giuliano compreso) non poté che spostare il baricentro politico nuovamente a Occidente aprendo così un nuovo capitolo della storia del iv secolo. 104

Università Cattolica del S. Cuore, Milano

104 Sull’intera problematica vd. il mio volume Valentiniano I, cit., specialmente 89-130.