L'osservazione fenomenologica dei fatti della coscienza (bozza)

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Abstract: Phenomenological observation in Fichte’s “Facts of Consciousness”. The Author gives an overview of the lectures on Tatsachen des Bewusstseins held by Fich- te at the University of Berlin between 1810 and 1814. Conceived as an introduction to Wissenschaftslehre, they are very important for understanding the language of late Fi- chte and his distinction between the absolute and the phenomenon. Starting from the versions of Tatsachen des Bewusstseins of 1810-11 and 1813, the Author attempts to outline their general function in relation to Fichte’s WL and transcendental logic (§ 2) and evaluate the “phenomenological” method that characterizes them (§ 3). Following the exposition of 1810-11, he then provides a general account of the lectures, divided into analysis of the facts of lower consciousness (§ 4) and analysis of the facts of hi- gher consciousness (§ 5). Keywords: Wissenschaftslehre, facts of consciousness, phenomenology, subjectivity, late Fichte. 1. Le diverse esposizioni dei fatti della coscienza Assieme all’esposizione della Wissenschaftslehre (d’ora in poi WL), le le- zioni sui Fatti della coscienza (d’ora in poi TB) costituiscono il maggiore im- pegno di Fichte negli anni della sua attività alla neofondata Università di Ber- lino 1 . Tra il 1810 e il 1814 il filosofo, infatti, tiene quattro corsi di TB: nel se- mestre invernale del 1810-11, in quello estivo del 1811, nell’autunno del 1811 e nell’inverno del 1813. Di TB possediamo due versioni manoscritte di Fichte e diverse altre Nachschriften redatte dagli uditori. Nessuna delle versioni di queste lezioni fu pubblicata quando Fichte era ancora in vita. Solo il corso del 1810-11 fu predisposto per la pubblicazione, che tuttavia avvenne solo nel 1816 per volontà della moglie, Maria Johanna Rahn. Quello del 1813 apparve L’OSSERVAZIONE FENOMENOLOGICA DEI FATTI DELLA COSCIENZA IN FICHTE di Federico Ferraguto* Rivista di storia della filosofia, n. 4, 2014 * [email protected]; Professore presso la Pontificía Universidade Católica do Paraná, Curitiba, Brasile. 1. Per una visione d’insieme dell’attività didattica svolta da Fichte a Berlino tra il 1810 e il 1814 cfr. Lauth 1999, pp. 16-17.

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Abstract: Phenomenological observation in Fichte’s “Facts of Consciousness”. TheAuthor gives an overview of the lectures on Tatsachen des Bewusstseins held by Fich-te at the University of Berlin between 1810 and 1814. Conceived as an introduction toWissenschaftslehre, they are very important for understanding the language of late Fi-chte and his distinction between the absolute and the phenomenon. Starting from theversions of Tatsachen des Bewusstseins of 1810-11 and 1813, the Author attempts tooutline their general function in relation to Fichte’s WL and transcendental logic (§ 2)and evaluate the “phenomenological” method that characterizes them (§ 3). Followingthe exposition of 1810-11, he then provides a general account of the lectures, dividedinto analysis of the facts of lower consciousness (§ 4) and analysis of the facts of hi-gher consciousness (§ 5).

Keywords: Wissenschaftslehre, facts of consciousness, phenomenology, subjectivity,late Fichte.

1. Le diverse esposizioni dei fatti della coscienza

Assieme all’esposizione della Wissenschaftslehre (d’ora in poi WL), le le-zioni sui Fatti della coscienza (d’ora in poi TB) costituiscono il maggiore im-pegno di Fichte negli anni della sua attività alla neofondata Università di Ber-lino1. Tra il 1810 e il 1814 il filosofo, infatti, tiene quattro corsi di TB: nel se-mestre invernale del 1810-11, in quello estivo del 1811, nell’autunno del 1811e nell’inverno del 1813. Di TB possediamo due versioni manoscritte di Fichtee diverse altre Nachschriften redatte dagli uditori. Nessuna delle versioni diqueste lezioni fu pubblicata quando Fichte era ancora in vita. Solo il corso del1810-11 fu predisposto per la pubblicazione, che tuttavia avvenne solo nel1816 per volontà della moglie, Maria Johanna Rahn. Quello del 1813 apparve

L’OSSERVAZIONE FENOMENOLOGICADEI FATTI DELLA COSCIENZA IN FICHTE

di Federico Ferraguto*

Rivista di storia della filosofia, n. 4, 2014

* [email protected]; Professore presso la Pontificía Universidade Católica doParaná, Curitiba, Brasile.

1. Per una visione d’insieme dell’attività didattica svolta da Fichte a Berlino tra il 1810e il 1814 cfr. Lauth 1999, pp. 16-17.

per la prima volta nel 1834, nel volume I delle Nachgelassene Schriften curateda Immanuel Hermann Fichte. Solo di recente, infine, sono state pubblicate leNachschriften nell’edizione critica delle opere di Fichte curata dalla Bayeri-sche Akademie der Wissenschaften (voll. IV, 4-IV, 6). Ne deriva un quadro par-ticolarmente complesso, sia sotto il profilo filologico, sia sotto quello specula-tivo, a cui non sempre la letteratura critica ha dedicato attenzione2.

Le differenze che sussistono tra le diverse esposizioni dei Fatti della co-scienza sono solo in parte riconducibili alla “volatilità”3 dello stile filosoficofichtiano, cioè alla convinzione del filosofo di poter esporre i contenuti del suopensiero secondo forme e linguaggi sempre diversi e corrispondenti alla natu-ra dei suoi uditori. Le diverse esposizioni di TB, come in parte vedremo, sonoattraversate da un’evoluzione genetica, ossia dal tentativo di approfondire eperfezionare la legittimità e la fondatezza delle argomentazioni che vi sonopresenti, oltre che dall’esigenza di cogliere con sempre maggior precisione ilnucleo speculativo da cui muovono. In linea generale, si può dire che l’esposi-zione del 1810-11 è più chiara e lineare, ma il corso del 1813 riesce a spiegarein maniera più approfondita le connessioni genetiche presenti anche nell’espo-sizione del 1810-11.

Nelle pagine che seguiranno mi concentrerò soprattutto sulle queste dueversioni di TB, cercando di fornire una visione d’insieme della loro funzionegenerale in rapporto alla WL e alla Logica trascendentale (§ 2) e una valuta-zione del metodo “fenomenologico” che li caratterizza (§ 3). Seguendo l’espo-sizione del 1810-11 cercherò poi di fornire un quadro complessivo della tratta-zione fichtiana, divisa in analisi dei fatti della coscienza in rapporto alla facoltàteoretica (§4), in analisi dei fatti della coscienza in rapporto alla facoltà praticae in una descrizione della “facoltà superiore” (§ 5).

2. Fatti della coscienza, Logica trascendentale e Wissenschaftslehre

TB occupa una posizione specifica nel disegno didattico e sistematico con-cepito da Fichte a Berlino. Il filosofo cerca di elaborare un percorso “standard”per introdurre alla dottrina della scienza. Egli sembra convinto che la fonda-zione trascendentale del sapere nella Wissenschaftslehre in specie possa essererealizzata con una maggiore facilità se chi la esegue ha già acquisito una fami-liarità con il suo linguaggio, i suoi concetti e le strutture argomentative che lacaratterizzano. TB non rappresenta, però, un passaggio necessario e obbligato

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2. Sono infatti relativamente poche e non sempre specifiche le indagini dedicate ai Fat-ti della coscienza e alle relazioni che sussistono tra le diverse versioni di questi corsi di Fi-chte. Tra queste vanno senz’altro ricordate quelle di D’Alfonso 2007, Drechsler, 1955; Fur-lani 2004; Jacobs 2007; von Manz 2008; Schulte 1971; Schurr 1965; Heller 1974; Lentini1992; Novembre 2011; Wurzer 1994. Questo ultimo saggio è uno dei pochi che si concen-tra specificamente sull’esposizione del 1813.

3. Per questa espressione cfr. Zöller 2013, p. 1.

nello svolgimento della filosofia trascendentale. Piuttosto, costituisce un eser-cizio preliminare e provvisorio che sollecita l’uditore a sperimentare le vedutee le connessioni della WL a partire da un punto di vista più prossimo a quellodella coscienza comune, che la filosofia trascendentale deve poter spiegaredopo averne preso le distanze4.

La flessibilità della relazione tra introduzione e WL è testimoniata dal fattoche Fichte non sembra avere alcuna difficoltà a interrompere la sequenza cheegli stesso definisce «rigorosa»5 tra TB e WL in specie. Per tutto il 1812 TBviene sostituito da un’ulteriore forma introduttiva: le lezioni di Transzendenta-le Logik.

La relazione tra Logica trascendentale e TB è uno strumento importanteper determinarne la posizione sistematica6. È la stessa autointerpretazione diFichte a fornire elementi preziosi per chiarirla. Nelle Lezioni sullo studio dellafilosofia del 1812, infatti, egli spiega come la necessità di far precedere TB dauna esposizione della logica trascendentale sia motivata dal bisogno di «libera-re il senso filosofico e tirar via le bende con cui la comune filosofia copre losguardo». Si tratta perciò di un tentativo di purificare la disposizione filosoficadegli uditori da schemi ed errori preconcetti, e su tutti da quelli derivanti dallaidentificazione dell’io con una cosa in sé7. La Logica trascendentale, ha perciòuno scopo “curativo”. La sua funzione è quella di formare, esercitare e svilup-pare la forza di pensiero dell’uditore, che dovrà poi costruire e ricostruire au-tonomamente il percorso compiuto assieme al Wissenschaftslehrer8.

Il confronto tra la logica formale e quella tipica della dottrina della scienza,sviluppato nella Transzendentale Logik, presuppone però uno sviluppo e unariflessione che muove dall’intellezione fondamentale della WL, e cioè dallacomprensione del sapere come fenomeno dell’assoluto. In questo senso la Lo-gica trascendentale è espressione sia dello sviluppo interno della dottrina del-la scienza, e per questo è più scientifica di TB9, sia di un esercizio di pensieroemendativo e preparatorio per uno svolgimento completo e compiuto dellaWL medesima. Si potrebbe perciò dire che la Logica trascendentale non è unavera e propria introduzione alla WL e che, anzi, una introduzione alla WL nonè né possibile, né necessaria10.

Una conclusione di questo tipo contrasta con l’idea secondo la quale, tantola Logica trascendentale, quanto TB e, ancora più in generale, la dottrina del-la scienza siano significativi soprattutto in relazione alla “pratica” del pensierotrascendentale, e non rispetto alla presentazione ordinata e scolastica dei suoicontenuti11. Così, se è vero che dal punto di vista speculativo l’introduzione

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4. TB/1813, p. 405.5. Ibid.6. Su questo tema cfr. Ferraguto 2005 e Ferraguto 2009a.7. Sullo studio della filosofia, GA, IV, 4, p. 39.8. Ibid.9. TB/1813, p. 406.10. Ivi, p. 404. Una interpretazione di questo tipo sembra essere quella avanzata da Ber-

tinetto 2001.11. Ivi, p. 406.

non è vincolante, è altrettanto vero che, da quello fattuale, l’esercizio prepara-torio che ha luogo sia in TB che nella Tranzedentale Logik, è un momento de-cisivo per innescare l’esercizio di pensiero che porta alla formazione dellaWL.

È questa idea a spingere Fichte a spiegare che, nonostante la sequenzaTB-WL costituisca un percorso più coerente e lineare, siano sempre possibi-li “deviazioni” dettate da particolari esigenze storiche12 o dalla necessità didefinire la posizione della WL rispetto ad altri sistemi filosofici o, infine,dalla particolare natura degli uditori di fronte ai quali il filosofo di volta involta si trova13.

Le lezioni sulle TB colgono, perciò, le stesse determinazioni della logicatrascendentale e della dottrina della scienza. Ma mentre le ultime ne assumonoi risultati e li riconducono a un livello speculativo superiore, TB resta un’os-servazione empirica, contingente e «storica»14 del sapere visto come dato fat-tuale e concreto15. In particolare, mentre nella logica trascendentale e nellaWL Fichte parte dal nesso che lega il fenomeno all’assoluto, TB si sviluppacon riferimento esclusivo al fenomeno, inteso come espressione di un’esisten-za tanto assoluta e originaria quanto lo è l’assoluto stesso16. Solo la WL inspecie potrà dimostrare la connessione tra questi due modi di esistere che, pri-ma della loro fondazione, possono legittimamente sussistere ed essere conside-rati in maniera separata. In questo senso, più che non rigorose, le lezioni suiFatti della coscienza sono incompiute. Precisamente, il loro scopo non consi-

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12. Questa sembra essere l’idea di Fichte nella lezione del 1812 Sullo studio della filo-sofia (cit., p. 38) e in TB/1813, p. 404.

13. Queste due ultime esigenze sembrano infatti dare corpo a una ulteriore forma di in-troduzione alla WL che Fichte sviluppa nelle Einleitungsvorlesungen 1813, per un’analisidelle quali rinvio a Ferraguto 2010.

14. TB/1813, p. 404.15. Ibid.16. La condizione di possibilità per questo riferimento esclusivo al fenomeno è espres-

sa in termini molto tecnici, ma nello stesso tempo estremamente chiari, nel primo paragrafodella Wissenschaftslehre in ihrem allgemeinen Umriss, dove Fichte scrive: «Se ora il sape-re deve essere, e non deve essere Dio, allora esso, che non è altro che Dio, può essere soloDio stesso, ma fuori di esso; l’essere di Dio fuori del suo essere; la sua espressione, nellaquale esso è tutto, così com’è, e resta tutto così com’è. Ma una tale espressione è una im-magine o uno schema. […] Ma non deve essere assolutamente pensato come un effetto diDio, attraverso un suo atto particolare […] Esso è, secondo la forma del suo essere, assolu-tamente, così come Dio stesso è assolutamente, a prescindere dal fatto che non è Dio stesso,ma il suo Schema» (GA, I, 10, p. 7). Ora, mentre la WL chiarisce il nesso tra le due formedi essere (quello di Dio e quello del suo schema), la descrizione dei fatti della coscienza siconcentra solo sullo schema e ciò è possibile perché esso non deriva direttamente dall’esse-re di Dio, ma ha una esistenza assoluta e autonoma. Un’argomentazione molto simile, in ef-fetti, è quella che apre l’esposizione di TB/1813, allorché Fichte chiarisce che, sebbene soloDio sia essere assoluto, al di fuori di Dio, e come sua esistenza, esiste il suo fenomeno, lacaratteristica fondamentale del quale è comprendere se stesso. Tale autocomprensione av-viene mediante un’immagine che il fenomeno fa di se stesso. L’intero decorso di TB non èaltro che l’analisi degli elementi costituenti questa immagine (cfr. TB/1813, p. 409).

ste in esse stesse, ma nello svolgimento della WL stessa, che ne assume i ri-sultati e li fonda da un punto di deduzione superiore17.

Il carattere “storico” dei Fatti della coscienza è inoltre funzionale a unapresentazione più ampia degli elementi metodologici, psicologici e antropolo-gici necessari a una costruzione del discorso filosofico, che vengono giustifica-ti attraverso una riconduzione sistematica e argomentata alla struttura generaledel sapere. In altre parole, Fichte, libero dai vincoli imposti dalla necessità delprocedere della WL in specie, può dedicarsi a considerazioni relative alla fun-zione della memoria, dell’attenzione, del linguaggio e della scrittura per laproduzione di un discorso filosoficamente coerente, o a confronti più ampi e li-neari con i sistemi filosofici a cui intende contrapporsi (Schelling e Kant, maanche Fries e tutta la tradizione psicologistica post-kantiana) e, infine, a una ri-flessione più generale sul significato pratico della dottrina della scienza nel suocomplesso18.

Questa “ipertrofia” di TB non implica, però, una mancanza di rigore argo-mentativo. Le analisi che vi sono contenute, infatti, mantengono una coerenzainterna, dipendente dall’assunto fattuale da cui prendono le mosse. E, comevedremo subito, tanto l’incompiutezza, quanto la coerenza interna di TB corri-spondono a un’esigenza metodologica precisa e a un metodo specifico.

3. Il metodo osservativo. Una fenomenologia?

Fichte pronuncia la prima esposizione di TB tra il 29 ottobre del 1810 e il14 gennaio del 1811. Lo scopo del corso è illustrato nel suo incipit. La filoso-fia, sostiene Fichte, è una scienza, poiché si eleva, grazie al pensiero, al di so-pra del mero dato percettivo e ne coglie il fondamento soprasensibile. TB svol-ge la «prima porzione» di questa scienza. Il sapere vi viene osservato cosìcome esso si dà a un occhio esterno che lo coglie. Tramite questa osservazionee descrizione empiriche, l’uditore è sollecitato a rielaborare attraverso il sensointerno ciò che osserva. Questo passaggio non è necessario, ma è guidato e im-postato dall’esterno tramite l’attività del Wissenschaftslehrer19. TB consistepertanto in una fenomenologia delle determinazioni della coscienza concretaquale orizzonte in cui si colloca il fenomeno complessivo del sapere20.

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17. TB/1813, p. 405.18. Il chiarimento delle regole, del significato e del metodo della filosofia è il compito

che fin dalla Prefazione alla seconda edizione saggio Sul concetto di dottrina della scienzaFichte affida alla “critica”, cioè all’insieme di considerazioni preliminari che hanno il com-pito di introdurre alla filosofia e definire il perimetro esterno della sua indagine. (GA, I, 2,p. 160).

19. TB/1810-11, p. 7. 20. Per un uso di questa espressione, ormai invalsa nella interpretazione dei Fatti della

coscienza, rinvio solo ai due dei testi che ne fanno più esplicita ed efficace menzione: Lauth1965, p. 582 e Ivaldo 2003; di procedimento fenomenologico in Fichte hanno parlato, a va-rio titolo ma non a proposito delle Tatsachen des Bewusstseins, anche Zöller 1998 e Brea-zeale 1998.

La possibilità di questa “fenomenologia”, che Fichte non menziona esplici-tamente in nessun corso di TB, non è però considerata ovvia e presupposta, madeve essere giustificata a partire dalla definizione delle condizioni alle quali èpossibile considerare il sapere, non solo come un fatto, ma anche come il sus-seguirsi lineare e indefinito di una molteplicità di “fatti” descrivibili.

In TB il fenomeno del sapere viene compreso come il correlato noematicodelle connessioni noetiche che lo producono. Il correlato noematico è uno: ilsapere. Le determinazioni noetiche che lo realizzano sono invece molteplici:gli atti concreti ascrivibili alla coscienza come struttura generale in cui il sape-re si esplica. Nell’esposizione di TB/1813 Fichte chiarisce ulteriormente que-sto passaggio, spiegando che il sapere, in quanto manifestazione dell’assoluto,è uno e unitario. Ma nella misura in cui la caratteristica del fenomeno è quelladi comprendere se stesso, tale autocomprensione non può che svilupparsicome una «linea progressiva dell’autocomprendersi», cioè come un susseguir-si di atti e di immagini determinate attraverso le quali il fenomeno si compren-de in quanto tale21. I singoli momenti di questa linea devono a loro volta esse-re tematizzati per se stessi, e cioè indagati come immagini singole che deriva-no da un unico fenomeno unitario22.

Lo scopo dell’indagine del fatto del sapere è perciò duplice. In quanto por-zione della scienza, l’osservazione dei fatti della coscienza ha il compito di ri-condurre ciò che viene osservato al suo fondamento. Tale fondamento èüberwirklich e coincide con la struttura noumenale implicita nel fenomenostesso. La riconduzione al fondamento deve, in secondo luogo, avvenire par-tendo dalla presentazione del sapere in un’immagine. Perché solo nella struttu-ra dell’immagine il fatto del sapere può essere spiegato come lo spazio in cuila Wirklichkeit e la Überwirklichkeit, dimensione percettiva e connessione alfondamento, interagiscono secondo connessioni di carattere epistemologico epratico23.

Nell’esposizione di TB/1813 questa connessione viene fatta dipendere dalrapporto e dalla differenza tra fenomeno e immagine. Nella misura in cui il fe-nomeno esiste concretamente, afferma Fichte, “deve avere un’immagine di sestesso”. Questo significa che il fenomeno non coincide con l’immagine. L’im-magine è la concretizzazione del fenomeno che, secondo Fichte, è caratteriz-zato da un’attività che comprende se stessa (un Verstehen), la cui forma è l’ioo la coscienza. Il tratto distintivo di questa attività comprendente è, da una par-te, quello di polarizzare e limitare se stessa in rapporto a un dato. Per altro ver-so, invece, essa è caratterizzata da una comprensione di sé come potenziale su-

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21. TB/1813, p. 404.22. Cfr. ivi, p. 404, dove Fichte spiega il rapporto che sussiste fra fatto unitario del sa-

pere e molteplicità dei fatti della coscienza: «Il sapere è un autocomprendersi dell’appari-zione. Un tale comprendersi si scinde parimenti in una linea progrediente dell’autocom-prendersi, che è composta (zusammengesetzt) di più punti discreti e compiti di questa com-prensibilità: i punti che giacciono separati sono considerati singolarmente da questa teoria,e pertanto questa teoria li osserva singolarmente, e diviene osservazione di questi fatti».

23. Fichte è molto chiaro su questo punto in ivi, pp. 429-430.

peramento del dato e come espressione di una regola che lo trascende inscri-vendolo in un orizzonte di senso più ampio rispetto a quello fornito dalla per-cezione. Se considerata sotto il profilo della sua limitabilità, l’attività com-prendente restituisce un’articolazione sensibile e concreta del sapere, che Fi-chte definisce in termini generali come “intuizione”. Se vista rispetto alle suepotenzialità di superare la limitazione, l’attività comprendente dischiude unorizzonte non-sensibile: quello della regola che la sottende. Questo aspettodell’immagine non può essere a sua volta oggettivato in un’intuizione o unapercezione. Può invece essere colto come pura forma che vincola a priori l’at-tività del sapere, e dunque come un “concetto” e come una “legge”. Ogni sin-gola immagine osservata nel corso dei fatti della coscienza, in quanto tale, èespressione di questa duplicità24. E tutto il sapere non è altro che un’articola-zione molteplice dell’unità inscindibile di intuizione e concetto: non esiste in-tuizione senza pensiero; non esiste pensiero senza intuizione; ogni intuire è giàsempre un pensare; ogni pensare è sempre anche un intuire.

Non è un caso che i tre fatti fondamentali indagati nelle Tatsachen sianol’io – inteso come autocoscienza e corpo proprio –, il dovere morale, e Dio:nozioni in cui “pratico” e “teoretico” – intuizione e concetto, fatto e legge –convergono. È altresì evidente che questi tre fatti non possono essere intesicome dati di fatto empirici. Io, dovere morale e Dio rappresentano quei luoghi,o quelle immagini fondamentali, a partire dalle quali è possibile mostrarecome non esiste comprensione del mondo che non sia immediatamente coin-volta in un agire pratico-razionale del soggetto comprendente.

La sequenza scandita dai tre “fatti” che definiscono la struttura generale diTB è indefinita solo in apparenza. Da una parte, infatti, il susseguirsi delle Tat-sachen corrisponde a una fissazione delle molteplici prestazioni del sapere cheemergono da un’analisi della sua struttura autoriflessiva25. L’implicazione fon-damentale della comprensione del sapere come apparizione dell’assoluto – as-sunto fattuale e fondamentale da cui muovono le lezioni sui fatti della coscien-za – è l’infinita attività di autocomprensione del sapere stesso. Osservare que-sta attività significa isolarne i momenti e considerarli separatamente come or-dinati secondo una successione causale26. Nello stesso tempo, però, i fatti del-la coscienza rappresentano l’insieme di connessioni in grado di produrre unavisione definita della costituzione pratico-teoretica del reale, nella misura incui costituiscono le diverse articolazioni possibili del rapporto tra lato sensibi-le e lato soprasensibile dell’immagine mediante la quale il fenomeno appare ase stesso27. È sufficiente un minimo di dimestichezza con la tarda dottrina del-la scienza di Fichte per capire quanto questo esercizio preliminare sia impor-tante per lo sviluppo della dottrina della scienza. In primo luogo, perché attra-verso l’osservazione dei fatti della coscienza è possibile distinguere rigorosa-

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24. TB/1813, p. 446 e p. 422.25. Ivi, p. 412.26. Ivi, p. 404.27. Ivi, p. 410.

mente il fenomeno dell’assoluto dall’immagine che il fenomeno costruisce dise stesso. E, in secondo luogo, perché la stessa osservazione permette di chia-rire i fattori che costituiscono l’immagine del fenomeno, lasciando alla WL inspecie il solo compito di dedurre il nesso che lo lega all’assoluto, senza possi-bilità di confondere questi diversi piani.

In TB i tre fatti fondamentali vengono poi compresi alla luce di un proces-so di svelamento della costituzione originaria del sapere che comprende quin-di anche l’analisi di altri “fatti” della coscienza, la funzione dei quali è quelladi mediare il passaggio da uno dei tre fatti cardinali agli altri. La descrizionedella coscienza concreta procede perciò dai fatti considerati più immediata-mente riconoscibili nella sfera empirica – e cioè da quelli relativi alla perce-zione esterna – e si sviluppa in un senso progressivamente trascendentale cheattraversa la trattazione della percezione interna28, la definizione dei fattoripratici di interazione della coscienza con il mondo e con gli altri io29 e giunge,mediante la spiegazione più precisa della funzione trascendentale dell’indivi-duazione dell’io, alla trattazione della facoltà superiore30. Su questo piano, chesi trova al limite fra la “preparazione” alla scienza e la scienza in senso stret-to31, può avvenire la spiegazione del “fatto” della legge morale e di Dio comeciò che nella legge morale si rende visibile.

Il ricorrere del termine “facoltà” nel titolo delle tre sezioni che scandisconol’intero corso introduttivo ne consente una collocazione più precisa nello svi-luppo del pensiero di Fichte. La tripartizione delle facoltà in teoretica, praticae superiore ricalca grosso modo la struttura dei Philosophischen Aphorismendi Ernst Platner, un testo su cui Fichte, fin dal 1794, teneva corsi per prepararealla WL32. Ma, ben al di là delle notevoli possibilità di contestualizzazione,

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28. TB/1810-11, pp. 21-52.29. Ivi, pp. 53-93.30. Ivi, pp. 94-136.31. Questa l’opinione, tutt’affatto condivisibile, di Jacobs 2007, pp. 210 e segg.32. Un paragone con le lezioni di Logica e metafisica tenute a Jena permette di chiarire

meglio la natura propedeutica delle Tatsachen des Bewusstseins e di cogliere una continuitànel progetto pedagogico di Fichte. Questa continuità, già messa in evidenza dai curatori del-l’edizione critica delle lezioni (cfr. GA II, 4, p. 24), è evidente se si presta attenzione alleconsiderazioni metodologiche che lo stesso Fichte compie nell’ambito delle Vorlesungenmedesime. Da quanto Fichte scrive nel semestre estivo del 1796, è riscontrabile in nuce illegame fra due diversi modi di introdurre alla WL, quello d’una sollecitazione rivolta all’u-ditore a realizzare autonomamente la costruzione del discorso filosofico e quello della pre-sentazione del sapere fattuale. Fichte scrive, infatti, che lo scopo delle sue lezioni è quellodi fornire la «prima e più prossima definizione per i principianti. Il filosofo risponde a do-mande, quelle dell’umano intelletto comune – e non presuppongo altro in coloro che inten-dono servirsi del mio insegnamento. Ma da questi presuppongo anche che non si rigetti nul-la» (ivi, p. 40). «Chi non ha chiesto nulla», continua Fichte, «non ha alcun interesse per larisposta. Io voglio portarvi fino al punto in cui voi soltanto possiate domandare; a quel pun-to in cui soltanto la filosofia diviene il vostro primo bisogno. Allora mostrerò come devetrovarsi la risposta» (ibid.). La discussione degli aforismi di Platner ha la funzione di pre-sentare da una prospettiva fattuale i contenuti di un sapere che si pone dal punto di vista co-mune. Tale presentazione deve sollecitare gli uditori e procedere, secondo Fichte, con un

l’uso del termine “facoltà” rinvia alla seconda esposizione di WL del 1804. Inquesta Darstellung Fichte introduce lo schema tripartito delle facoltà, mutuan-dolo da Kant, e lo riconduce rispettivamente a tre forme di assoluto, denomi-nate sinteticamente x, y e z33. La WL deve cogliere queste forme, che Kantaveva considerato separatamente, nella loro connessione unitaria34. Questa ri-conduzione all’unità deve però essere fatta precedere da un’analisi delle condi-zioni di possibilità della sua separazione in una serie di determinazioni fattua-li. E in questa analisi consiste, in senso stretto, la fenomenologia di Fichte35.Nel XIII Vortrag della seconda esposizione della WL/1804, Fichte la definiscecome «dottrina del fenomeno e della parvenza», che devono essere dedotti«come esistenti, ma solamente proprio per come esistono, come fattuali»36. Inquesto senso, la fenomenologia qualifica una prospettiva filosofica sulla veritàche trova nella struttura del fenomeno (come autocomprensione attraversoun’immagine) uno strumento necessario per coglierla, ma che, simultanea-mente, mostra come il suo operato possa e debba essere sottratto dalla verità intutta la sua purezza37. Di questa, infatti, il fenomeno non è che la forma este-riore, fattuale e, precisamente, il «fatto originario» e la «fonte di ogni fattua-lità»38. Chi pretende di porre il fenomeno alla base della verità, infatti, resta

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andamento dialogico. Questo è inizialmente asimmetrico, perché condotto dal Wissen-schaftslehrer. Nello sviluppo delle lezioni, però, tale asimmetria dovrà mutare: non è più ilmaestro a domandare e quindi a imprimere la direzione alle lezioni, ma lo studente. La fun-zione di “guida” propria del maestro dovrà allora concentrarsi sulle risposte da dare le qua-li, nondimeno, si concretizzano in un’esposizione dei modi in cui lo studente può trovare dasé i contenuti del pensiero filosofico. La presentazione osservativa del sapere contribuiscedunque a creare lo sfondo per l’esercizio comune del pensare filosofico e porta gli uditori auna continua “messa in questione” del sapere dato, ciò che prepara alla WL poiché innescauna visione critica di ciò che viene dato dalla coscienza comune. Ma la descrizione di que-sto dato non consiste solo in una catalogazione di dati di fatto. È la presentazione stessa, enon solo ciò che viene presentato, ad elevare al punto di vista trascendentale. Fichte confer-ma questa interpretazione nel descrivere il suo proprio rapporto con i Philosophische Apho-rismen, sostenendo che «nel modo di vedere le cose procedo quasi correntemente come ilSig. Platner; la maggior parte si trova dal punto di vista della coscienza comune, non inquello filosofico, e cioè in quello che io presuppongo presente nel mio uditore. Essi dovran-no essere d’accordo con lui secondo il primo sguardo alle cose. Nella misura in cui io a par-tire dalla sua presentazione rilevo la mia, li elevo simultaneamente dal punto in cui essi ve-rosimilmente si trovano» (ibid.).

33. L’uso di questa simbologia ricorre anche in TB/1813, ad esempio nello sguardo sin-tetico fornito alle pp. 433-434.

34. Questo passaggio è stato colto da D’Alfonso 2007, pp. 12-13. La corrispondenza fraTB/1810-11 accennata da D’Alfonso è precisamente quella con Fichte 2000, pp. 19-21.

35. Questa accezione ristretta differenzia il concetto fichtiano di fenomenologia daquello dei suoi contemporanei (Kant, Hegel e Reinhold), così come da quello husserliano,su cui cfr. rispettivamente, Ferraguto 2009 e Labib 2009. Per una visione complessiva dellediverse accezioni di fenomenologia nel XVIII secolo rinvio a Bokhove 1991.

36. Fichte 2000, p. 214.37. Ivi, p. 220.38. Ivi, p. 214.

vittima di un’illusione psicologica, che la filosofia deve spiegare e chiarire neisuoi principi, ponendo argine al proton pseudos di ogni sistema filosofico chepretenda di «partire dai fatti e in questo porre l’assoluto»39.

La descrizione fenomenologica presente in TB sembra essere coerente conquesta definizione. Da una parte, infatti, la comprensione del sapere come co-stituito da una serie di immagini determinate trova nella struttura stessa (cheFichte chiama “essere formale”) del fenomeno la sua condizione di possibi-lità40. Dall’altra, la comprensione della dinamica immanente al fenomenocome condizione per la scomposizione del sapere è la base per far apparire intutta la sua purezza la relazione speculativa che costituisce il sapere nel per-corso della WL in specie, che in questo senso trasferisce la dottrina del feno-meno nell’introduzione occupandosi solo di esporre la dottrina della verità.Dire che il metodo delle Tatsachen des Bewusstseins è fenomenologico signifi-ca, perciò, ricondurlo a questa accezione ristretta, che ne precisa la funzionepropedeutica e chiarisce il significato emendativo dell’analisi del “fatto” delsapere, che inscrive il lavoro fenomenologico di Fichte nell’orizzonte dischiu-so dal Neues Organon di Lambert41.

4. I fatti della coscienza in relazione alla facoltà inferiore

Il corso di TB/1810-11 è diviso in tre parti, corrispondenti a ciascuno deitre fatti fondamentali: l’analisi dei fatti della coscienza in relazione alla facoltàteoretica, quella dei fatti in relazione alla facoltà pratica e una ulteriore sezio-ne, intitolata Della facoltà superiore. Dal punto di vista speculativo, il termineVermögen indica le possibilità di articolazione dell’attività che opera nel feno-meno e che dà vita al sapere. Se il Vermögen si concretizza rispetto a un limi-te recepito dai sensi, si produce la conoscenza teoretica. Se, invece, tale con-cretizzazione avviene in riferimento a un’autolimitazione della facoltà, sorge illato pratico del sapere. Nell’esposizione di TB/1813 Fichte mantiene questo ri-ferimento al Vermögen. Ma ne specifica in maniera più chiara l’origine pratica.

628 Federico Ferraguto

39. Ivi, pp. 211-212.40. TB/1813, p. 414.41. Da questo punto di vista il lavoro fenomenologico di Fichte si inscrive nell’orizzon-

te dischiuso dal Neues Organon di Lambert. Con Lambert, e in particolare nella Fenomeno-logia che occupa la quarta parte del suo Neues Organon, il concetto di fenomenologia assu-me per la prima volta un significato stabile e una funzione determinata all’interno di un si-stema filosofico. L’obiettivo generale del Nueues Organon, e in particolare della Fenome-nologia, è quello di dare una descrizione del pensiero umano e fornire gli strumenti me-diante i quali quest’ultimo può «riconoscere il vero» esponendolo e distinguendolo «dal-l’errore e dalla parvenza» (Lambert 1977, p. 4). Centrale è nella fenomenologia lambertia-na l’identificazione di fenomeno e parvenza, considerati come il prodotto dello scambio trail modo in cui noi vediamo le cose e come esse sono realmente. Altrettanto centrale – edevidentemente collegata con la prospettiva fichtiana – è la comprensione del rapporto traverità ed errore in funzione delle capacità dell’essere umano. Su questo cfr. Piché 2005.

Le possibilità del Vermögen, infatti, devono essere intese in maniera analoga alrapporto che sussiste tra facoltà di desiderare inferiore (niedere Begehrung-svermögen) e facoltà di desiderare superiore (höhere Begehrungsvermögen) lequali sono entrambe, e nello stesso momento, implicazioni possibili implicitenella costituzione dell’immagine del fenomeno42. Al di là dei riferimenti, pos-sibili e pertinenti, al dibattito antropologico e morale dell’epoca e in particola-re al secondo volume dei Briefe über die Kantische Philosophie di Reinhold43,è importante notare che il passaggio compiuto in TB/1813 permette di spiega-re in maniera più esplicita la costituzione pratica anche della facoltà teoreticae, soprattutto, di comprendere come ogni prestazione del sapere, abbia una va-lenza pratica e teoretica nello stesso tempo, e cioè possa essere intesa comestruttura in grado di comprendere il reale e, nello stesso tempo, di modificarlo.

Questo elemento risulta decisivo per comprendere l’analisi fichtiana delnesso tra percezione, attenzione e immaginazione, che caratterizza la primaparte di TB/1810-11. In TB/1810-11 la percezione esterna e quella interna, in-fatti, non indicano una mera passività dell’io. Piuttosto coinvolgono l’eserciziodi una forza figurativa dell’io che, nel caso della facoltà teoretica, è vincolatain un punto determinato. Ciò che il sapere comune comprende come effettodella causalità di un oggetto sul soggetto, nel sapere trascendentale viene vistocome espressione di un’articolazione immanente al sapere, cioè di un’autore-lazione del fenomeno, che Fichte chiama anche “vita”. Con il termine perce-zione si intende perciò una specifica articolazione della vita tale da richiedereuna relazione affettiva tra soggetto e oggetto. L’oggetto non è dunque figuratoda un soggetto. È piuttosto il sapere (il fenomeno) che si rapporta a se stessosecondo una determinata figurazione che caratterizza la coscienza concreta.

La figurazione dell’oggetto, poi, è resa possibile dall’attività dell’immagi-nazione produttiva, il cui compito è quello di differenziare tra la percezione diun oggetto determinato e la sfera complessiva delle possibilità del sapere. Inrapporto alla percezione, l’immaginazione ne ritiene solo la forma, cioè il fat-tore limitante presente nell’affezione, ma non la limitazione effettiva prodottadall’oggetto esterno44. L’attività immaginativa, perciò, oscilla tra la limitazioneprodotta dall’affezione e le infinite possibilità del sapere di riarticolarsi e ride-terminarsi rispetto ad essa. In questo senso, l’oscillare dell’immaginazioneconserva e sviluppa le possibilità dell’autorelazione del fenomeno45. Le con-serva, perché, svincolandosi dalla limitazione le inscrive nella sfera delle pos-sibilità virtuali del sapere. Il dato percettivo viene rapportato a un modello o aun’idea che è suo compito progettare46. Le estende, perché questa relazione

Osservazione fenomenologica dei Fatti della coscienza in Fichte 629

42. TB/1813, p. 417.43. Per una visione d’insieme della discussione postkantiana sulla filosofia pratica e sul-

la centralità del secondo volume delle Lettere sulla filosofia kantiana per la formazione del-le coordinate del dibattito etico e morale nella filosofia classica tedesca rinvio a Ivaldo2012.

44. TB/1810-11 p. 28.45. Ivi, p. 31.46. Cfr. su questo anche TB/1813, p. 466.

permette di comprendere l’oggetto percepito come qualcosa di diverso dalmero prodotto di una causalità meccanica operante nella natura. L’immagina-zione è capace, infatti, di istituire una serie temporale e un orizzonte di com-prensione completamente alternativi rispetto al decorso naturale della perce-zione47. Il sapere, pertanto, può sempre vincolare la sua attività a un determi-nato punto percettivo le cui possibilità sono sempre anticipate e direzionatedall’immaginazione. Ma può anche sottrarvisi e superarlo.

L’attività dell’immaginazione, infatti, non ha solo la funzione di “rompere”il susseguirsi causale delle determinazioni sensibili. Ma vi intregra anche lapossibilità che il fluire delle determinazioni sensibili sia trattenuto e controlla-to48. Su questa via è possibile, secondo Fichte, passare dal sapere di un ogget-to al sapere del sapere. È il lavoro dell’immaginazione a fornire la consapevo-lezza che il principio che dà vita al sapere non coincide con la causalità del-l’oggetto percepito, anche se richiede una dinamica percettiva per comprende-re se stesso. Il sapere, quindi, si rivela come tale alla luce di una rielaborazio-ne del dato affettivo che, nella percezione interna, viene compreso come risul-tato del suo operare autoconsapevole. L’io non è l’autore di questa operazione,ma solo il suo riflesso, la sua manifestazione concreta: «Io, colui-che-sa, sonoallo stesso tempo il principio liberato dalla causalità immediata»49.

Il dato affettivo viene perciò rielaborato in due fasi. La prima consiste nel-l’arresto intenzionale della causalità immediata della percezione, che permettedi ritenere la sola forma della limitazione affettiva, comprensibile come un’au-tolimitazione della libertà del figurare. La seconda consiste nel librarsi riflessi-vo del sapere, oltre il dato percettivo e in funzione dell’attività figurativa del-l’immaginazione. Questi due momenti possono essere sintetizzati. L’immagi-nazione può sempre legarsi a un punto diverso da quello dato con la percezio-ne, concretizzando una possibilità “anticipata” con l’arresto del flusso percetti-vo50. La percezione, dunque, esprime un agire consapevole dell’io ed è il se-gno (si potrebbe dire il significante) di un insieme di possibilità più ampie delsapere stesso, che può abbandonarsi al dato percepito, ma può anche trasfor-marlo e ricondurlo a una “causalità” del sapere stesso, e in particolare all’in-tenzione di polarizzare la sua forza figurativa su un oggetto piuttosto che su unaltro. Questo processo, scrive Fichte, è «universalmente conosciuto con ilnome di attenzione»51 e presenta due caratteristiche fondamentali52. La prima:l’attenzione è espressione di una libera schematizzazione del dato e di unorientamento intenzionale dello sguardo che ha la funzione di trasformare ciò

630 Federico Ferraguto

47. Ibid.48. TB/1810-11, p. 32.49. Ibid.50. Su questo tema è molto efficace lo scritto di Dedeurwaerdere 2003, che ha il meri-

to di connettere queste argomentazioni fichtiane alla riflessione husserliana sulla sintesipassiva.

51. TB/1810-11, p. 33.52. Per una visione complessiva del concetto di attenzione in Fichte cfr. Maesschalck

2007 e Maesschalck 2003.

che la coscienza comune recepisce come prodotto della causalità esercitatasull’io da un oggetto esterno in una costruzione libera del sapere stesso. La se-conda: l’attenzione definisce un processo in cui il sapere si polarizza nel suooggetto dimenticando in un certo senso se stesso. L’attenzione, per così dire,“si consuma” nell’oggetto che mette a fuoco. Ma solo in un certo senso, per-ché il perdere se stesso che la caratterizza resta un agire consapevole di sé.L’attenzione implicita nella percezione permette perciò di differenziare il sape-re dalla mera registrazione del referto dell’esperienza, poiché tiene insieme ilriferimento materiale che definisce il sapere come sapere-di e la libertà figura-tiva che ne attesta l’autonomia rispetto al dato empirico.

Questo passaggio risulta evidente nella trattazione di altri due epifenomenidella coscienza concreta: la riproduzione e il ricordo. L’analisi fichtiana diquesti due momenti consente, infatti, di acquisire un piano di ricerca in cuil’incontro affettivo con il mondo, inizialmente limitato all’analisi del percepireesterno, può essere visto al livello dell’agire immanente e ideale dell’immagi-nazione53. La funzione di ritenzione e protenzione propria dell’attenzione sidispone in rapporto a un dato percettivo acquisito che l’immaginazione foca-lizza in una riproduzione libera. L’immaginazione, che coincide anche conl’attività ideale della coscienza, può così esercitare una «causalità secondo ilsuo essere» e, in questo modo, dispiegare la propria attività produttiva senzadoversi vincolare all’azione di un dato percettivo esterno54. L’attenzione con-sente di fissare il dato da riprodurre e, nel far questo, stabilisce i limiti, e dun-que la concretezza, dell’attività immaginativa. Ma l’attenzione ha anche unafunzione “prospettica”. Rendendo disponibile all’immaginazione il “già stato”,anticipa l’orizzonte di esplicazione dell’attività immaginativa ed esibisce le re-gole mediante le quali la riproduzione può avvenire55. L’attività ideale del sa-pere può quindi trarre sotto il proprio dominio la sfera della percezione esternale cui determinazioni possono essere ora traslate al superiore livello della defi-nizione dei fatti della coscienza in relazione alla facoltà pratica56. In virtù del-la riproduzione immaginativa, infatti, il territorio su cui si svolge la percezioneesterna può venire inteso in funzione dell’attività figurativa dell’immaginazio-ne la quale si esercita in relazione a una resistenza che l’immaginazione stessanon trae più dall’esterno ma che comprende come impulso dell’io a figurareun oggetto.

L’analisi del ricordare, invece, chiarisce in maniera molto perspicua la fun-zione ritenzionale dell’attenzione. È in virtù del prestare attenzione, infatti,che emerge l’orizzonte di condizionatezza all’interno del quale l’immaginazio-ne può esercitare la sua attività riproduttiva. Il fatto che l’attività riproduttiva si

Osservazione fenomenologica dei Fatti della coscienza in Fichte 631

53. TB/1810-11, p. 41, 74.54. Ivi, p. 40. 55. Ibid.56. TB/1810-11, p. 42: «L’intento della riproduzione è quello di ricevere in nostro po-

tere il mondo della percezione esterna indipendentemente da essa. D’ora in poi la sorgentedi questo mondo sta in noi stessi, trasferita nel potere della libertà che, in base al suo fine,lascia scorrere il suo flusso o lo arresta».

concretizzi nel presente, infatti, non significa che la vita autonoma della co-scienza sia costituita da un aggregato di istanti disconnessi e separati fra loro.La riproduzione avviene, è vero, nel presente. E tuttavia, il ripresentarsi diquanto viene riprodotto deve essere inscritto in un orizzonte generale di condi-zionatezza dell’immaginazione che è compito dell’attenzione ripresentare57.

È chiaro che oltre a essere funzionale alla comprensione del costituirsi ori-ginario della conoscenza teoretica, questa dinamica permette di spiegare anchealcuni aspetti metodologici relativi a quella particolare attuazione del sapereche è la WL. La riduzione del dato percettivo a frutto dell’attività riproduttivaè la prima condizione per cui ogni scienza, comprese le scienze della natura,può considerare un certo ambito fenomenico come il suolo d’indagine che le èproprio. Allo stesso modo deve comportarsi la WL e, prima di essa, l’introdu-zione, il cui scopo è quello di «far sì che il nostro mondo, l’interiore mondodella coscienza, divenga un nostro libero possesso»58. In una direzione analo-ga, chi si esercita nel filosofare ha la necessità di fissare per iscritto i propripensieri per poter più agilmente richiamare alla memoria la regola che lo hacondotto a fissare i contenuti dell’esposizione in rapporto a quanto “detto” dalWissenschaftslehrer, bensì in riferimento alla legge generale che attesta la le-gittimità di questa stessa operazione59.

Si tratta a questo punto di vedere come, a partire da questa comprensionedinamica della immanenza coscienziale, sia possibile costruire strutture di sen-so condivisibili le quali, pur essendo espressioni di determinazioni della co-scienza concreta, possano essere colte indipendentemente dalla relazione conessa.

5. La facoltà pratica e la facoltà superiore

L’analisi della riproduzione e del ricordo permette di compiere passi im-portanti per comprendere il modo in cui l’io esce da sé. Attraverso la riprodu-zione, l’io, ripetendo ciò che era stato recepito effettivamente, gli conferisceun senso stabile nel quadro unitario della coscienza in funzione della forma-zione di una struttura di senso che non dipende più da una sua condizione im-mediata. Nel caso del ricordo, invece, è in grado di richiamare alla memoriaeventi passati sottoponendo la sfera del suo vivere coscienziale a una legge chetrascende il suo vivere concreto. Così, se è vero che la percezione esterna è

632 Federico Ferraguto

57. Ivi, p. 49: «Il momento presente consiste in un libero pensare, esso sopravviene peruna qualche legge del pensiero che io attualmente già conosco e che quindi ho conosciutoin un qualche precedente stato e che ora, a partire dal momento dato, si lascia dispiegare nelricordo».

58. Ivi, p. 42.59. Ivi, p. 51 e p. 52: «Condizione di ogni ricordare è che, partendo dal momento in cui

si ha memoria, si acquisisca una chiara coscienza del proprio procedimento, giacché è soloa questo procedimento che il pensiero si riconnette secondo la legge della condizionatezza;quindi che ci si domandi come lo faccio e come un tal fare mi sia possibile».

condizionata dall’agire dell’immaginazione produttiva, è altrettanto vero chetale agire dovrà esprimere una causalità reale ed effettiva. In caso contrario lafigurazione immaginativa non sarebbe altro che la produzione di un mondocompletamente fittizio e, secondo quanto Fichte stesso scrive, di una condizio-ne patologica dell’essere umano60. Di fatto, l’immaginazione produttiva nonpuò “creare” oggetti. Il suo svincolarsi dalla puntualità intuitiva permette peròdi vedere il sapere come un’attività che progetta in maniera libera e consape-vole modelli per un operare alternativo al cieco corso della natura61. Modelli diquesto tipo sono, ad esempio, la stessa formazione di una Darstellung dellaWL e la costituzione di un «mondo» diverso dalla natura62. In tutti questi casila realtà e l’efficacia del lavoro dell’immaginazione devono essere vagliate infunzione della condivisibilità e della riconoscibilità dei modelli di comprensio-ne del dato percettivo che essa permette di progettare63.

È da questo punto che parte la trattazione dei fatti della coscienza in rela-zione alla facoltà pratica. Definire i criteri in base ai quali una produzione im-maginativa può essere condivisibile e riconoscibile presuppone, infatti, lacomprensione delle vie attraverso le quali il soggetto può riconoscere l’esi-stenza di altri esseri simili a lui. In TB la questione non è affrontata con unadeduzione, ma attraverso la descrizione di un fatto. Fichte dà per presuppostoche «oltre a me esistano esseri uguali a me»64. La questione non è quindi“come giungo ad ammettere esseri razionali fuori di me?”, ma come è possibi-le pensare una molteplicità di soggetti che si riconoscono reciprocamentecome tali senza annullare il presupposto su cui si regge tutta la descrizione diTB: il sapere non è il prodotto di un singolo individuo, ma l’espressione di unavita unitaria che nell’individuo trova un’articolazione particolare. Perciò il fat-to dell’esistenza di altri soggetti al di fuori di me deve essere pensato come«l’unica vita [che] si scinde in più vite, le quali nell’essenza devono essereuguali tra loro, sicché […] quella vita-Una dev’essere ripetuta in più forme edessere posta più volte»65.

La strategia che Fichte adotta nel chiarire questa tesi è strettamente ideali-stica66. Così come l’analisi della percezione esterna ha mostrato che l’eserciziodell’attenzione viene compreso alla luce di un’autorelazione del sapere che ri-tiene la limitazione percettiva solo nella sua “forma”, anche l’ammissione dialtri esseri razionali fuori dell’io viene messa a fuoco innanzitutto sotto il pro-filo formale. L’altro essere razionale non è descritto come una presenza mate-riale, ma come elemento funzionale a un’«intuizione di sé del sapere»67. In al-tre parole, la formazione di un “noi”, cioè la scissione della vita nelle sue mol-

Osservazione fenomenologica dei Fatti della coscienza in Fichte 633

60. Ivi, p. 34.61. Ivi, pp. 54-55, e ivi, p. 58.62. Ivi, p. 117.63. Su questo punto cfr. Lauth 1984, pp. 97 e segg.64. TB/1810-11, p. 66.65. Ivi, pp. 66-67.66. Ivi, p. 84.67. Ivi, p. 69.

teplici forme, è lo strumento grazie al quale essa si rende consapevole di sé.L’altro io viene inteso solo come forma legata al pensiero che l’io ha di sestesso come veicolo per il manifestarsi della vita del sapere. E la scissione, asua volta, risulta funzionale e preliminare alla ricomposizione consapevoledell’unità. La ricomposizione, infatti, non è preordinata dallo sviluppo dellavita, che di per sé non può essere intesa come un fondamento da cui emananol’io e gli altri68. Richiede, piuttosto, un gesto fattuale da parte del singolo indi-viduo che Fichte chiama libera riflessione. Riflettere su di sé significa imme-diatamente riconoscere l’altro e, nello stesso tempo, riconoscersi come espres-sione di un’unità alla cui articolazione consapevole contribuiscono tanto l’io,quanto l’altro, poiché ogni altro è pensato sempre anche come un io. Il ricono-scimento dell’altro e l’esercizio dell’attenzione non sono che due diversi modidi considerare la stessa irriducibile relazione tra sapere e soggetto concreto. Laperdita di sé che ha luogo nell’esercizio dell’attenzione è l’espressione dellanecessità di progettare un modello di comprensione del reale attraverso il, enel, pensiero dell’altro. Solo così la formazione immaginativa può essere valu-tata alla luce di un criterio di cui ogni singolo io è portatore. Ma pensare l’al-tro significa per Fichte anche intenderlo come espressione di quella vita-Unaalla cui articolazione contribuisce l’io stesso. La formazione di modelli imma-ginativi condivisi implica perciò una “fusione” dell’io con l’attività unitaria dicui il suo agire razionale è espressione. Fichte chiama questa fusione «farsi-Uno» dell’io stesso, la considera come il risultato dell’esercizio dell’attenzio-ne e la chiarisce come condizione di possibilità per il pensiero di altri esserirazionali69.

Così, l’uscir fuori dell’io verso l’altro è già sempre mediata dall’uscita ver-so un “terzo”. Il riconoscimento dell’altro è sempre anche comprensione diun’unità che costituisce tanto l’io quanto l’altro. Il riconoscimento è, in questosenso, accompagnato dal porre in comune ciò che è proprio dell’io, ovvero ilcomplessivo orizzonte di condizionatezza che lo definisce in quanto tale ecome principio di un agire reale e causale nel mondo. Tale orizzonte è costi-tuito, oltre a ciò che l’io produce immediatamente grazie al suo libero agire,anche dalla “natura” quale sfera in cui opera l’io comune70. Ed è grazie a que-sto mettere in comune che la natura diventa «mondo»71. Non si dà mondo sen-za un’elaborazione riflessiva che lo comprende come frutto di una formazionedi senso intersoggettiva. E il mondo non può essere compreso come universal-mente condivisibile se non in quanto visibilità della vita unitaria del sapere.

Abbiamo già detto che si tratta di una argomentazione strettamente ideali-stica. È Fichte stesso a chiarirne la natura propedeutica nell’importante quinto

634 Federico Ferraguto

68. Questa sembra invece essere l’interpretazione fornita da von Heereman 2010.69. TB/1810-11, p. 88.70. Ivi, p. 78.71. Si tratta di una distinzione molto importante, sviluppata in TB/1813, p. 467: «Il

mondo effettivo, perciò […] non è affatto la natura, ma è più di essa, essendovi trasferita lamanifestazione dell’etico».

capitolo della seconda sezione di TB/1810-11, dove procede a un’emendazio-ne di altri sistemi filosofici e soprattutto di quello schellinghiano e di quellokantiano72. Qui la descrizione idealistica non sembra essere intesa come laconseguenza necessaria e non calcolata del suo percorso. L’idealismo è volutoed è in parte provvisorio, in parte programmatico. Provvisorio, perché tuttal’argomentazione, pur essendo coerente, si colloca in un contesto speculativoincompiuto, che dovrà essere ulteriormente completato dallo svolgimento del-la WL in specie73. Programmatico, perché permette di definire quel piano ar-gomentativo che permette di dedurre un principio in grado di rendere conto si-multaneamente dell’io e del mondo con cui è esso in relazione. È la strutturastessa della fenomenologia in quanto propedeutica alla dottrina della verità,dunque, a implicare una visione idealistica che indaga il fatto fondamentale (ecioè il sapere, la coscienza, il fenomeno) da se stesso e per se stesso74.

Si tratta, a questo punto, di chiarire l’elemento superiore che permette ditenere insieme io e mondo. Entrambi sono espressione di un’autocomprensio-ne della vita del sapere attraverso un’immagine. In questa autocomprensionela vita giunge a vedere se stessa come un divenire continuo che, in parte, è co-stituito da un susseguirsi di determinazioni, in parte è espressione di una coe-renza assoluta, nella misura in cui le determinazioni che si susseguono posso-no sempre essere ricondotte alla sua attività unitaria. Come coerenza assoluta,il divenire della vita-una può essere compreso come eticità, cioè come attivitàassolutamente autonoma, assolutamente coerente ed espressione di un’esigen-za di giustificazione infinita.

Per altro verso, l’autocomprensione della vita come divenire implica anchel’intuizione del suo presupposto. Difatti, il divenire non potrebbe essere pensa-to senza qualcosa che diviene, cioè senza un essere: «ciò che finora è statoconsiderato come vita, secondo il suo essere assoluto, è intuizione, immagine,fenomeno. Ma intuizione è libertà da un essere, si riferisce a un essere che nel-l’intuizione è intuito, nell’immagine è immaginato, nel fenomeno appare»75. Sitratta, però, di un’intuizione diversa da quella che caratterizza la dinamica co-noscitiva. Giunto al culmine del suo processo di autocomprensione, infatti, ilfenomeno non può che cogliersi come strutturale, immediato e assoluto rinviooltre se stesso. Questo “oltre” non può essere fenomeno. È, piuttosto, il suo al-tro. Così, se il fenomeno esprime una dinamica fatta di relazioni, l’essere a cuiFichte fa riferimento è «semplicemente a partire da sé, da sé e attraverso di sé:esso è Dio»76.

Non si deve intendere il ricorso a Dio come al tentativo di uscire dalla di-mensione del sapere per rifugiarsi in una intuizione immediata o in un abban-dono mistico del sapere a un’entità trascendente. In TB Dio è il correlato ne-

Osservazione fenomenologica dei Fatti della coscienza in Fichte 635

72. TB/1810-11, pp. 123-128.73. Ivi, p. 120.74. Ivi, p. 84.75. Ivi, p. 207.76. Ivi, p. 208.

cessario della dinamica interna al sapere come assoluto divenire, cioè come ri-sposta permanente del sapere all’assoluta pretesa di fondatezza che motivaogni conferimento di senso al reale77. Questa pretesa non è soddisfatta da unadescrizione della conformità del mondo fenomenico alle sue strutture pensabi-li. Piuttosto, deve essere fatta emergere come compito infinito, come domandaassoluta di senso che giustifica se stessa attraverso la modificazione effettivadel reale in funzione di strutture dischiuse dalla ragione78. Il ricorso a Dio, inaltre parole, rende pensabile – ed esponibile in forma argomentativa – l’ideasecondo la quale la pretesa di verità implicita in ogni conferimento di sensoalla realtà debba eccedere l’ambito puramente proposizionale del sapere inspecie e divenire fare reale. La fondazione chiara di questa possibilità, però,avviene nel sapere stesso e non nel contesto introduttivo dei Fatti della co-scienza, che restano però essenziali per far nascere la concreta disposizionespirituale per attuarla.

Abbreviazioni

- GA: Johann Gottlieb Fichte, Gesamtausgabe der Bayerischen Akademie der Wissen-schaften, hrsg. von Reinhard Lauth, Gliwitzky, Stuttgart-Bad Cannstatt 1962; I, Opere;II, Opere postume; III, Corrispondenza; IV, Lezioni.- NW = Johann Gottlieb Fichtes nachgelassene Werke, hrsg. von Immanuel HermannFichte, Bonn 1834.- TB/1810-11 = Die Tatsachen des Bewusstseyns, in GA II, 12, pp. 11-135.- TB/1813 = Tatsachen des Bewusstseyns (1813), in NW I, pp. 401-574.

Riferimenti bibliografici

- Bertinetto 2001: Alessandro Bertinetto in L’essenza dell’empiria. Saggio sulla logicatrascendentale di Fichte, Loffredo, Napoli 2001.- Bokhove 1991: Niels W. Bokhove, Phänomenologie. Ursprung und Entwicklung desTerminus im 18. Jahrhundert, Scientia, Aalen 1991.- Breazeale 1998: Daniel Breazeale, Fichte’s Nova metodo phenomenologica. On themethodological role of intellectual intuition in the later Jena Wissenschaftslehre, in«Revue Internationale de Philosophie» 1998, pp. 587-616.

636 Federico Ferraguto

77. Ivi, p. 132: «Dio non è affatto possibile e assumerlo è una pura ed evidente assur-dità. Solo che quest’unico possibile oggetto del sapere, nel sapere reale non compare in for-ma pura, ma risulta sempre frammentato in forme del sapere necessarie nel loro complesso,la cui necessità va dimostrata. La dimostrazione della necessità di queste forme è appunto lafilosofia o dottrina della scienza».

78. In questa direzione mi sembra orientarsi la lettura di Thomas-Fogiel 2004, p. 101 esegg. del concetto di “fondamento assoluto” in Fichte come «espressione minimale», con-dotta implicitamente in polemica con una ermeneutica fichtiana che tende a vedere nellaWL una forma di idealismo religioso (ivi, p. 17 n.).

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Osservazione fenomenologica dei Fatti della coscienza in Fichte 637

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638 Federico Ferraguto