L'allegazione dei fatti nel processo civile. Profili sistematici

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INTRODUZIONE AL TEMA

01. Campo di indagine02. Metodo di indagine03. Programma di ricerca

PARTE PRIMA

CAPITOLO I

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DISPOSITIVO

01. Allegazione dei fatti e principio dispositivo nel processo civile: fon-damento e delimitazione del rapporto

02. Il principio dispositivo come limite al potere di cognizione del giu-dice: la rilevazione da parte del giudice di fatti non dedotti compor-ta il mutamento della situazione sostanziale

03. La disponibilità della realtà materiale (situazione giuridica soggetti-va) fuori del processo implica la disponibilità della dichiarazionefattuale a livello processuale

04. Natura e fondamento dell’interesse della parte a delimitare in fattola tutela richiesta al giudice. L’indicazione dei fatti come esposizio-ne cosciente

05. Allegazione e principio dispositivo, come principio tecnico del pro-cesso, giustificato da imprescindibili esigenze di imparzialità delgiudicante

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INDICE

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VIII L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

CAPITOLO II

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI EPRINCIPIO DELLA DOMANDA

01. Allegazione dei fatti e principio della domanda nel processo civile:fondamento e delimitazione del rapporto

02. L’allegazione dei fatti come comunicazione di un significato qualerisulta positivamente regolato dalle norme giuridiche. Fatto comegiudizio. Domanda come un’unità inscindibile, espressione di ungiudizio di significabilità sociale normativa del fatto. L’allegazionedei fatti è la domanda vista in senso comunicativo

03. L’allegazione dei fatti giuridici come elemento costitutivo della do-manda. L’allegazione dei fatti come dichiarazione imperativa o divolontà (Willenserklärung)

04. (segue) L’indicazione del fatto costitutivo come componente essen-ziale della domanda, con parità funzionale rispetto agli altri compo-nenti

05. L’allegazione del fatto giuridico, dal quale un diritto nasce, comeelemento necessario di identificazione della domanda giudiziale,anche nei casi in cui non sia elemento di identificazione del dirittostesso. Allegazione e giudicato

06. (segue) Rilevanza del motivo portante fattuale della decisione in ca-so di successive liti. L’allegazione dei fatti differenzia la richiesta ditutela ed è, pertanto, rimessa al potere monopolistico della parte

07. Allegazione dei fatti costitutivi e norme sulla giurisdizione/compe-tenza: restrizione dell’oggetto del giudizio e funzione individuantedella domanda da parte dell’allegazione dei fatti costitutivi

CAPITOLO III

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVIE PRINCIPIO DI TRATTAZIONE

01. Allegazione dei fatti costitutivi e principio di trattazione nel proces-so civile: fondamento e delimitazione del rapporto

02. L’individuazione in fatto della richiesta di tutela è necessaria per ladeterminazione dei poteri (rectius: doveri) del giudice e dei poteri (efacoltà) delle parti

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INDICE IX

03. L’individuazione in fatto della richiesta di tutela è imposta dalla ga-ranzia costituzionale del diritto di difesa

04. Allegazione e prova dei fatti4.1. (segue) L’onere della prova implica l’onere dell’affermazione,

in un sistema retto dal principio del contraddittorio e nel ri-spetto del principio di eguaglianza tra le parti

4.2. (segue) L’art. 115 c.p.c. indica un’eccezione (rilevabilità d’uffi-cio dei fatti notori) ed una regola (divieto di rilevare fatti nonallegati dalle parti)

4.3. (segue) L’art. 2697 c.c. rimette al potere monopolistico dellaparte sia l’allegazione dei fatti da provare che l’indicazionedella fonte di prova, rimanendo al giudice, ex art. 115 c.p.c.,soltanto la possibilità di formalizzare il mezzo di prova

4.4. (segue) Il principio di acquisizione e l’allegazione dei fatti05. L’allegazione dei fatti in un sistema processuale governato da un ri-

gido regime di decadenze e preclusioni

CAPITOLO IV

ALLEGAZIONE ED ECCEZIONE.ALLEGAZIONE DEI FATTI SECONDARI, NOTORI

E SOLO PROCESSUALMENTE RILEVANTI

01. Rapporto tra parti e giudice con riferimento ai fatti impeditivi, mo-dificativi ed estintivi, nonché con riferimento ai fatti secondari, no-tori e solo processualmente rilevanti. Delimitazione dell’analisi

02. Impostazione dell’analisi03. Allegazione di fatti impeditivi, modificativi ed estintivi. Potere mo-

nopolistico della parte04. Rilevabilità da parte del giudice dei meri fatti impeditivi, modifica-

tivi ed estintivi, non fondanti eccezioni riservate della parte. Tenta-tivi di coordinamento con la concezione dell’allegazione come Wil-lenserklärung

05. (segue) Rilevabilità da parte del giudice dei meri fatti impeditivi,modificativi ed estintivi, non fondanti eccezioni riservate della par-te. Tentativi di coordinamento con la previsione della necessità diun’esposizione cosciente del fatto per rendere lo stesso utilizzabiledal giudice ai fini della decisione

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X L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

06. Allegazione dei fatti impeditivi, modificativi ed estintivi e principîgenerali del processo regolanti il rapporto tra le parti e tra le partie il giudice (imparzialità del giudice; onere della prova e principiodi acquisizione; principio del contraddittorio e garanzia di difesa)

07. Allegazione dei fatti secondari08. Allegazione dei fatti notori09. Allegazione dei fatti solo processualmente rilevanti. Utilizzo da

parte del giudice della propria scienza privata

RIEPILOGO E SPUNTI RICOSTRUTTIVI

01. Riepilogo02. Spunti ricostruttivi03. (segue) Passaggio alla fase istruttoria e possibilità di rimessione in

termini

PARTE SECONDA

CAPITOLO I

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ

01. Ragioni e scopo dell’indagine storico-comparativa02. Origini del c.d. principio di eventualità03. Il c.d. jüngster Reichsabschied del 1654 e il principio di eventualità04. Il Regolamento giudiziario di Giuseppe II del 1781 e il principio di

eventualità05. Limiti del principio di eventualità, relativamente all’allegazione dei

fatti, e suo abbandono. Principio dell’oralità nella trattazione. Si-gnificato

06. Significato e contenuto del principio di eventualità, con particola-re riferimento all’allegazione dei fatti. Domanda e allegazione deifatti

07. Struttura e capacità contenutistica del giudizio, con riferimento aifatti

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INDICE XI

08. Capacità contenutistica del processo e oggetto della lite come Re-chtsfrage. Allegazione dei fatti come Willenserklärung

09. Modalità di attuazione del contraddittorio e disciplina dell’allega-zione dei fatti

10. Suddivisione in due fasi del processo e disciplina dell’allegazionedei fatti

CAPITOLO II

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE.FATTI AVVENTIZI E MEZZI DI FATTO E DI DIRITTO.

MODALITÀ DI ATTUAZIONE DEL CONTRADDITTORIO

01. Motivazioni e scopo dell’analisi del sistema processuale francese.Piano di esposizione

SEZIONE PRIMAARCHITETTURA DEL SISTEMA PROCESSUALE FRANCESE

02. Scansione del processo. Progressiva affermazione del ruolo del giu-dice

03. Il giudice come signore dei tempi04. Natura ed efficacia dei termini fissati dal giudice

SEZIONE SECONDADISCIPLINA DELL’ALLEGAZIONE DEI FATTI.

MEZZI DI FATTO E MEZZI DI DIRITTO.MEZZI MISTI DI FATTO E DI DIRITTO. FATTI AVVENTIZI.

POTERI DI RILIEVO DEL GIUDICE E RISPETTODEL CONTRADDITTORIO

05. Innovazione del linguaggio giuridico: da cause a fondement dellapretesa, articolato in moyens

06. Apparente dicotomia tra fatto e diritto07. Nozione di moyen08. (segue) Varie definizioni di moyen

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XII L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

09. Poteri di iniziativa delle parti sulla materia del contendere10. Intervento del giudice sulla materia del contendere e, in particolare,

partecipazione alla costruzione dell’«edificio del fatto»11. I fatti nel dibattimento12. I c.d. fatti avventizi13. Il principio del contraddittorio nel nuovo codice di procedura civi-

le francese14. Àmbito di applicazione del principio del contraddittorio15. Modalità di attuazione del contraddittorio

SEZIONE TERZAMODALITA DI ATTUAZIONE DEL CONTRADDITTORIOUNA VOLTA CHIUSA LA FASE DI MESSA IN STATO

16. Impostazione del problema. Evoluzione legislativa17. Modalità di attuazione del contraddittorio durante l’udienza di di-

scussione18. Modalità di attuazione del contraddittorio in fase di decisione19. Sintesi e verifica

CAPITOLO III

APPLICAZIONE AL NOSTRO PROCESSO CIVILEDEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI

01. Piano di esposizione e caratteristiche dell’analisi

SEZIONE PRIMAMODALITA DI RACCOLTA DEL MATERIALE DI FATTO

NEL NOSTRO PROCESSO CIVILE

02. Profilo statico e dinamico dell’allegazione dei fatti nel processo. At-tuazione del contraddittorio. Capacità contenutistica del nostropro cesso

03. Ripristino dei poteri di reazione della parte o rimessione in termini04. Modalità di raccolta del materiale di fatto nel rito del lavoro e pote-

ri di intervento del giudice nella costruzione dell’edificio del fatto

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INDICE XIII

05. Allegazione di un fatto e proposizione di un’eccezione5.1. (segue) Proposizione dell’eccezione, considerando l’allegazio-

ne dei fatti come la comunicazione di un significato positiva-mente regolato da norme giuridiche

5.2. (segue) Proposizione dell’eccezione, considerando l’allegazio-ne dei fatti come una Willenserklärung, cioè come una dichia-razione di volontà

5.3. (segue) Proposizione dell’eccezione come profilo dinamicodell’allegazione dei fatti

06. Allegazione dei fatti in modo condizionato o subordinato e limitioggettivi del giudicato6.1. (segue) Allegazione dei fatti in modo condizionato o subordi-

nato e raccolta del materiale di fatto secondo il principio dieventualità

6.2. (segue) Allegazione dei fatti in modo condizionato o subordi-nato ed eccezioni in senso stretto

07. Revoca dell’allegazione di un fatto

SEZIONE SECONDAALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITA

NELLA FORMAZIONE DELL’ATTO UNILATERALE ENEL SUCCESSIVO GIUDIZIO IMPUGNATORIO

08. Impostazione del tema di indagine09. Tecnica procedimentale di formazione dell’atto unilaterale licenzia-

mento o sanzione conservativa disciplinare ed efficacia preclusiva10. Giudizio di impugnazione dell’atto unilaterale licenziamento. Deli-

mitazione dell’analisi11. Integrazione o variazione della motivazione dell’atto di licenzia-

mento nel corso del giudizio di opposizione12. Profili della tecnica impugnatoria e principio di eventualità, con

particolare riferimento al giudizio di opposizione a sanzioni ammi-nistrative

13. Efficacia preclusiva del giudizio di opposizione all’atto unilaterale ereiterazione dell’atto

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A Daniele e Giulio,per la loro capacità

di stupirsi

INTRODUZIONE AL TEMA

SOMMARIO: 1. Campo di indagine. – 2. Metodo di indagine. – 3. Programma diricerca.

1. Campo di indagine

Questo studio ha per tema l’allegazione dei fatti nel processo civile, alfine di capire quale sia, in assenza di un’espressa normativa, la disciplina ela funzione della stessa.

Semplificando, si può dire che quattro sono le operazioni che si com-piono intorno al fatto nel processo:

1) esposizione di un avvenimento storico;2) prova del modo in cui si è svolto tale avvenimento;3) sua qualificazione giuridica;4) indicazione degli effetti prodotti da tale avvenimento 1.

Queste quattro operazioni sono strettamente collegate l’una all’altra erappresentano il modo con il quale la realtà sostanziale interagisce con latutela giurisdizionale.

Si pone il problema di stabilire come questa esposizione dell’avveni-mento storico debba e possa avvenire nel processo e, quindi, quale sia lanatura e la funzione di questa esposizione.

Si pone il problema di delimitare i poteri o facoltà delle parti rispetto aipoteri o facoltà del giudice nella rilevazione dei fatti ed attribuzione di ef-ficacia giuridica agli stessi.

In particolare si tratta di stabilire se il giudice ha o meno la possibilità

1 Cfr. FABBRINI, L’eccezione di merito nello svolgimento del processo di cognizione, inStudi in memoria di Carlo Furno, Milano, 1973, ora in Scritti giuridici, I, Milano, 1989, p.355.

di considerare ai fini della decisione un fatto che è stato soltanto indicato,ma non utilizzato dalla parte a sostegno delle proprie argomentazioni di-fensive; se il giudice può o meno poggiare la propria decisione su di un fat-to, che risulta dagli atti di causa e, in particolare, dai documenti prodotti,anche se le parti hanno ignorato tale fatto; se la parte può o meno dettareal giudice un ordine di esame dei fatti ritenuti rilevanti (condizionamentoo subordinazione nell’allegazione dei fatti); se la parte può o meno allega-re fatti impossibili o fatti tra di loro in aperta contraddizione; se la partepuò o meno revocare l’allegazione di un fatto, che, pertanto, non potrà piùessere preso in considerazione ai fini della decisione.

Così si tratta di stabilire se la parte contro la quale è richiesto, ad esem-pio, il risarcimento dei danni per aver restituito rotta la pentola prestatale,possa difendersi, dicendo: «primo, l’attore non mi ha prestato niente; se-condo, la pentola era già rotta; terzo, io gliel’ho restituita intera» 2; ovveroil soggetto, a cui è richiesta la restituzione di una somma di danaro, possadifendersi, sostenendo: «in primo luogo, non mi hai dato nessuna sommadi danaro, non è vero niente; in secondo luogo, te l’ho restituita già da unanno; in terzo luogo, mi hai dichiarato che era un regalo; in quarto luogo,il credito è prescritto» 3.

Così si tratta di stabilire, ad esempio, se la parte che agisce in riven-dicazione possa allegare in maniera condizionata o subordinata plurimefattispecie di acquisto del diritto di proprietà e pretendere dal giudicel’accertamento della realtà di fatto secondo l’ordine dalla stessa parte in-dicato.

L’allegazione dei fatti nel processo può pertanto apparire come una di-chiarazione imperativa o normativa o di volontà (Willenserklärung), ingrado di obbligare il giudice a pronunciarsi su di essa e soltanto su di essa;ovvero può ricostruirsi come una mera dichiarazione di scienza (Wissens -erklärung), senza alcun effetto imperativo sul giudice; ovvero ancora l’al-legazione dei fatti, intesa come dichiarazione cosciente circa l’esistenza diun fatto, può ritenersi non indispensabile, in quanto il giudice può rileva-re un fatto non indicato dalle parti anche dagli atti di causa e utilizzarlo aifini della decisione.

La soluzione di questi problemi implica una corretta impostazione del

2 Così COSTA, Manuale di diritto processuale civile, Torino, 1980, p. 260, nota 3.3 Questo esempio è tratto da GOLDSCHMIDT, Zivilprozessrecht, Darmstadt, 1969, ri-

stampa della 2a ed., Berlino, 1932, p. 46.

2 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

rapporto tra realtà sostanziale e processo, nonché del rapporto tra i pote-ri del giudice e quelli delle parti, nel rispetto del diritto di azione e di dife-sa, del principio del contraddittorio e del principio di eguaglianza, delprincipio di imparzialità del giudice, nonché delle esigenze di economiaprocessuale e di lealtà e correttezza nel comportamento processuale.

È per questo che, nel linguaggio giuridico, per definire l’atto di intro-duzione del fatto storico nel processo, si usa il termine ambivalente di «al-legazione», cioè un termine che consente la presenza di idee ed atteggia-menti diversi e talora opposti, a seconda dell’impostazione che si dia alrapporto tra realtà sostanziale e processo e al rapporto tra poteri del giu-dice e poteri delle parti.

L’allegazione è infatti definita come «l’atto processuale con cui chi agi-sce (o resiste) in giudizio afferma (oppure nega) la sussistenza di determi-nati fatti concreti, prospettati od esposti a fondamento di una domanda odi un’eccezione, quali elementi genetici dell’effetto giuridico invocato» 4.Inoltre si afferma che il contenuto di tale atto viene a «modellarsi in coe-renza con l’oggetto della prova» e si aggiunge il riferimento alla domandaed all’eccezione come «costante strutturale correlata, se non altro funzio-nalmente, all’individuazione della causa petendi (vel excipiendi)» 5.

In tal modo si mantiene l’intima connessione delle quattro descritteoperazioni, che si compiono intorno al fatto, e si introducono, come ter-mini di raffronto dell’allegazione, la domanda e l’eccezione, o meglio lacausa petendi vel excipiendi rispettivamente della domanda e dell’eccezio-ne, da una parte, e le regole sulla trattazione della causa e dell’istruzioneprobatoria, dall’altra parte.

Anzi, poiché la proposizione della domanda, così come di alcune ecce-zioni, è rimessa alla volontà della parte, innanzitutto si rapporta l’allega-zione dei fatti al principio dispositivo, per cui spetta alla parte non soltan-to decidere se richiedere la tutela, formulando la domanda, ovvero deci-dere se difendersi, proponendo eccezioni, ma, quando oggetto del con-tendere è una situazione giuridica disponibile, spetta alla parte anche de-limitare in fatto l’àmbito di cognizione del giudice.

Pertanto, l’analisi dell’allegazione dei fatti dovrà tener conto del prin-cipio della domanda, del principio dispositivo e del principio di trattazio-

4 Così COMOGLIO, voce Allegazione, in Dig. disc. priv. (sez. civ.), I, Torino, 1987, p. 274,dopo aver dato atto dell’ambivalenza del termine allegazione.

5 Così COMOGLIO, op. loc. cit.

INTRODUZIONE AL TEMA 3

ne (Verhandlungsmaxime), unitamente alla previsione di preclusioni ini-ziali nell’allegazione dei fatti.

Parimenti dovrà essere tenuto conto dell’interferenza tra l’allegazionedei fatti e il principio di imparzialità ed equidistanza del giudice, che hacome corollario il divieto di utilizzo della propria scienza privata 6; il prin-cipio di acquisizione, in forza del quale le risultanze istruttorie divengonocomuni ad entrambe le parti e al giudice stesso, principio che è incerto sevalga anche con riferimento al thema probandum, cioè ai fatti in qualsiasimodo e da qualsiasi parte introdotti nel processo 7; il principio di econo-mia processuale 8; il principio del contraddittorio, unitamente al diritto didifesa dei contendenti 9.

Inoltre va segnalato che la correlazione che si instaura tra allegazione edomanda potrebbe incidere sull’ampiezza dell’oggetto del giudizio, sullaportata del giudicato e sulla possibilità di modificare la domanda.

Questo l’ampio campo di indagine.

2. Metodo di indagine

L’analisi del tema «allegazione dei fatti» viene impostata di regola a li-vello di teoria generale, insensibile all’eventuale differente architettura delprocesso civile tracciata dal legislatore.

L’allegazione dei fatti viene rapportata al principio dispositivo, in quantoesplicazione della natura disponibile della situazione giuridica o del rappor-to giuridico controversi ovvero viene rapportata al principio della domanda,in quanto l’allegazione dei fatti costitutivi ha identica struttura ovvero servea fissare i limiti, invalicabili per il giudice, della domanda giudiziale.

In questo modo l’attenzione viene accentrata sull’attore e, quindi, sul -l’allegazione dei fatti costitutivi.

Al contrario viene trascurata l’attività di allegazione e di rilevazione difatti secondari o notori o solo processualmente rilevanti 10.

6 Cfr. parte prima, cap. I, § 5.7 Cfr. parte prima, cap. III, § 4.4.8 Cfr. parte prima, cap. II, § 5 ss.9 Cfr., in particolare, parte prima, cap. III, §§ 3, 4.1, 4.4, 5; parte seconda, cap. II, se-

zioni seconda e terza.10 Cfr. parte prima, cap. III, §§ 7, 8 e 9.

4 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Quanto poi al convenuto, l’attività di allegazione viene rapportata allaproposizione di eccezioni, da cui finisce per mutuarne il regime e la disci-plina. Si afferma, infatti, che il giudice può rilevare ex actis fatti impediti-vi, modificativi o estintivi non utilizzati dal convenuto, purché tali fattifondino un’eccezione rilevabile d’ufficio dal giudice. Tale affermazioneconvive con l’altra affermazione, per cui, in ossequio al principio disposi-tivo o al principio della domanda, l’allegazione dei fatti costitutivi è inte-ramente rimessa al potere monopolistico della parte e, pertanto, il giudicenon ha la possibilità di rilevare un fatto non allegato, cioè non utilizzatoespressamente dalla parte, poiché andrebbe extra petita.

In questo modo, limitatamente ai fatti principali, si effettua una nettadifferenziazione tra attore e convenuto, difficile da giustificare.

In ogni caso, le conclusioni a cui si giunge (salvo rare eccezioni) sonovalide generalmente, proprio in quanto poggiano su principî generali di ci-viltà giuridica. Pertanto, più che conclusioni di un ragionamento sono da-ti acquisiti, fatti propri dal nostro ordinamento e non più discutibili.

Nell’affrontare l’analisi del tema «allegazione dei fatti» occorre, per-tanto, porci come bambini, ricchi di quella capacità di stupirci, che, cre-scendo, progressivamente si va perdendo 11.

Occorre, cioè, non dare per scontata e incontrovertibile l’idea di par-tenza che il tema dell’allegazione dei fatti, poiché riguarda il modo in cuila realtà sostanziale entra nel processo e nello stesso può essere esaminata,deve unicamente rispondere ai principî generali del rapporto tra dirittosostanziale e processo civile ed avere un regime ed una disciplina validi ge-neralmente.

Al contrario, bisognerà anche esaminare come è strutturato e comefunziona lo strumento che la legge predispone per attuare giurisdizional-mente la tutela di un diritto, cioè bisognerà esaminare come è strutturatoe come funziona il processo, per poter stabilire se le regole interne di fun-zionamento dello stesso, senza alterare la disciplina sostanziale del dirittocontroverso, influenzano il regime dell’allegazione dei fatti.

Bisogna, cioè, accertare se il regime dell’allegazione dei fatti sia una va-riabile dipendente da determinate scelte di tecnica processuale.

Il regime e la disciplina dell’allegazione dei fatti, che così potranno es-sere precisati, dovranno essere individuati con riferimento a tutte le cate-

11 Cfr. GAARDER, Il mondo di Sofia, traduzione dall’originale norvegese Sofies verden daparte di Podestà Heir, 8a ed., Milano, 1995, p. 17 ss.

INTRODUZIONE AL TEMA 5

gorie di fatti, sia costitutivi che impeditivi-modificativi-estintivi, sia princi-pali che secondari o notori o solo processualmente rilevanti, in modo daavere una disciplina coerente e razionale al proprio interno.

3. Programma di ricerca

Lo svolgimento del tema necessita innanzitutto di una ricognizione cri-tica delle teorie, che hanno fatto dipendere il regime e la disciplina dell’al-legazione dei fatti dal rapporto tra realtà sostanziale e processo, con vali-dità generale ed assoluta.

Soltanto passando da questa ricognizione critica, potrà aprirsi la via aduna diversa ricostruzione del tema «allegazione dei fatti nel processo civi-le», che tenga conto concretamente dell’architettura del processo disegna-ta dal legislatore. L’analisi dovrebbe, infatti, arrestarsi, ove si concluda chela disciplina dell’allegazione dei fatti dipende, ad esempio, dalla natura di-sponibile della situazione giuridica controversa ovvero dall’assimilazionecon la domanda o con l’eccezione.

Pertanto, la prima parte di questo lavoro comprende l’analisi delle teo-rie, che hanno tentato di enucleare un regime ed una disciplina dell’alle-gazione dei fatti, con validità generale ed assoluta, a prescindere dalla con-creta struttura del processo.

L’esposizione è condotta volutamente focalizzando l’attenzione soltan-to sul tema dell’allegazione dei fatti, senza scivolare a tracciare le molte-plici questioni collaterali, a cui il tema ben si presta, specialmente nel mo-mento in cui si affronta il rapporto con i principî generali regolanti il rap-porto tra realtà sostanziale e processo. L’esposizione avrebbe avuto unamaggior completezza e l’autore avrebbe forse mostrato di padroneggiarela materia, ma sicuramente ne avrebbe risentito l’incisività e comprensibi-lità di questo lavoro. Tale prezzo non si è inteso pagare.

Sempre in quest’ottica è stata consapevolmente esclusa una parte stori-ca, con partenza dal diritto romano, sulla base della convinzione che sol-tanto uno storico, dopo attenta lettura diretta delle fonti, può tracciare losvolgimento temporale di un determinato istituto. Soltanto a partiredall’età moderna, uno studioso, che non abbia le capacità dello storico,può approfondire un determinato tema di indagine. Ed è quello che è sta-to fatto.

Parimenti si è consapevolmente esclusa una parte relativa a mera com-parazione con altri ordinamenti, spesso ridotti nell’esposizione a poche e

6 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

generali osservazioni, per non appesantire l’esposizione, senza alcun utilecostrutto. Al contrario, si è versata nell’esposizione l’analisi di quei sistemigiuridici, passati o presenti, che è risultata utile ai fini di una migliore com-prensione del regime e della disciplina dell’allegazione dei fatti nel pro-cesso civile.

Pertanto, è stata ricondotta alla seconda parte di questo lavoro unacompiuta analisi delle origini del c.d. principio di eventualità, così comeavvenne in Germania davanti al tribunale camerale dell’impero (Reichs -kammergericht) nonché presso molti tribunali dei Länder, specialmente aseguito del c.d. jüngster Reichsabschied del 1654. Analogo sistema proces-suale, improntato al c.d. principio di eventualità, è poi previsto nel regola-mento giudiziario di Giuseppe II del 1° maggio 1781, applicato inizial-mente in Austria e successivamente, a seguito di limitati adattamenti, an-che in Lombardia a partire dal 1° maggio 1786 12.

In tale seconda parte è altresì analizzato l’odierno sistema processualefrancese, ove è valorizzato il principio del contraddittorio, anche nei rap-porti tra le parti ed il giudice.

L’analisi di questi sistemi processuali ha un duplice intento: verificarela conclusione a cui giungeremo al termine della prima parte di questo la-voro e cioè che l’allegazione dei fatti è una variabile dipendente da una de-terminata architettura del sistema processuale; tracciare le condizioni tec-niche necessarie, anche tenendo conto dello svolgimento dialettico delprocesso, per consentire al giudice o alla parte di attribuire rilevanza giu-ridica a fatti avventizi 13, cioè a circostanze fattuali versate in causa (risul-tanti ex actis), ma rimaste silenti, inerti, in quanto non invocate.

Inoltre tale analisi consente di chiudere il cerchio, offrendo al lettoregli strumenti di indagine per analizzare il sistema processuale cui è inte-ressato e così dare una risposta ai sopra indicati interrogativi sulla natura,funzione e disciplina dell’allegazione dei fatti e sul ruolo rispettivamentespettante al giudice e alle parti.

12 Vedi PICARDI e GIULIANI (a cura di), Regolamento giudiziario di Giuseppe II. 1781,Milano, 1999; PICARDI, Il regolamento giudiziario di Giuseppe II e la sua applicazione nellaLombardia austriaca, in Riv. dir. proc., 2000, p. 36 ss.; TARUFFO, La giustizia civile in Italiadal 700 ad oggi, Bologna, 1980, p. 33 ss.; TARELLO, Storia della cultura giuridica moderna,I, Assolutismo e codificazioni del diritto, Bologna, 1976, p. 514 ss.; VISCONTI, La codifica-zione del processo civile a Milano durante la dominazione austriaca (1784-1795), in Riv. dir.civ., 1914, p. 1 ss., in particolare sulle difficoltà di recepimento in Lombardia.

13 Sulla definizione e contenuto di questa categoria vedi infra parte seconda, cap. II, §12.

INTRODUZIONE AL TEMA 7

Questo è lo scopo che si intende conseguire: tracciare i profili sistema-tici dell’allegazione dei fatti nel processo civile.

Per completezza, questo lavoro si chiude, colando i delineati strumen-ti di indagine nello stampo del nostro sistema processuale, così come rico-struito dal legislatore. Per rispettare l’economia di questo lavoro si trattadi una mera prospettazione, senza pretesa di esaustività.

In fine, per la sua particolarità, si indicano le implicazioni dei delineatiprofili sistematici dell’allegazione dei fatti nei processi c.d. impugnatori, incui all’ingresso del processo c’è già un atto, che individua i fatti rilevanti del-la situazione o rapporto giuridico controversi. Degno di attenzione è, infat-ti, il rapporto intercorrente tra la fase procedimentale, che sfocia nel l’attounilaterale, e la successiva fase giudiziale di impugnazione di tale atto.

8 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

PARTE PRIMA

10 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DISPOSITIVO 11

CAPITOLO I

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVIE PRINCIPIO DISPOSITIVO

SOMMARIO: 1. Allegazione dei fatti e principio dispositivo nel processo civile:fondamento e delimitazione del rapporto. – 2. Il principio dispositivo come li-mite al potere di cognizione del giudice: la rilevazione da parte del giudice di fat-ti non dedotti comporta il mutamento della situazione sostanziale. – 3. La di-sponibilità della realtà materiale (situazione giuridica soggettiva) fuori del pro-cesso implica la disponibilità della dichiarazione fattuale a livello processuale. –4. Natura e fondamento dell’interesse della parte a delimitare in fatto la tutela ri-chiesta al giudice. L’indicazione dei fatti come esposizione cosciente. – 5. Alle-gazione e principio dispositivo, come principio tecnico del processo, giustificatoda imprescindibili esigenze di imparzialità del giudicante.

1. Allegazione dei fatti e principio dispositivo nel processo civile: fon-damento e delimitazione del rapporto

Come possa avvenire la fissazione del thema decidendum, in ordine alfatto, nel processo civile non è espressamente disciplinato e, quindi, si po-ne il problema di delimitare i poteri o facoltà delle parti rispetto ai poterio facoltà del giudice nella rilevazione ed attribuzione di efficacia giuridicaai fatti su cui fondare la decisione.A questo proposito viene in considerazione il c.d. principio dispositivo.Il principio dispositivo è alla base della regola, per cui nel processo ci-

vile «iudex iudicare debet iuxta allegata et probata partium» 1.

1 Controversa è l’origine di questa massima. Secondo LIEBMAN, Fondamento del prin-cipio dispositivo, in Riv. dir. proc., 1960, p. 551, nota 1, la massima risale a DURANTI, Secu-lum iud., II, 3, § 5, n. 1; secondo GRASSO, La pronuncia d’ufficio. I. La pronuncia di merito,Milano, 1967, p. 66, nota 46, «il ditterio secundum allegata et probata si ritrova nell’Or-donnance de Montils-Les-Tours del 1453 (art. 123)»; secondo NÖRR, Zur Stellung des

Prima di procedere all’esame dell’interferenza di tale principio con l’al-legazione dei fatti nel processo civile, è opportuno precisare il significatoattribuito a tale espressione.Innanzitutto tale principio viene riferito al campo del diritto sostanzia-

le come espressione riassuntiva della regola per cui è riservata alla volontàdei privati la disposizione delle loro situazioni giuridiche soggettive, salvoparticolari eccezioni. La disposizione è una facoltà per il titolare del dirit-to soggettivo, che si esprime in un’attività squisitamente giuridica, attra-verso atti negoziali, rimessi alla volontà del disponente, salvo particolari li-miti 2; la disposizione può pertanto avvenire tramite rinuncia, cessione oalienazione o donazione del diritto ovvero tramite costituzione di un limi-te esterno alla facoltà di godimento dello stesso, come in caso di costitu-zione di un diritto reale minore, che limita la facoltà di godimento del di-ritto di proprietà dello stesso bene 3.Aspetto diverso dalla disponibilità negoziale è la tutela giuridica del di-

ritto sostanziale. Tale ultimo aspetto è stato fatto rientrare sia nella strut-tura/contenuto del diritto 4 sia in una più ampia latitudine della disponi-

Rich ters im gelehrten Prozess der Frühzeit: Iudex secundum allegata non secundum con-scientiam iudicat, München, Beck, 1967, p. 51 ss. (richiamato da CAVALLONE, Crisi delle«maximen» e disciplina dell’istruzione probatoria, in Riv. dir. proc., 1976 e ora in Il giudicee la prova nel pro cesso civile, Padova, 1991, p. 293, nota 6) la più antica apparizione di ta-le brocardo si trova in una raccolta canonistica di quaestiones anteriore al 1160, intitolataPrior consensu fratrum: «queritur an (iudex) secundum conscientiam vel potius secundum al-legata iudicare debeat». Al di là dell’origine di questa massima, rileva il fatto che tale afori-sma ha significato e significa un certo modo di intendere il rapporto tra realtà so stanzialee processo, con riferimento ai poteri delle parti e del giudice. È questo significa to, che siintende esaminare infra nel testo.

2 In particolare alcuni diritti risultano indisponibili soltanto per alcuni aspetti, come ades. il diritto di usufrutto, che non è trasmissibile mortis causa, mentre è trasmissibile per at-to inter vivos.

3 La disponibilità del diritto può essere esclusa o in considerazione della qualità del -l’inte resse presupposto (ad es., i diritti strettamente personali e i c.d. diritti della persona-lità) o in considerazione del loro titolare e della destinazione a soddisfare esigenze pubbli-che (ad es., il diritto di proprietà di beni demaniali). Conseguenza dell’indisponibilità èl’assoluta invalidità dell’atto di disposizione. Si parla, infatti, di indisponibilità relativa,quando l’atto di disposizione non è nullo, ma meramente annullabile (ad es., a norma del -l’art. 2113 c.c. le rinunce e le transazioni aventi ad oggetto i diritti del prestatore di lavoroderi vanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi con-cernenti i rapporti di cui all’art. 409 c.p.c. devono essere impugnate in un termine di de-cadenza).

4 Vedi, anche per citazioni bibliografiche, NATOLI, Il diritto soggettivo, Milano, 1943,p. 34 ss., nonché FAZZALARI, Note in tema di diritto e processo, Milano, 1957, p. 10 ss. L’au-

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bilità della situazione sostanziale, per cui il titolare del diritto non soltan-to ha la facoltà di disporne negozialmente, ma ha altresì la facoltà di di-sporne giudizialmente, ricorrendo o rinunciando alla tutela giudiziaria.Tale disponibilità della tutela giudiziaria, rimessa alla volontà della parte,è espressa nel principio «nemo iudex sine actore».La facoltà di disposizione non soltanto è stata spostata dal campo ne-

goziale al campo della tutela giudiziaria, ma è stata poi estesa a compren-dere la determinazione dell’oggetto del processo, tramite l’allegazione deifatti e la scelta dei mezzi probatori, per cui il giudice «iudicare debet se-cundum allegata et probata partium» 5. Il principio dispositivo costituiva,quindi, il fondamento e la giustificazione della rimessione alla volontà deiprivati di tre distinti momenti del processo civile: inizio del processo (edanche, pur se con molte sfumature, conduzione dello stesso); delimitazio-ne del thema decidendum, quanto ai fatti storici; dimostrazione dell’esi-stenza dei fatti storici 6.

tonomia della tutela giudiziaria rispetto al contenuto del diritto sostanziale fu affermata daVON BULOW, Die Lehre von den Prozesseinreden und die Prozessvoraussetzungen, Giessen,1868, passim, come ricordato da PICARDI, Flussi e ri flussi fra le due dottrine, in Riv. dir.proc., 1970, p. 82 s. e VACCARELLA, La giurisdi zione: presupposto processuale o modo di es-sere del diritto sostanziale dedotto in giudi zio?, in Giust. civ., 1990, I, p. 1500 s.

5 Chiara è, a tal proposito, l’esposizione di CARNACINI, Tutela giurisdizionale e tecnicadel processo, in Studi in onore di Redenti, vol. II, Milano, 1951, p. 695 ss., in partic. 721 ss.,a cui si rinvia per le indicazioni bibliografiche. Vedi anche LIEBMAN, Fon damento del prin-cipio dispositivo, cit., p. 551 ss.

6 Significativi a tal proposito sono alcuni passi della Relazione del Guardasigilli al vi-gente codice di procedura civile, nei quali si legge che «il processo non può essere fine a sestesso, ma deve essere costruito come strumento adeguato alle esigenze del diritto sostan-ziale al quale deve servire; ed ho già rilevato che il diritto processuale, se vuol egualmenteevitare di essere sopravanzato dai tempi e di precorrerli, deve attuare nei rapporti fra leparti lo stesso equilibrio che in quel momento storico si trova raggiunto nel diritto sostan-ziale tra l’intervento dello Stato e l’iniziativa privata. Questo è, secondo me, il vero criteriosecondo il quale si può risolvere il problema della prevalenza da darsi nel processo civileal principio cosiddetto dispositivo o a quello, che gli si contrappone, cosiddetto inquisito-rio; il quale problema non si può risolvere con criteri assoluti una volta per sempre, madev’essere risolto storicamente in armonia con tutta la codificazione di cui il diritto pro-cessuale fa parte. Il principio dispositivo è, in sostanza, la proiezione nel campo proces-suale di quella autonomia privata nei confini segnati dalla legge, che trova la sua energicaaffermazione nella tradizionale figura del diritto soggettivo: fino a che la legislazione so-stanziale riconoscerà (sia pure per coordinarla meglio a fini collettivi) tale autonomia, ilprincipio dispositivo dovrà essere coerentemente mantenuto nel processo civile come in-sopprimibile espressione del potere riconosciuto ai privati di disporre della propria sferagiuridica. Si sono perciò conservati nel codice (art. 112 ss.), come affermazioni di principio,gli aforismi dell’antica sapienza: ne procedat judex ex officio; ne eat judex ultra petita par-

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DISPOSITIVO 13

La signoria delle parti sull’allegazione dei fatti, quindi, dipende dal mo-do di operare nel processo del principio dispositivo, per cui, quando og-getto del contendere è una situazione giuridica disponibile, spetta alle par-ti delimitare in fatto la richiesta di tutela e proporre i mezzi istruttori ne-cessari per la dimostrazione del proprio assunto.Lentamente, però, si è iniziato a distinguere quanto attiene alla tutela

giudiziaria nel suo momento iniziale da quanto attiene al modo di esplica-zione della tutela giudiziaria, specialmente con riferimento all’istruzioneprobatoria 7. Si è osservato che «astrattamente si può concepire il giudice

tium; judex secundum allegata et probata decidere debet. Sopprimere questi principii,avrebbe voluto dire, più che riformare il processo, riformare il diritto privato: dare al giu-dice il potere d’iniziare d’ufficio una causa che gli interessati vorrebbero evitare, o di giu-dicare su fatti che le parti non hanno allegato, vorrebbe dire ritogliere in sede processualequell’autonomia individuale che in sede sostanziale è riconosciuta dal diritto vigente. Conciò non si vuole escludere, ben s’intende, che anche tale autonomia possa essere limitata oanche soppressa tutte le volte in cui l’interesse pubblico lo richieda; si vuol dire soltantoche tali limitazioni debbono essere esplicitamente stabilite dal diritto sostanziale, e non giàessere introdotte indirettamente, con un espediente che ripugnerebbe alla chiara e corag-giosa tecnica alla quale si è ispirata la codificazione fascista, attraverso il processo» (così ipassi nn. 12, 13 della Relazione del Guardasigilli, riportati da ANDRIOLI, Commento al co-dice di procedura civile, vol. I. Disposizioni generali, 3a ed., Napoli, 1957, p. 321 s., in com-mento all’art. 112 c.p.c.).Chiara espressione di questa impostazione si trova già in WACH, Das Verhältniss des

Richters zu den Parteien, in Vorträge über die Reichs-Civilprocessordnung, Bonn, 1896, p.61, ove così si esprime: «eine unanbweisbare Folge der privatrechtlichen natur der Streit-sache ist, dass der Richter den gesammten thatsächlichen Streitstoff von den Parteienempfängt, dass er weder Thatsachen amtlich ergänzen, noch Beweismittel in den Processeinführen kann. Er urtheilt secundum allegata et probata partium, nicht secundum suamconscientiam» [«è conseguenza imprescindibile della natura privata dell’oggetto li tigioso,che il giudice riceva dalle parti tutto il materiale di fatto, e non possa ampliarne d’ufficiole allegazioni, né introdurre mezzi di prova nel processo. Egli giudica secundum allegata etprobata partium, e non secundum conscientiam»].

7 Già CALAMANDREI, Istituzioni di diritto processuale civile secondo il nuovo codice, vol.I, Padova, 1941, p. 215, aveva precisato che «il potere di disposizione delle parti si ma -nifesta nel segnare i limiti del thema probandum, ma entro questi limiti il riconoscere allostesso giudice che deve indagare sulla verità dei fatti allegati dalle parti una certa auto -nomia nella scelta dei metodi di indagine appare come una necessità di ordine tecnico». Siveda, per un discorso di sintesi, FAZZALARI, L’imparzialità del giudice, in Riv. dir. proc.,1972, p. 193 ss., in partic. 201 s., ora in Studi in memoria di Carlo Furno, Milano, 1973, p.335 ss., in partic. 345; MONTESANO, Le prove disponibili d’ufficio e l’imparziali tà del giudi-ce civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1978, p. 189 ss.; CAVALLONE, I poteri di iniziativa istrut-toria del giudice civile. Premessa storico critica, in Studi Parmensi, vol. XXVIII, 1980, p. 23ss. e ora in Il giudice e la prova nel processo civile, cit., p. 3 ss.; PIRAS, Brevi note sulla posi-zione del giudice nell’istruzione, in Jus, 1956, p. 519 ss.Si contrappongono due orientamenti dottrinali: il primo, c.d. sceveratore, riporta l’ini-

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come investito di tutti i poteri necessari a scoprire la verità (principio in-quisitorio), o come soggetto continuamente all’iniziativa della parte (prin-cipio dispositivo): in pratica né l’uno né l’altro di questi principii può tro-varsi completamente e conseguentemente attuato, ma essi sono contempe-rati in proporzione diversa, secondo i tempi e i luoghi» 8. Il modo in cui sisvolge l’istruzione probatoria e si accerta l’esistenza dei fatti affermati dal-le parti non è quindi il riflesso della facoltà di disposizione della situazio-ne sostanziale controversa, bensì è un mero problema di tecnica proces-suale, che ciascun ordinamento può risolvere a propria discrezione 9.Al contrario, la formazione del thema probandum, cioè la delimitazione

dei fatti da accertare ai fini della decisione, è ancora posta in diretta rela-zione con il principio dispositivo.Ci sono, però, più varianti nella spiegazione di questa relazione tra

ziativa del processo alla Dispositionsmaxime, mentre l’allegazione dei fatti e l’istruzioneprobatoria alla Verhandlungsmaxime; il secondo, c.d. allineatore, riporta la richiesta di tu-tela, l’allegazione dei fatti e l’istruzione probatoria al principio dispositivo. CARNACINI, op.cit., p. 716 ss., indica in GÖNNER, Handbuch des deutschen gemeinen Prozesses, 2a ed., I, Er-langen, 1804, p. 175 ss., il fautore di questo movimen to sceveratore, al quale però rimpro-vera di aver compreso la Dispositionsmaxime tra i principî processuali, mentre trattasi diun aspetto o facoltà del diritto soggettivo.

8 Così CHIOVENDA, Principii di diritto processuale civile, 3a ed., Napoli, 1923, ristampainalterata con prefazione di Andrioli, Napoli, 1965, p. 727 (si veda a p. 725, nota 1, ampiaindicazione della letteratura sull’argomento dei poteri del giudice nella formazione delmateriale di decisione, con riferimento al principio dispositivo). Dello stesso Autore, vedianche Istituzioni, vol. II, Napoli, 1935, n. 261, p. 306 ss., nonché Identifica zione delle azio-ni. Sulla regola ne eat iudex ultra petita partium, in Legge, 1903, ora in Saggi di diritto pro-cessuale civile, vol. I, ristampa, Milano, 1993, p. 157 ss. Vedi an che CARNACINI, op. cit., p.716 ss.; BETTI, Diritto processuale civile, 2a ed., Roma, 1936, p. 583, nonché, per un di-scorso di sintesi, RICCI, Il principio dispositivo come problema di diritto vigente, in Riv. dir.proc., 1974, p. 380 ss.; VERDE, Dispositivo (principio), in Encicl. giur., vol. XI, Roma, 1989,anche per le indicazioni bibliografiche, a cui adde, su principio dispositivo e principioinquisito rio, CALAMANDREI, Linee fondamentali del processo civile inquisitorio, in Studi sulpro cesso civile, vol. II, Padova, 1930, p. 321 ss.; VELLANI, Il pubblico ministero nel pro cesso,vol. II, Bologna, 1970, p. 636 ss.; PICARDI, La dichiarazione di fallimento. Dal procedimen-to al processo, Milano, 1974, p. 140 ss.; CARPI, L’efficacia «ultra partes» della sentenza civi-le, Milano, 1974, p. 271 s.

9 Si noti che NASI, Disposizione del diritto e azione dispositiva. Contributo allo studio delprin cipio dispositivo nel processo civile di cognizione, Milano, 1965, passim, riporta sia l’al-legazione dei fatti che la prova di essi al principio dispositivo, inteso come un postulatodella logica. In particolare, a p. 219, osserva che la prova nel processo civile di cogni zione«è espressione del principio dispositivo inteso nel suo significato essenziale: princi pio cheesprime la continuità fra il contenuto dell’esperienza civilistica sostanziale ed il contenutodell’esperienza civilistica processuale sul piano dell’effettività giuridica».

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DISPOSITIVO 15

principio dispositivo e allegazione dei fatti nel processo civile, progressi-vamente passando dal diritto sostanziale al diritto processuale.Così, ponendo l’attenzione al diritto sostanziale, si sostiene che alla di-

sponibilità della realtà materiale (situazione giuridica soggettiva) fuori delprocesso deve corrispondere la disponibilità della dichiarazione fattuale alivello processuale 10.Si passa poi a spiegare, così spostando l’attenzione al processo, quale

interesse processuale possa avere la parte a pretendere la tutela della pro-pria situazione giuridica sostanziale soltanto in base a determinati fatti 11.

10 Cfr. BENVENUTI, L’istruzione nel processo amministrativo, Padova, 1953, pp. 26-49 e206-281; WACH, Das Verhältniss des Richters zu den Parteien, in Vorträge über die Reichs-Ci-vilprocessordnung, cit., p. 61; CARNELUTTI, Sistema di diritto processuale civile, vol. I, Padova,1936, p. 418, secondo il quale «l’onere della affermazione dei fatti [...] si può rappresentareparlando di un potere di disposizione che le parti hanno sul materiale di fatto della sentenza;invero le parti, se sono concordi, possono foggiare questo materiale come vogliono»; FAZZA-LARI, Il processo ordinario di cognizione, I. Primo grado, To rino, 1989, p. 198, il quale, a no-ta 6, comunque riconnette l’«onere di allegazione» al principio della domanda, giusta la li-nea sistematica che collega l’art. 112 all’art. 99 c.p.c., mentre in La imparzialità del giudice,cit., p. 201 della Riv. dir. proc. e p. 345 degli Studi in memoria di Carlo Furno, precisa che l’al-legazione dei fatti è riservata alla parte, «altrimenti il giudice finirebbe con l’istituire la lite sudi una realtà diversa da quella su cui le parti voglion discutere, con ciò violando proprio il ne-mo iudex sine actore»; CAPPELLETTI, La testimonianza della parte nel sistema dell’oralità. Con-tributo alla teoria della utilizzazione probatoria del sapere delle parti nel processo civile, vol. I,Milano, 1962, p. 318 ss., in partic. 325 ss.; ID., Iniziative probatorie del giudice e tesi pre giuri -diche della struttura del processo, ora in Processo e ideologie, Bologna, 1969, p. 152 ss.; SATTA,Commentario al codice di procedura civile, libro I, Milano, 1959, p. 430 e SATTA-PUNZI, Dirit-to processuale civile, 12a ed. a cura di Punzi, Padova, 1996, p. 203; NASI, Disposizione del di-ritto e azione dispositiva, cit., passim; FABBRINI, Preclusioni e processo di cognizione, in Qua-derni del Consiglio Superiore della Magistratura, Roma, 1986 ed ora in Scritti giuridici, vol. II,Milano, 1993, p. 327 ss., in partic. 332; CAVALLONE, Principio dispositivo, fatti secondarii efatti «rilevabili ex officio», originiariamente in edizione provvisoria dal titolo I poteri di ini-ziativa istruttoria del giudice civile, Milano, 1968, ora in Il giudice e la prova nel processo civi-le, cit., p. 99 ss.; VERDE, Norme inderogabili, tecniche processuali e controversie di lavoro, inRiv. dir. proc., 1977, p. 220 ss., ora anche in Studi in onore di Enrico T. Liebman, vol. III, Mi -lano, 1979; ID., Dispositivo (principio), cit., p. 1 ss.; ID., Domanda (principio della), in Enc.giur., vol. XII, Roma, 1989, p. 8; ID., Prova (dir. proc. civ.), in Enc. dir., vol. XXXVII, Mila-no, 1988, p. 610 ss.; FERRI, Struttura del processo e modifi cazione della domanda, Padova,1975, p. 14; GRASSO, La pronuncia d’uf ficio, cit., p. 69 ss.; TARZIA, Il litisconsorzio facoltativonel processo di primo grado, Milano, 1972, p. 350; ATTARDI, Diritto processuale civile. I. Partegenerale, Padova, 1999, p. 99; CIACCIA CAVALLARI, La contestazione nel processo civile. I. Lacontestazione tra norme e siste ma, Milano, 1992, p. 17, nota 39. Riferiscono l’allegazione deifatti alla natura disposi tiva del processo LAUDISA, Il ritiro della dichiarazione di verità, Pado-va, 1978, p. 35; DE STEFANO, Onere (dir. proc. civ.), in Enc. dir., vol. XXX, Milano, 1980, p.120 s. Si noti che spesso il riferimento al principio dispositivo è unito al richiamo del princi-pio della domanda o della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

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In fine, si è osservato che rileva unicamente la generale esigenza di im-parzialità e serenità del giudicante, quando si controverte di situazioni giu-ridiche disponibili, e non tanto la facoltà di disposizione riconosciuta daldiritto sostanziale, così accentrando l’attenzione sul processo 12.In ogni caso si tratta di ricostruzioni valide generalmente, insensibili a

determinate scelte di tecnica processuale, all’architettura del processo co-sì come delineata dal legislatore.Lo sviluppo di queste ricostruzioni merita di essere partitamente esa-

minato.Le conclusioni a cui si giungerà saranno poi in seguito, in uno specifi-

co capitolo, verificate con riferimento, da una parte, all’allegazione dei fat-ti impeditivi, modificativi ed estintivi, e, dall’altra parte, ai c.d. fatti secon-dari, ai fatti notori, ai fatti solo processualmente rilevanti 13.

2. Il principio dispositivo come limite al potere di cognizione del giudi-ce: la rilevazione da parte del giudice di fatti non dedotti comporta ilmutamento della situazione sostanziale

Il problema del rapporto tra principio dispositivo ed allegazione deifatti risente innanzitutto del modo di impostare il rapporto tra realtà so-stanziale e processo.Si osserva che «la mancata deduzione di un fatto implica esclusione di

esso anche sul terreno della realtà», per cui «il giudice che rilevasse un fat-to non dedotto si porrebbe contro questa realtà, creando di suo arbitriouna situazione giuridica diversa da quella affermata dalla parte» 14.

11 Cfr. GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 69 s. e 118 s.; ID., Dei poteri del giudice,in Commentario del codice di procedura civile diretto da Allorio, libro primo, tomo secon-do, Torino, 1973, p. 1264.

12 Cfr. CHIOVENDA, Principii, cit., p. 729; LIEBMAN, Fonda mento del principio dispositi-vo, cit., p. 552 ss.; CERINO CANOVA, La domanda giudiziale ed il suo contenuto, in Com-mentario del codice di procedura civile diretto da Allorio, libro II, tomo I, Torino, 1980, p.131 ss.; CONSOLO, Il cumulo condizionale di domande. I. Struttura e funzione, Padova,1975, vol. I, p. 468 ss.; ID., Domanda giudiziale, in Dig. disc. priv. (sez. civ.), vol. VII, Tori-no, 1991, p. 70 s.; CARRATTA, Il principio della non contestazione nel processo civile, Mila-no, 1995, p. 254, nota 196, e p. 261; MONTESANO, Le prove disponibili, cit., p. 190 ss.

13 Vedi infra, parte prima, cap. IV.14 Così SATTA, Commentario al codice di procedura civile, libro I, cit., p. 430 e SATTA-

PUNZI, Diritto processuale civile, 12a ed. a cura di Punzi, cit., p. 203. Vedi anche FAZZALA-

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DISPOSITIVO 17

Alla base di questa ricostruzione si pone il rapporto tra fatto costituti-vo e situazione giuridica: ad ogni sostituzione/mutamento di un fatto co-stitutivo consegue una diversa situazione giuridica soggettiva; ove vengadedotta in giudizio una situazione sostanziale disponibile, spetta alle partidisporre di essa, scegliendo i fatti costitutivi, in base ai quali il giudice èchiamato a decidere; il giudice deve decidere sulla situazione giuridica de-dotta e non può rilevare fatti non allegati (cioè utilizzati dalle parti), checomportano un mutamento della situazione dedotta. Il divieto di anda-re extra petita, conseguente alla natura disponibile della situazione giuri-dica controversa, costituisce la giustificazione del limite al potere cogniti-vo del giudice.La validità di questo ragionamento poggia sulla premessa che ad ogni

sostituzione/mutamento di un fatto costitutivo consegue una diversa situa-zione giuridica soggettiva.Ebbene, questa diversità non può essere intesa in via generale ed asso-

luta come novità della situazione giuridica soggettiva: soltanto con riferi-mento ai diritti eteroindividuati 15, il mutamento del profilo costitutivo

RI, La imparzialità del giudice, cit., p. 345, secondo il quale «nel processo civile, riservata al-la parte – debole o forte che sia – la allegazione dei fatti (altrimenti il giudice finirebbe conl’istituire la lite su di una realtà diversa da quella su cui le parti voglion discutere, con ciòviolando proprio il nemo iudex sine actore), potrà essere allargato il margine di disponibi-lità della prova ex officio». Vedi anche CIACCIA CA VALLARI, La contestazione, cit., p. 17 ss.,in partic. 21, ove si afferma che l’allega zione dei fatti «è in definitiva intesa a fissare auto-ritativamente i confini invalicabili entro i quali chi agisce vuole contenuta la risposta delgiudice, in relazione al principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato».

15 La distinzione tra diritti autoindividuati e diritti eteroindividuati poggia sul principioespresso da Paolo (D., 44, 2, 14, 2), secondo il quale «actiones in personam ab actionibusin rem hoc differunt, quod, cum eadem res ad eodem mihi debeatur, singulas obligationessingulae causae seuntur nec ulla earum alterius petitione vitiatur: at cum in rem ago non ex-pressa causa, ex qua rem meam esse dico, omnes causae una petitione adprehenduntur, ne-que enim amplius quam semel res mea esse non potest, saepius autem deberi potest». Indottrina, vedi, ex pluribus, CERINO CANOVA, La domanda giudiziale, cit., p. 177 ss.; MEN-CHINI, I limiti oggettivi del giudicato civile, Milano, 1987, p. 207 ss.; CONSOLO, Un codice diprocedura civile «seminuovo», in Giur. it., 1990, IV, cc. 434 ss.; ID., Oggetto del giudicato eprincipio dispositivo, I (Dei limiti e del giudicato costitutivo), in Riv. trim. dir. proc. civ., 1991,p. 328; ID., Domanda giudiziale, cit, p. 72 ss.; TARZIA, Lineamenti del nuovo processo di co-gnizione, Milano, 1991, p. 66; VERDE, Domanda (principio della), cit., p. 6; PROTO PISANI,Appunti sul giudicato civile e sui suoi limiti oggettivi, in Riv. dir. proc., 1990, p. 391 ss.; ID.,Note in tema di nullità dell’atto di citazione e di effetti sostanziali e processuali della doman-da giudiziale, in Riv. dir. civ., 1988, I, p. 665 ss.; LUISO, in CONSOLO-LUISO-SASSANI, La rifor-ma del processo civile. Com mentario, Milano, 1991, p. 49 ss. e 94 ss.; CECCHELLA, Contrad-dittorio e preclusioni, in Giust. civ., 1991, II, p. 451; RICCI, L’allegazione dei fatti nel nuovoprocesso civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1992, p. 835 ss. in partic. 846 ss. Questa distin-

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può originare una nuova situazione giuridica soggettiva. Soltanto in que-ste ipotesi il fatto costitutivo può assolvere la funzione di identificare il be-ne della vita controverso 16; soltanto in questi casi alla sostituzione/muta-mento della fattispecie costitutiva può conseguire una diversa situazionegiuridica soggettiva 17.Ma, con riferimento ai fatti costitutivi non individuatori, e soprattutto

con riferimento ai c.d. diritti autoindividuati, non è vera l’affermazioneche ad ogni sostituzione/mutamento di un fatto principale consegue una di-versa situazione giuridica soggettiva.Pertanto, per questi fatti costitutivi, la signoria delle parti sull’allega-

zione e la possibilità di vincolare il giudice ad esaminare ed utilizzare ai fi-ni della decisione della lite soltanto i fatti utilizzati dalle parti, secondol’ordine dalle stesse voluto, non è giustificabile in base al divieto di muta-re la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio.

3. La disponibilità della realtà materiale (situazione giuridica soggetti-va) fuori del processo implica la disponibilità della dichiarazione fat-tuale a livello processuale

Sempre incentrando l’attenzione sul diritto sostanziale, si sostiene chela disponibilità della situazione giuridica fuori del processo impone nelprocesso la signoria delle parti sull’allegazione dei fatti, anche di quellinon individuatori.

zione è già presente, ex pluribus, a CHIOVENDA, Istituzioni, cit., vol. I, p. 328 ss., che la rife-risce alle azioni; BETTI, Diritto processuale civile, cit., pp. 175-180; ZANZUCCHI, Diritto pro-cessuale civile, vol. II, Milano, 1935, p. 5 ss., e poi, 4a ed., Milano, 1946, n. 44, pp. 205-207,che esclude la libera modificabilità della causa petendi, anche nel caso sia dedotto in giudi-zio un diritto reale; MONTESANO, Invocazione per la prima volta in appello dell’usucapione afondamento di un’azione di revindica. Osservazioni in tema di «jus novorum» e di mutamen-to di «causa petendi» in appello, in Giur. compl. cass. civ., 1948, I, p. 114 ss.

16 Questa affermazione è stata formulata in maniera ipotetica («può assolvere»), inquanto non tutti i fatti costitutivi servono ad identificare il diritto azionato in giudizio.

17 In questi termini vedi MENCHINI, Osservazioni criti che sul c.d. onere di allegazione deifatti giuridici nel processo civile, in Scritti in onore di Fazzalari, vol. III, Milano, 1993, p. 35s.; CONSOLO, Il cumulo, cit., vol. I, p. 467 ss.; CERINO CANOVA, La do manda giudiziale, cit.,p. 131 s.; MERLIN, Compensazione e processo, I, Milano, 1991, p. 335 ss., testo e note 245 e250; PROTO PISANI, La nuova disciplina del processo civile, Napoli, 1991, p. 225; LIEBMAN,Fondamento del principio dispositivo, cit., p. 552, nota 3; CARRATTA, Il principio della noncontestazione, cit., p. 253 s., nota 196.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DISPOSITIVO 19

Nell’esporre il ragionamento, si cercherà di mantenere massima aderen-za al dato testuale, per una maggiore correttezza della successiva analisi.Se è riconosciuta alle parti una piena autonomia giuridica, allora «al

potere di determinare sul piano materiale la propria posizione di interessenei confronti di ciò che sarà tradotto nel processo come oggetto del giudi-zio, il processo di parti fa corrispondere un analogo potere di determina-re il proprio interesse a quell’oggetto anche nel piano processuale: attuan-dosi così, anche in questo, quell’autonomia giuridica che ai soggetti è ri-conosciuta fuori del processo» 18.Pertanto, all’attività di affermazione dei fatti deve essere riconosciuta

natura negoziale. È necessario distinguere nell’affermazione «tra la dichia-razione del fatto che ne è l’oggetto e la disposizione del fatto stesso che neè il contenuto, dal momento che la prima non può certamente essere qua-lificata come un negozio giuridico non essendo se non una dichiarazionedi scienza» 19.Questa attività negoziale si specifica nella «scelta, tra i possibili fatti

della realtà, di quelli che la parte ritiene necessari alla dimostrazione dellapropria affermazione, oggetto del giudizio», nonché nella «determinazio-ne del comportamento altrui [cioè …] vincolo del giudice a tener contodella dichiarazione del fatto e la delimitazione di quel fatto oggetto delladichiarazione»; infatti «oggetto della disposizione non è il fatto ma la di-chiarazione del fatto» 20.La parte deve non soltanto dichiarare un fatto, ma deve altresì manife-

stare la volontà di sottoporre tale fatto alla cognizione del giudice, il qualenon può «considerare se non quei fatti che, affermati, siano stati ancherappresentati nel processo» 21.Questa manifestazione di volontà, questa attività dispositiva della di-

chiarazione del fatto è rintracciabile nell’«affermazione della prova», cioè«in ogni capitolazione dei fatti da sottoporre alla prova dei testimoni, inquanto ogni domanda di assunzione di una tale prova implica la volontà didisposizione di quei fatti», nonché nell’atto di produzione di documenti,«benché, più che essere esplicitamente formulate, esse [cioè le affermazio-

18 Così BENVENUTI, op. cit., p. 49. Lo sviluppo del ragionamento riassunto nel testo puòleggersi da p. 26 a p. 49.

19 Così BENVENUTI, op. cit., p. 235 s.20 Così BENVENUTI, op. cit., p. 239 s.21 Così BENVENUTI, op. cit., p. 412 s.

20 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

ni dei fatti con valore negoziale/dispositivo] emergano di solito implicita-mente dal contenuto proprio dell’atto in relazione al fatto che con esso siintende dimostrare»; «in questo senso va precisato il potere del giudice diconsiderare i fatti che “emergono dagli atti”» 22.Questa disciplina, così riassunta, viene denominata «metodo dispositi-

vo» e tale metodo è indicato come proprio del processo civile 23.A questo metodo se ne contrappone un altro, definito «metodo acqui-

sitivo», nel caso in cui sia lecito escludere «che le parti abbiano nel pro-cesso un interesse diverso anzi opposto quanto al contenuto della decisio-ne, e abbiano, fuori del processo, la possibilità di disporre della realtà dicui abbiano bisogno», come avviene nei processi di matrimonio, di stato,o su questioni di diritto di famiglia e per il processo di separazione perso-nale nella sua fase contenziosa 24.In queste ipotesi, al fine di far sorgere nelle parti ugualmente la situa-

zione di concorrenza, si consente al giudice un potere di disposizione deifatti, che risultino comunque introdotti nel giudizio. Fermo restando il di-vieto per il giudice di ricercare i fatti fuori del processo e di utilizzare lapropria scienza privata, si riconosce al giudice la facoltà di sostituirsi alleparti nell’attività negoziale di disposizione della dichiarazione di fatto in-trodotta nel processo. Pertanto, una volta introdotta la notitia facti e risul-tante dagli atti, il giudice potrà decidere discrezionalmente «se» utilizzaretale circostanza fattuale e potrà scegliere «quali» fatti utilizzare ai fini del-la decisione 25.In sintesi, nel processo civile la determinazione o scelta dei fatti ed il lo-

ro accertamento avviene secondo il sistema dispositivo, cioè con esclusionedi ogni intervento del giudice sul materiale di fatto fuori del processo, inconsiderazione della diversità di interesse delle parti e del giudice rispettoall’oggetto del processo (nonché, si può aggiungere, in considerazione del-

22 Così BENVENUTI, op. cit., p. 233 s., testo e note.23 Così BENVENUTI, op. cit., p. 206 ss.24 Così BENVENUTI, op. cit., p. 254 ss. In questi termini anche ATTARDI, Diritto pro -

cessuale civile, cit., p. 99, secondo il quale, quando la controversia sia relativa a diritti, o si-tuazioni, non disponibili, allora il giudice potrà rilevare e valutare anche fatti che le partinon abbiano affermato, purché risultino dalle risultanze probatorie, in particolare dagli at-ti o documenti di causa; FERRI, Profili dell’accertamento costitutivo, Padova, 1970, p. 121ss. e Struttura del processo e modificazione della domanda, cit., p. 69; ZANZUCCHI (-VOCI-NO), Diritto processuale civile, 5a ed., vol. I, Milano, 1955, p. 342 ss.

25 Cfr. BENVENUTI, op. cit., p. 272 ss.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DISPOSITIVO 21

la garanzia di imparzialità e terzietà del giudicante). Ma il sistema disposi-tivo si differenzia, rispetto al materiale di fatto introdotto dalle parti nelprocesso, in due metodi: il metodo dispositivo e il metodo acquisitivo. Se-condo il primo metodo alle parti non soltanto è riservata in via esclusival’introduzione dei fatti nel processo, ma è attribuita altresì l’autonomia ne-goziale di scegliere, tra i fatti introdotti, quali valorizzare ai fini dell’istru-zione e della decisione della controversia. Viceversa, secondo il metodo ac-quisitivo, ferma restando l’attribuzione in via esclusiva alle parti dell’intro-duzione della notitia facti nel processo, il giudice non è ulteriormente vin-colato all’iniziativa delle parti ed ha la possibilità di individuare autonoma-mente su quali fatti poggiare la decisione della controversia. Questa diffe-renza di disciplina, cioè di metodo, dipende dalla possibilità o meno per leparti di disporre della realtà materiale fuori del processo e, quindi, dalla«condizione di parità di potere sul terreno materiale e di diversità di inte-ressi sul terreno processuale» 26 ovvero dalla possibilità di avere un interes-se non opposto, ma concorde, rispetto al contenuto della decisione.La ricostruzione esposta poggia sulla seguente affermazione: la dispo-

nibilità della realtà materiale (situazione giuridica soggettiva) 27 fuori delprocesso implica la disponibilità della dichiarazione fattuale a livello pro-cessuale. Se a livello sostanziale sussiste la disponibilità della realtà mate-riale, allora a livello processuale è attribuita alle parti in via esclusiva l’au-tonomia negoziale di scegliere, tra i fatti introdotti, quali valorizzare ai fi-ni dell’istruzione e della decisione della controversia; se, invece, a livellosostanziale, la realtà materiale (cioè la situazione giuridica soggettiva) nonè disponibile e le parti possono avere un interesse concorde e non oppo-sto al contenuto della decisione, allora a livello processuale le parti non so-no più padrone di decidere su quali fatti il giudice deve giudicare e il giu-dice, fermo restando il divieto di scienza privata, ha la possibilità di rileva-re ex actis i fatti rilevanti per la decisione.Ebbene, la giustificazione data al nesso tra disponibilità della realtà ma-

teriale fuori del processo e disponibilità della dichiarazione fattuale in giu-dizio, con carattere di validità generale, non convince.

26 Così BENVENUTI, op. cit., p. 249.27 Si noti che BENVENUTI, op. cit., p. 54, nota 56, ritiene che l’analisi dell’aspetto sog -

gettivo dell’affer mazione, cioè la natura della situazione giuridica soggettiva dell’attore,non abbia rilevanza, «sembrando sufficiente analizzare il solo aspetto oggettivo, che ugual-mente permette di sottolineare gli elementi costitutivi da un punto di vista proces suale». Èper questo che parla genericamente di realtà materiale.

22 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

La diversità di interesse delle parti rispetto al contenuto della decisio-ne non giustifica con carattere assoluto la rimessione alla loro volontàesclusiva di stabilire su quali fatti, principali o secondari, il giudice devegiudicare. Questa diversità di interessi non viene alterata, riconoscendo algiudice la possibilità di utilizzare i fatti comunque introdotti in giudizio,che non immutano la situazione giuridica controversa 28.Infatti, nel caso in cui le parti, non potendo disporre della situazione

sostanziale fuori del processo, possono avere un interesse concorde ad uncerto contenuto della decisione, non è sufficiente, al fine di salvaguardarel’indisponibilità della situazione e, quindi, l’interesse pubblico che ne è afondamento, attribuire al giudice la facoltà di rilevare ex actis i fatti rile-vanti per la decisione, in quanto sarebbero sempre soltanto le parti a deli-mitare il thema probandum. In questi casi il legislatore prevede l’interven-to del pubblico ministero (art. 70 c.p.c.).In conclusione, la situazione di interesse delle parti, concorde o oppo-

sto, rispetto al contenuto della decisione, non è rilevante in via generale edassoluta a delimitare i poteri del giudice di rilevazione ex actis dei fatti ri-levanti per la decisione.Inoltre, a ben guardare, la pretesa distinzione tra un metodo dispositi-

vo ed un metodo acquisitivo sfuma, tenendo conto di come viene rico-struita l’attività di allegazione dei fatti.Trattasi di attività negoziale di disposizione della dichiarazione dei fat-

ti e di determinazione del comportamento del giudice. Tale attività viene,come detto, individuata anche nella semplice produzione di un documen-to, senza necessità di un’esplicita utilizzazione dei fatti risultanti dal docu-mento prodotto. Il giudice, può, pertanto considerare i fatti che emergo-no dagli atti.Ma allora non c’è più una reale distinzione tra il metodo dispositivo e

quello acquisitivo, scomparendo il confine all’attività di cognizione deifatti da parte del giudice, rappresentato appunto dalla volontà dispositivadella parte (soltanto i fatti che le parti vogliono far conoscere dal giudice enon anche i fatti che risultano dagli atti di causa), nel momento in cui talevolontà dispositiva è rintracciata anche nella mera produzione di un do-cumento.La stessa natura negoziale dell’attività di allegazione dei fatti, da inten-

dere come una Willenserklärung, appare una finzione: nessuna volontà di-

28 In questi termini anche CARRATTA, op. cit., p. 261.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DISPOSITIVO 23

spositiva della dichiarazione di un fatto c’è nella mera produzione di undocumento.Anzi. Ritenere, al contrario, che la parte, producendo un documento,

voglia utilizzare i fatti risultanti dallo stesso, può comportare una lesionedel principio del contraddittorio e del diritto di difesa.Spostando l’attenzione alle regole tecniche di funzionamento del pro-

cesso, bisogna vedere se la fissazione del thema decidendum avviene in ma-niera predeterminata secondo il criterio della dipendenza, cioè con la possi-bilità di allegare unicamente i fatti consequenziali a quelli allegati da con-troparte, ovverosia i fatti volti a contrastarne validità e rilevanza 29. In tal ca-so, la parte, di fronte ad un’(implicita) utilizzazione di un fatto risultante daun documento prodotto da controparte, potrebbe perdere irrimediabil-mente la possibilità di replicare, se non si avvede del fatto (implicitamente)utilizzato da controparte, ovvero, se nota il fatto risultante dal documento,si troverebbe nell’imbarazzo di decidere se replicare, così suggerendo al -l’avversario e al giudice il fatto magari non notato, o se ignorare tale fatto,sperando che altrettanto faccia sia la controparte che il giudice.Nel caso, invece, che la fase di trattazione sia a contraddittorio libero,

cioè con la possibilità di allegare anche fatti concorrenti (e non soltantoconsequenziali) a quelli già allegati, ma temporalmente limitata, cioè con-centrata in una fase iniziale del processo, occorre vedere come la rileva-zione ex actis di fatti rilevanti per la decisione da parte del giudice si coor-dina con le facoltà difensive delle parti. Ebbene, le parti, di fronte a tale ri-levazione da parte del giudice, non potrebbero pretendere di essere ri-messe in termini e di poter controdedurre in fatto, dato che l’utilizzazionedi quel fatto è stata voluta dalla parte e comunicata alla controparte (an-che se implicitamente, tramite la mera produzione di un documento). Pa-lese la violazione del diritto di difesa e la lesione del principio del con-traddittorio.Escluso che la disciplina dell’allegazione dei fatti possa essere una me-

ra esplicazione della natura disponibile o meno dell’oggetto del contende-re, l’attenzione si sposta al processo, come si passa ad esaminare. Sempre,però, a livello di teoria generale e quindi con conclusioni che intendonoessere generalmente valide, insensibili alle particolari regole tecniche difunzionamento del processo.

29 Trattasi del sistema processuale improntato al c.d. principio di eventualità, il cuicompiuto esame è contenuto infra nella parte seconda, cap. I.

24 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

4. Natura e fondamento dell’interesse della parte a delimitare in fattola tutela richiesta al giudice. L’indicazione dei fatti come esposizionecosciente

Per giustificare la signoria dell’attore nell’allegazione dei fatti, in baseai quali fondare la richiesta di tutela della situazione giuridica controver-sa, si pone attenzione sull’interesse che la parte può avere a selezionare ifatti rilevanti e, quindi, sulla necessità per il giudice di rispettare questascelta.Si osserva che «l’affidamento della tutela del diritto all’iniziativa del ti-

tolare significa soprattutto che questi può scegliere il tempo e il modo del-la tutela. Codesta posizione è mutilata, anzi decisamente compromessa, sela parte non ha il monopolio della rilevazione degli avvenimenti in base aiquali il giudice è tenuto a decidere» 30.La natura dell’interesse di parte non è psicologica o emozionale, bensì

è logica e razionale e guida il soggetto nella scelta dei fatti costitutivi da in-dicare 31. Pertanto il postulante deciderà razionalmente quali fatti costitu-tivi indicare, sulla base di questi criteri:

a) possibilità di far accertare in giudizio il fatto con prove certe; b) possibilità di far valere il fatto in futuro, «reiterando nel tempo più

opportuno l’azione che il rigetto della prima domanda, fondata su un fat-to diverso, in via di massima non gli preclude»;

c) «opportunità di omettere l’indicazione di un dato storico il cui ac-certamento possa pregiudicare l’esercizio di un suo diritto, diverso daquello dedotto in giudizio» 32.

Viceversa si ritiene non compromesso questo interesse della parte a cir-coscrivere la tutela richiesta, riconoscendo al giudice la possibilità di indi-viduare, interpretare ed applicare la norma giuridica ai fatti indicati, nei li-miti dell’effetto giuridico richiesto, in quanto il privato, disponendo deifatti e degli effetti giuridici, «può condizionare l’attuazione dell’ordina-mento nella personale valutazione del suo interesse» 33.

30 Così GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 69.31 In questo senso GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 69, nota 55, con riferimento

a quanto sostenuto da NASI, Disposizione del diritto e azione dispositiva, cit., p. 105 ss.32 Così GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 69 s.33 Così GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 118 s.; ID., Dei poteri del giudice, cit.,

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DISPOSITIVO 25

Viene così confermata la validità del principio iura novit curia, benchési osservi che tale principio non risulta codificato 34.A questo punto risulta più semplice precisare la nozione di fatto espo-

sto.Con riferimento al fatto, si distingue tra:

a) introduzione del fatto, intesa come attività non cosciente (ad esem-pio, la parte produce un documento, del quale richiama soltanto una par-te, non prendendo posizione sui fatti che risultano dalla parte del docu-mento non richiamata);

b) indicazione del fatto, intesa come esposizione cosciente di un avveni-mento;

c) allegazione del fatto, intesa come attribuzione di valore determinantead un avvenimento.

Si ritiene che l’attribuzione di valore ad un avvenimento, cioè il giudi-zio di rilevanza del fatto non sia un giudizio sul fatto, ma un giudizio di di-ritto; poiché il giudice, come detto, è libero nell’effettuare tale giudizio,l’esposizione del fatto, che il giudice deve porre a fondamento della deci-sione, è data dall’indicazione e non già dall’allegazione 35.Non è invece sufficiente la mera introduzione del fatto, in quanto man-

ca in ordine ad un tale fatto la richiesta di una decisione e il giudice an-drebbe extra petita se prendesse in considerazione tale fatto 36.

p. 1264. Anche TARUFFO, Studi sulla rilevanza della prova, Padova, 1970, p. 51 s., osservache «fermo restando l’effetto che costituisce l’oggetto della domanda, il nomen juris delfatto allegato può essere mutato dal giudice a condizione che la norma individua ta comeadeguato criterio di qualificazione non preveda effetti diversi da quelli indicati dalla par-te. L’effetto giuridico diventa quindi l’elemento stabile di riferimento per tutta l’attivitàdel giudice che riguarda la determinazione del thema decidendum».

34 Cfr. GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 116 s.; ID., La regola della corrispon denza,cit., p. 397, nota 21; ID., Dei poteri del giudice, cit., p. 1263 s.

35 Cfr. GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 92 ss. Si vedrà infra, parte prima, cap. III,§ 2, che il giudizio di rilevanza del fatto può essere vincolante per il giudice, quando è chia-mato a controllare la corretta applicazione di norme processuali (quali quelle sulla giuri-sdizione, competenza, rito), il cui àmbito di applicazione si individui attraverso il riferi-mento alla qualificazione di fatti storici direttamente rilevanti anche per la decisione dimerito.

36 Cfr. GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 69 ss. Si noti, però, che a p. 51 s. ritieneammissibile l’indicazione aliunde di un fatto, tramite la produzione di un documento, pur-ché sia possibile attribuire alla parte la coscienza di servirsi della produzione per l’esposi-zione del fatto. Tale possibilità non viene esemplificata. È presumibile che l’Autore abbiainteso fare riferimento alla possibilità, prima indicata, di un’indicazione implicita del fatto

26 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Si osserva che la parte può chiedere al giudice di pronunciarsi su alcu-ni soltanto degli avvenimenti narrati: in tal caso, per gli altri avvenimenti,l’indicazione degrada a mera introduzione del fatto 37. La parte può, quin-di, vincolare il giudice a prendere in considerazione ai fini della decisionesoltanto alcuni fatti e non altri.Questa possibilità di vincolo alla cognizione del giudice è conseguente

all’interesse della parte a delimitare il tempo e soprattutto il modo dellatutela richiesta. È, pertanto, opportuno prendere innanzitutto in conside-razione questo tipo di interesse.Ebbene, affermare che il postulante può scegliere in base a quali fatti

costitutivi chiedere la tutela del diritto controverso, in quanto ha la possi-bilità di reiterare «nel tempo più opportuno l’azione che il rigetto dellaprima domanda, fondata su un fatto diverso, in via di massima non gli pre-clude» 38, significa che in giudizio è dedotta una questione giuridica fat-tuale (Rechtsfrage), chiamando il giudice a stabilire quale sia l’effetto checonsegue ad un determinato e specifico profilo fattuale costitutivo, e nonuna situazione giuridica soggettiva (Recht) sotto tutti i possibili profili fat-tuali costitutivi. Pertanto il giudicato si formerà sul profilo fattuale dedot-to e sarà possibile proporre una nuova domanda, deducendo lo stesso di-ritto, ma sulla base di un concorrente profilo fattuale costitutivo.La non preclusione dei fatti costitutivi non dedotti giustifica la scelta

del l’attore di limitare la cognizione del giudice al profilo fattuale costituti-vo, di cui dispone di prove certe.Così, il formarsi del giudicato su una determinata questione giuridica

fattuale (Rechtsfrage), giustifica l’interesse del postulante ad omettere l’in-dicazione di un dato storico, il cui accertamento possa pregiudicare l’eser-cizio di un altro diritto, diverso da quello dedotto in giudizio. Quindi, l’ac-certamento, cioè il giudicato, cade su una determinata questione giuridica

costitutivo non esposto, «nel caso della necessaria coesistenza di più fatti, onde l’elemen-to dichiarato non possa logicamente pensarsi senza quello taciuto» (p. 51).Vedi anche REDENTI, Profili pratici del diritto processuale civile, Milano, 1938, p. 422,

secondo il quale «dalla regola che il giudice “sa il diritto” si deriva , che, mentre il giudicenon può esorbitare nella sua pro nuncia da ciò che gli è stato chiesto, né porre a fonda-mento della pronuncia fatti che non siano stati espressamente “dedotti” a questo effettodalle parti (e altrimenti esorbiterebbe, cioè giudicherebbe al di là o al di fuori di quello chegli è stato domandato), può corregge re i ragionamenti di diritto e ragionar bene anche sele parti hanno ragionato male».

37 Cfr. GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 43 ss., in particolare p. 48.38 Così GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 69 s.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DISPOSITIVO 27

fattuale; il giudice accerta in maniera vincolante quale sia la valenza giuri-dica di un determinato dato storico, cioè accerta quale sia l’effetto checonsegue ad un determinato e specifico profilo fattuale; le parti non po-tranno più discutere della valenza giuridica di quel dato storico.In sintesi, l’interesse del postulante a scegliere il tempo e il modo della

tutela del diritto disponibile, vincolando il giudice a decidere soltanto inbase agli avvenimenti scelti dallo stesso postulante, giustifica l’assunto cheil giudice è chiamato a decidere una questione giuridica fattuale (Rechts -frage), cioè a stabilire quale sia l’effetto che consegue ad un determinato especifico profilo fattuale e non è, invece, chiamato a decidere su di un de-terminato effetto (Recht; situazione giuridica soggettiva), sotto tutti i pos-sibili profili fattuali costitutivi.Ma tale portata della decisione del giudice a sua volta giustifica la si-

tuazione di interesse del postulante a delimitare in maniera vincolante lacognizione del giudice sui fatti costitutivi: il postulante, infatti, non ha in-teresse a delimitare in fatto la tutela richiesta, se i profili fattuali non indi-cati risultano preclusi dalla decisione; anzi, ha l’interesse opposto.Si ha, quindi, che l’interesse a delimitare in fatto la richiesta di tutela di-

pende da ciò che si vuole dimostrare, cioè la limitazione della decisionedel giudice alla fattispecie costitutiva dedotta in giudizio, con conseguen-te possibilità di far valere il fatto costitutivo non indicato in futuro.La ricostruzione proposta potrà, quindi, essere accolta, dimostrando

che la portata della decisione del giudice è fondata e limitata alla fattispe-cie costitutiva dedotta. Questa dimostrazione, sempre a livello di teoriagenerale, è ricercata sulla base del principio della domanda e della corri-spondenza tra il chiesto e il pronunciato.L’esame di tale tesi è rinviato al successivo capitolo. Per il momento ri-

leva che la natura disponibile del diritto controverso di per sé non giustifi-ca l’interesse e la possibilità del postulante di vincolare il giudice a prende-re in considerazione, ai fini della decisione, soltanto alcuni fatti costitutivi.

5. Allegazione e principio dispositivo, come principio tecnico del pro-cesso, giustificato da imprescindibili esigenze di imparzialità del giu-dicante

Escluso che il principio dispositivo, come principio regolante la signo-ria delle parti sull’allegazione dei fatti nel processo, sia giustificato in baseal diritto sostanziale, cioè alla caratteristica di disponibilità della situazio-

28 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

ne sostanziale controversa, si è cercata una spiegazione tutta processuale.Si è osservato che «l’imparzialità e la neutralità del giudice possono ri-

manere psicologicamente compromesse, qualora gli incomba anche il com-pito e la responsabilità di rilevare i fatti influenti per la decisione […] Per-ciò, quando si controverte intorno a rapporti giuridici che rientrano nellapiena disponibilità privata, diventa naturale, per non dire inevitabile, che –per lasciare il giudice nella sua posizione di rigorosa imparzialità – sia con-ferito alle parti l’onere e l’intera responsabilità di fornire nel processo glielementi di giudizio. Il principio dispositivo trova nelle ragioni ora espo-ste il suo vero e più solido fondamento» 39.Questa generale esigenza di imparzialità e serenità del giudicante «non

è degradabile a mero criterio di opportunità tecnico-processuale, pur sesul piano tecnico sono destinati ad operare gli strumenti per soddisfar-la» 40.In sintesi, sempre sub specie aeternitatis, a livello di teoria generale, la

fondamentale ed imprescindibile esigenza di imparzialità del giudicanteimpone che, in ogni processo avente ad oggetto situazioni sostanziali di-sponibili, l’allegazione dei fatti costitutivi sia rimessa esclusivamente alleparti, con divieto per il giudice di rilevare tali fatti ex actis.Ma, al fine di salvaguardare l’imparzialità del giudicante e la sua posizio-

ne di neutralità super partes, è sufficiente il c.d. divieto di scienza privata.Tale divieto va specificato con riferimento a due tipi di iniziative giudi-

ziali:

a) il giudice non può sua sponte ricercare i fatti rilevanti fuori del pro-cesso;

b) il giudice non può cercare di giovarsi del suo sapere privato, pren-dendo d’ufficio una iniziativa probatoria – nei limiti consentiti dalla legge:

39 Così LIEBMAN, Fondamento del principio dispositivo, cit., p. 562 s. Richiamano ilprincipio di imparzialità del giudicante, a fondamento della signoria delle parti sull’alle -gazione dei fatti nel processo, anche CHIOVENDA, Principii, cit., p. 729; CERINO CANOVA,La domanda, cit., p. 131 ss.; CONSOLO, Il cumulo, cit., vol. I, p. 468 ss.; ID., Domanda giu-diziale, cit., p. 70 s.; CARRATTA, Il principio della non contestazione nel processo civile, cit.,p. 254, nota 196, e p. 261; MONTESANO, Le prove disponibili, cit., p. 190 ss., il quale, in In-vocazione per la prima volta in appello dell’usucapione a fondamento di un’azione di revin-dica, cit., p. 113, aveva affermato che, secondo il generale principio dispositivo, «il giudi-ce non può supplire di ufficio alla libera iniziativa delle parti sia nella posizione dei fatti dicausa sia nella determinazione delle domande e difese».

40 Così CONSOLO, Il cumulo, cit., vol. I, p. 469 s.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DISPOSITIVO 29

ispezione, consulenza ecc. – al fine di rendere giudiziale e non più mera-mente privata quella conoscenza.

Così operando, il giudice invade il campo del difensore, ricercando dipropria iniziativa i fatti che possono sorreggere le argomentazioni difensi-ve della parte.La posizione neutrale del giudice non è, invece, pregiudicata «dalla

possibilità che egli abbia di prendere in esame e valutare nella loro effica-cia i fatti che risultino acquisiti al processo» 41. Tali fatti non sono ricerca-ti dal giudice, il quale si limita a prenderli in considerazione, una volta en-trati nel giudizio.Ma, affinché effettivamente sia salvaguardata la neutralità del giudice,

questa facoltà non può essere vista in maniera avulsa rispetto alla struttu-ra del processo. Occorre vedere come l’esercizio da parte del giudice diquesta facoltà si coordini con le facoltà difensive delle parti.Occorre cioè accertare se, ove il giudice rilevi ex actis fatti rilevanti per

la decisione, ma non utilizzati dalla parte, sia tenuto a sollecitare sul pun-to il contraddittorio delle parti, alle quali sia consentito di allegare e pro-vare altri fatti.Ove non sia imposto al giudice di sollecitare le parti a controdedurre e

non sia prevista una rimessione in termini delle parti, il giudice rilevandoex actis un fatto rilevante non utilizzato dalla parte, finirebbe per favorireuna parte, non avendo l’altra parte la facoltà di modificare liberamente infatto la propria linea difensiva, con conseguente compromissione dellaneutralità ed imparzialità propria del giudicante.Pertanto si può concludere che l’imparzialità del giudice non costitui-

sce, avulsa dal sistema processuale, la giustificazione della signoria dellaparte sull’allegazione dei fatti nel processo.

41 Così VERDE, Domanda (principio della), cit., p. 8. Cfr. anche MENCHINI, Osservazio-ni critiche, cit., p. 39 s.; PROTO PISANI, La nuova disciplina, cit., p. 224 ss.; MERLIN, Com-pensazione e proces so, cit., vol. I, p. 335 ss., testo e note. Vedi anche in senso oppostoCHIOVENDA, Principii, cit., p. 728 s.

30 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

CAPITOLO II

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA

SOMMARIO: 1. Allegazione dei fatti e principio della domanda nel processo civi-le: fondamento e delimitazione del rapporto. – 2. L’allegazione dei fatti come co-municazione di un significato quale risulta positivamente regolato dalle normegiuridiche. Fatto come giudizio. Domanda come un’unità inscindibile, espres-sione di un giudizio di significabilità sociale normativa del fatto. L’allegazionedei fatti è la domanda vista in senso comunicativo. – 3. L’allegazione dei fatti giu-ridici come elemento costitutivo della domanda. L’allegazione dei fatti come di-chiarazione imperativa o di volontà (Willenserklärung). – 4. (segue) L’indicazio-ne del fatto costitutivo come componente essenziale della domanda, con paritàfunzionale rispetto agli altri componenti. – 5. L’allegazione del fatto giuridico,dal quale un diritto nasce, come elemento necessario di identificazione della do-manda giudiziale, anche nei casi in cui non sia elemento di identificazione del di-ritto stesso. Allegazione e giudicato. – 6. (segue) Rilevanza del motivo portantefattuale della decisione in caso di successive liti. L’allegazione dei fatti differen-zia la richiesta di tutela ed è, pertanto, rimessa al potere monopolistico della par-te. – 7. Allegazione dei fatti costitutivi e norme sulla giurisdizione/competenza:restrizione dell’oggetto del giudizio e funzione individuante della domanda daparte dell’allegazione dei fatti costitutivi.

1. Allegazione dei fatti e principio della domanda nel processo civile:fondamento e delimitazione del rapporto

Per delimitare i poteri o facoltà delle parti rispetto ai poteri o facoltàdel giudice nella rilevazione ed attribuzione di efficacia giuridica ai fatti sucui fondare la decisione, in assenza di un’espressa disciplina, si è fatto ri-corso al c.d. principio della domanda.Tale principio «è il prodotto di una regola dell’antica sapienza (nemo

iudex sine actore, ne procedat iudex ex officio), dietro la quale riposa l’in-tuizione che il giudice deve essere terzo e neutrale rispetto alla contro-versia da decidere (o, più genericamente, all’affare giudiziario da risol-

vere) e, soprattutto, che deve apparire come tale di fronte ai consociati.Al contrario, potrebbe non esserlo e sicuramente darebbe luogo al so-spetto di non essere terzo e neutrale, qualora avesse il potere (e lo eser-citasse) di dare inizio al procedimento all’esito del quale debba emanarela decisione» 1. Tale principio è codificato nell’art. 99 c.p.c. e nell’art.2907 c.c.Il principio della domanda, a livello funzionale, rileva quindi innanzi-

tutto per quanto riguarda l’emanazione del provvedimento giudiziale, nelsenso che senza iniziativa processuale di parte, tramite appunto la propo-sizione di domanda, il giudice non può emanare alcun provvedimento giu-diziale, salvo particolari ipotesi.Ma la domanda giudiziale non si rivolge unicamente al giudice, bensì

anche ad un’altra parte ed inoltre con la domanda si chiede al giudice undeterminato provvedimento, per cui vengono in considerazione altri dueaspetti del principio della domanda: il principio della corrispondenza trail chiesto ed il pronunciato; il principio del contraddittorio e, in particola-re, della facoltà di controparte e dello stesso giudice di interloquire sullaformazione e fissazione del thema decidendum.Il principio della domanda non rileva, quindi, unicamente riguardo al -

l’emanazione, ma anche al contenuto del provvedimento giudiziale. Ven-gono in considerazione le norme degli artt. 101, 112 e 306 ss. c.p.c.L’art. 112 c.p.c., in particolare, prevede che «il giudice deve pronun-

ciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa e non può pronun-ciare d’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalleparti».A questo punto si pone il problema di quale sia il rapporto tra allega-

zione dei fatti costitutivi e domanda giudiziale e, in particolare, se l’allega-zione dei fatti a livello strutturale sia la stessa domanda ovvero una parteessenziale e necessaria della stessa con la funzione di delimitare il «chie-sto», per cui il giudice, dovendo pronunciare su tutta la domanda e non ol-tre i limiti di essa, sia vincolato a quanto affermato dalla parte in ordine al-la prospettazione del fatto.Occorre procedere per gradi.Innanzitutto occorre verificare la tesi che, annullando la distinzione tra

fatto e diritto, fa dell’allegazione, definita come la comunicazione dell’esi-to del giudizio di significabilità normativa sociale del fatto, la domanda

1 Così VERDE, Domanda (principio della), cit., p. 1.

32 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

giudiziale stessa vista in senso comunicativo, con conseguente identità didisciplina (rimessione al potere monopolistico della parte) 2.Nel caso che questa tesi non persuada e, al contrario, si ritenga che con

la domanda l’attore richiede la tutela di un proprio diritto soggettivo, il se-condo gradino da salire è quello di accertare in quale misura l’allegazionedei fatti influisce sulla determinazione del diritto azionato e, quindi, delladomanda.Occorre, cioè, stabilire se l’allegazione dei fatti costituisce sempre re-

quisito di ammissibilità della domanda ovvero talvolta soltanto requisitodi fondatezza. Il riferimento è alla distinzione tra diritti autoindividuati edeteroindividuati 3. Nel caso, in particolare, che, a livello di diritto sostan-ziale, sussistano più fattispecie costitutive di un unico diritto, si tratta distabilire se la tutela richiesta al giudice con la domanda deve necessaria-mente fondarsi su una determinata fattispecie costitutiva, per essere astrat -tamente ammissibile 4. Se, infatti, la domanda è schlüssig (concludente) 5 e,quindi, ammissibile, anche senza riferimento ai fatti costitutivi (es., do-manda di accertamento di un diritto reale su di un bene, individuatodall’utilità che si vuol trarre dal bene, senza necessità di specificazione deltitolo d’acquisto), vuol dire che l’allegazione dei fatti costitutivi non è unaparte essenziale e necessaria della domanda e non ha la funzione di deli-mitare il «chiesto». Mutando la funzione, anche la disciplina del -l’allegazione dei fatti costitutivi può divergere da quella della domanda.Al contrario, ove si ritenga che la domanda per essere ammissibile de-

ve indicare i fatti costitutivi del diritto controverso, ciò non comporta au-tomaticamente l’estensione della disciplina della domanda.Occorre salire un terzo scalino.Poiché l’allegazione dei fatti non si esaurisce nella domanda, bisogna

tener conto anche dell’attività che può essere svolta nel corso del giudizio.Si tratta cioè di stabilire se l’accertamento del diritto controverso deve es-sere limitato a quella fattispecie costitutiva indicata nella domanda ovvero

2 Si fa riferimento a quanto sostenuto da NASI, Fatto: c) giudizio di fatto (dir. proc. civ.),in Enc. dir., vol. XVI, Milano, 1967, p. 977 s.; ID., Disposizione del diritto e azione disposi-tiva, cit., passim.

3 Sulla distinzione tra diritti auto- ed eteroindividuati vedi retro cap. I, nota 15.4 Si richiama così la diatriba «individuazione-sostanziazione» della domanda. Per le

origini e l’analisi di tale questione vedi infra parte seconda, cap. I, § 7.5 Questo il termine utilizzato per affermare la «sostanziazione» della domanda. Vedi

infra parte seconda, cap. I, §§ 6 e 7.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 33

se l’attore possa dedurne altre nel corso del giudizio e se lo stesso giudicepossa rilevarne altre dall’esame degli atti di causa 6.Affermare, infatti, che la domanda, per essere ammissibile, deve indi-

care i fatti costitutivi del diritto controverso non implica automaticamen-te che soltanto di quel profilo giuridico (Rechtsfrage) si possa discutere néimplica che, se pur sono deducibili nel corso del giudizio concorrenti fat-tispecie costitutive, il giudice sia vincolato a quello che richiede l’attore enon possa d’ufficio rilevare dagli atti di causa fatti costitutivi non utilizza-ti dall’attore.Bisogna cioè accertare se l’allegazione dei fatti deve essere anticipata

necessariamente al momento della proposizione della domanda, anche nelcaso che sia azionato un diritto autoindividuato, ovvero se, potendo l’alle-gazione dei fatti avvenire nel corso del giudizio, serve comunque a preci-sare in fatto la domanda, fissandone i limiti, invalicabili per il giudice.In quest’analisi, bisogna altresì tener conto della posizione del conve-

nuto in ordine all’attività di allegazione di fatti impeditivi, modificativi oestintivi, affinché non si alteri l’equilibrio tra le parti e si rispetti il princi-pio di parità delle armi (Waffengleichheit) tra i contendenti: un eventualedifferente trattamento, quanto ad allegazione e rilevazione, dei fatti costi-tutivi rispetto a quelli impeditivi-modificativi-estintivi, potrebbe infatti in-giustificatamente ledere il diritto di azione o di difesa della parte.L’analisi che segue è diretta a verificare le varie tesi, che hanno cercato

di dare una risposta a questi interrogativi. In queste ricostruzioni, l’analisidel tema «allegazione dei fatti» viene impostata di regola a livello di teoriagenerale, insensibile all’eventuale differente architettura del processo civi-le tracciata dal legislatore, cioè alle regole interne di funzionamento delprocesso.Soltanto passando da questa ricognizione critica, potrà aprirsi la via ad

una diversa ricostruzione del tema «allegazione dei fatti nel processo civi-le», che verifichi se il regime dell’allegazione dei fatti sia una variabile di-pendente da determinate scelte di tecnica processuale 7.Innanzitutto verranno esaminate le ricostruzioni che fanno dell’allega-

zione dei fatti (non tutta, ma) una parte essenziale e necessaria della do-manda, da cui, pertanto, mutua identica disciplina, a prescindere dalla cir-costanza che oggetto del giudizio sia un diritto auto- o eteroindividuato.

6 In questo senso CERINO CANOVA, La domanda giudiziale, cit., p. 129. 7 Vedi infra la parte seconda di questo lavoro.

34 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Successivamente verranno analizzate le tesi, che attribuiscono all’alle-gazione dei fatti la funzione di delimitare in fatto la domanda, fissando co-sì i limiti della stessa. Tali tesi considerano il modo in cui la realtà sostan-ziale interagisce con la tutela giurisdizionale e, in particolare, il modo dioperare del giudicato e delle regole su competenza e giurisdizione, che li-mitano la cognizione del giudice soltanto ad alcuni profili del diritto con-teso.Si riconosce, cioè, che l’allegazione dei fatti costitutivi non è sempre ne-

cessaria per identificare il diritto controverso e, quindi, la domanda; tutta-via si afferma che l’allegazione dei fatti può essere necessaria per identifi-care il tipo di tutela richiesta. Questa affermazione presuppone (e deve,pertanto, fornire) la dimostrazione che la tutela varia con il variare dellafattispecie costitutiva dedotta e posta a fondamento della decisione.Questo il campo di indagine, che si passa ad esaminare.

2. L’allegazione dei fatti come comunicazione di un significato quale ri-sulta positivamente regolato dalle norme giuridiche. Fatto come giu-dizio. Domanda come un’unità inscindibile, espressione di un giudi-zio di significabilità sociale normativa del fatto. L’allegazione dei fat-ti è la domanda vista in senso comunicativo

Si è cercato di offrire la dimostrazione della identificazione dell’allega-zione dei fatti con l’oggetto del giudizio e con la domanda, sostenendo, se-condo criteri necessari ed assoluti, che «allegazione del fatto e giudizio difatto sono due locuzioni che indicano rispettivamente la comunicazione ela comprensione di un significato […] quale risulta positivamente regola-to dalle norme giuridiche» 8.La domanda è «costituita da un giudizio di significabilità sociale nor-

mativa del fatto» 9; pertanto l’allegazione, definita come la comunicazione

8 Così NASI, Fatto: c) giudizio di fatto (dir. proc. civ.), cit., p. 977 s.9 Così NASI, Disposizione del diritto e azione dispositiva, cit., p. 189. Cfr. anche BENVE-

NUTI, op. cit., p. 54 ss., ove si precisa che l’affermazione dei fatti ha una struttura comples-sa, non limitata alla mera esposizione di un avvenimento storico, ma insieme anche comevalutazione circa la sua disformità rispetto alla previsione normativa. Quest’ultimo autore,però, riconosce che la realtà di fatto ha una sua esistenza obiettiva, accertabile dagli atrisoggetti del processo.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 35

del l’esito di tale giudizio di significabilità, è la domanda vista in senso co-municativo.Una volta osservato che la domanda è atto necessario ed interno al pro-

cesso e che funzione del processo è quella di esprimere il significato giuri-dico di un fatto, di realizzare «quella dimensione costitutiva della giuridi-cità che la teoria del diritto ha individuato come “effettività”» 10, la funzio-ne della domanda è quella di vedere riconosciuto e costituito il significatogiuridico del fatto; la struttura della domanda, conseguentemente, è quelladi un giudizio giuridico sul fatto, o, più precisamente, di un «giudizio disignificabilità sociale normativa del fatto» 11; mentre, coerentemente, lanatura della domanda non può essere quella di un atto dispositivo di unbene, espressione della volontà della parte, in quanto tra il bene e la do-manda c’è un ragionamento, un giudizio, ed in quanto lo stesso diritto, dicui disporre con la domanda, manca, stante la funzione costitutiva dellagiuridicità della situazione di fatto riconosciuta al processo 12.Per quanto riguarda poi l’allegazione dei fatti, la sua natura e funzione

dipende da una parte dalla natura e funzione del processo e dall’altra par-te dalla natura del fatto. Se scopo e funzione del processo è quello di costi-tuire la giuridicità di una situazione di fatto e se il fatto è un giudizio sul si-gnificato giuridico di una realtà, l’allegazione dei fatti altro non è che la co-municazione di questo significato ed ha la funzione di oggetto del giudizio.La parte è costretta dalla logica globale e interiore del processo a de-

durre in giudizio non un bene, ma un giudizio giuridico sul fatto, cioè nonun Recht, ma una Rechtsfrage. Correlativamente il convenuto contrappo-ne con l’eccezione alla Rechtsfrage dell’attore un’altra Rechtsfrage 13.

10 Così NASI, Fatto: c) giudizio di fatto, cit., p. 982, nota 33.11 Così NASI, Disposizione del diritto e azione dispositiva, cit., p. 189.12 In un altro passo si legge, infatti, che per la parte «il problema si pone in termini di

esistenza o non esistenza del suo diritto, o meglio l’alternativa è tra la possibile esistenzadel suo diritto in quanto adisca il giudizio e la non esistenza del suo diritto, in quanto ri-nunci ad adirlo» (Così NASI, op. ult. cit., p. 17). Subito oltre, però, si aggiunge che, essen-do il processo «l’unico mezzo perché sia riconosciuta come giuridica l’affermazione dellaparte, rinunciare al processo può implicare il consolidamento della giuridicità della situa-zione di fatto esistente e contraria all’interesse della parte stessa (quella che la parte, aden-do il giudice, postula come situazione antigiuridica)» (Così NASI, op. ult. cit., p. 17 s.). Oc-corre pertanto chiarire se la giuridicità di una situazione di fatto esista o non esista primae senza il processo e, pertanto, se il processo serva a riconoscere una giuridicità già esisten-te ovvero a costituire tale giuridicità. Per questo chiarimento vedi infra nel testo.

13 Cfr. NASI, op. ult. cit., p. 193 ss.

36 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Parimenti i mezzi di prova servono non a verificare, ma a capire una si-tuazione di fatto, cioè il significato giuridico di una realtà; «non si può du-bitare che anche la prova proponga al giudice un problema di compren-sione di significato che si risolve attraverso un giudizio interpretativo» 14.La portata dell’oggetto del giudizio, inteso come Rechtsfrage, influisce

poi sui limiti alla modificabilità della domanda e sui limiti oggettivi delgiudicato. Questa correlazione è, infatti, risolta, osservando, con riferi-mento ai limiti oggettivi del giudicato, che l’accoglimento di un significato,cioè di una domanda, ha «come inscindibile l’altro effetto logico-giuridicodi falsificare tutti i significati ad esso contrari attribuibili a quello stessofatto (il rigetto dell’altra domanda e di ogni altra domanda nuova relativa-mente allo stesso fatto)» 15.Con riferimento alla modificabilità della domanda, si osserva che «per

domande nuove rispetto ad un giudizio dato si devono intendere dunquetutte le domande che sono poste da un soggetto in relazione di contrarietàcon la domanda accolta, tali cioè da riferirsi allo “stesso fatto” ma con lapretesa di fondarvi una “diversa posizione giuridica”» 16.Precisata questa ricostruzione, si nota che essa poggia sulla logica glo-

bale ed interiore del processo, che lo rende strumento necessario per co-stituire la giuridicità di una situazione di fatto.Il ragionamento diventa pertanto logico-filosofico e si tratta di accerta-

re quale sia questa logica interiore del processo.Questa logica si ispira alla teoria di effettività 17.Questa teoria serve ad un tempo a giustificare e a limitare la validità di

uno Stato, un governo, un ordinamento giuridico in base all’effettività,cioè alla loro capacità ed idoneità ad ottenere il consenso della generalità

14 Cfr. NASI, op. ult. cit., p. 217 s.15 Così NASI, Fatto: c) giudizio di fatto, cit., p. 980 s.16 Così NASI, op. ult. cit., p. 981, nota 30.17 Cfr. NASI, Disposizione del diritto e azione dispositiva, cit., p. 183 ss.; ID., Fatto: c) giu-

dizio di fatto, cit., p. 982, nota 33. Per un esame della teoria dell’effettività si rinvia, ex plu-ribus, a GAVAZZI, Effettività (principio di), in Enc. giur., vol. XII, Roma, 1989; PIOVANI, Ef-fettività (principio di), in Enc. dir., vol. XIV, Milano, 1965, p. 420 ss.; ID., Il significato delprincipio di effettività, Milano, 1953; MENEGHELLI, Il problema dell’effettività nella teoriadella validità giuridica, Padova, 1964; SCARPELLI, Validità, legittimità, effettività del diritto epositivismo giuridico, Perugia, 1964-5; GROPPALI, Il principio di effettività e la riduzione deldiritto a fatto, in Riv. it. fil. dir., 1954, p. 49 ss.; SALVIOLI, L’effettività in diritto internazio-nale, in Riv. trim. dir. pubbl., 1953, p. 271 ss.; OTTOLENGHI, Il principio di effettività e la suafunzione nell’ordinamento internazionale, in Riv. dir. intern., 1936, pp. 3-33, 361-403.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 37

dei soggetti. Infatti le applicazioni maggiori si hanno in campo di dirittointernazionale, quando si tratta di riconoscere la formazione di un nuovoStato o di un nuovo governo o di un nuovo ordinamento, che si sostitui-scono ai precedenti, ovvero l’estensione della sovranità di uno Stato 18.Il ricorso alla teoria dell’effettività è avvenuto anche per cogliere e giu-

stificare la conversione del fatto in diritto. Ed è questa giustificazione cheviene utilizzata ai fini di stabilire la natura e la funzione del processo, o me-glio della tutela giurisdizionale.In particolare si osserva 19 che il ciclo dell’esperienza giuridica consta di

due momenti: il momento dell’effettività, cioè della concreta, storica ten-sione del soggetto verso un certo bene-valore, postulando il riconosci-mento, il consenso della generalità a questa tensione; il momento del con-senso della generalità, che conclude ed integra il ciclo della formazionedella giuridicità.La giuridicità quindi si coglie a livello fattuale, di esperienza ed è data

dalla coincidenza tra la concreta tensione di un soggetto verso un bene e ilbenestare, il consenso, il riconoscimento da parte di tutti gli altri soggetti. Prima che si abbia questa coincidenza, la giuridicità sussiste, ma è in-

completa, in quanto soltanto manifestata dalla concreta tensione del sog-getto verso il bene e dalla sua pretesa di riconoscimento da parte della ge-neralità.Pertanto, quando viene a mancare il consenso di una delle parti, viene

posto in discussione il consenso della generalità e cioè la (completa) giuri-dicità di una situazione di fatto.Il problema a questo punto è di ricostituire la giuridicità della situazio-

18 Cfr. la decisione della Corte internazionale di giustizia dell’11 settembre 1992, inRiv. dir. internaz., 1993, p. 147, secondo la quale «in materia di delimitazione territorialefondata sul principio uti possidetis juris l’effettività che può venire in considerazione ai fi-ni dell’accertamento dei diritti territoriali è unicamente l’effettività coloniale – sostanzian-tesi in comportamenti delle autorità amministrative durante l’epoca coloniale –, la quale,senza potere prevalere sui titoli territoriali, rileva quando questi ultimi manchino ovvero,pur sussistendo, non indichino in modo preciso l’estensione territoriali cui si riferiscono;è possibile tener conto di effettività successiva all’indipendenza – che si tratti della pre-senza nelle zone in litigio di insediamenti di cittadini di uno degli stati controvertenti ov-vero dell’esercizio in tali zone di competenze giudiziarie, amministrative, politiche o mili-tari – solo in quanto esse forniscano indicazioni sulla frontiera alla data dell’indipendenzae a condizione che esista una relazione tra le effettività in questione e la determinazione diquesta frontiera». Come si vede, l’effettività di una situazione non è però ritenuta preva-lente sulla legittimazione proveniente da un titolo.

19 Cfr. NASI, Disposizione del diritto e azione dispositiva, cit., p. 183 ss.

38 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

ne di fatto, cioè di completare il ciclo della giuridicità tramite il consensodella generalità. Necessita a questo punto il ricorso al processo. Il sogget-to si rivolge al giudice soltanto in quanto, ragionando, ritenga che «l’inter-pretazione giuridica che la parte dà dei fatti corrisponde a quella che deglistessi si deve dare in base all’esperienza giuridica comune, avendo in ciò lefattispecie legali come punti di riferimento principali, ma non comunqueesclusivi» 20.Quindi, la parte, agendo in giudizio, opera un ragionamento, un giudi-

zio; il fatto si palesa come giudizio che la generalità dei soggetti dà ad unadeterminata tensione concreta verso un bene; la domanda è il giudizio disignificabilità sociale normativa del fatto; l’allegazione del fatto è la comu-nicazione del significato, cioè dell’esito del giudizio.Il giudice, da parte sua, «riconosce se il fatto normativo particolare

proposto dalla parte esprime un fatto normativo sociale, un fatto normati-vo con cui la generalità dei consociati mostra di perseguire un valore cheper questo appare come un valore sociale positivo in un dato momento»21.Ma, così ragionando, si annulla la distinzione espressa dall’art. 112

c.p.c. tra eccezione rilevabile d’ufficio ed eccezione rilevabile soltanto suistanza di parte, a favore di quest’ultima, in quanto, affinché il giudice pos-sa portare la sua cognizione su un determinato fatto estintivo, impeditivoo modificativo, è necessario che la parte utilizzi questo fatto, postulando-ne un certo significato normativo 22.Inoltre rimane da coordinare con la teoria dell’effettività la presenza

delle norme giuridiche. Se, infatti, la giuridicità si esprime a livello di espe-rienza e il fatto (la concreta tensione di un soggetto verso un bene) deve es-sere riconosciuto come giuridico, se sussiste il consenso della generalità,rimane da spiegare il ruolo rivestito dal diritto, dalle norme giuridiche.Evidentemente il diritto, o meglio l’ordinamento giuridico, non può piùrivestire la funzione di attribuire giuridicità ad una situazione di fatto, inquanto la giuridicità è immanente al fatto, all’esperienza.L’antinomia viene risolta, affermando che «il diritto è esperienza signi-

ficante, cioè discorso, e non può essere strumento di definizione, può es-

20 Così NASI, op. ult. cit., p. 204.21 Così NASI, op. loc. ult. cit.22 Il rapporto tra allegazione dei fatti ed eccezione verrà esaminato in seguito, ripren-

dendo anche quanto adesso, per completezza dell’analisi, è stato anticipato nel testo. Ve-di infra parte prima, cap. IV, § 3.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 39

sere soltanto impiegato per esprimere dei significati o studiato e analizza-to nelle sue regole sintattiche e semantiche» 23.Il rapporto tra fatto e diritto viene risolto a livello di linguaggio, come

rapporto tra proposizioni: proposizione legale e proposizione fattuale. Poi-ché il linguaggio è comune e non è distinguibile un linguaggio di diritto daun linguaggio di fatto, il problema del rapporto tra fatto e diritto si riducealla verificazione della riducibilità della proposizione legale alla proposi-zione fattuale (c.d. relazione semantica) 24.Ebbene, in questa ricostruzione non convince innanzitutto il passaggio

dalla premessa di partenza (teoria dell’effettività) alle conclusioni sulla lo-gica e natura e funzione del processo.Se la giuridicità di una situazione di fatto si forma a livello di esperien-

za, nel momento in cui la tensione concreta di un soggetto verso un beneottiene il consenso della generalità, è a livello di esperienza che occorreagire per ripristinare il consenso della generalità, qualora venga messo indiscussione da qualcuno.Invece per ripristinare il consenso della generalità, o meglio per sof -

fo care il dissenso di un soggetto, si ricorre al giudice, introducendo co-me elemento di riferimento e confronto il diritto, cioè l’ordinamentogiuridico.La parte, agendo in giudizio, chiede che sia riconosciuta la riducibilità

della proposizione fattuale dedotta alla proposizione legale, chiede che,seguendo la falsariga della teoria dell’effettività, sia riconosciuto come do-vuto il consenso della generalità, in quanto la propria tensione concretaverso il bene è sorretta da, è riducibile ad una proposizione normativa echiede, quindi, che sia ripristinato tale consenso generale, sia ricostituita lagiuridicità della situazione di fatto.Non a caso chi sostiene questa ricostruzione logico-filosofica da una

parte afferma che il giudizio ha natura interpretativa, dall’altra sostieneche ha natura costitutiva della giuridicità. Ha natura interpretativa, perchéla giuridicità è immanente al fatto; ha natura costitutiva, perché questagiuridicità deve essere completata con il secondo momento del ciclo, cioècon il consenso della generalità (o, meglio, con l’eliminazione del dissensodel convenuto) 25.

23 Così NASI, op. ult. cit., p. 180.24 Cfr. NASI, op. ult. cit., p. 151 e ID., Fatto: c) giudizio di fatto, cit., p. 981 s.25 Vedi retro nota 11.

40 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Ma ha il sapore di una finzione, sostenere che, una volta pronunciata lasentenza, il soggetto dissenziente torni a consentire.Anzi, tale soggetto potrebbe agire a livello di esperienza per ampliare il

dissenso e rompere (nuovamente) la giuridicità della tensione concretaverso un bene da parte del soggetto vittorioso nel primo processo.Al contrario, si afferma che non può tornarsi a discutere del significato

giuridico dello stesso fatto, in quanto non è ammissibile riferirsi allo «stes-so fatto» per fondarvi una «diversa posizione giuridica» 26. In questo mo-do, però, si nega validità alla stessa premessa di partenza, secondo la qua-le, quando viene meno il consenso di una delle parti, viene meno la giuridi-cità di una situazione di fatto, in quanto viene meno il secondo momentodel ciclo, cioè il momento del consenso della generalità, che conclude edintegra il ciclo della formazione della giuridicità.Inoltre si opera quella distinzione, prima negata, tra fatto e qualifica-

zione giuridica.Si introduce così il problema del rapporto tra fatto e diritto.Questo problema non può essere risolto a livello di linguaggio, in

quanto, qualora anche non sia distinguibile un linguaggio di fatto da unlinguaggio di diritto a livello di domanda o di sentenza 27, il fatto non puòridursi ad una proposizione, ma comunque mantiene una sua concretezzamateriale nella realtà. E il giudice non può limitarsi a verificare la corret-tezza di un ragionamento, ma deve innanzitutto verificare l’esistenza deifatti affermati e, quindi, tutelare il bene della vita controverso.Il ragionamento non può essere l’oggetto e il fine del processo, ma sol-

tanto uno strumento per arrivare alla tutela di un bene della vita.Il giudice, per riconoscere o negare la tutela richiesta, fermo il divieto

di utilizzo della propria scienza privata, ha a disposizione tutti i fatti ver-sati in causa, siano essi frutto di un’esplicita valutazione della parte sianoessi meramente risultanti dagli atti di causa. La possibilità per il giudice diprendere in considerazione, ai fini della decisione, anche i fatti meramen-te risultanti dagli atti di causa è ciò che deve essere accertato.

26 Cfr. NASI, op. ult. cit., p. 980 s., testo e nota 30.27 Il problema della relazione semantica tra norma e fatto, in critica a Nasi, è esamina-

to da TARUFFO, Note in tema di giudizio di fatto, in Riv. dir. civ., 1971, I, p. 33 ss.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 41

3. L’allegazione dei fatti giuridici come elemento costitutivo della do-manda. L’allegazione dei fatti come dichiarazione imperativa o di vo-lontà (Willenserklärung)

Esclusa una completa identificazione dell’allegazione dei fatti costituti-vi con la domanda o con l’oggetto del giudizio, si è comunque cercato diestendere la disciplina e la funzione della domanda giudiziale all’allegazio-ne dei fatti, affermando che «l’allegazione, che in sede di analisi del datoofferto dall’esperienza parrebbe considerabile come atto a sé stante, inrealtà non altro costituisce che un momento o elemento della domanda[...]: il fatto, che è allegato a fondamento della domanda, più ancora checoncorrere ad «identificare» la domanda stessa ne rappresenta un elemen-to costitutivo essenziale. E poiché la domanda sembra essere senza dubbionon un atto d’informazione ma di comando, esercizio appunto del dirittosoggettivo («jubere licere») di azione, lo stesso parrebbe doversi dire diquello, che della domanda è un elemento fondamentale» 28.L’allegazione dei fatti costitutivi non è più la domanda o l’oggetto del

giudizio, ma è una parte della domanda, un elemento costitutivo fonda-mentale della domanda.La natura dell’allegazione dei fatti costitutivi è pertanto quella di «di-

chiarazione imperativa o normativa o di volontà» 29, mentre la funzione

28 Così CAPPELLETTI, La testimonianza della parte, cit., vol. I, p. 51 s. Cfr. anche CAR-NELUTTI, Istituzioni del nuovo processo civile italiano, 4a ed., vol. I, Roma, 1951, p. 224, oveosserva che «poiché il giudice non può risolvere questioni, che non risultano dalle do-mande delle parti, e il contenuto delle domande consiste non solo nelle conclusioni ma an-cora nei motivi, se egli ritiene un fatto, che niuna parte ha affermato, oppure nega un fat-to, che ambo le parti hanno affermato d’accordo, i limiti della domanda sono ecceduti co-me se statuisse intorno a un effetto giuridico non indicato nelle conclusioni».

29 Così CAPPELLETTI, op. cit., vol. I, p. 49 s. e nota 4 a p. 50, ove ampi riferimenti dot-trinali, a cui si rinvia. Dello stesso autore vedi anche Iniziative probatorie del giudice e tesipregiuridiche della struttura del processo, cit., p. 152 s.; Attività e poteri del giudice costitu-zionale in rapporto con il loro fine generico, in Scritti giuridici in memoria di P. Calamandrei,vol. III, Padova, 1958, nn. 17 ss., specialmente p. 138, nota 74, ove l’autore indica le ra-gioni per cui preferisce la terminologia «dichiarazione informativa-dichiarazione impera-tiva» all’altra tradizionale «dichiarazione di scienza-dichiarazione di volontà»; Il giura-mento della parte nel processo litisconsortile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1955, p. 1151 ss.,nota 23 a p. 1166, in riferimento alla contrapposizione tra Willenserklärung e Wissens -erklärung; Ritrattazione del giuramento della parte e revoca dell’ordinanza ammissiva delgiuramento, in Annali della Università di Macerata, vol. XXII, Milano, 1958, p. 238 s. Inol-tre si segnala che TARZIA, Il litisconsorzio facoltativo, cit., p. 349, e FERRI, Struttura del pro-cesso e modificazione della domanda, cit., p. 13, indicano come prevalente l’opinione per la

42 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

del l’allegazione dei fatti costitutivi è quella di «determinare vincolativa-mente quella che dovrà essere la base di fatto della pronuncia» 30.L’effetto imperativo dell’allegazione consiste nella «creazione dell’ob-

bligo giudiciale di provvedere sulla base della allegazione» 31: ciò che vin-cola il giudice non è il quid positum (cioè il fatto così come allegato dallaparte), ma la positio (cioè l’allegazione), che obbliga il giudice a pronun-ciarsi su di essa, anche con il dire che il fatto allegato non risulta provato 32.«L’allegazione non differisce dunque dalla domanda-pretesa, la quale

non tanto è l’atto, con cui si realizza la fattispecie donde scaturisce il do-vere del giudice di emettere una pronuncia favorevole, quanto l’atto, concui si sottopone il giudice al dovere di pronunciarsi come che sia sulla do-manda giudiziale» 33.In sintesi, l’allegazione dei fatti, poiché è elemento costitutivo della do-

manda, non differisce dalla stessa quanto a natura (dichiarazione impera-tiva o normativa o di volontà; Willenserklärung) e quanto a funzione e di-sciplina. Si riconosce alla parte la potestà di vincolare il giudice: questofatto sì (anche se impossibile o contrastante con massime d’esperienza ofatti notori); questo fatto no o non più (revoca dell’allegazione); questofatto dopo quest’altro (condizionamento o subordinazione nell’allegazio-ne dei fatti); ecc. Si esclude che il giudice possa d’ufficio rilevare ex actisfatti non utilizzati dall’attore a sostegno della domanda.

quale l’allegazione dei fatti, posti a fondamento della domanda o dell’eccezione, deve es-sere ricompresa tra le dichiarazioni di volontà, poiché determina la base di fatto della pro-nuncia del giudice; VERDE, Norme inderogabili, tecniche processuali e controversie di lavo-ro, cit., p. 226, nota 22; REDENTI, Il giudizio civile con pluralità di parti, Milano, 1911, ri-stampato a Milano, 1960, con prefazione dell’autore, p. 19, nota 15, afferma che «le partioperano con dichiarazioni aventi prevalente carattere di dichiarazioni di volontà»; ALLO-RIO, Diritto processuale tributario, 5a ed., Torino, 1969, p. 459 ss., in partic. 468 s., preferi-sce parlare di atti normativi piuttosto che di atti di volontà, in quanto ciò che rileva è la sta-tuizione e non già la volontà degli effetti giuridici; poi precisa che le allegazioni, cioè le di-chiarazioni di fatti favorevoli al dichiarante, che vengono poste a fondamento della do-manda, nel processo civile sono «condizioni della potestà del giudice di tener conto, nellapropria decisione, dei fatti dichiarati»; MONTESANO, Invocazione per la prima volta in ap-pello dell’usucapione, cit., p. 113, ove afferma che «non c’è fatto acquisito al processo sen-za volontà e iniziativa di parte».

30 Così CAPPELLETTI, La testimonianza, cit., vol. I, p. 53.31 Così CAPPELLETTI, op. ult. cit., p. 55. Vedi anche ALLORIO, Diritto processuale tribu-

tario, cit., p. 469.32 Cfr. CAPPELLETTI, op. ult. cit., p. 58.33 Così CAPPELLETTI, op. ult. cit., p. 58 s.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 43

Ebbene, in questa ricostruzione si denota un non sequitur: dalla con-statazione che l’allegazione dei fatti è elemento costitutivo della domandanon segue necessariamente che l’allegazione e la domanda abbiano la stes-sa natura e funzione e, quindi, la stessa disciplina 34. La natura di atto dicomando ovvero di dichiarazione imperativa può essere legata alla do-manda nel suo complesso e non a ciascuno degli elementi costitutivi dellastessa.Inoltre la stessa constatazione che l’allegazione dei fatti è elemento co-

stitutivo della domanda deve essere precisata e dimostrata. La precisazio-ne si impone, in quanto viene successivamente operata una divisione tra ifatti, distinguendosi tra fatti «principali» o «giuridici»; fatti «secondari» o«motivi»; fatti giuridicamente del tutto irrilevanti; fatti giuridici (costituti-vi, estintivi, impeditivi) riferentisi ad un rapporto o situazione di dirittopubblico o interessanti comunque l’ordine pubblico; «meri» fatti impedi-tivi o estintivi 35. Soltanto i fatti «principali» o «giuridici» sono considera-ti oggetto di un onere di allegazione 36, cioè soltanto questa categoria difatti può essere considerata elemento costitutivo della domanda.L’analisi di questa partizione tra i fatti verrà effettuata in seguito 37. Per

il momento è sufficiente notare che non tutti i fatti sono considerati ele-mento costitutivo della domanda, ma soltanto quelli che sono «elementoessenziale per la individuazione della res (a partibus) in judicium deducta»,poiché per tutti gli altri fatti il potere d’iniziativa giudiciale «riguardaesclusivamente il modo come il giudice, nei limiti di quella res, eserciterà lasua propria funzione, della quale le parti lo hanno in concreto investito»38.Ma allora il discrimine tra fatti rimessi al potere monopolistico di alle-

gazione delle parti, con conseguente vincolo del giudice, e fatti liberamen-te rilevabili e valutabili dal giudice passa attraverso la delimitazione dellares judicanda.Occorre pertanto accertare quali fatti concorrono a determinare la res

34 Ad es. GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 27 ss., ritiene che l’esposizione deglielementi di fatto è uno degli elementi costitutivi della domanda, ma non attribuisce a taleesposizione natura di dichiarazione imperativa o normativa o di volontà, ritenendo suffi-ciente la mera indicazione cosciente dell’avvenimento (così a p. 92).

35 Cfr. CAPPELLETTI, op. ult. cit., p. 339 ss.36 Cfr. CAPPELLETTI, op. ult. cit., p. 342 s.37 Vedi infra parte prima, cap. IV.38 Così CAPPELLETTI, op. ult. cit., p. 343.

44 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

in judicium deducta, tenendo conto della distinzione tra diritti auto- edeteroindividuati.Questa disamina però manca nella ricostruzione in esame e l’afferma-

zione che tutti i fatti costitutivi principali sono un elemento essenziale del-la domanda ha il sapore di un postulato, dettato da criteri necessari ed as-soluti non precisati.Comunque, viene offerta la dimostrazione della natura di dichiarazio-

ne imperativa attribuita all’allegazione dei fatti, prescindendo dal rappor-to con la domanda e l’oggetto del processo.Si osserva che l’allegazione dei fatti giuridici può essere resa, anziché

dalla parte personalmente, dal suo rappresentante o difensore, il qualepuò effettuare anche un’allegazione negativa, cioè può contestare i fatti exadverso allegati, pur essendo del tutto all’oscuro riguardo a tali fatti; quin-di, l’allegazione dei fatti deve avere natura di dichiarazione imperativa 39.A quanto è dato intendere, questa consecutio dovrebbe dipendere dal

fatto che il difensore o il rappresentante della parte possono non essere adiretta conoscenza dei fatti di causa e, pertanto, le loro dichiarazioni nonpossono avere natura informativa o di scienza, ma soltanto imperativa o divolontà. Ma una dichiarazione ha natura informativa o di scienza, anchequando si espone un avvenimento, un fatto riferito da altri e non osservatoo compiuto personalmente, cioè non muta necessariamente la natura delladichiarazione a seconda che abbia ad oggetto un fatto proprio o un fatto al-trui. Del resto in alcune ipotesi è riconosciuta alla parte la facoltà di difen-dersi personalmente, senza il ministero di un difensore (v. artt. 82, 86; 417c.p.c.; art. 31, legge 23 dicembre 1966, n. 1147; art. 22, legge 24 novembre1981, n. 689); in queste ipotesi, essendo la parte ad esporre i fatti che per-sonalmente conosce, si dovrebbe concludere che l’allegazione ha natura didichiarazione informativa o di scienza; qualora, invece, la parte preferiscaaffidare la propria difesa ad un difensore, allora, per ciò solo, l’allegazionedovrebbe automaticamente e necessariamente acquisire natura di dichiara-zione imperativa. Se, poi, durante il corso del giudizio, interviene ovveroviene a mancare la presenza di un difensore, per ciò solo dovrebbe mutarela natura e, quindi, la funzione dell’allegazione dei fatti, con difficoltà dicoordinamento con la natura e funzione dell’allegazione dei fatti effettuatafino al momento del cambiamento. Ma la natura del l’esposizione dei fattinon può dipendere dalla presenza o meno di un difensore.

39 Cfr. CAPPELLETTI, op. ult. cit., p. 54 s.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 45

Si osserva, inoltre, che è ammissibile porre a fondamento della doman-da tesi in fatto contrastanti ovvero fatti naturalmente o giuridicamente im-possibili ovvero smentiti da sicure massime d’esperienza o in contrastocon fatti notori e che il giudice non può pronunciarsi su di un fatto che,pur emergendo dagli atti, non sia stato allegato ovvero rispetto al qualel’allegazione sia stata revocata; ne consegue che l’allegazione dei fatti hanatura di dichiarazione imperativa 40.Ebbene, nessuna norma espressamente prevede tale possibilità per la

parte ovvero tale limitazione ai poteri del giudice. Anzi, questa possibilitào questa limitazione è proprio ciò che si vuole dimostrare, rappresentacioè la conseguenza e non già la premessa della natura e funzione dell’alle-gazione dei fatti: se l’allegazione dei fatti ha natura di dichiarazione impe-rativa e funzione di determinare vincolativamente quella che dovrà esserela base di fatto della pronuncia, allora è possibile riconoscere alla parte ilpotere di costringere il giudice a pronunciarsi su questo fatto sì (anche seimpossibile o contrastante con massime d’esperienza o fatti notori); suquesto fatto no o non più (revoca dell’allegazione); su questo fatto dopoquest’altro (condizionamento o subordinazione nell’allegazione dei fatti);ecc. Ma la natura e la funzione dell’allegazione dei fatti è proprio ciò chesi deve dimostrare.Infine, si osserva che le dichiarazioni rese dalle parti sui fatti di causa

non possono avere un valore probatorio, in quanto la parte non può esse-re un teste in re sua; quindi, bisogna riconoscere a tali dichiarazioni la na-tura di dichiarazioni imperative e la funzione di vincolare il giudice a pro-nunciarsi su di esse 41.In questo ragionamento c’è un salto logico: dall’affermazione che le di-

chiarazioni dei fatti provenienti dalla parte non possono avere un valoredirettamente probatorio, non consegue automaticamente e necessaria-mente che hanno natura di dichiarazioni imperative. Nulla esclude, infat-ti, che tali dichiarazioni abbiano valore informativo per il giudice, pur am-mettendo che non siano rilevanti a fini probatori 42.

40 Cfr. CAPPELLETTI, op. ult. cit., p. 54 ss.41 Cfr. CAPPELLETTI, op. ult. cit., p. 56.42 Si noti che CAPPELLETTI, op. ult. cit., p. 90 ss., riconosce un valore indirettamente

probatorio alle dichiarazioni fattuali rese dalle parti, che valgono come «fonti di prova in-dirette (logiche, critiche) ossia come indizî (fatti noti) dai quali il giudice, per forza di “ar-gomentazione”, possa trarre elementi o “argomenti” di prova (presunzioni)» (p. 92); le al-legazioni possono «esplicare una efficacia secondaria, in quanto, considerate non più come

46 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

In conclusione, la natura di dichiarazione imperativa e la funzione divincolare il giudice attribuite all’allegazione dei fatti devono essere verifi-cate nella premessa e cioè nell’affermazione che l’allegazione dei fatti giu-ridici principali è un elemento essenziale della domanda e, pertanto, ha lastessa disciplina della domanda.

4. (segue) L’indicazione del fatto costitutivo come componente essen-ziale della domanda, con parità funzionale rispetto agli altri compo-nenti

La domanda, in quanto strumento per ottenere una decisione, ha uncontenuto necessario, che è il riflesso del contenuto rigido della sentenza;questo contenuto interagisce innanzitutto con la parte e con il principiodella domanda (art. 99 c.p.c.), nel senso che vincola la parte ad esprimeretanti petita (richieste) quanti sono i responsa (giudizi minori) che deve da-re il giudice nella sentenza; poi condiziona il giudice e lo vincola ad unadecisione che sia pienamente rispondente a quanto partitamente richiestodalla parte. Il principio della domanda si pone come «canone interpretati-vo» 43 della regola espressa dall’art. 112 c.p.c., secondo cui «il giudice de-ve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa»: la decisio-ne deve corrispondere a tutta la domanda, cioè a tutti i quesiti posti con lastessa, considerata l’equivalenza funzionale di essi; in questo modo soltan-to viene rispettato il principio della domanda (art. 99 c.p.c. e art. 2907c.c.), dato che la decisione «non può ritenersi pronunciata su iniziativa diparte se non si ricolleghi alla domanda nella sua interezza» 44, e viene cor-rettamente attuato il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pro-nunciato (art. 112 c.p.c.).

atti ma come fatti giuridici (contegno processuale della parte), saranno in grado di confi-gurarsi come “fatti noti”, argomentando dai quali il giudice potrà eventualmente dedurreo indurre la verità del fatto bisognoso di prova» (p. 92 s.). Insomma, pur di non contrad-dire la natura esclusivamente imperativa delle dichiarazioni fattuali della parte, si cerca direcuperare un valore probatorio, mettendo sullo stesso piano il contegno della parte equanto essa afferma. Ma il comportamento processuale della parte attiene alla forma e nongià al contenuto delle manifestazioni espressive della parte. La dichiarazione di un fatto èsempre rappresentativa dello stesso e l’attendibilità di chi la effettua non può farla diven-tare presuntiva di un diverso fatto non dichiarato.

43 Così GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 68.44 Così GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 67.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 47

Questa ricostruzione sembra offrire una dimostrazione dell’afferma-zione che l’esposizione dei fatti costitutivi è un elemento essenziale delladomanda e, pertanto, non differisce dalla domanda, quanto a natura, fun-zione e disciplina 45.L’esposizione dei fatti è, invero, formulata come una domanda nella

domanda ed, avendo parità funzionale rispetto agli altri componenti delladomanda, non differisce da essi e, quindi, dalla domanda nel suo com-plesso.Ne consegue l’estensione della disciplina della domanda e, in partico-

lare, il vincolo del giudice a decidere sulla base e nei limiti di quanto gli èdomandato, anche in ordine alla quaestio facti 46.Alla base di questa ricostruzione ci sono due considerazioni: a) l’espo-

sizione dei fatti costitutivi è elemento essenziale della domanda; b) con pa-rità funzionale rispetto agli altri componenti della domanda 47, per i qualivale il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.La prima considerazione poggia sull’osservazione che la sentenza ha un

contenuto rigido e che la domanda deve riflettere tale contenuto, in quan-to strumento per arrivare alla decisione.Si osserva, però, che tale rigidità del contenuto della decisione, defini-

ta in alcuni passi come dato metapositivo, dipende da due presupposti e

45 A dimostrazione del vincolo giudiciale quanto ai fatti, si fa anche riferimento all’in-teresse del titolare del diritto controverso (GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 69 ss.).La natura e la funzione di questo interesse è stata presa in esame nel precedente capitolo,§ 4, in sede di esame del rapporto tra allegazione dei fatti e principio dispositivo.

46 Cfr. Cass. 5 maggio 1993, n. 5209, in Foro it., Rep. 1993, voce Sentenza civile, n. 25,secondo cui «la violazione del principio fondamentale di corrispondenza tra chiesto e pro-nunciato si verifica non soltanto nei casi in cui il giudice pronunci oltre i limiti delle pre-tese e delle eccezioni delle parti, ma anche quando, esorbitando dai limiti della mera qua-lificazione della domanda, il medesimo proceda ad un mutamento della stessa, sostituen-do la causa petendi dedotta in giudizio con una differente basata su fatti diversi da quelliallegati dalle parti (la suprema corte ha confermato la sentenza del giudice di appello cheha ravvisato la violazione del suddetto principio per un caso in cui la pretesa fondata sul-lo svolgimento di un unico ininterrotto rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze delconvenuto era stata accolta dal primo giudice – sul presupposto della esistenza di un tra-sferimento di azienda, mai allegato dal ricorrente – sotto il profilo della responsabilità delcessionario dell’azienda stessa, ex art. 2112 c.c., per i debiti maturati a carico dell’origina-rio datore di lavoro)».

47 L’importanza di questa affermata parità funzionale dei componenti della domandaè sottolineata da GRASSO, che nota come si tratti di un dato ancora non acquisito dalla dot-trina; v. La regola della corrispondenza, cit., p. 394, nota 15; La pronuncia d’ufficio, cit., p.34, nota 30.

48 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

cioè dal fatto che al giudizio del giudice sia sottoposto (anche) l’avveni-mento e non soltanto l’effetto giuridico e dal fatto che il giudice pronuncisecondo una regola precostituita da altri 48.Ma allora il contenuto rigido e necessario della sentenza, che deve ser-

vire da parametro di raffronto per la domanda, in realtà dipende dal con-tenuto della domanda, cioè dalla circostanza che nella domanda si richie-da al giudice la decisione anche di un avvenimento e non soltanto di un ef-fetto giuridico. È il contenuto della sentenza, quindi, che, per esplicita am-missione, dipende da cosa è chiesto nella domanda e non già il contrario.Inoltre non viene offerta la dimostrazione che nel nostro ordinamento

non è possibile, almeno in alcune ipotesi, sottoporre al giudizio del giudi-ce soltanto l’effetto giuridico.Vengono in considerazione le domande che hanno ad oggetto i c.d. di-

ritti autoindividuati, cioè diritti che si individuano con il mero riferimentoal l’utilità relativa ad un bene (ad es., i diritti reali) ovvero ad una presta-zione o effetto specifici, senza necessità di precisare i fatti costitutivi 49, cheservono unicamente per valutare la fondatezza della domanda. In questeipotesi la domanda risulta individuata con il mero riferimento al diritto eil giudice dovrà emettere una pronuncia di merito, anche se di rigetto del-la domanda, in assenza di indicazione e dimostrazione dei fatti costitutividel diritto controverso.Ebbene, per coerenza con l’affermazione che la domanda ha un con-

tenuto necessario, in cui rientra la richiesta di un giudizio sull’esistenzadi una realtà di fatto, si esclude, con riferimento ai diritti reali, la possi-bilità di indicare nella domanda la situazione soggettiva dedotta e nonanche il fatto costitutivo 50. Ma nessuna spiegazione viene data a tale af-fermazione.Infine, va osservato che non convince la stessa giustificazione dell’as-

sunto che la domanda deve avere lo stesso contenuto della sentenza e cioèil fatto che la domanda è uno strumento che deve corrispondere al risulta-to da raggiungere, cioè alla decisione. Ma lo strumento può ben essere di-

48 Cfr. GRASSO, La regola della corrispondenza, cit., p. 392; ID., Dei poteri del giudice,cit., p. 1256, ove parla di un contenuto «rigido e metapositivo» della sentenza; mentre inLa pronuncia d’ufficio, cit., p. 20 precisa che la struttura della decisione non ha un valoremetapositivo in senso proprio, ma soltanto in quanto corrisponde alla normalità del suoimpiego negli ordinamenti più progrediti.

49 Sulla distinzione tra diritti auto- ed eteroindividuati vedi retro cap. I, nota 15.50 Cfr. GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 85.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 49

verso dal risultato, dovendo meramente avere l’attitudine, l’idoneità aconseguire il risultato.Infatti si riconosce che l’indicazione della norma giuridica, che la parte

abbia fatto nella domanda è una mera proposta, assolutamente non vinco-lante per il giudice, che è sempre libero di individuare, interpretare ed ap-plicare la norma giuridica ai fatti indicati, nei limiti dell’effetto giuridicorichiesto 51. Ma allora lo strumento non corrisponde più al risultato; segnoquesto che lo strumento può essere anche diverso dal risultato, purché siaidoneo a conseguirlo.In sintesi, l’assunto di partenza, per cui il contenuto della domanda ap-

pare condizionato in assoluto dalla struttura necessaria della decisione,non sembra dimostrato.Anche la seconda considerazione, cioè la parità funzionale di tutti i

componenti della domanda 52, non è dimostrata, anzi, appare contraddetta.Riconoscendo che l’indicazione della norma giuridica, che la parte ab-

bia fatto, è assolutamente non vincolante per il giudice, si contraddicel’equivalenza funzionale di tutti i componenti della domanda: mentre l’in-dicazione dei fatti e dell’effetto giuridico vincola il giudice, l’indicazionedella norma giuridica scade, infatti, «al rango di mera occasione stimolan-te della pronuncia» 53.Se il giudice decide sulla base di una norma diversa da quella indicata

dalla parte, si dovrebbe dire che egli ha deciso su una domanda diversa.Invece, si considera tale comportamento pienamente legittimo e non con-trastante con la norma dell’art. 112 c.p.c., cioè con il principio della corri-spondenza tra il chiesto ed il pronunciato.Inoltre questa affermata equivalenza funzionale viene meno, quando si

passa a considerare i mezzi ed i motivi di impugnazione.Soltanto il rigetto della domanda in relazione all’effetto giuridico ri-

chiesto legittima l’attore a proporre appello; viceversa, qualora il giudicericonosca la situazione giuridica dedotta, ma in base ad avvenimenti diver-

51 Cfr. GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 116 s.; ID., La regola della corrisponden-za, cit., p. 397, nota 21; ID., Dei poteri del giudice, cit., p. 1263 s.

52 Cfr. GRASSO, La regola della corrispondenza, cit., p. 394. V. anche dello stesso autoreLa pronuncia d’ufficio, cit., p. 34.

53 Le parole virgolettate sono quelle usate da GRASSO, La regola della corrispondenza,cit., p. 395, ove viene ribadita la parità funzionale di tutti i componenti della domanda eviene escluso che l’iniziativa della parte possa snaturarsi e scadere al rango di mera occa-sione stimolante della pronuncia.

50 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

si da quelli indicati dalla parte, si esclude «che la mancata corrispondenzafra il chiesto e il pronunciato in ordine ai «motivi» possa farsi valere dalvincitore con l’appello (e in genere con un’impugnazione) in via principa-le, mentre non può dubitarsi che egli possa dedurre la violazione del prin-cipio della domanda sul punto di fatto, quale appellato» 54.In pratica, si ha mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato

denunciabile con l’appello soltanto relativamente ad uno dei componentidella domanda (l’effetto giuridico, cioè la situazione giuridica sostanziale)e non relativamente agli altri componenti (realtà fattuale e normativa), no-nostante l’affermata equivalenza funzionale di tutti i componenti della do-manda.Inoltre, va considerato come interagisce l’affermata equivalenza fun-

zionale di tutti i componenti della domanda con vari istituti, quali il muta-mento o la modificazione della domanda; la portata del giudicato; la liti-spendenza, ecc.Stante l’equivalenza funzionale di tutti i componenti della domanda

(quesito sull’avvenimento, sulla norma, sugli effetti in concreto), tutti ne-cessari nella formazione della domanda, la modificazione di uno qualsiasidi essi dovrebbe comportare una nuova domanda. Pertanto, si dovrebbe ri-conoscere che: si ha una nuova domanda, se viene mutato il quesito sullanorma o sul fatto 55; non si ha litispendenza, se in un processo viene chiestol’accertamento della proprietà di un bene in base ad una determinata fatti-specie costitutiva ovvero invocando una determinata norma, mentre in unaltro processo viene chiesto l’accertamento della proprietà sullo stesso be-ne, ma sulla base di una diversa fattispecie costitutiva ovvero di una diver-sa norma; non è precluso da precedente giudicato un nuovo giudizio sullostesso diritto, preteso però in base a fatti diversi, anche se già deducibili nelprimo giudizio 56, ovvero in base ad una diversa norma; ecc.

54 Così GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 70.55 GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 36, sostiene che si profila un rapporto fra più

domande proposte nello stesso processo «se la parte muta parzialmente la propria do-manda (il mutamento è, nella sostanza, proposizione di una nuova domanda per qualcheelemento connessa con la precedente)».

56 GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 69, ritiene che l’attore ha la possibilità di farvalere il fatto in futuro, «reiterando nel tempo più opportuno l’azione che il rigetto dellaprima domanda, fondata su un fatto diverso, in via di massima non gli preclude». Cfr.,però, Cass. 28 aprile 1993, n. 4997, in Foro it., Rep. 1993, voce Cosa giudicata civile, n. 12,secondo cui «rigettata la domanda di rivendicazione o accertamento del diritto reale pro-posta sulla base di un determinato titolo, resta preclusa una nuova identica azione basata

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 51

Queste implicazioni sono intuite e, per coerenza del sistema così deli-neato, si afferma che «la concezione di un contenuto a priori della doman-da, quale riflesso della struttura obbligata della decisione [...] non può piùvalere invece nei casi in cui la domanda, o meglio l’entità evocata con queltermine, non viene in considerazione, almeno direttamente, quale antece-dente imprescindibile della decisione, ma è richiamata come semplice fat-tispecie di raffronto, alla quale l’interprete deve pur sempre riferirsi perintendere la portata di talune regole processuali». Ad es., le regole per ladeterminazione del novum nel corso del giudizio (artt. 183 e 184 c.p.c.) oin appello (art. 345 c.p.c.); per la determinazione dei limiti entro i quali de-ve attuarsi il contraddittorio (art. 101 c.p.c.); per stabilire quando sussistelitispendenza (art. 39 c.p.c.) o l’obbligo di astensione per il giudice (art. 59c.p.c.); per stabilire i limiti oggettivi del giudicato. In tutte queste ipotesi,va escluso il criterio del contenuto massimo necessario della domanda; «ilcontenuto rilevante dell’atto deve determinarsi tenendo esclusivamenteconto del fondamento di ognuna delle regole richiamate e degli scopi a cuitende la loro attuazione» 57.In sintesi, la domanda ha un contenuto più o meno ampio a seconda

della norma che si deve applicare, o meglio, a seconda dello scopo, dellafinalità attribuita dall’interprete alla norma che si deve applicare. In prati-ca, il legislatore, nel fissare come termine di raffronto la domanda, nonopera alcuna distinzione; tale distinzione, quanto al contenuto della do-manda, viene poi effettuata dall’interprete, a seconda dello scopo che at-tribuisce a quella determinata norma da applicare.Ma allora, a prescindere dalla correttezza di questo ragionamento, ri-

sulta negata l’equivalenza funzionale di tutti i componenti della domanda,in quanto, a seconda della norma da applicare, un componente non sol-tanto può rivestire una funzione diversa da quella di un altro componen-te, ma addirittura può risultare superfluo, non necessario, irrilevante.Questa è del resto la conclusione a cui si giunge, anche con riferimen-

to al contenuto della decisione e all’applicazione dell’art. 112 c.p.c. Infat-ti, benché si ribadisca il carattere necessario e aprioristico del contenuto

su un fatto giuridico non fatto valere nel precedente procedimento ed anteriore al giudi-cato, atteso che restando invariato il rapporto reale posto a fondamento del petitum, il mu-tamento del titolo di acquisto allegato (usucapione, compravendita, successione mortiscausa) non importa novità dell’azione e non vale ad impedire l’operare della preclusionedel giudicato».

57 Così GRASSO, La regola della corrispondenza, cit., p. 399 s.

52 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

della domanda e la parità funzionale dei componenti della domanda, siammette poi che, con riferimento al quesito sulla norma, il giudice è libe-ro di applicare qualsiasi norma, senza con ciò andare extra petita, restan-do immutata l’identità della domanda 58.Ma allora, negata l’equivalenza funzionale di tutti i componenti della

domanda e la sussistenza di un contenuto necessario e aprioristico delladomanda esattamente corrispondente al contenuto della sentenza, cade lagiustificazione addotta al divieto del giudice di porre a base della decisio-ne fatti non elevati dalla parte ad oggetto di apposito quesito. Resta da di-mostrare che, in tal caso, venga mutata l’identità della domanda e il giudi-ce decida extra petita, in violazione dell’art. 112 c.p.c.

5. L’allegazione del fatto giuridico, dal quale un diritto nasce, come ele-mento necessario di identificazione della domanda giudiziale, anchenei casi in cui non sia elemento di identificazione del diritto stesso.Allegazione e giudicato

Acquisito che oggetto del processo è un diritto soggettivo e che nonsempre l’allegazione dei fatti costitutivi è necessaria per individuare il di-ritto (vedi diritti autoindividuati), si è cercato di fare dell’allegazione deifatti un elemento necessario per individuare e delimitare la richiesta di tu-tela.La possibilità di differenziare la domanda, a seconda del fatto costitu-

tivo posto a fondamento del diritto autoindividuato, dipende dalla dimo-strazione che ha una diversa portata la decisione che accerta l’esistenza deldiritto conteso in base ad una determinata fattispecie costitutiva piuttostoche in base ad un’altra.Vengono in considerazione più ricostruzioni, che presentano come

tratto comune una particolare impostazione del rapporto tra realtà so-stanziale e processo, o, meglio, tra realtà sostanziale e portata della deci-sione, con svalutazione del fenomeno di astrazione del processo e, al con-trario, accentuazione della rilevanza del concreto profilo fattuale dedottoed utilizzato nella decisione.Queste considerazioni hanno validità generale, essendo indifferenti e

58 Cfr. GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 116 s.; ID., La regola della corrisponden-za, cit., p. 397, nota 21; ID., Dei poteri del giudice, cit., p. 1263 s.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 53

insensibili alla possibile diversa architettura del processo, cioè a come il le-gislatore ha disciplinato lo svolgimento del giudizio.Iniziamo da una ricostruzione che guarda a come si apre e si chiude il

ciclo realtà sostanziale-processo-realtà sostanziale, per poi passare ad esa-minare quelle ricostruzioni che si limitano a considerare la (differente)portata della decisione con riferimento ad ulteriori liti su diritti connessida un rechtlicher Sinnzusammenhang a quello deciso e non tanto il modoin cui quanto accertato dal giudice si rapporta con la realtà sostanziale.Si sostiene che:

a) la parte, proponendo la domanda giudiziale, chiede al giudice unadecisione di concreto contenuto, cioè non vuole soltanto l’accertamentodel suo diritto, ad es. di proprietà, ma vuole anche che venga accertata lafattispecie costitutiva del suo diritto, ad es. usucapione;

b) la decisione contiene l’indicazione del fatto giuridico al quale il di-ritto azionato si ricollega ed opera come lex specialis tra le parti;

c) a questo punto, fuori del processo, i rapporti tra le parti sono rego-lati in base all’accertamento giudiziale, compreso il riferimento al fattogiuridico dedotto e utilizzato per la decisione, con conseguente vanifica-zione delle fattispecie giuridiche incompatibili con l’accertamento effet-tuato 59.

Così, in caso di diritti reali, il criterio compatibi lità/in com patibilità trafattispecie costitutive, comporta che la decisione di accoglimento della do-manda in base ad un titolo di acquisto (ad es., usucapione) rende incom-patibili con tale accertamento anche eventuali fattispecie costitutive ante-cedenti: il giudice ha accertato con efficacia di giudicato che Tizio ha ac-quistato il diritto di proprietà sul bene x il giorno y; tale accertamento ope-ra come lex specialis tra le parti, sostituendosi all’eventualmente diversarealtà materiale; pertanto non è più possibile discutere di un eventualeprecedente titolo di acquisto del diritto di proprietà sul bene x, perché ta-le accertamento risulta incompatibile con la lex specialis oramai operantetra le parti.

59 Cfr. ATTARDI, Diritto processuale civile, cit., p. 128 ss. Sul giudicato sostanziale comelex specialis tra le parti, vedi PROTO PISANI, Appunti sul giudicato civile, cit., p. 389 s., in cuirichiama il pensiero di ANDRIOLI, Diritto processuale civile, vol. I, Napoli, 1979, p. 996.MARELLI, La trattazione della causa nel regime delle preclusioni, Padova, 1996, p. 28, mani-festa adesione alla tesi di Attardi, secondo cui la domanda si identifica non solo in ragionedel diritto fatto valere, ma anche dei fatti giuridici posti a fondamento del medesimo.

54 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Ne consegue che, anche in un diverso giudizio su un diritto collegatoda un rechtlicher Sinnzusammenhang al diritto di proprietà già accertato(ad es., diritto ai frutti), non si potrà tornare a discutere dell’esistenza diuna diversa e precedente fattispecie costitutiva del diritto di proprietà, da-to che l’accertamento compiuto vale come lex specialis tra le parti, anchecon riferimento alla fattispecie costitutiva. Non è cioè possibile una retro-datazione dell’acquisto del diritto, utile, ad es., per ottenere la condannaalla restituzione dei frutti da un precedente momento storico 60.Al contrario, se il giudice ha negato l’acquisto del diritto di proprietà a

titolo di usucapione, è possibile nuovamente proporre la domanda di ac-certamento, mutando la fattispecie acquisitiva dedotta, anche se già esi-stente e deducibile nel primo processo. L’accertamento negativo della sus-sistenza del diritto di proprietà su un bene per intervenuta usucapionenon è infatti incompatibile con l’accertamento dell’acquisto del diritto diproprietà per accessione o per compravendita 61.Quindi la portata del giudicato cambia a seconda che si tratti di una de-

cisione di accoglimento o di rigetto della domanda. Ne consegue che «so-lo tendenzialmente, corrispondenza piena vi è tra l’ambito di operativitàdel giudicato e l’oggetto del processo e così tra tale oggetto e la domandagiudiziale o, meglio, il suo contenuto» 62. In pratica, in caso di decisione diaccoglimento della domanda, l’ambito di operatività del giudicato e l’og-getto del processo coincideranno, entrambi facendo riferimento al dirittosoggettivo tout court. Al contrario, in caso di decisione di rigetto della do-manda, l’oggetto del processo rimane il diritto soggettivo tout court, cioèin base ad ogni possibile fattispecie costitutiva, ma, essendo stato dedottoe negato nella decisione un solo profilo costitutivo, soltanto su di questoopererà il giudicato.Ne consegue, per quanto attiene ai rapporti tra allegazione dei fatti e

domanda, che:

a) «il fatto giuridico dal quale un diritto nasce, anche se, in alcuni casi,non sia elemento di identificazione del diritto stesso, ha pur sempre rilie-

60 Cfr. ATTARDI, Diritto processuale civile, cit., p. 131.61 Cfr. ATTARDI, Diritto processuale civile, cit., p. 131. Vedi, anche, in questo senso,

GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 69, secondo il quale l’attore ha la possibilità di farvalere il fatto in futuro, «reiterando nel tempo più opportuno l’azione che il rigetto dellaprima domanda su un fatto diverso, in via di massima non gli preclude».

62 Così ATTARDI, Diritto processuale civile, cit., p. 133.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 55

vo nell’identificazione della domanda giudiziale» 63, nel senso che identificala richiesta di tutela;

b) poiché il fatto costitutivo identifica la domanda e, quindi, rileva aifini dell’ammissibilità della stessa, l’omessa indicazione del fatto costi-tutivo comporta il rigetto in rito della domanda, in quanto non identifi-cata 64;

c) poiché la domanda è identificata dal titolo, che è fondamento del di-ritto, sono diverse le domande che fondano l’affermazione dello stesso di-ritto su fattispecie diverse 65;

d) l’attore può, quindi, indicare più fatti costitutivi del diritto che fa va-lere soltanto in via subordinata l’uno all’altro, in quanto, a ben guardare,propone una pluralità di domande 66;

e) il giudice deve rispettare l’ordine nell’esame di plurime fattispeciecostitutive fissato dalla parte, in quanto, a ben guardare il vincolo all’atti-vità del giudice non dipende dalla volontà manifestata dalla parte, ma daldiritto sostanziale: se la fattispecie costitutiva successiva è preclusa dall’es-sersi verificata una precedente fattispecie costitutiva, occorre che il giudi-ce rispetti quest’ordine nel suo accertamento;

f) il giudice non ha la possibilità di rilevare d’ufficio una fattispecie co-stitutiva diversa da quella posta a fondamento della domanda, poiché, co-sì operando, muterebbe la richiesta di tutela della parte, che vuole l’accer-tamento del suo diritto (ad es., di proprietà) a partire da quella data e sul-la base di quella fattispecie costitutiva, anche tenendo conto delle possibi-li conseguenze di tale accertamento (ad es., diritto ai frutti da una datapiuttosto che da un’altra successiva; diritto al pagamento del prezzo dicompravendita da parte del convenuto, una volta accertato l’acquisto deldiritto di proprietà per compravendita);

g) tra due giudizi di accertamento dello stesso diritto autoindividuato,sulla base però di diverse fattispecie costitutive, non c’è litispendenza, ma

63 Così ATTARDI, Diritto processuale civile, cit., p. 134.64 Questa sembra essere la conclusione a cui giunge, ma in maniera perplessa, ATTAR-

DI, Diritto processuale civile, cit., p. 131, ove così si esprime: «dovrebbe in linea di princi-pio essere rigettata una domanda se l’attore non deducesse il fatto giuridico sul quale sifondasse il diritto dedotto nella domanda stessa».

65 Cfr. ATTARDI, Diritto processuale civile, cit., pp. 131 e 133.66 Cfr. ATTARDI, Diritto processuale civile, cit., p. 131, anche se la proposizione in via

subordinata dei titoli di acquisto è indicata come logica conseguenza del fatto che un con-corso di titoli di acquisto non è ammissibile.

56 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

meramente connessione per oggetto 67, con tutti gli immaginabili proble-mi di coordinamento delle decisioni, in caso di impossibilità di simulta-neus processus, ad es. per non tempestiva eccezione (art. 40 c.p.c.).

A giustificazione di queste conclusioni, si osserva che la delimitazionedella cognizione, e quindi della decisione, soltanto ad alcuni profili dellasituazione giuridica controversa è quanto regolarmente avviene, per i di-ritti reali, sotto il profilo soggettivo: il diritto di proprietà, ad esempio, «sirisolve in un fascio di obbligazioni gravanti sulla generalità dei soggetti eaventi come oggetto l’astensione da ogni atto di turbamento del godimen-to del proprietario sul suo bene», ma in giudizio viene dedotto soltanto ilprofilo soggettivo intercorrente tra attore e convenuto e il giudice fissal’esistenza di tale diritto soltanto tra le parti, e non rispetto alla generalitàdei consociati 68.Sgombriamo subito il campo da quest’ultima considerazione, che attie-

ne alla capacità contenutistica del giudizio.Ebbene, l’impossibilità di dedurre il diritto di proprietà (o altro diritto

reale) sotto tutti i possibili profili soggettivi non è utilizzabile come dimo-strazione dell’impossibilità di conoscere e decidere di un tale diritto sottotutti i possibili profili oggettivi, in quanto le possibili fattispecie costitutivedi un diritto reale sono in numero limitato e definito, quanto meno in uncerto momento storico, e, quindi, sono astrattamente tutte considerabilial l’interno di un unico giudizio.Inoltre è criticabile la stessa ricostruzione del diritto reale come «un fa-

scio di obbligazioni gravanti sulla generalità dei soggetti e aventi come og-getto l’astensione da ogni atto di turbamento del godimento del proprie-tario sul suo bene» 69, sia per la genericità e aspecificità di un tale dovere,che finisce per riguardare tutti e praticamente nessuno, sia soprattuttoperché la sfera di attività legittima del proprietario è espressione del con-tenuto di tale diritto e non già a posteriori la risultante di un generico edimprecisato dovere di astensione incombente su tutti i consociati 70.

67 Cfr. ATTARDI, Diritto processuale civile, cit., p. 140.68 Cfr. ATTARDI, Diritto processuale civile, cit., p. 132.69 Così ATTARDI, Diritto processuale civile, cit., p. 132.70 Cfr., per tutti, FAZZALARI, Note in tema di diritto e processo, cit., p. 68 ss.; BIGLIAZZI

GERI-BRECCIA-BUSNELLI-NATOLI, Diritto civile. 1.1. Norme, soggetti e rapporto giuridico,Torino, 1986, pp. 258 ss., 277 ss., 308 s.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 57

In sintesi, la struttura del giudizio (rectius: la capacità contenutistica delgiudizio) non è significativa al fine di stabilire, con valore assoluto, la na-tura e la funzione dell’allegazione dei fatti nel processo civile.Rimane da considerare il valore e il modo di operare del giudicato: la

decisione opera come lex specialis tra le parti, compreso il riferimento alfatto giuridico dedotto e utilizzato per la decisione, con conseguente vani-ficazione delle fattispecie giuridiche incompatibili con l’accertamento ef-fettuato (in caso di accertamento del diritto, impossibilità di discutere, fer-ma restando l’attribuzione del bene della vita già accertato, dell’esistenzadi una diversa fattispecie costitutiva, in quanto incompatibile con la fatti-specie accertata; in caso di negazione del diritto, possibilità di riproporrela domanda, sulla base di una diversa fattispecie costitutiva, in quantocompatibile con quella negata) 71.In questo modo si annulla il fenomeno di astrazione proprio del pro-

cesso, esasperando e allo stesso tempo allentando l’efficacia preclusivapropria della cosa giudicata. Si esaspera l’efficacia preclusiva in quanto,con l’accertamento del diritto contenuto nella sentenza passata in giudica-to non si preclude soltanto la possibilità, in un successivo giudizio, di di-sconoscere o diminuire il bene della vita accertato, ma si preclude anche lapossibilità di discutere, ferma restando l’attribuzione del bene della vitagià accertato, dell’esistenza di una diversa ed antecedente fattispecie costi-tutiva, rilevante per un diritto diverso da quello fatto precedentementefatto valere (ad esempio, diritto ai frutti rispetto al diritto di proprietà). Siallenta l’efficacia preclusiva, in quanto la negazione del diritto controver-so vale soltanto con riferimento alla concreta fattispecie costitutiva dedot-ta e non anche con riferimento ad altre fattispecie costitutive pur deduci-bili e non dedotte, con conseguente riproponibilità della domanda.In questo modo si frustrano le esigenze di economia processuale e la

possibilità di decidere la controversia in base alla ragione più liquida (unafattispecie costitutiva invece che un’altra), ben potendo l’attore pretende-re l’accertamento di una determinata fattispecie costitutiva piuttosto chedi un’altra, in considerazione di diritti connessi con quello oggetto di ac-certamento. Tornando all’esempio del diritto ai frutti, la parte che ha otte-nuto il riconoscimento del diritto di proprietà in base ad una determinatafattispecie costitutiva a partire da una certa data, si trova esposta a dover-li restituire, se percepiti da una data antecedente, ovvero a non poterli pre-

71 Cfr. ATTARDI, Diritto processuale civile, cit., p. 128 ss.

58 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

tendere se non dalla data di formazione della fattispecie costitutiva del di-ritto di proprietà accertato dal giudice.La decisione è infatti su un particolare profilo giuridico del diritto con-

troverso. Ciò in quanto i fatti non vengono più apprezzati nel loro ruolostrumentale di fondamento del diritto, ma fissano i limiti del thema deci-dendum e della decisione.Tuttavia si afferma che l’oggetto del processo è il diritto soggettivo (Re-

cht) e non un particolare profilo giuridico del diritto controverso (Rechts -frage) 72.In ciò si nota l’anello debole di questa ricostruzione.Se oggetto del giudizio è il diritto soggettivo tout court e la parte, in ba-

se anche allo sviluppo del contraddittorio, cioè alle difese della contropar-te e ai rilievi del giudice, ha la possibilità di allegare altri profili costitutividel diritto controverso, in quanto non muta l’oggetto del processo, alloradevono risultare preclusi i profili costitutivi deducibili e non dedotti.Tale possibilità sarebbe preclusa soltanto se oggetto del processo fosse

la questione dell’esistenza di una possibile fattispecie costitutiva del dirit-to: allegare (o rilevare da parte del giudice) l’esistenza di un’altra fattispe-cie costitutiva significherebbe mutare l’oggetto del processo.Ma, come detto, si riconosce che oggetto del processo è un diritto sog-

gettivo e non una sua fattispecie costitutiva.Ne consegue che nella decisione rileva la negazione del diritto e non la

negazione di una fattispecie costitutiva. Parimenti, in caso di decisione diaccoglimento, rileva l’accertamento dell’esistenza del diritto e non l’accer-tamento di una particolare fattispecie costitutiva.In questo modo la decisione di rigetto della domanda ha la stessa por-

tata (rechtliche Tragweite) della decisione di accoglimento, cioè rende in-controvertibile tra le parti l’esistenza o l’inesistenza della situazione giuri-dica controversa 73.

72 Si ribadisce che «ciò che si richiede per l’ammissibilità di una domanda di mero ac-certamento è senza dubbio che si faccia valere un diritto, un rapporto, uno status e che ilprocesso possa approdare alla pronuncia che accerta l’esistenza del diritto, del rapporto odello status», ma poi si afferma che «in un processo di accertamento relativo a dati tipi didiritto, può non esserci corrispondenza tra il contenuto della pronuncia di accoglimento equella della decisione di rigetto, e in particolare può avvenire che l’inesistenza del dirittosia accertata sotto uno solo dei possibili profili» (Così ATTARDI, Diritto processuale civile,cit., p. 132).

73 Cfr. Cass. 18 febbraio 1991, n. 1682, in Foro it., Rep. 1991, voce Servitù, n. 39, se-condo la quale «poiché il diritto di proprietà e gli altri diritti reali di godimento apparten-

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 59

In questo modo l’uscita del processo corrisponde con l’entrata e abbia-mo corrispondenza piena tra l’àmbito di operatività del giudicato e l’og-getto del processo, che è il diritto soggettivo conteso e non un particolareprofilo giuridico dello stesso.Soltanto in questo modo le parti sono su posizioni paritarie (come l’at-

tore, con l’accoglimento della domanda, ottiene l’accertamento incontro-vertibile dell’esistenza del diritto, così il convenuto, in caso di rigetto del-la domanda, ottiene il disconoscimento del diritto preteso dall’attore enon è esposto ad una nuova azione relativa allo stesso diritto sulla base diun diverso profilo costitutivo non sopravvenuto).Si noti, però, che questa posizione paritaria delle parti non è posta in

discussione, qualora l’attore, ferma restando l’accertata esistenza del dirit-to, ponga in discussione in un successivo giudizio una diversa e preceden-te fattispecie costitutiva di quel diritto, rilevante per l’attribuzione di undiverso diritto connesso da un rechtlicher Sinnzusammenhang a quello giàaccertato 74, proprio perché non si disconosce o diminuisce il bene rico-nosciuto nel precedente giudizio: l’esistenza del diritto soggettivo. Del re-sto, relativamente ad uno stesso diritto reale, può ben aversi il perfeziona-mento di due titoli di acquisto in momenti temporali diversi (ad es., com-pravendita e successiva usucapione). Anzi, l’acquisto a titolo originario

gono alla categoria dei diritti cosiddetti autodeterminati, e cioè individuati in base alla solaindicazione del loro contenuto (cioè del bene che ne costituisce l’oggetto) nelle azioni ad es-si relative, la deduzione del fatto costitutivo non è necessaria ai fini della loro individuazio-ne ma è rilevante soltanto ai fini della prova del diritto; pertanto qualora sia proposta unadomanda di accertamento o di condanna, relativa ad uno dei suindicati diritti sulla base diun determinato fatto costitutivo, e questa venga rigettata per ragioni inerenti al fatto costi-tutivo dedotto, l’accertamento dell’inesistenza del diritto stesso fa stato anche nel successi-vo processo instaurato con la riproposizione della medesima domanda pure se fondata sudi un diverso fatto costitutivo (salvo se intervenuto medio tempore) trattandosi dello stessopetitum ed essendo irrilevante la causa petendi (nella specie, l’attore aveva proposto in unprecedente giudizio un’actio confessoria servitutis, asseritamente acquisita per usucapione oper destinazione del padre di famiglia, omettendo di addurre un titolo negoziale costituti-vo della servitù, che in base alle asserzioni da lui fatte in un secondo processo, era all’epocagià esistente; il supremo collegio ha ritenuto che rigettata la prima domanda, il giudicatoformatosi su tale pronuncia copriva non solo i fatti dedotti ma anche il fatto giuridico de-ducibile – titolo negoziale costitutivo della servitù – precludendo in un nuovo processo an-che la domanda fondata su tale ultimo titolo costitutivo, mentre la preclusione non opera-va in ordine alla ulteriore domanda di costituzione di servitù coattiva in quanto fondata sucausa petendi e petitum diversi da quelli dell’azione confessoria e diretta alla pronuncia diuna sentenza costitutiva)». Cfr. altresì Cass. 28 aprile 1993, n. 4997, cit.

74 In questi termini CONSOLO, Il cumulo, cit., vol. I, p. 514; cfr. anche adesivamenteMENCHINI, I limiti oggettivi, cit., p. 299, nota 17.

60 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

per usucapione serve proprio allo scopo di sollevare il titolare del dirittodal l’onere di provare la titolarità del diritto in capo al dante causa.Il valore o il modo di operare del giudicato nella realtà sostanziale non

rendono l’allegazione del fatto giuridico, dal quale un diritto nasce, un ele-mento necessario di identificazione della domanda (rimesso alla potestàmonopolistica della parte), nei casi in cui non sia elemento di identifica-zione del diritto stesso.

6. (segue) Rilevanza del motivo portante fattuale della decisione in ca-so di successive liti. L’allegazione dei fatti differenzia la richiesta ditutela ed è, pertanto, rimessa al potere monopolistico della parte

La possibilità di differenziare la domanda, a seconda del fatto costitu-tivo posto a fondamento del diritto autoindividuato, dipende, come detto,dalla dimostrazione che ha una diversa portata la decisione che accertal’esistenza del diritto conteso in base ad una determinata fattispecie costi-tutiva piuttosto che in base ad un’altra.Ebbene, pur riconoscendo che la decisione è sul diritto soggettivo con-

troverso e non su un particolare profilo costitutivo del diritto e che, per-tanto, in caso di accertamento dell’esistenza del diritto, è possibile discu-tere in un successivo giudizio di una diversa fattispecie costitutiva di queldiritto, si afferma che il giudizio può dare una tutela differenziata proprioin base alla fattispecie costitutiva utilizzata e posta a fondamento della de-cisione. Conseguentemente l’attore può pretendere che il giudice accerti ildiritto sulla base dei fatti dallo stesso attore allegati, nell’ordine indicato.Nella prospettiva di una successiva lite su un diritto connesso da un re-

chtlicher Sinnzusammenhang a quello già accertato (ad es., diritto ai fruttirispetto al diritto di proprietà sul bene fruttifero), l’attore può pretendereche l’accertamento del giudice e, quindi, la sua decisione, si pongano suun determinato profilo costitutivo piuttosto che su uno diverso (usucapio-ne maturata in una certa data piuttosto che accessione successivamente ve-rificatasi) 75.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 61

75 Parimenti il convenuto può pretendere che la domanda venga rigettata sulla base diun’eccezione piuttosto che di un’altra (si fa riferimento all’ipotesi del c.d. giudicato zurZeit, quando la domanda viene rigettata senza accertare l’esistenza del diritto, ma mera-mente sulla base di un’accertata momentanea causa di inesigibilità del diritto; ad es., ri-

Le parti, infatti, potranno discutere in un successivo giudizio di un di-verso profilo costitutivo del diritto già accertato come esistente, ma nonpotranno porre in discussione l’esistenza del profilo costitutivo già accer-tato dal giudice e che è motivo «portante» della decisione 76. L’attore,

getto della domanda di accertamento, in forma di condanna, di un diritto di credito, inquanto, comunque, ancora sottoposto a termine o a condizione sospensiva).

76 Il riferimento è alla Begründungstheorie. Tale teoria è espressa da ZEUNER, Die objek-tiven Grenzen der Rechtskraft im Rahmen rechtlicher Sinnzusammenhänge, Tübingen,1959, p. 35, con queste parole «Allgemein gesagt, können hiernach neu eingetretene Tat-sachen den Erlaß eines von der rechtskräftigen Vorentscheidung abweichenden Urteilsnur ermöglichen, sofern sie sich auf die Teile des anzuwendenden gesetzlichen Tatbestan-des beziehen, hinsichtlich deren sich das neue Erkenntnis von den tragenden Aussagendes alten unterscheiden muß, um begründet zu sein» [Detto in generale nuovi fatti so-pravvenuti possono consentire la pronuncia di una sentenza divergente da quella prece-dente passata in giudicato, soltanto se si riferiscono a quella parte della fattispecie giuridi-ca da applicare, riguardo alla quale la nuova decisione, per essere fondata, deve differen-ziarsi dal motivo portante di quella precedente]. Come si vede, scopo di questa teoria èprincipalmente quello di determinare in quale punto deve essere modificata la fattispecie,rispetto a quella individuata nella decisione del primo processo, affinché non sia opponi-bile l’efficacia negativa del giudicato, cioè l’impossibilità di decidere nuovamente sullostesso rapporto giuridico. Ad es., la decisione di rigetto di un’azione di rivendicazione puòpoggiare sul fatto che l’attore non è proprietario del bene ovvero sul fatto che il convenu-to non ha il possesso del bene; il perfezionarsi di un titolo di acquisto del bene dopo il pas-saggio in giudicato della prima sentenza costituisce un fatto nuovo, che consente di supe-rare l’efficacia negativa della prima decisione soltanto nella prima ipotesi e non nella se-conda; viceversa, in caso di acquisto del possesso da parte del convenuto successivamenteal passaggio in giudicato della prima sentenza. Ma la vincolatività del «motivo portante»della decisione è stata poi esaminata anche con riferimento all’efficacia positiva (e non piùnegativa) del giudicato: vincolo alla cognizione del giudice in future eventuali liti su prete-se diverse, ma collegate sul piano giuridico-fattuale a quella già giudicata (diritto ai frutti ediritto alla proprietà; diritto al pagamento del prezzo di una compravendita e diritto diproprietà; ecc.).Sulla Begründungstheorie vedi anche, tra gli autori tedeschi, ex pluribus, lo stesso ZEU-

NER, Wiederholung der Kündigung und Rechtskraft im Kündigungsschutzstreit- ZumVerhältnis von Rechtskraft und neuen Tatsachen im Zivilprozess, in MDR, 1956, p. 257 ss.e, successivamente, A. BLOMEYER, Zivilprozessrecht. Erkenntnisverfahren, 2a ed., Berlin,1985, p. 485; GRUNSKY, Grundlagen des Verfahrensrechts, 2a ed., Bielefeld, 1974, p. 524 ss.;DIETRICH, Zur materiellen Rechtskraft eines Klagbeweisenden Urteils, in ZPP 83, 1970, p.201 ss.; OHDORF, Die Beschwer und die Geltendmachung der Beschwer als Rechtsmittelvo-raussetzungen im deutschen Zivilprozessrecht, Berlin, 1972, p. 134 ss.; KION, Eventual -verhältnisse im Zivilprozess, Berlin, 1971, p. 108 ss.; PEETZ, Die materiellrechtliche Einord-nung der Rechtsfolge und die materielle Rechtskraft der Sachentscheidung im Zivilprozess,Köln-Berlin-Bonn-München, 1976; ROSENBERG-SCHWAB, Zivilprozessrecht, 15a ed.,München, 1993, p. 931, nota 1; LEIPOLD, in Kommentar zur ZPO Stein-Jonas-Pohle, 21aed., Tübingen, 1998, sub § 322, p. 179 ss. L’esistenza di un vincolo, per il giudice del secon-do processo, promanante dal «motivo portante» della decisione è criticata da J. BLOMEYER,

62 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

quindi, ha interesse che già nel primo giudizio l’accertamento del dirittocontroverso avvenga sulla base del profilo costitutivo più favorevole, nellaprospettiva di un’eventuale successiva lite su di un diritto correlato.L’allegazione dei fatti, quindi, differenzia la richiesta di tutela, anche

quando oggetto del giudizio è un diritto autoindividuato.Si potrebbe, pertanto, sostenere che, pur essendo identico il diritto, la

domanda/richiesta di tutela è diversa a seconda del fatto costitutivo uti-lizzato, essendo differente il valore della pronuncia sulle situazioni corre-late 77.Oppure potrebbe sostenersi che non si ha una nuova domanda, mu-

tando il profilo costitutivo del diritto azionato; tuttavia, l’allegazione deifatti, influenzando la portata della decisione, delimita la domanda e il giu-dice non può superare questi limiti, attraverso un rilievo ufficioso di unafattispecie costitutiva non utilizzata dalla parte.La prima conclusione non convince. Il fatto che la decisione, a seconda

del «motivo portante», può presentare diverse gradazioni di interesse perl’attore, nella prospettiva di liti future, non implica una restrizione dell’og-getto del processo dal diritto al singolo profilo costitutivo del diritto, cioèda un Recht ad una Rechtsfrage. Oggetto del processo è il diritto contro-verso; la domanda rimane la stessa, anche se muta il profilo costitutivo deldiritto controverso.Bisogna, però, accertare se è possibile questo mutamento del profilo

costitutivo ad opera del giudice ovvero se il giudice è vincolato ai fatti al-

Rechtskraft und rechtsmittel bei Klagbweisung, in Neue Juristiche Wochenschrift 22, 1969, p.587 ss., e, in parte, da HENCKEL, Prozessrecht und materielles Recht, Göttingen, 1970, p. 150ss., il quale introduce come limite all’efficacia vincolante del «motivo portante», il fatto chetale motivo sia stato effettivamente discusso dalle parti nel primo processo. Negano la confi-gurabilità di questo limite A. BLOMEYER, Zivilprozessrecht, cit., p. 486; GRUNSKY, Grundla-gen, cit., p. 527 s.; BÖTTICHER, Prozessrecht und materielles Recht. Rezensionsabhandlungüber Wolfram Henckel, in ZZP 85, 1972, p. 17 ss. Questa teoria è richiamata tra gli autori ita-liani, ex pluribus, da BONSIGNORI, I limiti oggettivi della cosa giudicata in un recente libro te-desco, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1961, p. 236 ss.; CERINO CANOVA, Le impugnazioni civili.Struttura e funzione, Padova, 1973, p. 140 ss.; MENCHINI, I limiti oggettivi del giudicato ci-vile, cit., p. 327 ss.; CONSOLO, Il cumulo condizionale di domande, cit., p. 500 ss.; ID., Og-getto del giudicato e principio dispositivo. I, cit., p. 226 ss.; LUISO, Rinnovazione dell’atto dilicenziamento e limiti cronologici della cosa giudicata, in Giust. civ., 1985, I, p. 559 ss.; PRO-TO PISANI, Appunti sul giudicato civile, cit., p. 405 ss.; MERLIN, Compensazione e processo,I, cit., p. 101 ss.; SALVANESCHI, L’interesse ad impugnare, Milano, 1990, p. 290 ss.

77 Cfr. CERINO CANOVA, La domanda giudiziale ed il suo contenuto, cit., p. 137 s., che,in maniera critica, espone questo ragionamento.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 63

legati dall’attore, nell’ordine dallo stesso indicato, in quanto l’allegazionedei fatti fissa i limiti della domanda/richiesta di tutela, invalicabili per ilgiudice.Ebbene, il fatto che il giudicato cambia valore, in base al motivo por-

tante dello stesso (sia in caso di accoglimento: successivo giudizio su dirit-to correlato; sia in caso di rigetto: giudicato zur Zeit, quando nella decisio-ne il giudice, senza accertare l’esistenza del diritto, si limita a rigettare ladomanda, in quanto il diritto è attualmente inesigibile 78) può meramentecomportare e giustificare la possibilità per la parte di procedere ad allega-zioni di fatti in forma condizionata o subordinata, nonché una necessariaed automatica subordinazione dei fatti rilevati dal giudice rispetto a quel-li utilizzati dalla parte nella propria linea difensiva 79. Al contrario non èconseguenza necessaria un vincolo del giudice agli alligata partium.In conclusione, la rilevanza del «motivo portante» della decisione non

eleva l’allegazione dei fatti a elemento differenziatore della domanda o a li-mite della stessa, rimesso alla potestà monopolistica della parte, anchequando non sia necessaria per identificare il diritto controverso.

7. Allegazione dei fatti costitutivi e norme sulla giurisdizione/compe-tenza: restrizione dell’oggetto del giudizio e funzione individuantedella domanda da parte dell’allegazione dei fatti costitutivi

La possibilità di considerare l’allegazione dei fatti costitutivi come unelemento identificativo necessario della domanda, escluso che dipenda dalmodo di operare del giudicato, potrebbe derivare dal modo di operaredelle norme processuali sulla competenza e sulla giurisdizione.In particolare, con riferimento alla competenza, si è osservato che la

norma sulla competenza per materia «impone all’attore d’individuare, siapure in fatto, la pretesa, in modo tale da ricondurla ad uno dei rapportiprevisti dalla regola speciale di competenza» 80. In questo caso il potere co-

78 Sul giudicato zur Zeit vedi, ex pluribus, CONSOLO, Oggetto del giudicato e principiodispositivo, I (Dei limiti e del giudicato costitutivo), cit., p. 222, nota 10; PROTO PISANI, Ap-punti sul giudicato civile e sui suoi limiti oggettivi, cit., p. 408.

79 Questa possibilità verrà esaminata infra nella parte seconda di questo lavoro, cap.III, § 6.

80 Così MENCHINI, I limiti oggettivi del giudicato civile, cit., p. 286 s. Tale autore a

64 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

gnitivo del giudice è limitato ad un particolare profilo giuridico, che la parteè tenuta a specificare in fatto. Così l’attore, il quale chieda la tutela di unsuo diritto di credito al giudice del lavoro, deve specificare in fatto gli ele-menti, che comprovano la sussistenza di uno dei rapporti indicati nell’art.409 c.p.c. Soltanto in questo modo il giudice può, ad istruzione conclusa,accordare (o negare) la tutela richiesta.Analogo discorso può ripetersi anche con riferimento alla giurisdizio-

ne, in quanto, talvolta, anche le norme processuali sulla giurisdizione li-mitano il potere cognitivo del giudice a determinati profili giuridici dellapretesa 81.Questa limitazione del potere cognitivo del giudice adìto può essere in-

tesa come restrizione dell’oggetto del processo ovvero come una limitazionedei poteri di sussunzione del giudice.Secondo la prima alternativa, le norme processuali che stabiliscono una

particolare giurisdizione o una determinata competenza, attribuendo rilie-vo a questo o a quel profilo giuridico della situazione sostanziale, elevanotale profilo giuridico ad elemento di identificazione della domanda, deter-minando una restrizione dell’oggetto del giudizio. Ad ogni profilo giuridi-co rimesso ad una determinata via giudiziaria corrisponde un autonomo edistinto Anspruch. È del tutto indifferente che, a livello di diritto sostan-ziale, l’attore vanti sempre e comunque una pretesa economica ad una de-

p. 285, nota 162, precisa che il problema potrebbe porsi anche con riferimento alle normesulla competenza per territorio, come avviene in Germania, ove si prevede la competenzadel giudice del luogo nella cui circoscrizione sia avvenuto l’illecito, per le cause relative adobbligazioni extracontrattuali, e la competenza del giudice del luogo, nel quale l’obbligodeve essere adempiuto, per le cause relative ad obbligazioni contrattuali. Così, ove la pre-tesa di risarcimento danni poggi alternativamente su responsabilità contrattuale ed extra-contrattuale, si può presentare il problema della limitazione dei poteri di cognizione delgiudice adìto, nel caso in cui il luogo ove è avvenuto l’illecito sia diverso dal luogo di adem-pimento contrattuale. Si nota, però, che adesso il problema è stato superato a seguito del-la modifica della disciplina del contenzioso sulla via giudiziaria, avvenuta con l’inserimen-to dei §§ 17, 17a e 17b al posto dei §§ 17 e 17a della GVG (Gerichtsverfassungsgesetz), adopera della legge tedesca del 17 dicembre 1990 sul nuovo regolamento del procedimentogiudiziario amministrativo. È stato infatti previsto che il giudice adìto può decidere la con-troversia sotto tutti i profili di diritto, anche se demandati alla cognizione di differenti vielegali, con l’unica eccezione delle domande proposte a norma dell’art. 14, terzo comma,frase 4, ed art. 34, terzo comma, della Grundgesetz. Sul punto si rinvia il lettore a BUON-CRISTIANI, Giurisdizione, competenza, rito e merito (problemi attuali e possibili soluzioni), inRiv. dir. proc., 1994, p. 181 ss.

81 Si rinvia a quanto sostenuto in Giurisdizione, competenza, rito e merito (problemi at-tuali e possibili soluzioni), cit., p. 151 ss.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 65

terminata somma di danaro; il fatto che questa somma di danaro possa es-sere dovuta in base a titoli diversi, reciprocamente escludentisi (ad es., la-voro subordinato pubblico o privato; lavoro autonomo; arricchimentosenza causa), unitamente alla circostanza processuale della limitazione delpotere cognitivo del giudice ad alcuni di questi profili giuridici, determinaun frazionamento dell’oggetto del processo, nel senso che ci saranno tantidistinti oggetti del processo per quanti distinti profili giuridici, assegnatialla cognizione di giudici diversi, sia possibile enucleare.Secondo l’altra alternativa, invece, le norme processuali, che stabilisco-

no una particolare giurisdizione o una determinata competenza, attri-buendo rilievo a questo o a quel profilo giuridico della situazione sostan-ziale, limitano non l’oggetto del processo, ma soltanto il potere di sussun-zione del giudice, che potrà conoscere la situazione sostanziale dedottanon nella sua globalità, ma soltanto sotto il profilo giuridico demandatoalla sua competenza.La prima impostazione può influire sulla natura, funzione e regime del -

l’allegazione dei fatti.Se, infatti, le norme processuali, che stabiliscono una particolare giuri-

sdizione o una determinata competenza, determinano una restrizione del -l’oggetto del processo ad un determinato profilo giuridico, l’allegazionedei fatti individuanti tale profilo giuridico diventa elemento necessario diidentificazione della domanda e dell’oggetto del processo; dato che l’indi-viduazione e la delimitazione dell’oggetto del processo è rimessa alla par-te, allora anche l’indicazione degli elementi di fatto del profilo giuridicodelimitante l’oggetto del processo è rimessa alla volontà esclusiva dellaparte.Oggetto del giudizio non è più un Recht, una situazione giuridica so-

stanziale, bensì è una Rechtsfrage, cioè la questione giuridica relativa al -l’esistenza di un determinato profilo giuridico fattuale di una situazionesostanziale.Ebbene, si è sostenuto in altra sede 82, che in queste ipotesi le norme

sulla competenza per materia e quelle sulla giurisdizione non limitano

82 Vedi Giurisdizione, competenza, rito e merito (problemi attuali e possibili soluzioni),cit., passim, anche con riferimento anche ai §§ 17, 17a e 17b della GVG (Gerichtsverfas-sungsgesetz) inseriti dalla legge tedesca del 17 dicembre 1990 sul nuovo regolamento delprocedimento giudiziario amministrativo ed al novellato art. 38 c.p.c. In termini anche CE-RINO CANOVA, La domanda, cit., p. 205, nota 135; MENCHINI, I limiti oggettivi del giudica-to civile, cit., p. 290.

66 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

l’oggetto del processo, ma i poteri di sussunzione del giudice, osservandoche:

a) sul piano del diritto sostanziale, le fattispecie normative sono in rap-porto di esclusione e pertanto, «non potendo coesistere gli elementi, checontraddicono l’una fattispecie rispetto all’altra, il fatto storico non può,per definizione, integrarle entrambe, cosicché una sola è la pretesa sostan-ziale» 83. Ad esempio, può esserci ingiustificato arricchimento soltanto sel’attribuzione patrimoniale è senza causa; così la sussistenza di un rappor-to di lavoro privato esclude che sussista un rapporto di lavoro pubblico;

b) sul piano del diritto processuale, l’identità della pretesa sostanziale sipercepisce, considerando l’ipotesi di rigetto nel merito della pretesa a cau-sa dell’inesistenza di un fatto costitutivo: poiché il giudicato si forma sulmotivo di rigetto, le parti non potranno andare a discutere davanti ad unaltro giudice della stessa pretesa, mutando il profilo giuridico. Così, se ilgiudice ha rigettato la domanda al pagamento del compenso per le presta-zioni lavorative effettuate, negando che l’attore abbia svolto attività lavo-rativa, non sarà possibile agire a titolo di ingiustificato arricchimento; vi-ceversa, in caso di rigetto della domanda perché le prestazioni lavorativeeffettuate non possono essere inquadrate in un rapporto di lavoro subor-dinato, sarà possibile chiedere il pagamento del compenso a titolo di in-giustificato arricchimento.

Se le norme sulla competenza per materia e quelle sulla giurisdizione-competenza non limitano l’oggetto del processo, ma i poteri di sussunzio-ne del giudice, l’allegazione dei fatti costitutivi non rappresenta un ele-mento necessario per l’individuazione dell’oggetto del giudizio e, quindi,cade la possibilità di affermare il monopolio della parte sull’allegazione ditali fatti e l’impossibilità per il giudice di rilevarli ex actis, nel rispetto delprincipio del contraddittorio.

83 Così MENCHINI, I limiti oggettivi del giudicato civile, cit., p. 250, il quale riporta ilpensiero di VON TUHR.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DELLA DOMANDA 67

CAPITOLO III

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI EPRINCIPIO DI TRATTAZIONE

SOMMARIO: 1. Allegazione dei fatti e principio di trattazione nel processo civi-le: fondamento e delimitazione del rapporto. – 2. L’individuazione in fatto del-la richiesta di tutela è necessaria per la determinazione dei poteri (rectius: do-veri) del giudice e dei poteri (e facoltà) delle parti. – 3. L’individuazione in fat-to della richiesta di tutela è imposta dalla garanzia costituzionale del diritto didifesa. – 4. Allegazione e prova dei fatti. – 4.1. (segue) L’onere della prova im-plica l’onere dell’affermazione, in un sistema retto dal principio del contrad-dittorio e nel rispetto del principio di eguaglianza tra le parti. – 4.2. (segue)L’art. 115 c.p.c. indica un’eccezione (rilevabilità d’ufficio dei fatti notori) eduna regola (divieto di rilevare fatti non allegati dalle parti). – 4.3. (segue) L’art.2697 c.c. rimette al potere monopolistico della parte sia l’allegazione dei fattida provare che l’indicazione della fonte di prova, rimanendo al giudice, ex art.115 c.p.c., soltanto la possibilità di formalizzare il mezzo di prova. – 4.4. (se-gue) Il principio di acquisizione e l’allegazione dei fatti. – 5. L’allegazione deifatti in un sistema processuale governato da un rigido regime di decadenze epreclusioni.

1. Allegazione dei fatti costitutivi e principio di trattazione nel proces-so civile: fondamento e delimitazione del rapporto

L’analisi condotta nei precedenti capitoli ha portato, come punto di ar-rivo, a negare l’assunto di partenza, secondo cui il tema dell’allegazionedei fatti, poiché riguarda il modo in cui la realtà sostanziale entra nel pro-cesso e nello stesso può essere esaminata, deve unicamente rispondere aiprincipî generali relativi al rapporto tra diritto sostanziale e processo civi-le ed avere un regime ed una disciplina validi generalmente.In particolare, si è visto come la natura, funzione e disciplina dell’alle-

gazione dei fatti non sia spiegabile, rapportandola al principio dispositivoe al principio della domanda, con conclusioni valide generalmente, indif-

ferenti rispetto all’eventuale differente architettura del processo civiletracciata dal legislatore.L’analisi passa quindi a considerare criticamente le tesi che hanno ri-

cercato la disciplina dell’allegazione dei fatti in base alle regole tecnichedel processo, sulla base dell’osservazione che «relativamente all’afferma-zione dei fatti in causa nonché alla produzione dei mezzi di prova e alla lo-ro influenza in giudizio, ciò che viene in gioco non è la conformazione del-la tutela che l’ordinamento accorda agli interessi materiali, ma la confor-mazione dello strumento che la legge predispone per attuare giurisdizio-nalmente tale tutela» 1.Queste regole tecniche del procedimento 2 possono essere racchiuse,

per mera comodità dialettica, nel c.d. principio di trattazione, con l’avver-tenza che tale espressione venne utilizzata dall’orientamento dottrinalec.d. sceveratore, che riportava l’iniziativa del processo alla Dispositions -maxime e l’allegazione dei fatti e l’istruzione probatoria alla Verhandlungs -maxime 3.Al termine di questa analisi, esaminate in apposito capitolo le ricostru-

zioni offerte alla disciplina dell’allegazione dei fatti impeditivi-modificati-vi-estintivi, nonché ai fatti secondari, notori e solo processualmente rile-vanti, sarà possibile trarre, conclusivamente, le indicazioni e gli spunti uti-li per aprire la seconda parte di questo lavoro.

1 Così CARNACINI, Tutela giurisdizionale e tecnica del processo, cit., p. 759.2 L’ordinamento processuale è costituito da un insieme di norme disciplinanti il com-

portamento dei soggetti che, a vario titolo, interpretano un ruolo sul «palcoscenico» delgiudizio. Le norme processuali, però, a differenza di quelle sostanziali, anch’esse discipli-nanti comportamenti umani, non possono limitarsi a regolare le attività dei soggetti, madebbono altresì prevedere dei meccanismi di controllo dell’effettiva rispondenza di questicomportamenti processuali alle astratte previsioni di legge.

3 Tale movimento, come già ricordato retro nel cap. I, § 1, si contrappone al movi-mento c.d. allineatore, che riporta la richiesta di tutela, l’allegazione dei fatti e l’istruzioneprobatoria al principio dispositivo. Vedi CARNACINI, op. cit., p. 716 ss., il quale indica inGÖNNER, Handbuch des deutschen gemeinen Prozesses, cit., p. 175 ss., il fautore di questomovimen to sceveratore, al quale però rimprovera di aver compreso la Dispositionsmaximetra i principî processuali, mentre trattasi, a suo parere, di un aspetto o facoltà del dirittosoggettivo.

70 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

2. L’individuazione in fatto della richiesta di tutela è necessaria per ladeterminazione dei poteri (rectius: doveri) del giudice e dei poteri (efacoltà) delle parti

Acquisito che nel processo civile spetta alla parte indicare al giudicequale è la situazione giuridica di cui si chiede la tutela e che soltanto per idiritti c.d. eteroindividuati 4 l’esposizione (di parte) della fattispecie costi-tutiva è elemento necessario di individuazione del diritto controverso, si èsostenuto che la parte è comunque tenuta ad esporre le ragioni della do-manda alle soglie del processo, anche nel caso che si controverta su di undiritto autoindividuato, in quanto tale allegazione è indispensabile per losvolgimento del processo di cognizione.L’allegazione della causa petendi rappresenta, infatti, «il parametro per

la determinazione della giurisdizione, della competenza, della legittima-zione ad agire» 5. Tramite l’esame della causa petendi il giudice può stabili-re se ha giurisdizione, se è competente, se deve disporre l’integrazione delcon traddittorio, se le parti sono legittimate a contraddire su quel bene del-la vita.Questa generale affermazione del ruolo e dell’importanza della causa

petendi su tutto lo svolgimento del giudizio verrà presa in considerazionenel rapporto con la richiesta di tutela.Si ricorda che al § 7 del precedente capitolo è stata presa in esame l’in-

terazione tra le norme processuali su particolari forme di giurisdizione e dicompetenza e l’allegazione dei fatti, ma sotto il diverso aspetto dell’affer-mata restrizione dell’oggetto del processo determinata dal funzionamentodi tali norme processuali, con conseguente attribuzione all’allegazione deifatti di una funzione individuante della pretesa e della domanda. La teoriaadesso presa in esame, invece, allarga l’esame a tutte le norme processualidisciplinanti i poteri (rectius: doveri) del giudice e i poteri (e facoltà) delle

4 Per la distinzione tra diritti auto- ed eteroindividuati vedi retro cap. I, nota 15.5 Così FAZZALARI, Note in tema di diritto e processo, cit., p. 121, testo e nota 42, ove ul-

teriori indicazioni bibliografiche, e pp. 133 ss.; 137; 158 ss. Si noti, però, che l’Autore in-tende riferirsi non tanto alla fattispecie costitutiva del diritto controverso ma direttamen-te alla situazione sostanziale controversa (a p. 158 così si esprime: «concorderei piena-mente con l’autorevole avviso secondo il quale la domanda giudiziale deve considerarsi“causale” (i.e. “concreta”), in quanto il suo schema normativo comprende l’allegazionedella situazione sostanziale presupposta (cioè della causa petendi), a prescindere dalla suaeffettiva sussistenza».

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 71

parti ed attribuisce all’allegazione della causa petendi la funzione di para-metro di controllo della loro corretta applicazione. Quindi non rileva chel’allegazione dei fatti costitutivi possa essere necessaria per l’individuazio-ne della pretesa e della domanda, bensì rileva che l’allegazione dei fatti co-stitutivi è sempre (e non soltanto a seguito dell’operare di particolari nor-me processuali sulla competenza o sulla giurisdizione) necessaria per l’in-dividuazione della tutela, consentendo di stabilire quale sia il giudice com-petente, quali siano le parti legittimate, quale sia il rito da applicare, e co-sì via.La prima tesi, cioè quella sulla restrizione dell’oggetto del processo a

seguito dell’operare di particolari norme processuali sulla giurisdizione ocompetenza, è stata presa, quindi, in esame nel capitolo relativo al rap-porto tra allegazione dei fatti costitutivi e principio della domanda; la se-conda tesi, invece, riguardando il modo in cui deve essere richiesta la tu-tela giudiziaria, viene adesso presa in considerazione.Si osserva, infatti, che quest’ultima tesi, come possibile sviluppo, può

interessare anche il regime dell’allegazione dei fatti costitutivi nel proces-so. È possibile sostenere che: nel processo civile la tutela giudiziaria è ri-messa alla volontà del postulante; è l’attore a proporre la domanda; nelmomento in cui propone la domanda, deve effettuare la scelta del giudicea cui rivolgersi e della controparte da convenire in giudizio; se questa scel-ta dipende dall’allegazione della causa petendi, è il postulante a doveresporre in fatto le ragioni della domanda; tale allegazione, anche se nonnecessaria per individuare il diritto controverso, cioè la pretesa, è necessa-ria per lo svolgimento del giudizio o meglio per la richiesta di tutela; datoche la richiesta di tutela è rimessa alla volontà di parte, anche l’allegazionedella causa petendi, in quanto necessaria per tale richiesta di tutela, è ri-messa al potere esclusivo della parte.È pertanto in relazione alla richiesta di tutela che si prende in esame

questa teoria.Due sono gli aspetti di questa ricostruzione da sottoporre ad analisi:

a) la premessa secondo cui, ai fini del giudizio di ammissibilità della do-manda, non è sufficiente la mera affermazione della sussistenza di una de-terminata situazione sostanziale ovvero di un determinato profilo giuridi-co di tale situazione sostanziale, ma occorre sempre la concreta specifica-zione fattuale fin dalle soglie del giudizio;b) la conseguenza di tale premessa e cioè che, essendo la richiesta di tu-

tela rimessa alla volontà della parte, anche l’allegazione dei fatti costitutivi

72 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

è rimessa al potere monopolistico della parte, senza possibilità di inter-vento da parte del giudice.

Iniziamo con esaminare la premessa.Ebbene, la specificazione fattuale della situazione sostanziale ovvero

del profilo giuridico della situazione sostanziale controversa è necessaria,qualora si concluda che il controllo dell’esatta applicazione delle normeprocessuali relative ai presupposti processuali 6 (giurisdizione, competen-za, rito, legittimazione) avvenga previa verifica della rispondenza degli ele-menti di fatto contenuti nella domanda con le previsioni normative, e nongià in base alla mera affermazione di parte della sussistenza di una deter-minata situazione sostanziale ovvero di un determinato profilo giuridicodi una situazione sostanziale.In particolare, il controllo può essere operato dal giudice in due diffe-

renti modi e cioè applicando le norme processuali: a) ai fatti storici affer-mati dalla parte, ma qualificati dal giudice; b) alla qualificazione dei fattistorici operata dalla parte.Così occorre stabilire se, ai fini della decisione su legittimazio ne/giu ri -

sdi zione/competenza/rito, è sufficiente che l’attore si affermi titolare di undiritto di credito ad una certa somma di danaro, in quanto lavoratore su-bordinato privato del convenuto, ovvero è necessario che indichi gli ele -menti di fatto della subordinazione. Così, occorre stabilire se, nel caso chesi controverta sul diritto di proprietà di un certo bene, l’attore, ai fini del-la de cisione sulla propria legittimazione e su quella del convenuto, deve omeno specificare i fatti costitutivi del suo diritto di proprietà e le circo-stanze fat tuali del possesso del convenuto.La questione pone un delicato problema di interferenza tra rito e meri-

to, in quanto la pronuncia di rito e quella di merito poggiano sugli stessielementi fattuali, o meglio sulla qualificazione giuridica degli stessi ele-menti fattuali.

6 Si usa questa terminologia, perché oramai invalsa nell’uso. Si osserva, però, che lequestioni processuali fatte rientrare sotto il comun denominatore di «presupposto proces-suale» in realtà non sono presupposti per la instaurazione del giudizio né per la trattazionedel merito della controversia. L’odierno processo non è diviso in due fasi, delle quali nel-la prima si esaminano le condizioni per poter trattare la controversia, cioè si esamina lasussistenza dei «presupposti processuali»; nella seconda si esamina il merito della contro-versia. Così era il processo formulare romano. Sull’argomento recentemente vedi FORNA-CIARI, Presupposti processuali e giudizio di merito. L’ordine di esame delle questioni nel pro-cesso, Torino, 1996, in partic. p. 3 ss., con ivi ulteriori riferimenti bibliografici.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 73

Si tratta di stabilire se l’indicazione di questi elementi fattuali è neces-saria già ai fini del giudizio di ammissibilità della domanda (rectius: giudi-zio sulla giurisdizione e competenza del giudice adìto; sul rito da applica-re; sulla legittimazione delle parti) ovvero rilevi unicamente ai fini del giu-dizio di fondatezza della domanda. In altri termini si tratta di stabilire se, aifini del giudizio di ammissibilità della domanda, sia sufficiente l’indicazio-ne della qualificazione giuridica degli elementi fattuali della situazione so-stanziale controversa o sia necessaria anche la specificazione di questi ele-menti fattuali, in quanto il giudice deve poter controllare l’esattezza dellaqualificazione giuridica data dal postulante.Ebbene, per poter concludere che l’indicazione degli elementi fattuali

è necessaria e deve essere effettuata già al momento della proposizionedella domanda o, comunque, alle soglie del giudizio, e, quindi, costituisceun necessario requisito per l’individuazione della richiesta di tutela, oc-corre dimostrare che la decisione di rito presuppone una verifica di talielementi.L’esame funditus della questione costituisce una eccessiva digressione

rispetto al tema di questa indagine. Si richiamano pertanto le conclusionia cui si è giunti in altro scritto, al quale si rinvia per lo sviluppo del ragio-namento 7.Si è osservato che la verifica degli elementi fattuali è possibile e neces-

saria, ai fini della decisione di rito, quando tali elementi non rilevino per ladecisione di merito. Ad esempio, non si pongono problemi di interferen-za tra rito e merito, quando la giurisdizione del giudice italiano dipendadal domicilio nello Stato del convenuto ovvero dalla cittadinanza italianadel de cuius ovvero dalla presenza nello Stato di un rappresentante auto-rizzato a stare in giudizio ovvero dall’esistenza nello Stato dei beni di cuisi controverte, ecc. 8. Parimenti nel caso che, ai fini della decisione sulla

7 Vedi, se vuoi, il nostro Giurisdizione, competenza, rito e merito (problemi attuali e pos-sibili soluzioni), cit., passim. Successivamente, in senso conforme, LUISO, Diritto proces-suale civile, I, Princìpi generali, Milano, 2000, p. 79; in senso contrario CAPPONI, Note in te-ma di rapporti tra competenza e merito. Contributo allo studio dell’art. 38 c.p.c., Torino,1997, passim; ID., Il controllo preliminare della competenza e la prospettiva del nuovo art. 38c.p.c., in Riv. dir. proc., 1998, p. 888 ss.; ID., Le competenze per materia nel sistema del con-trollo preliminare della competenza (con particolare riferimento al contenzioso del lavoro e aquello agrario), in Foro it., 2000, I, c. 603 ss., con ivi ulteriori riferimenti di dottrina e giu-risprudenza, cui si rinvia.

8 Questi esempi sono tratti da LUPOI, La contestazione in fatto del criterio di collega-mento giurisdizionale ed il regolamento di giurisdizione, in Foro it., 1977, V, c. 302.

74 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

competenza, si controverta sul luogo di residenza o domicilio o dimora delconvenuto 9 ovvero se la cosa rivendicata valga 100 o 1.000. In tutti questicasi la decisione sul presupposto processuale deve avvenire previo accer-tamento dell’esistenza del fatto previsto dal criterio di collegamento, al fi-ne di evitare che l’attore possa scegliersi l’organo giurisdizionale, a cuichiedere tutela 10.Viceversa, quando la decisione del presupposto processuale poggia su

elementi, di fatto o di diritto, che sono rilevanti per la decisione di meritodella controversia, vale il seguente principio: «quando uno stesso fatto èrilevante sia per le questioni di rito che di merito, per la questione di ritodiventa determinante non ciò che il giudice accerta ma ciò che l’attore af-ferma.Questa conclusione vale anche quando sia controverso non un fatto

storico, ma la qualificazione giuridica di tale fatto. Il principio iura novitcuria, indiscutibile per quanto attiene al merito, non trova attuazione conriferimento al rito» 11.In sintesi, la decisione di rito poggia sulla prospettazione dell’attore,

senza necessità di verifica della sussistenza in concreto degli elementi fat-tuali, in caso di coincidenza con il quid disputatum, cioè con il merito del-la controversia, in quanto:

9 Stabilire ove risiede il convenuto non può interferire sulla decisione di merito, ad es.,sulla regolarità e validità di un’offerta reale ovvero sugli usi da applicare, in quanto la resi-denza va accertata al momento della notificazione della domanda, cioè in un momento di-verso da quello in cui è stata effettuata l’offerta reale.

10 La prova dell’elemento di fatto condizionante la sussistenza del presupposto pro-cessuale deve essere data dall’attore e non già dal convenuto, in quanto l’eccezione di ritosollevata dal convenuto, al di là della terminologia usata, in realtà è una contestazione, unamera difesa. Sul punto vedi LUISO, Il processo del lavoro, Torino, 1992, p. 82 s. e nota 70,ove richiama Cass. 21 marzo 1991, n. 3026 e Cass. 6 febbraio 1990, n. 812 e altre pronun-ce; ID., L’attività istruttoria nel giudizio di cassazione, in Riv. dir. proc., 1991, p. 261; ID.,Osservazioni sul d.d.l. 1288/S/X, in Documenti giustizia, 1988, X, p. 106; MENCHINI, Que-stione d’incompetenza per territorio in controversia previdenziale e prova della residenzadell’attore, in Giust. civ., 1985, I, c. 876. Tale prova può, in base a scelte del legislatore, an-che essere degradata al livello di “sommarie informazioni”, come previsto dall’art. 38, ul-timo comma, c.p.c., per le questioni di competenza. Nel caso che l’istruttoria non sia av-venuta, a causa della proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione ovvero acausa di errore del giudice, si pone il problema dell’attività istruttoria nel giudizio di cas-sazione. Questo problema è affrontato da LUISO, L’attività istruttoria nel giudizio di cassa-zione, cit., p. 250 ss., in partic. p. 258 ss., a cui si rinvia.

11 Così BUONCRISTIANI, Giurisdizione, competenza, rito e merito (problemi attuali e pos-sibili soluzioni), cit., p. 199.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 75

a) dal lato dell’attore, gli aspetti garantistici propri dei presupposti pro-cessuali sono salvaguardati, anche riconoscendo che la decisione di ritopoggia sulla prospettazione dell’attore, in quanto lo stesso paga con la soc-combenza nel merito l’infondata prospettazione della situazione sostan-ziale o l’infondata qualificazione giuridica di tale situazione;b) dal lato del convenuto, lo stesso, negando la sussistenza della situa-

zione sostanziale o del profilo giuridico fattuale della situazione sostanzia-le controversa, vuole una pronuncia di merito, che, appunto, affermi inmaniera vincolante il difetto della prospettata conformazione del rappor-to giuridico (naturalmente nei limiti temporali del giudicato);c) nel caso di competenza per materia e di giudice specializzato per ma-

teria, il legislatore ha voluto ed è opportuno che ciascun giudice valuti edecida sul diritto controverso, in base al proprio profilo di competenza.Ad es., la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato o parasubordi-nato al giudice del lavoro, in base al rito del lavoro. Se, al contrario, il giu-dice dovesse delibare sommariamente l’apparente sussistenza del profilorivendicato dall’attore (ad es., sussistenza di un rapporto di lavoro subor-dinato o parasubordinato) e, sulla base di tale delibazione, dichiararsi in-competente, un giudice diverso da quello specializzato si troverebbe a do-ver decidere di un profilo giuridico sottratto alla propria ordinaria cogni-zione in base ad un rito diverso da quello previsto dal legislatore, ovvero,al termine dell’istruttoria, nel caso in cui concluda per l’esistenza del pro-filo giuridico contestato, dovrebbe ordinare il mutamento di rito e lo spo-stamento della causa al giudice specializzato dello stesso ufficio giudizia-rio. Quest’ultimo dovrebbe effettuare le necessarie verifiche sull’utilizza-bilità delle risultanze istruttorie; dovrebbe eventualmente riaprire l’istrut-toria, per poi nuovamente decidere sul profilo contestato, magari negati-vamente. Si potrebbe avere, quindi, un rovinoso «ping-pong» tra giudicee giudice, vanificando la regola per cui «determinati profili giuridici devo-no essere esaminati da giudici a ciò specializzati e con un particolare rito»;d) in caso di decisione unitaria di competenza e merito, se la compe-

tenza o il rito dipendono non da quanto afferma l’attore, ma da quanto ac-certa il giudice, con la tecnica delle sommarie informazioni, si può co-stringere il giudice a due giudizi logicamente discordanti: con il primo, af-ferma la propria competenza, in quanto, sulla base di sommarie informa-zioni, appare sussistere il profilo giuridico invocato; con il secondo, riget-ta la domanda dell’attore, perché il profilo invocato non sussiste (ad es.,diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, in quanto lavoratore subor-dinato e non lavoratore autonomo). Ovvero, per evitare questi due giudi-

76 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

zi logicamente discordanti, si arriva a sostenere che il giudice deve emet-tere una sentenza soltanto sulla competenza 12, con nessuna valenza peròquanto al merito e con conseguente rischio di nuova lite sulla stessa prete-sa, eventualmente davanti ad un diverso giudice, utilizzando un criterio dicompetenza territoriale alternativo;e) se l’elemento fattuale, rilevante sia per la decisione sulla competenza

che per la decisione di merito, può, ai fini della decisione sulla competen-za, essere esaminato con la tecnica delle sommarie informazioni, ne puòconseguire una compromissione della terzietà ed imparzialità del giudice,da una parte, e della parità delle armi tra i contendenti, dall’altra, in quan-to si afferma che le sommarie informazioni si caratterizzano per l’ufficio-sità, per l’atipicità del mezzo di prova, per l’atipicità dell’assunzione delmezzo di prova, per il superamento di decadenze e preclusioni in cui unaparte sia incorsa 13. Ebbene, le risultanze di tali sommarie informazioni, re-lative a fatti rilevanti anche per la decisione di merito, ottenute extra ordi-nem e con superamento di decadenze e preclusioni, innanzitutto possonofavorire la parte incorsa in decadenze e preclusioni, inoltre condizionanoil giudice, quanto meno a livello psicologico, nella decisione di merito.

In sintesi, occorre tener separato il rito dal merito della controversia.L’allegazione della causa petendi non è elemento necessario della richiestadi tutela, e, quindi, non è necessariamente rimessa, come la richiesta di tu-tela, alla volontà della parte, in quanto il giudizio di ammissibilità della do-manda (rectius: giudizio sulla giurisdizione e competenza del giudice adì-to; sul rito da applicare; sulla legittimazione delle parti) prescinde dalla ve-rifica di tali elementi fattuali o giuridici, ogni qual volta rappresentino laspecificazione del quid disputatum.Così, se l’attore si afferma proprietario del bene rivendicato, è suffi-

ciente tale affermazione per ritenere sussistente la sua legittimazione adagire; i fatti costitutivi del suo diritto di proprietà rileveranno ai fini delgiudizio di fondatezza della domanda; se difetterà tale dimostrazione, l’at-

12 Così CAPPONI, Note in tema di rapporti tra competenza e merito, cit., p. 191 s. Si notialtresì che, per giungere a questa conclusione viene operata una forzatura del dettato legi-slativo di cui all’art. 38 c.p.c., secondo cui la decisione della competenza deve avvenire, inbase a quello che risulta dagli atti ovvero, quando sia reso necessario dall’eccezione delconvenuto o dal rilievo del giudice, assunte sommarie informazioni, ma non già a istrutto-ria completata sulla base delle risultanze istruttorie.

13 In questo senso, proprio con riferimento alla decisione sulla competenza, CAPPONI,Note in tema di rapporti tra competenza e merito, cit., p. 83 ss., in partic. 118 ss.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 77

tore pagherà con la soccombenza nel merito l’infondatezza della sua pro-spettazione.Così, se l’attore si afferma creditore di una certa somma di danaro, in

quanto lavoratore subordinato, e poi non specifica in fatto e non dimostratale profilo giuridico del suo diritto di credito, eventualmente anche a se-guito del maturarsi di preclusioni, il giudice deve dichiararsi competentesulla base della prospettazione dell’attore e il convenuto avrà la possibilitàdi inchiodare controparte a quanto affermato e non dimostrato, ottenen-do un rigetto nel merito della domanda 14.In conclusione, risulta negata la premessa di partenza, secondo cui, ai

fini del giudizio di ammissibilità della domanda, occorre sempre, fin dallesoglie del giudizio, la concreta specificazione fattuale della situazione so-stanziale controversa ovvero del profilo giuridico di tale situazione sostan-ziale.Ma anche se tale premessa fosse vera, non è scontata l’indicata conse -

guenza: anche ad ammettere che l’allegazione della causa petendi ènecessa ria per la richiesta di tutela e che la richiesta di tutela è compitoesclusivo della parte, ciò non implica automaticamente un potere esclusi-vo di parte nell’allegazione dei fatti rilevanti, senza possibilità di interven-to del giudice.Basta considerare che la decisione sul presupposto processuale non de-

ve necessariamente precedere l’esame, ma soltanto la decisione del merito.Quindi, il giudice, al momento della decisione sull’ammissibilità della ri-chiesta di tutela, potrà tener conto, ove consentito, degli elementi fattualirisultanti dagli atti, a meno che si dimostri, ma per altra via, che tale rilie-vo d’ufficio non è possibile.Se poi si ammette che la decisione del presupposto processuale com-

petenza può essere resa a seguito di esame dei fatti rilevanti anche per ladecisione di merito, con la tecnica delle sommarie informazioni, il giudicepotrà accertare se è competente in base alle risultanze fattuali delle som-marie informazioni, anche se non valorizzate dalle parti.In conclusione, un potere monopolistico dell’attore nell’allegazione dei

fatti costitutivi non è enucleabile dal modo in cui deve essere richiesta latutela giudiziaria.

14 In questo senso recentemente Cass. 3 marzo 2000, n. 2368; Cass. 6 aprile 1998, n.3546, in Giust. civ., 1998, I, p. 1539 ss.

78 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

3. L’individuazione in fatto della richiesta di tutela è imposta dalla ga-ranzia costituzionale del diritto di difesa

Per altra via, sempre a livello di diritto processuale, è stata negata unadifferenza di disciplina per quanto riguarda l’allegazione dei fatti, a secon-da che si controverta su di un diritto auto- o eteroindividuato 15.Si è recentemente osservato che l’art. 24 Cost. «dice sì che in giudizio

si tutelano i diritti (primo comma), ma aggiunge la inviolabile garanziadella difesa “in ogni stato e grado del procedimento” (secondo comma),che non viene coordinata o commisurata a differenze sostanziali tra i dirit-ti tutelandi. Tale garanzia ha, dunque, essenza in tutto processuale, sì checontrasta col principio di uguaglianza – come è dettato dall’art. 3 Cost. eampiamente “ragionato” dalla giurisprudenza costituzionale – che la “pa-rità delle armi” tra le parti dei processi sia infranta in ragione della sostan-za dei diritti dedotti, che, cioè, il convenuto si trovi esposto a “sorprese”ad opera dell’attore per diritti “autodeterminati” ben maggiori di quelleche abbia da temere dall’attore per diritti “eterodeterminati”; o – dando ilgiusto peso all’art. 88 c.p.c., che mi par esprimere una delle essenziali pre-messe sistematiche delle preclusioni alle novità di attacco e di difesa ingiudizio – all’attore sia concesso di essere ben più o ben meno leale versoil convenuto (e impedito a “tirar fuori assi dalla manica”) a seconda chededuca un diritto “eterodeterminato” o “autodeterminato”» 16.Pertanto, «in sintesi, con l’atto introduttivo la domanda [...] è proposta

al giudice (art. 99 c.p.c.), ma solo nella progressione e nella dialettica delprocedimento in primo grado – dialettica in cui operano parti e giudice –si va specificando e perfezionando come richiesta di tutela – al giudicecontro il convenuto – e in specie come individuazione del diritto che vuo-le difeso, fino al momento – diverso a seconda dei diversi “riti” – in cuiviene irretrattabilmente presentata, dall’attore al giudice, come descrizio-

15 Sulla distinzione tra diritti auto- ed eteroindividuati vedi retro cap. I, nota 15.16 Così MONTESANO, Diritto sostanziale e processo civile di cognizione nell’individuazio-

ne della domanda, (comunicazione al XIX Convegno nazionale dell’Associazione italianafra gli studiosi del processo civile tenutosi a Salerno-Praiano il 25-26 settembre 1992 su«Le recenti riforme del processo civile: valutazioni e prospettive»), in Riv. trim. dir. proc.civ., 1993, p. 70 e in Le recenti riforme del processo civile: valutazioni e prospettive. Atti delXIX Convegno Nazionale, Milano, 1994, p. 181 s. Vedi anche MONTESANO-ARIETA, Dirittoprocessuale civile, I, Le disposizioni generali, Torino, 1999, p. 177 s. e, sempre degli stessiAutori, Il nuovo processo civile. Legge 353/1990, Napoli, 1991, pp. 27 s. e 40 ss.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 79

ne vincolante del contenuto e dei limiti della decisione, anche e soprattut-to in riguardo ai fatti giuridici generanti gli effetti che, per la detta tutela,si vogliono enunciati o prodotti» 17.A differenza quindi della ricostruzione analizzata nel precedente para-

grafo, la richiesta di tutela non deve necessariamente essere individuata infatto fin dalle soglie del processo. Anzi, l’oggetto del contendere vieneprecisato dialetticamente nel contraddittorio delle parti.Al termine di questa fase iniziale, più o meno ampia a seconda del rito,

le parti dovranno fissare, con le loro conclusioni, i limiti della decisionedel giudice.Le conclusioni delle parti rilevano al fine di stabilire quale sia il con-

creto «bisogno di tutela», per il quale si agisce o si resiste in giudizio 18.Pertanto, guardando alle conclusioni delle parti, occorre accertare se sicontroverte su uno o su più possibili fatti costitutivi degli effetti che al giu-dice si è chiesto di enunciare o di produrre, ovvero se sia stata propostaun’azione di accertamento, negativo o positivo, ad ogni effetto, del diritto(ovvero del rapporto) controverso.

17 Così MONTESANO, Diritto sostanziale e processo civile di cognizione nell’individua-zione della domanda, cit., in Riv. trim. dir. proc. civ., 1993, p. 73 e in Le recenti riformedel processo civile: valutazioni e prospettive. Atti del XIX Convegno Nazionale, cit., p.185. Cfr., adesivamente, MARELLI, La trattazione della causa nel regime delle preclusioni,cit., p. 29.

18 Vedi MONTESANO, Limiti oggettivi di giudicati su negozi invalidi, in Riv. dir. proc.,1991, pp. 20 s., 32 ss., 40 ss., ove critica la tendenza ad estendere, a seguito della proposi-zione di un’impugnativa negoziale, l’oggetto del processo e del conseguente giudicato, alrapporto giuridico da modificare o costituendo, in quanto «ove non si dimentichino gliartt. 24 Cost. e 100 c.p.c. […] si agisce in giudizio non mai deducendo un diritto in tutti isuoi possibili effetti o in riguardo a tutte le sue possibili lesioni o insoddisfazioni, ma sem-pre per un concreto “bisogno di tutela” generato da una concreta lesione o almeno crisidel diritto dedotto e che perciò – come semplicemente e lucidamente insegnava Chioven-da e come ora par si dimentichi da qualche studioso – la causa petendi, che concorre a de-finire l’oggetto della domanda e quindi del giudicato, include “l’affermazione della esi-stenza del fatto da cui nasce l’interesse ad agire”» (p. 21 s.); «nel nostro ordinamento i di-ritti non sono mai deducibili di per sé nella “nuda” totalità della loro fattispecie sostanzia-le, ma sempre e necessariamente in relazione a fatti che li ledono o comunque compro-mettono o minacciano la possibilità dei soggetti di mantenere o conseguire, nel campo so-stanziale, i beni dei quali i diritti medesimi sono giuridico strumento, e che quindi tra glielementi identificanti la domanda e di conseguenza delimitanti la decisione di merito (art.112 c.p.c.), al di là dei quali non è concepibile l’accertamento-cosa giudicata “tra le parti”(art. 2909 c.c.), cioè tra i soggetti attivo e passivo della domanda, è necessariamente inclu-so, per ripetere ancora le chiare parole di Chiovenda, il “fatto da cui nasce l’interesse adagire”».

80 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Le parti, purché ne abbiano interesse 19, possono scegliere di agire perla tutela di un diritto sotto un particolare e determinato profilo costitutivoovvero sotto tutti i possibili profili costitutivi.Ove, dalle conclusioni delle parti, non risulti proposta un’azione di ac-

certamento ad ogni effetto del diritto (o rapporto) dedotto in giudizio, neconsegue che:

a) il profilo costitutivo allegato, insieme al fatto lesivo lamentato, con-corre ad individuare la domanda, intesa come richiesta di tutela, anchequando si controverte di un diritto autodeterminato;b) le esigenze di difesa, una volta maturate le preclusioni per la propo-

sizione di una nuova domanda, non soltanto ostacolano il mutamento delprofilo giuridico costitutivo del diritto controverso, come in un primotempo sostenuto 20, ma lo impediscono; il convenuto, infatti, non deve es-sere esposto a «sorprese» da parte dell’attore, cioè all’allegazione di un di-verso profilo costitutivo e potrà così orientare la propria difesa soltanto suquel determinato profilo costitutivo;c) sono da ritenere sottratti, a precisazione di quanto in un primo tem-

po sostenuto 21, «all’eccezione di cosa giudicata i fatti costitutivi estraneialle conclusioni di parte – come rappresentati nelle decisioni di merito –anche in riguardo alle pronunce su diritti “autodeterminati”» 22;d) a sua volta, per coerenza, il convenuto, benché non sia espressamen-

te detto, potrà porre nuovamente in discussione il diritto (ad es., di pro-prietà) riconosciuto all’attore nel primo processo, deducendo fatti modifi-cativi o estintivi successivi al complesso fattuale costitutivo dedotto dal -l’attore, benché antecedenti all’ultimo momento utile per l’allegazione deifatti nel primo processo.

Viceversa, nel caso che risulti proposta un’azione «di accertamento in-

19 Ad esempio, si esclude «ogni interesse ad estendere l’accertamento con forza di giu-dicato alla validità di un contratto che si dimostri ormai produttivo del solo effetto già af-fermato o negato nella domanda originaria» (così MONTESANO-ARIETA, Diritto processualecivile. II. La cognizione di rito ordinario, Torino, 1999, p. 115).

20 Vedi MONTESANO, Invocazione per la prima volta in appello dell’usucapione a fonda-mento di un’azione di rivendica, cit., p. 112 ss.

21 Vedi MONTESANO, Sentenze endoprocessuali nei giudizi civili di merito, in Riv. dir.proc., 1971, p. 32, nota 55.

22 Così MONTESANO, Diritto sostanziale e processo civile, cit., p. 81 della Riv. trim. dir.proc. civ. e p. 194 degli Atti del XIX Convegno Nazionale.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 81

cidentale negativo o positivo, ad ogni effetto, del diritto [o del rapporto]dedotto in domanda» 23, ne consegue che:

a) sarà possibile allegare un diverso profilo costitutivo, senza con ciòincorrere nel divieto di proposizione di nuova domanda 24. In tal caso leparti sanno di dover ampliare il dibattito e, quindi, è esclusa la possibilitàdi un pregiudizio del diritto di difesa. Così, ove si chieda l’accertamentodella validità del contratto, sarà possibile passare dall’impugnativa per er-rore a quella per dolo o per violenza, anche ritenendo che si tratti della de-duzione di un diverso diritto alla modificazione sostanziale giuridica. Co-sì, ove si chieda l’accertamento del diritto di proprietà, sarà possibile pas-sare da un titolo di acquisto ad un altro;b) la regiudicata copre tutti i profili deducibili, anche se non dedotti.

La problematica della funzione e disciplina dell’allegazione dei fatti nelprocesso non è espressamente affrontata.Occorre distinguere a seconda della richiesta di tutela.Se si agisce per la tutela di un diritto sotto un particolare e determina-

to profilo costitutivo, allora l’allegazione dei fatti costitutivi costituisce«elemento essenziale per identificare la richiesta di tutela», è «descrizionevincolante del contenuto e dei limiti della decisione» 25. La funzione del -l’al legazione è pertanto quella di fissare i «limiti invalicabili della decisio-ne», cioè del «“chiesto”, al di là del quale [il giudice] non può andare e cuideve pienamente corrispondere il “pronunciato”» 26. L’allegazione dei fat-

23 Va precisato che tale azione di accertamento può riguardare il diritto autoindivi-duato (ad esempio, il diritto di proprietà) ovvero il rapporto giuridico (ad esempio, il con-tratto di cui si contesta la validità) e che l’interesse alla proposizione di quest’azione puòconseguire all’atteggiamento di controparte. La proposizione di tale azione, nel nuovo ri-to, può essere ricondotta «non all’esplicita previsione normativa delle domande riconven-zionali, ma, appunto alle ‘modificazioni autorizzabili dal giudice’ in motivata correlazioneai risultati […] della prima udienza di trattazione» (così MONTESANO-ARIETA, Il nuovo pro-cesso civile, cit., p. 45 s. Vedi anche degli stessi Autori, Diritto processuale civile. II. La co-gnizione di rito ordinario, cit., p. 114 s. In particolare, sull’interesse ad agire in mero ac-certamento e in specie in accertamento incidentale, vedi MONTESANO, Questioni e causepregiudiziali, cit., p. 308 ss.).

24 Cfr. MONTESANO, Diritto sostanziale e processo civile, cit., p. 81 della Riv. trim. dir.proc. civ. e p. 194 degli Atti del XIX Convegno Nazionale.

25 Così MONTESANO, Diritto sostanziale e processo civile di cognizione, cit., p. 72 s. del-la Riv. trim. dir. proc. civ. e p. 183 s. degli Atti del XIX Convegno Nazionale.

26 Così MONTESANO, Diritto sostanziale e processo civile di cognizione, cit., p. 73 dellaRiv. trim. dir. proc. civ. e p. 184 degli Atti del XIX Convegno Nazionale.

82 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

ti costitutivi, quanto a disciplina, è quindi rimessa al potere monopolisticodella parte.Diversamente si dovrebbe concludere nel caso si agisca per l’accerta-

mento ad ogni effetto del diritto o del rapporto controverso. In tal caso larichiesta di tutela non è ristretta ad un determinato e particolare profilocostitutivo e, pertanto, l’allegazione dei fatti costitutivi non costituisce ele-mento essenziale per identificare la richiesta di tutela. Il giudice deve giu-dicare non su un determinato profilo costitutivo del diritto controverso,bensì su tutti i possibili profili costitutivi. La funzione dell’allegazione deifatti non è quella di fissare i limiti invalicabili della decisione; la corri-spondenza tra il «chiesto» ed il «pronunciato» è rispettata anche se il giu-dice rileva ex actis un profilo costitutivo non allegato dall’attore. Quantoalla disciplina, quindi, l’allegazione dei fatti non è necessariamente rimes-sa al potere monopolistico della parte. Infatti, in un inciso, si osserva, conriferimento ai limiti della decisione, che «sono segnati anche dal singolofatto o dai più possibili fatti costitutivi degli effetti che al giudice è chiestodi enunciare o di produrre, fatto o fatti ai quali, sia pure ai medesimi fini,alle parti non è più dato – nell’ambito dei loro poteri esclusivi – aggiun-gerne altri, salvi i poteri officiosi del giudice in ordine al rilievo di altri fatticostitutivi o impeditivi o estintivi di quegli stessi effetti [corsivo nostro]» 27.Poteri officiosi che possono essere esercitati fin tanto che venga rispettatoil principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, cioè fintanto che sia dedotto in giudizio il diritto sotto tutti i possibili profili co-stitutivi (a seguito della proposizione di azione di accertamento ad ogni ef-fetto) e non soltanto sotto uno o alcuni di essi.Fulcro di questa complessa ed articolata ricostruzione è rappresentato,

come visto, dal rispetto dell’inviolabile garanzia del diritto di difesa e dal-la parità delle armi tra le parti, in ossequio al principio di uguaglianza edal dovere di lealtà e probità delle parti e dei loro difensori.Ma il diritto di difesa e la parità delle armi tra le parti sono salvaguar-

date con la valorizzazione delle regole del contraddittorio, piuttosto checon una limitazione della portata del giudicato al solo profilo giuridico deldiritto o rapporto controverso dedotto dall’attore.Del resto questa limitazione e, quindi, questa garanzia di rispetto del

diritto di difesa, è superabile con una richiesta di accertamento del dirittoo rapporto controverso ad ogni effetto. In tal caso, la richiesta di accerta-

27 Così MONTESANO, op. loc. ult. cit.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 83

mento ad ogni effetto del diritto controverso non esclude automaticamen-te la parte da «sorprese», in quanto c’è la possibilità di valorizzare il fattoversato in causa, cioè risultante dagli atti, ma ignorato dalle parti e dal giu-dice, quando l’altra parte è oramai decaduta dalla possibilità di nuove al-legazioni (nota bene, non soltanto repliche, ma anche allegazione di fatticoncorrenti) e di nuove richieste istruttorie.La garanzia di un’efficace difesa, a fronte della variazione nel corso del

processo del nucleo dei fatti posti dalla parte a fondamento della proprialinea difensiva ovvero a fronte del rilievo d’ufficio di fatti da parte del giu-dice, pur se già risultanti dagli atti, si salvaguarda con le regole del con-traddittorio.Il rispetto del contraddittorio impone, si noti bene, non soltanto che

«al l’iniziativa di una parte debba poter seguire una consentanea replicadella controparte e in particolare che a questa siano conferiti poteri equi-valenti nonché i congrui strumenti – comunicazione ed adeguato spatiumdeliberandi – per esercitarli» 28, ma impone la rimessione in termini perl’allegazione di nuovi fatti e per la richiesta di nuovi mezzi istruttori.Il riconoscimento di poteri equivalenti non sarebbe infatti sufficiente a

tutelare il diritto di difesa: al potere di valorizzare un fatto già risultantedagli atti, ma non utilizzato, dovrebbe corrispondere un analogo potere enon altro. In questo modo la parte scaltra potrebbe attendere che sia pre-clusa l’attività di allegazione dei fatti e di richieste istruttorie e, a questopunto, tirar fuori l’asso dalla manica, cioè valorizzare il fatto risultante da-gli atti, ma prima non utilizzato a fondamento della propria linea difensi-va; la controparte avrebbe soltanto un potere equivalente e cioè la possi-bilità del tutto teorica di tirar fuori altri fatti versati in causa, cioè di con-traddire in base al materiale di causa.Ad esempio, l’attore chiede l’accertamento del suo diritto di proprietà

su di un bene ad ogni effetto; una volta precluse nuove allegazioni e ri-chieste probatorie, rileva che dagli atti risulta maturata l’usucapione; ilconvenuto non potrebbe allegare e provare fatti impeditivi o interruttivi ditale preteso acquisto a titolo originario, dovendosi limitare a utilizzare ilmateriale di causa.Evidente la grave lesione del diritto di difesa. Tale lesione non è sop-

portabile e non è ammissibile, anche se è stato chiesto l’accertamento del

28 Così si esprime CERINO CANOVA, La domanda giudiziale e il suo contenuto, cit.,p. 131 s.

84 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

diritto o del rapporto controverso ad ogni effetto, perché la parte, purpreavvertita di doversi difendere sotto ogni profilo, rimane comunqueesposta alla «sorpresa» preordinata dalla controparte.Pertanto, delle due l’una: una volta chiusa la fase di allegazione, o si

considerano allegati soltanto i fatti utilizzati dalla parte a fondamento del-la propria linea difensiva e, pertanto, si vieta la rilevazione ex actis, sia adopera della parte che del giudice, di fatti non espressamente utilizzati; op-pure si consente la rilevazione ex actis dei fatti versati in causa, ma si ri-mette in termini la controparte (o entrambe le parti, in caso di rilievo daparte del giudice).Soltanto la valorizzazione delle regole del contraddittorio consente di

salvaguardare il diritto di difesa e la parità delle armi tra i contendenti.Del resto, questa era la conclusione originariamente prescelta, quando,

a proposito di jus novorum e di mutamento di causa petendi in appello, siosservava da una parte che la rilevazione di un diverso fatto costitutivo diun diritto autoindividuato (maturata usucapione) già risultante dagli attinon costituiva nuova domanda, e dall’altra parte che occorreva riaprire itermini per nuove prove, al fine di non pregiudicare le esigenze difensivedi controparte 29.In sintesi, occorre volgere l’attenzione al concreto modo di svolgimen-

to del processo. Occorre, cioè, accertare se le regole del processo consen-tono o meno la massima utilizzazione possibile della dinamica del con-traddittorio per la delimitazione del thema probandum e decidendum.Questi aspetti del problema verranno esaminati nella seconda parte di

questo lavoro.

29 Cfr. MONTESANO, Invocazione per la prima volta in appello dell’usucapione a fonda-mento di un’azione di rivendica, cit., p. 112 ss., in particolare p. 120, ove si afferma: «postoche l’attore in primo grado possa liberamente invocare in appello nuovi fatti giuridici afondamento della propria domanda, purché affermi che risultano dai fatti già acquisiti alprocedimento in primo grado […], dovrebbe riconoscersi all’altra parte, in base al princi-pio del contraddittorio, il diritto, di fronte ad un tale mutamento di indirizzo nell’attaccoavversario, non solo di contraddire in base al materiale di causa in primo grado […], maanche di offrire ulteriori prove atte a dimostrare l’inesistenza dei fatti nuovi affermati a suodanno». Si noti che si parla soltanto del diritto a nuove prove e non anche a nuove ecce-zioni, ma tale estensione appare immaginata dall’Autore, che richiama il disposto dell’art.345 c.p.c.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 85

4. Allegazione e prova dei fatti

L’esposizione di un avvenimento storico e la prova dello stesso sonooperazioni strettamente correlate. Si tratta di capire come opera questacorrelazione e, in particolare, se la disciplina dell’allegazione possa esseredesunta da quella della prova dei fatti.A livello normativo vengono in considerazione l’art. 115 c.p.c. e l’art.

2697 c.c. L’art. 115 c.p.c. pone il principio della disponibilità delle prove,secondo cui «il giudice deve porre a fondamento della decisione le proveproposte dalle parti o dal pubblico ministero», con due limitazioni: i casiprevisti dalla legge, che autorizzano il giudice a prendere d’ufficio delleiniziative istruttorie; i fatti notori, che non abbisognano di essere provatiper essere posti a fondamento della decisione. L’art. 2697 c.c. disciplinal’onere della prova, prevedendo che «chi vuol far valere un diritto in giu-dizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. / Chi eccepi-sce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato oestinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda».Una prima conseguenza della correlazione tra prova ed allegazione dei

fatti è individuabile nel contenuto dell’allegazione.Dalla regola di giudizio in presenza di fatti incerti contenuta nell’art.

2697 c.c. 30 si desume che ciascuna parte deve allegare soltanto i fatti, chedeve provare per poter ottenere la decisione favorevole del giudice. Per-tanto l’attore può limitarsi ad allegare i fatti costitutivi del diritto che fa va-lere in giudizio 31.La correlazione tra prova ed allegazione del fatto è stata considerata si-

gnificativa anche a livello di disciplina.Varie le ricostruzioni teoriche proposte sia per affermare un monopo-

lio di parte nell’allegazione dei fatti sia, al contrario, per affermare la rile-vabilità ad iniziativa del giudice di fatti versati in causa, cioè risultanti da-gli atti o dall’istruttoria compiuta, ma non valorizzati dalla parte al fine difondare o contrastare l’accoglimento della domanda.

30 Si rinvia per l’esame di tale regola, ex pluribus, a VERDE, L’onere della prova nel pro-cesso civile, Napoli, 1974, p. 11 ss. e a MICHELI, L’onere della prova, Padova, 1966, passim.

31 Questa considerazione verrà infra (cap. IV, § 4) sviluppata, per negare validità allatesi dell’allegazione implicita da parte dell’attore anche dei fatti impeditivi, modificativi,estintivi operanti ipso iure. Tale tesi rappresenta un espediente per giustificare la rilevabi-lità di questi fatti ad iniziativa del giudice, senza però negare validità all’assunto di parten-za che l’allegazione dei fatti è monopolio di parte.

86 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 87

4.1. (segue) L’onere della prova implica l’onere dell’affermazione, in unsistema retto dal principio del contraddittorio e nel rispetto del princi-pio di eguaglianza tra le parti

Innanzitutto il ragionamento è stato svolto a livello di teoria generale,richiamando i fondamentali principî del contraddittorio e dell’eguaglian-za tra le parti.Si è affermato che «l’onere della prova implica l’onere dell’afferma -

zione» 32. Ciascuna parte deve provare e, quindi, previamente allegare, ifatti favorevoli, cioè l’attore deve allegare i fatti costitutivi, mentre il con-venuto deve allegare i fatti impeditivi, modificativi ed estintivi.La regola di giudizio posta dall’art. 2697 c.c. distribuisce tra attore e

convenuto il rischio dell’incertezza su di un fatto rilevante in base all’inte-resse che ciascuna parte ha a provare il fatto, in un sistema in cui il con-traddittorio tra le parti possa pienamente esprimersi, sussistendo un con-trapposto interesse delle parti rispetto al contenuto della decisione 33. Per-tanto l’attore ha l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto che fa vale-re, mentre il convenuto ha l’onere di provare i fatti impeditivi, modificati-vi ed estintivi di tale diritto.Questa regola della distribuzione dell’onere della prova può essere

spostata al momento dell’affermazione dei fatti, rispondendo alla medesi-ma ratio. Pertanto come l’attore deve affermare/allegare i fatti costitutividel proprio diritto, così il convenuto deve affermare/allegare i fatti impe-ditivi, modificativi ed estintivi del diritto controverso. Come il giudice èvincolato a prendere in esame e a porre a fondamento della decisione uni-camente i fatti costitutivi affermati dall’attore, nel rispetto del principiodispositivo, così è vincolato a prendere in esame e a porre a fondamentodella decisione unicamente i fatti impeditivi, modificativi ed estintivi af-fermati dal convenuto, salvo alcune deroghe espressamente previste dal le-gislatore.In questo modo viene garantita la parità delle armi, l’uguaglianza tra le

parti, che sono a fondamento del principio del contraddittorio 34.

32 Così CARNELUTTI, Eccezione e analisi dell’esperienza, in Riv. dir. proc., 1960, p. 648.33 Così CARNELUTTI, Eccezione e analisi dell’esperienza, cit., p. 649.34 Cfr. CARNELUTTI, Un lapsus evidente?, in Riv. dir. proc., 1960, p. 449, secondo cui la

distribuzione dell’onere della prova «è fatta per ottenere quella eguaglianza tra le parti, cheè alla radice del principio del contraddittorio. Il convenuto deve provare il fatto impediti-vo o estintivo come e perché l’attore deve provare il fatto costitutivo […] Ora la medesima

88 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Ebbene, l’esistenza di espresse previsioni che consentono al giudice diprendere in considerazione fatti impeditivi, modificativi o estintivi nonutilizzati dal convenuto, ma meramente risultanti ex actis, già sposta ilpiatto della bilancia a favore del convenuto, nel sistema di perfetta sim-metria ed uguaglianza sopra delineato.Questo squilibrio pone in dubbio la premessa di partenza, secondo cui

l’attore deve allegare i fatti costitutivi e il giudice non può rilevarli d’ufficio.La parità ed eguaglianza tra le parti, nel rispetto del principio del contrad-dittorio, potrebbe essere salvaguardata, riconoscendo che anche i fatti co-stitutivi risultanti dagli atti, ma non utilizzati dall’attore, possono essere ri-levati dal giudice, così come per i fatti impeditivi, modificativi ed estintivi.Con un limite: i fatti costitutivi individuatori del diritto controverso devo-no essere allegati dall’attore e non possono essere rilevati d’ufficio dal giu-dice, dato che spetta alla parte (e non al giudice) precisare l’oggetto del giu-dizio; il giudice non può rilevare d’ufficio fatti impeditivi, modificativi oestintivi, che rappresentano un interesse particolare e riservato del soloconvenuto 35, essendo tenuto a rispettare questo interesse (art. 112 c.p.c.).Questa, per il momento teorica, possibilità di disciplina dell’allegazio-

ne dei fatti nel processo, dovendo rispettare il principio di eguaglianza trale parti, che sta alla base del principio del contraddittorio, deve essereperò verificata con riferimento alla struttura del processo. Occorre cioèaccertare se la fase di trattazione sia (temporalmente concentrata, ma) acontraddittorio libero e se le parti, di fronte al rilievo d’ufficio da parte delgiudice di un fatto rilevante non utilizzato dalle parti come fondamentodelle proprie argomentazioni siano, nel rispetto del principio del contrad-dittorio, autorizzate a replicare liberamente in fatto ed in diritto, previaeventuale rimessione in termini.

uguaglianza, la quale determina la distribuzione dell’onere della prova, vale per ripartirel’onere dell’affermazione: se non fosse così, il convenuto godrebbe di un privilegio, dalquale il principio del contraddittorio sarebbe turbato». Questa tesi, secondo la qualel’onere della prova implica l’onere dell’affermazione, è criticata, ex pluribus, da LIEBMAN,Intorno ai rapporti tra azione ed eccezione (Postilla), in Riv. dir. proc., 1960, p. 449 ss., inpartic. p. 450, ove si afferma: «d’accordo che la distribuzione dell’onere dell’affermazionee della prova è fatta per ottenere l’uguaglianza delle parti, ma questa non rimane affatto al-terata dalla possibilità che un fatto risulti accertato in causa, senza che a ciò abbia contri-buito la parte cui il fatto stesso è favorevole»; COLESANTI, Eccezione (dir. proc. civ.), in Enc.dir., vol. XIV, Milano, 1965, p. 200 s.; FABBRINI. L’eccezione di merito, cit., p. 354, nota 19;ORIANI, Eccezione, in Dig. disc. priv. (sez. civ.), vol. VII, Torino, 1991, p. 267 s.

35 Cfr. MERLIN, Compensazione e processo, vol. I, cit., p. 319 ss., la quale ritiene si trat-ti di interesse esclusivo alla stabilità dell’effetto impeditivo, modificativo o estintivo.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 89

Queste considerazioni saranno sviluppate funditus in seguito, nella se-conda parte di questo lavoro. Per il momento è possibile riconoscere chenella valorizzazione del principio di parità delle armi, di eguaglianza, delcontraddittorio sta il maggior pregio della tesi secondo cui l’onere dellaprova implica l’onere dell’affermazione.

4.2. (segue) L’art. 115 c.p.c. indica un’eccezione (rilevabilità d’ufficio deifatti notori) ed una regola (divieto di rilevare fatti non allegati dalleparti)

Passando ad un esame del diritto positivo, si è osservato che «il giudi-ce potrà conoscere, relativamente alla fattispecie su cui deve pronunciare,solo i fatti a cui le parti si sono espressamente richiamate oppure, nei casiin cui ha accesso nel processo civile, quelli dedotti dal pubblico ministero.In conclusione il giudice non può far uso, nella rilevazione del fatto, delsuo sapere privato (quod non est in actis non est de hoc mundo) / Il princi-pio si desume sul piano del diritto positivo dalla disposizione dell’art. 115,secondo comma, c.p.c., ove si consente al giudice di tener conto, benchéprive di allegazione e prova ad iniziativa delle parti, delle sole “nozioni difatto che entrano nella comune esperienza”» 36.A quanto sembra, seguendo questo ragionamento, il secondo comma

del l’art. 115 c.p.c. indica, come eccezione, la possibilità per il giudice diporre a fondamento della decisione i c.d. fatti notori, benché privi di alle-gazione e prova; a contrario, quindi, indica, come regola, il divieto per ilgiudice di porre a fondamento della decisione fatti che non siano stati al-legati dalle parti.Quali siano i fatti allegati dalle parti non è chiaro, in quanto si indicano

come principî analoghi quello secondo cui il giudice può conoscere sol-tanto i fatti a cui le parti si sono espressamente richiamate ed il principiosecondo cui il giudice non può far uso, nella rilevazione del fatto, del suosapere privato.

36 Così CECCHELLA, I poteri di iniziativa probatoria del giudice del lavoro, in Giust. civ.,1985, II, p. 65 s., il quale richiama anche il pensiero di altri Autori (ANDRIOLI, Commentoal codice di procedura civile, vol. I, cit., p. 334; ID., Prova (diritto processuale civile), cit.,p. 278; SATTA, Commentario, vol. I, cit., p. 452; CAVALLONE, Crisi delle «maximen» e di-sciplina dell’istruzione probatoria, cit., p. 680 della Riv. dir. proc.), i quali, a ben guardare,si limitano ad affermare che dall’art. 115 c.p.c. è desumibile il divieto per il giudice di faruso della propria scienza privata e non anche il dovere di conoscere solo i fatti a cui le par-ti si sono espressamente richiamate.

90 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Come notato retro nel § 5 del cap. I, il divieto per il giudice di utilizza-re la propria scienza privata significa che il giudice non può sua sponte ri-cercare i fatti rile vanti fuori del processo e non può cercare di giovarsi delsuo sapere privato, prendendo d’ufficio una iniziativa probatoria al fine direndere giudiziale e non più meramente privata quella conoscenza. Nonimplica invece il divieto di rilevare ex actis fatti rilevanti per la decisione,in quanto tali fatti non sono frutto di una propria scienza privata. Rimanepertanto il dubbio se per fatti allegati bisogna intendere soltanto i fattiespressamente indicati dalle parti ovvero tutti i fatti che risultano dal -l’istruttoria, ad esclusione dei fatti privatamente conosciuti dal giudice.In ogni caso, si osserva che dal tenore letterale dell’art. 115, secondo

comma, c.p.c. si ricava unicamente che il giudice può porre a fondamentodella decisione i c.d. fatti notori «senza bisogno di prova» e non anche«senza bisogno di allegazione».La disciplina dell’allegazione non appare quindi rischiarata dall’esame

della disciplina della prova dei fatti, quale si desume dall’art. 115 c.p.c.

4.3. (segue) L’art. 2697 c.c. rimette al potere monopolistico della parte sial’allegazione dei fatti da provare che l’indicazione della fonte di prova,rimanendo al giudice, ex art. 115 c.p.c., soltanto la possibilità di for-malizzare il mezzo di prova

L’esame si è quindi spostato sulla norma dell’art. 2697 c.c., che non con-terrebbe soltanto la regola di giudizio in presenza di fatti incerti, ma anchela regola del «potere-onere», esclusivo e senza eccezione alcuna, della par-te nella affermazione dei fatti e nella adduzione delle fonti di prova 37.Si è osservato che occorre distinguere tra:

a) allegazione dei fatti da provare;b) indicazione della fonte di prova;c) istanza di ammissione di un determinato mezzo di prova.

Quest’ultimo aspetto è disciplinato dall’art. 115 c.p.c., per cui il giudi-ce, nei casi previsti dalla legge, può «“formalizzare”, ordinando il mezzoistruttorio, una esigenza che la parte, pur non richiedendo “formalmente”

37 Vedi MONTESANO-MAZZIOTTI, Le controversie del lavoro e della sicurezza sociale, Na-poli, 1974, p. 103 ss.; MONTESANO, Le prove disponibili d’ufficio e l’imparzialità del giudicecivile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1978, p. 196 ss.; MONTESANO-VACCARELLA, Manuale di di-ritto processuale del lavoro, 3a ed., Napoli, 1996, p. 188 ss.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 91

il mezzo istruttorio, abbia già manifestato con quell’affermazione di fattoe quell’indicazione di fonte: nel senso, cioè, che il rapporto tra la regoladel l’art. 115 c.p.c. e le sue eccezioni non sia, propriamente, tra disponibi-lità privata e giudiziaria della prova, ma tra l’addossare o no alla partel’onere di una formale istanza per ottenere una verificazione dei fatti, lacui esigenza sia già intrinseca alla attività difensiva» 38. Quindi, l’istanza diammissione di un determinato mezzo di prova è surrogabile, nei casi pre-visti dalla legge, dall’iniziativa d’ufficio del giudice.L’allegazione dei fatti da provare e l’indicazione della fonte di prova so-

no invece disciplinate dall’art. 2697 c.c. Dal letterale tenore di tale normasi nota che la stessa non contiene soltanto la regola di giudizio in presenzadi fatti incerti, ma anche la disciplina «della positiva attività probatoria dichi domanda e resiste in giudizio e cessa di apparire un doppione dell’art.115 c.p.c. non appena venga riferita, appunto, alla fonte (materiale) dellaprova, lasciando allo stesso art. 115 la sola disciplina dei mezzi istrutto-ri» 39. Poiché «l’art. 2697 c.c. non prevede eccezioni alla regola che il giu-dice non trova altre fonti di prova fuor di quelle che emergano dall’attivitàrichiedente e difensiva delle parti», se ne deduce che il compito del giudi-ce rimane «limitato allo strumento procedimentale di una ricerca, la cuimateria e le cui fonti gli sono da altri, cioè dalle parti, private o pubbliche,insuperabilmente prefissate» 40.Si tratta di capire come le parti devono insuperabilmente fissare i fatti

e le fonti di prova: occorre che la parte abbia espressamente utilizzato l’in-dicazione del fatto e della fonte di prova a sostegno delle proprie argo-mentazioni difensive, chiedendo al giudice di tenerne conto e così fissan-do insuperabilmente i confini per la raccolta del materiale di fatto (Samm-lung des Prozessstoffs) ovvero è sufficiente una mera indicazione, ancheimplicita ed inconsapevole, come nel caso di fatto o fonte di prova desu-mibile da un documento prodotto.Ebbene, si afferma che:

a) il giudice ha «il potere di acquisire fonti di prova “implicite” nelle di-fese di parte» 41;

38 Così MONTESANO-MAZZIOTTI, Le controversie del lavoro, cit., p. 104 s.39 Così MONTESANO-MAZZIOTTI, Le controversie del lavoro, cit., p. 105.40 Così MONTESANO-MAZZIOTTI, Le controversie del lavoro, cit., p. 106 s.41 Così MONTESANO, Le prove disponibili d’ufficio, cit., p. 205.

92 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

b) il giudice può, a norma dell’art. 257 c.p.c., individuare la fonte diprova dalla deposizione di un teste e non già dalle indicazioni delle parti 42.

Ma allora, se la fonte materiale di prova può emergere dagli atti di cau-sa e dalle risultanze istruttorie e non unicamente da espressa indicazionedi parte, si pone il problema se altrettanto possa dirsi con riferimento al -l’allegazione dei fatti.Viene in considerazione il principio di acquisizione processuale.Tale principio è riferito di solito alle risultanze istruttorie ed alla regola

di giudizio contenuta nell’art. 2697 c.c.: il giudice forma il proprio con-vincimento e la decisione sulla base di tutte le risultanze istruttorie, senzache abbia alcuna rilevanza la provenienza dell’istanza di ammettere queldeterminato mezzo di prova, in quanto i risultati delle attività istruttoriesono comuni tra le parti 43.

42 Così MONTESANO-MAZZIOTTI, Le controversie del lavoro, cit., p. 104 s. L’apparentecontrasto con la riserva alla parte dell’attività di allegazione dei fatti e della fonte di provaviene risolto osservando che la fonte di prova, benché non desumibile dalle affermazionidi parte, emerge pur sempre da deposizioni avvenute su impulso di parte; quindi la rego-la va specificata nel senso che «la indicazione della fonte materiale di prova dei fatti me-desimi rima[ne] riservata alla parte, o emerg[e] dalla assunzione di prove da essa dedot-te». Si noti, comunque, che il collegamento con l’iniziativa di parte può ulteriormente al-lentarsi, in quanto il testimone, dalla cui deposizione il giudice individua altra fonte di pro-va, potrebbe a sua volta essere un testimone chiamato d’ufficio dal giudice, a seguito di in-dicazione di altro e precedente testimone indicato dalla parte. Quindi l’iniziativa istrutto-ria del giudice potrebbe fondarsi su una fonte di prova ricavata direttamente dalle risul-tanze di un’iniziativa istruttoria ex officio e soltanto indirettamente da un mezzo istrutto-rio richiesto dalla parte.

43 Cfr., ex pluribus, ANDRIOLI, Prova (diritto processua le civile), in Noviss. dig. it., vol.XIV, Torino, 1967, p. 282 s., ove indica come fonti normative di tale principio gli artt. 169c.p.c. e 77, disp. att. c.p.c., ai sensi dei quali la parte non può ritirare il proprio fascicolo,se non dietro autorizzazione del giudice istruttore, mentre per l’art. 76, disp. att. c.p.c., «leparti o i loro difensori regolarmente costituiti possono esaminare gli atti e i documenti in-seriti nel fascicolo d’ufficio e in quelli delle altre parti e farsene rilasciare copia dal cancel-liere, osservate le leggi sul bollo»; l’art. 245, secondo comma, c.p.c., ai sensi del quale «larinuncia fatta da una parte all’audizione dei testimoni da essa indicati non ha effetto se lealtre non vi aderiscono e se il giudice non vi consente»; l’art. 208 c.p.c., a proposito delladecadenza dal diritto all’assunzione di prova testimoniale, che coinvolge non soltanto laparte che ha richiesto la prova, ma anche l’altra parte. Cfr. anche TARZIA, Il litisconsorzio,cit., p. 360; VERDE, Dispositivo (principio), cit., p. 1 s.; GRASSO, Dei poteri del giudice, cit.,p. 1302 s.; FURNO, Contributo alla teoria della prova legale, Padova, 1940, p. 73; CAVALLO-NE, Principio dispositivo, fatti secondarii e fatti «rilevabili ex officio», cit., p. 126 ss., con in-dicazioni anche di giurisprudenza; TARUFFO, Studi sulla rilevanza, cit., p. 14 ss.; MENCHI-NI, Il processo litisconsortile. Struttura e poteri delle parti, Milano, 1993, p. 233 ss.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 93

La regola di giudizio dell’art. 2697 c.c. va pertanto letta nel senso chel’attore vince la causa anche se non ha provato il fatto costitutivo del dirit-to controverso, ma la prova è stata raggiunta per iniziativa del convenuto;parimenti il convenuto vince la causa anche se non ha provato i fatti im-peditivi, modificativi ed estintivi, che però risultano provati per iniziativadel l’attore.Il principio di acquisizione interagisce con la disciplina dell’allegazione

dei fatti, in quanto le risultanze istruttorie possono anche riguardare fattinon allegati dalle parti.Inoltre il principio di acquisizione, benché formulato in tema di prova,

potrebbe anche operare prima dell’istruzione, cioè al momento della fis-sazione del thema probandum 44 e consentire al giudice di tener conto difatti non valorizzati dalle parti nelle proprie argomentazioni difensive, siaai fini della decisione che ai fini dell’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio.È quanto si passa ad esaminare.

4.4. (segue) Il principio di acquisizione e l’allegazione dei fatti

Il principio di acquisizione, secondo cui le risultanze istruttorie sonocomuni tra le parti, senza che abbia alcuna rilevanza la provenienza del -l’istanza di ammettere quel determinato mezzo di prova, può riguardare:

a) i fatti già utilizzati da ciascuna parte a sostegno e fondamento delleproprie argomentazioni, anche in via negativa, cioè per escluderne la rile-vanza;b) i fatti ignorati dalle parti e risultanti dagli atti di causa (ad es., docu-

menti, dichiarazioni rese dai testi).

Nel primo caso, non si pone nessun problema con la natura e discipli-na dell’allegazione dei fatti: il fatto deve essere stato validamente (nel ri-spetto di eventuali preclusioni) introdotto in causa con un’esplicita attri-buzione di significato. Il principio di acquisizione opera nel senso che ilfatto rileva ai fini della decisione anche se allegato dalla parte a cui nuoce(fatto costitutivo allegato dal convenuto ovvero fatto impeditivo, modifi-cativo o estintivo allegato dall’attore).Al contrario, riferire il principio di acquisizione anche ai fatti ignorati

dalle parti, benché risultanti dagli atti di causa e dall’eseguita istruttoria,

44 In questo senso CAVALLONE, Principio dispositivo, fatti secondarii, cit., p. 123 ss.

94 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

significa negare il monopolio di parte in tema di allegazione dei fatti e con-sentire al giudice di utilizzare tali fatti, anche in assenza o contro la volontàdi parte.L’operatività del principio di acquisizione con riferimento alla forma-

zione del thema probandum è stata dedotta da:

1) disposto degli artt. 245, secondo comma, e 244, primo comma,c.p.c., osservando che «quando infatti l’art. 245, secondo comma, c.p.c.,dispone che “la rinuncia fatta da una parte all’audizione dei testimoni daessa indicati non ha effetto se le altre parti non vi aderiscono e se il giudi-ce non vi consente” non ci si può contentare di dire che in tal caso il prin-cipio di acquisizione processuale opera sul mezzo di prova (col che co-munque si ammette già che esso possa operare ad un livello diverso daquello dei risultati delle prove); ma si deve altresì riconoscere che oggettodell’acquisizione, oltre alla “indicazione specifica delle persone da inter-rogare”, è nella stessa ipotesi anche la positio “dei fatti, formulati in arti-coli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata” (art. 244,primo comma, c.p.c.): ma ciò val quanto dire, per l’appunto, che si verifi-ca, prima dell’acquisizione della prova ed indipendentemente da essa,quella del thema probandum» 45;2) possibilità per il giudice, in determinati casi, di assumere ex officio

iniziative probatorie, in quanto «quelle norme possono trovare concretaapplicazione proprio e soltanto in quanto si ammetta l’esistenza di un te-ma acquisito al processo come tale, in relazione al quale possa in seguitoesplicarsi l’attività giudiziale» 46;3) «insuperabili esigenze pratiche di economia: poiché la soluzione op-

posta comporterebbe l’imposizione alle parti dell’onere di enunciare com-pletamente ed analiticamente tutte le circostanze, anche marginali, sulle

45 Così CAVALLONE, Principio dispositivo, fatti secondarii, cit., p. 132 s., il quale, però,riferisce l’operatività del principio di acquisizione soltanto ai fatti secondari, «ferma rima-nendo, per la positio dei fatti giuridici [«nell’accezione restrittiva di “fatti costitutivi, estin -tivi o impeditivi del rapporto de quo agitur”» così a p. 116], la efficacia del divieto di ex-trapetizione» (così a p. 134). Cfr. anche TARZIA, Il litisconsorzio, cit., p. 351 s.; PROTO PI-SANI, La nuova disciplina, cit., p. 226; MERLIN, Compensazione, vol. I, cit., p. 341 in nota250; COMOGLIO, voce Allegazione, cit., p. 279, testo e nota 52 a p. 280; ID., Tutela dei di-ritti, in Trattato di diritto privato, diretto da Pietro Rescigno, Torino, 1985, p. 180, ove,però, riferisce il principio di acquisizione ai soli fatti secondari; MENCHINI, Osservazionicritiche, cit., p. 41 ss. In forma dubitativa ORIANI, Eccezione, cit., p. 267 s.

46 Così CAVALLONE, Principio dispositivo, fatti secondarii, cit., p. 133 s.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 95

quali la prova è invocata, e la limitazione dell’efficacia della prova stessa aquanto specificamente riguarda quelle circostanze, e quindi si risolvereb-be, in definitiva, in una inaccettabile esasperazione formalistica della di-sciplina dell’istruzione» 47.

Avverso queste argomentazioni si potrebbe sostenere, partendo dall’ul-tima, che le insuperabili esigenze pratiche di economia sono sufficiente-mente garantite, consentendo un’esposizione sintetica degli avvenimenti,senza imporre un’enunciazione analitica di tutte le circostanze. Si è infattiosservato che «di regola il riferimento nominalistico al modello normativosostituisce adeguatamente la descrizione analitica dell’avvenimento, che sipresenta per di più sfrondato da particolari superflui» 48.Per quanto riguarda le iniziative istruttorie d’ufficio, non si vede la con-

secutio necessaria tra l’assunzione di tali iniziative e l’acquisizione di un te-ma di prova non espressamente indicato dalle parti, per cui senza tale ac-quisizione non potrebbe trovare applicazione l’istituto dell’iniziativaistruttoria ex officio. L’iniziativa istruttoria del giudice può riguardare, co-me da altri osservato 49, soltanto il mezzo istruttorio, per accertare fatti in-dicati dalle parti.Infine, ed è questa la notazione più rilevante, il disposto degli artt. 244,

primo comma, e 245, secondo comma, c.p.c., non può essere letto in ma-niera avulsa dal sistema processuale in cui si inserisce.In un processo suddiviso in fasi distinte e separate, ove la fissazione del

thema probandum e decidendum deve avvenire irretrattabilmente primadella fase di istruzione, le parti non potranno aggirare le preclusioni ma-turate con riferimento all’allegazione, inserendo nuovi fatti nella capitola-zione di prove testimoniali. Il giudice dovrà dichiarare inammissibile laprova testimoniale richiesta su quel determinato capitolo.Sempre con riferimento alla strutturazione del giudizio, si potrà rico-

noscere operatività al principio di acquisizione con riferimento ai fatti ri-sultanti dall’istruttoria, se ed in quanto la fase di trattazione sia (temporal-mente concentrata, ma) a contraddittorio libero e se ed in quanto sia ri-spettato in pieno il principio del contraddittorio, cioè autorizzando le par-

47 Così CAVALLONE, Principio dispositivo, fatti secondarii, cit., p. 134 s.48 Così GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 49.49 Vedi MONTESANO-MAZZIOTTI, Le controversie del lavoro e della sicurezza sociale, cit.,

p. 103 ss.; MONTESANO, Le prove disponibili d’ufficio e l’imparzialità del giudice civile, cit., p.196 ss.; MONTESANO-VACCARELLA, Manuale di diritto processuale del lavoro, cit., p. 188 ss.

96 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

ti a replicare liberamente in fatto ed in diritto, previa eventuale rimessionein termini 50.Anche se in virtù del principio di acquisizione le risultanze istruttorie

divengono comuni, le parti non avranno la possibilità di utilizzarle, cioè difar valere gli effetti giuridici di tali risultanze, ove dalle stesse emerganonuovi fatti e la fase di trattazione sia irretrattabilmente chiusa. Ciò che nonè consentito alle parti, non può essere consentito al giudice, in dispregiodel fondamentale principio del contraddittorio, non avendo le parti lapossibilità di replicare in fatto ed in diritto alle nuove circostanze fattualiemerse dall’istruttoria e rilevate dal giudice.Questi aspetti, comunque, verranno esaminati in seguito nella seconda

parte di questo lavoro.

5. L’allegazione dei fatti in un sistema processuale governato da un ri-gido regime di decadenze e preclusioni

La funzione, natura e disciplina dell’allegazione dei fatti è stata dedot-ta dalla previsione di un rigido regime di decadenze e preclusioni inizialirelative alla fissazione del thema decidendum.Ancora una volta con conclusioni opposte, per quanto riguarda la fun-

zione, natura e disciplina dell’allegazione dei fatti; ancora una volta in ma-niera avulsa dall’esame della concreta struttura del giudizio, basando il ra-gionamento unicamente sulla previsione della necessità di allegare i fattirilevanti fin dagli atti introduttivi del giudizio (le parti devono «vuotare ilsacco» al momento della costituzione in giudizio, non potendo riservarsil’introduzione di altri fatti ad un momento più opportuno).

50 Cfr., ex pluribus, TARZIA, Lineamenti del nuovo processo civile, Milano, 1991, p. 124s.; CHIARLONI, Prima udienza di trattazione, in Le riforme del processo civile, a cura di CHIAR-LONI, Torino, 1992, p. 183 ss., 196 ss.; LUISO, in CONSOLO-LUISO-SASSANI, La riforma delprocesso civile. Com mentario, cit., p. 101, nonché al punto 5. di Il sistema delle preclusioni edelle deroghe alle preclusioni, relazione tenuta al Convegno svoltosi in Chieti il 28 settembre1991; PROTO PISANI, La nuova disciplina del processo civile, cit., p. 140. Al contrario CEC-CHELLA, Contraddittorio e preclusioni (Note intorno alla novella sul processo civile), in Giu-st. civ., 1991, II, p. 458 s., ritiene che la parte non debba ottenere una rimessione in termi-ni, ma limita l’iniziativa del giudice alla qualificazione giuridica di fatti prospettati dalle par-ti, ancorché di essi non si siano esattamente individuate le implicazioni giuridiche. Condi-zionano al rispetto del principio del contraddittorio l’esercizio del potere giudiciale di pren-dere in esame e valutare nella loro efficacia i fatti che risultino acquisiti al processo VERDE,Domanda (principio della), cit., p. 8; MENCHINI, Osservazioni critiche, cit., p. 42.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 97

Il tema è particolarmente attuale, in considerazione della riforma delprocesso civile attuata con la legge n. 353/1990, con cui sono state rein-trodotte preclusioni iniziali all’allegazione dei fatti e alle richieste istrutto-rie.Si è osservato che, se il convenuto deve in limine litis predisporre, a pe-

na di decadenza, la propria linea difensiva, allora «in linea di massima de-ve ritenersi che la linea di difesa, già predisposta dal convenuto in base al-la domanda introduttiva, possa subire alterazioni e che resti pertantoesclusa la possibilità della modificazione della domanda:

a) se il fatto prima non dedotto valga a realizzare una fattispecie nor -mativa diversa da quella di cui si invocano gli effetti dalla parte. Può trat-tarsi di un fatto nuovo che sostituisce il fatto già indicato o che si aggiun-ga a questo. E vi resta compresa l’ipotesi nella quale sia sostituito il fattocostitu tivo del diritto di proprietà (l’acquisto derivativo con l’acquisto a ti-tolo origi nario) o idoneo a specificare il diritto che nasce da un rapportoobbligatorio (il dolo nell’annullamento del contratto con l’errore o la vio-lenza) […];b) se il nuovo sia costituito da elementi (come modalità o circostanze di

tempo o di luogo) che assurgano a dato decisivo per la determinazione delfatto, da comportare un radicale mutamento della «presa di posizione» delconvenuto nei confronti della domanda;c) se sia introdotto un elemento di diritto, che attribuisca ai fatti già

esposti una rilevanza diversa da quella ai medesimi assegnata dallo stessoattore, fermo restando il petitum (come nel caso che agli stessi fatti primadedotti come determinanti di una responsabilità contrattuale si imputi ilsorgere di una responsabilità da illecito sempre al fine di ottenere un ri-sarcimento);d) se in base agli stessi fatti è chiesto l’accertamento di una situazione

giuridica diversa da quella prima dedotta, o una pronuncia aggiunta o su-bordinata» 51.

51 Così GRASSO, Note sui poteri del giudice nel nuovo processo di cognizione in primogrado, in Riv. dir. proc., 1992, p. 717 s. Nello stesso senso OBERTO, Il giudizio di primo gra-do dopo la riforma del processo civile, in Giur. it., 1991, IV, c. 315, ove afferma che «l’emen-datio libelli non può implicare la deduzione di fatti nuovi: il nuovo sistema di preclusioni,in ordine alle deduzioni di merito, sia per l’attore che per il convenuto, non pare infatti la-sciare spazio alla successiva indicazione di circostanze diverse da quelle contenute nell’at-to di citazione e nella comparsa di risposta». PIVETTI, Note «a prima lettura» sui provvedi-menti urgenti per il processo civile, in Documenti giust., 1988, X, p. 156, osserva che «è ra-

98 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Come si vede, si accomunano ipotesi radicalmente diverse, e cioè l’ipo-tesi di deduzione in giudizio di una diversa situazione giuridica e l’ipotesidi deduzione in giudizio di un diverso profilo costitutivo o di una diversaqualificazione normativa della stessa situazione giuridica.Infatti, si osserva che «entra di conseguenza in crisi la stessa distinzio-

ne fra modifica e mutamento della domanda, aprioristicamente posta se-condo criteri e in funzione di esigenze estranei a quelli del contradditto-rio» 52. Non ha più rilievo la distinzione tra domande autoindividuate edomande eteroindividuate, per quanto riguarda la possibilità di allegazio-ne di diversi fatti costitutivi, in quanto ciò che rileva, concretamente e nongià in base a considerazioni astratte sulla natura del diritto controverso, èse il convenuto sia o meno costretto ad una «sostanziale revisione dellapropria linea difensiva» 53. In tutte queste ipotesi la possibilità di modifi-cazione della domanda è in linea di massima esclusa, avendo «la riformasottratto alle parti la facoltà di un accordo per la trattazione del novum eal convenuto la valutazione dell’incidenza, nel suo sistema difensivo, dellenuove deduzioni dell’attore. Tale valutazione spetta ora in ogni caso al giu-dice, salva la facoltà delle parti di interloquire sul punto» 54.

zionale e utile – per il funzionamento del processo – che il fatto e il bene della vita posti ri-spettivamente a fondamento e ad oggetto della domanda soggiacciano alla stessa discipli-na, per quanto riguarda l’enunciazione, la precisazione, la modificazione e la sostituzio-ne». Pertanto, anche nelle ipotesi in cui il fatto non è essenziale per identificare il concre-to bene della vita, cioè l’oggetto della domanda, sussiste l’obbligo di indicare tale fatto nel-la richiesta di tutela e la precisazione, modificazione e sostituzione di tale fatto è ammissi-bile negli stessi limiti, in cui è possibile precisare, modificare e sostituire il bene della vitacontroverso. Sempre con riferimento al nuovo processo civile, RICCI, L’allegazione dei fat-ti nel nuovo processo civile, cit., p. 867, considera fatti semplici della domanda, cioè fattiche attengono essenzialmente alla prova ed il cui mutamento non comporta la modificadella domanda, ad es. l’indicazione della data in cui è sorto il diritto o si è verificata la le-sione, l’esposizione delle modalità di azione, ecc. Si noti altresì che CERINO CANOVA, Ladomanda giudiziale, cit., p. 134, indica come motivo di distinzione tra domanda ed allega-zione, anche in un processo con rigide preclusioni iniziali, proprio la possibilità di muta-mento della tutela richiesta sulla base delle allegazioni effettuate, come nel caso di varia-zione del titolo di responsabilità: da quella contrattuale all’arricchimento senza causa.

52 Così GRASSO, Note sui poteri del giudice, cit., p. 716. Si noti che a p. 717, in nota 10,si considera «mutamento di domanda» e non semplice modifica, l’ipotesi riportata nel te-sto sub a), cioè la sostituzione del fatto costitutivo del diritto di proprietà o idoneo a spe-cificare il diritto che nasce da un rapporto obbligatorio; a p. 718, in nota 12, invece, si con-sidera «modifica» di domanda l’ipotesi indicata nel testo sub c), cioè l’attribuzione di unadiversa rilevanza giuridica ai fatti dedotti, fermo restando il petitum.

53 Così GRASSO, Note sui poteri del giudice, cit., p. 717.54 Così GRASSO, Note sui poteri del giudice, cit., p. 717. Si noti che TARUFFO, Le preclu-

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 99

Non è espressamente preso in considerazione il problema della porta-ta della decisione, cioè il problema dei limiti oggettivi del giudicato. Altri,comunque, osservano che «un processo retto dalle preclusioni “forti” eperciò dalla impossibilità di nuove allegazioni, comporterà sicuramenteuna revisione degli attuali orientamenti in tema di limiti oggettivi del giu-dicato» 55; conseguentemente «la domanda modificata può sempre essereproposta in un secondo giudizio» 56.In sintesi, secondo questa prima ricostruzione, un sistema retto da rigi-

de preclusioni iniziali comporta che:

a) l’allegazione dei fatti assume la funzione di delimitare in fatto la ri-chiesta di tutela, a prescindere dalla natura del diritto controverso (auto-o eteroindividuato), al fine di «esaltare la funzione – lo scopo ex art. 156 –preparatoria della prima udienza di trattazione» 57;b) il processo finisce per presentarsi come un «giudizio su una serie di

sioni nella riforma del processo civile, in Riv. dir. proc., 1992, p. 302 s., contrariamente al -l’opinione prevalente, ritiene sottratta ad una valutazione discrezionale del giudice la pos-sibilità di modificazione della domanda o delle eccezioni, in quanto «la menzione di “giu-sti motivi” in relazione alla modificazione di domande ed eccezioni compare solo nel quin-to comma dell’art. 183, a proposito della fissazione di un termine (perentorio, non supe-riore a 30 giorni) per il deposito di memorie contenenti le modificazioni in questione.Debbono cioè esistere giusti motivi perché le parti siano autorizzate a non formulare subi-to le modificazioni, non giusti motivi che rendano ragionevoli le modificazioni». Quindil’autorizzazione indicata nel quarto comma dell’art. 183 si riduce ad una mera forma; «ciòsignifica che in realtà non si muta nulla rispetto al regime precedente, e che solo teorica-mente, ma non in realtà, il giudice ha il potere di controllare e razionalizzare le modifica-zioni che le parti intendono apportare alle loro allegazioni».

55 Così OLIVIERI, Verso la riforma del processo civile, in Documenti giust., 1989, IX,p. 39. Vedi anche LUISO, Principio di eventualità e principio della trattazione orale, in Scrit-ti in onore di Elio Fazzalari, vol. II, Milano, 1993, p. 205 ss.

56 Così TAVORMINA, Dedotto, deducibile e costituzione, in Riv. dir. proc., 1992, p. 311.Vedi anche CASTELLANO, Attore e convenuto nella riforma del processo civile, ibidem, p.623.

57 Così PROTO PISANI, La nuova disciplina del processo civile, cit., p. 95. Vedi anche del-lo stesso Autore, La nuova disciplina della nullità dell’atto di citazione, in Foro it., 1991, V,c. 206; nonché CONSOLO, Domanda giudiziale, cit., p. 105; RICCI, L’allegazione dei fatti nelnuovo processo civile, cit., p. 871; DONDI, La fase introduttiva, in Le riforme della giustiziacivile. Commento alla legge n. 353/1990 e alla legge n. 374/1991, a cura di TARUFFO, Tori-no, 1993, p. 225; MARELLI, La trattazione della causa nel regime delle preclusioni, cit., p. 32.Si aggiunga che secondo ANDRIOLI, Lezioni di diritto processuale civile, vol. I, 2a ed., Na-poli, 1961, p. 24 e ID., Commento al codice di procedura civile, vol. II, 2a ed., Napoli, 1945,p. 9, la manchevole esposizione dei fatti e degli elementi di diritto può giustificare la nul-lità dell’atto introduttivo «se ed in quanto non contribuisca a chiarire il petitum».

100 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

fatti» 58, con conseguente restrizione dell’oggetto del giudizio e del giudi-cato al profilo fattuale del diritto controverso esaminato e deciso (Rechts -frage invece che un Recht);c) l’allegazione dei fatti ha, quindi, la stessa disciplina della domanda,

ed è riservata alla parte, con esclusione di qualsiasi intromissione da partedel giudice.

Diametralmente opposta si presenta una diversa ricostruzione, che ri-tiene ininfluente la strutturazione del giudizio e le regole del contradditto-rio ai fini della delimitazione del bene della vita controverso e dei limiti og-gettivi del giudicato 59.Secondo questa tesi «sembra, pertanto, che non solo in procedimenti

c.d. aperti – nei quali sia, cioè, ammessa la allegazione di nuovi fatti du-rante tutto il corso del giudizio –, ma anche in quelli caratterizzati da pre-clusioni, in ordine ai nova, oggetto del processo e del giudicato sia il dirit-to sostanziale affermato nella sua globalità, e non sezionato in base ai tito-li di acquisto dedotti» 60, in quanto la restrizione dell’oggetto del giudizioe del giudicato ai fatti dedotti a fondamento della domanda, da una parte,consentirebbe all’attore di far valere, in caso di sconfitta, in un nuovo giu-dizio i fatti costitutivi non dedotti, così favorendo la proliferazione di pro-cessi, riguardanti un unico interesse giuridico 61, mentre, dall’altra parte,impedirebbe al convenuto, in forza della preclusione del dedotto e del de-ducibile nascente dal giudicato, di far valere in questo secondo eventualegiudizio quei fatti impeditivi, modificativi od estintivi, che non avesse alle-gato nella comparsa di risposta in occasione del primo processo, con pale-se violazione della regola della parità delle armi tra i contendenti 62.

58 Così MONTESANO-ARIETA, Diritto processuale civile, vol. I, cit., p. 175, a propositodel processo retto dal c.d. principio di eventualità.

59 GRASSO, Note sui poteri del giudice, cit., p. 716, nota 8, fa esplicito rinvio a MENCHI-NI, I limiti oggettivi del giudicato civile, cit., p. 205 s.

60 Così MENCHINI, op. cit., p. 205, il quale, in nota 16, richiama PROTO PISANI, Note pro-blematiche e no sui limiti oggettivi del giudicato civile, in Foro it., 1987, I, c. 449.

61 MENCHINI, op. cit., p. 204, nota 14, osserva che tale preoccupazione era già fatta pre-sente da CERINO CANOVA, La domanda giudiziale, cit., p. 136, nota 119. Vedi anche OLI-VIERI, Verso la riforma del processo civile, cit., p. 39.

62 In questi termini si esprime MENCHINI, op. cit., p. 204 s., il quale richiama in terminianaloghi PAGENSTECHER, Substanzierung oder Individualisierung? Ein Beitrag zur Lehrevom Klaggrund, in Rheinische Zeitschrift für Zivil und Prozessrecht, Manmheim, 1923, ri-stampato ad Aaalen, 1969, p. 481 s.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 101

L’allegazione dei fatti, quindi, non ha la funzione di delimitare in fattola richiesta di tutela, in quanto comunque il diritto è sempre dedotto ingiudizio nella sua interezza. Conseguentemente il giudice non va extra pe-tita, se rileva un diverso fatto costitutivo dagli atti di causa o dalle risul-tanze istruttorie.Abbiamo così due ricostruzioni che giungono a conclusioni opposte,

pur partendo dall’esame dello stesso sistema processuale caratterizzato darigide preclusioni iniziali quanto all’allegazione dei fatti.Ebbene, queste argomentazioni, nella loro assolutezza, non appaiono

persuasive e devono essere controllate con un attento esame della possibi-le strutturazione di un giudizio caratterizzato da preclusioni iniziali.In particolare, non corretta appare l’argomentazione in tema di parità

delle armi tra i contendenti: se l’attore ha la possibilità di dedurre, in casodi sconfitta, in un nuovo giudizio i fatti costitutivi non dedotti, allora e pa-ritariamente il convenuto potrà difendersi allegando i fatti impeditivi, mo-dificativi ed estintivi del diverso profilo costitutivo dedotto.In entrambe le ipotesi con una limitazione: deve trattarsi di fatti tem-

poralmente successivi al complesso fattuale dedotto e deciso nel primo giu-dizio. In questo modo viene altresì salvaguardato l’interesse pubblico al -l’economia processuale. Se, ad esempio, nel primo processo Tizio ha chie-sto l’accertamento nei confronti di Caio del diritto di proprietà del bene Xin virtù di un titolo di acquisto perfezionatasi il giorno Y, e tale domandaè stata rigettata, allora si potrà discutere in un secondo processo se Tizio èproprietario del bene X soltanto in virtù di un profilo costitutivo perfe-zionatosi successivamente al giorno Y, anche se già deducibile nel primoprocesso; paritariamente Caio potrà allegare fatti impeditivi, modificativied estintivi del nuovo profilo costitutivo, cronologicamente successivi algiorno Y, anche se già deducibili nel primo processo 63.Quindi la capacità contenutistica del giudizio può ben influire sull’og-

getto del giudizio e sulla portata del giudicato: se non è possibile, anche inbase allo sviluppo del contraddittorio, allegare fatti concorrenti con quel-li posti a fondamento della domanda (ad es. acquisto per usucapione del

63 Esempio analogo era effettuato da SCHMIDT, Die Klagänderung, Leipzig, 1888,p. 178, nota 2; esempio riportato da LUISO, Principio di eventualità e principio della tratta-zione orale, cit., p. 215. Si noti che altra questione è se, in caso di accoglimento della do-manda, possa discutersi in altro processo, ad altri fini (ad esempio, del diritto ai frutti), diun precedente profilo costitutivo dello stesso diritto. Vedi, a tal proposito, quanto dettoretro nel cap. II, §§ 5 e 6.

102 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

diritto di proprietà, a fronte dell’eccezione di invalidità della compraven-dita su cui si era originariamente fondata la domanda), eventualmente an-che in una successiva fase del giudizio 64, allora oggetto del giudizio è piùuna Rechtsfrage che un Recht sotto tutti i possibili profili costitutivi. L’al-legazione dei fatti costitutivi, conseguentemente, delimita i confini delladomanda, che non possono essere valicati dal giudice.La preclusione del dedotto e del deducibile presuppone la massima

aderenza possibile del risultato del processo al modo di essere effettivodella situazione sostanziale dedotta; tale massima aderenza a sua volta pre-suppone la massima utilizzazione possibile della dinamica del contraddit-torio per la delimitazione del thema probandum e decidendum 65.La previsione o meno di preclusioni iniziali per la deduzione dei fatti ri-

levanti ai fini della decisione non consente di per sé di stabilire se l’allega-zione dei fatti è monopolio di parte e non tollera intromissioni da parte delgiudice.Anche in un processo con un’ampia fase iniziale a contraddittorio libe-

ro destinata all’attività di allegazione dei fatti, non è possibile per il giudi-ce, così come per le parti, una volta chiusa tale fase, rilevare fatti avventi-zi 66, cioè fatti versati in causa e risultanti da documenti o dalle prove rac-colte ma non utilizzati dalle parti a sostegno delle loro argomentazioni di-fensive, qualora non sia previsto l’esercizio del potere di reazione dellacontroparte o di entrambe le parti, in caso di rilievo da parte del giudice 67.Il rispetto del contraddittorio fa da contrappeso alla riconosciuta pote-

stà di rilievo d’ufficio di fatti avventizi. Occorre cioè che il giudice rispettiegli stesso il principio del contraddittorio, sottoponendo all’attenzione del-le parti il fatto rilevato d’ufficio, affinché le parti possano controdedurre.Tale controdeduzione deve essere libera, cioè la parte deve poter alle-

gare non soltanto fatti contrari, ma anche fatti concorrenti a quelli già uti-

64 Come vedremo (infra, parte seconda, cap. I) essere possibile nel processo civile te-desco davanti al tribunale camerale dell’impero (Reichskammergericht), a seguito del c.d.jüngster Reichsabschied del 1654. Tale processo si caratterizza per essere informato da ri-gide preclusioni, in attuazione del c.d. principio di eventualità. Tuttavia in sede di appelloera possibile allegare nuovi fatti.

65 Cfr. FABBRINI, Preclusioni e processo di cognizione, in Quaderni del Consiglio Supe-riore della Magistratura, Roma, 1986 e ora in Scritti giuridici, vol. II, cit., p. 327 ss.

66 Questa terminologia è mutuata da MOTULSKY, Le cause de la demande dans la déli-mitation de l’office du juge, in D., 1964, Chron. 235.

67 Vedi infra parte seconda, cap. III, § 3.

lizzati e messi in crisi dai rilievi della controparte o del giudice. In partico-lare, l’attore deve poter allegare un diverso profilo costitutivo del dirittoautoindividuato controverso, ove il giudice d’ufficio rilevi ex actis un fattoche pone in dubbio l’esistenza del profilo costitutivo originariamente de-dotto a fondamento della domanda. Così, se il giudice rileva un vizio delcontratto, l’attore deve avere la possibilità non soltanto di allegare la sana-toria di tale vizio, ma anche di allegare un diverso titolo di acquisto del di-ritto.In conclusione, la disciplina dell’allegazione dei fatti appare come una

variabile dipendente da determinate scelte di tecnica processuale.Questa conclusione verrà verificata e trattata nella seconda parte di

questo lavoro.

ALLEGAZIONE DEI FATTI COSTITUTIVI E PRINCIPIO DI TRATTAZIONE 103

CAPITOLO IV

ALLEGAZIONE ED ECCEZIONE. ALLEGAZIONE DEI FATTI SECONDARI, NOTORI

E SOLO PROCESSUALMENTE RILEVANTI

SOMMARIO: 1. Rapporto tra parti e giudice con riferimento ai fatti impeditivi,modificativi ed estintivi, nonché con riferimento ai fatti secondari, notori e soloprocessualmente rilevanti. Delimitazione dell’analisi. – 2. Impostazione dell’ana-lisi. – 3. Allegazione di fatti impeditivi, modificativi ed estintivi. Potere monopo-listico della parte. – 4. Rilevabilità da parte del giudice dei meri fatti impeditivi,modificativi ed estintivi, non fondanti eccezioni riservate della parte. Tentativi dicoordinamento con la concezione dell’allegazione come Willenserklärung. –5. (segue) Rilevabilità da parte del giudice dei meri fatti impeditivi, modificativied estintivi, non fondanti eccezioni riservate della parte. Tentativi di coordina-mento con la previsione della necessità di un’esposizione cosciente del fatto perrendere lo stesso utilizzabile dal giudice ai fini della decisione. – 6. Allegazionedei fatti impeditivi, modificativi ed estintivi e principî generali del processo re-golanti il rapporto tra le parti e tra le parti e il giudice (imparzialità del giudice;onere della prova e principio di acquisizione; principio del contraddittorio e ga-ranzia di difesa). – 7. Allegazione dei fatti secondari. – 8. Allegazione dei fatti no-tori. – 9. Allegazione dei fatti solo processualmente rilevanti. Utilizzo da partedel giudice della propria scienza privata.

1. Rapporto tra parti e giudice con riferimento ai fatti impeditivi, mo-dificativi ed estintivi, nonché con riferimento ai fatti secondari, no-tori e solo processualmente rilevanti. Delimitazione dell’analisi

Il problema dell’allegazione dei fatti nel processo civile è comunemen-te impostato con riferimento all’attore, riconoscendo, come si è visto, aquest’ultimo la potestà di vincolare il giudice a prendere in considerazio-ne soltanto i fatti costitutivi allegati. Viceversa altrettanto comunemente siritie ne che il giudice, una volta chiamato a decidere sulla rilevanza giuridi-ca dei fatti allegati dall’attore, possa rilevare d’ufficio, salvo particolari ec-

cezioni, i fatti impeditivi, modificativi ed estintivi, nonché i fatti secondarie notori e solo processualmente rilevanti, al fine di giungere ad una sen-tenza giusta, cioè rispondente alla realtà materiale 1.Si tratta adesso di prendere in considerazione queste particolari cate -

gorie di fatti, al fine di accertare se sussista un onere di allegazione dellaparte interessata ovvero se il giudice possa rilevare tali fatti ex actis.L’analisi di questa problematica verrà condotta soltanto sotto il profilo

del l’attività di introduzione ed utilizzazione del fatto, per non uscire daltema di questo lavoro.Si prenderanno innanzitutto in considerazione i dati normativi esisten-

ti, per poi accertare il significato e la portata degli stessi, in base anche al-le conclusioni a cui si è giunti a seguito dell’esame delle varie teorie sul -l’allega zione dei fatti costitutivi.

2. Impostazione dell’analisi

A livello normativo viene innanzitutto in considerazione il dispostodel l’art. 112 c.p.c., ai sensi del quale «il giudice […] non può pronunciared’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti».Questa norma, quindi, opera una distinzione tra eccezioni, sulle quali ilgiudice può pronunciare soltanto a seguito di «proposizione» di parte, edeccezioni, sulle quali può pronunciare anche in assenza di «proposizione»di parte.Si pone, quindi, il problema, da una parte, di dare un contenuto a que -

sto onere di proposizione, cioè di capire in cosa consiste l’eccezione, e,dal l’altra parte, di dargli un significato, cioè di distinguerlo dall’allega-zione.Per quanto riguarda il contenuto, la norma dell’art. 2697 c.c., nel rego-

lamentare l’onere della prova, prevede che «chi eccepisce l’inef ficacia ditali fatti [cioè i fatti costitutivi del diritto controverso] ovvero ec cepisceche il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’ec cezionesi fonda». Quindi oggetto dell’eccezione sono fatti impeditivi, modi ficativio estintivi del diritto fatto valere in giudizio.

1 Si rinvia, per le indicazioni bibliografiche, a MENCHINI, Osservazioni criti che sul c.d.onere di allegazione dei fatti giuridici nel processo civile, cit., p. 25, note 4 e 5. In seguito,partitamente, verranno prese in considerazione le sfumature delle varie ricostruzioni.

106 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Ma altre norme utilizzano il termine «eccezione» in senso ampio e ge -nerico, ricomprendente sia la contestazione dei fatti costitutivi del dirittocontroverso sia la deduzione di fatti impeditivi, modificativi ed estintivi (sivedano gli artt. 1271, 1272, 1273, 1462, 1945, 1993 c.c.).A sua volta la contestazione dei fatti costitutivi può presentarsi come

mera negazione ovvero come deduzione di un fatto contrario, idoneo a di -mostrare l’inesistenza del fatto costitutivo.Inoltre bisogna considerare le eccezioni di rito, con cui si contesta la

possibilità di giungere ad una decisione di merito ovvero un vizio del pro-cedimento. Tale contestazione può fondarsi sull’esame di un determinatofatto storico e si tratta di capire se sussista un onere di allegazione e a cari-co di quale parte ovvero se il giudice possa rilevare dagli atti di causa talefatto o addirittura possa provocarne l’introduzione in giudizio (si trattadei c.d. fatti solo processualmente rilevanti).Spostando l’attenzione sul significato di «proposizione», occorre vede -

re se è possibile differenziare la proposizione dall’allegazione.È possibile distinguere, con riferimento all’attività di parte relativa al -

l’introduzione di un fatto nel processo, tra:

a) narrazione del nudo fatto storico;b) qualificazione del fatto storico, cioè attribuzione di un’efficacia giu -

ridica al fatto storico, che così si presenta come fatto giuridico;c) richiesta di decisione sul (-l’efficacia giuridica attribuita al) fatto.

Si tratta di vedere in cosa consista la proposizione e se è distinguibiledal l’allegazione. Una distinzione, a livello di struttura, è infatti possibilesoltanto se l’allegazione non è intesa come Willenserklärung e, quindi, eli-minando la componente volontaristica, è possibile confinare l’allegazionenella prima o al più nella seconda delle sopra indicate attività di parte re-lativamente all’introduzione di un fatto nel processo (narrazione del nudofatto storico/qualificazione del fatto storico).Occorre verificare se la disciplina dell’allegazione dei fatti impeditivi,

modificativi o estintivi può essere desunta da quella della prova dei fatti.Si tratta di vedere come interagisce l’allegazione dei fatti impeditivi,

modificativi ed estintitivi con l’efficacia del giudicato e cioè se la decisionedi merito precluda un successivo esame di fatti impeditivi, modificativi edestintivi non dedotti, benché deducibili.Quest’ultimo aspetto introduce l’esame della struttura del procedi-

mento e della capacità contenutistica del giudizio: la possibilità di ritenereprecluso l’esame di fatti non dedotti presuppone che nel giudizio tali fatti

ALLEGAZIONE ED ECCEZIONE 107

possano liberamente essere dedotti, anche se in una fase concentrata del-lo stesso; liberamente vuol dire senza dover rispettare un rigido schema diconsequenzialità; questa possibilità di deduzione va poi esaminata anchein base all’attività dell’altra parte e dello stesso giudice; chiusa la fase di al-legazione dei fatti, la possibilità per una parte o per il giudice di rilevaredagli atti di causa o dalle risultanze istruttorie un fatto prima non valoriz-zato da nessuno deve essere bilanciata con il riconoscimento non solo diidentici poteri alla parte controinteressata (possibilità di rilevare dagli attidi causa fatti prima non valorizzati), ma con la rimessione in termini e lapossibilità di liberamente controdedurre.Viene in considerazione il rispetto di fondamentali principî di civiltà

giuridica, quali il principio del contraddittorio, unitamente al diritto didifesa dei contendenti; il principio di parità delle armi tra le parti; il prin-cipio di imparzialità, terzietà ed equidistanza del giudice rispetto alle par-ti, che ha come applicazione il divieto di utilizzo della propria scienza pri-vata.Inoltre vengono in considerazione principî tecnici del processo, quali il

principio di acquisizione, in forza del quale le risul tanze istruttorie di -vengono comuni ad entrambe le parti e al giudice stes so, principio che èincerto se valga anche con riferimento al thema probandum, cioè ai fatti inqualsiasi modo e da qualsiasi parte introdotti nel processo; il principio dieconomia processuale.Ebbene, le varie ricostruzioni circa la funzione e disciplina dell’allega-

zione dei fatti impeditivi, modificativi, estintivi, secondari, notori e soloprocessualmente rilevanti sono condotte in astratto, con conclusioni vali-de generalmente, e non colate nello stampo del processo così come rico-struito dal legislatore.L’analisi, che si passa ad effettuare, tende a verificare la tenuta di que-

ste ricostruzioni.Si tratta cioè di verificare se la disciplina dell’allegazione dei fatti impe-

ditivi, modificativi, estintivi, secondari, notori e solo processualmente rile-vanti è spiegabile in base a schemi astratti ovvero è una variabile dipen-dente di determinate scelte di tecnica processuale.Le conclusioni di tale analisi rappresenteranno il trampolino per passa-

re alla seconda parte di questo lavoro.

108 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

3. Allegazione di fatti impeditivi, modificativi ed estintivi. Potere mo-nopolistico della parte

Innanzitutto va presa in considerazione la tesi, che, ponendo sullo stes-so piano tutti i fatti principali, con indubbia coerenza rimette l’allegazionedi tali fatti al potere monopolistico di parte, escludendo qualsivoglia in-terferenza del giudice, sia che si tratti di fatti costitutivi sia che si tratti difatti impeditivi, modificativi ed estintivi.Questo limite alla rilevabilità di fatti da parte del giudice non dipende

da particolari scelte di tecnica processuale, ma è un «limite intrinseco aifatti stessi» 2.Trattasi della teoria già esaminata retro nel cap. II, § 2, per la quale il

fatto è un giudizio sul significa to giuridico di una realtà e l’attività di alle-gazione è intesa come giudizio, in cui risulta indistinguibile la c.d. quaestiofacti dalla quaestio iuris, o meglio come «comunicazione di un significato[...] quale risulta positivamente regolato dalle norme giuridiche» 3.Pertanto, «il giudice non può conoscere come normativi se non quei

fatti che la parte stessa esprime come tali» 4.Quindi le eccezioni rilevabili d’ufficio, senza proposizione di parte, si

riducono alle c.d. mere di fese, cioè all’inesistenza dei fatti o della normagiuridica invocata da contro parte 5.Per l’esame critico di tale teoria si rinvia retro al cap. II, § 2.In questa sede si nota come il dettato dell’art. 112 c.p.c. appare forza-

2 Così NASI, Disposizione del diritto e azione dispositiva, cit., p. 204.3 Così NASI, Fatto: c) giudizio di fatto, cit., p. 977 s. e 982 s.; ID., Disposizione del dirit-

to e azione dispositiva, cit., p. 151 ss. Si noti che anche BENVENUTI, op. cit., p. 64, conside-ra l’allegazione come una at tività rappresentativa, cioè come «valutazione di una relazionetra una realtà di fatto ed una volontà di legge e precisamente come valu tazione della con -formità o meno dell’una nei confronti dell’altra», ma ritiene separabile e distinguibile larealtà di fatto da quella normativa, su cui le parti ed il giudice possono astrattamente eser-citare la loro cognizione. L’esclusione della possibilità per il giudice di rilevare ex actis fat-ti non utilizzati dalle parti non dipende dalla struttura dell’allegazione, ma, come si vedrà,da altri fattori.

4 Così NASI, op. ult. cit., p. 206.5 NASI, op. loc. ult. cit., così si esprime: «quando si dice che nell’ambito delle deduzio-

ni dell’attore il giudice può rilevare d’ufficio solo alcune eccezioni di merito, per esempiole cosiddette mere difese, l’inesistenza dei fatti o della norma giuridica invocata dalla par-te, noi intendiamo in realtà dire che il giudice non può conoscere come normativi se nonquei fatti che la parte stessa esprime come tali».

ALLEGAZIONE ED ECCEZIONE 109

to, riducendo le ec cezioni rilevabili d’ufficio alle c.d. mere difese, cioè al -l’inesistenza dei fatti invocati da controparte.In questo modo, l’eccezione non è più un’entità a contenuto omo -

geneo, in quanto quella rilevabile soltanto se proposta dalla parte presen-ta un contenuto positivo, avendo ad oggetto fatti, che allargano l’àmbitodella co gnizione del giudice, mentre l’eccezione rilevabile anche in assen-za di propo sizione di parte ha un contenuto negativo, o meglio non hacontenuto, difetta di un oggetto, in quanto si tratta della mera negazionedi fatti giuridici già sottoposti alla cognizione del giudice da parte dell’at-tore.L’esistenza di questa forzatura porta a porre in dub bio la ricostruzione

effettuata della struttura e disciplina dell’allegazione dei fatti impeditivi,modificativi ed estintivi, nonché la premessa di partenza, cioè la ricondu-zione dell’oggetto del contendere ad una questione giuridica fattua le (Re-chtsfrage).

4. Rilevabilità da parte del giudice dei meri fatti impeditivi, modificati-vi ed estintivi, non fondanti eccezioni riservate della parte. Tentatividi coordinamento con la concezione dell’allegazione come Willens -erklärung

Come esaminato retro 6, all’attività di affermazione dei fatti viene rico-nosciuta natura negoziale.Questa attività negoziale si specifica nella «scelta, tra i possi bili fatti

della realtà, di quelli che la parte ritiene necessari alla dimostrazione dellapropria affermazione, oggetto del giudizio», nonché nella «determinazio-ne del comportamento altrui [cioè …] vincolo del giudice a tener contodella di chiarazione del fatto e la delimitazione di quel fatto og getto delladichiara zione»; infatti «oggetto della disposizione non è il fatto ma la di-chiarazione del fatto» 7. La parte deve non soltanto dichiarare un fatto, madeve altresì manife stare la volontà di sottoporre tale fatto alla co gnizionedel giudice, il quale non può «considerare se non quei fatti che, af fermati,siano stati anche rap presentati nel processo» 8.

6 Vedi retro cap. I, § 3, nonché cap. II, § 3.7 Così BENVENUTI, op. cit., p. 239 s.8 Così BENVENUTI, op. cit., p. 412 s.

110 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

La natura dell’allegazione dei fatti è pertanto quella di «dichiarazioneimperativa o normativa o di volontà» 9, mentre la funzione dell’allegazionedei fatti costitutivi è quella di «determinare vincolativamente quella chedovrà essere la base di fatto della pronuncia» 10.Pertanto, l’allegazione dei fatti non può ridursi alla narra zione del nu-

do fatto storico o alla sua qualificazione giuridica, ma deve al tresì caratte-rizzarsi come richiesta di decisione sul (-l’efficacia giuridica attri buita al)fatto.Nessuna distinzione è quindi possibile tra allegazione e pro posizione,

almeno quanto a struttura 11: l’introduzione del fatto nell’involucro pro-

9 Così CAPPELLETTI, La testimonianza, cit., vol. I, p. 49 s. e nota 4 a p. 50, ove ampi ri-ferimenti dottrinali, a cui si rinvia. Dello stesso autore vedi anche Iniziative probatorie delgiudice e tesi pre giuri diche della struttura del processo, cit., p. 152 s.; Attivi tà e poteri del giu-dice costituzionale in rapporto con il loro fine generico, cit., spec. p. 138, nota 74, ove l’au-tore indica le ragioni per cui preferisce la terminologia «dichiarazione informativa-di-chiarazione imperativa» all’altra tradizionale «dichiarazione di scienza-dichiarazione divolontà»; Il giuramento della parte nel processo litisconsorti le, cit., p. 1151 ss., nota 23 ap. 1166, in riferimento alla contrapposizione tra Willenserklärung e Wissenserklärung; Ri-trattazione del giura mento della parte e revoca dell’ordinanza ammissiva del giuramento,cit., p. 238 s. Inoltre si segnala che TARZIA, Il litisconsorzio facoltativo, cit., p. 349, e FERRI,Struttura del processo e modifi cazione della domanda, cit., p. 13, indicano come prevalentel’opinione per la quale l’allegazione dei fatti, posti a fondamento della domanda o dell’ec-cezione, deve essere ricompresa tra le dichiarazioni di volontà, poiché determina la base difatto della pronuncia del giudice. Vedi inoltre BENVENUTI, op. cit., p. 235 ss.; VERDE, Nor-me inderogabili, tecniche processuali e controversie di lavoro, cit., p. 226, nota 22; REDENTI,Il giudizio civile con plu ralità di parti, cit., p. 19, nota 15, ove afferma che «le parti opera-no con dichiarazioni aventi prevalente carattere di dichiarazioni di volontà»; ALLORIO, Di-ritto processuale tributario, cit., p. 459 ss., in partic. 468 s., che preferisce parlare di attinormativi piuttosto che di atti di volontà, in quanto ciò che rileva è la statuizione e non giàla volontà degli effetti giuridici; poi l’Autore precisa che le allegazioni, cioè le dichiarazio-ni di fatti favorevoli al dichiarante, che vengono poste a fondamento della domanda, nelprocesso civile sono «condizioni della potestà del giudice di tener conto, nella propria de-cisione, dei fatti dichiarati»; MONTESANO, Invocazione per la prima volta in appello dell’usu-capione, cit., p. 113, ove afferma che «non c’è fatto acquisito al processo senza volontà einiziativa di parte».

10 Così CAPPELLETTI, La testimonianza, cit., p. 53.11 Si noti che VALLEBONA, L’onere della prova nel diritto del lavoro, Padova, 1988, p. 37

s., nota 94, pur collegando l’onere dell’alle gazione con i principi della domanda e dellacorrispondenza tra chiesto e pronunciato, di stingue tra allegazione e proposizione dell’ec-cezione ed afferma che per la c.d. eccezione in senso proprio la parte interessata ha sial’onere dell’eccezione che l’onere dell’allega zione e di prova, mentre per la c.d. eccezionein senso improprio la parte non ha l’onere dell’eccezione, stante la rilevabilità d’ufficio, macontinua a sopportare il rischio della mancata allegazione o prova.

ALLEGAZIONE ED ECCEZIONE 111

cessuale deve avvenire sempre a seguito di manifestazione di volontà del-la parte.Ciononostante, si afferma che il giudice può rilevare dagli atti l’esisten-

za di fatti impeditivi, modificativi o estintivi, non fondanti un’eccezione ri-servata della parte, anche in assenza di un’esplicita richiesta in tal senso.Il coordinamento tra queste opposte affermazioni è ricercato in due

modi:

a) la mani festazione di volontà, l’attività dispositiva della dichiarazionedel fatto è rintracciabile nell’«affermazione della prova», cioè «in ogni ca-pitolazione dei fatti da sottopor re alla prova dei testimoni, in quanto ognidomanda di as sunzione di una tale prova implica la volontà di disposizio-ne di quei fatti», nonché nell’atto di produzione di documenti, «benché,più che essere esplici tamente for mulate, esse [cioè le affermazioni dei fat-ti con valore nego ziale/dispositivo] emerga no di solito implicitamente dalcontenuto proprio dell’atto in relazione al fatto che con esso si intende di-mostrare»; «in questo senso va precisato il potere del giudice di conside-rare i fatti che “emergono dagli atti”» 12;

b) i meri fatti impeditivi, modificativi ed estintivi sono implicita menteallegati dall’attore con la proposizione della domanda 13.

L’intervento del giudice sul materiale di fatto non avviene quindi con-tro, ma secondo la volontà di parte.Ebbene, ha il sapore della finzione voler rintracciare una manifestazio-

ne implicita di volontà nella produzione di un documento riguardo ad unfatto che dallo stesso potrebbe risultare; il collegamento poi con la volon -tà di parte si allenta ancora di più fino a perdersi, con riferimento allerisul tanze di prove testimoniali, dalle quali il giudice potrebbe rilevared’ufficio fatti impeditivi, modificativi o estintivi 14.

12 Così BENVENUTI, op. cit., p. 233 s., testo e note. Rilievi critici in CAVALLONE, I poteridi iniziativa istruttoria del giudice civile, cit., p. 36 s., nota 62.

13 Cfr. CAPPELLETTI, La testimonianza, cit., p. 345 ss.; REDENTI, Profili pratici del dirit-to processuale civile, cit., p. 418; MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, 12a ed., vol.I, Torino, 1998, p. 128, nota 16; COMOGLIO, Allegazione, cit., p. 280, nota 48; ID., Tuteladei diritti, cit., p. 181, nota 65; COMOGLIO-FERRI-TARUFFO, Lezioni sul processo civile, Bo-logna, 1995, p. 337; VERDE, Domanda (principio della), cit., p. 7. Contra, GRASSO, La pro-nuncia d’ufficio, cit., p. 245 ss. e 318; FABBRINI. L’eccezione di merito, cit., p. 356, nota 20;MERLIN, Compensazione e processo, vol. I, cit., p. 335 s.

14 Si è visto retro cap. III, § 4.3, che si tenta di riferire alla parte anche le risultanze pro-

112 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Inoltre, non è dato sapere se questa manifestazione implicita di volontàdi spositiva del fatto (tramite la capitolazione di prova testimoniale ovverotramite la produzione di un documento) valga anche per le eccezioni, che,a norma dell’art. 112 c.p.c., possono essere proposte soltanto dalle parti,ovvero se per queste ultime occorra una manifestazione esplicita di vo-lontà.In ogni caso, anche se in forma implicita, occorre che la parte voglia la

decisione sul fatto impeditivo, modificativo o estintivo, così annullandosila distinzione tra eccezioni rilevabili d’ufficio ed eccezioni rilevabili sol-tanto se proposte dalla parte. Essendo intesa l’allegazione dei fatti comeuna Willenserklärung (anche se la dichiarazione di volontà può essere im-plicita) non è possibile distinguere tra allegazione e proposizione; non è,pertanto, possibile differenziare eccezione da eccezione, essendo comun-que necessaria la richiesta (anche implicita) di decisione sul fatto impedi-tivo, modificativo o estintivo.Questa possibilità di distinzione è invece possibile, seguendo la tesi

dell’allegazione implicita da parte dell’attore, al momento della proposi-zione della domanda, dei meri fatti impeditivi, modificativi ed estintivi: incaso di eccezione riservata, occorre che l’iniziativa provenga direttamentedalla parte interessata, cioè dalla parte che si oppone al riconoscimentodel diritto conteso 15, e non può essere oggetto di iniziativa (implicita) del -l’altra parte.

batorie, osservando che la fonte di prova, benché non desumibile dalle af fermazioni diparte, emerge pur sempre da deposizioni avvenute su impulso di parte.

15 CAPPELLETTI, La testimonianza, cit., p. 345 ss., qualifica come controdiritto l’ecce-zione riservata alla parte. Sulla concezione sostanzialistica dell’eccezione si rinvia a MER-LIN, Compensazione e processo, cit., in particolare p. 8 ss.; 232 ss.Anche CAVALLONE, Principio dispositivo, fatti secondarii, cit., p. 161, collega la propo-

sizione «alla semplice provenienza dell’allegazione», cioè alla circostanza che sia la parteinteressata ad allegare il fatto efficace ope exceptionis, ma esclude rilevanza all’elementovolitivo. Non rileva che l’introduzione del fatto sia volontaria o non volontaria; rileva uni-camente che tale introduzione provenga dalla parte interessata. L’elemento formale dellaprovenienza dell’allegazione assorbe e rende irrilevante l’elemento volitivo. Nel caso, in-vece, dei meri fatti impeditivi, modificativi ed estintivi, ferma restando l’irrilevanzadell’elemento volitivo, non rileva l’elemento formale della provenienza e il giudice potràtener conto di tali fatti, purché rilevabili dagli atti del processo, senza far uso della propriascienza privata.Vedi anche ORIANI, Eccezione, cit., p. 297, secondo il quale «proporre un’eccezione (in

senso stretto) significa, quindi, in sostanza allegare un fatto est., mod., imp.», dato cheproporre un’eccezione significa affermare l’inesistenza del diritto sostanziale vantato

ALLEGAZIONE ED ECCEZIONE 113

Seguendo questa tesi, pertanto, il dettato dell’art. 112 c.p.c. non appareforzato; risulta distinguibile la proposizione dell’eccezione dall’allegazionedel fatto, anche se non quanto a struttura (comunque essendo una dichia-razione imperativa), ma meramente dal punto di vista soggettivo, cioè del-la provenienza dell’iniziativa riguardo alla decisione sul fatto impeditivo,modificativo o estintivo: nel caso di eccezioni riservate l’iniziativa deve pro-venire dalla parte che si oppone al riconoscimento del diritto; nel caso dieccezioni non riservate tale iniziativa qualificata soggettivamente non ne-cessita, essendo sufficiente l’allegazione implicita da parte dell’attore.Si tratta, a questo punto, di verificare se davvero l’attore, proponendo

la domanda, allega implicitamente anche i meri fatti impeditivi, modifica-tivi ed estintivi del diritto controverso. E si noti bene: l’allegazione è sem-pre identica quanto a struttura, cioè è una «dichiarazione imperativa onormativa o di volontà» 16 e si caratterizza come richiesta di decisione sul(-l’efficacia giuridica attri buita al) fatto.Ebbene, l’attore, proponendo la sua doman da, al più implicitamente

esclude l’esistenza di ogni fatto impeditivo, modificativo ed estintivo, manon alle ga, per negarne la rilevanza giuridica, l’esistenza di un particolarefatto impedi tivo, modificativo o estintivo, in modo da consentire al giudi-ce di prendere in considerazione il fatto e rilevarne l’efficacia ex actis.Allegazione che, per di più, dovrebbe intendersi sempre effettuata.Inoltre, alla tesi dell’allegazione implicita, come già notato 17, si oppo-

ne il dettato normativo: ai sensi dell’art. 2697 c.c. l’attore, per ottenere latutela richiesta, deve allegare e provare i fatti costitutivi del proprio dirit-to e non anche allegare l’inesistenza di fatti impeditivi, modificativi oestintivi. L’attore può allegare anche dei fatti impeditivi, modificativi oestintivi, per negarne la rilevanza, ma si tratta appunto di una possibilità enon già di un’attività sem pre effettuata. L’àmbito oggettivo della prova edel l’allegazione possono non coincidere, ma ciò che rileva è che la regoladi giudizio desumibile dall’art. 2697 c.c. consente di apprezzare quale sia

dall’attore e, quindi, sul piano processuale, il rigetto della domanda, sempre richiestonell’atto difensivo del convenuto. Soltanto, quindi, in ipotesi del tutto marginali ed ecce-zionali potrà accadere che un fatto viene narrato al fine di conseguire risultati diversi dalrigetto della domanda e un’eccezione in senso stretto non potrà ritenersi proposta.Tale pensiero è adesso ribadito in Eccezione rilevabile d’ufficio e onere di tempestiva al-

legazione: un discorso ancora aperto, in Foro it., 2001, c. 131 e s.16 Vedi retro, nota 9.17 Vedi retro, cap. III, § 4.

114 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

il contenuto minimo dell’allegazio ne dei fatti, che l’attore deve effettuareper ottenere la tutela giuridica richie sta.In conclusione, la rilevabilità d’ufficio da parte del giudice dei meri fat-

ti impeditivi, modificativi ed estintivi non si concilia con la ricostruzionedel l’allegazione come dichiarazione imperativa o di volontà (Willenserklä-rung).

5. (segue) Rilevabilità da parte del giudice dei meri fatti impeditivi,modificativi ed estintivi, non fondanti eccezioni riservate della parte.Tentativi di coordinamento con la previsione della necessità diun’esposizione cosciente del fatto per rendere lo stesso utilizzabiledal giudice ai fini della decisione

Come esaminato retro 18, si afferma che un fatto entra nell’involucroprocessuale non a seguito di un’inconsapevole introduzione, ad esempiocon la produzione di un documento, ma soltanto tramite un’esposizionecosciente di parte, pur senza l’attribuzione di un particolare valore nor-mativo 19.Questo per quanto riguarda i fatti costitutivi del diritto.Dalla struttura dell’atto, con cui si introduce una notitia facti nel pro-

cesso, sembra quindi uscire la componente volontaristica 20.Questa struttura, rapportata all’introduzione in giudizio dei fatti impe-

ditivi, modificativi ed estintivi, consente di distinguere tra allegazione eproposizione, tra eccezione riservata ed eccezione non riservata: per tutti ifatti impeditivi, modificativi ed estintivi occorre un’esposizione coscientedi parte, affinché il giudice possa tenerne conto ai fini della decisione; pertaluni fatti impeditivi, modificativi ed estintivi, fondanti un’eccezione ri-

18 Vedi retro, cap. I, § 4.19 Si segnala, però, che GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 51 s., ritiene ammissibi-

le l’indicazione aliunde di un fatto costitutivo, cioè a seguito di produzione di un docu-mento, «se è possibile attribuire alla parte la coscienza di servirsi della produzione stessaanche a quel fine e non soltanto per provare i fatti già indicati». In proposito vedi retro,cap. I, § 4, nota 35.

20 Si usa una forma perplessa, perché, a ben vedere la volontà di parte mantiene ri-levanza. Infatti, si sostiene che la parte può chiedere al giudice di pronunciarsi soltan-to su alcuni degli avvenimenti narrati; in questo modo «resta la mera introduzione delfatto ad opera del postulante», inidonea a consentire al giudice di decidere su tale fat-to (p. 48, 92).

ALLEGAZIONE ED ECCEZIONE 115

servata, occorre anche la richiesta di decisione sulla rilevanza giuridica delfatto così introdotto; in ogni caso è esclusa la rilevabilità ex actis da partedel giudice, in assenza di un’esposizione cosciente della parte.La proposizione si caratterizza così come volontà degli effetti del fatto

impeditivo, modificativo o estintivo esposto; per gli altri fatti è invece suf-ficiente la coscienza di averli esposti.Ebbene, questa costruzione, puramente teorica, si scontra con la diffi-

coltà di distinguere tra «coscienza» e «volontà» nell’introduzione del fat-to in giudizio, specialmente considerando che la parte eccipiente comun-que chiede il rigetto della domanda, cioè chiede al giudice di applicare larilevanza giuridica dei fatti comunque esposti.Il problema torna ad essere quello di stabilire se il giudice possa o me-

no tener conto dei fatti avventizi, cioè dei fatti comunque versati negli attidi causa 21, a prescindere da un’attività, cosciente o volontaria, di parte.Ebbene, si afferma che, per quanto riguarda i meri fatti impeditivi, mo-

dificativi ed estintivi, non è necessaria un’esposizione cosciente, essendosufficiente che risultino dagli atti di causa, affinché il giudice possa esami-narli e porli a fondamento della decisione 22.Al contrario, per i fatti costitutivi, occorre un’esposizione cosciente

della parte. Anzi, si afferma che la parte può vietare al giudice di rilevarefatti che il postulante ritiene estranei alla composizione della fattispeciecostitutiva 23. Pertanto, se il giudice rileva ex actis un fatto costitutivo nonesposto (o un fatto esposto, che però il postulante vuole sottrarre al giudi-zio), si ha violazione del principio della corrispondenza tra la domanda ela decisione in ordine al fatto 24. Il postulante, infatti, deve avere il dirittodi limitare l’esame giudiziale ai fatti che ritiene di indicare, potendo far va-lere il fatto costitutivo non dedotto «in futuro, reite rando nel tempo piùopportuno l’azione che il rigetto della prima domanda, fondata su un fat-to diverso, in via di massima non gli preclude» 25.Questa diversità di disciplina viene spiegata con la teoria astratta e me-

21 Si rinvia infra alla parte seconda, cap. II, sezione seconda, § 12, per la spiegazione diquesta terminologia.

22 Così GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 316 ss.23 Così GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., pp. 92 e 48. In questo modo, come detto,

si reintroduce la componente volontaristica nell’attività di allegazione di un fatto nel pro-cesso.

24 Cfr. GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., pp. 88 e 101 ss.25 Così GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 69 s.

116 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

tapositiva della «rilevanza giuridica». Tale teoria viene contrapposta aquella dell’allegazione implicita da parte dell’attore 26.Respinto l’espediente logico dell’allegazione implicita, si afferma che

«la struttura dell’eccezione non è (né potrebbe) essere diversa dalla strut-tura della domanda» 27 e che l’esposizione dei fatti è una domanda nelladomanda e, avendo parità funzionale rispetto agli altri componenti delladomanda, non differisce da esse e, quindi, dalla domanda nel suo com-plesso, per cui il giudice è vincolato a decidere sulla base e nei limiti diquanto gli è domandato, anche in ordine alla quaestio facti. Tuttavia, si os-serva che «anche quando rigetta la domanda per aver rilevato una fatti-specie i. m. od e. il giudice continua ad assolvere il compito di pronuncia-re intorno alla rile vanza giuridica della realtà storica indicata dall’attore;ossia giudica ancora intorno all’esistenza del diritto dedotto in giudizio daquest’ultimo, che sa rebbe contra legem affermare in presenza di un’altrarealtà (ad effetti negati vi) che lo esclude. Poiché […] trattandosi di fatti-specie i. m. od e. propria, il giudice non accerta altresì un diritto materia-le della controparte, non può ri tenersi mai compromesso il principio ri-sultante dall’art. 2907 cod. civ., anche se egli assuma l’iniziativa della rile-vazione» 28.La «rilevanza giuridica» della realtà storica indicata dall’attore è, come

esplicitato, il diritto dedotto in giudizio dall’attore; quindi, fin tanto che ilgiudice rimane con la sua decisione nell’àmbito del diritto controverso,può estendere la propria cognizione e decisione anche sui fatti impeditivi,modifi cativi o estintivi «che sono penetrati comunque nell’involucro pro-cessuale (essendo indiscutibile il permanere, rispetto ad essi, del divietoper il giudice di utilizzare la sua scienza privata)» 29.Nell’àmbito dei due limiti, rappresen tati dal divieto di uso della scien-

za privata e dal divieto di decidere su di un diritto non dedotto in giudi-zio, deve quindi essere riconosciuta al giudice la facoltà di rilevare ex actisfatti impeditivi, modificativi o estintivi, la cui pro posizione non sia, ecce-zionalmente, riservata alla parte da espresse norme.In questo modo abbiamo un differente, anzi opposto, trattamento del -

l’attore rispetto al convenuto. L’attore ha il «monopolio della rilevazione

26 Così GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 318.27 Così GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 247.28 Così GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 316 s.29 Così GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 318.

ALLEGAZIONE ED ECCEZIONE 117

degli avvenimenti in base ai quali il giudice è tenuto a decidere» 30 ed ha lapossibilità, in caso di sconfitta, di riproporre la domanda sullo stesso di-ritto, deducendo un diverso fatto costitutivo, anche se già deducibile o ri-levabile ex actis nel primo giudizio. Il convenuto, invece, al di fuori delleipotesi di ec cezioni «riservate», non può limitare la cognizione e la deci-sione del giudice a determinati fatti impeditivi, modificativi o estintivi, népuò riservarsi di far valere tali fatti in altro e successivo giudizio.La ratio di questo differente trattamento, come detto, starebbe nel fat-

to che, rilevando un’eccezione non proposta, il giudice «giudica ancora in-torno all’esistenza del diritto dedotto in giudizio».Ma una tale considerazione vale anche all’opposto per la rilevabilità

d’ufficio di fatti costitutivi risultanti dagli atti, ma non allegati dall’attore,ov viamente nei limiti del diritto controverso, cioè fatti costitutivi non in di -vi dua tori ovvero integranti un profilo costitutivo concorrente con quelloutilizzato dall’attore.In conclusione, non è raggiunta una spiegazione convincente di questa

differente disciplina per quanto riguarda i meri fatti impeditivi, modifica-tivi ed estintivi, da una parte, e i fatti costitutivi non individuatori, dall’al-tra parte.

6. Allegazione dei fatti impeditivi, modificativi ed estintivi e principîgenerali del processo regolanti il rapporto tra le parti e tra le parti eil giudice (imparzialità del giudice; onere della prova e principio diacquisizione; principio del contraddittorio e garanzia di difesa)

Per completezza di analisi occorre esaminare le teorie, già in preceden-za tratteggiate, che legano la funzione e disciplina dell’allegazione dei fat-ti a principî generali del processo, riguardanti i rapporti tra le parti e tra leparti e il giudice. Sempre con conclusioni valide generalmente, insensibilialla concreta e particolare struttura del processo.Innanzitutto viene in considerazione la tesi che rimette al potere mo-

nopolistico della parte l’allegazione dei fatti costitutivi, per salvaguardarel’imparzialità e la neutralità del giudice 31.Il giudice appare come uno spettatore inerte, un convitato di pietra,

30 Così GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 69.31 Vedi retro, cap. I, § 5.

118 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

che deve rimanere completamente estraneo alla contesa, per non favorirel’una o l’altra parte. Quando si controverte su un diritto disponibile, spet-ta alle parti rilevare e sottoporre all’attenzione del giudice i fatti influentiper la decisione.L’attenzione viene posta sull’allegazione dei fatti costitutivi. Ma identi-

ca esigenza di salvaguardia della terzietà del giudice si avverte anche conriferimento ai fatti impeditivi, modificativi ed estintivi.Ebbene, tale ricostruzione urta contro la previsione normativa dell’art.

112 c.p.c., secondo cui il giudice può pronunciare d’ufficio sulle eccezio-ni, salvo quelle che possono essere proposte soltanto dalle parti; a meno diricorrere ad uno degli espedienti supra analizzati (eccezioni rilevabili d’uf-ficio come mere difese, cioè mera contestazione dell’esistenza dei fatti odella norma giuridica invocata da contro parte; allegazione implicita deimeri fatti impeditivi, modificativi ed estintivi tramite la produzione di undocumento o una richiesta istruttoria; allegazione implicita da parte del -l’attore, al momento della proposizione della domanda).Inoltre, come già osservato, la neutralità del giudice è garantita dal di-

vieto di scienza privata (da intendere sia come divieto di ricercare suasponte fuori del processo fatti rilevanti, sia come divieto di porre a basedella decisione i fatti privatamente conosciuti, eventualmente previo ri-corso ad un mezzo istruttorio d’ufficio per rendere giudiziale e non piùprivata tale conoscenza) 32.In sintesi, il rilievo d’ufficio di un fatto non viola l’imparzialità del giu-

dicante.Questa possibilità di rilievo d’ufficio non è però giustificabile astratta-

mente, richiamando il principio di acquisizione processuale 33, così comenon è da respingere sempre in astratto sulla base di un’implicazione ne-cessaria e di una conseguente sovrapponibilità tra onere della prova e one-re dell’allegazione 34.Occorre accertare la concreta possibilità di rispettare il principio del

contraddittorio, per cui, a fronte del rilievo d’ufficio di un fatto, le partivanno rimesse in termini con la possibilità di allegare e provare altri fatti,non soltanto consequenziali a quelli rilevati d’ufficio dal giudice, ma ancheconcorrenti a quelli già allegati.

32 Vedi retro, cap. I, § 5.33 Vedi retro, cap. III, § 4.4.34 Vedi retro, cap. III, § 4.1.

ALLEGAZIONE ED ECCEZIONE 119

È questa possibilità di controdeduzione, che deve essere verificata eche richiede l’analisi della struttura del processo.Il problema della funzione e della disciplina dell’allegazione dei fatti

impeditivi, modificativi ed estintivi non è pertanto risolvibile in astratto,risultando una variabile dipendente da determinate scelte di tecnica pro-cessuale.

7. Allegazione dei fatti secondari

In dottrina si suole effettuare una distinzione, normativamente nonpre vista, tra fatti principali e fatti secondari. Questa distinzione viene poiritenu ta rilevante anche ai fini dell’allegazione.Si afferma che «per fatti “secondari” o “motivi”, da distinguersi dai fat -

ti giuridicamente del tutto irrilevanti i quali, pur magari rappresentandoele menti marginali dell’“episodio della vita” dedotto in giudizio, non inci-dono però sul suo significato giuridico né assumono alcun significato pro-batorio, vanno intesi quelli suscettivi di esplicare in giudizio una loro rile-vanza non in quanto fatti costitutivi, estintivi o impeditivi del rapporto ostato de quo agitur (c.d. fatti “principali” o “giuridici”), sì bene in quantofatti dai quali direttamente o indirettamente possa desumersi l’esistenza ol’inesistenza o comunque un modo di essere dei fatti giuridici» 35.

35 Così CAPPELLETTI, La testimonianza della parte, vol. I, cit., p. 340. Vedi anche CHIO-VENDA, Principii di diritto processuale civile, 3a ed., cit., p. 266, secondo il quale «diconsifatti giuridici i fatti da cui deriva l’esi stenza, la modificazione o la cessazione di una volontàconcreta di legge: e come tali di stinguonsi dai fatti semplici o motivi, i quali hanno impor-tanza pel diritto solo in quanto possono servire a provare l’esistenza d’un fatto giuridico».Dello stesso Autore vedi anche Istituzioni di diritto processuale civile, vol. I, Napoli, 1933,p. 5. Sulla distinzione tra fatti prin cipali e secondari si rinvia, anche per ulteriori riferi-menti bibliografici, a TARUFFO, Studi sulla rilevanza della prova, cit., p. 26, nota 54; ID., No-te in tema di giudizio di fatto, in Riv. dir. civ., 1971, I, p. 40 e ID., La motivazione della sen-tenza civile, Padova, 1975, p. 239 s., nota 58, e p. 533 ss.; ID., La prova dei fatti giuridici.Nozioni generali, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu-Messineo-Men-goni, vol. III, tomo 2, sez. I, Milano, 1992, p. 97 ss.; FAZZALARI, Il giudizio civile di cassa-zione, Milano, 1960, p. 88 ss.; TARZIA, Il litisconsorzio facoltativo nel processo di primo gra-do, cit., p. 350; CAVALLONE, I poteri di iniziativa istruttoria del giudice civile. Premessa sto-rico critica, in Studi Parmensi, vol. XXVIII, 1980, p. 23 ss. e ora in Il giudice e la prova nelprocesso civile, cit., p. 31, nota 47; CORDOPATRI, A proposito di «rilevanza della prova» e di«giudizio di fatto», in Riv. trim. dir. proc. civ., 1974, p. 973 ss., in partic. 985 ss.; CARNE-LUTTI, La prova civile, ristampa dell’opera del 1915, Milano, 1992, p. 20, testo e nota 10, p.

120 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

I c.d. fatti secondari si distinguono quindi dai c.d. fatti principali a li -vello funzionale: i fatti secondari svolgono la funzione di provare l’esisten-za o l’inesistenza o il modo di essere di un fatto principale (costitutivo ov-vero im peditivo, modificativo ed estintivo); i fatti principali svolgono inve-ce la fun zione di produrre gli effetti giuridici previsti da apposita norma.Questa differenza funzionale viene ritenuta rilevante ai fini dell’allega -

zione di tali fatti nel processo.Si osserva che la funzione influisce sulla struttura e, quindi, sulla di -

sciplina dell’allegazione: le affermazioni di fatti semplici «si possono defi-nire asseverazioni, le quali, in quanto hanno la funzione, informando ilgiudice, di influire sul suo convincimento, sono dichiarazioni di scien-za» 36; in quanto atti di valore puramente conoscitivo, si sottraggono allasignoria della vo lontà della parte e possono essere liberamente rilevati dalgiudice d’ufficio; viceversa l’allegazione dei fatti principali, avendo la fun-zione di fissare i limiti della controversia, si caratterizza come atto disposi-tivo ed è interamente ri messa alla signoria delle parti.Analoga conclusione in tema di disciplina dell’allegazione si raggiunge,

pur negando l’esistenza di una differenza di struttura dell’allegazione deifatti secondari rispetto a quella dei fatti principali.Si osserva, riportando le parole testuali per una maggiore chiarezza del-

la successiva analisi, che «i fatti secondari, invero, si collocano in una tipi -ca zona «di frontiera», fungendo da elementi di collegamento tra l’allega-zione e la prova. C’è da chiedersi, allora, se il trattamento giuridico deglistessi debba privilegiarne la struttura, concretandosi pur sempre in allega -zioni, o la funzione, essendo essi introdotti nel processo non per deli -mitarne l’oggetto, ma per contribuire alla precisazione dei temi probatori.A mio avviso, la struttura non è decisiva ai fini della soluzione del nostropro blema, essendo essa polivalente. L’identica struttura, infatti, può esse-re a servizio della de limitazione del tema del processo ovvero dei meri te-mi pro batori o di en trambi e può persino avere valore sul piano assertivo-probato rio e non su quello imperativo (si pensi alle affermazioni delle par-ti rilevanti solamente in ordine alla formazione del convincimento giudi-ziale). Sul piano della funzio ne, invece, non c’è dubbio della profonda dif-

118 ss., 178; BENVENUTI, L’istruzione nel processo amministrativo, cit., p. 95 ss., il quale anota 41 di p. 95, fa risalire l’espressione «fatto principale» a BENTHAM, Traité des preu-ves judiciares, in Oeuvres, Bruxelles, 1840, p. 245; MENCHINI, Osservazioni criti che sul c.d.onere di allegazione dei fatti giuridici nel processo civile, cit., p. 27, nota 7.

36 Così LAUDISA, Il ritiro della dichiarazione di verità, cit., p. 35.

ALLEGAZIONE ED ECCEZIONE 121

ferenza che corre tra la allega zione del fatto principale e quella relativa alfatto seconda rio. Solamente la prima, che incide sul tema della decisione equindi, attra verso questa, sulla situazione sostanziale dedotta in lite, sog-giace a un prin cipio di natura assolu ta che non tollera interventi del giudi-ce. L’influenza della seconda è solamente indiretta o mediata e si spiegaper il tramite della successiva attivi tà probatoria. Ne consegue che nessunprincipio assoluto impedisce al giudi ce, ove particolari esigenze lo impon-gano, di intervenire, anche se il più inti mo legame con la sfera d’autono-mia propria della parte rende altamente sconsigliabile l’adozione di tecni-che processuali che con sentano un siffatto intervento (il quale, peraltro,non deve mai concretarsi in una violazione del divieto per il giudice di faruso della sua scienza pri vata)» 37.In sintesi, soltanto i fatti principali sono rimessi al monopolio della par-

te, in quanto delimitano l’oggetto del contendere o tema della decisione e,attraverso questa, incidono sulla situazione sostanziale controversa; i fattisecondari, invece, possono essere rilevati ex actis dal giudice, stante la lo-ro funzione meramente strumentale ai fini del convincimento del giudicesul modo di essere dei fatti principali.Anzi. Si afferma che il giudice può promuovere d’ufficio l’acquisizione

di tali fatti secondari, di cui abbia una privata conoscenza, at traversol’accor to uso dell’interrogatorio delle parti o attraverso un’iniziativa pro-batoria d’uf ficio 38. L’esame di questo problema, essendo co mune anche

37 Così VERDE, Norme inderogabili, tecniche processuali, cit., p. 227 s. Dello stesso Au-tore vedi anche Profili del processo civile. Parte generale, 4a ed., Napoli, 1994, p. 117, ovedistingue tra attività c.d. assertiva ed attività c.d. asseverativa; la prima ha la funzione di in-serire i fatti, principali e secondari, nel processo; la seconda, invece, ha funzione di forni-re al giudice elementi di convincimento, cioè materiale probatorio; nell’ambito dell’attivitàassertiva «mentre è sicuro il vincolo del giudice quanto ai fatti c.d. principali, non egual-mente è sicuro che tale vincolo si estenda ai c.d. fatti secondari». Vedi anche PROTO PISA-NI, L’istruzione della causa, in Le controversie in materia di lavo ro, a cura di PROTO PISANI-PEZZANO-BARONE-ANDRIOLI, 2a ed., Bologna-Roma, 1987, p. 711, ove, richiamando il pen-siero di Verde, si afferma che «i fatti secondari rilevano solo sul piano funzionale come te-mi di prova indiretta e non anche come elementi di identificazio ne del diritto dedotto ingiudizio; ne segue che in ordine ad essi il giudice incontrerà gli stessi limiti che incontra inordine alle fonti materiali di prova, senza quindi che si possa affermare che l’onere di alle-gazione si estenda anche ai fatti secondari»; COMOGLIO, voce Allegazione, cit., p. 279; ID.,Tutela dei diritti, in Trattato di diritto privato, diretto da Pietro Rescigno, cit., p. 180; TAR-ZIA, Il litisconsorzio facoltativo, cit., p. 351 s.; FERRI, Struttura del processo e modificazionedella domanda, cit., p. 13.

38 In questo senso CAPPELLETTI, La testimonianza della parte, vol. I, cit., p. 342 s.

122 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

ad altre ca tegorie di fatti (fatti impeditivi, modificativi ed estintivi rileva-bili d’uffi cio, fatti notori e fatti solo processualmente rilevan ti), verrà ef-fettuato in se guito.Per il momento va affrontato il problema della sussistenza di un onere

di allegazione dei fatti secondari.Abbiamo visto le argomentazioni utilizzate per affermare la rilevabilità

d’ufficio da parte del giudice dei fatti secondari. Passiamo adesso aconside rare le opposte argomentazioni addotte per affermare la signoriadelle parti anche con riferimento all’allegazione dei fatti secondari. Unavolta comple tato l’esame delle varie tesi, sarà possibile avviare a risoluzio-ne il problema.Ebbene, innanzitutto si contesta la stessa possibilità di distinzione tra

fatti principali e fatti secondari, in quanto «il fatto principale, proprioperché non esiste al di fuori e prima della sua prova, finisce con l’identi-ficarsi con tutta una vasta gamma di fatti secondari, storici e concreti,che lo provi no» 39; i «fatti principali altro non sono che il risultato, pervia d’induzione, dei fatti secondari, i quali ultimi costituiscono il verooggetto della disposi zione di parte, quale substrato di fatto del rapportosostanziale e – sul piano processuale – della domanda» 40. Ne consegueche «il rispetto dei poteri di allegazione della parte deve intendersi rife-rito non solo e non tanto ai fatti costitutivi della fattispecie (o principali:per es., l’esistenza di una lesione fi sica, titolo del risarcimento), ma an-che e innanzitutto ai fatti per così dire secondari (per es., le circostanzedel sinistro e il referto medico), cioè a quelli che vengono allegati perchése ne induca l’esistenza del fatto principale (costitutivo o estintivo o im-peditivo)» 41.Inoltre, pur ammettendo la distinzione tra fatto principale e fatto se -

condario, si esclude la rilevabilità d’ufficio da parte del giudice, in base al-le seguenti considerazioni:

39 Così CORDOPATRI, A proposito di «rilevanza della prova» e di «giudizio di fatto», cit.,p. 990 s.

40 Così FAZZALARI, I poteri del giudice nel processo del lavoro, in Riv. dir. proc., 1974, p.593.

41 Così FAZZALARI, op. loc. ult. cit. Concorda con tale impostazione DE STEFANO, voceOnere (dir. proc. civ.), in Enc. dir., cit., p. 120, pur ritenendo le gittima la distinzione tra fat-to principale e fatto secondario; GARBAGNATI, Il processo del lavoro, in Jus, 1978, p. 167.

ALLEGAZIONE ED ECCEZIONE 123

a) garanzia di imparzialità del giudice 42;b) fondamento sostanziale costituito dall’autonomia dei soggetti e fon -

damento processuale dell’economia del processo 43;c) assenza di riferimenti normativi che giustifichino l’eventuale diver-

so trattamento rispetto ai fatti principali, nonché esigenza di non incen-tivare un’ulteriore utilizzazione di procedimenti presuntivi difficilmentecontrolla bili 44.

Tuttavia, di fronte al rischio di paralizzare ogni possibilità per il giudi-ce di ampliare la serie di fatti, da cui egli potrebbe ricavare i motivi delproprio convincimento, si indicano come espedienti possibili, da una par-te, l’utilizzo dei fatti secondari notori e delle massime d’esperienza, indi-pendentemente da qualsiasi attività di parte, e, dall’altra parte, il poteredel giudice di interroga re le parti, di disporre d’ufficio che siano sentiti co-loro che i testimoni affer mano essere a conoscenza dei fatti, di disporred’ufficio perizie o ispezioni e, nel corso di queste, quello di sentire testi-

42 Cfr. MONTESANO-MAZZIOTTI, Le controversie del lavoro, cit., p. 104; MONTESANO-VACCARELLA, Manuale di diritto processuale del lavoro, 3a ed., cit., p. 189, richiamando ilpensiero di LIEBMAN, Fondamento del principio dispositivo, cit., p. 562 s., secondo il qua-le «l’imparzialità e la neutralità del giudice possono rimanere psicologicamente com-promesse, qualora gli incomba anche il compito e la responsabilità di rilevare i fatti in-fluenti per la decisione e di cercare i mezzi idonei a provarli». Si noti, però, che il fon-damento di questa estraneità del giudice rispetto ai fatti viene individuato nel combina-to disposto degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c. A tal proposito vedi retro cap. III, § 4.3. Ve-di anche TARZIA, Manuale del processo del lavoro, 4a ed., Milano, 1999, p. 149, secondoil quale «sembra fondata l’opinione che il giudice non possa introdurre, come temi diprova, fatti secondari non affermati da alcuna delle parti, negli atti introduttivi o nel cor-so della trattazione della causa, col rispetto delle preclusioni sta bilite dalla legge». L’Au-tore richiama in nota 153 quanto già sostenuto in Il litisconsorzio facoltativo, cit., p. 349ss., ove, però, precisa che il giudice può tenere conto dei fatti secondari «se emergonodall’istruttoria (pur quando essa sia disposta d’ufficio) o se sono affermati dalla partecontrointeressata».

43 Cfr. FRANCHI, La perizia civile, Padova, 1959, p. 159. Vedi anche BENVENUTI,L’istruzione nel processo amministrativo, cit., p. 142, secondo il quale «solo, invero, unatale esclusione del giudice [dal potere di rilevare d’ufficio i fatti, principali o secon dari,dai quali le parti possono trarre vantaggio ai fini della dimostrazione della fondatez za,in fatto, delle loro affermazioni], che, più che essere garanzia di imparazialità, col che cisi riferisce al contenuto dela sua attività, è garanzia della sua neutralità, attua il più pie-no e sostanziale riconoscimento della autonomia della loro [cioè delle parti] posizionenel processo e fuori del processo e periò della loro indipendenza nei confronti del giu-dice».

44 Cfr. VALLEBONA, L’onere della prova, cit., p. 37.

124 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

moni per informazioni, ecc., nonché, a carico delle parti, il dovere di veritàe di completezza 45.Questo lo stato della questione.Ebbene, dall’esame effettuato si nota che il problema dell’allegazione

dei fatti secondari nel processo civile viene comunemente impostato inter mini di raffronto con la disciplina assegnata all’allegazione dei fattiprincipali. Partendo dalla premessa che l’allegazione dei fatti principali èrimessa esclu sivamente all’iniziativa delle parti, si cerca o di differenziareo di assimilare a quella disciplina anche l’allegazione dei fatti secondari. Ladistinzione poggia soprattutto sulla diversa funzione attribuita all’allega-zione dei fatti secondari rispetto all’allegazione dei fatti principali. L’assi-milazione, invece, poggia o sulla negazione della possibilità di distinguerei fatti secondari dai fatti princi pali ovvero sulla riferibilità anche all’allega-zione dei fatti secondari degli stessi principî, che giustificano la signoriadelle parti sull’allegazione dei fatti principali.Ma, come abbiamo visto, la signoria delle parti sull’allegazione dei fat-

ti principali non è un dato da ritenere acquisito. L’unico dato sicuro è lasigno ria dell’attore con riferimento ai fatti costitutivi individuatori del di-ritto con troverso, stante il divieto per il giudice di pronunciare extra peti-ta, e la si gnoria del convenuto con riferimento ai fatti impeditivi, modifi-cativi ed estin tivi efficaci ope exceptionis.Per tutti gli altri fatti, principali o secondari che siano, il problema del -

l’allegazione deve essere verificato con riferimento alla struttura del pro -cesso, nel rapporto dialettico tra le parti e tra le parti ed il giudice, comedetto anche nel paragrafo precedente 46.

8. Allegazione dei fatti notori

La discussa categoria dei fatti notori introduce al tema del divieto diutilizzo della scienza privata da parte del giudice, con riferimento ai fatti.A norma dell’art. 115, secondo comma, c.p.c., il giudice «può tuttavia,

senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di

45 Cfr. BENVENUTI, op. cit., p. 327 ss.46 Si noti che RICCI, L’allegazione dei fatti nel nuovo processo civile, cit., p. 867, ri tiene

che nel nuovo processo civile, improntato a rigide preclusioni, anche i fatti secondari de-vono essere indicati già negli atti introduttivi; così anche OBERTO, Il giudizio di primo gra-do dopo la riforma del processo civile, cit., c. 315.

ALLEGAZIONE ED ECCEZIONE 125

fatto che rientrano nella comune esperienza». L’avverbio «tuttavia» ri-chiama il primo comma di tale articolo, secondo il quale «salvi i casi pre-visti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le pro-ve proposte dalle parti o dal pubblico ministero».Questa norma, come si vede, si limita a chiarire che la nozione di fatto

di comune esperienza non è bisognosa di prova, senza però offrire una de-finizione di tale categoria di fatto 47 e senza precisare se sussista, insiemealla dispensa dalla prova, anche la dispensa dall’allegazione o comunquedalle risultanze processuali.I limiti di questo lavoro non consentono di affrontare il problema del-

la definizione di fatto notorio e della distinzione dalla massima di comuneespe rienza 48.Partendo, pertanto, dalla definizione di fatto notorio come «l’evento

che fa parte della storia in senso la to» 49 e considerato il fatto notorio co-me un fatto (e non una regola di giudizio) rilevante per la decisione (sia es-so un fatto principale o un fatto secondario), l’analisi è circoscritta allemodalità di introduzione di tale fatto nel processo civile ed in particolare

47 PATTI, Prova, I) diritto processuale civile, in Enc. giur., vol. XXV, Roma, 1991, p. 7,ricorda che l’art. 297 del progetto del vigente codice di procedura civile offriva una defi-nizione di fatto notorio, precisando che «si reputano pubblicamente notori quei fatti la cuiesistenza è nota alla generalità dei cittadini nel tempo e nel luogo in cui avviene la decisio-ne». Riporta inoltre le critiche che vennero mosse a tale definizione. Per tali critiche si rin-via in particolare a CALAMANDREI, Per la definizione del fatto notorio, già in Riv. dir. proc.civ., 1925, I, p. 273 ss. e ora in Opere giuridiche, vol. I, Napoli, 1965, p. 273 ss. della Riv.dir. proc. civ. e p. 442 ss. delle Opere giuridiche; ALLORIO, Osservazioni sul fatto notorio, inRiv. dir. proc. civ., 1934, II, p. 8 ss.

48 Il fatto notorio è definito come «l’evento che fa parte della storia in senso la to»; co-sì FAZZALARI, Il processo ordinario di cognizione, I. Primo grado, cit., p. 197. Vedi altresì,ex pluribus, oltre agli Autori citati alla nota precedente, MONTESANO, Osservazioni sui«fatti noto ri», in Giur. compl. cass. civ., 1947, III, p. 228 ss.; DENTI, Ancora sulla nozionedi fatto notorio, ibidem, p. 265 ss.; FERRARA, Relatività del notorio, in Foro it., 1940, I, c.971 ss.; MICHELI, Sulla nozione di fatto notorio, in Giur. compl. cass. civ., 1945, II, p. 286ss.; MAZZARELLA, Appunti sul fatto notorio, in Riv. dir. proc. civ., 1934, II, p. 65 ss.;DE STEFANO, Fatto notorio (diritto privato), in Enc. dir., vol. XVI, Milano, 1967, p. 999ss.; PAVANINI, Massime di esperienza e fatti notori in Corte di cassazione, in Riv. dir. proc.civ., 1937, I, p. 263; LEONE, Contributo allo studio delle massime d’esperienza e dei fattinotori, Bari, 1951, p. 25 ss., specie 45 ss.; VERDE, Prova (dir. proc. civ.), cit., p. 618 ss.; AN-DRIOLI, Prova (diritto processua le civile), in Noviss. dig. it., vol. XIV, Torino, 1967, p. 260ss., specie 279 ss.; STEIN, Das private Wissen des Richters. Untersuchungen zum Beweisre-cht beider Prozesse, Leipzig, 1893, p. 138 ss.; PUGLIATTI, Conoscenza, in Enc. dir., vol. IX,Milano, 1961, p. 99.

49 Così FAZZALARI, Il processo ordinario di cognizione, vol. I, cit., p. 197.

126 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

alla possibilità per il giudice di prescindere dall’allegazione di parte ovve-ro dalle risultanze processuali.Ebbene, secondo alcuni anche il fatto notorio è sottoposto all’onere di

allegazione, in quanto la norma dell’art. 115, secondo comma, c.p.c. si li-mita a di spensare dalla prova e non anche dall’allegazione, mentre restafermo il divie to per il giudice di utilizzo della propria scienza privata 50.Viceversa si consente la libera utilizzabilità del fatto notorio, osservan -

do che i fatti notori sfuggono al suddetto divieto di utilizzo della scienzapri vata, in quanto appartengono ad una scienza ufficiale; quindi, il giudiceuti lizzando sua sponte un fatto notorio, non confonde nella propria perso-na la figura del testimone e quella del giudice 51.Questa libera utilizzabilità del notorio viene, però, secondo l’opinione

di molti, limitata ai fatti secondari, in quanto per i fatti principali resta fer-ma la signoria delle parti sull’allegazione in giudizio 52.

50 Cfr., ex pluribus, DENTI, Ancora sulla nozione di fatto notorio, cit., p. 265; MENCHI-NI, Osservazioni critiche, cit., 27; GRASSO, Dei poteri del giudice, cit., p. 1311, in cui preci-sa che, se trattasi di fatti notori impeditivi, modificativi o estintivi ovvero di fatti notori se-condari, non è necessaria l’allegazione di parte, intesa come attribuzione di rilevanza al fat-to stesso, ma è sufficiente la mera introduzione del fatto, rilevabile poi d’ufficio dal giudi-ce; ID., La pronuncia d’ufficio, cit., p. 96 ss.; ID., La collaborazione nel processo civile, in Riv.dir. proc., 1968, p. 608, in cui afferma che il giudice è tenuto a sollecitare il contraddittoriodelle parti, in caso di rilievo d’uffico di un fatto notorio meramente introdotto in giudizio,ma sul quale le parti non hanno discusso.

51 Cfr., ex pluribus, CHIOVENDA, Principii, cit., p. 733, secondo il quale il giudice «in en-trambi i casi [cioè sia che si tratti di un fatto giuridico o principale sia che si tratti di un fat-to secondario o motivo] può tener conto di questi fatti indipendentemente dalla affer -mazione che ne faccia o dalla prova che ne dia una parte» ed indica come esempio di fat-to notorio principale quello della morte di una persona, che sia condizione del sorgere odel cessare d’un diritto; CALAMANDREI, Per la definizione del fatto notorio, cit., p. 302 ss.della Riv. dir. proc. civ., secondo il quale il divieto al giudice di utilizzare in giudizio la suascienza privata si basa sull’incompatibilità psicologica tra l’ufficio del giudice e quello deltestimone; ma «il riferire in giudizio sui fatti notorî è ufficio di perito e non di testi mone»;MAZZARELLA, Appunti sul fatto notorio, cit., p. 73 s.; CARNELUTTI, Lezioni di diritto proces-suale civile, vol. II, Padova, 1933, p. 337; ID., Istituzioni, vol. I, cit., p. 224; ZANZUCCHI(-VOCINO), Diritto processuale civile, 5a ed., vol. I, p. 343; FAZZALARI, Il processo ordinariodi cognizione, vol. I, cit., p. 197 s.; BENVENUTI, op. cit., p. 148, nota 32; PATTI, Prova, I) di-ritto processuale civile, cit., p. 7; CECCHELLA, I poteri di iniziativa probatoria del giudice dellavoro, cit., p. 66; BETTI, Diritto processuale civile, cit., p. 318 s.

52 Cfr., ex pluribus, VERDE, Profili del processo civile, cit., p. 134; ID., Prova, cit., p. 618e nota 244, ove precisa che «concretandosi lo stesso di solito in un cosiddetto fatto secon-dario, è frequente il caso che il giudice lo assuma d’ufficio»; CAVALLONE, Principio dispo-sitivo, fatti secondari, cit., p. 136 ss., il quale limita la libera utilizzabilità ai fatti notori se-condari, indicando tale possibilità come regola di chiusura, che rende possibile il pratico

ALLEGAZIONE ED ECCEZIONE 127

Ebbene, se si accoglie la nozione di fatto notorio e la inconfigurabilitàdi un contrasto con il divieto per il giudice di utilizzo della propria scien-za privata, il limite alla libera utilizzabilità del notorio non può essere da-to dalla distinzione tra fatto principale e fatto secondario, in quanto, comeab biamo visto, la signoria delle parti sull’allegazione dei fatti principalinon è un dato da ritenere acquisito. L’unico dato sicuro è la signoria del -l’attore con riferi mento ai fatti costitutivi individuatori del diritto contro-verso, stante il divieto per il giudice di pronunciare extra petita, e la signo-ria del conve nuto con ri ferimento ai fatti impeditivi, modificativi ed estin-tivi efficaci ope exceptionis. Soltanto, quindi, per queste categorie di fattirisulta impedita la libera utiliz zabilità del notorio 53.Per tutti gli altri fatti, principali o secondari che siano, il problema del-

la libera utilizzabilità del notorio deve essere verificato con riferimento al-la struttura del processo, nel rapporto dialettico tra le parti e tra le parti edil giudice, come detto anche nei paragrafi precedenti.La notorietà del fatto non giustifica l’esenzione dal rispetto del princi -

funzionamento del metodo dispositivo; COMOGLIO, Tutela dei diritti, cit., p. 181, il qualeritiene che «non possano dirsi sottratti all’onere di allegazione quando diano luogo a fattigiuridici principali»; PAVANINI, Massime di esperienza e fatti notori in Corte di cassa zione,cit., p. 263, secondo il quale il fatto notorio principale deve essere affermato dalla parte,affinché il giudice possa porlo a fondamento della decisione; MONTESANO, Osservazionisui fatti notori, cit., p. 222 ss., in particolare p. 227 ove precisa che «vi è un caso in cui lanotorietà del fatto libera la parte dall’onere della prova, ma non dall’onere dell’afferma-zione: ciò si verifica quando siano notori i fatti la cui indicazione è essenziale per la deter-minazione della domanda, poiché se il giudice in tal caso supplisse con la sua iniziativaall’inerzia della parte, violerebbe la norma che gli impone di giudica re entro i limiti delladomanda»; ID., Le prove disponibili d’ufficio, cit., p. 198, nota 22, ove precisa che restafermo in ogni caso il divieto di pronunciare extra petita; DE STEFANO, Fatto notorio, cit.,p. 1008 s., ove precisa che i fatti giuridici concreti, cioè quelli da cui, attraverso un nessodi causalità, discende e dipende la situazione giuridica controversa «abbisognano di un’af-fermazione specifica»; ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, vol. I, cit., p. 336,secondo il quale «la comune esperienza non serve a supplire alla negligenza della partenella posizione dei fatti giuridici pur notori: il principio della domanda e la corrisponden-te correlazione fra chiesto e pronunciato sono del tutto insensibili alla notorietà, che soc-corre solo in tema di fatti semplici». Particolare poi la posizione di ALLORIO, Osservazionisul fatto notorio, cit., p. 9 ss., 14 ss., secondo il quale «se i fatti notori sfuggono alla regolache proibisce al giudice di far uso della sua scienza privata, ciò avviene per il motivo ch’es-si non fatto parte di codesta scienza: ma, piuttosto, rientrano […] nella scienza ufficiale delgiudice: in quella stessa, in cui rientra la conoscenza del diritto», con una limitazione: sus-siste l’onere dell’afferma zione per i fatti individuanti il rapporto giuridico controverso,benché notori; ed una preci sazione: il fatto costitutivo non è individuante per alcuni rap-porti, quali quelli di diritto reale.

53 Cfr. ALLORIO, Osservazioni sul fatto notorio, cit., p. 14 ss.

128 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

pio del contraddittorio e del diritto di difesa delle parti, in quanto il fattono torio non dibattuto non può evidentemente essere stato preso inconsidera zione nell’impostazione della linea difensiva e le parti potrebbe-ro trovarsi di sarmate, cioè impossibilitate a replicare in fatto ed in diritto,di fronte alla li bera utilizzabilità del notorio da parte del giudice. Tornacosì in risalto il problema della struttura del processo e del modo di fun-zionamento dello stesso.

9. Allegazione dei fatti solo processualmente rilevanti. Utilizzo da par-te del giudice della propria scienza privata

La categoria dei fatti solo processualmente rilevanti, cioè dei «fatti chenon attengono al merito della controversia dedotta in giudizio, bensì al -l’esi stenza dei “presupposti processuali”, all’ammissibilità di atti proces-suali, e via dicendo» 54, merita di essere esaminata unicamente in quanto siafferma che il giudice può prendere in considerazione tali fatti, se inte-granti un’eccezione di rito rilevabile d’ufficio, benché non introdotti dalleparti o ri sultanti dagli atti processuali 55.Questa categoria di fatti porta a prendere brevemente in considerazio-

ne il divieto di utilizzo da parte del giudice della propria scienza privata.Divieto che non opererebbe anche in caso di meri fatti impeditivi, modifi-cativi ed estintivi e di fatti secondari 56. Per queste categorie di fatti il giu-dice potrebbe utilizzare la propria scienza privata e, per ottenere l’intro-duzione del fatto nel processo e la sua prova, potrebbe fare un accorto usodel l’interrogatorio delle parti con funzione maieutica, nonché servirsi deipropri ausiliari (consulente tecnico d’ufficio) e delle prove disponibilid’ufficio.Questa possibilità urta, però, contro fondamentali ed indiscussi prin-

54 Così CAVALLONE, Principio dispositivo, fatti secondarii, cit., p. 162.55 Cfr. CAVALLONE, op. cit., p. 162 ss., nonché CAPPELLETTI, La testimonianza, vol. I,

cit., p. 343 ss.; CARNELUTTI, La prova civile, cit., p. 22, secondo il quale «il principio di di-sposizione è in notevole misura sover chiato dal principio di officialità per quanto riguardala fissazione dei fatti costituenti i c.d. presupposti processuali», ma non chiarisce se il prin-cipio di officialità consenta al giudice di introdurre d’ufficio il fatto processualmente rile-vante. Al contrario CHIOVENDA, Principii, cit., p. 738, osserva che il giudice deve limitarsia quanto risulta dagli atti proces suali.

56 Cfr. CAPPELLETTI, op. cit., p. 343 ss.

ALLEGAZIONE ED ECCEZIONE 129

cipî di civiltà giuridica, quali l’imparzialità, la neutralità, l’equidistanza delgiudice rispetto alle parti 57 e va rigettata.Un approfondimento merita invece la categoria dei fatti solo proces -

sualmente rilevanti, in quanto per questi fatti si potrebbe sostenere che ilgiudice non entra nel merito della contesa, ma si limita a verificare il rego-lare funzionamento della stessa. Inoltre si afferma che si avrebbe in questaipotesi una necessaria allegazione implicita, in quanto «la parte non affer-ma soltanto di aver ragione, ma necessariamente, ancorché implicitamen-te, afferma anche che la propria domanda può venir accolta in quel pro-cesso, da quel giudice, in quel tempo e luogo, e via dicendo» 58.Ebbene, anche a voler ammettere che la parte alleghi implicitamente la

sussistenza del presupposto processuale che la riguarda, rimane da spie-gare come il giudice possa accertare al contrario il difetto di tale presup-posto. Ancora una volta si ricorre all’espediente dell’interrogatorio libero,tramite il quale il giudice può sollecitare «dalle parti chiarimenti anchesulle allegazioni (implicite) aventi ad oggetto i fatti qui in discorso» 59.Ma allora, se nessun chiarimento viene offerto dalle parti in sede di in -

terrogatorio, il giudice si trova impossibilitato ad andare oltre.Appare preferibile sostenere che il giudice deve giudicare in base a

quanto gli risulta dagli atti e non in base a quanto suppone, anche conriferi mento ai fatti solo processualmente rilevanti. Naturalmente il fatto ri-levato dal giudice deve altresì essere dibattuto (con possibilità di replicaper le parti), affinché possa essere posto a fondamento della decisione.Su questa esigenza e sul modo come essa è regolamentata in altri ordi-

namenti verte la successiva seconda parte di questo lavoro.

57 In questo senso vedi CAVALLONE, op. cit., p. 141 ss., ove è possibile anche leggere unbreve excursus storico.

58 Così CAVALLONE, op. cit., p. 165, precisando che «parliamo qui, e in seguito, delladomanda giudiziale vera e propria, ma lo stesso potrebbe ripetersi, mutatis mutandis, perqualsiasi altra istanza processuale».

59 CAVALLONE, op. cit., p. 178.

130 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

RIEPILOGO E SPUNTI RICOSTRUTTIVI

SOMMARIO: 1. Riepilogo. – 2. Spunti ricostruttivi. – 3. (segue) Passaggio alla faseistruttoria e possibilità di rimessione in termini.

1. Riepilogo

È opportuno a questo punto del lavoro volgersi indietro ed esaminare ilpercorso svolto, per trarne utili suggerimenti e spunti al fine di ricostruire lanatura, funzione e disciplina dell’allegazione dei fatti nel processo civile.Scopo di questa prima parte era infatti quello di verificare se il tema

del l’allegazione dei fatti, poiché riguarda il modo in cui la realtà sostanzia-le entra nel processo e nello stesso può essere esaminata, deve unicamenteri spondere ai principî generali del rapporto tra diritto sostanziale e pro-cesso civile ed avere un regime ed una disciplina validi generalmente ov-vero se, al contrario, è una variabile dipendente da determinate scelte ditecnica proces suale.Vediamo i risultati dell’analisi condotta.Innanzitutto abbiamo verificato se la natura, funzione e disciplina del -

l’allegazione dei fatti è la proiezione nel processo del carattere disponi biledella situazione o rapporto giuridico controverso.Tale proiezione riguarda le parti ovvero il giudice.Quanto alle parti, si sostiene che la disponibilità della situazione so -

stanziale controversa si manifesta nel processo anche come disponibilitàdella dichiarazione del fatto. L’allegazione appare pertanto come dichiara -zione imperativa o di volontà (Willenserklärung).Quanto al giudice, la sua terzietà, neutralità, imparzialità rispetto alle

parti e alla loro situazione sostanziale disponibile gli impone di chiuderegli occhi di fronte ai fatti versati in causa, risultanti dagli atti o dall’esegui-ta istruttoria, qualora non siano utilizzati dalle parti nelle loro argomenta-zioni difensive.

Ebbene, i risultati dell’analisi effettuata consentono di affermare chel’imparzialità del giudice è garantita dal divieto di utilizzo della scienzapri vata, da intendere sia come divieto di ricercare sua sponte fuori delprocesso fatti rilevanti, sia come divieto di porre a base della decisione ifatti priva tamente conosciuti, eventualmente previo ricorso ad un mezzoistruttorio d’ufficio per rendere giudiziale e non più privata tale cono-scenza.La disponibilità della situazione controversa è salvaguardata dal di vieto

di rilevare fatti individuatori della stessa ovvero fatti oggetto di ecce zioneriservata della parte; tutti gli altri fatti, sia principali che secondari, servo-no al convincimento del giudice circa la sussistenza della situazione o delrapporto giuridico controverso, al fine di emettere una decisione quantopiù possibile rispondente alla realtà sostanziale.L’eventuale rilievo di tali fatti da parte del giudice non comporta di -

sposizione della situazione o del rapporto controverso.Tuttavia l’allegazione dei fatti, specialmente di quelli costitutivi, è co-

munemente rimessa al potere monopolistico di parte, escludendo la possi -bilità di intervento da parte del giudice. Si estende all’allegazione dei fattila disciplina della domanda. Ancora una volta con la pretesa di giungere aconclusioni valide generalmente, insensibili all’eventuale differente archi -tettura del processo civile tracciata dal legislatore.Il tentativo di estendere all’allegazione dei fatti costitutivi la disciplina

della domanda passa da due strettoie:

a) la dimostrazione che l’allegazione dei fatti costitutivi è un momentoessenziale della domanda giudiziale;

b) la dimostrazione dell’esistenza di un vincolo rigoroso di corrispon -denza tra domanda e decisione del giudice.

Non è infatti sufficiente provare che la domanda giudiziale, anchequando è controverso un diritto autoindividuato, deve contenere laprecisa zione dei fatti costitutivi. Occorre altresì dimostrare che la doman-da non è soltanto uno strumento per ottenere la decisione della situazionegiuridica controversa, ma, al contrario, impone una identità di contenutodel pronun ciato rispetto al chiesto anche sotto il profilo fattuale.L’esistenza di queste due condizioni è stata ricercata sia da un punto di

vista statico, tenendo cioè conto soltanto del momento propositivo e con -clusivo del giudizio, sia, più correttamente, da un punto di vista dinamico,tenendo conto della struttura contraddittoria del processo e quindi dellapos sibilità dialettica di precisazione del thema decidendum tramite l’intro-

132 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

duzione di nuove circostanze di fatto rispetto a quelle contenute nell’attointroduttivo del giudizio.Progressivamente si è così spostata l’attenzione alla struttura dialettica

del processo. Ed è questo l’aspetto di maggiore interesse delle varie rico -struzioni esaminate.Ebbene, l’analisi effettuata ha, in sintesi, portato a negare la sussisten -

za delle due condizioni sopra descritte.L’allegazione dei fatti non è a priori, cioè senza tener conto di come è

strutturato il giudizio e di come si svolge la raccolta del materiale di fatto,sempre una componente essenziale della domanda 1. Non lo è, ad esem-pio, quando controverso è un diritto autoindividuato.Inoltre la decisione del giudice non deve necessariamente corrispon -

dere, anche sotto il profilo fattuale, a quanto contenuto nella domanda. Èmancata, infatti, la dimostrazione, in termini generalmente validi, dellapos sibilità per l’attore di richiedere la tutela del suo diritto soltantorelativa mente ad un profilo costitutivo, salva la possibilità, in caso di in-successo, di proporre una nuova domanda relativamente allo stesso dirit-to, ma sulla base di un diverso profilo costitutivo.In fine si è notato il contrasto di disciplina tra allegazione dei fatti co -

stitutivi, da una parte, e allegazione dei fatti impeditivi, modificativi edestintivi, dall’altra parte. L’allegazione dei fatti costitutivi è comunemen-te rimessa al potere monopolistico dell’attore, con assoluto divieto diinter vento da parte del giudice; al contrario, per i fatti impeditivi, modi-ficativi ed estintivi si ammette comunemente la possibilità di rilievo exactis da parte del giudice, salvo la ricorrenza di un’eccezione riservata.L’analisi effettuata ha escluso che questa differenza di disciplina possaessere spiegata in termi ni generali ed assoluti. Parimenti per quanto ri-guarda l’allegazione di fatti secondari o notori o solo processualmente ri-levanti.Il frutto dell’analisi effettuata è che la natura, la funzione e la discipli na

del l’allegazione dei fatti non dipendono dalla natura disponibile della si -tuazione giuridica controversa ovvero dall’assimilazione con la domanda ocon l’eccezione, con conclusioni valide generalmente, insensibili al modoin cui è strutturato il giudizio. Al contrario, l’allegazione dei fatti è unavaria bile dipendente da determinate scelte di tecnica processuale.

1 Abbiamo visto retro, cap. III, § 5, che la previsione di preclusioni iniziali non è di persé sola sufficiente a giustificare un particolare regime dell’attività di allegazione dei fatti.

RIEPILOGO E SPUNTI RICOSTRUTTIVI 133

134 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Vediamo, quindi, gli spunti ricostruttivi, che possono essere dedottidal l’analisi effettuata.

2. Spunti ricostruttivi

Ciò che rileva è la capacità contenutistica del giudizio e la struttura dia-lettica del processo, tenendo conto della necessità di garantire il diritto didifesa alla parte sia nei confronti della controparte sia nei confronti delgiu dice.Occorre tener conto di come è strutturato il giudizio. In particolare ri -

leva:

a) l’eventuale suddivisione in fasi del processo;b) la tecnica procedimentale di ciascuna fase;c) la possibilità di riaprire una fase già chiusa.

Nell’ipotesi che sia prevista una fase del processo per l’allegazione deifatti, occorre innanzitutto verificare come avviene la fissazione del themaprobandum e decidendum.Occorre, cioè, accertare se le regole del processo consentono o meno

la massima utilizzazione possibile della dinamica del contraddittorio perla delimitazione del thema probandum e decidendum. Soltanto se è possi-bile dare una risposta positiva a tale interrogativo, si può consentire algiudice di rilevare d’ufficio dagli atti di causa fatti non espressamente uti-lizzati dalle parti. In caso contrario, questa potestà del giudice deve esse-re esclusa.Massima utilizzazione possibile della dinamica del contraddittorio si -

gnifica che:

1) il contraddittorio deve svolgersi liberamente, cioè con la possi bilitàdi allegare anche fatti concorrenti a quelli già allegati, e non già in ma nierapredeterminata secondo il criterio della dipendenza, cioè con la pos sibilitàdi allegare unicamente fatti consequenziali a quelli allegati da contro parte,e quindi volti a contrastarne validità e rilevanza. Così deve accertarsi,guar dando alle regole del processo, se, a fronte delle difese del convenuto,l’at tore possa mutare il profilo costitutivo del diritto controverso o possasoltan to allegare fatti ostativi alle eccezioni proposte dal convenuto. Pari-menti, oc corre accertare se il convenuto, di fronte alle repliche dell’attore,possa alle gare nuove eccezioni ovvero possa soltanto allegare fatti che

contraddi cono quelli da ultimo introdotti dall’attore 2. In caso di rispostanegativa, vorrà dire che il processo si presenta come «giudizio su una seriedi fatti» 3. Il giudice non può alterare questo modo di fun zionamento delprocesso, ri levando d’ufficio un fatto non utilizzato dalle parti, in quanto,così ope rando, romperebbe l’ingranaggio della dipendenza che regge la fa-se di trat tazione e che riguarda unicamente la dialettica tra le parti;2) il rispetto del contraddittorio deve riguardare anche il giudice, il

quale è obbligato a sottoporre all’attenzione delle parti un fatto nonconside rato dalle parti ma versato in causa, nonché una diversa imposta-zione in di ritto dell’oggetto del contendere, tale da implicare la rilevanzadi fatti diver si da quelli considerati dalle parti nell’impostazione della pro-pria linea di fensiva. Le parti devono poter liberamente replicare, nel sen-so sopra visto, cioè con la possibilità di allegare e provare non soltanto fat-ti ostativi al rilie vo ufficioso del giudice, ma anche fatti concorrenti a quel-li già allegati, con l’unico limite di non mutare la situazione giuridica con-troversa. Qualora non sia previsto quest’obbligo e non sia consentito alle

2 Questo l’esempio proposto da LUISO, Principio di eventualità, cit., p. 210: «così, ades., se l’attore chiede il pagamento di una somma sulla base di un certo contratto, ed il con-venuto eccepisce che il contratto è stato stipulato da un falsus procurator, l’attore può re-plicare che il convenuto ha ratificato il comportamento del falsus procurator, ma non puòfar valere una fattispecie costitutiva del diritto, concorrente con il contratto di cui so pra(ad es., un arricchimento senza causa). A sua volta il convenuto può replicare allegan doche la ratifica manca della forma prescritta, ma non può eccepire la prescrizione del dirit-to o la compensazione».

3 Così MONTESANO-ARIETA, Diritto processuale civile, vol. I, cit., p. 175, a proposito delprocesso retto dal c.d. principio di eventualità. Si vedrà infra nella seconda parte di questolavoro, cap. I, §§ 3-6-7, che in tale tipo di processo la domanda doveva essere schlüssig(concludente), cioè contenente l’allegazione dei fatti, per essere esaminabile dal giudice(di qui la teoria della sostanziazione della domanda). Questo in quanto la struttura del pro-cesso non prevedeva, anche in base allo sviluppo del contraddittorio, la possibilità nel cor-so del giudizio di allegare fatti costitutivi, concorrenti con quelli posti a fondamento delladomanda (ad es. acquisto per usucapione del diritto di proprietà, a fronte dell’eccezionedi invalidità della compravendita su cui si era originariamente fondata la domanda), masoltanto fatti ostativi a quelli allegati dal convenuto.Tuttavia non è automatica la conclusione che oggetto del giudizio è una Rechtsfrage e

non un Recht sotto tutti i possibili profili costitutivi. Infatti, bisogna tener conto del fattoche in sede di appello era possibile allegare nuovi fatti, anche costitutivi.Al di là delle conclusioni su quale sia l’oggetto del processo in un siffatto sistema pro-

cessuale, quanto a disciplina dell’allegazione dei fatti, rileva l’ingranaggio della dipenden-za nella raccolta del materiale di fatto. Tale ingranaggio non poteva essere rotto dal giudi-ce con il rilievo ufficioso di un fatto non utilizzato dalle parti nelle loro argomentazioni di-fensive. Su questo sistema processuale vedi infra la seconda parte di questo lavoro, cap. I.

RIEPILOGO E SPUNTI RICOSTRUTTIVI 135

parti di liberamente re plicare, deve escludersi la possibilità di rilievo uffi-cioso di un fatto da parte del giudice. Il rispetto del principio del contrad-dittorio da parte del giudice fa da contrappeso ai riconosciuti poteri di in-tervento nella raccolta del mate riale di fatto (Sammlung des Prozessstoffs).

In sintesi, se la fase di trattazione è a contraddittorio libero, non si hauna delimitazione del thema decidendum ad una questione giuridica fat-tuale, essendo viceversa interessata dal giudizio l’intera situazione sostan-ziale; ne consegue che non ci sarà una modificazione dell’oggetto del con-tendere e il giudice non andrà extra petita, in caso di rilievo d’ufficio di fat-ti rilevanti per la decisione (non soltanto impeditivi, modificativi ed estin-tivi, ma anche co stitutivi, purché non individuatori del diritto) non utiliz-zati dalle parti. A questo punto, occorre però accertare se tale possibilitàdi rilievo non è im pedita da particolari norme (come in caso di eccezioniin senso stretto) non ché occorre accertare se il giudice è tenuto a sotto-porre al contraddittorio delle parti il fatto rilevato d’ufficio, in modo chele stesse possano controde durre liberamente in fatto (cioè allegando anchefatti concorrenti a quelli già utilizzati) e in diritto.Questo per quanto riguarda la fase di trattazione. Occorre, infatti, di -

stinguere quanto può avvenire nella fase di trattazione e quanto puòsucce dere nella successiva fase di istruzione ovvero in quella di decisione.

3. (segue) Passaggio alla fase istruttoria e possibilità di rimessione intermini

Una volta chiusa la fase di trattazione, occorre esaminare il modo difunzionamento delle successive fasi di istruzione e di decisione. In partico -lare occorre accertare se il processo è costruito a comparti menti stagni, inmodo da rendere incomunicabili la fase di trattazione e quella di istruzio-ne e di decisione 4.

4 Ad es., come vedremo infra nella seconda parte di questo lavoro, cap. I, § 10, in Ger-mania nel corso del XVII-XVIII secolo la fase di trattazione si concludeva con una sen-tenza sulle prove (Beweisurteil o Beweisinterlokut), con la quale veniva fissata la materiadel contendere (Sammlung, Erörterung und Würdigung des tatsächlichen Parteivorbrin-gens, cioè raccolta, discussione ed apprezzamento dei fatti allegati dalle parti), e si decide-va in maniera vincolante sulla concludenza e rilevanza dei mezzi di attacco e di difesa pro-posti, nonché sull’onere della prova e il termine per la deduzione dei mezzi probatori. Do-po l’emanazione di tale sentenza è preclusa l’ulteriore allegazione di fatti.

136 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Viene in considerazione il principio di acquisizione, riferito sia ai fattiversati in causa da provare sia alle risultanze istruttorie.Iniziamo dai fatti già acquisiti nella fase di trattazione, ad esempio per-

ché risultanti da un documento, ma in tale fase non sottoposti a contrad -dittorio, in quanto non utilizzati dalla parte nelle proprie argomentazionidi fensive né rilevati dal giudice.Può la parte o il giudice giovarsi di tale fatto, sul presupposto che co -

munque è stato acquisito nella fase di trattazione e l’altra parte o entram-be le parti erano in grado di liberamente controdedurre?Come evidenziato nell’analisi effettuata 5, ancora una volta rileva il ri -

spetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa.Il rispetto del contraddittorio impone, si noti bene, non soltanto che

«a ll’iniziativa di una parte debba poter seguire una consentanea replicadella controparte e in particolare che a questa siano conferiti poteri equi-valenti nonché i congrui strumenti – comunicazione ed adeguato spatiumdelibe randi – per esercitarli» 6, ma impone la rimessione in termini per l’al-legazione di nuovi fatti e per la richiesta di nuovi mezzi istruttori.Il riconoscimento di poteri equivalenti non sarebbe infatti sufficiente a

tutelare il diritto di difesa: al potere di valorizzare un fatto già risultanteda gli atti, ma non utilizzato, dovrebbe corrispondere un analogo potere enon altro. In questo modo la parte scaltra potrebbe attendere che sia pre-clusa l’attività di allegazione di fatti e di richieste istruttorie e, a questopunto, ti rar fuori l’asso dalla manica, cioè valorizzare il fatto risultante da-gli atti, ma prima non utilizzato a fondamento della propria linea difensi-va; la contro parte avrebbe soltanto un potere equivalente e cioè la possi-bilità del tutto teorica di tirar fuori altri fatti versati in causa, cioè di con-traddire in base al materiale di causa 7.Pertanto, delle due l’una: una volta chiusa la fase di allegazione, o si

considerano allegati soltanto i fatti utilizzati dalla parte a fondamento del-la propria linea difensiva e, pertanto, si vieta la rilevazione ex actis, sia adopera della parte che del giudice, di fatti non espressamente utilizzati;

5 Vedi retro, cap. III, § 3.6 Così si esprime CERINO CANOVA, La domanda giudiziale e il suo contenuto, cit., p. 131 s.7 Questo l’esempio fatto retro cap. III, § 3: l’attore chiede l’accertamento del suo dirit-

to di proprietà su di un bene ad ogni effetto; una volta precluse nuove allegazioni e richie-ste probatorie, rileva che dagli atti risulta maturata l’usucapione; il convenuto non potreb-be allegare e provare fatti impeditivi o interruttivi di tale preteso acquisto a titolo origina-rio, dovendosi limitare a utilizzare il materiale di causa.

RIEPILOGO E SPUNTI RICOSTRUTTIVI 137

oppu re si consente la rilevazione ex actis dei fatti versati in causa, ma si ri-mette in termini la controparte (o entrambe le parti, in caso di rilievo daparte del giudice).Soltanto la valorizzazione delle regole del contraddittorio consente di

salvaguardare il diritto di difesa e la parità delle armi tra i contendenti.Analogo discorso vale anche per le risultanze istruttorie, cioè per i fat-

ti nuovi risultanti dalle prove costituende: si pensi alle dichiarazioni resedal testimone ovvero alle risultanze di una consulenza tecnica.Anche se in virtù del principio di acquisizione le risultanze istruttorie

divengono comuni, le parti e il giudice avranno la pos sibilità di utilizzarele nuove circostanze di fatto, se è possibile riaprire la fase di trattazione eliberamente controdedurre.In sintesi, occorre guardare alla struttura ed al modo di funzionamento

del processo, al fine di stabilire se l’allegazione dei fatti deve o meno esse-re rimessa al monopolio delle parti, con esclusione di qualsiasi intromis-sione da parte del giudice; se la parte può o meno dettare un ordine di esa-me al giudice dei fatti rilevanti; se può o meno allegare fatti impossibili otra loro in aperta contraddizione; se può o meno revocare l’allegazione diun fatto, ecc.Ad esempio, l’allegazione di fatti tra di loro in contraddizione, secon do

un determinato ordine di esame 8, più che una possibilità diventa unaneces sità, qualora tutti i mezzi di attacco e di difesa concorrenti (cioèdesti nati allo stesso scopo e non in rapporto di consequenzialità tra di lo-ro) deb bano essere allegati contemporaneamente nell’eventualità che unodi essi ri sulti infondato, non essendoci la possibilità di farlo in un secondomomento, una volta conosciuta la linea difensiva della controparte.Rilevano le regole tecniche del processo per la fissazione del thema pro-

bandum e del thema decidendum e le modalità di attuazione del contrad -dittorio tra le parti e tra le parti e il giudice.In tal senso risulta particolarmente significativa l’analisi del sistema

processuale informato da rigide preclusioni, in attuazione del c.d. princi-pio di eventualità, come avvenne in Germania davanti al tribunale came-rale dell’impero (Reichskammergericht) specialmente a seguito del c.d.jüngster Reichsabschied del 1654.Particolarmente significativo in tal senso appare anche il regolamento

8 Si ricordano l’esempio della pentola e della richiesta di pagamento di un credito ri-portati retro nell’introduzione, § 1.

138 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

9 Vedi PICARDI-GIULIANI (a cura di), Regolamento giudiziario di Giuseppe II. 1781, cit.

giudiziario di Giuseppe II del 1° maggio 1781, applicato inizialmente inAu stria e successivamente, a seguito di limitati adattamenti, anche inLombar dia a partire dal 1° maggio 1786 9.In senso opposto, appare poi interessante l’analisi dell’odierno sistema

processuale francese, in cui la trattazione avviene in maniera fluida ed ela -stica, senza termini perentori, sotto il diretto controllo e sorveglianza delgiudice e con esaltazione del rapporto dialettico tra parti e giudice e del ri -spetto del principio del contraddittorio.Tale analisi si passa ad effettuare, sapendo adesso, dopo l’esame svolto

e gli spunti conseguiti, cosa andare a ricercare.Gli strumenti di analisi così ottenuti consentiranno di esaminare il no -

stro sistema processuale e rispondere ai vari interrogativi posti all’inizio diquesto lavoro (ad es., possibilità di allegazione di fatti contrari; con di zio -na mento o subordinazione nell’allegazione dei fatti; possibilità di revocadel fatto allegato; modalità di proposizione dell’eccezione riservata, ecc.).

RIEPILOGO E SPUNTI RICOSTRUTTIVI 139

PARTE SECONDA

142 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

CAPITOLO I

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ

SOMMARIO: 1. Ragioni e scopo dell’indagine storico-comparativa. – 2. Origini delc.d. principio di eventualità. – 3. Il c.d. jüngster Reichsabschied del 1654 e il prin-cipio di eventualità. – 4. Il Regolamento giudiziario di Giuseppe II del 1781 e ilprincipio di eventualità. – 5. Limiti del principio di eventualità, relativamente al -l’allegazione dei fatti, e suo abbandono. Principio dell’oralità nella trattazione.Significato. – 6. Significato e contenuto del principio di eventualità, con partico-lare riferimento all’allegazione dei fatti. Domanda e allegazione dei fatti. –7. Struttura e capacità contenutistica del giudizio, con riferimento ai fatti. –8. Capacità contenutistica del processo e oggetto della lite come Rechtsfrage. Al-legazione dei fatti come Willenserklärung. – 9. Modalità di attuazione del con-traddittorio e disciplina dell’allegazione dei fatti. – 10. Suddivisione in due fasidel processo e disciplina dell’allegazione dei fatti.

1. Ragioni e scopo dell’indagine storico-comparativa

Gli spunti ricostruttivi, frutto dell’analisi effettuata nella prima parte diquesto lavoro, devono adesso essere verificati.Abbiamo visto che la natura, funzione e disciplina dell’allegazione dei

fatti è una variabile dipendente da determinate scelte di tecnica proces-suale. Rileva il modo in cui è disciplinata l’attività di raccolta del materia-le di fatto (Sammlung des Prozessstoffs).Tale attività può essere disciplinata nel modo più vario. Le possibili sfu-

mature e variabili si inseriscono tra due estremi: previsione di una sequen-za procedimentale rigida con termini perentori e, correlativamente, limi-tazione del ruolo del giudice ad un mero controllo del rispetto di tale se-quenza; esaltazione del rapporto dialettico tra le parti e, correlativamente,del ruolo del giudice.I risultati dell’analisi effettuata nella prima parte di questo lavoro han-

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ 143

no mostrato come la partecipazione attiva del giudice alla fissazione delthema decidendum tramite la rilevazione ex actis di fatti non utilizzati dal-le parti nelle proprie argomentazioni difensive dipende da come è regola-mentata l’attività di introduzione dei fatti nel processo e, in particolare,dalla possibilità riconosciuta alle parti di liberamente controdedurre,eventualmente tramite rimessione in termini. Parimenti la possibilità perla parte di valorizzare un fatto risultante dagli atti, ma prima ignorato, di-pende dal riconoscimento alla controparte non soltanto di identica fa-coltà, ma dalla libertà di controdedurre.La verifica di questi spunti ricostruttivi passa dall’analisi dei sistemi

processuali in cui maggiormente risulta annullato o esaltato il rapportodialettico tra le parti e tra le parti e il giudice.È a tal fine che assume significato un’indagine storico-comparativa, co-

me detto nell’introduzione.Tale analisi deve essere effettuata con diretto accesso alle fonti norma-

tive, per evitare di torcere la ricostruzione del sistema secondo opinionipreconfezionate.Viene in considerazione innanzitutto il sistema processuale tedesco da-

vanti al tribunale camerale dell’impero (Reichskammergericht) nonchépresso molti tribunali dei Länder, specialmente a seguito del c.d. jüngsterReichsabschied del 1654.In tale sistema trova attuazione il c.d. principio di eventualità e origine

la teoria della sostanziazione o individuazione della domanda.Tale sistema viene poi ripreso nel regolamento giudiziario di Giuseppe

II, applicato inizialmente in Austria e successivamente, a seguito di limita-ti adattamenti, anche in Lombardia a partire dal 1° maggio 1786 1.Vedremo come in tale sistema, proprio per il modo in cui è strutturato

il processo (suddivisione in fasi distinte e separate) e per come avviene laraccolta del materiale di fatto, l’allegazione dei fatti è rimessa al monopo-lio di parte e il giudice rimane un muto spettatore, senza poteri di inter-vento.Successivamente, nel prossimo capitolo, l’attenzione si sposta all’odier-

no sistema processuale francese, in cui la trattazione e l’istruzione dellacausa non sono separate in due distinte fasi ed è valorizzato, anche neiconfronti del giu dice, il principio del contraddittorio.Questa analisi viene adesso effettuata, per poi poter utilizzare i risulta-

1 Vedi PICARDI e GIULIANI (a cura di), Regolamento giudiziario di Giuseppe II. 1781, cit.

144 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

ti ai fini di una migliore comprensione della funzione, struttura e discipli-na, che attualmente riveste l’allegazione dei fatti nel nostro riformato pro-cesso civile.

2. Origini del c.d. principio di eventualità

L’elaborazione del c.d. principio di eventualità è il risultato di un’evo-luzione secolare.Rappresenta la risposta (o meglio, il tentativo di risposta) al problema

della durata eccessiva del giudizio e si accompagna al passaggio dal iudi-cium al processus, con il riaffermarsi del carattere statuale della procedura 2.Questi i tratti salienti della situazione preesistente, brevemente indica-

ti ai fini di una più corretta comprensione del significato e della portata delc.d. principio di eventualità, con riferimento alla disciplina dell’allegazio-ne dei fatti nel processo.L’origine del principio di eventualità si colloca nell’antico processo te-

desco. Queste le sue caratteristiche peculiari: era suddiviso in tre fasi rigo-rosamente separate l’una dall’altra tramite una decisione, con effetto pre-clusivo per le attività che dovevano essere effettuate nella fase precedente;al l’interno di ogni fase il processo procedeva tramite lo scambio di scrittu-re 3. La prima fase serviva ad accertare la possibilità di arrivare ad una de-cisione di merito, cioè si discuteva dell’obbligo del convenuto di difender-si nel merito. In questa fase il convenuto doveva proporre tutte le eccezio-ni di rito litis ingressus impedientes (prozeßhindernder Einreden). In seguitosi svolgeva il procedimento di allegazione, che serviva alla raccolta del ma-

2 Con riferimento al significato del passaggio dal iudicium al processus si rinvia a PI-CARDI, Processo civile (diritto moderno), in Enc. dir., vol. XXXVI, Milano, 1987, p. 113 ss.,nonché a CHIOVENDA, Istituzioni, cit., vol. I, p. 96 ss., in particolare p. 123 ss.

3 Cfr. SCHULTE, Die Entwicklung der Eventualmaxime, Köln-Berlin-Bonn-München,1980, p. 4, che così si esprime: «Typisch für den altdeutschen Prozeß ist, daß er sich Schrittfür Schritt vorwärtsbewegte und jedes durchschrittene Stadium durch ein Urteil entschiedenwurde»; PLANCK, Die Lehre von dem Beweisurteil, Göttingen, 1848 (ristampa, Aelen,1973), p. 33, a tal proposito precisa che «Die Folge hiervon war, daß Alles das, was in einemfrühern Stadium des Prozesses vor dem gefundenen betreffenden Urtheil hätte vorgetragenwerden müssen, späterhin verloren war. Umgekehrt lautet dieser Grundsatz: es warnothwendig, alle einem bestimmten Stadium des Prozesses angehörenden Angriffs- undVertheidigungsmittel auf einmal vorzubringen, wenn sie späterhin nicht gänzlich verlorensein sollten. Dies ist bekanntlich die jetzt s.g. Eventualmaxime».

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ 145

teriale di fatto (Sammlung des Prozessstoffs) unitamente all’indicazione deimezzi di prova. Infine si svolgeva il procedimento istruttorio, nel qualenuove allegazioni erano precluse, fino a giungere alla sentenza di merito.Merita precisare che all’interno di ciascuna fase l’attività delle parti era

libera, cioè non era improntata alla regola della dipendenza nelle allega-zioni rispetto alle allegazioni effettuate dall’avversario; le parti potevanocioè introdurre successivamente anche mezzi di attacco o di difesa con-correnti con quelli già precedentemente allegati e non soltanto quelli osta-tivi, cioè idonei ad invalidare l’efficacia dei mezzi proposti dall’avversario.Questo tipo di processo, a seguito della caduta dell’impero romano

d’occidente e delle invasioni barbariche, penetrava in Italia e si operavacosì la commistione del diritto romano con le leggi germaniche dei diversipopoli invasori, influenzando altresì la legge ecclesiastica, che regolava ilprocesso canonico e le leggi comunali. «Ne derivò un processo misto, chefu detto comune, perché si applicava in quanto non vi derogassero leggi lo-cali speciali» 4.Inoltre, in mancanza di una forte autorità centrale «si affievolì l’idea

della giurisdizione come funzione statale, funzione cioè di formulazione eattuazione della volontà di legge» e conseguentemente si ebbe una «su-pervalutazione dell’elemento logico del processo» rispetto all’atto di vo-lontà rappresentato dalla decisione 5.Il processo comune diventava un processo scritto e rigidamente artico-

lato in una serie di fasi o stadi preclusivamente separati tra loro 6; il pro-cesso appariva «come un modo di risolvere questioni» 7; le questioni veni-vano distinte in principales, incidentes, emergentes, ecc. e per poter passa-re da una questione a quella successiva, occorreva precedentemente risol-vere il dubbio, con apposita attività istruttoria 8. È la ricostruzione teorica

4 Così CHIOVENDA, Istituzioni, cit., vol. I, p. 98.5 Così CHIOVENDA, Istituzioni, cit., vol. I, p. 122 s.6 Vedi la sequenza presa dalla Summa Notariae di Giovanni da Bologna (anno 1281),

riportata da CHIOVENDA, Istituzioni, cit., vol. I, p. 129. Si aggiunga che la stessa prova te-stimoniale finiva per essere formalizzata per iscritto in un processo verbale, senza la pre-senza delle parti e dello stesso giudice, che delegava un notaio (così lo Statuto di Novaradell’anno 1277) o due notai (così lo Statuto di Pisa dell’anno 1286), come ricorda CHIO-VENDA, op. cit., p. 128.

7 Così CHIOVENDA, Istituzioni, cit., vol. I, p. 118. Cfr. anche PICARDI, op. cit., p. 114 s.8 Vedi PICARDI, op. cit., p. 115, testo e nota 124, ove cita ENRICO DA SUSA (OSTIENSE),

Summa aurea, Venetiis, 1574 (rist. anastatica, con prefazione di O. VIGHETTI), Torino,

146 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

medievale della pregiudizialità come divieto logico di procedere all’esamedella questione pregiudicata 9. Divieto logico, che però consentiva alle par-ti di ritardare enormemente la durata del giudizio.In considerazione di questa indesiderata situazione, iniziava nel 13° se-

colo a contrapporsi al processo comune ordinario (solemnis ordo iudiciarus)un processo semplificato, detto sommario (in cui la sommarietà è da inten-dere come semplificazione di atti giudiziari), ed un processo sommario de-terminato o esecutivo (in cui la sommarietà va intesa come riduzione della co-gnizione del giudice) per crediti privilegiati o su prova scritta 10. Soprattut-to gli statuti delle città cercavano di regolare il processo in maniera più sem-plice, con minori vincoli e con un maggiore potere di direzione da parte delgiudice, rispetto al processo ordinario. Si segnalano in particolare: le costi-tuzioni parmensi, che lasciavano al giudice il compito di stabilire a suo ar-bitrio i termini per le reciproche deduzioni delle parti; le costituzioni pie-montesi, che stabilivano «dei termini fissi, uno per la risposta, uno per la re-plica, e così via, termini che hanno carattere preclusivo, nel senso che nonpossono prodursi nuove deduzioni a meno che siano occasionate dalle ulti-me deduzioni dell’avversario» 11. Analoga evoluzione risentiva anche il pro-cesso canonico, soprattutto con la celebre costituzione, emanata da Cle-mente V nell’anno 1306 e denominata Clementina «saepe», con la quale, inparticolare, si consentiva al giudice di fissare un termine preclusivo per l’al-legazione di eccezioni dilatorie; termine che alcuni giuristi ritenevano chepotesse essere disposto anche per l’allegazione delle eccezioni di merito eper l’indicazione dei mezzi di prova 12. Si trattava comunque di una facoltàdel giudice, per di più usata raramente, in quanto si preferiva lasciare alleparti ampia libertà nell’articolazione delle loro argomentazioni difensive.

1963, 1b., II, De ordine cognitionum, p. 519, secondo il quale «quando una (quaestio) de-pendet ex altera, necesse est quod primo ponuncietur super ea, ex qua alia dependet; primoergo querendum est utrum aliquis haeres sit, antequam ipse agat tamquam haeres».

9 Vedi GIULIANI, La controversia, contributo alla logica giuridica, Pavia, 1966, p. 168,nonché SCHMIDT, Lehrbuch des deutschen Zivilprozeßrechts, 2a ed., Leipzig, 1906, p. 73 ss.

10 Queste specificazioni sono tratte da CHIOVENDA, op. cit., p. 99.11 Così CHIOVENDA, op. cit., p. 130 s.12 Sulla costituzione Clementina «saepe» vedi CHIOVENDA, op. cit., p. 98 e p. 130. Sul

processo canonico e sull’accresciuta facoltà di direzione del processo da parte del giudicesi rinvia a SCHMIDT, Lehrbuch, cit., p. 81; SCHWARTZ, Vierhundert Jahre deutscher Civilpro-ceß-Gesetzgebung. Darstellungen und Studien zur deutschen Rechtsgeschicte, Berlin, 1898,p. 76; WETZELL, System des ordentilichen Zivilprozesses, 3a ed., Leipzig, 1878 (ristampa Aa-len, 1969), p. 624 s.

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ 147

Comunque emergevano due novità:

a) obbligo per le parti di effettuare più allegazioni contemporaneamen-te, senza dover rispettare un ordine logico;b) valorizzazione del ruolo del giudice nella direzione e conduzione del

processo.

Questi due rimedi si presentavano però come alternativi tra di loro: ilpotere di direzione del giudice è nullo, ove si prevedano dei termini fissiper l’attività di parte, residuando al giudice unicamente il compito di vigi-lare sul rispetto di tali termini; viceversa, nel caso di termini elastici, fissa-ti alle parti dal giudice, si valorizza il compito del giudice di direzione delprocesso.Questo processo comune italiano-canonico influenzava anche la rego-

lamentazione in Germania del processo davanti al tribunale cameraledell’impero (Reichskammergericht), che nell’anno 1495 diventava lo stabi-le e supremo giudice superiore. Il processo era regolato tramite ordina-menti (KGO, cioè Kammergerichtsordnungen) o tramite gli atti di divisio-ne dell’impero (Reichsabschiede), che spesso contenevano anche disposi-zioni sul processo civile 13. Presso questo tribunale operavano dotti giuri-sti, chiamati per l’appunto cameralisti, ad opera dei quali arrivavano inGermania tutte le discussioni sui mezzi per semplificare ed accelerare ilprocesso, che già avevano caratterizzato l’evoluzione del diritto proces-suale italico.Già le prime KGO prevedevano che le parti dovevano effettuare tutte

13 Si ricorda che nel 1356 Carlo IV promulgò la Bolla d’oro, una sorta di costituzionenella quale si riconosceva a sette principi elettori il diritto di assegnare a maggioranza lacorona germanica e l’annesso titolo imperiale. Alla Sede Apostolica restava unicamente lacerimonia dell’incoronazione. In pratica con questa Bolla d’oro l’imperatore si riconosce-va come un primus inter pares. Questa costituzione escludeva però dal privilegio elettora-le molte famiglie principesche, così fomentando dissidi ed innumerevoli contrasti e lotteinterne. Inoltre con la Bolla d’oro non erano stati determinati i rapporti tra i principi ed ilgoverno dell’impero né erano stati creati gli organi amministrativi, giudiziari, militari e po-litici del governo stesso. Per questi e per altri motivi, che non è possibile neppure menzio-nare, la Germania fu teatro di innumerevoli guerre private tra principi, signori minori, ca-valieri, città, fino a giungere alla pace generale per tutto l’impero (Reichslandfriede) del 7agosto 1495, poi detta «eterna» perché senza limiti di tempo. È in questo momento stori-co che fu istituito il tribunale camerale dell’impero (Reichskammergericht), composto dagiudici stipendiati, la cui designazione era demandata agli stati dell’impero, ad eccezionedel presidente che era di nomina regia. Questo tribunale camerale aveva sede fissa: primaFrancoforte, poi Worms, infine Spira.

148 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

le attività affini/omogenee (alle gleichartigen Handlungen) contempora -nea mente, cioè dovevano proporre nel termine a ciò stabilito tutte le ecce-zioni dilatorie, tutte le eccezioni perentorie, tutte le repliche e tutte le du-pliche 14. Così ad esempio in un determinato termine il convenuto dovevaproporre le sue eccezioni di rito, a cui poteva in altro termine replicarel’attore; poi in al tro termine il convenuto doveva proporre tutte le sue ec-cezioni di merito, a cui l’attore poi in altro termine poteva replicare; a que-sto punto al convenuto non restava che proporre le sue eventuali dupli-che, cioè le argomentazioni ostative alle repliche dell’attore, tali da infir-marne l’efficacia, mentre gli era precluso allegare altre eccezioni di merito.Ma il passaggio da un termine all’altro era ritardato dall’attività istruttoriache veniva svolta. Così il conve nuto doveva nel primo termine contestarei fatti posti a fondamento della domanda; a questo punto l’attore dovevaprovare i fatti allegati; se la prova aveva esito positivo, il convenuto dove-va sùbito dopo proporre le eventuali eccezioni.Con la KGO del 1521 la regolamentazione del processo andava oltre e

prevedeva che anche le attività diverse (auch ungleichartige Handlungen),che servono allo stesso scopo processuale, devono essere effettuatecontem poraneamente. Così il convenuto doveva allo stesso tempo sia con-testare i fatti posti a fondamento della domanda sia proporre le eventualieccezioni. Parimenti l’attore non poteva limitarsi a contestare le eccezioniproposte dal convenuto, ma doveva allo stesso tempo proporre le even-tuali repliche 15.Con il Reichsabschied del 1570 si affinava ulteriormente il principio di

eventualità. Il § 88 prevedeva che l’attore con la proposizione della do -manda non doveva limitarsi ad indicare la pretesa contesa, ma doveva al-tresì allegare i fatti posti a suo fondamento, a pena di vedere preclusi i fat-ti non indicati. La previsione di questo obbligo e di questa sanzione era ladifferen za rispetto al regolamento precedente, che pur già prescriveva al -l’attore di proporre una artikulierte Klage e non già una Summariklage. Il§ 89 impo neva poi al convenuto di proporre non soltanto le sue eccezioni

14 In questo senso vedi SCHULTE, op. cit., p. 5, che indica i §§ 4, 5 e 8 della KGO del1500 e i §§ 1, 2, e 4 della KGO del 1507. Vedi anche SCHMIDT, op. cit., p. 84 s.; SCHUBERT,Das Streben nach Prozeßbeschleunigung und Verfahrensgliderung im Zivilprozeßrecht des19° Jahrhunderts, in SavZ (ZRG), Germ. Abt. 85 (1968), p. 136.

15 In questo senso vedi SCHULTE, op. cit., p. 5, che indica i §§ 5 e 8 del Titolo XIX del-la KGO del 1521. Vedi anche SCHWARTZ, op. cit., p. 82; WETZELL, System, cit., p. 969;HELLWIG, Lehrbuch des deutschen Zivilprozeßrechts, vol. I, Leipzig, 1903, p. 13, nota 32.

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ 149

dilatorie, ma allo stesso tempo «eventualiter» [eventualmente] effettuarela contestazione della lite ed inoltre «in eventum» rispondere alle posizio-ni della domanda e proporre le eccezioni di merito, il convenuto cioè do-veva opporre alla do manda articolata la sua completa allegazione difensi-va, comprensiva delle eccezioni di rito e delle eccezioni di merito 16. Si ave-va così la piena applica zione del principio di eventualità, in base al qualetutte le attività concorrenti (alle konkurrierenden Handlungen), cioè tutti imezzi di attacco e tutti i mezzi di difesa devono essere fatti valere con-giuntamente, nell’eventualità che uno di essi risulti infondato.Con il Reichsabschied del 1594, però, si annullava l’estensione data al

principio di eventualità: il § 63 prevedeva che il convenuto doveva pro-porre contemporaneamente le eccezioni dilatorie (di rito) ed effettuare lacontesta zione della lite, ma poteva replicare alla domanda e proporre leeccezioni di merito in un secondo momento.Si aggiunga che il processo davanti al tribunale camerale dell’impero

non conosceva alcuna separazione tra la fase di raccolta del materiale difatto e la fase istruttoria attraverso una sentenza vincolante sulle prove(das System der Beweisverbindung). Anzi fin dal 1555 era prevista un’as-sunzione delle prove parallela al procedimento principale, affidata ad ungiudice istruttore (Gerichtskommissar), che trasmetteva al giudice dellacognizione l’esito delle prove 17. Anche da ciò la necessità di un ampio ri-corso alla scrittu ra, al fine di consentire al giudice della cognizione di es-sere comple tamente edotto delle risultanze probatorie.Viceversa in Sassonia si sviluppava un diritto processuale, che preve -

deva la separazione della fase dell’allegazione dei fatti dalla fase probato-ria (das System der Beweistrennung) tramite una sentenza sulle prove(Beweisurteil o Beweisinterlokut). Tale sentenza fissava in maniera vinco -lante i fatti da provare, l’onere della prova e il termine per la deduzionedelle prove, escludendo la possibilità di ulteriori allegazioni 18.Questa la situazione che si presentava al momento della guerra dei

trent’anni, che si concludeva con la pace di Westfalia nel 1648, a seguitodella quale la Germania veniva frammentata in numerosi staterelli sovrani,sui quali il potere imperiale si esercitava soltanto nominalmente. Sigiunge va così al c.d. jüngster Reichsabschied del 1654, il quale regola-

16 Vedi SCHWARTZ, op. cit., p. 109 s.17 Vedi SCHUBERT, op. cit., p. 138; WETZELL, System, cit., p. 973; SCHULTE, op. cit., p. 8.18 Vedi SCHMIDT, op. cit., p. 88.

150 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

mentava altresì il processo davanti al Reichskammergericht e costituival’espressione più chiara, sebbene ancora da perfezionare, del principio dieventualità.

3. Il c.d. jüngster Reichsabschied del 1654 e il principio di eventualità

Al fine di accelerare lo svolgimento del processo e liberarlo dall’ecces-sivo formalismo, il c.d. jüngster Reichsabschied del 1654 rende il processoun «Kampf in geordneten Gängen» 19, cioè un combattimento in ordinataandatura.Esaminiamo il testo delle norme di riferimento, per correttezza di ana -

lisi e della successiva ricostruzione del sistema 20.Il § 34, nella parte riguardante l’attore, prescrive che «seine Klag oder Li-

bell nicht articuls-, sondern allein summarischerweis, darinnen das Faktumkurz und nervöse, jedoch deutlich und distincte, klar, auch de ihme beliebt oderder Sachen Weitläuftigkeit und Umständen es erforderten, punktenweis verfaßtund ausgeführt seie, mit angehängter Konklusion und Bitt» zu erheben sei 21.Viene abrogato il cerimonioso procedimento per articoli (das Artikel-

verfahren) e si richiede all’attore di esporre das Faktum in maniera chiarae distinta.Il significato di questa espressione è deducibile dalla caratteristica

struttura del processo; in particolare da:

a) uso della forma scritta;b) applicazione del principio di eventualità e scopo della citazione;c) regolamentazione del processo in contumacia 22.

Quanto all’uso della forma scritta, è previsto dal § 94 che le parti ed ilgiudice (Kammerrichter) sono in contatto soltanto per iscritto, tramite la

19 Così REINHARD, Vergleichende Kritiken und Erläuterungen des Civil-Verfahrens inPreußen, Arnsberg, 1850, p. 18.

20 Nel testo si riporta il testo delle norme più significative, in modo da consentire al let-tore di verificare la correttezza della ricostruzione e di poter formare una propria perso-nale opinione, senza il filtro delle conclusioni effettuate da altri.

21 Il testo è riportato integralmente da WALDER, Quellen zur neuren Geschichte, fasci-colo 32, Der jüngste Reichsabschied von 1654, Bern, 1975, p. 23 s.

22 Vedi HELLWIG, Lehrbuch des deutschen Zivilprozeßrechts, vol. III, Leipzig, 1908,p. 8 ss.

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ 151

cancelleria del tribunale 23. Quindi l’attore non può precisare, modificareo integrare l’allegazione dei fatti posti a fondamento della domanda oral-mente all’udienza, dovendo viceversa servirsi sempre di atti scritti.Ma l’unico atto scritto in cui l’attore può indicare i fatti della domanda è

la citazione. La citazione, infatti, non deve soltanto individuare il dirittocontroverso (ad es., l’attore agisce per l’accertamento del suo diritto di pro -prietà su un determinato bene immobile, affermando che il convenuto è atorto registrato come proprietario nei registri immobiliari, ma non alleganessun fatto, in base al quale sia possibile dedurre l’inesattezza del registroimmobiliare 24), ma deve altresì fornire la base per la decisione sulla questio -ne se la domanda è concludente (schlüssig). Occorre cioè che i fatti addottia fondamento della domanda, una volta sussunti sotto le norme giu ridiche,giustifichino l’affermazione che il diritto preteso è sorto e rendano ammis-sibile una decisione di merito 25 (l’attore, nell’esempio sopra riporta to, devequindi indicare un profilo costitutivo del preteso diritto di proprie tà), a pre-scindere dall’atteggiamento che potrebbe tenere il convenuto.Il giudice, infatti, prima ancora di ordinare la notificazione della do -

manda al convenuto, deve:

1) definitiv abweisen («ab und zu Ruhe»), cioè definitivamente rigetta -re la domanda, se il diritto non esiste in astratto nell’ordinamento o in con -creto, in base a quanto affermato dallo stesso attore, che, ad esempio, haallegato un fatto estintivo;2) zur Zeit abweisen, cioè rigettare temporaneamente la domanda, nel -

l’ipotesi che l’azione sia nondum nata, come nel caso di diritto di creditosottoposto ad un termine iniziale ancora non scaduto;3) angebrachtermaßen (so wie angebracht, so wie erhoben) abweisen,

cioè rigettare in maniera opportuna, con riserva di accettazione in caso dicorrezione della mancanza, ad esempio nel caso che la domanda sia un-schlüssig, vale a dire non concludente 26.

23 Vedi HELLWIG, Lehrbuch des deutschen Zivilprozeßrechts, vol. I, cit., p. 14, ove pre-cisa che «Der Prozeß wurde allmählich ein rein schriftlicher. Die Partein übergeben dieSchrift sätze nicht mehr in einem Termine in Gegenwart des Gegners, sondern sie reichen dieSchriftsätze einfach bei dem Gericht ein und dieses fertigt sie dem Gegner zu».

24 Questo esempio è riportato da HELLWIG, Lehrbuch, vol. III, cit., p. 34.25 In questo senso HELLWIG, Lehrbuch, vol. III, cit., p. 9.26 Cfr. HELLWIG, Lehrbuch, vol. III, cit., p. 9 s., nota 6; WETZELL, op. cit., §§ 14, 45, p.

114 ss. e 541 ss.

152 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Quindi, fin tanto che l’attore non presenta una domanda con una chia-ra e distinta indicazione degli elementi di fatto capaci di fondare l’esisten-za del diritto controverso, il processo non inizia.Del resto l’attore non ha la possibilità di integrare l’allegazione dei fatti

posti a fondamento della domanda nel corso del giudizio, in quanto, instretta applicazione del principio di eventualità, «der Kläger kam bezüglichder Klagtatsachen nur einmal zum Wort» 27, cioè l’attore ha la parolarelativa mente ai fatti della domanda soltanto una volta, al momento dellapresentazione della citazione.L’esposizione dei fatti contenuta nella citazione deve altresì essere suf-

ficiente a consentire l’accoglimento della domanda, in caso di contuma -cia del convenuto. La costituzione del convenuto e la contestazione dellalite non sono più un presupposto per l’ammissibilità di una decisione dimeri to 28.In sintesi, si impone all’attore di procedere ad una Geschichtserzählung,

cioè ad una scomposizione della fattispecie nei singoli elementi di fatto. Ladomanda deve essere «sostanziata» (der sog. Substantiierung des tatsächli-chen Vorbringens), non essendo sufficiente per l’instaurazione della lite lamera individuazione del diritto controverso, an che se si tratti di un dirittoautoindividuato, come il diritto di proprietà di un bene 29.Inoltre, l’attore non ha la possibilità di allegare prima della decisio ne 30

27 Così HELLWIG, Lehrbuch, vol. III, cit., p. 9. Vedi anche WACH, Handbuch des deuts -chen Civilprozessrechts, Leipzig, 1885, p. 132, secondo il quale la citazione determina «dieimmutable Urtheilsgrundlage».

28 In questo senso il § 36 del c.d. JRA. Cfr. HELLWIG, Lehrbuch, vol. III, cit., p. 9 s., se-condo il quale «Für den Fall, daß der Beklagte sich nicht verteidigte, mußten die Klagtatsachenso angegeben sein, daß auf Grund der Klagschrift ein Beweisinterlokut (über die einzelnenfaktischen Elemente) erlassen werden konnte», cioè nel caso in cui il convenuto non si di-fendeva, gli elementi di fatto della domanda dovevano essere così presentati, che sulla ba-se della citazione una sentenza di ammissione delle prove (sui singoli elementi di fatto) po-tesse essere emanata. Si noti che nel c.d. jüngster Reichsabschied del 1654 non era previstauna sentenza sulle prove, con una rigida divisione tra la fase di allegazione e quella istrut-toria; soltanto nel 18° secolo veniva introdotta la sentenza sulle prove, con la quale il giu-dice stabiliva in maniera vincolante i fatti da provare e l’onere della prova. Quanto affer-mato da Hellwig va pertanto riferito al periodo storico del 18° secolo.

29 Così HELLWIG, Lehrbuch, vol. III, cit., p. 9. Cfr. anche WACH, Mündlichkeit undSchrift lichkeit, in Vorträge über die Reichs-Civilprocessordnung, Bonn, 1896, p. 20.

30 Vedremo infra nel testo che in appello è possibile introdurre anche fatti concorren-ti con quelli già allegati. L’attore può pertanto allegare un diverso profilo costitutivo deldiritto controverso.

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ 153

un diverso profilo costitutivo del diritto controverso. Ne consegue che ladecisione deve corrispondere alla domanda anche sotto il profilo fattuale,salvo verificare le possibilità di intervento del giudice e di rilevazione difatti risultanti ex actis.Il convenuto, a norma del § 37, deve «ebenmäßig in primo hoc termino

erscheinen und,[...] in diesem Termin auf die Klagen mit hinfürigerVerwerf- und Abschneidung des Wegs der Peremptorialien, Elisiv- Additio-nal- und anderer waserlei Articulen, nur allein die Probatorialien ausge-nommen, kurz, nervöse und deutlich, auch unterschiedlich und klar, ob undworin das Faktum anderst als vom Kläger vorbracht, und wie es sich eigen-tlich verhalte, specifice und auf jeden Punkten mit all seinen Umständen an-zeigen, wie auch, was er dabei dilatorie oder peremptorie einzuwenden ha-ben möchte, alles auf einmal bei Straf der Präklusion einbringen, wie nichtweniger, wann dei probatoria selbsten mit insinuiert wären, auf dieselbigemit einer Notdurft gleichfalls verfahren» 31, cioè deve non soltanto opporsial diritto fatto valere, ma deve anche contestare chia ramente e distinta-mente i fatti posti a fondamento della domanda e deve altresì proporretutte le eccezioni dilatorie e perentorie (cioè di rito e di me rito). L’unica at-tività che può omettere è quella di indicare i mezzi probatori al fine di di-mostrare la veridicità dei fatti allegati (nur allein die Probatorialien ausge-nommen).Durante l’ulteriore corso del processo vale lo stesso principio: tutte le

attività, che servono allo stesso scopo processuale, devono essere effettua-te contemporaneamente. Così l’attore deve proporre le eventuali replichealle eccezioni sollevate dal convenuto, ma non può tornare indietro e alle-gare nuovi fatti costitutivi del diritto controverso; successivamente il con-venuto può proporre eventuali dupliche, cioè può allegare fatti idonei adinficiare le repliche dell’attore, ma non può sollevare nuove eccezioni; suc-cessivamente l’attore può proporre eventuali tripliche, e così via 32.

31 Il testo è riportato integralmente da WALDER, Quellen zur neuren Geschichte, cit.,p. 26.

32 In tal senso i §§ 45, 48 del c.d. JRA. Molto chiari gli esempi riportati da LUISO, Prin-cipio di eventualità, cit., p. 210 s.: «così, ad es., se l’attore chiede il pagamento di una som-ma sulla base di un certo contratto, ed il convenuto eccepisce che il contratto è stato sti-pulato da un falsus procurator, l’attore può replicare che il convenuto ha ratificato il com-portamento del falsus procurator, ma non può far valere una fattispecie costitutiva del di-ritto, concorrente con il contratto di cui sopra (ad es., un arricchimento senza causa). Asua volta il convenuto può replicare allegando che la ratifica manca della forma prescritta,ma non può eccepire la prescrizione del diritto o la compensazione».

154 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Per quanto riguarda la fase istruttoria, non è prevista una cesura ri -spetto alla fase di allegazione tramite una sentenza sulle prove. I §§ 45 - 48del c.d. jüngster Reichsabschied del 1654 mantengono la regolamentazionedel procedimento istruttorio prevista dalla KGO del 1555 33.Soltanto tra il 17° e il 18° secolo viene introdotta la sentenza sulle pro-

ve, che conclude la fase dello scambio delle scritture, relativa alla fissa -zione della materia del contendere (Sammlung, Erörterung und Würdigungdes tatsächlichen Parteivorbringens, cioè raccolta, discussione ed apprez -zamento dei fatti allegati dalle parti), e decide in maniera vincolante sullaconcludenza e rilevanza dei mezzi di attacco e di difesa proposti, nonchésul l’onere della prova e il termine per la deduzione dei mezzi probatori 34.Dopo la sua emanazione è preclusa l’ulteriore allegazione di fatti.Si tratta, quindi, di una sentenza finale condizionata all’esito del pro -

cedimento istruttorio: è già stabilito se la domanda va accolta o merita diessere rigettata, ma tale esito è conseguente alla verifica del raggiungimen-to o meno della prova sui fatti ritenuti dal giudice rilevanti, secondo lasuddivi sione dell’onere della prova data dal giudice nella sentenza.Tale sentenza è soggetta ad autonoma impugnazione; una volta passata

in giudicato, inizia il procedimento istruttorio 35.Questa divisione del processo è un appariscente elemento strutturale,

tanto che il processo viene definito un «großen Drama in zwei Akten» 36.È controverso se il principio di eventualità governi anche il procedi -

mento istruttorio, in quanto le disposizioni dei §§ 46, 48 non sono chiaresu tale questione. Tuttavia nella prassi si afferma la suddivisione delprocedi mento istruttorio in due sottopartizioni, relative l’una alla dedu-zione e l’altra all’assunzione dei mezzi probatori (Antretung und Führungder Beweise) e viene applicato il principio di eventualità 37. Pertanto le par-ti devono presenta re nello stesso tempo i mezzi di prova su tutti i fatti e,quindi, anche su quelli che sono in un rapporto eventuale o alternativo;

33 Cfr. SCHWARTZ, op. cit., p. 121 s.; SCHULTE, op. cit., p. 8.34 Cfr. PLANCK, Die Lehre von dem Beweisurteil, cit., p. 225 s., il quale precisa che la

teoria della sentenza sulle prove si diffuse dal Nord al Sud della Germania; SCHMIDT, Lehr-buch, cit., p. 92.

35 Vedi HELLWIG, Lehrbuch, vol. I, cit., p. 13 s.; PLANCK, op. loc. cit.36 Così GÖNNER, in Protokolle der Kommission zur Beratung einer allgemeinen Zivil-

prozeßordnung für die deutschen Bundesstaaten, Hannover, 1863, p. 1755.37 In questo senso HELLWIG, Lehrbuch, vol. I, cit., p. 14, nota 36; WETZELL, op. cit., p. 976;

SCHULTE, op. cit., p. 8.

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ 155

inoltre tanto la prova quanto la controprova su tali fatti devono essere as-sunte allo stesso tempo.Infine, importante caratteristica strutturale di questo processo è la pre -

visione di un giudizio di appello, nel quale le parti possono recuperarequei mezzi di attacco o di difesa, che in primo grado non hanno conside-rato ne cessari o utili. Occorre, però, che la parte presti giuramento relati-vamente all’esistenza di questo presupposto 38.Questa possibilità di recupero, come vedremo infra 39, incide sulla

capa cità contenutistica del giudizio e, quindi, su tutti gli istituti connessi,quali l’allegazione dei fatti, la modificabilità della domanda, la portata delgiudicato.Il processo così delineato viene applicato dal tribunale camerale del -

l’impero (Reichskammergericht), ma non vale per i tribunali dei Länder,presso i quali può essere prevista una diversa regolamentazione delproces so. Per questo il processo davanti al tribunale camerale dell’imperopuò es sere definito come processo comune tedesco.

38 Così i §§ 73 e 74 del c.d. JRA. Si noti che invece SEGNI, Il principio di eventualità ela riforma del processo civile, in Studi sassaresi, serie II, vol. XV, 1937, ora in Scritti giuridi-ci, vol. I, Torino, 1965, p. 351 sostiene che i §§ 73 e 74 del c.d. JRA del 1654 prevedevanoil divieto di nova in appello. In questo senso anche DE SANTIS, La rimessione in termini nelprocesso civile, Torino, 1997, p. 50, nota 136. Invece, correttamente BALBI, La decadenzanel processo di cognizione, Milano, 1983, p. 197. Per offrire al lettore la possibilità di con-trollare quanto detto, anche in considerazione della difficoltà di trovare il testo del c.d.JRA del 1654, si riporta il testo integrale dei due paragrafi: § 73 «Wie ebenmäßig bei demAusschlag des Deputationsabschieds de anno 1600, § 114, und daselbst angezogener Ord-nung part. 3, tit. 33, § 3, nochmalen bewenden, also daß in dieser Instanz nicht allein nachAusweis gemein beschriebener Rechten, was in priori instantia nicht vorkommen oder dedu-ziert worden, de novo zu deduzieren und zu beweisen, sondern auch, was in voriger Instanzallbereit vorbracht, ferner und besser zu beweisen verstattet werden solle, jedoch mit dieserMaß und Bescheidenheit, daß der Appellant bei Einführung des Prozeß, davon hieobenErwähnung geschehen, sich zum Eid erbieten und denselben dergestalt zu leisten vor allenDingen schuldig sein solle, daß er seines angegebenen neuen An- und Vorbringens in ersterInstanz nicht Wissenschaft gehabt oder solches dermalen nicht einbringen können oder ein-zubringen nicht für dienlich oder nötig geachtet, nunmehr aber davorhalte, daß solches alleszu Erhaltung seines Rechtens dienlich und notwendig seie. Gleiche Meinung hat es mit demAppellaten, wann derselbe in zweiter Instanz was Neues fürbringen wollte»; § 74 «Wofernauch die ein oder andere Partei in deme, was in priori instantia allbereits einkommen, veri-tatem et circumstantias facti besser erläutern und ein mehrers ausführen oder beweisen wol-lte, solle es ihnen gleichfalls unverwehrt sein».

39 Cfr. § 7.

156 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

4. Il Regolamento giudiziario di Giuseppe II del 1781 e il principio dieventualità

Il principio di eventualità trova applicazione anche nel regolamentogiudiziario di Giuseppe II del 1781, voluto per dare uniformità dellaproce dura giudiziaria in tutti i Länder asburgici nonché nella Lombardiaaustria ca, in cui fu introdotto, con limitati adattamenti, a partire dal 1°maggio 1786 40.Tale regolamento rappresenta il «punto d’arrivo dello sviluppo del di -

ritto processuale civile “comune tedesco” di derivazione austriaca» 41.Mantiene, infatti, le stesse caratteristiche strutturali: applicazione del

principio di eventualità, per cui il processo appare come un Kampf ingeordneten Gängen; suddivisione del processo in due fasi, separate dallasentenza sulle prove, per cui il processo appare come un großen Drama inzwei Akten.Avendo già esaminato il sistema processuale disciplinato nel c.d. jüngs -

ter Reichsabschied del 1654, anche per non appesantire questo lavoro, èsufficiente adesso segnalare le differenze più significative, ai fini della di-sciplina dell’allegazione dei fatti.Ebbene, nel regolamento giudiziario di Giuseppe II la rigida attuazione

del contraddittorio secondo il criterio della dipendenza viene attenuata.Si prevede una rimessione in termini già all’interno del giudizio di pri-

mo grado 42.I §§ 48 e 54 consentono sia all’attore che al convenuto di provare con

validi argomenti o, in difetto di essi, con giuramento, che i nuovi «ammini -coli» (circostanze di fatto o mezzo di prova) non erano stati taciuti«studio samente», cioè al fine di raggirare l’avversario (che doveva essere

40 Cfr. PICARDI e GIULIANI (a cura di), Regolamento giudiziario di Giuseppe II. 1781,cit.; PICARDI, Il regolamento giudiziario di Giuseppe II e la sua applicazione nella Lombardiaaustriaca, cit., p. 36 ss.; TARUFFO, La giustizia civile in Italia dal 700 ad oggi, cit., p. 33 ss.;TARELLO, Storia della cultura giuridica moderna, I, Assolutismo e codificazioni del diritto,cit., p. 514 ss.; VISCONTI, La codificazione del processo civile a Milano durante la domina-zione austriaca (1784-1795), cit., p. 1 ss., in particolare sulle difficoltà di recepimento inLombardia.

41 Così OGRIS e OBERHAMMER, nella prefazione del Regolamento giudiziario di Giusep-pe II. 1781, a cura di PICARDI e GIULIANI, p. LV.

42 Si ricorda che nel processo civile conseguente al c.d. jüngster Reichsabschied del 1654nel giudizio di appello le parti potevano recuperare quei mezzi di attacco o di difesa, che inprimo grado non avevano considerato necessari o utili, prestando giuramento (§ 73).

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ 157

sentito dal giudice, prima di acconsentire all’introduzione dei nuovi «am-minicoli»).In questo modo era possibile introdurre in giudizio non soltanto fatti

ostativi a quelli allegati dall’avversario, ma anche fatti concorrenti a quelligià introdotti per sostenere l’accoglimento o il rigetto della domanda.Iniziava, quindi, a farsi strada una maggiore sensibilità alle esigenze di-

fensive, conseguenti allo svolgimento del contraddittorio.Questa remissione in termini rischiava però di rompere il rigido ingra -

naggio della dipendenza conseguente all’applicazione del principio dieventualità.Occorreva comunque che l’introduzione del fatto provenisse dalla par-

te. Il giudice manteneva un ruolo assente nella costruzione dell’edifico delfatto. Anzi. Era tenuto a considerare come vere le circostanze allegate dal-la parte, senza quindi necessità di prova, qualora l’avversario non avessereplicato nel termine assegnato (§§ 46, 52).

5. Limiti del principio di eventualità, relativamente all’allegazione deifatti, e suo abbandono. Principio dell’oralità nella trattazione. Signi-ficato

La costrizione operata dal principio di eventualità spingeva le parti adallegare contemporaneamente fatti tra di loro contraddittori o, comun-que, a prima vista non rilevanti, così causando un gonfiamento della ma-teria del processo 43.Il processo così diventava sempre più artificioso e lontano dalla realtà

sostanziale, su cui si sarebbe dovuto decidere.La stessa sentenza sulle prove doveva tener conto di tutti i fatti allega -

ti, anche se tra di loro alternativi, e finiva così per essere una mera Re-chenwerk, vale a dire una mera operazione contabile.Nella successiva fase istruttoria, in quanto governata anch’essa dal

principio di eventualità, si assisteva ad una complessa deduzione ed assun -zione di mezzi istruttori, relativamente a tutti i fatti considerati rilevantinella precedente sentenza sulle prove.

43 Cfr. A. BLOMEYER, Zivilprozeßrecht, cit., § 23, I, 3; GRUNSKY, Grundlagen, cit., § 24,II, 2b; VOLLKOMMER, Die lange Dauer der Zivilprozesse und ihre Ursachen, in ZZP 81, 1968,p. 112; JAUERNIG, Zivilprozeßrecht, 23a ed., München, 1991, § 28, III, 1.

158 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Soltanto alla fine si riusciva con molta difficoltà ad estrarre da tutti ifatti dedotti, quelli effettivamente capaci di fondare la decisione.A ciò si aggiunga che il processo era rigidamente scritto e procedeva

tramite lo scambio di scritture. Ma all’epoca per l’effettuazione, riprodu -zione e trasmissione delle scritture le parti non avevano a disposizione gliodierni mezzi tecnici, con conseguente ulteriore rallentamento del corsodel processo.Per questi ed altri motivi il processo comune tedesco, invece di conse -

guire il desiderato acceleramento della lite, finiva per causare le cosiddet-te lites immortales 44.Sarà proprio presso i tribunali dei Länder che inizierà a svilupparsi un

diverso tipo di procedimento, specialmente a seguito della penetrazione, aseguito di eventi bellici, del codice di procedura francese, che era ispiratoa principî opposti.Il principio di eventualità, unitamente alla divisione del processo in

due parti tramite la sentenza sulle prove, venivano definitivamente abban -donati con la ZPO del 1877, che accoglieva l’opposto principio dellatratta zione orale 45.La domanda doveva essere semplicemente «individuata» e non più

«sostanziata», cioè era necessaria soltanto l’individuazione del diritto con -troverso. La trattazione orale era preparata tramite lo scambio di scritture;le parti poi oralmente potevano completare e precisare i propri mezzi diattacco e di difesa 46. In questo senso l’oralità si contrapponeva alla formascritta, benché naturalmente quanto affermato dalle parti in udienza veni-va verba lizzato 47.

44 Cfr. PICARDI, Processo civile (diritto moderno), cit., p. 113, che riporta il seguenteadagio, con riguardo al processo davanti al tribunale camerale dell’impero nel periodo incui aveva sede a Speyer (Spira): «Spirae spirare lites, numquam expirare: litigantes diu spe-rare, numquam adspirare», ovvero, in forma più sintentica «Spirae lites, spirant non expi-rant».

45 Il tema dell’oralità (spesso unito a quello dell’immediatezza e della concentrazione)ricorre lungo tutta la storia e l’evoluzione del processo, con maggior vigore in periodi diriforme. Non è pertanto possibile offrire esaurienti e complete indicazioni bibliografiche.Ci si limita, pertanto, a rinviare al recente contributo di DENTI, Oralità, in Enc. giur. Trec-cani, Roma, 1990, vol. XXI e alle indicazioni ivi contenute. A noi interessa il sistema pro-cessuale tedesco conseguente alla ZPO del 1877. Sul punto cfr. LUISO, Principio di even-tualità, cit., p. 216 ss. e gli autori tedeschi citati nel presente paragrafo.

46 Vedi per tutti WACH, Mündlichkeit und Schriftlichkeit, cit., p. 27 ss.47 Molto chiaro sul punto WACH, Mündlichkeit und Schriftlichkeit, cit., p. 5 ss., in com-

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ 159

Oralità significava unitarietà del procedimento, non più frazionato in fa-si successive e senza la previsione di una sequenza procedimentale rigidacon termini perentori per l’introduzione in giudizio dei fatti rilevanti perla decisione.L’oralità era quindi riferita alla trattazione, cioè alla raccolta e prova

del materiale di fatto; comportava la possibilità di allegare non soltantofatti ostativi a quelli allegati dall’avversario, ma anche fatti concorrenti aquelli già allegati; richiedeva un ruolo attivo del giudice di direzione delprocesso.Il principio dell’oralità, quindi, può essere riferito alla forma della trat-

tazione, ma va riferito non tanto alla forma della singola attività di alle -gazione dei fatti (che poteva avvenire tramite atto scritto) quanto alla for-ma della generale attività di raccolta del materiale di fatto (Sammlung desProzessstoffs), non più suddivisa in fasi secondo una rigida sequenza im -prontata al criterio della dipendenza delle difese da quelle fatte valere dal -l’avversario.In sintesi, l’oralità riguarda la forma in cui viene attuato il contrad -

dittorio e, quindi, il contenuto dell’attività di allegazione: controdeduzionelibera, comprensiva dei fatti concorrenti a quelli già allegati, invece checontrodeduzione limitata ai soli fatti ostativi a quelli affermati dall’avver-sario 48.Venivano così eliminate le preclusioni a carico delle parti, con il grave

rischio di facilitare eventuali tattiche dilatorie.Si indicavano come rimedi per scongiurare un eccessivo rallentamento

dello svolgimento del giudizio: l’uso di scritture preparatorie (vorberatendeSchriftsätze), al fine di delimitare la cornice della materia di contesa 49; il ca-rico di costi processuali, come speciale sanzione per l’allegazione tardiva diun mezzo di attacco o di difesa, che poteva essere effettuata per tempo 50; il

mento del § 119 della ZPO del 1877, secondo cui «Die Verhandlung der Parteien über denRechtsstreit vor dem erkennenden Gericht ist eine mündliche», vale a dire «la trattazionedelle parti sulla lite davanti al giudice della cognizione è orale».

48 LUISO, op. ult. cit., p. 216, riferisce il principio dell’oralità al contenuto e non già al-la forma della trattazione, probabilmente per esaltare il netto distacco dal sistema proces-suale improntato al principio di eventualità.

49 Cfr. i §§ 120 e 121, osservando che secondo il § 120 la trattazione orale è preparatacon lo scambio di scritture soltanto nei processi con avvocati e, comunque, la mancanza diqueste scritture non comporta svantaggi.

50 Cfr. i §§ 251 e 256 della ZPO del 1877 e il commento di WACH, Mündlichkeit undSchriftlichkeit, cit., p. 33 ss.

160 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

rafforzamento e l’utilizzo dei poteri di direzione del processo da parte delgiudice 51.In sintesi, alla previsione di una fase di trattazione a contraddittorio li -

bero deve accompagnarsi, come contrappeso, un rafforzamento dei pote-ri di guida del processo da parte del giudice, a conferma della regola percui lo svolgimento della trattazione secondo rigide regole ed il potere delgiudice di direzione del giudizio stanno in rapporto proporzionalmenteinverso.Questo potere di guida del processo affidato al giudice, specialmente

se riguardante anche il rilievo di fatti dagli atti di causa, deve a sua voltaavere come contrappeso il rispetto del contraddittorio nei confronti delleparti, che devono essere poste in grado di replicare alle iniziative ufficiosedel giudice 52.

6. Significato e contenuto del principio di eventualità, con particolareriferimento all’allegazione dei fatti. Domanda e allegazione dei fatti

Abbiamo visto che le principali caratteristiche del sistema processualeimprontato al principio di eventualità, nella sua versione più matura,posso no essere sintetizzate in due espressioni:

a) Kampf in geordneten Gängen;b) großen Drama in zwei Akten.

51 Cfr. i §§ 252, 502, 339, 367, 398 della ZPO del 1877 e il commento di WACH, Münd-lichkeit und Schriftlichkeit, cit., p. 34 ss., anche per l’illustrazione dei motivi per cui il giu-dice non faceva uso del potere di guida del processo (in particolare, subordinazione adistanza di parte).

52 Cfr., ex pluribus, CAPONI, La rimessione in termini nel processo civile, Milano, 1996,p. 125 ss. e 253 ss.; PROTO PISANI, La nuova disciplina del processo civile, cit., p. 140; FER-RI, Sull’effettività del contraddittorio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1988, p. 780 ss.; ID., Con-traddittorio e poteri decisori del giudice, in Studi urbinati, 1980-1982, ma 1984, p. 3 ss.;CHIARLONI, Questioni rilevabili d’ufficio, diritto di difesa e «formalismo delle garanzie», inRiv. trim. dir. proc. civ., 1987, p. 569 ss.; FRANCHI, Processo civile italiano e diritti dell’uo-mo, in Atti del convegno svoltosi a Parma il 10 dicembre 1976, L’eguaglianza delle armi nelprocesso civile, Milano, 1977, p. 65 s.; TARZIA, Parità delle armi tra le parti e poteri del giu-dice nel processo civile, in Atti del convegno svoltosi a Parma il 10 dicembre 1976, cit.,p. 253 ss. ed ora in Problemi del processo civile di cognizione, Padova, 1989, p. 311 ss.; TA-RUFFO, Tendenze di riforma del processo civile e poteri del giudice, in Questione giustizia,1987, p. 762 ss.; DENTI, Questioni rilevabili d’ufficio e contraddittorio, in Riv. dir. proc.,1968, p. 127 ss.

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ 161

Con la prima espressione si fa riferimento alle modalità di raccolta delmateriale di fatto. Tali modalità riguardano innanzitutto il contenuto del-la domanda e poi l’attuazione del contraddittorio.Con la seconda espressione si fa riferimento alla suddivisione del pro -

cesso in due fasi, separate da una sentenza vincolante (Beweisurteil).Si tratta adesso di verificare queste caratteristiche con riferimento alla

disciplina dell’allegazione dei fatti.Iniziamo con il prendere in considerazione le modalità di raccolta del

materiale di fatto.Innanzitutto rileva il contenuto della domanda.Nell’analisi condotta nella prima parte di questo lavoro, abbiamo visto

che il tentativo di estendere all’allegazione dei fatti costitutivi la disciplinadella domanda, con conseguente rimessione al potere monopolistico diparte, passa da due strettoie: la dimostrazione che l’allegazione dei fattico stitutivi è un momento essenziale della domanda giudiziale; la dimo stra -zio ne dell’esistenza di un vincolo rigoroso di corrispondenza tra domandae decisione del giudice, anche sotto il profilo fattuale.Ebbene, nel sistema processuale improntato al principio di eventualità

la domanda deve essere sostanziata: si impone all’attore di procedere aduna Geschichtserzählung, cioè ad una scomposizione della fattispecie neisingoli elementi di fatto, anche nel caso in cui sia controverso un dirittoautoindivi duato, come il diritto di proprietà di un bene.Abbiamo visto che l’origine della teoria della sostanziazione della do-

manda si colloca nel sistema processuale tedesco improntato al principiodi eventualità. L’indicazione del profilo fattuale costitutivo del diritto con -troverso non è soltanto un’opportunità, ma è necessaria per consentirel’inizio di un processo. La domanda, prima ancora di essere notificata acontroparte, viene esaminata dal giudice. Il giudice emetterà una pronun-cia di rigetto (provvisoria, con riserva di accettazione) nel caso in cui ladoman da appaia unschlüssig, vale a dire non concludente. La domanda èunschlüssig nel caso in cui, pur individuando il diritto controverso (ad es.,proprietà di un bene), non indichi i fatti che, una volta sussunti sotto lenorme giuridiche, giustifichino l’affermazione che il diritto preteso è sor-to e rendano ammissibile una favorevole decisione di merito.La prima strettoia per estendere all’allegazione dei fatti costitutivi la di-

sciplina della domanda è pertanto attraversata.Ma, come rilevato nella prima parte di questo lavoro, la dimostrazione

che la domanda, per essere ammissibile, deve contenere l’indicazione deifatti costitutivi, non implica una necessaria corrispondenza della sentenza

162 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

alla domanda, anche sotto il profilo fattuale. Altri fatti costitutivi dellostesso diritto controverso potrebbero, infatti, emergere nel corso dellatratta zione, anche su iniziativa del giudice (fermo il divieto di utilizzo del-la pro pria scienza privata) ed essere posti a fondamento della decisione.Rileva, quindi, la capacità contenutistica del giudizio e, in particolare,

la possibilità di aggiungere (o quanto meno far emergere dagli atti di cau-sa) altri profili fattuali costitutivi del diritto controverso. In ciò la caratteristica più importante del sistema processuale impron -

tato al principio di eventualità, che si passa ad esaminare.

7. Struttura e capacità contenutistica del giudizio, con riferimento aifatti

L’attuazione del principio di eventualità rende il processo un Kampf ingeordneten Gängen, prevedendo un rigido ingranaggio in base al quale in -trodurre in giudizio i fatti rilevanti per la decisione.In questo ingranaggio si collocano su un piano di parità l’attore e il

convenuto, per cui identiche appaiono le modalità e le possibilità di intro-durre fatti nel processo.Vediamo come opera questo ingranaggio.Questa scansione del processo si è presentata all’inizio come obbligo

per la parte di proporre contemporaneamente tutte le attività omogenee(alle gleichartigen Handlungen) e successivamente come obbligo per laparte di proporre tutte le attività, anche diverse, ma rispondenti allo stes-so scopo processuale (alle gleichwertigen Handlungen), nell’eventualitàche una di esse risulti infondata.Viene in rilievo il termine «concorrente», per cui tutti i mezzi di attac-

co o di difesa concorrenti devono essere proposti contemporaneamente.Questo termine è spiegato, dicendo che sono concorrenti i mezzi che nonstanno l’uno con l’altro in un Bedingungsverhältnis, cioè in un rapporto diconsequenzialità 53. Ad esempio, non sono concorrenti, in quanto stannoin rapporto di consequenzialità, l’allegazione e la prova dei fatti, per cui ladeduzione dei mezzi probatori può essere successiva rispetto all’allegazio-ne dei fatti da provare 54. Parimenti stanno in un rapporto di consequen-

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ 163

53 Vedi, ex pluribus, WETZELL, op. cit., p. 964 s.; SCHULTE, op. cit., p. 6, nota 27.54 In questo senso espressamente, come detto prima nel testo, il § 37 del c.d. JRA. Ve-

zialità l’allegazione di un fatto e l’eventuale replica all’allegazione di unfatto ostativo da parte dell’avversario 55.È quindi possibile nel corso del giudizio allegare nuovi fatti, ma tali fat-

ti devono essere in rapporto di consequenzialità o dipendenza rispetto aquelli allegati dall’avversario. Al contrario non è possibile allegare fatticoncorrenti con quelli già allegati.Pertanto l’attore deve proporre una domanda «sostanziata», cioè deve

indicare fin dall’atto introduttivo gli elementi di fatto sui quali intende ba-sare l’esistenza del diritto controverso. A sua volta il convenuto deve nonsoltanto contestare la proponibilità del giudizio e i fatti della domanda, maaltresì deve proporre tutte le eccezioni, cioè deve allegare tutti i fatti im-peditivi, modificativi ed estintivi. A questo punto l’attore può soltantoproporre fatti ostativi alle eccezioni dell’avversario, ma non può «tornareindietro» ed allegare un diverso profilo costitutivo del diritto controverso.Identico regime per il successivo sviluppo del contraddittorio. Il contrad-dittorio veniva così attuato tramite repliche, dupliche, tripliche, ecc. 56.

di anche Autori citati alla nota precedente. In senso contrario PROTO PISANI, In tema diprova nel processo del lavoro: temperamento al principio di eventualità, in Foro it., 1981, I,c. 2402 ss., criticato da LUISO, op. ult. cit., p. 209, nota 7; nonché SEGNI, Il principio di even-tualità e la riforma del processo civile, op. cit., p. 350.

55 LUISO, Principio di eventualità, cit., p. 209, spiega in maniera chiara il concetto, os-servando che «l’eventualità – da cui trae nome il principio – non riguarda le attività avver-sarie, sibbene le proprie. Il principio in parola, infatti, impone di far valere congiunta-mente tutti i mezzi di attacco e di difesa concorrenti, nell’eventualità, appunto che uno diessi possa risultare infondato. Insomma, l’evento dedotto (da cui trae il nome il principio)è l’inidoneità di alcune delle proprie difese, non le (future, possibili) difese altrui».Al contrario, PRÜTTING, La preparazione della trattazione orale e le conseguenze delle

deduzioni tardive nel processo civile tedesco, in Riv. dir. proc., 1991, p. 424, sostiene che«l’essenza del principio di eventualità è improntata dal fatto che ogni parte debba, all’in-terno di ciascuna fase processuale, svolgere immediatamente e completamente tutte le suededuzioni, comprese quelle di eventuale replica alle deduzioni della controparte».L’analisi dei testi normativi effettuata nel testo porta a negare validità a quanto sinteti-

camente sostenuto da Prütting con riferimento al principio di eventualità. Tuttavia, si os-serva che l’Autore accentra poi la sua analisi sulla reintroduzione del principio di even-tualità nel diritto tedesco, prendendo posizione circa la possibilità di dedurre soltanto al-cuni mezzi di attacco e di difesa e di annunciare per il resto di quali altri fatti intenda svol-gere compiutamente la deduzione ove la situazione processuale lo renda necessario, cioèesamina la necessità o meno per la parte di svolgere compiutamente e contestualmente ladeduzione di tutti i mezzi di attacco e di difesa, cioè di tutti i mezzi «concorrenti» e nonanche dei mezzi «consequenziali», cioè di replica a quanto ancora deve dedurre la contro-parte.

56 Vedi retro, § 3, testo e nota 32.

164 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

In base a questo ingranaggio trova spiegazione il reale significato dellac.d. sostanziazione della domanda. La contrapposizione tra «sostanziazio-ne» ed «individuazione» della domanda giudiziale non è una questione didiritto sostanziale, ma è «eine reine Wirkung der Processform» 57, cioè è unpuro effetto della forma del processo. La teoria della sostanziazione èl’espressione di un processo in cui «der Kläger kam bezüglich der Klagtat-sachen nur einmal zum Wort» 58, cioè l’attore ha la parola relativamente aifatti della domanda soltanto una volta, al momento della presentazionedella citazione; la teoria dell’individuazione è, invece, l’espressione di unprocesso in cui l’attore ha la possibilità di mutare nel corso del giudizio ilprofilo costitutivo del diritto controverso.La commistione tra le due teorie avviene, quando si ricostruisce la

struttura del processo, da una parte richiedendo all’attore di non limitarsiad individuare il diritto controverso nell’atto introduttivo del giudizio, maimponendogli anche di specificarne il profilo costitutivo; dall’altra parte,riconoscendo all’attore la possibilità di introdurre ulteriori profili costitu-tivi durante il corso del giudizio 59. A seguito di questa commistione, sipuò arrivare ad affermare che «le due teorie non si escludono a vicenda» 60

ovvero che si tratta «di due facce della stessa realtà» 61.Riportando la contrapposizione tra sostanziazione ed individuazione

della domanda alle sue caratteristiche originarie, possiamo affermare chela domanda sostanziata è l’espressione di un processo retto dal principiodi eventualità, in cui la domanda per essere ammissibile deve indicare ilprofilo costitutivo del diritto controverso e l’attore non ha la possibilità dimutare tale profilo costitutivo in base alle difese del convenuto, salva una

57 Così chiaramente WACH, Mündlichkeit und Schriftlichkeit, cit., p. 21. Vedi ancheMENCHINI, I limiti oggettivi del giudicato civile, cit., p. 205 s.; LUISO, Principio di eventua-lità, cit., p. 218.

58 Così HELLWIG, Lehrbuch, vol. III, cit., p. 9. Vedi anche WACH, Handbuch des deuts -chen Civilprozessrechts, cit., p. 132, secondo il quale la citazione determina «die immutableUrtheilsgrundlage».

59 In questo senso in Germania, ex pluribus, SCHMIDT, Lehrbuch, cit., p. 391 ss., mu-tando la precedente adesione alla teoria dell’individuazione espressa in Die Klagänderung,Leipzig, 1888, p. 153; GOLDSCHMIDT, Zivilprozessrecht, Berlin, 1932, p. 170 s.

60 Così GIANNOZZI, La modificazione della domanda nel processo civile, Milano, 1958,p. 39. Vedi anche FERRI, Struttura del processo, cit., p. 89.

61 Così FAZZALARI, Note in tema di diritto e processo, cit., p. 118; MANDRIOLI, Corso didiritto processuale civile, vol. I, 12a ed., cit., p. 151, nota 6; MONTESANO-ARIETA, Dirittoprocessuale civile, vol. I, cit., p. 175.

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ 165

limitata possibilità di recupero in appello o, nel regolamento giudiziario diGiuseppe II, in primo grado.Questa struttura del processo è stata valorizzata con riferimento all’og-

getto del processo e alla portata del giudicato; soltanto indirettamente conriferimento all’allegazione dei fatti, come si passa a vedere.

8. Capacità contenutistica del processo e oggetto della lite come Rechts -frage. Allegazione dei fatti come Willenserklärung

L’attenzione di chi ha preso in esame il processo tedesco improntato alprincipio di eventualità si è accentrata sul rapporto tra capacità contenuti-stica del processo e oggetto della lite.Se il processo è strutturato in maniera tale da poter contenere soltanto

i fatti costitutivi fatti valere dall’attore con la domanda, senza alcuna pos-sibilità di integrazione in corso di causa, anche in base allo sviluppo delcontraddittorio e alle difese del convenuto, si pone il problema se oggettodella lite e della decisione è il diritto sotto i tutti possibili profili costituti-vi ovvero il diritto unicamente sotto il profilo costitutivo fatto valere conla domanda.In sintesi, la contrapposizione è tra oggetto della lite e della decisione

come Recht ovvero come Rechtsfrage.Ebbene, si conclude nel senso che oggetto del giudizio non è un diritto

(Recht), ma una questione giuridica fattuale (Rechtsfrage) 62; i fatti posti afondamento della domanda, sussunti sotto una norma giuridica, rilevanonon più indirettamente al fine di individuare la situazione sostanziale con-troversa che è oggetto del processo, bensì costituiscono direttamente l’og-getto del giudizio.Quindi «die Frage der Existenz oder Nichtexistenz des subjektiven

“Rechts”, nach dieser Auffassung “nicht als solche” rechtskräftig beantwortetwird, das subjektive Recht nur sekündar rechtskräftig bejaht oder verneintwird, insofern seine Existenz oder Nichtexistenz Ausfluss und notwendigeKonsequenz der rechtskräftig entschiedenen Rechtsfrage ist» 63, vale a dire laquestione dell’esistenza o meno di un diritto soggettivo, secondo questainterpretazione non trova una risposta come tale con forza di giudicato; il

62 In questo senso SCHMIDT, Die Kläganderung, cit., p. 204.63 Così SCHMIDT, Die Kläganderung, cit., p. 178.

166 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

diritto soggettivo viene affermato o negato solamente secondariamente conforza di giudicato, in quanto la sua esistenza o non esistenza è emanazionee conseguenza necessaria della questione giuridica decisa con forza di giu-dicato. Ne consegue che non si discute dell’attuale esistenza del dirittocontroverso, bensì unicamente della questione giuridica se il diritto è sor-to a seguito di una determinata fattispecie costitutiva. Quindi, in un se-condo giudizio, potrà tornarsi a discutere di quel diritto soggettivo, essen-do alle parti unicamente preclusa l’allegazione di fatti antecedenti al com-plesso fattuale dedotto nel primo giudizio 64.In sintesi, l’allegazione dei fatti costitutivi (cioè fatti qualificati giuridi-

camente come originanti la situazione giuridica controversa) e l’oggettodel processo coincidono 65.Non è possibile in questa sede verificare la tenuta di questa ricostru-

zione, pur dovendo comunque rilevare che, nel c.d. jüngster Reichsab-schied del 1654, è previsto un giudizio di appello, nel quale le parti posso-no recuperare quei mezzi di attacco o di difesa, che in primo grado nonhanno considerato necessari o utili, prestando giuramento (§ 73); nel re-golamento giudiziario di Giuseppe II del 1781 è prevista la possibilità didimostrare di non aver omesso studiosamente una circostanza di fatto oun mezzo di prova e, quindi, di essere autorizzati ad integrare la propria li-nea difensiva (§ 48, 54).Ciò che invece rileva ai fini del nostro studio, è che, se la funzione svol-

ta dall’allegazione dei fatti costitutivi è quella di fondare l’oggetto del pro-cesso, allora la stessa si presenta a livello di struttura come una Willens -erklärung, cioè come una dichiarazione di volontà. Nel processo civile, in-fatti, spetta unicamente alla volontà dell’attore fissare l’oggetto del con-tendere.Quindi, a livello di disciplina, l’allegazione dei fatti costitutivi è intera-

mente rimessa alla parte attrice, non potendo il giudice mutare l’oggettodel giudizio, rilevando dagli atti un profilo costitutivo non espressamenteutilizzato dall’attore come fondamento della propria domanda.Inoltre, se l’attore ha la parola relativamente ai fatti della domanda sol-

tanto una volta, al momento della presentazione della citazione, e se og-getto del giudizio è una Rechtsfrage, cioè una questione giuridica fattuale,allora deve altresì ammettersi la possibilità di effettuare l’allegazione di un

64 In questo senso HELLWIG, Lehrbuch, vol. III, cit., p. 32.65 A questa conclusione giunge LUISO, Principio di eventualità, cit., p. 217.

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ 167

profilo costitutivo in via subordinata o condizionata al non accoglimentodi un altro profilo costitutivo. In quest’ipotesi, infatti, in realtà si ha la pro-posizione di due domande, cioè di due questioni giuridiche fattuali, di cuiuna in via principale ed una in via subordinata.Come si vede, funzione, natura e disciplina dell’allegazione dei fatti fi-

niscono per essere una variabile dipendente da una particolare strutturadel processo.In sintesi, nel caso in cui la capacità contenutistica del giudizio sia così

limitata da poter racchiudere unicamente i fatti costitutivi allegati dall’at-tore al momento della proposizione della domanda, allora l’allegazione deifatti costitutivi coincide con l’oggetto del processo e, pertanto, appare co-me una Willenserklärung, cioè come una dichiarazione di volontà, rimessaal potere monopolistico dell’attore.In ogni caso la disciplina dell’allegazione dei fatti risente della struttu-

ra del processo e, in particolare, delle modalità di attuazione del contrad-dittorio, a prescindere da una limitazione dell’oggetto della lite e del giu-dicato alla questione giuridica fattuale sollevata dall’attore. Anche a volerritenere che oggetto della lite è il diritto sotto tutti i possibili profili costi-tutivi, l’ingranaggio delineato dal legislatore per la trattazione della causaimpedisce un ruolo attivo del giudice nel rilievo dei fatti, come si passa adire.

9. Modalità di attuazione del contraddittorio e disciplina dell’allegazio-ne dei fatti

In applicazione del principio di eventualità, l’attuazione del contrad-dittorio avviene secondo il criterio della dipendenza: la parte, attore o con-venuto, può soltanto allegare i fatti ostativi a quelli allegati dalla contro-parte e non già fatti concorrenti a quelli già allegati.Pertanto, la particolare struttura del giudizio retto dal principio di

eventualità, impone alla parte, sia attore che convenuto, di allegare fatti invia subordinata o condizionata all’ipotesi che risulti infondato il fatto pre-cedentemente allegato 66.

66 Classico l’esempio della pentola, riportato da COSTA, Manuale di diritto processualecivile, cit., p. 260, nota 3: la parte contro la quale è richiesto il risarcimento dei danni peraver restituito rotta una pentola prestatale, si difende, dicendo: «primo, l’attore non mi haprestato niente; secondo, la pentola era già rotta; terzo, io gliel’ho restituita intera». Altro

168 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

L’allegazione dei fatti in via condizionata o subordinata rappresenta,pertanto, una conseguenza della particolare struttura del processo, nonavendo la parte la possibilità di «tornare indietro» e allegare fatti concor-renti a quelli già allegati, anche se tale integrazione dipende dall’attività di-fensiva di controparte.Il contraddittorio si attua, quindi, secondo un meccanismo rigido e pre-

determinato. Il processo appare come un Kampf in geordneten Gängen.Ebbene, proprio questo meccanismo impedisce al giudice di rilevare da-

gli atti fatti non allegati, cioè non espressamente utilizzati dalle parti, inquanto in questo modo romperebbe l’ingranaggio della dipendenza che reg-ge la fase di trattazione e che riguarda unicamente la dialettica tra le parti.Se alle parti non è consentito «tornare indietro» ad una fase preceden-

te della trattazione, a maggior ragione ciò non può essere consentito al giu-dice, per di più senza possibilità di rimettere in termini l’altra parte svan-taggiata dal rilievo ufficioso di un fatto.Del resto la possibilità di un rilievo d’ufficio di un fatto è puramente

teorica, in quanto la fase di trattazione si svolge, come detto, interamenteper iscritto, tramite lo scambio di scritture, senza alcun intervento del giu-dice.Tre notazioni importanti sono da fare:

a) entrambe le parti, attore e convenuto, sono poste su un piano di pa-rità, nelle medesime condizioni. Non si distingue tra fatti costitutivi, nonrilevabili dal giudice, in ossequio al principio dispositivo o al principiodella domanda, e fatti impeditivi, modificativi ed estintivi, al contrario ri-levabili d’ufficio dal giudice, salvo espressa contraria previsione;b) si conferma la regola per cui lo svolgimento della trattazione secon-

do rigide regole ed il potere del giudice di direzione del giudizio stanno inrapporto proporzionalmente inverso;c) non è necessario considerare l’allegazione dei fatti una Willenserklä-

rung, per escludere la possibilità di intervento del giudice; anche se l’alle-gazione dei fatti è intesa come una Wissenserklärung, la rimessione o me-

esempio è fatto da GOLDSCHMIDT, Zivilprozessrecht, cit., p. 46: il soggetto, a cui è richiestala restituzione di una somma di danaro, si difende, sostenendo: «in primo luogo, non mihai dato nessuna somma di danaro, non è vero niente; in secondo luogo, te l’ho restituitagià da un anno; in terzo luogo, mi hai dichiarato che era un regalo; in quarto luogo, il cre-dito è prescritto». Per quanto riguarda l’attore, l’esemplificazione può ad esempio riguar-dare il diritto di proprietà di un bene: l’acquisto può essere per compravendita, donazio-ne, usucapione, accessione, ecc.

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ 169

no al potere monopolistico di parte dipende dalla struttura del processo e,in particolare, dalle modalità di attuazione del contraddittorio (e non giàdalla natura dell’allegazione).

10. Suddivisione in due fasi del processo e disciplina dell’allegazione deifatti

Altra importante caratteristica del processo retto dal principio di even-tualità è la suddivisione in due fasi del processo: la prima relativa alla fis-sazione del thema probandum e decidendum; la seconda relativa all’istru-zione probatoria.Queste due fasi sono rigidamente separate l’una dall’altra da una sen-

tenza (Beweisurteil o Beweisinterlokut), che decide in maniera vincolantesulla concludenza e rilevanza dei mezzi di attacco e di difesa proposti,nonché sull’onere della prova e il termine per la deduzione dei mezzi pro-batori 67.Abbiamo visto che la lite è già decisa con la pronuncia del Beweisur-

teil, in quanto si tratta di una sentenza finale condizionata all’esito del pro-cedimento istruttorio: è già stabilito se la domanda va accolta o merita diessere rigettata, ma tale esito è conseguente alla verifica del raggiungimen-to o meno della prova sui fatti ritenuti dal giudice rilevanti, secondo lasuddivisione dell’onere della prova data dal giudice nella sentenza 68.In un sistema così delineato non è possibile né per la parte né per il giu-

dice rilevare dagli atti (ad es., da documenti) fatti precedentemente nonvalorizzati nelle proprie argomentazioni difensive ovvero utilizzare i fattinuovi risultanti dalle prove costituende (ad es., la testimonianza), in quan-to si sovvertirebbe la decisione della causa contenuta nel Beweisurteil edin quanto alle parti è preclusa la possibilità di «tornare indietro», per alle-gare e provare nuovi fatti.Pertanto il processo appare come un «großen Drama in zwei Akten» 69,

rigidamente diviso in due fasi, non comunicanti tra di loro.

67 Cfr. PLANCK, Die Lehre von dem Beweisurteil, cit., p. 225 s., il quale precisa che lateoria della sentenza sulle prove si diffuse dal Nord al Sud della Germania; SCHMIDT, Ler-buch, cit., p. 92.

68 Vedi retro, § 3.69 Così GÖNNER, in Protokolle der Kommission zur Beratung einer allgemeinen Zivil-

prozeßordnung für die deutschen Bundesstaaten, cit., p. 1755.

170 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Il principio di acquisizione riferito alle risultanze istruttorie è quindinegato non da fondamentali principî validi generalmente, quali il princi-pio dispositivo ovvero il principio della domanda, bensì dalla struttura delprocesso.Questa conclusione è facilitata dalla presenza del Beweisurteil ed, in-

fatti, il sistema processuale tedesco comune del 18° secolo è stato sceltoper la verifica delle conclusioni a cui si è giunti al termine della prima par-te di questo lavoro, proprio perché rappresenta uno dei due estremi dellapossibile regolamentazione dell’attività di raccolta del materiale di fatto.Ma, anche senza la previsione di un Beweisurteil, in ogni sistema pro-

cessuale è previsto un momento oltre il quale non è più possibile intro-durre nuove circostanze di fatto.Questo momento può coincidere con il momento in cui la causa viene

posta in decisione, cioè può essere annullata una distinzione temporale trala fase di allegazione dei fatti e la fase istruttoria 70. Ovvero può essere pre-vista una separazione tra la fase destinata alla fissazione del thema proban-dum e la fase istruttoria, anche se tale separazione non è fissata con la pro-nuncia di una sentenza irretrattabile dal giudice che l’ha emessa.Ebbene, ciò che comunque rileva è:

a) la previsione di un momento temporale a partire dal quale non è piùpossibile allegare nuovi fatti;b) da tale momento in poi, la possibilità o meno di «tornare indietro»

in caso di rilievo ex actis, ad opera della controparte o del giudice, di fattiavventizi, cioè di fatti emergenti dagli atti e precedentemente non invoca-ti come mezzo di attacco o di difesa.

È, infatti, la possibilità di «tornare indietro» a legittimare la possibilitàdi far emergere tali fatti dagli atti di causa.Questa possibilità di «tornare indietro», cioè di liberamente controde-

durre anche fatti concorrenti a quelli già allegati e di provare, va verificatanel momento in cui la controparte o il giudice fa emergere dagli atti il fat-to prima non utilizzato.Se tale possibilità di «tornare indietro» non è prevista, magari tramite

l’istituto della rimessione in termini, allora va esclusa la possibilità di rilie-vo di fatti avventizi.

70 Come avveniva nel nostro processo civile ordinario prima della riforma di cui allalegge n. 353/1990.

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITÀ 171

Questa situazione si verifica innanzitutto nel caso in cui la fase di alle-gazione è rigidamente separata dalla fase istruttoria e, pertanto, la parte sitrova priva di difesa, non avendo la possibilità di liberamente controde-durre e provare, rispetto alle nuove circostanze di fatto emergenti dal -l’istruttoria.Ma questo problema può porsi anche in un processo «aperto», cioè

con un’ampia fase destinata all’allegazione dei fatti e con la possibilità diintrodurre anche fatti concorrenti a quelli già allegati, su stimolo di quan-to rilevato dall’avversario o dal giudice ovvero di quanto comunque emer-gente dall’istruttoria (si pensi alle risultanze di una testimonianza).La possibilità di introdurre nuove circostanze di fatto e di richiedere

l’ammissione di mezzi di prova termina al momento in cui la causa vieneposta in decisione.A questo punto si possono prospettare queste ipotesi:

1) la parte utilizza nell’argomentare la propria linea difensiva una cir-costanza di fatto pur risultante dagli atti, ma prima mai invocata;2) la parte, nei limiti in cui ciò è possibile senza mutare l’oggetto del

processo, invoca l’applicazione di norme di diritto diverse da quelle pre-cedentemente richiamate e tali norme rendono rilevanti fatti ovviamentenon considerati dalla controparte;3) il giudice, al momento di decidere la causa, utilizza un fatto pur ri-

sultante dagli atti, ma su cui le parti non hanno discusso;4) il giudice sceglie una «terza via» di decisione, cioè imposta la decisio-

ne secondo norme di diritto non considerate dalle parti, che rendono rile-vanti circostanze di fatto che ovviamente le parti non hanno considerato.

In tutte queste ipotesi si pone il problema di riconoscere alla contro-parte (o ad entrambe le parti, in caso di intervento del giudice) la possibi-lità di liberamente controdedurre e provare.L’interrogativo è se la possibilità di modificare il quadro fattuale-giuri-

dico da porre a base della decisione presuppone o meno la possibilità diattuazione del contraddittorio.In questo senso particolarmente significativo appare il sistema proces-

suale francese, che si passa ad esaminare.

172 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

CAPITOLO II

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE. FATTI AVVENTIZI E MEZZI DI FATTO E DI DIRITTO. MODALITÀ DI ATTUAZIONE

DEL CONTRADDITTORIO

SOMMARIO: 1. Motivazioni e scopo dell’analisi del sistema processuale france-se. Piano di esposizione. – SEZIONE PRIMA: ARCHITETTURA DEL SISTEMA PRO -CESSUALE FRANCESE. – 2. Scansione del processo. Progressiva affermazione delruolo del giudice. – 3. Il giudice come signore dei tempi. – 4. Natura ed effica-cia dei termini fissati dal giudice. – SEZIONE SECONDA: DISCIPLINA DELL’ALLE-GAZIONE DEI FATTI. MEZZI DI FATTO E MEZZI DI DIRITTO. MEZZI MISTI DI FATTO EDI DIRITTO. FATTI AVVENTIZI. POTERI DI RILIEVO DEL GIUDICE E RISPETTO DELCONTRADDITTORIO. – 5. Innovazione del linguaggio giuridico: da cause a fonde-ment della pretesa, articolato in moyens. – 6. Apparente dicotomia tra fatto ediritto. – 7. Nozione di moyen. – 8. (segue) Varie definizioni di moyen. – 9. Po-teri di iniziativa delle parti sulla materia del contendere. – 10. Intervento delgiudice nella costruzione dell’«edificio del fatto». – 11. I fatti nel dibattimen-to. – 12. I c.d. fatti avventizi. – 13. Il principio del contraddittorio nel nuovocodice di procedura civile francese. – 14. Ambito di applicazione del principiodel contraddittorio. – 15. Modalità di attuazione del contraddittorio. – SEZIO-NE TERZA: MODALITÀ DI ATTUAZIONE DEL CONTRADDITTORIO UNA VOLTA CHIU-SA LA FASE DI MESSA IN STATO. – 16. Impostazione del problema. Evoluzione le-gislativa. – 17. Modalità di attuazione del contraddittorio durante l’udienza didiscussione. – 18. Modalità di attuazione del contraddittorio in fase di deci-sione. – 19. Sintesi e verifica.

1. Motivazioni e scopo dell’analisi del sistema processuale francese.Piano di esposizione

Con l’esame del sistema processuale tedesco retto dal c.d. principio dieventualità abbiamo compiuto soltanto una parte della verifica della con-

clusione a cui siamo giunti al termine della prima parte di questo lavoro ecioè che la disciplina dell’allegazione dei fatti è una variabile dipendenteda determinate scelte di tecnica processuale.Abbiamo visto come in un sistema processuale in cui l’allegazione dei

fatti avviene secondo un rigido ingranaggio, improntato al criterio delladipendenza, con suddivisione del processo in fasi separate, non può esser-ci intervento del giudice nella costruzione dell’edificio del fatto né la pos-sibilità per la parte di valorizzare un fatto risultante dagli atti, ma primaignorato nella costruzione della propria linea difensiva.Questa limitazione dipende dall’impossibilità per la parte di libera-

mente controdedurre, eventualmente mediante rimessione in termini.Occorre adesso esaminare un sistema processuale con una regolamen-

tazione diametralmente opposta dell’attività di raccolta del materiale difatto: il sistema processuale francese così come delineato nel nuovo codi-ce di procedura civile del 1976.Nel processo civile francese la trattazione ed istruzione della causa non

è rigidamente cadenzata con la previsione di preclusioni interne. Al centro di tale sistema sta il rapporto dialettico tra le parti e tra le par-

ti e il giudice.Scopo dell’analisi del sistema processuale francese è quindi quello di

verificare:

a) la disciplina dell’allegazione dei fatti in un processo «aperto»;b) la possibilità per le parti o per il giudice di prendere iniziative, in fat-

to o in diritto, che comportano la necessità difensiva di poter allegare nuo-vi fatti, una volta giunti in fase di decisione e, pertanto, oramai chiusa laporta all’allegazione di nuovi fatti 1.

Inoltre l’esame del sistema processuale francese potrà fornire utilispunti nella ricostruzione della disciplina dell’allegazione dei fatti, inquanto in tale sistema si tiene conto dell’interazione tra fatto e diritto equindi della necessità di sottoporre al contraddittorio delle parti anche leiniziative del giudice in tema di diritto (norma giuridica da applicare oqualificazione giuridica della situazione dedotta in giudizio).Il principio iura novit curia non libera il giudice dal rapporto dialettico

con le parti, anche se il rilievo di un moyen de droit avviene in fase di de-cisione. Si tratta di vedere come le parti sono poste in grado di controde-

1 Vedi retro le quattro ipotesi indicate in fine del capitolo precedente.

174 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

durre e, in particolare, di allegare nuovi fatti, resi rilevanti dall’imposta-zione in diritto prescelta dal giudice.Queste le motivazioni e lo scopo dell’analisi del sistema processuale

francese.Il piano di esposizione si snoda in tre sezioni: nella prima si analizza

l’architettura del sistema processuale francese e, in particolare, come è re-golata l’attività di allegazione dei fatti dal punto di vista dinamico dellosvolgimento del processo; successivamente, in una seconda sezione, si esa-minano i poteri delle parti e del giudice sui fatti (e loro qualificazione giu-ridica) entrati nell’involucro processuale, in base alle regole tecniche disvolgimento della trattazione ed istruzione della causa precedentementeesaminate; separatamente, in una terza sezione si esamina come è regolatala discussione e decisione della causa e, quindi, la possibilità per le parti edil giudice di rilevare fatti pur risultanti dagli atti, ma rimasti silenti, inquanto non considerati, ovvero la possibilità di mutare prospettazionegiuridica, quando oramai è esclusa la possibilità di allegare nuovi fatti; infine, dopo la terza sezione, un ultimo paragrafo funge da sintesi e verifica.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 175

SEZIONE PRIMA

ARCHITETTURA DEL SISTEMA PROCESSUALE FRANCESE

2. Scansione del processo. Progressiva affermazione del ruolo del giudice

Il processo civile francese non ha una scansione predeterminata dal le-gislatore in maniera generale ed astratta, con la previsione di distinte fasi(ad es., trattazione, istruzione e decisione) separate da rigide preclusioni el’eventuale ulteriore scansione di ciascuna singola fase tramite la previsio-ne di preclusioni interne 2.Al contrario, si presenta come un processo elastico, non rigidamente ed

astrattamente cadenzato. Possono distinguersi una fase di introduzionedella causa; una fase di trattazione ed istruzione, denominata di messa instato (della causa) di essere decisa; una fase di decisione.Nella fase di messa in stato della causa (fase di trattazione-istruzione)

non ci sono preclusioni o decadenze all’attività di allegazione e prova, fis-sate astrattamente dal legislatore.Tale fase di messa in stato non si apre automaticamente, ma soltanto a

seguito di esame delle necessità istruttorie della controversia.Davanti al tribunale di grande istanza 3 è il presidente che fissa la data

2 Abbiamo visto nel capitolo precedente che il sistema processuale tedesco davanti altribunale camerale dell’impero (Reichskammergericht) specialmente a seguito del jüngsterReichsabschied del 1654, in attuazione del c.d. principio di eventualità, era rigidamente ca-denzato tramite preclusioni interne, per cui l’allegazione dei fatti avveniva secondo il cri-terio della dipendenza, cioè con la sola possibilità di allegare fatti ostativi a quelli allegatidall’avversario e non fatti concorrenti a quelli precedentemente allegati. Parimenti nel si-stema processuale delineato nel regolamento giudiziario di Giuseppe II del 1781.

3 Questo tribunale ha competenza residuale su tutte le materie non assegnate a giuri-sdizioni particolari (ad es., i tribunali di commercio, i conseils de prud’hommes, i tribunaliper le controversie previdenziali; i tribunali paritetici per gli affitti dei fondi rustici). Comegiurisdizione ordinaria abbiamo anche i tribunali d’istanza, composti da un unico giudice,con una competenza per valore, in materia di obbligazioni e di diritti su cose mobili (ri-partendosi così la competenza con i tribunali di grande istanza), oltre alla competenza suparticolari materie.

176 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

della prima udienza di comparizione 4 (denominata d’appel des causes) edassegna, se è il caso, la causa ad una sezione. A tale udienza il presidentediscute con i difensori circa lo stato della causa e può:

a) pronunciare ordinanza di chiusura e fissare l’udienza di discussione(c.d. circuito breve);b) rinviare la causa ad altra udienza per consentire alle parti un ultimo

scambio di conclusioni e documenti e poi fissare l’udienza di discussione(c.d. circuito semibreve);c) designare un juge de la mise en état (giudice della messa in stato), con

il compito di preparare la controversia in collaborazione con gli avvocatidelle parti e fare in modo che la stessa pervenga all’udienza di discussionein un tempo ragionevole (a seconda della complessità della causa) prontaper essere decisa (trattazione ordinaria) 5.

Si nota sùbito, quindi, che lo svolgimento del processo, fin dalla suaapertura, tiene conto e si adegua alla realtà mutevole delle situazioni con-troverse.Questa sensibilità alla diversa complessità della materia del contendere si

avverte anche nella fase della messa in stato di essere decisa della causa, incui si precisano i fatti e si procede all’istruzione, senza alcuna preclusione in-terna o termine perentorio imposto a priori astrattamente dal legislatore 6.La conduzione di questa fase del processo non può però essere lasciata

in balìa delle parti e, in particolare, della parte che ha interesse a ritardareil momento della decisione della controversia. È per questo che si affida algiudice una direzione elastica del processo, adeguata alle difficoltà di trat-tazione, in base alla particolare materia del contendere.

4 Cfr. artt. 758, 759 n.c.p.c.5 Cfr. art. 763 ss. n.c.p.c. 6 Per correttezza si ricorda che la costituzione della quinta repubblica, approvata nel

1958, eliminava la riserva di legge quanto al processo civile (art. 34). La riserva di legge ri-mane per quanto concerne lo statuto dei magistrati e la creazione di nuove giurisdizioniparticolari. Si tenta poi di estendere la riserva di legge con riferimento a interventi coin-volgenti principî di ordine pubblico del processo civile, come il principio del contraddit-torio o il principio di indipendenza del potere giurisdizionale. Salvo queste limitazioni, co-munque, l’esecutivo può intervenire a disciplinare il processo civile, utilizzando il propriopotere regolamentare. Infatti, è l’esecutivo e non il parlamento, tramite decreto e non leg-ge, ad approvare il nuovo codice di procedura civile. Il termine «legislatore» è pertantoutilizzato in un’accezione ampia, ricomprendente anche il potere regolamentare dell’ese-cutivo.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 177

Per comprendere l’attuale ruolo rivestito dal giudice nella conduzionedel processo, merita tracciare, in sintesi, l’evoluzione legislativa, che haportato ad una progressiva affermazione del ruolo del giudice, controbi-lanciata dalla previsione di rimedi e controlli sul suo operato, interni alprocesso.Con il decreto n. 872 del 13 ottobre 1965 7, in via sperimentale in alcu-

ni organi giurisdizionali, veniva istituito un nuovo modello di trattazioneed istruzione della causa, che poggiava su questi cardini:

a) soppressione dei termini legali precedentemente fissati per lo scam-bio delle conclusioni 8 e sostituzione con termini giudiziari impartiti dalgiudice 9;b) costituzione all’interno di ciascun tribunale di un corpo di giudici

specializzati alla messa in stato (di essere decise) di tutte le cause introdot-te, senza distinzione a seconda della sezione del tribunale a cui la causa erastata assegnata. Al posto del soppresso giudice incaricato di seguire la pro-cedura 10 viene prevista la figura del juge des mises en état (giudice dellemesse in stato), distinto rispetto alla figura del juge-rapporteur, incaricatodi relazionare il collegio sulla causa in decisione.

Il modello che si intendeva affermare, secondo la relazione del primoministro al decreto, era quello di una «messa in stato puramente regolatri-ce delle cause» 11: il juge des mises en état si doveva specializzare nella solafunzione di mettere tutte le cause in stato di essere decise; giunti al mo-mento della decisione, il juge des mises en état non diventava automatica-mente juge-rapporteur, partecipando alla discussione e decisione della cau-sa che aveva istruito. Anzi, la prassi che si affermava nei tribunali di gran-

7 Si ricorda la possibilità per l’esecutivo di operare riforme in campo di diritto proces-suale civile, usando del proprio potere regolamentare.

8 Le conclusioni non rappresentano soltanto il petitum, ma più genericamente sono ilcontenitore della linea difensiva della parte, suddivisa, come si vedrà infra (§§ 7 ed 8), inmezzi di fatto e mezzi di diritto, nonché mezzi misti di fatto e diritto.

9 Cfr. MOTULSKY, La réforme du code de procédure civile par le décret du 13 octobre 1965et les principes directeurs du procès, in J.C.P., 1966, I, 1996, n. 15; HÉBRAUD, note, in D.,1967, p. 481.

10 La previsione di questo giudice, con il compito di controllare la regolarità del pro-cedimento, cercando di ridurne la durata, risale al d.l. n. 88 del 30 ottobre 1935. La con-duzione del processo rimase però saldamente nelle mani delle parti, o meglio dei loro di-fensori.

11 Cfr. GIVERDON, Rapport de synthèse, Ann. Fac. droit Lyon, 1970, II, p. 219 s.

178 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

de istanza, con eccezione di quelli di Lyon e St. Etienne, era quella di te-nere nettamente separate e distinte le due figure, per cui il juge des misesen état, una volta chiusa l’istruttoria, aveva finito il suo compito e perdevala causa, che veniva affidata ad un collegio di cui il juge des mises en étatnon faceva parte 12.Il limite di un tale modello era che il juge des mises en état finiva per di-

sinteressarsi del merito della causa, limitandosi a fissare i termini e a vigi-lare sulla loro osservanza, da buon amministratore-regolatore 13.Poiché spesso ignorava la reale natura e complessità della causa, pote-

va fissare termini arbitrari e troppo ristretti.È per questo che due anni dopo, con il decreto n. 1072 del 7 dicembre

1967, veniva imposto al juge des mises en état, prima di fissare un termine,di sentire le parti e informarsi della difficoltà della causa 14.Il diverso modello a cui si tendeva era quello della «messa in stato in-

tellettuale della causa»: il juge des mises en état deve diventare «un rouageintégré dans le mécanisme de la préparation de l’affaire au fond» 15, devecioè impegnarsi a conoscere il merito della causa, collaborando con le par-ti alla preparazione della decisione della stessa.Per attuare questo diverso modello di messa in stato della causa, con il

decreto n. 740 del 9 settembre 1971, si eliminava la figura del juge rappor-teur e si affidava l’istruzione della causa ad un giudice della sezione a cuila causa era stata assegnata.Quindi il giudice che segue l’istruzione della causa fa parte del collegio,

che poi deciderà la causa. Non c’è più all’interno di ciascun tribunale digrande istanza un corpo di giudici specializzati alla messa in stato dellacausa. Lo stesso presidente del tribunale può trattenere alcune cause co-me giudice della messa in stato.

12 Cfr. SOLUS e PERROT, Droit judiciaire privé, t. III, Sirey, 1991, n. 362, p. 320. Si notiperò che il testo del decreto del 13 ottobre 1965, n. 872 non era così chiaro nel delinearela figura del juge des mises en état. In particolare l’art. 77, secondo comma, del c.p.c., co-me risultava a seguito del decreto n. 65-872, prevedeva che tendenzialmente il juge des mi-ses en état diventava juge-rapporteur, salvo diversa decisione del presidente del tribunale.

13 Cfr. MOTULSKY, Prolégomènes pour un future code de procédure civile: la consécrationdes principes directeurs du procès civil par le décret du 9 septembre 1971, in D., 1972, chron.p. 91, specialmente nota 38.

14 Su questa forma di controllo preventivo e di collaborazione tra parti e giudice tor-neremo in seguito, nel momento in cui analizzeremo i poteri regolatori dello svolgimentodella causa affidati al giudice.

15 Così MOTULSKY, Prolégomènes pour un future code de procédure civile, op. loc. cit.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 179

Cambia anche la terminologia: al termine di juge des mises en état si so-stituisce il termine al singolare di juge de la mise en état: non è più il giudi-ce che si occupa – soltanto – della messa in stato di tutte le cause, ma il giu-dice che segue la singola causa fino alla decisione della stessa.Si noti che a tale giudice non si attribuiva significativamente la deno-

minazione di «giudice istruttore», in ossequio alla concezione tradiziona-le secondo cui spetta alle parti ogni potere di iniziativa e di impulso nelcorso del giudizio.In tale decreto n. 740 del 9 settembre 1971 veniva altresì disciplinata la

ripartizione dei poteri tra parti e giudice all’interno di «principî direttividel processo», che diverranno (con alcune importanti modifiche) i primiventiquattro articoli nel nuovo codice, entrato in vigore il 1° gennaio 1976.Cambia completamene il metodo di codificazione 16: non più un insie-

me di norme regolanti il procedimento davanti ai tribunali civili 17, da con-siderare il procedimento tipico, con la previsione poi di varianti per i pro-cedimenti davanti alle altre giurisdizioni 18; ma la costruzione con rigorescientifico e dogmatico di una prima parte (il primo libro) contenente ladisciplina generale del processo, valida generalmente per qualsiasi giuri-sdizione, salvo poi prevedere disposizioni specifiche per ciascuna giurisdi-zione, come specificazione delle regole generali prima enunciate.I primi tre articoli del nuovo codice, cioè i primi tre principî direttivi

del processo, riguardano proprio le modalità di svolgimento dello stesso eil diverso ruolo giocato dalle parti e dal giudice, come si passa ad esami-nare.

3. Il giudice come signore dei tempi

Esaminiamo, quindi, come in sede di codificazione è stato ricercato ilmutevole punto di equilibrio tra iniziativa di parte e direzione del giudice

16 Si aggiunga che la codificazione è avvenuta «a sussulti», cioè con la successiva pro-mulgazione di decreti, destinati poi ad essere incorporati nel nuovo codice. Su queste mo-dalità di regolamentazione e sulle proteste conseguenti (marcia degli avvocati per le stradedi Parigi) si rinvia a PERROT, Il nuovo codice di procedura civile francese, in Riv. dir. proc.,1976, p. 281 ss.

17 Si ricorda che nel 1858 i tribunali civili hanno preso la denominazione di «tribunalidi grande istanza».

18 Così nel vecchio codice di procedura civile del 1806.

180 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

nella conduzione del processo civile, nel tentativo di contenere la duratadel processo in tempi ragionevoli e nello stesso tempo di consentire alleparti di esercitare compiutamente il loro diritto di azione e difesa.Il sistema processuale da delineare doveva tener conto da un lato del

fallimento del metodo della «messa in stato puramente regolatrice dellacausa» e, dall’altro lato, del tradizionale ruolo passivo del giudice nellaconduzione del processo, quando controverso è un diritto disponibile del-le parti.Ebbene, i primi due articoli del nuovo codice, in ossequio alla conce-

zione tradizionale del processo come cosa delle parti, affermano che leparti introducono la causa 19 ed hanno la libertà di porvi fine e che sono leparti (e non il giudice) a condurre la causa.Tali iniziali affermazioni risultano però sùbito corrette e, in pratica,

quanto a sorte del giudizio una volta promosso, annullate.Così il potere di condurre la causa si scolora, nel momento in cui, nel-

lo stesso articolo, si aggiunge che spetta alle parti compiere gli atti del pro-cesso nelle forme e nei termini richiesti. E questi termini (nonché le misu-re necessarie), come precisa il successivo art. 3, sono impartiti dal giudice.La trattazione ed istruzione della causa non è quindi né cadenzata

astrattamente dal legislatore, mediante la previsione di successive fasi de-marcate da termini perentori, né abbandonata all’iniziativa della parte piùdiligente.Entra in gioco il giudice, con il compito di vegliare sul buon e leale

svolgimento della causa (artt. 3 e 763, secondo comma, n.c.p.c.), seguen-do, indirizzando e coordinando le iniziative delle parti (in particolare,scambio di conclusioni 20 e comunicazione di documenti 21).Si conferma così la regola, secondo la quale nella conduzione del pro-

cesso i poteri del giudice sono limitati non tanto dai poteri delle parti

19 Ad eccezione delle ipotesi previste dalla legge, come nel caso di tutela dei minori edegli incapaci maggiorenni e delle procedure concorsuali.

20 Si ricorda nuovamente che le conclusioni non rappresentano soltanto il petitum, mapiù genericamente sono il contenitore della linea difensiva della parte, suddivisa, come sivedrà infra (§§ 7 ed 8), in mezzi di fatto e mezzi di diritto, nonché mezzi misti di fatto e di-ritto.

21 Si fa presente che i documenti rappresentano in larga misura il supporto probatoriodei fatti allegati dalle parti. La stessa prova testimoniale è sostituita dall’uso delle attesta-zioni, che sono dei documenti datati e sottoscritti dal loro autore, contenenti la descrizio-ne dei fatti, ai quali l’autore ha assistito o che ha personalmente constatato (artt. 200-203n.c.p.c.).

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 181

quanto dalle previsioni del legislatore, che può delineare un’architetturarigida e chiusa del procedimento, suddiviso in fasi rigidamente separate,con conseguente annullamento dei poteri di intervento e conduzione siaper le parti che per il giudice.Due sono gli aspetti che rilevano:

a) interazione tra parti e giudice nella conduzione del processo;b) possibilità di liberamente controdedurre, a fronte di iniziative del

giudice o della controparte in fatto o in diritto.

Questi due aspetti sono strettamente collegati: maggiori e più stringen-ti poteri del giudice devono essere controbilanciati da un più pregnantecontrollo ad opera delle parti.Ad esempio, la possibilità per il giudice di cadenzare lo svolgimento del

processo tramite la fissazione di termini perentori per lo svolgimento dideterminate attività può pregiudicare il diritto di difesa delle parti e il ri-spetto del contraddittorio e, pertanto, deve essere controbilanciata da unrafforzamento delle possibilità di controllo.Ebbene, a norma dell’art. 764 n.c.p.c. il giudice della messa in stato fis-

sa i termini necessari per l’istruzione della causa di volta in volta, tenendoconto di:

1) natura, urgenza e complessità della causa;2) opinione delle parti.

Quindi, le parti e il giudice sono tenuti a collaborare nella conduzionedel processo e devono avere come riferimento la concreta e particolare si-tuazione sostanziale oggetto della lite 22.Si è addirittura giunti a teorizzare la stipulazione di un «contrat de

procédure», contenente il calendario della causa, in particolare in gradod’appello 23. Trattasi di una forzatura, che può al contrario, se spinta aisuoi estremi, irrigidire ingiustificatamente lo svolgimento del processo. In-vece l’andamento del processo deve essere fluido ed elastico, capace di

22 Si ricorda che tale obbligo di provocare l’opinione delle parti fu previsto con il de-creto n. 1072 del 7 dicembre 1967.

23 Cfr. ESTOUP, Le contract de procédure en appel, in D., 1985, chron., p. 195; ID., Lecontract de procédure: illusions et réalités, in Gaz. Pal., 1985, 2, doct., p. 680. Contra, CA-RATINI, Le contract de procédure : une illusion, in Gaz. Pal., 1985, 2, doct., p. 639 ; ID., Apropos du «contract de procédure», in Gaz. Pal., 1986, 1, doct., p. 61; GAUDIN, Le contractde procédure : une troisième voie, ibidem.

182 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

adattarsi alle peculiarità della situazione controversa e del concreto evol-versi della lite. È per questo che il giudice deve fissare i termini «di voltain volta» 24.Si tratta adesso di esaminare come si concilia la finalità di arrivare alla

decisione della controversia in breve tempo con quella di consentire alleparti di potersi difendere liberamente, con la possibilità di introdurrenell’involucro processuale tutto quanto può servire per aver ragione, so-prattutto in risposta al rilievo da parte dell’avversario o del giudice di fat-ti pur risultanti dagli atti, ma prima non considerati ovvero in risposta almutamento di prospettazione giuridica della materia del contendere.La possibilità per la parte di liberamente controdedurre presuppone

l’assenza di una preclusione ovvero il diritto ad una rimessione in termini.Il cuore della questione si colloca quindi innanzitutto nella natura dei

termini fissati dal giudice nel corso della «messa in stato» della causa di es-sere decisa e nella possibilità di controllo per le parti.Successivamente, una volta posta la causa in decisione, nel diritto a li-

beramente replicare e controdedurre in fatto e in diritto in risposta al ri-lievo da parte dell’avversario o del giudice di fatti pur risultanti dagli atti,ma prima non considerati ovvero in risposta al mutamento di prospetta-zione giuridica della materia del contendere.Questo secondo aspetto verrà, come detto, esaminato nella terza sezio-

ne di questo capitolo.Adesso la nostra attenzione deve accentrarsi sulla natura ed efficacia

dei termini fissati dal giudice, per verificare le limitazioni all’attività difen-siva delle parti e, in particolare, all’attività di allegazione di fatti.

4. Natura ed efficacia dei termini fissati dal giudice

Per stabilire la natura ed efficacia dei termini fissati dal giudice occor-re esaminare la disciplina normativa codicistica. Tale analisi deve esserecondotta, trattandosi di un ordinamento diverso dal nostro, liberi daglischemi concettuali tipici del nostro sistema processuale. Non bisogna for-

24 Questa espressione è stata introdotta con il decreto n. 1072 del 7 dicembre 1967,proprio per contrastare la prassi di alcuni tribunali di impartire soltanto un termine glo-bale. Tale espressione è stata poi ripresa con il decreto n. 740 del 9 settembre 1971 ed in-fine inserita nell’attuale art. 764, primo comma, n.c.p.c.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 183

zare il dato normativo per tentare di colarlo negli stampi concettuali pro-pri del nostro ordinamento.I termini fissati dal giudice non sono infatti definiti come ordinatori o

perentori né è prevista una relazione di efficacia con l’atto ad quem o conl’atto a quo.Secondo il dato normativo, abbiamo che:

1) il termine deve rispondere alla natura, urgenza e complessità dellacausa (art. 764, primo comma, n.c.p.c.);2) il termine deve tener conto delle esigenze di parte, dovendo il giudi-

ce, prima di fissarlo, ascoltare l’opinione degli avvocati (art. 764, primocomma, n.c.p.c.) 25;3) il termine fissato dal giudice deve, infatti, consentire alle parti di

scambiarsi «en temps utile» i mezzi di fatto sui quali fondano le loro pre-tese, gli elementi di prova che producono 26 ed i mezzi di diritto che invo-cano (art. 15 n.c.p.c.).

Viene, quindi, in considerazione l’aspetto qualitativo del fattore tempo:il termine assegnato dal giudice deve essere congruo e ragionevole 27 perconsentire un corretto svolgimento del contraddittorio. Per garantire il di-ritto di difesa l’ampiezza della distantia temporis deve tener conto, in ge-nerale, della natura, urgenza e complessità della controversia, e, in partico-lare, dell’attività richiesta alla parte (di regola, conclusioni aggiuntive oproduzione di documenti) 28.

25 Abbiamo visto che quest’obbligo fu inserito con il decreto n. 1072 del 7 dicembre1967, proprio per costringere il giudice a tener conto delle peculiarità della controversia e,in particolare, della complessità della causa.

26 Si ricorda che i documenti rappresentano in larga misura il supporto probatorio deifatti allegati dalle parti, essendo la stessa prova testimoniale sostituita dall’uso delle atte-stazioni, che sono dei documenti datati e sottoscritti dal loro autore, contenenti la descri-zione dei fatti, ai quali l’autore ha assistito o che ha personalmente constatato (artt. 200-203 n.c.p.c.).

27 Sul concetto di termine congruo e/o ragionevole vedi PICARDI-MARTINO, Termini: I)Diritto processuale civile, in Enc. giur., Roma, 1994, p. 17 s. ed ivi ulteriori citazioni.

28 Ovviamente sono gli avvocati a sapere quanto tempo è loro necessario per compie-re una determinata attività. Per questo il giudice è tenuto a sentirli prima di fissare un ter-mine. L’obiettivo è quello di concordare con gli avvocati delle parti l’ampiezza del termi-ne da fissare, tale da non pregiudicare un corretto esercizio della difesa nel rispetto delcontraddittorio. Spesso è anzi l’avvocato della parte a rivolgersi al giudice per richiederglila fissazione di un termine, al fine di presentare delle conclusioni aggiuntive. In tal caso ilgiudice fisserà altro termine per consentire alle altre parti costituite, tramite i loro avvoca-

184 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Non viene quindi in rilievo la natura ordinatoria o perentoria ovverodilatoria o acceleratoria del termine, ma la sua funzione qualitativa di stru-mento per il corretto svolgimento del contraddittorio, sentiti i diretti inte-ressati, cioè gli avvocati delle parti.Proprio in considerazione del rispetto del diritto di azione e di difesa,

si apprezzano le modalità di controllo del corretto esercizio da parte delgiudice del potere di fissare questi termini e gli effetti dell’inadempimentodel termine fissato dal giudice.Quanto alle modalità di controllo, l’eventuale omissione da parte del

giudice dell’obbligo di sentire gli avvocati delle parti prima di fissare il ter-mine o di tener conto della natura, complessità ed urgenza della causa,non inficia la validità del termine così fissato. La parte non può impugna-re l’ordinanza del giudice della messa in stato, con cui viene fissato il ter-mine (a norma dell’art. 776 n.c.p.c. tutte le ordinanze del giudice dellamessa in stato non sono suscettibili di opposizione).La parte potrà però impugnare la decisione di merito sotto il profilo

della violazione del diritto di difesa, a causa dell’eccessiva brevità del ter-mine fissato dal giudice 29.Questa indiretta possibilità di controllo si lega al particolare regime di

efficacia del termine fissato dal giudice.Si prevede, infatti, che il giudice:

a) può accordare «des prorogations de délai» (art. 764, secondo comma,n.c.p.c.;b) può, su domanda del convenuto, dichiarare caduque la citazione e

chiudere il processo, allorché l’attore non compia l’attività richiesta neltermine assegnato tramite injonction 30 (art. 469, secondo comma,n.c.p.c.);c) può disporre, nel caso una delle parti non compia l’attività richiesta

ti, di replicare. Tecnicamente la richiesta dell’opinione agli avvocati, prima di fissare untermine, avviene nella forma di conferenze informali sulla stato della causa ovvero in sedeformale di udienza. La fissazione del termine e l’injonction del giudice di provvedere pren-dono la forma di un bulletin, datato e sottoscritto dal giudice della messa in stato (art. 826,secondo comma, n.c.p.c.), spesso di colore diverso a seconda del contenuto, di cui una co-pia è consegnata all’avvocato e altra inserita nel fascicolo d’ufficio.

29 Cfr. Cass. civ., 28 novembre 1978, in Bull. civ., I, n. 364, p. 283.30 Come supra (nota 28) detto, tale ordine del giudice prende la forma di un bulletin,

datato e firmato dal giudice, di cui una copia è consegnata all’avvocato ed altra inserita nelfascicolo d’ufficio.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 185

nel termine assegnato (tramite injonction), d’ufficio o su domanda di parte,la chiusura dell’istruttoria e il rinvio della causa davanti al tribunale per ladecisione;d) è tenuto a pronunciare l’ordinanza di chiusura dell’istruttoria, con

conseguente passaggio alla fase di decisione, nel caso in cui sia la parte di-ligente a richiederlo, in considerazione dell’inattività di controparte neltermine fissato (tramite injonction), salvo, in casi particolari, rifiuto moti-vato (art. 780 n.c.p.c.);e) può d’ufficio disporre la cancellazione della causa dal ruolo, quando

entrambe le parti non compiano l’attività richiesta nel termine assegnato(tramite injonction), dopo aver sentito gli avvocati delle parti (art. 781n.c.p.c.).

Vediamo, quindi, che da una parte il termine fissato dal giudice può es-sere prorogato, anche più volte; dall’altra parte, l’inosservanza di tale ter-mine è sanzionabile con la chiusura dell’istruttoria ovvero con la cancella-zione della causa.La cancellazione della causa è prevista nel caso che entrambe le parti

siano inadempienti; la chiusura dell’istruttoria nel caso in cui soltanto unaparte sia inadempiente.Dopo la pronuncia dell’ordinanza di chiusura dell’istruttoria, nessuna

conclusione può essere depositata e nessun documento può essere pro-dotto, a pena di irricevibilità pronunciata d’ufficio (art. 783 n.c.p.c.) 31.La parte inadempiente si trova così esposta a perdere la causa, se non

ha ancora sufficientemente argomentato e provato la propria pretesa (ac-coglimento o rigetto della domanda).È però possibile che la chiusura anticipata dell’istruttoria pregiudichi

la parte diligente, che non ha ancora compiutamente supportato la pro-pria posizione difensiva.La chiusura dell’istruttoria può, infatti, essere pronunciata non soltan-

to in caso di richiesta della parte diligente (a seguito di valutazione delleconcrete possibilità di vittoria), ma d’ufficio anche contro la volontà dellaparte diligente.Questa possibilità non era inizialmente prevista nel decreto n. 740 del

9 settembre 1971. È stata introdotta con il decreto n. 1122 del 17 dicem-

31 Salvo, come vedremo infra nella terza sezione di questo capitolo, la possibilità discambiare delle notes en délibéré. È possibile, nei casi eccezionali previsti dall’art. 784n.c.p.c., la revoca dell’ordinanza di chiusura dell’istruttoria.

186 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

bre 1973 (art. 178, che modifica l’art. 47 del decreto n. 71-740), proprioper rafforzare l’importanza del termine giudiziale e per riuscire a rompereuna situazione bloccata: infatti, in caso di inadempienza di una parte e didifetto di istanza di chiusura della causa ad opera della parte diligente, ilgiudice aveva le mani legate e non poteva né chiudere l’istruttoria né di-sporre la cancellazione della causa dal ruolo, essendo inadempiente sol-tanto una delle parti.Del resto il paventato attentato al diritto di difesa della parte diligente

o alla libertà di entrambe le parti di omettere una determinata attività, inpendenza di trattative, si scolora, tenuto conto che all’udienza davanti altribunale:

a) entrambe le parti possono, se d’accordo, richiedere un «retrait du rô-le», con conseguente chiusura del processo;b) in difetto di accordo, se la parte diligente ha ragione di temere una

decisione nel merito, può, se convenuto, far dichiarare caduque la citazio-ne, ovvero, se attore, può desistere dalla propria domanda.

L’ordinanza di chiusura dell’istruttoria, pronunciabile d’ufficio, comereazione all’inosservanza di un termine fissato per il corretto svolgimentodella causa, rappresenta quindi la pièce-maîtresse ovvero la clé de voûtedella messa in stato 32.Si noti bene, la sanzione non riguarda direttamente l’attività di parte

non compiuta nel termine assegnato, con conseguente decadenza da talefacoltà, ma si atteggia come risposta all’esigenza di tutela del diritto di di-fesa della controparte.Su quest’aspetto è opportuno soffermarsi.Il termine fissato dal giudice non si presenta né come requisito oggetti-

vo di validità dell’attività di parte da compiersi in detto termine né comerequisito soggettivo dell’esercizio di tale attività di parte, per cui, una vol-ta inutilmente decorso il termine assegnato, la parte non è più legittimataa compiere l’attività prevista. Secondo entrambe le due prospettazioni conla conseguente invalidità dell’attività tardivamente compiuta.Al contrario la parte può compiere l’attività richiesta anche fuori ter-

mine. Tale attività (di regola, deposito conclusioni, eventualmente conte-nenti nuovi fatti, o produzione documenti) non è automaticamente invali-

32 Cfr. SOLUS e PERROT, Droit judiciaire privé, t. III, cit., n. 399 ; PELLOQUIN, L’ordon-nance de clôture, clé de voûte de la mise en état, in Gaz. Pal., 1968, 2, doct. 39.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 187

da. L’efficacia di tale attività si lega ancora una volta al profilo qualitativodel fattore tempo non rispettato, cioè si apprezza in base alla possibile vio-lazione del diritto di difesa della controparte e conseguente violazione delprincipio del contraddittorio.È il problema delle conclusioni e produzioni della «dernière heure», ef-

fettuate dopo la scadenza del termine, ma prima della pronuncia dell’or-dinanza di chiusura dell’istruttoria 33.Ebbene, tali conclusioni e produzioni sono astrattamente ricevibili, in

quanto effettuate prima che cali la saracinesca dell’ordinanza di chiusura.Concretamente, però, il giudice non è tenuto a rinviare la pronuncia del -l’ordinanza di chiusura dell’istruttoria, in modo da consentire alla contro-parte di liberamente replicare.All’udienza di discussione il tribunale, può, anche d’ufficio, scartare

dal dibattimento le conclusioni depositate e i documenti prodotti pocotempo prima dell’ordinanza di chiusura 34, facendo leva sul principio ge-nerale di cui all’art. 15 n.c.p.c. (obbligo per le parti di scambiarsi en tempsutile i mezzi di fatto e di diritto e gli elementi di prova) e sulla applicazio-ne di tale principio disciplinata nell’art. 135 n.c.p.c., secondo cui il giudi-ce può scartare dal dibattimento i documenti non comunicati in tempoutile 35.In pratica la scadenza del termine fissato dal giudice per il compimen-

to di una determinata attività apre «une période suspecte», caratterizzatadalla minaccia di irricevibilità dell’attività compiuta in tale periodo.Rileva il pregiudizio inferto al diritto di difesa di controparte ed alla

concreta possibilità per la stessa di liberamente controdedurre in fatto ediritto.

33 Di regola, il giudice della messa in stato, proprio nello spirito di collaborazione congli avvocati per il corretto e leale svolgimento del processo (v. artt. 2, 3, 764 n.c.p.c.), co-munica in anticipo la propria intenzione di chiudere la fase di messa in stato, indicandol’udienza in cui pronuncerà l’ordinanza di chiusura e fissando termini per lo scambio di ul-time conclusioni o produzioni.

34 Cfr., ex multis, Cass. civ., 28 maggio 1990, in Bull. civ., II, n. 119; Cass. civ., 9 mag-gio 1990, in J.C.P. , 1990, IV, p. 256; Cass. civ., 11 ottobre 1989, in Bull. civ., II, n. 173;Cass. com., 17 dicembre 1985, in Bull. civ., IV, n. 301; Cass. civ., 27 febbraio 1985, in Bull.civ., II, n. 51; Cass. civ., 17 novembre 1981, in Bull. civ., I, n. 340; Cass. civ., 9 giugno 1977,in Bull. civ., II, n. 150.

35 Si fa presente che i documenti vengono consegnati all’avvocato di controparte, te-nuto a sottoscrivere un borderau, da cui risulta la data in cui tale comunicazione è effet-tuata.

188 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

In sintesi, il giudice francese appare come il «signore dei tempi» 36, es-sendo a lui rimessa la determinazione dei ritmi del processo. La conduzio-ne del processo, formalmente assegnata alle parti dall’art. 2 n.c.p.c., è inrealtà appannaggio del giudice, il quale «veille au bon déroulement del’instance» (art. 3 n.c.p.c.) 37.Tale conduzione del processo è però vincolata:

a) quanto al fine, dalla necessità di fare in modo che la causa, a secondadella sua complessità, pervenga all’udienza di discussione in un tempo ra-gionevole pronta per essere decisa;b) quanto al mezzo, dalla necessità di consentire alle parti di esercitare

compiutamente la propria difesa, sempre tenendo conto della complessitàdel l’oggetto del contendere, fissando termini e forme che consentano alleparti di scambiarsi, «mutuellement en temps utile» per poter liberamentecontraddire, i mezzi di fatto sui quali fondano le loro pretese, gli elementidi prova ed i mezzi di diritto che invocano (così l’art. 15 n.c.p.c.).

Si tratta adesso di esaminare come influisce questa elastica direzionedel processo sulla disciplina dell’allegazione dei fatti nei rapporti tra leparti e tra le parti e il giudice.

36 Così NORMAND, Processo civile (Francia), in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. XV, Torino,1997, p. 122.

37 Si aggiunga che determinate attività non sono più rimesse alla parte più diligente oalla parte più interessata, ma sono compiute direttamente dalla cancelleria: così le convo-cazioni (anche dei testimoni) e la trasmissione degli atti e processi verbali.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 189

SEZIONE SECONDA

DISCIPLINA DELL’ALLEGAZIONE DEI FATTI.MEZZI DI FATTO E MEZZI DI DIRITTO.MEZZI MISTI DI FATTO E DI DIRITTO.

FATTI AVVENTIZI. POTERI DI RILIEVO DEL GIUDICEE RISPETTO DEL CONTRADDITTORIO

5. Innovazione del linguaggio giuridico: da cause a fondement dellapretesa, articolato in moyens

Per poter compiutamente esaminare la disciplina dell’allegazione deifatti e i rispettivi poteri di iniziativa riservati alle parti e al giudice occorrepreviamente precisare lo strumentario giuridico.Questa premessa è non soltanto utile, avvicinandoci ad un sistema giu-

ridico diverso dal nostro, ma è indispensabile, considerato che nel nuovocodice di procedura civile la delimitazione dei rapporti tra parti e giudiceè segnata proprio da un’innovazione terminologica.Innanzitutto non figura più nel glossario del nuovo codice di procedu-

ra civile il termine di cause della domanda 38. Tale termine compariva nelcodice abrogato a proposito dell’effetto devolutivo dell’appello e adessonel nuovo codice è sostituito dal termine fondement 39.Non si tratta di un mero aggiornamento lessicale, ma al contrario della

volontà di ridisegnare il rapporto tra le parti e il giudice. Infatti, prima del-la riforma, tale rapporto si fondava sul divieto per il giudice di modificarela causa della domanda.

38 Tale termine si trova unicamente nell’art. 1351 c.c., a norma del quale l’autorità dicosa giudicata di una sentenza è opponibile a condizione che la nuova domanda sia fon-data sulla medesima causa.

39 L’art. 464 ancien c.p.c. prevedeva al terzo comma che non potrà essere consideratacome nuova la domanda che procede direttamente da quella originaria e tende agli stessifini, benché si fondi su delle cause o su dei motivi differenti. Adesso l’art. 565 n.c.p.c. pre-vede che «le pretese non sono nuove dal momento che tendono agli stessi fini di quelle sot-toposte al primo giudice quand’anche il loro fondamento giuridico sia differente».

190 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Il concetto di «causa della domanda» non era chiaro e si contrappone-vano tre interpretazioni:

a) «la causa è il fondamento in diritto della pretesa» 40, cioè «la regoladi diritto invocata» 41;b) la causa è «il fatto concreto, giuridicamente qualificato, sul quale si

fonda la domanda» 42;c) la causa è il «complesso di fatti», l’«edificio di fatti» costruito dalle

parti, indipenden temente da ogni qualificazione giuridica 43.

In base alla prima interpretazione il giudice era vincolato alla regola didiritto invocata dall’attore. Questa tesi era generalmente respinta, in quan-to contrastante con il principio iura novit curia.La seconda interpretazione era sostenuta dalla scuola classica, secondo

la quale il giudice poteva scegliere la regola di diritto, ma era vincolato al-la qualificazione giuridica proposta dall’attore. Ad esempio, se l’attorechiedeva il risarcimento danni a titolo di responsabilità per fatto illecito, ilgiudice non poteva qualificare i fatti come integranti la responsabilità percosa in custodia, o viceversa.Infine, per la terza interpretazione il giudice era libero di scegliere sia

la regola che la qualificazione, essendo unicamente vincolato a non pren-dere in considerazione fatti non allegati dalle parti. Si aveva così una divi-sione netta dei poteri tra le parti ed il giudice: alle parti il fatto, al giudiceil diritto. A giustificazione di questa tesi, si osservava che «tutta l’illustra-

40 Così MOREL, Traité élémentaire de procédure civile, Sirey, 1949, n. 348. Cfr. ancheSAVATIER, nota a Req. 9 giugno 1928, in D., 1928, 1, p. 153; MIMIN, nota a Req. 29 ottobre1934, in D., 1935, 1, p. 17; ESMENIN, nota a Cass. civ. 1a, 10 ottobre 1960, in J.C.P., 1961,II, p. 11980.

41 Così GILLI, La cause juridique de la demande, L.G.D.J., 1962, p. 76, ove precisa che«la nozione di causa è necessariamente giuridica e tale aspetto giuridico porta ad esclude-re tutto ciò che non è la regola di diritto invocata».

42 Così HÉBRAUD, in Rev. trim. dr. civ., 1966, p. 126. Cfr. anche GLASSON e TISSIER,Traité théorique et pratique d’organisation judiciaire, de competence et de procédure civile,1925-1936, t. III, n. 774; PLANIOL e RIPERT, Traité élémentaire de droit civil, t. II, 1949,p. 691; VIZIOZ, Etudes de procédure, 1956, p. 56 ss.; CORNU e FOYER, Procédure civile,P.U.F., 1958, pp. 367, 404; MARTIN, Le fait et le droit, ou les parties et le juge, in J.C.P.,1974, I, p. 2625.

43 Cfr. MOTULSKY, La cause de la demande dans la délimitation de l’office du juge, cit.,p. 235, n. 1; ID., Prolégomènes pour un future code de procédure civile, cit., chron. p. 91, nn.31 s.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 191

zione delle pretese da parte dell’attore può svolgersi senza che egli utilizziun solo con cetto giuridico (…), il processo può essere condotto dalle par-ti su una base formata esclu sivamente da nozioni di fatto» 44; «la colorazio-ne giuridica suggerita dalle parti non entra né nell’oggetto né nella causadella domanda» 45.Questo «carattere fluttuante e proteiforme della nozione di causa della

domanda» 46 causava disordine ed incertezze su un aspetto centrale del si-stema processuale: delimitazione dell’oggetto del contendere e poteri diintervento del giudice.Per questo il nuovo codice abbandonava il termine «causa della do-

manda» 47, sostituendolo con il termine «fondamento della domanda», ar-ticolato in moyens de fait e moyens de droit.La delimitazione del rapporto tra parti e giudice quanto a materia del

contendere si lega a questa (apparente) contrapposizione tra fatti e diritto,come si passa a dire.

6. Apparente dicotomia tra fatto e diritto

Il nuovo codice di procedura civile, alla cui stesura partecipò attiva-mente Henri Motulsky, proprio per superare le incertezze sulla nozione dicausa della domanda e, conseguentemente, sui poteri di intervento delgiudice, opera una netta distinzione tra fatto e diritto.

44 Così MOTULSKY, La cause de la demande, cit., n. 8. Cfr. dello stesso Autore ancheL’office du juge au regard du fondement de l’action, in J.C.P., 1952, II, p. 7325 ss.; Le rôlerespectif du juge et des parties dans l’allégation des faits, Etudes de droit contemporain, Si-rey, 1959, fasc. XV, t. 2, p. 355; La réforme du code de procédure civile, cit., p. 1996; Prolé-gomènes pour un future code, cit.Cfr. anche PARODI, L’esprit général et les innovations du nouveau Code de procédure ci-

vile, ed. Répertoire du Notariat-Défrenois, 1976, n. 30; CORNU, Regards sur le Titre III dulivre III du Code civil, Cours DEA, Paris, 1977, nn. 183 ss.; ID., Rapport de synthèse au XI°colloque Institut Etudes Judiciaires, Poitiers, 1977, p. 120 s.

45 Così MOTULSKY, La cause de la demande, cit., n. 29.46 Così MOTULSKY, La cause de la demande, cit., n. 1.47 Alla stesura del nuovo codice di procedura civile partecipava attivamente Henry

Motulsky, insieme a Gerard Cornu ed a Jean Foyer. Questo spiega l’abbandono del ter-mine cause e l’accoglimento, come si vedrà, di una (apparentemente) netta distinzione trafatto e diritto nel nuovo codice.

192 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Il nuovo codice di procedura civile dedica infatti un’autonoma sezioneai fatti 48 ed altra separata sezione 49 al diritto.Nella terminologia usata nell’art. 15 n.c.p.c. è racchiusa la delimitazio-

ne del ruolo delle parti e del giudice, poi esplicitata in altre norme. Secon-do l’art. 15 n.c.p.c. il mezzo di fatto indicato dalla parte fonda la pretesa;viceversa la parte può soltanto invocare il mezzo di diritto. Infatti, l’art. 6n.c.p.c. prevede che «a l’appui de leurs prétentions, le parties ont la charged’alléguer les fait propres à les fonder», vale a dire che le parti, a sostegnodelle loro pretese, hanno l’onere di allegare i fatti idonei a fondarle; men-tre, a norma dell’art. 12 «le juge tranche le litige conformément aux règlesde droit qui lui sont applicables. / Il doit donner ou restituer leur exacte qua-lification aux faits et actes litigieux sans s’arrêter à la dénomination que lesparties en auraient proposée», cioè il giudice decide la causa in conformitàalle norme giuridiche che le sono applicabili; deve dare o restituire ai fattied atti della causa la loro esatta qualificazione, senza fermarsi alla denomi-nazione che abbiano proposto le parti 50.In sintesi, mentre spetta alle parti allegare i fatti rilevanti per la decisio-

ne, è invece compito del giudice dare ai fatti la qualificazione giuridica,quando le parti non l’hanno fatto, ovvero restituire l’esatta qualificazione,quando le parti ne hanno data una erronea 51.Si ha quindi una dicotomia tra fatto e diritto, uno steccato che separa

nettamente l’orticello del giudice da quello delle parti.

48 Sezione III; capitolo primo, contenente «i principî direttivi del processo»; titolo pri-mo, contenente le «disposizioni preliminari»; libro primo, contenente le «disposizioni co-muni a tutte le giurisdizioni», del n.c.p.c.

49 Sezione V; capitolo primo, contenente «i principî direttivi del processo»; titolo pri-mo, contenente le «disposizioni preliminari»; libro primo, contenente le «disposizioni co-muni a tutte le giurisdizioni», del n.c.p.c.

50 Si noti che l’art. 12, quarto comma, n.c.p.c. consente alle parti, con accordo espres-so e per i diritti di cui hanno libera disponibilità, di vincolare il giudice al fondamento giu-ridico, sul quale hanno inteso limitare la discussione. Ad esempio potrebbe trattarsi di unalite sindacale di interpretazione di una norma contrattuale. Comunque, tale ipotesi è rara.Su questa disposizione si rinvia a MIGUET, Réflexions sur le pouvoir de parties de lier le ju-ge par les qualifications et points de droit, Mélanges Hébraud, ed. Université des Sciencessociales de Toulouse, 1981, p. 567 ss.

51 Si rinvia agli esempi citati da NORMAND, I poteri del giudice e delle parti quanto al fon-damento delle pretese controverse, traduzione di Ghirga, in Riv. dir. proc., 1988, p. 730, ecioè il giudice può ritenere concluso un contratto di mutuo o di costruzione, invece delcontratto di vendita di diritto comune invocato; può considerare l’invocato contratto di la-voro a tempo determinato come contratto a durata indeterminata.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 193

Questa riforma e questa netta separazione tra fatto e diritto, tra parti egiudice, è stata oggetto di molte critiche. In particolare si contestava la vio-lazione del principio dispositivo, spettando alle parti decidere come (cioèsotto quale profilo giuridico) dedurre i lori diritti in giudizio; inoltre si tac-ciava di dogmatismo ed irrealismo la distinzione tra fatto e diritto 52.Tale (apparente) dicotomia si spiega tenendo conto delle finalità perse-

guite dai riformatori: dissolvere la confusione circa il ruolo del giudice e ilconcetto di cause della domanda; esplicitamente prevedere che il giudicenon è confinato all’interno della qualificazione giuridica prevista dalleparti, con la conseguenza non infrequente di dover rigettare una doman-da, pur se accoglibile sotto altro profilo giuridico 53, ovvero dover acco-gliere una domanda, pur se infondata sotto altro profilo giuridico 54.Insomma, si voleva, senza più fraintendimenti o tentennamenti, espres-

samente prevedere che il giudice ha un’ampia autonomia quanto alla scel-ta della norma e della qualificazione dei fatti (da dare o restituire, a secon-da che le parti abbiano o meno prescelto un inquadramento giuridico deifatti controversi).Ad ogni buon conto, con la recente riforma contenuta nel decreto

n. 1231 del 28 dicembre 1998, sono state aggiunte le parole «en fait et endroit» all’art. 56 n. 2 del codice. Pertanto l’attore, a pena di nullità della ci-tazione, deve indicare l’oggetto della domanda ed esporre i mezzi; talimezzi, adesso espressamente si prevede, devono essere sia in fatto che indiritto. L’attore non ha quindi più l’astratta possibilità di limitarsi adun’esposizione dei fatti, rimettendo al giudice il compito di dare una cor-retta qualificazione giuridica a quanto esposto, ma è tenuto a precisare ilprofilo giuridico per il quale agisce (ad es., responsabilità per fatto illecitoovvero per cosa in custodia).

52 Cfr. HÉBRAUD, Rapport de synthèse aux journées d’études des avoués près des coursd’appel, in Gaz. Pal., 1975, 2, doct. 538 ss.; ID., La verité dans le procès et les pouvoirs d’of-fice du juge, Ann. Univ. Sciences sociales de Toulouse, 1978, p. 379 ss.; PERROT, Le rôle dujuge dans la societé moderne, in Gaz. Pal., 1977, 1, doct. 97; MARTIN, Le juge devant la pré-tention, in D., 1987, chron. 35; ROTONDI, Considérations en fait et en droit, in Rev. trim. dr.civ., 1977, p. 1 ss.; MIGUET, Le double language de la prétention, in J.C.P., 1981, I, p. 3124;ID., Retour sur la distintion du fait et du droit, in D., 1987, Chron. 272; ID., Immutabilité etévolution du litige, L.G.D.J., 1977, nn. 40 ss.; HERON, nota in J.C.P., 1988, II, p. 21030 s.

53 Gli esempi più frequenti riguardano le ipotesi di responsabilità, ad es. per cosa incustodia o per fatto illecito.

54 Ad es., impossibilità per il giudice di passare da un motivo di nullità o risoluzione delcontratto ad altro.

194 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Il giudice ha, come detto, la possibilità di mutare profilo giuridico; ades., può sostenere che i fatti esposti integrano una fattispecie di responsa-bilità per cosa in custodia e non per fatto illecito.Ma, già astrattamente, la possibilità di mutare profilo giuridico presup-

pone di regola il rilievo di fatti pur versati in causa, ma non valorizzati dal-le parti nelle proprie argomentazioni difensive.Inoltre, ogni cambiamento del profilo giuridico può rendere rilevanti

altri fatti, ulteriori rispetto a quelli invocati dalle parti.Il ruolo del giudice e quello delle parti non può pertanto restare inco-

municante, essendo al contrario necessario esaltare la collaborazione traparti e giudice e prevedere gli strumenti idonei a tal fine.In questo senso è particolarmente significativo il sistema delineato nel

nuovo codice di procedura civile, così come affermatosi tra molti contra-sti nelle aule giudiziarie.Prima di passare all’esame della disciplina occorre precisare il linguag-

gio giuridico utilizzato nel nuovo codice e, in particolare, il significato deltermine moyen.

7. Nozione di moyen

Con il dichiarato fine di innovare e superare le incertezze sul concettodi cause della domanda, i codificatori, per spiegare in cosa consiste il fon-dement della domanda, introducono la nozione di moyen 55.Tale termine non ha un preciso equivalente nella nostra terminologia e,

pertanto, verrà tradotto in senso letterale con il termine mezzo.Per spiegare il termine moyen si osserva che «la parte, indirizzandosi al

giudice, deve prima enunciare ciò che si attende da lui, in seguito appor-tarne la dimostrazione, infine cercare di convincerlo. Il primo punto cor-risponde alla domanda, il secondo al mezzo, il terzo all’argomentazio-ne» 56. Quindi, il mezzo è «l’enunciazione, compiuta da una parte, di unfatto, di un atto o di un testo di legge da cui, attraverso un ragionamentogiuridico, essa pretende dedurre la fondatezza di una domanda o di una

55 Su tale nozione vedi VOULET, Le défaut de reponse à conclusion, in J.C.P., 1965, I,p. 1912; MARTIN, Sur la notion de moyen, in J.C.P., 1976, I, p. 2768 ss.; ID., Le phenomènejuridique, éd. Juridiques et tecniques, 1987, p. 70 ss.

56 Così HÉBRAUD, Rapport de synthèse aux journées d’études des avoués près des coursd’appel, cit., p. 539.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 195

difesa» 57. Il mezzo a sua volta si sviluppa in argomenti, i quali rappre -sentano l’articolazione in dettaglio del ragionamento racchiuso nel moyen.Questa definizione di moyen è oramai acquisita in dottrina e giurispru-

denza, pur con due precisazioni: un moyen può essere rilevato anche dalgiudice; può riguardare piuttosto che un «testo di legge» una «regola didiritto», in modo da dare all’espressione una maggiore ampiezza.La nozione di moyen è in rapporto di strumentalità rispetto al fonde-

ment della domanda: esso tende ad individuare e suffragare, in fatto ed indiritto, la fattispecie giuridica del diritto dedotto in giudizio.A sua volta il moyen si pone rispetto ai singoli fatti o norme di diritto

come proiezione dinamica, tendendo ad evidenziare il collegamento conl’effetto giuridico, la situazione giuridica sostanziale che si vuole vedere ri-conosciuta nella pronuncia del giudice.Attraverso le nozioni di moyen e fondement della domanda passano

molti aspetti problematici del processo, quali novità della domanda, limi-ti oggettivi del giudicato, novità in sede di impugnazione 58.Nell’economia di questo studio la nostra analisi deve limitarsi alle mo-

dalità di introduzione dei fatti nel giudizio e dei poteri di intervento delgiudice.A tal fine, prima di entrare nel vivo della questione, è necessaria un’ul-

teriore chiarificazione terminologica, relativa alle diverse accezioni dimoyen presenti nel codice ovvero surrettiziamente create da dottrina egiurisprudenza.

8. (segue) Varie definizioni di moyen

La nozione di moyen si colora di diverse accezioni, che la caratterizza-no sia dal punto di vista statico, cioè di contenuto, sia dal punto di vista di-

57 Così VOULET, op. loc. cit.58 Si ricorda che a norma dell’art. 1351 c.c. l’autorità di cosa giudicata di una sen-

tenza è opponibile a condizione che la nuova domanda sia fondata sulla medesima cau-sa; mentre a norma dell’art. 565 n.c.p.c., relativamente al giudizio di appello, una do-manda il cui fondamento sia diverso rispetto a quello prospettato in primo grado è rice-vibile soltanto se tende agli stessi fini di quella originaria, mentre un mezzo nuovo è sem-pre ricevibile.Gli esempi riguardano in particolare il tema della responsabilità ed il tema dei vizi del

contratto.

196 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

namico, cioè di proposizione e rilevazione, ad istanza di parte o anched’ufficio.Quattro le definizioni di mezzo: di fatto; di diritto; di puro diritto; mi-

sto di fatto e di diritto. L’ultima di queste definizioni non trova riscontronel codice; è frutto dell’inventiva di dottrina e giurisprudenza.Le prime due definizioni, tenendo anche conto della fluidità del lin-

guaggio giuridico francese, non presentano particolari problemi interpre-tativi: il mezzo sarà di fatto o di diritto, a seconda che faccia riferimento acircostanze fattuali ovvero a norme di diritto. Importante è tener presenteche, rispetto ai singoli fatti o norme di diritto, il mezzo si pone come proie-zione dinamica, tendendo ad evidenziare il collegamento con l’effetto giu-ridico.Ad esempio, un creditore domanda al giudice il riconoscimento in for-

ma di condanna del suo diritto alla consegna di una cosa (oggetto) sullabase di un contratto di compravendita (fondamento), facendo valere unoscambio di corrispondenza (mezzo di fatto); un soggetto chiede l’annulla-mento di un contratto (oggetto) per vizio del consenso (fondamen to), in-vocando la previsione dell’art. 1110 c.c., che disciplina l’errore (mezzo didiritto).Più problematica è la definizione di mezzo di puro diritto e, correlati-

vamente, di mezzo misto di fatto e di diritto.L’espressione mezzo di puro diritto 59 si trovava nell’art. 12, terzo com-

ma, n.c.p.c., per il quale «il giudice può rilevare d’ufficio i mezzi di purodiritto, quale che sia il fondamento giuridico invocato dalle parti», ma ta-le comma è stato abrogato dal Consiglio di Stato 60. Tale nozione, comun-que, è utilizzata in altre norme, quali ad esempio gli artt. 619 e 620 n.c.p.c.,

59 Su tale nozione vedi BORÉ, La Cassation en matiére civile, Sirey, 1980, nn. 2571 ss.;MOURY, Le moyen de droit à travers les articles 12 et 16 du n.c.p.c., Thèse Université de Pa-ris II, 1986, p. 82 ss.; NORMAND, osservazioni in Rev. trim. dr. civ., 1992, p. 175; VOULET,L’irrecevabilitè des moyens nouveaux devant la Cour de cassation en matière civile, in J.C.P.,1973, I, p. 2544 s., nn. 19 s.

60 Si tratta delle decisioni n. 1875, n. 1905 e n. 1948-1951 in data 12 ottobre 1979, inRecueil Cons. d’Et, p. 371. Con queste decisioni il consiglio di Stato ha annullato l’art. 12,terzo comma, e l’art. 16, primo comma, nella redazione uscita dal decreto n. 1122 del 5 di-cembre 1975, in quanto dispensavano il giudice dal rispetto del contraddittorio quando ri-levava d’ufficio dei mezzi di puro diritto. L’art. 16, primo comma, è stato poi riscritto daldecreto n. 500 del 12 maggio 1981, che non ha invece riformulato l’art. 12, terzo comma.Sulla vicenda, vedi le note di BÉNABENT, in D., 1979, p. 606 ss.; JULIEN, in Gaz. Pal., 1980,I, p. 6 ss.; FRANC e BORÉ, in J.C.P., 1980, II, p. 19288 ss.; NORMAND, in Rev. trim. dr. civ.,1980, p. 145 ss.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 197

relativamente al giudizio in cassazione ed individua i mezzi «che non esi-gono l’apprezzamento di alcun fatto non dedotto davanti al giudice di me-rito» 61, di alcun fatto «che non sia stato conosciuto dai giudici di merito esottoposto al loro apprezzamento» 62.Questa nozione necessita di precisazioni.Innanzitutto occorre tener presente che, al di là della qualificazione co-

me «di puro diritto», il mezzo si applica comunque a fatti, rimanendo al-trimenti «in qualche modo sospeso tra cielo e terra» 63.Le incertezze sorgono al momento di stabilire a quali fatti fa riferimen-

to il mezzo di puro diritto, in contrapposizione al mezzo misto di fatto e didiritto.Al momento della codificazione, i primi commentatori 64 intendevano

ampliare la portata della nozione di mezzo di puro diritto, a discapito del-la residuale nozione di mezzo misto di fatto e di diritto.Lo scopo era, da una parte, di accrescere i poteri di intervento del giu-

dice di merito, proponendo una nozione ampia di mezzo di puro diritto,e, dall’altra parte, di annullare ogni forma di controllo all’esercizio di talepotere, essendo il giudice libero di rilevare o meno il mezzo di puro dirit-to e, in caso di rilievo, non essendo obbligato a sottoporre il mezzo così ri-levato al contraddittorio delle parti.

61 Cfr. Cass. civ. 2a, 2 febbraio 1975, in Bull. civ., II, n. 37; Cass. com., 26 ottobre 1983,in Gaz. Pal., 1984, pan., p. 70.

62 Cfr. Cass. civ. 2a, 23 ottobre 1991, in J.C.P., 1991, IV, p. 447. Come esempi giuri-sprudenziali di mezzi di puro diritto si indicano i seguenti: inapplicabilità dell’art. 1184c.c. (relativo alla condizione risolu tiva nei contratti) al contratto di lavoro dei lavoratoriprotetti (Cass. soc., 11 febbraio 1976, in Gaz. Pal., 1976, 1, pan., p. 88); nul lità del man-dato dato ad un agente immobiliare senza la previsione di una clausola limitativa dei suoieffetti nel tempo (Cass. civ. 1a, 13 aprile 1983, in Bull. civ., I, n. 120); facoltatività, per unacassa malattie, della copertura delle spese sanitarie effettuate dall’assicurato all’estero(Cass. soc., 6 luglio 1983, in Bull. civ., V, n. 415); ammissibilità della prova testimoniale fracommercianti (Cass. civ. 1a, 20 gennaio 1981, in Bull. civ., I, n. 23); applicazione della re-sponsabilità oggettiva dello Stato, nel caso di un soggetto ferito per errore, senza colpagrave dell’agente, nel corso di un’operazione di polizia giudiziaria che non lo riguardava(Cass. civ. 1a, 10 giugno 1986, in J.C.P., 1986, II, p. 10683); applicazione delle disposizio-ni della Convenzione di Bruxelles (Cass. soc., 17 dicembre 1986, in Bull. civ., V, n. 605).Molte decisioni fanno stato della nozione di mezzo di puro diritto in materia di conflitti dilegge, sia nel tempo che nello spazio.

63 Così BORÉ, La Cassation en matiére civile, cit., n. 2571.64 Vedi CORNU, Regards sur le Titre III du livre III du Code civil, cit., n. 184; PARODI,

L’esprit général et les innovations du nouveau Code de procédure civile, cit., nn. 56 s.

198 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Infatti, la norma (poi abrogata) dell’art. 12, terzo comma, n.c.p.c., pre-vedeva che il giudice «può (e non deve) rilevare d’ufficio i mezzi di purodiritto, quale che sia il fondamento giuridico invocato dalle parti». Nes-suna contestazione poteva quindi essere mossa all’operato del giudice, incaso di mancato rilievo di una diversa prospettazione giuridica della si-tuazione controversa (ad esempio, responsabilità per fatto illecito piutto-sto che per cosa in custodia) 65. Inoltre, a norma dell’art. 16 n.c.p.c., cosìcome modificato dal decreto n. 1122 del 5 dicembre 1975, con il qualeveniva promulgato il nuovo codice, il giudice non era espressamente ob-bligato ad osservare lui stesso il principio del contraddittorio. In assenzadi una previsione specifica, mentre l’intervento del giudice nella costru-zione del l’edificio del fatto, tradizionalmente appannaggio delle parti,imponeva la provocazione del contraddittorio con le parti, al contrarioera più facile la resistenza dei giudici a discutere con le parti delle loro ri-flessioni in diritto e della soluzione giuridica che intendevano dare allacontroversia, essendo precipuo compito del giudice quello di applicare lenorme di diritto.Pertanto, rendendo più capiente la nozione di mezzo di diritto, indi-

rettamente si estendeva la sfera di esercizio del potere giudiziale di inter-vento sulla situazione controversa, sottratto al controllo delle parti.Occorreva, per raggiungere questo scopo, ampliare la ristretta nozione

di mezzo di puro diritto, valida per il giudizio di cassazione.Per questo si attribuiva alla nozione di mezzo di puro diritto uno spet-

tro di operatività diverso, a seconda che la controversia si trovasse davan-ti al giudice di merito ovvero davanti alla cassazione. Tale distinzione si le-gava all’origine dei fatti, cui si applicava il mezzo di puro diritto.Davanti alla cassazione, il mezzo è di puro diritto quando «non mette

in gioco alcun fatto che non sia stato constatato nella decisione impugna-ta» 66; cioè l’origine dei fatti deve essere nella sentenza impugnata e deverisultare, come detto, che tali fatti sono stati oggetto di apprezzamento,prova, discussione e valutazione.Davanti ai giudici di merito, il mezzo di puro diritto è quello che ri-

guarda fatti che si trovano nel dibattimento, secondo quanto previsto e di-

65 Cfr. PARODI, L’esprit général et les innovations du nouveau Code de procédure civile,cit., n. 58.

66 Così BORÉ, La Cassation en matiére civile, cit., n. 2571.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 199

sciplinato dall’art. 7 n.c.p.c. 67. L’origine del fatto si colloca, pertanto, «neldibattimento» e non già nella sentenza e diventa determinante stabilirequando il fatto è interno e non esterno al dibattimento, mentre diventa ir-rilevante stabilire se il fatto, che provoca il rilievo del mezzo di diritto, siastato oggetto di apprezzamento, discussione e valutazione ovvero sia ri-masto silente, inerte all’interno del processo, in quanto non utilizzato danessuna delle parti a sostegno della propria linea difensiva.Il perno intorno a cui ruota la questione è stabilire quando un fatto è

dentro il dibattimento.La risposta a questo interrogativo rappresenta altresì la soluzione al

problema dei poteri di intervento del giudice sui fatti versati in causa, ri-sultanti dagli atti, ma non utilizzati dalle parti a sostegno della propria li-nea difensiva.Si è così giunti al cuore del problema del rapporto tra parti e giudice,

specialmente con riferimento al rilievo dei fatti. E si è giunti a tale appro-do, partendo dalla delimitazione del mezzo di diritto, a dimostrazione del-la stretta complementarietà tra fatto e diritto, tra iniziative in tema di di-ritto ed iniziative in tema di fatto.Dare un contenuto al termine dibattimento e stabilire quando il fatto è

da considerare dentro o fuori del dibattimento, al fine del rilievo ufficiosoda parte del giudice, merita un’apposita indagine.Per il momento si osserva che questa diversa accezione di mezzo di pu-

ro diritto, oltre ad essere fonte di complicazioni, introduceva, come osser-vato 68, un’inutile polisemia: non c’è motivo di attribuire un diverso signi-ficato ed una diversa operatività alla nozione di mezzo di puro diritto, a se-conda che la controversia penda davanti al giudice di merito ovvero da-vanti alla cassazione, in quanto l’esigenza che il mezzo di diritto rilevatodal giudice trovi il suo sostrato materiale nei fatti presenti nel dibattimen-to è già assicurata dall’art. 7, primo comma, n.c.p.c., che vieta al giudice diconoscere fatti esterni al dibattimento. Pertanto l’art. 12, terzo comma,n.c.p.c. avrebbe potuto limitarsi ad affermare la possibilità per il giudice dirilevare ex officio un mezzo di diritto, senza qualificazioni, essendo già ac-quisita l’impossibilità per il giudice di eccedere dai fatti versati in causa.

67 Vedi CORNU, Regards sur le Titre III du livre III du Code civil, cit., n. 184; PARODI,L’esprit général et les innovations du nouveau Code de procédure civile, cit., nn. 56 s.

68 Cfr. SOLUS e PERROT, Droit judiciaire privé, t. III, cit., n. 103; NORMAND, osservazio-ni in Rev. trim. dr. civ., 1992, cit., p. 175.

200 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Comunque l’art. 12, terzo comma, n.c.p.c., come detto, è stato abrogato69.È pertanto preferibile, anche per chiarezza terminologica, distinguere

tra mezzo di puro diritto e mezzo misto di fatto e di diritto, in base agli ef-fetti del rilievo di un tale mezzo.Il punto di partenza è comune: la rilevazione sia del mezzo di puro di-

ritto che del mezzo misto di fatto e di diritto può scaturire unicamente dal -l’esame dei fatti che sono nel dibattimento (salvo stabilire la nozione di di-battimento e, in particolare, quando un fatto è interno o esterno al dibat-timento) e non già dalla scienza privata del giudice.La distinzione sta negli effetti di tale rilevazione: si ha mezzo di puro di-

ritto ovvero mezzo misto di fatto e di diritto, a seconda che la norma o laqualificazione giuridica non invocata, che si intende applicare, rispettiva-mente non imponga ovvero imponga la considerazione di fatti, ai quali leparti non avevano prestato attenzione.Nel caso di rilievo di un mezzo di puro diritto è sufficiente consentire

alle parti di contraddire sul punto; al contrario, nel caso di rilievo di unmezzo misto di fatto e di diritto, si pone il problema di consentire alle par-ti di allegare e provare nuovi fatti, resi rilevanti dalla nuova impostazionein diritto della causa.Questa distinzione tra mezzo di puro diritto e mezzo misto di fatto e di

diritto consente altresì di demarcare quando il giudice è obbligato e quan-do è libero di rilevare il mezzo di diritto: il giudice è obbligato a dare l’esat-ta qualificazione giuridica ai fatti interni al dibattimento, che sono stati og-getto di valutazione e discussione, eventualmente – come vedremo – su ini-ziativa dello stesso giudice; al contrario non può essere imposto al giudicedi qualificare fatti silenti, cioè fatti pur risultanti dagli atti di causa, ma ri-masti inerti, in quanto non utilizzati dalle parti a sostegno della propria di-fesa 70. In sintesi, il giudice è obbligato al rilievo del mezzo di puro diritto,mentre non è tenuto a rilevare un mezzo misto di fatto e di diritto.Chiarito lo strumentario giuridico, si può passare ad esaminare la di-

sciplina dell’allegazione dei fatti, rapportata alla struttura del processo etenuto conto dell’interazione con il diritto da applicare alla situazionecontroversa.

69 Vedi retro nota 60.70 Cfr. NORMAND, osservazioni in Rev. trim. dr. civ., 1996, p. 698. In senso critico vedi

MARTIN, L’art. 6-1 de la Convention européenne de sauvegarde des droits de l’homme contrel’art. 12 n.c.p.c., in D., 1996, chron. 20.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 201

9. Poteri di iniziativa delle parti sulla materia del contendere

Tratteggiare la disciplina dell’allegazione dei fatti, con riferimento al -l’attività delle parti, è apparentemente semplice e lineare.Abbiamo infatti visto nella prima parte di questo lavoro che la discipli-

na dell’allegazione dei fatti è una variabile dipendente dalla struttura delprocesso e, in particolare, dalla capacità contenutistica dello stesso e dal li-vello di garanzia offerto al diritto di difesa della parte, cioè alla sua possi-bilità di liberamente reagire all’iniziativa di controparte (o del giudice), intempi e forme adeguate.Il processo civile francese appare come un processo «aperto», fluido ed

elastico, capace di modellarsi in base alla natura, complessità ed urgenzadella situazione controversa. Dato che non sono previste preclusioni e de-cadenze all’allegazione dei fatti, fino all’ordinanza di chiusura della fase dimessa in stato, conseguentemente l’iniziativa di parte sulla materia delcontendere, sia in fatto che in diritto, non dovrebbe subire alcuna limita-zione o compromissione.Approfondendo però l’analisi, vediamo che si possono presentare dei

momenti di rottura di questo perfetto equilibrio tra le parti, con compro-missione del principio di parità delle armi e del diritto di difesa.Ad esempio, una parte nel corso della fase di messa in stato potrebbe

limitarsi ad indicare un fatto, senza però attribuirvi alcun significato giuri-dico. Giunti al momento della pronuncia dell’ordinanza di chiusura dellafase della messa in stato (con conseguente irricevibilità di nuove conclu-sioni o produzioni di documenti), la parte attribuisce a tale fatto una pre-cisa valenza giuridica, sempre rimanendo nella prospettazione giuridicaprescelta. Così, in un giudizio di responsabilità per vizi di costruzione, l’at-tore durante la fase di messa in stato si limita a richiamare le conclusionidel perito nominato dal giudice; successivamente, alla dernière heure, pre-cisa che dalla perizia risulta che l’edificio sorge su terreno argilloso e talecircostanza imponeva tecniche di costruzione e requisiti di stabilità diver-si da quelli presi in considerazione dall’appaltatore.Ovvero, come variante all’ipotesi sopra delineata, la parte potrebbe at-

tribuire al fatto, prima soltanto indicato, una valenza giuridica che muta laprospettazione giuridica della controversia. Così, dopo aver impostato lacausa sulla responsabilità per fatto illecito ed aver meramente indicato chel’autore del fatto illecito deteneva la cosa con cui era stato causato il dan-no, la parte precisa alla dernière heure che la domanda di risarcimentodanni può essere accolta anche sulla base della responsabilità per cosa in

202 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

custodia, dato che, come già indicato, tale cosa era detenuta dall’autoredel fatto illecito.Ovvero, con maggior nettezza, la parte potrebbe sempre alla dernière

heure, cioè poco tempo prima della pronuncia dell’ordinanza di chiusuradella fase di messa in stato, dare rilevanza a fatti meramente risultanti daidocumenti o dagli atti di causa e né indicati né utilizzati dalle parti nella lo-ro linea difensiva.O ancora, in crescendo, sempre alla dernière heure, potrebbe modifica-

re il quadro fattuale-giuridico, introducendo nuovi fatti e invocando nor-me di diritto prima trascurate.Ebbene, il sistema processuale francese, anche con l’apporto costrutti-

vo della giurisprudenza, reagisce a queste eventualità, mostrando un’ele-vata sensibilità al rispetto del diritto di difesa e del principio del contrad-dittorio.Innanzitutto, la prima ipotesi segnalata, cioè l’attribuzione di rilevanza

giuridica ad un fatto già indicato negli atti difensivi, ma senza attribuirvialcun significato giuridico, è da considerare come la proposizione di unmezzo di fatto. In ciò si apprezza la portata del concetto di mezzo, comequalcosa di diverso ed autonomo dal singolo fatto giuridico di cui si nutre.Mezzo come proiezione dinamica del singolo fatto giuridico, tendendo adevidenziare il collegamento con l’effetto giuridico, la situazione giuridicasostanziale controversa.Pertanto la valorizzazione giuridica di un fatto storico rimasto inerte

nel processo è un’attività innovativa e per essere ammissibile non devepregiudicare il diritto di difesa di controparte.A maggior ragione nelle altre ipotesi descritte, tenendo presente la par-

tizione effettuata nel paragrafo precedente tra mezzi di fatto e di diritto, e,tra questi ultimi, tra mezzi di puro diritto e mezzi misti di fatto e di diritto.Merita sottolineare che:

a) sia che la parte utilizzi un fatto già introdotto in causa, ma rimastoinerte, silente, sia che utilizzi un fatto nuovo, si ha la proposizione di unmezzo (di fatto o misto di fatto e di diritto), che muta lo scenario del pro-cesso e presuppone, per essere ammissibile, la possibilità per l’avversariodi liberamente controdedurre e provare;b) anche l’utilizzo di una norma di diritto prima non invocata implica il

diritto della controparte di liberamente replicare.

È possibile così pienamente apprezzare il significato e la portata delprincipio direttivo del processo contenuto nell’art. 15 n.c.p.c., a norma del

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 203

quale le parti devono scambiarsi «en temps utile» sia i mezzi di fatto suiquali fondano le loro pretese, sia gli elementi di prova che producono, siai mezzi di diritto che invocano.Non è sufficiente che la controparte sia ancora in grado di controde-

durre rispetto alle iniziative, in fatto o in diritto, dell’avversario; occorreanche che abbia la concreta possibilità di farlo, cioè, in particolare, unadeguato lasso di tempo per poter organizzare la propria difesa.Significativa, a tal proposito, come visto retro nel § 4, appare la sorte ri-

servata dalla giurisprudenza alle conclusioni e produzioni della «dernièreheure», effettuate poco prima della pronuncia dell’ordinanza di chiusuradel l’istruttoria.Tali conclusioni e produzioni, se innovative quanto a mezzi di fatto o di

diritto ovvero ad elementi di prova, possono essere dichiarate irricevibilidal tribunale, in considerazione del pregiudizio inferto al diritto di difesadel l’avversario, che non ha avuto la concreta possibilità di difendersi, libe-ramente controdeducendo in fatto e in diritto.Si conferma così la regola che la disciplina dell’allegazione dei fatti è

condizionata dal corretto esplicarsi del principio del contraddittorio.Con due importanti precisazioni:

a) si esce dalla contrapposizione tra allegazione dei fatti come dichiara-zione di scienza (Wissenserklärung) e allegazione dei fatti come dichiara-zione imperativa o di volontà (Willenserklärung); ciò che rileva è l’attribu-zione di una precisa valenza giuridica al fatto indicato; è in questo mo-mento che si attualizza l’esigenza di difesa della controparte e il rispettodel principio del contraddittorio;b) l’esigenza di difesa si manifesta altresì a seguito di mutamento del

quadro giuridico di riferimento; in considerazione dell’interazione tra fat-to e diritto, l’invocazione di una norma di diritto può rendere rilevanti fat-ti prima non considerati; la controparte deve essere posta in grado di po-ter controdedurre, anche con l’allegazione di nuovi fatti.

Chiariti i poteri (ed i limiti) di iniziativa delle parti sulla materia delcontendere, in rapporto con la struttura del processo, si può passare adesaminare il ruolo del giudice e le sue possibilità di intervento.

204 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

10. Intervento del giudice sulla materia del contendere e, in particolare,partecipazione alla costruzione dell’«edificio del fatto»

Quanto all’iniziativa del giudice in diritto, abbiamo visto che con lariforma del codice di procedura civile è definitivamente caduta la limita-zione alla qualificazione giuridica voluta dalle parti, per cui, ad esempio,non era consentito al giudice di passare dalla responsabilità per atto illeci-to a quella per cosa in custodia 71.Adesso espressamente l’art. 12 n.c.p.c. prevede che il giudice deve de-

cidere la causa in base alle norme giuridiche che le sono applicabili, ricer-cando l’esatta qualificazione dei fatti ed atti di causa 72.Il problema che si pone è, da una parte, la possibilità di utilizzare, per

la corretta qualificazione della situazione controversa, fatti risultanti dagliatti di causa, ma rimasti silenti, inerti per inavvertenza delle parti; dall’al-tra parte, il controllo di questa iniziativa del giudice e la possibilità per leparti di prendere posizione e replicare, anche allegando nuovi fatti, dive-nuti rilevanti in base alla mutata prospettazione giuridica della causa.Iniziamo con il prendere in considerazione le possibilità di intervento

del giudice nella costruzione dell’«edificio del fatto», per poi controllarecome l’iniziativa del giudice, sia in fatto che in diritto, è sottoposta al con-trollo e al contraddittorio delle parti.La sezione del n.c.p.c. 73 dedicata ai fatti si apre con l’art. 6, che contie-

ne questa affermazione di principio: «a l’appui de leurs prétentions, les par-ties ont la charge d’alléguer le faits propres à les fonder», cioè le parti han-no l’onere di allegare i fatti idonei a fondare le loro pretese (di riconosci-mento o di rigetto della tutela richiesta).L’art. 6 rappresenta lo svolgimento di quanto previsto dall’art. 2 e cioè

71 Vedi retro, §§ 5 e 6.72 Il secondo comma dell’art. 12 distingue l’ipotesi in cui il giudice deve «dare» da

quella in cui deve «restituire» ai fatti ed atti della causa l’esatta qualificazione, a secondache rispettivamente le parti abbiano o meno prescelto un inquadramento giuridico dei fat-ti controversi. Si ricorda che, però, adesso, a seguito della modifica dell’art. 56 n.c.p.c. ef-fettuata con il decreto n. 1231 del 28 dicembre 1998, l’attore è tenuto a specificare i mez-zi di fatto e di diritto su cui si fonda l’oggetto della domanda. Tale obbligo è previsto a pe-na di nullità della citazione rilevabile su istanza del convenuto (art. 144 n.c.p.c.).

73 Trattasi della terza sezione; capitolo primo, contenente «i principî direttivi del pro-cesso»; titolo primo, contenente le «disposizioni preliminari»; libro primo, contenente le«disposizioni comuni a tutte le giurisdizioni», del n.c.p.c.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 205

che «le parti conducono la causa secondo gli oneri che su di esse incom-bono».La prima conseguenza della previsione di quest’onere di allegazione

dei fatti è che il giudice non è tenuto a procedere d’ufficio a una ricerca deifatti 74 e una sentenza va esente da censure se il giudice non prende inizia-tive per chiarire e/o completare l’edificio fattuale della controversia.Bisogna, però, vedere se il giudice, benché non obbligato, possa inter-

venire sulla ricostruzione dei fatti rilevanti per decidere la causa.A tal proposito rilevano tre possibili attività:

a) possibilità di provocare l’introduzione di fatti;b) possibilità di rilevare e utilizzare fatti introdotti dalle parti, ma igno-

rati dalle stesse (ad es., fatto emergente da un documento) ovvero indicatinel l’esposizione, ma senza attribuirvi alcun significato giuridico, alcuna ri-levanza ai fini della decisione della lite;c) possibilità di rilevare e utilizzare fatti non introdotti dalle parti, ma

emergenti dalle risultanze istruttorie (ad es., difetti di costruzione di im-mobile, indicati dal nominato consulente tecnico d’ufficio).

Queste possibili iniziative del giudice nella costruzione dell’edificio difatto della controversia vanno colate nella struttura del processo e, in par-ticolare, verificate in base a come è disciplinata l’attività di allegazione deifatti nella dialettica del contraddittorio. Le parti devono essere poste ingrado di controllare l’operato del giudice (o della controparte) e di poterliberamente controdedurre e provare.Iniziamo dalla prima attività: possibilità di provocare l’introduzione di

fatti.Ebbene, l’art. 8 n.c.p.c. prevede che il giudice «può invitare le parti a

fornire le spiegazioni di fatto che ritiene necessarie per la soluzione dellalite».Questa norma ha però più che altro un interesse teorico, in quanto nel-

la prassi non si fa largo ricorso all’interrogatorio delle parti, che è una sem-plice facoltà «lasciata alla pru denza dei magistrati che apprezzano l’op-portunità di farne uso secondo le circostanze della causa» 75.Comunque, l’interrogatorio delle parti potrebbe essere utilizzato in

74 Cfr. Cass. civ. 3a, 4 dicembre 1984, in J.C.P., 1985, IV, p. 60.75 Cfr. Cass. civ. 2a, 7 dicembre 1973, in Gaz. Pal., 1974, 1, somm. 8; Cass. com., 5 no-

vembre 1991, in Gaz. Pal., 1992, 1, pan. 77.

206 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

funzione maieutica, cioè stimolando o provocando le parti a completarel’allegazione dei fatti 76. In tal modo il giudice potrebbe rendere giudizialeuna conoscenza personale di fatti rilevanti per la decisione. Si noti che ilnostro codice, proprio in considerazione di questo rischio, espressamenteprevede all’art. 183, terzo comma, che le richieste di chiarimento fatte dalgiudice alle parti devono avvenire «sulla base dei fatti allegati».La provocazione, però, può rimanere senza effetto: le parti possono

non rispondere al suggerimento del giudice e così non ampliare la materiadi cognizione.Ancora. La possibilità di provocare l’introduzione di fatti si lega alle

iniziative istruttorie d’ufficio.Ad esempio, l’art. 213 n.c.p.c. autorizza il giudice a «sentire o interro-

gare i testimoni su tutti i fatti la cui prova è ammessa dalla legge, quan -d’anche questi fatti non siano indicati nella decisione che prescrive la pro-va testimoniale» 77, mentre l’art. 218 n.c.p.c. consente al giudice di convo-care o sentire anche d’ufficio «ogni persona la cui audizione gli sembri uti-le alla manifestazione della verità».Di fatto queste norme sono disapplicate, in quanto la prova testimo-

niale è sostituita dall’uso delle attestazioni, che sono dei documenti datatie sottoscritti dal loro autore, contenenti la descrizione dei fatti, ai qualil’autore ha assistito o che ha personalmente constatato (artt. 200-203n.c.p.c.) 78.Al contrario riveste importante rilevanza pratica l’istituto della consu-

lenza tecnica, attraverso la quale possono entrare in causa molte circo-stanze prima sconosciute anche alle stesse parti, come, ad es., i vizi di co-struzione di un edificio.A questo punto il problema è quello di stabilire se questi fatti, acquisi-

ti al processo senza o addirittura contro la volontà della parte, possono es-sere utilizzati dal giudice ai fini della decisione.

76 Cfr. PONSARD, La vérité et le procès, in Journées de l’Association Capitant, 1987, t. 38,p. 678.

77 Questa norma era già presente nel codice abrogato, essendo stata introdotta con ildecreto n. 1289 del 22 dicembre 1958.

78 Secondo MOTULSKY, La réforme de la procédure civile par le décret du 13 octobre1965, cit., p. 1996, si tratta di un «allargamento discutibile» dei poteri del giudice; mentresecondo NORMAND, I poteri del giudice, cit., p. 727, le norme sulla prova testimoniale con-sentirebbero al giudice di estendere la sua cognizione oltre i fatti allegati dalle parti.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 207

Parimenti per quanto riguarda i fatti introdotti dalle parti, ma ignoratidalle stesse (ad es., fatto emergente da un documento) ovvero indicatinell’esposizione, ma senza attribuirvi alcun significato giuridico, alcuna ri-levanza ai fini della decisione della lite.Ebbene, a norma dell’art. 7 n.c.p.c. «le juge ne peut fonder sa décision

sur des faits qui ne sont pas dans le débat. / Parmi les éléments du débat, lejuge peut prendre en considération même le faits que les parties n’auraientpas spécialement invoqués au soutien de leurs prétentions», vale a dire ilgiudice non può fon dare la sua decisione su dei fatti che non sono nel di-battimento; tra gli elementi del dibattimento, il giudice può prendere inconsiderazione anche i fatti che le parti non abbiano espressamente invo-cato a sostegno delle loro pretese.Quindi, primo limite all’attività del giudice è che i fatti siano nel dibat-

timento.Viene così affermato il tradizionale divieto di utilizzo della propria

scienza privata. Pertanto il giudice non può fondare la sentenza su ele-menti di fatto tratti da «investigazioni personali compiute al di fuori del -l’udienza» 79 né può de cidere «sulla base della conoscenza personale cheabbia acquisito dei fatti della lite» 80.Rimane, però, da definire, in positivo, il termine «dibattimento».

11. I fatti nel dibattimento

La nozione di «dibattimento» non è stata chiarita dagli autori della rifor-ma, benché la violazione di tale norma comporti la nullità della sentenza 81.

79 Cfr. Cass. civ., 3 agosto 1887, in S., 1887, 1, p. 320, che cassava una sentenza fonda-ta su delle informazioni fornite al tribunale da una amministrazione pubblica.

80 Cfr. Cass. soc., 6 gennaio 1950, in D., 1950, p. 279; Cass. civ. 2a, 25 ottobre 1972, inBull. civ., II, n. 255. Come esempi successivi all’emanazione del nuovo codice, vedi Cass.civ. 2a, 6 luglio 1978, in Bull. civ., II, n. 182 (che cassa la decisione di un giudice motivatain base alle informazioni sul convenuto richieste ad un commissario di polizia, dalle qua-li poteva dedursi che era capace di commettere i fatti allegati dall’attore); Cass. soc., 26 giu-gno 1986, in Bull. civ., V, n. 343 (giudice del lavoro che aveva fondato la sua decisione sudei ricordi dell’udienza di conciliazione circa fatti poi non verbalizzati). Sul divieto dellascienza privata del giudice vedi in dottrina HÉBRAUD, osservazioni in Rev. trim. dr. civ.,1962, p. 380; H. e G. LE FOYER DE COSTIL, Les connaissances personnelles du juge, in Rev.int. droit comp., 1986, p. 517 ss.

81 Vedi per es. Cass. com., 5 novembre 1979, in Bull. civ., IV, n. 272, relativamente ad

208 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Attualmente si fronteggiano due concezioni.Secondo una prima concezione, definita stretta 82, si trovano nel dibat-

timento i fatti che:

a) sono ricollegabili a un’iniziativa di parte, quanto a loro introduzionenel l’involucro processuale;b) sono dalle parti considerati pertinenti per fondare le loro rispettive

pretese, in base alla prospettata qualificazione giuridica della situazionecontroversa.

La prima condizione può considerarsi verificata se i fatti sono espostinegli scritti delle parti (atti introduttivi della causa, comparse conclusio-nali, ecc.) ovvero risultano dai documenti prodotti dalle parti o dall’inter-rogatorio reso in udienza. I fatti emergenti dalle risultanze istruttorie pos-sono considerarsi nel dibattimento, se richiamati dalle parti nei propriscritti o, al limite, se si trovano in rapporto diretto e necessario con quelliallegati dalle parti.Questa prima condizione poteva essere considerata sufficiente nella

(rara) ipotesi in cui le parti si siano limitate a discutere in fatto, senza ef-fettuare alcuna qualificazione giuridica o invocare una regola di diritto. Intal caso, si diceva, il giudice è tenuto a «fare il giro della questione», esa-minando tutti i fatti versati dalle parti nel dibattimento, al fine di trovarela regola adeguata per decidere la lite.Questa ipotesi era però teorica ed oggi, come detto, è contraddetta dal

disposto del codice, che prescrive l’esposizione dei mezzi sia di fatto chedi diritto (cfr. art. 56, n. 2, n.c.p.c., come modificato dal decreto n. 98-1231), a pena di nullità della citazione, rilevabile su eccezione di parte (art.114 n.c.p.c.).Occorre, quindi, rispettare anche la seconda condizione, cioè i fatti so-

no nel dibattimento e pertanto sono rilevabili dal giudice se riguardano ilprofilo giuridico prescelto dalla parte. Pertanto al giudice, secondo questaricostruzione, non è consentito utilizzare circostanze fattuali emergentidagli atti, ma estranee al dibattimento (giuridico) come delineato dalle

un documento non versato nel dibattimento; Cass. com., 5 marzo 1980, in J.C.P., 1980, IV,p. 192, relativamente ad una qualità non allegata; Cass. civ. 2a, 26 novembre 1980, in Bull.civ., II, n. 239, relativamente all’utilizzo di una decisione giurisdizionale non allegata; Cass.com., 6 giugno 1989, in Bull. civ., IV, n. 180, relativamente alla conoscenza non attestatadi un vizio della cosa venduta.

82 Vedi MARTIN, Le juge devant la prétention, cit., chron. 35.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 209

parti, per passare, ad esempio, dall’ipotesi di responsabilità per fatto ille-cito a quella per cose in custodia 83.Palese l’eco della teoria classica della cause della domanda, intesa come

«fatto concreto, giuridicamente qualificato, sul quale si fonda la doman-da», che rappresentava prima della riforma il confine dei poteri di cogni-zione del giudice.Pertanto, anche se la prima condizione (ricollegabilità dell’introduzio-

ne del fatto ad un’iniziativa di parte) appare elastica (essendo sufficienteche i fatti risultino da documenti prodotti dalla parte ovvero si trovino inrapporto diretto e necessario con quelli allegati dalla parte), lo spazio dimanovra del giudice è grandemente limitato dalla necessità di non travali-care la prospettazione giuridica della lite voluta dalle parti.Questo limite non trova giustificazione nella struttura del processo e, in

particolare, nel rispetto del principio del contraddittorio.Si tratta dell’evocazione di un fantasma: lo spirito (cioè la portata) del

termine cause della domanda, volutamente eliminato dai riformatori nelnuovo codice.Gli ispiratori della riforma, infatti, prospettavano una concezione am-

pia di dibattimento, secondo la quale tutti i fatti versati nel dibattimento,anche se non connessi con un’iniziativa di parte ed anche se non rispon-

83 Vedi le osservazioni di NORMAND in Rev. trim. dr. civ., 1983, p. 381, nonché le deci-sioni citate da MOTULSKY, La cause de la demande, cit., n. 17. Successivamente alla riformasi veda Cass. civ. 3a, 8 febbraio 1984, in Bull. civ., III, n. 34 (cassazione sulla base dell’art.7, primo comma, n.c.p.c., in quanto il giudice di merito non poteva passare dalla respon-sabilità per fatto proprio invocata dall’attore alla responsabilità per il danno da cose in cu-stodia, considerando estranei al dibattimento i fatti apprezzati dal giudice di merito per ca-ratterizzare la custodia); Cass. civ. 2a, 23 ottobre 1985, in Bull. civ., II, n. 161 (cassazionedi decisione che rigettava la domanda di nullità di una licitazione fondata sull’esistenza diun mandato apparente non invocato, mentre l’attore eccepiva il difetto di potere del rap-presentante del licitante); Cass. civ. 1a, 20 novembre 1984, in Bull. civ., I, n. 309 (cassa-zione di decisione fondata sulla conoscenza da parte di un agente generale d’una compa-gnia assicuratrice della situazione particolare, non invocata, di un aderente a un’assicura-zione di gruppo). Altre decisioni hanno censurato l’operato del giudice di merito per avermodificato l’oggetto della lite (art. 4 n.c.p.c.), come, ad esempio, Cass. com., 7 gennaio1981, in Bull. civ., IV, n. 11; Cass. com., 13 gennaio 1981, in Bull. civ., IV, n. 24; Cass. civ.1a, 22 aprile 1981, in Bull. civ., I, n. 122. Altre decisioni hanno cassato la decisione di me-rito, contestando al giudice di merito di aver rilevato mezzi di fatto, mentre poteva unica-mente rilevare mezzi di diritto (art. 12 n.c.p.c.), come Cass. civ. 1a, 29 novembre 1978, inBull. civ., I, n. 369. Il denominatore comune è sempre l’eccesso nell’esercizio dei poterid’ufficio da parte del giudice.

210 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

denti alla qualificazione giuridica proposta, hanno attitudine ad essere neldibattimento 84.A tal fine occorre «o che le parti ve li abbiano messi, invocando la re-

gola che ne presuppone l’esistenza, o che il giudice ve li abbia introdotti,rendendo noto alle parti che intendeva applicare un’altra regola ed invi-tandole a presentare, a questo proposito, le loro osservazioni (art. 16, ter-zo comma, n.c.p.c.)» 85.Gli ispiratori della riforma, pur manifestando l’intento di eliminare

ogni riferimento al concetto di cause della domanda, scindendo fatto e di-ritto, poi, al momento di definire il termine dibattimento, finiscono perriaffermare la stretta connessione tra fatto e diritto 86: il fatto storico puòessere rilevato ed utilizzato ai fini della decisione, a condizione che la par-te (o il giudice) abbia attirato l’attenzione della controparte (o di entram-be le parti, in caso di iniziativa del giudice) non già su tale singola circo-stanza fattuale, ma sulla qualificazione giuridica ad essa attribuita, sulla re-gola di diritto da applicare.A differenza della concezione stretta di dibattimento, si riconosce però

al giudice la possibilità di mutare la qualificazione giuridica della situa-zione o rapporto controverso, rendendo così rilevanti circostanze di fattosilenti, cioè risultanti dagli atti, ma ignorati dalle parti; a condizione, però,di aver provocato il contraddittorio con le parti, cioè di averle poste in gra-do di controdedurre, liberamente e en temps utile.Si introduce così la problematica dei c.d. fatti avventizi e dell’attuazio-

ne del principio del contraddittorio, a conferma della dipenden za della di-sciplina dell’allegazione dei fatti dalla struttura del processo. Que sta ana-lisi verrà svolta nei prossimi paragrafi.Al momento, per concludere l’esame dei fatti nel dibattimento, si fa

presente che, dopo una certa resistenza, anche la giurisprudenza ha accol-to questa concezione ampia di dibattimento.

84 Cfr. MOTULSKY, Prolégomènes, cit., passim; CORNU, Regards sur le Titre III du livreIII du Code civil, cit., nn. 183 ss.; ID., Rapport de synthèse au XI° colloque Institut EtudesJudiciaires, cit., p. 121; PARODI, L’esprit général et les innovations du nouveau code de procé-dure civile, cit., n. 30.

85 Così NORMAND, I poteri del giudice, cit., p. 742; parimenti nelle osservazioni in Rev.trim. dr. civ., 1987, p. 394.

86 Parimenti nella definizione di moyen, visto nella sua proiezione dinamica, tendendoad evidenziare il collegamento con l’effetto giuridico, la situazione giuridica sostanzialecontroversa.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 211

Le differenti sezioni della cassazione hanno affermato che il giudice dimerito può passare da un regime di responsabilità ad un altro, alla solacondizione che abbia prima invitato le parti a presentare le loro osserva-zioni 87.Nelle altre materie, del tutto in parallelo, la copertura offerta dal ri-

spetto del principio del contraddittorio sembra prevalere sul riferimentoai vecchi divieti di intervento sulla materia del contendere 88.

12. I c.d. fatti avventizi

Il secondo comma dell’art. 7 n.c.p.c. offre una significativa esplicazio-ne dei fatti che sono nel dibattimento, prevedendo che «parmi les élémentsdu débat, le juge peut prendre en considération même le faits que les partiesn’auraient pas spécialement invoqués au soutien de leurs prétentions».Per comprendere la portata di questo potere di intervento del giudice,

deve essere già assolta la condizione posta nel primo comma: i fatti devo-no essere nel dibattimento, cioè devono essere pertinenti in riferimento al-la qualificazione giuridica, alla regola giuridica, su cui è già stata stimolatala discussione.Una volta entrati (a seguito della discussione sulla qualificazione giuri-

dica, regola di diritto) gli elementi di fatto nel dibattimento, si ammetteuna divergenza di opinioni tra giudice e parti circa i fatti rilevanti per ladecisione della causa 89.

87 Cfr. Cass. civ. 2a, 26 aprile 1984, in Bull. civ., II, n. 71; Cass. civ. 1a, 19 marzo 1985,in Bull. civ., I, n. 96; Cass. civ. 1a, 18 gennaio 1989, in Bull. civ., I, n. 18; Cass. civ. 1a, 31ottobre 1989, in J.C.P., 1990, II, p. 21568; Cass. com., 26 febbraio 1985, in Bull. civ., IV,n. 78.

88 Così Cass. civ. 1a, 27 novembre 1984, in Bull. civ., I, n. 319, ammette che «il giudicepuò, senza violare le disposizioni degli artt. 4 e 5 n.c.p.c., sostituire l’annullamento di uncontratto di presentazione di clientela alla risoluzione che ne era domandata, dopo aver in-vitato le parti a spiegarsi sul mezzo rilevabile d’ufficio fondato sull’illiceità delle clausoledel contratto»; Cass. civ. 1a, 20 maggio 1981, in D., 1982, p. 319, riconosce che il giudicepuò rilevare d’ufficio la nullità di una scrittura privata, atto da lui qualificato donazione travivi, dopo che la portata di quest’atto è stata contraddittoriamente dibattuta (in una cir-costanza identica si era espressa all’opposto Cass. civ. 1a, 20 maggio 1969, in Bull. civ., I,n. 194).

89 Questa possibilità era già ammessa nella vigenza del vecchio codice napoleonico.Cfr. Cass. civ., 16 giugno 1929, in S., 1929, 1, p. 309, secondo cui «se non è permesso al

212 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

I fatti «che le parti non abbiano espressamente invocato a sostegno del-le loro pretese» sono definiti, con un termine pregnante, avventizi da Mo-tulsky 90. Possono considerarsi fatti avventizi:

a) i fatti inconsapevolmente introdotti nell’involucro processuale dallaparte (ad es., i fatti risultanti da un documento);b) i fatti consapevolmente introdotti dalle parti e indicati, richiamati

nelle argomentazioni difensive, ma senza attribuirvi alcun significato giu-ridico;c) i fatti acquisiti al giudizio non direttamente per iniziativa delle parti

(ad es., risultanze istruttorie) e non valorizzati dalle parti nella ricostruzio-ne della propria linea difensiva.

Sono quindi fatti avventizi, rilevabili dal giudice, tutte le circostanzefattuali versate in causa (risultanti ex actis), ma silenti, in quanto non invo-cate per inavvertenza o negligenza dalle parti, e pertanto tendenzialmentedestinate a rimanere inerti nel processo, a meno che il giudice, studiandola causa, noti tali fatti e li consideri rilevanti per la decisione.In tal caso, se in base a tali circostanze fattuali trascurate dalle parti mu-

ti la qualificazione giuridica della situazione controversa ovvero si debbaapplicare una norma di diritto non invocata dalle parti, il giudice deve pri-ma provocare il contraddittorio su tale mezzo di diritto.Apparentemente si instaura così un circolo vizioso: posso prendere in

considerazione il fatto avventizio, soltanto dopo aver sollecitato la discus-sione sul mezzo di diritto che intendo rilevare; ma tale mezzo di diritto di-viene rilevante proprio in considerazione del fatto avventizio, che però an-cora non posso rilevare.Per superare quest’incongruenza bisogna richiamare la figura del mez-

zo misto di fatto e di diritto e confondere in un’unica iniziativa del giudi-ce la rilevazione del fatto avventizio e della diversa qualificazione giuridi-ca o norma di diritto.Si noti, comunque, lo stretto collegamento mantenuto tra fatto e dirit-

to, per cui si afferma che «i fatti che le parti non abbiano specificatamen-te invocato a sostegno delle loro pretese (art. 7, secondo comma) […] de-

giudice di sostituire un’altra domanda a quella che gli è portata davanti, non gli è vietato,riguardo alla domanda sottoposta, di basare i motivi della sua decisione sui diversi ele-menti del dibattimento, quand’anche i fatti cui attinge non siano stati espressamente invo-cati dalle parti nelle loro conclusioni».

90 Cfr. La cause de la demande, cit., passim.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 213

vono essere nel dibattimento. La condizione è adempiuta nel caso che ilgiudice rispetti il terzo elemento del dispositivo legale 91, vale a dire che in-viti le parti a presentare le loro osservazioni sulla questione di diritto cheegli ritiene di rilevare d’ufficio (art. 16, secondo comma)» 92.A contrario, sembrerebbe che il giudice sia assolutamente libero di rile-

vare d’ufficio un fatto avventizio, che non comporti l’applicazione di unanorma ovvero di una qualificazione giuridica della pretesa diversa da quel-la invocata dalle parti. In tale caso il giudice non dovrebbe neppure preoc-cuparsi di provocare il contraddittorio con le parti, cioè di consentire alleparti di replicare al rilievo di un fatto da loro non considerato.È sull’estensione dell’obbligo di rispetto del contraddittorio, nonché

sulle modalità per l’esercizio del contraddittorio, che si pone il problemadel rapporto tra poteri del giudice e delle parti sul fondamento delle pre-tese.Si conferma così la regola che ogni iniziativa sull’edificio di fatto della

controversia (e, correlativamente, sulla norma di diritto da applicare, chepuò comportare una diversa rilevanza dei fatti storici dedotti ovvero puòrendere rilevanti altri fatti non allegati) per essere ammissibile presuppo-ne la verifica che la struttura del processo preveda e consenta il libero svi-luppo del contraddittorio.Prima di passare ad esaminare come è previsto e disciplinato il princi-

pio del contraddittorio nel nuovo codice di procedura civile francese, percompletezza e concretezza di analisi, si indicano alcune ipotesi verificatesiin giurisprudenza di rilievo d’ufficio di fatti avventizi.Così, ad esempio, in materia di responsabilità, il giudice ha potuto ri -

tenere la responsabilità di un club di vacanze, in considerazione dello svol -gimento di attività di organizzatore di viaggi, mentre era stato chiamato arispondere in quanto vettore 93, ovvero ha rilevato il mancato utilizzo daparte di motociclista dell’indicatore di direzione, per segnalare un sorpas -so 94; in un giudizio su azione di garanzia per vizi della cosa, il giudice di

91 Gli altri due elementi sono il rilievo d’ufficio delle questioni di diritto qualunque siail fondamento giuridico invocato dalle parti (art. 12, terzo comma); il rilevo di fatti che leparti non abbiano specificatamente invocato a sostegno delle loro pretese (art. 7, secondocomma).

92 Così NORMAND, I poteri del giudice, cit., p. 743.93 Cfr. Cass. civ. 1a, 20 novembre 1984, in Bull. civ., I, n. 315.94 Cfr. Cass. civ. 2a, 3 ottobre 1990, in Gaz. Pal., 1991, pan. 129.

214 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

merito ha potuto non applicare la clausola di esonero dalla garanzia,rilevan do d’ufficio che il venditore aveva necessariamente conoscenza delvizio, benché tale conoscenza non era stata espressamente invocata dall’at-tore nelle conclusioni 95; in materia contrattuale il giudice ha potuto rile-vare d’ufficio, al fine di determinare la natura e la misura delle obbligazio-ni delle parti, il contenuto di clausole non espres samente invocate 96; in ungiudizio di impugnativa contrattuale per errore, ha potuto rilevare inesat -tezze od omissioni dei documenti contrattuali non invocate dalle parti 97;in materia di termine della prescrizione acquisitiva o estintiva, il giudice hapotuto rile vare d’ufficio che il possesso era durato meno di trent’anni, uti-lizzando ele menti ricavati da documenti entrati nel dibattimento e noninvo cati 98.Unicamente in materia di divorzio e di separazione legale è preclusa al

giudice la possibilità di rilevare fatti avventizi, riguardanti comportamentinon rispondenti agli obblighi del matrimonio, che non siano stati espres-samente invocati dal coniuge 99.Si passa, pertanto, ad esaminare come è previsto e disciplinato il prin-

cipio del contraddittorio nel nuovo codice di procedura civile francese.

13. Il principio del contraddittorio nel nuovo codice di procedura civilefrancese

L’attuale disposizione, che sottopone anche il giudice al rispetto delprincipio del contraddittorio (art. 16 n.c.p.c.), rappresenta il punto di ar-rivo di una tormentata vicenda, a dimostrazione dell’importanza rivestitada questo principio nella delimitazione dei rapporti tra parti e giudice 100.

95 Cfr. Cass. civ. 3a, 28 gennaio 1987, in Bull. civ., III, n. 13.96 Cfr. Cass. civ. 2a, 30 novembre 1976, in Bull. civ., III, n. 434; Cass. civ. 1a, 19 mag-

gio 1981, in Bull. civ., I, n. 170; Cass. civ. 1a, 3 aprile 1984, in Bull. civ., I, n. 124.97 Cfr. Cass. civ. 3a, 29 novembre 1978, in J.C.P., 1979, IV, p. 48.98 Cfr. Cass. civ. 3a, 6 marzo 1993, in Bull. civ., III, n. 172.99 Vedi da ultimo Cass. civ. 2a, 24 febbraio 1988, in Bull. civ., II, n. 58.100 Vedi RAYNAUD, L’obligation pour le juge de respecter le principe de la contradiction,

Mélanges Hébraud, 1981, p. 917 ss.; BÉNABENT, L’art. 16 n.c.p.c. version 1981, in D., 1982,chron., p. 55; SOLUS e PERROT, Droit judiciaire privé, t. III, cit., n. 118 ; COUCHEZ, in J.-Cl.Proc. civ., voce Principio del contraddittorio, fasc. 114; FERRI, Contraddittorio e poteri de-cisori del giudice, cit., p. 27 ss.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 215

È opportuno prendere in considerazione l’evoluzione normativa, pro-prio per verificare come la possibilità di intervento del giudice sulla mate-ria del contendere si è affermata contestualmente al rispetto del contrad-dittorio, come necessario contrappeso e strumento interno di controllodel l’operato del giudice.Nel codice napoleonico non era prevista come regola generale l’esigen-

za del rispetto del contraddittorio da parte del giudice. Gli autori dellariforma hanno invece previsto espressamente tale principio.Il decreto n. 740 del 9 settembre 1971 prevedeva all’art. 16 che «le ju-

ge doit, en toutes circonstances, faire observer et observer lui-même le prin-cipe de la contradiction. / Il ne peut fonder sa décision sur les moyens dedroit autres que d’ordre public qu’il a relevés d’office ou sur le explicationscomplémentaires qu’il a demandées, sans avoir au préalable invité les partiesà présenter leurs observations», cioè il giudice deve, in ogni circostanza, farosservare ed osservare lui stesso il principio del contraddittorio; non puòfondare la sua decisione sui mezzi, se non d’ordine pubblico, che ha rile-vato d’ufficio o sulle spiegazioni complementari che ha richiesto, senzaaver prima invitato le parti a presentare le loro osservazioni.Quindi, tutte le iniziative ufficiose del giudice, con la sola eccezione del

rilievo di mezzi di ordine pubblico, erano sottoposte all’obbligo del con-traddittorio.Con il successivo decreto n. 684 del 20 luglio 1972, venivano soppres-

se dal secondo comma dell’art. 16 le parole «autres que d’ordre public», so-prattutto in considerazione dell’ambiguità della nozione di ordine pubbli-co 101. Pertanto qualsiasi iniziativa giudiziale doveva essere sottoposta al -l’osservanza del contraddittorio, senza alcuna eccezione.I giudici non erano pronti a mutare atteggiamento e a subordinare le

loro iniziative alla discussione delle parti, con la conseguenza che moltesen tenze venivano impugnate in cassazione per violazione del principiodel con traddittorio 102.Per scongiurare il rischio di veder cassate innumerevoli sentenze di me-

rito, il potere esecutivo, abrogava l’art. 16 con il decreto n. 1122 del 5 di-

101 Cfr. DORSNER-DOLIVET e BONNEAU, L’ordre public, les moyens d’ordre public enprocédure, in D., 1986, chron., p. 59 ss.

102 Un elenco esaustivo delle sentenze della cassazione sulla violazione del principio delcontraddittorio si può leggere in BÉNABENT, Les moyens rélévés en secret par le juge, inJ.C.P., 1977, I, p. 2849 ss.

216 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

cembre 1975 (art. 33) e lo riscriveva con il decreto n. 75-1123, con il qua-le promulgava il nuovo codice, purgandolo della previsione dell’obbligodi osservare il principio del contraddittorio da parte del giudice. L’art. 16adesso prevedeva che «le juge doit en toutes circonstances faire observer leprincipe de la contradiction. / Il ne peut retenir dans sa décision que les ex-plications qu’il a recueillies contradictoirement», vale a dire il giudice devein ogni circostanza far osservare il principio del contraddittorio; non puòconsiderare nella sua decisione che le spiegazioni che ha raccolto in con-traddittorio. In questo nuovo testo l’art. 16 non imponeva più al giudice di«rispettare lui stesso» il principio del contraddittorio. Infatti Parodi, allo-ra segretario della commissione di riforma del nuovo codice di proceduracivile, affermava che «certo, tutto ciò che viene dall’esterno del processo,per così dire, deve essere sottoposto a discussione, non solo ciò che ema-na dalla parte avversa, ma anche le dichiarazioni dei testimoni, le consta-tazioni, i rapporti degli esperti. Ma lì si arresta il dominio del contraddit-torio. Il lavoro del giudice, le sue ricerche, le sue riflessioni, la soluzioneche si propone di apportare alla lite non devono essere sottoposte alla di-scussione delle parti (...) il principio del contraddittorio non può valerenei rapporti fra il giudice e le parti» 103.Questa nuova disposizione veniva unanimamente criticata dalla dot -

trina 104.Per far fronte a queste critiche, il potere esecutivo modificava nuova-

mente la norma dell’art. 16, con il decreto n. 714 del 29 luglio 1976, cam-biando il testo del secondo comma, che così prevedeva che «il ne peut re-tenir dans sa décision les moyens, les explications et les documents invoquésou produits par les parties que si celles-ci ont été à même d’en débattre con-tradictoirement», vale a dire il giudice può fondare la sua decisione suimezzi, le spiegazioni ed i documenti invocati o prodotti dalle parti, soltan-to se queste sono state in grado di dibatterne in contraddittorio. L’osser-vanza del contraddittorio, quindi, era ancora limitata alle iniziative di par-te e non riguardava, al contrario, quelle del giudice.

103 L’esprit général et les innovations, cit., n. 46.104 Vedi, ex pluribus, NORMAND, osservazioni in Rev. trim. dr. civ., 1979, p. 417 ss.; PER-

ROT, osservazioni in Rev. trim. dr. civ., 1977, p. 180 ss. e 1978, p. 184 ss., 402 ss., 710 ss.;BÉNABENT, op. loc. cit.; MARTIN, La crise du contradictoire entre le juge et l’avocat, in Gaz.Pal., 1978, 2, doct., p. 419 ss.; WIEDERKEHR, Droits de la défense et procédure civile, in D.,1978, chron., p. 36 ss.; HÉBRAUD, nota in Rev. crit. de droit international privé, 1979, p. 88ss.; RAYNAUD, op. loc. cit.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 217

La cassazione, però, avvertiva l’esigenza di imporre il rispetto del con-traddittorio anche al giudice e, pertanto, dopo aver in un primo momentorigettato le censure delle sentenze di merito per non osservanza del prin-cipio del contraddittorio da parte del giudice, mutava orientamento ed af-fermava che, per il rispetto dovuto al diritto alla difesa, diritto di rango co-stituzionale, e nonostante il silenzio del codice, le iniziative ufficiose delgiudice postulano la provocazione delle osservazioni delle parti 105.Il consiglio di Stato, in data 12 ottobre 1979, annullava, unitamente al -

l’art. 12, terzo comma, n.c.p.c., anche l’art. 16, primo comma, n.c.p.c., «inquanto dispensa il giudice dall’osservare il principio del contraddittorioquando rileva d’ufficio un mezzo di puro diritto» 106.Con il decreto n. 500 del 12 maggio 1981 veniva riscritto l’art. 16, il cui

testo attualmente in vigore prevede che «le juge doit, en toutes circonstan-ces, faire observer et observer lui-même le principe de la contradiction. / Ilne peut retenir, dans sa décision, le moyens, les explications et les documentsinvoqués ou produits par les parties que si celles-ci ont été à même d’en dé-battre contradictoirement. / Il ne peut fonder sa décision sur les moyens dedroit qu’il a relevés d’office sans avoir au préalable invité les parties à pré-senter leurs observations», vale a dire il giudice deve, in ogni circostanza,far osservare ed osservare lui stesso il principio del contraddittorio; nonpuò fondare la sua decisione che sui mezzi, le spiegazioni ed i documentiinvocati o prodotti dalle parti, sui quali esse siano state in grado di dibat-tere in contraddittorio; non può fondare la sua decisione su dei mezzi didiritto che ha rilevato d’ufficio senza aver prima invitato le parti a presen-tare le loro osservazioni.Come si vede, in questa disposizione risultano non sovrapponibili il

primo ed il terzo comma, dato che, mentre il primo comma afferma in viagenerale che il giudice è tenuto ad osservare il principio del contradditto-rio, il terzo comma sembra specificare tale previsione, disponendo che il

105 Vedi Cass. soc., 7 novembre 1977, in Bull. civ., V, n. 629; Cass. civ. 1a, 4 aprile 1978,in Bull. civ., I, n. 139; Cass. civ. 1a, 29 novembre 1978, in D., 1979, p. 381; Cass. civ. 2a, 21giugno 1978, in Bull. civ., II, n. 165; Cass. civ. 2a, 6 luglio 1978, in Bull. civ., II, n. 181; Cass.com., 12 giugno 1978, in Bull. civ., IV, n. 161; Cass. soc., 29 marzo 1979, in Bull. civ., V, n.298. Su tale giurisprudenza, vedi le osservazioni di NORMAND, in Rev. trim. dr. civ., 1978,p. 710 e 1979, p. 417.

106 Si tratta delle decisioni n. 1875, n. 1905 e n. 1948-1951, in Recueil Cons. d’Et,p. 371. Sulla vicenda, vedi le citate note di BÉNABENT, in D., 1979, p. 606 ss.; JULIEN, inGaz. Pal., 1980, I, p. 6 ss.; FRANC e BORÉ, in J.C.P., 1980, II, p. 19288 ss.; NORMAND, in Rev.trim. dr. civ., 1980, p. 145 ss.

218 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

giudice ha l’obbligo di provocare le osservazioni delle parti nel caso di ri-lievo d’ufficio di un mezzo di diritto. Il dubbio che si pone è, quindi, sesoltanto in questa ipotesi il giudice è tenuto ad osservare il principio delcontraddittorio.Vediamo come è stato risolto tale dubbio e, quindi, quale sia l’àmbito

di applicazione del principio del contraddittorio nei rapporti tra parti egiudice.

14. Ambito di applicazione del principio del contraddittorio

In giurisprudenza sono state enucleate tre eccezioni all’obbligo del ri-spetto del contraddittorio da parte del giudice.La prima eccezione si ha quando l’attore non precisa il fondamento

giuridico della propria pretesa, lasciando quindi al giudice il compito difarlo emergere. In tale ipotesi la cassazione osserva che «il giudice di me-rito non rileva alcun mezzo d’ufficio nel dare alla sua decisione il fonda-mento giuridico che consegue alle allegazioni» 107. Non essendoci sostitu-zione di una regola o di una qualificazione giuridica ad un’altra già invo-cata e sulla quale le parti hanno improntato la discussione, non si ha rilie-vo d’ufficio di un mezzo di diritto e, conseguentemente, non si può avereviolazione del contraddittorio.Questa eccezione è discutibile, soprattutto in considerazione del dirit-

to di difesa del convenuto, il quale si vede privato della possibilità di pre-sentare le sue osservazioni sulla qualificazione dei fatti operata dal giudi-ce, per il solo fatto che l’attore aveva deciso di lasciare tale compito al giu-dice. Decisione però subita e non accettata dal convenuto.Comunque, tale ipotesi è rara a presentarsi, dato che «la scelta dei fatti

per tinenti è compiuta dall’attore in funzione della qualificazione giuridicache gli sembra più appropriata al successo della sua pretesa. L’allegazionedei fatti non è mai, né può essere giuridicamente innocente. È costruita invista della di mostrazione del ragionamento giuridico che propone» 108.Quindi, implicitamente se non esplicitamente, l’attore invoca sempre un

107 Così Cass. civ. 3a, 28 maggio 1986, in Bull. civ., III, n. 82. Nello stesso senso Cass.civ. 1a, 15 gennaio 1980, in Bull. civ., I, n. 27; Cass. civ. 2a, 23 ottobre 1991, in J.C.P., 1991,IV, p. 453.

108 MARTIN, Le double language de la prétention, in J.C.P., 1981, I, p. 3124 ss., n. 14.Cfr. anche NORMAND, I poteri del giudice e delle parti, cit., p. 738, nota 57.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 219

determinato mezzo di diritto, cioè effettua sempre la qualificazione deifatti allegati.Adesso, con la recente riforma contenuta nel decreto n. 1231 del 28 di-

cembre 1998, tale ipotesi è preclusa, dato che, a norma dell’art. 56 n. 2n.c.p.c., l’attore è tenuto a specificare nella citazione i mezzi «en fait et endroit» posti a fondamento della domanda, a pena di nullità su eccezionedel convenuto (art. 114 n.c.p.c.). La seconda eccezione all’obbligo del rispetto del contraddittorio da

parte del giudice si ha quando il giudice si limita a riqualificare i fatti dicausa in base ad una regola di diritto che «non trova la sua base materialein alcun fatto che debba essere riesaminato o apprezzato in maniera nuo-va» 109.La giurisprudenza 110 cerca in questo modo di eludere la disposizione

del l’art. 16, terzo comma, n.c.p.c., che impone al giudice di provocare leosservazioni delle parti anche quando rileva d’ufficio un mezzo di diritto.Questo distinguo non regge. In ogni caso mutano le regole applicabili

alla lite, sia che alla base ci sia il rilievo di fatti avventizi sia che si tratti dimera riqualificazione di fatti utilizzati e discussi dalle parti. In ogni caso leparti vengono prese in contropiede.Le parti devono avere la possibilità di replicare in diritto ed eventual-

mente di allegare nuovi fatti, al fine di dimostrare l’erroneità della qualifi-cazione giuridica prescelta dal giudice.In questo senso si orienta adesso la giurisprudenza, sempre più sensi-

bile al rispetto del diritto di difesa delle parti 111.Infine, si prevedeva come terza eccezione all’obbligo di rispettare il

contraddittorio l’ipotesi del cosiddetto rilievo del mezzo necessariamentenella causa o nel dibattimento.Si verifica tale ipotesi, quando «il giudice, senza provocare le spiega-

zioni delle parti, rileva, nella specie, che una delle condizioni d’applica-zione della regola invocata fa difetto» 112 ovvero rileva l’«assenza di giusti-

109 Cfr. Cass. civ. 1a, 7 luglio 1981, in Bull. civ., I, n. 250. Vedi anche le osservazioni diNORMAND, in Rev. trim. dr. civ., 1982, p. 461.

110 Cfr. Cass. civ. 1a, 22 giugno 1982, in Bull. civ., I, n. 233; Cass. soc., 23 maggio 1983,in Bull. civ., V, n. 283.

111 Cfr. Cass. civ., 7 marzo 1985, in Bull. civ., II, n. 61, a proposito di una domanda dipensione alimentare riqualificata come domanda di prestazione compensativa.

112 Così NORMAND, osservazioni in Rev. trim. dr. civ., 1981, p. 201 e 1982, p. 461.

220 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

ficazione d’una delle condizioni, di ricevibilità o di merito, della regolagiuridica di cui la parte re clama il beneficio» 113.Quindi, relativamente alle condizioni di merito, il giudice può rilevare

d’ufficio un fatto avventizio, che non comporti l’applicazione di una nor-ma ovvero di una qualificazione giuridica della pretesa diversa da quellainvocata dalle parti, senza dover provocare il contraddittorio con le parti.Ad esempio, non è stato censurato il giudice di merito per non aver sotto-posto al contraddittorio delle parti il rilievo d’ufficio del difetto di auto-rizzazione amministrativa preliminare al licenziamento di un dipendente,che aveva nelle conclusioni contestato la validità del licenziamento per ri-strutturazione dell’azienda 114.Il dubbio, quindi, segnalato retro a proposito della nozione di fatto nel

dibattimento 115, ha trovato applicazione in giurisprudenza. Si è così rite-nuto il terzo comma dell’art. 16 non una mera esemplificazione, non tas-sativa, dell’obbligo generale di rispetto del contraddittorio previsto nelprimo comma, bensì l’indicazione di come deve essere restrittivamente in-teso tale obbligo 116.Questa eccezione al principio del contraddittorio è discutibile, in

quanto al fatto avventizio rilevato d’ufficio dal giudice le parti devono po-ter replicare sia in fatto che in diritto, dato che la loro linea difensiva ha deltutto ignorato precedentemente di prendere in considerazione tale fatto.Si è inoltre osservato che «se per essere rilevato, un mezzo dev’essere

qualificato necessariamente nella causa, è perché nella causa non c’è natu-ralmente, ossia per le parti davanti al giudice di merito non c’era affat-to» 117.A queste critiche la giurisprudenza sembra aver prestato ascolto. Infat-

ti da gennaio 1984 non c’è più nell’indice del Bollettino delle sentenze del-la cassazione la voce mezzo necessariamente nella causa.In conclusione, ogni iniziativa del giudice deve essere sottoposta al

principio del contraddittorio.

113 Così BORÉ, La Cassation en matière civile, Sirey, mise à jour (aggiornamento) 1987,n. 338.

114 Cass. soc., 19 dicembre 1983, in Bull. civ., V, n. 631.115 Vedi retro, § 11.116 Vedi retro, § 13, in fine.117 Così BOLARD, Les juges et les droits de la défense, Mélanges Bellet, 1991, p. 49.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 221

Resta da esaminare come devono essere provocate le osservazioni delleparti, affinché possa ritenersi soddisfatto tale principio.

15.Modalità di attuazione del contraddittorio

Per quanto riguarda le modalità di attuazione del contraddittorio, vie-ne in considerazione l’art. 15 n.c.p.c., a norma del quale, le parti devonocomunicarsi i mezzi di fatto e di diritto, nonché gli elementi di prova, «intempo utile», affinché ciascuna di esse «sia in grado di organizzare la pro-pria difesa».Quindi, il principio del contraddittorio può dirsi rispettato, se la parte

ha avuto il tempo per poter replicare all’attività di controparte ovvero, invia di interpretazione estensiva, alle iniziative del giudice.Questa possibilità di replica può essere pregiudicata dall’operare di

preclusioni, a meno che non sia prevista una rimessione in termini.A tal proposito occorre tener conto della cesura rappresentata dalla

pronuncia dell’ordinanza di chiusura della fase della messa in stato. A se-guito di tale ordinanza, a norma dell’art. 783 n.c.p.c. «aucune conclusionne peut être déposée ni aucune pièce produite aux débats, à peine d’irreceva-bilité prononcée d’office», vale a dire nessuna conclusione può essere de-positata e nessun documento può essere prodotto al dibattimento, a penad’irricevibilità rilevabile d’ufficio 118.Nella fase di messa in stato della causa non sussistono preclusioni all’at-

tività di allegazione e di istruzione. In caso di rilievo d’ufficio di un mezzodi fatto o di diritto, quindi, il giudice della messa in stato deve provocarele controdeduzioni delle parti, che possono replicare anche introducendonuovi fatti e chiedendo l’ammissione di nuovi elementi di prova.Questo è quanto dovrebbe astrattamente avvenire, secondo il modello

della «messa in stato intellettuale» della causa.Tale ipotesi è però rara a verificarsi, in quanto il giudice non conosce

funditus la causa, ed in particolare tutti i documenti prodotti, tra i quali leattestazioni, che sostituiscono di norma la prova testimoniale.Il vero banco di prova del rispetto del principio del contraddittorio da

118 Tale norma, riguardante il procedimento davanti al tribunale di grande istanza, cheè collegiale, vale anche davanti alla Corte d’appello, in virtù del richiamo effettuatodall’art. 910 n.c.p.c.

222 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

parte del giudice si colloca pertanto dopo la pronuncia dell’ordinanza dichiusura della fase di messa in stato, cioè durante la discussione della cau-sa e, successivamente, durante la decisione della stessa.Si tratta di vedere se è prevista e, in caso positivo, con quali modalità,

una rimessione in termini, con riapertura della discussione o del dibatti-mento. Tenendo altresì conto che la violazione del principio del contrad-dittorio comporta la nullità della decisione.È quanto si passa ad analizzare.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 223

SEZIONE TERZA

MODALITA DI ATTUAZIONE DEL CONTRADDITTORIO

UNA VOLTA CHIUSA LA FASE DI MESSA IN STATO

16. Impostazione del problema. Evoluzione legislativa

Una volta pronunciata l’ordinanza di chiusura della fase di messa instato, nessuna conclusione può essere depositata e nessun documento puòessere prodotto (art. 783 n.c.p.c.). È cioè preclusa alle parti ogni iniziativasulla materia del contendere, considerato che le conclusioni non rappre-sentano soltanto il petitum, ma più genericamente sono il contenitore del-la linea difensiva della parte, suddivisa in mezzi di fatto e mezzi di diritto(di puro diritto ovvero misti di fatto e diritto).Dopo la pronuncia di tale ordinanza, abbiamo la fase di discussione e

la fase di decisione.La discussione avviene normalmente in pubblica udienza (artt. 22 e

433 ss. n.c.p.c.). In tale udienza viene prima ascoltato il giudice relatore,quindi l’attore e il convenuto, ed in fine, ove previsto, il pubblico mini-stero.Le sentenze pronunciate al termine della discussione, seduta stante, so-

no rare; di solito «la pronuncia è rinviata, per una più ampia deliberazio-ne, ad una data che il presidente indica» (art. 450 n.c.p.c.) 119. Si apre cosìla fase di decisione, in cui è preclusa, in linea di principio, ogni iniziativaad opera delle parti (art. 445 n.c.p.c.).Ebbene, è proprio durante la discussione e, più frequentemente, du-

rante la fase di decisione, che il giudice, esaminato a fondo il fascicolo, puòrilevare dei mezzi di fatto o di diritto, ignorati dalle parti.Ad esempio potrebbe prendere una decisione c.d. della terza via, cioè

119 Non c’è un limite temporale fissato dalla legge alla riflessione dei giudici. Per un ca-so di deliberazone durata oltre tre anni, vedi Cass. civ. 2a, 17 marzo 1986, in Gaz. Pal.,1986, 2, p. 425.

224 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

una sentenza fondata su un’impostazione giuridica non considerata da en-trambe le parti. Tale diversa impostazione giuridica può rendere rilevantifatti non valorizzati dalle parti. Ovvero il giudice può rilevare un mezzo difatto ignorato dalle parti.Si tratta adesso di esaminare come questa possibilità di intervento sul-

la materia del contendere e, in particolare, sulla costruzione dell’edificiodel fatto, si concilia con la preclusione di ogni iniziativa oramai maturataper le parti, e, durante la fase di decisione, con l’assenza di un rapporto di-retto con le parti.A tal proposito significativa è l’evoluzione legislativa, a dimostrazione

della centralità del problema.Il decreto n. 684 del 20 luglio 1972 non soltanto estendeva l’obbligo

per il giudice di rispettare il contraddittorio a tutti i mezzi rilevati d’uffi-cio, ma prevedeva all’art. 90 (destinato a diventare nel nuovo codice l’art.442) che «le président doit avertir les parties des moyens qui paraissent pou-voir être relevés d’office, et les inviter à présenter leurs observations soitimmédiatement, soit dans le délai qu’il fixe; mention en est faite au procès-verbal», vale a dire il presidente deve avvertire le parti dei mezzi che sem-brano poter essere rilevati d’ufficio, ed invitarle a presentare le loro osser-vazioni sia immediatamente, sia nel termine che fissa; menzione ne è fattanel processo verbale.Inoltre l’art. 92 di tale decreto (destinato a diventare nel nuovo codice

l’art. 444) prevedeva che «le président doit ordonner la réouverture des dé-bats chaque fois que les parties n’ont pas été à même de s’expliquer sur lesmoyens que la juridiction se propose de relever d’office», vale a dire il presi-dente deve ordinare la riapertura del dibattimento ogni qual volta le partinon sono state in grado di spiegarsi sui mezzi che l’organo giudiziario sipropone di rilevare d’ufficio.Quindi, il presidente aveva l’obbligo di sottoporre al contraddittorio

delle parti il mezzo che il collegio intendeva rilevare d’ufficio. Le modalitàdi attuazione del contraddittorio erano elastiche, dato che il presidentepoteva invitare le parti a replicare subito oralmente ovvero per iscritto inun termine che fissava. In ogni caso, se la complessità del mezzo rilevatod’ufficio, anche a seguito di sollecitazione delle parti, esigeva la possibilitàdi repliche anche in fatto, allora il presidente era tenuto a rimettere in ter-mini le parti, revocando l’ordinanza di chiusura dell’istruttoria e riapren-do, così, il dibattimento.Ma, il decreto di codificazione n. 1122 del 5 dicembre 1975, da una

parte, espungeva dal testo dell’art. 16 la previsione dell’obbligo per il giu-

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 225

dice di rispettare egli stesso il principio del contraddittorio, dall’altra par-te, eliminava dal testo dell’art. 442 n.c.p.c. l’obbligo per il presidente deltribunale di provocare le osservazioni delle parti sul mezzo che il collegiointendeva rilevare d’ufficio e dall’art. 444 n.c.p.c. l’obbligo di riaprire il di-battimento 120.Il testo attualmente in vigore dell’art. 444 n.c.p.c. prevede infatti che

«le président peut ordonner la réouverture des débats. Il doit le faire chaquefois que les parties n’ont pas été à même de s’expliquer contradictoirementsur les éclaircissements de droit ou de fait qui leur avaient été demandés»,vale a dire il presidente può ordinare la riapertura del dibattimento; devefarlo ogni qual volta le parti non sono state in grado di spiegarsi in con-traddittorio sui chiarimenti di diritto o di fatto che loro erano stati ri-chiesti.Gli artt. 442 e 444, unitamente all’art. 16, primo comma, ed all’art. 12,

terzo comma, n.c.p.c., venivano impugnati davanti al consiglio di Stato,che, nelle pronunce del 12 ottobre 1979 121, mentre annullava l’art. 16, pri-mo comma, e l’art. 12, terzo comma, conservava gli artt. 442 e 444 inquanto «lungi dal violare il principio del carattere contraddittorio dellaprocedura, essi hanno per effetto di assicurarne il rispetto».Tale motivazione si richiama alle conclusioni del commissario del go-

verno Franc, secondo il quale «anche se queste disposizioni paiono menoprecise e meno esigenti di quelle compa rabili esistenti nei testi preceden-ti, sembra difficile censurarle poiché, in sé, non disconoscono il principiodel contraddittorio di cui solamente assicurano in certe condizioni la mes-sa in opera».Allo stato del diritto vigente, quindi, spetta al giudice valutare se, ai fi-

ni di una corretta esplicazione del principio del contraddittorio, occorra lariapertura del dibattimento. Tale valutazione non è rimessa all’arbitrio delgiudice, ma dipende dalla circostanza che le parti siano o meno state «ingrado di spiegarsi in contraddittorio» (art. 444 n.c.p.c.).Vediamo come viene intesa questa espressione e come viene attuato il

contraddittorio.

120 Vedi BÉNABENT, op. loc. cit.121 Si tratta delle decisioni n. 1875, n. 1905 e n. 1948-1951 in data 12 ottobre 1979, in

Recueil Cons. d’Et, p. 371.

226 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

17. Modalità di attuazione del contraddittorio durante l’udienza di di-scussione

Iniziamo con il prendere in considerazione l’ipotesi di rilievo d’ufficiodi un mezzo durante l’udienza di discussione.Secondo la cassazione, il giudice ha tre possibilità:

a) invitare le parti a formulare oralmente le loro osservazioni immedia -tamente o, al più, al termine dell’udienza 122;b) mettere la causa in continuazione, rinviando la conclusione della di-

scussione ad altra udienza, e consentire il deposito di nuove conclusioniscritte, dopo aver revocato l’ordinanza di chiusura dell’istruzione 123;c) invitare le parti a scambiarsi fuori udienza e a inviargli una note en

délibéré, vale a dire una nota difensiva, nel termine che fissa 124.

Queste note difensive non hanno valore formale di conclusioni e, per-tanto, non possono apportare nulla di nuovo e, in particolare, nuovi mez-zi di fatto rispetto a quelli già versati nel dibattimento 125. Qualora, dun-que, il giudice si trovi davanti all’allegazione di nuovi mezzi, o li dichiarairricevibili o, per poterli porre a fondamento della pronuncia, deve riapri-re il dibattimento, revocando l’ordinanza di chiusura dell’istruttoria.Questa valutazione è lasciata al buon senso del giudice, con un unico

ferreo divieto: non può porre a fondamento della decisione nuovi mezzi senon ha consentito alla controparte di replicare 126.La violazione del principio del contraddittorio rende nulla la decisione127.

122 Cfr. Cass. civ. 2a, 4 febbraio 1976, in Bull. civ., II, n. 39; Cass. civ. 2a, 26 aprile 1984,in Bull. civ., II, n. 71; Cass. civ. 1a, 20 marzo 1989, in Bull. civ., I, n. 137; Cass. com., 6 mar-zo 1990, in Bull. civ., IV, n. 71.

123 Questa possibilità è utilizzata raramente, stante il carico del ruolo di udienza. Indottrina vedi LEVY, Oralité et contradiction en procédure écrite, in J.C.P., 1990, I, p. 3459;COUCHEZ, in J.-Cl. Proc. civ., voce Principio del contraddittorio, cit., fasc. 114; FLECHEUX,Le droit d’être entendu, Mélanges Bellet, 1991, p. 149..

124 Cfr. Cass. com., 24 giugno 1980, in Bull. civ., IV, n. 272.125 Cfr. Cass. com., 16 giugno 1981, in Bull. civ., IV, n. 280; Cass. civ. 2a, 12 luglio 1984,

in Bull. civ., II, n. 134.126 Molto chiaro il pensiero di PERROT, Droit judiciaire privé: Les cours de droit, 1981,

fasc. 2, p. 338, secondo il quale «en réalité, le problème de la note en délibéré est, d’abord,une question de mœurs judiciaires; et, dans ce domaine, les textes ne peuvent pas tout».

127 Cfr., ex multis, Cass. soc., 7 gennaio 1987, in J.C.P., 1987, IV, p. 84; Cass. soc., 10ottobre 1989, in J.C.P., 1989, IV, p. 396.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 227

Al contrario, la decisione di riaprire il dibattimento è una misura di am-ministrazione giudiziaria non motivata ed insuscettibile di ricorso 128. In pratica, il rispetto del principio del contraddittorio sana la tardiva

iniziativa di controparte.Si noti altresì che la decisione di riaprire il dibattimento può far segui-

to allo scambio di notes en délibéré. Quindi, il giudice può procedere pergradi: prima autorizza lo scambio di notes en délibéré; esaminato il conte-nuto di tali notes e le richieste fatte dalle parti di introdurre e provare nuo-vi fatti, può disporre la riapertura del dibattimento.In sintesi, il giudice deve valutare la complessità del mezzo rilevato

d’ufficio. Se ritiene che tale mezzo non richieda la riapertura dell’istrutto-ria, ad esempio perché si tratta di un mezzo di puro diritto, che lascia inal-terato il quadro fattuale delineato e discusso dalle parti, allora può invita-re le parti a formulare oralmente in udienza di discussione le loro osserva-zioni ovvero dopo l’udienza di discussione, per iscritto, tramite lo scambioed il deposito di notes en délibéré. Se, invece, il mezzo rilevato d’ufficiopuò richiedere delle repliche anche in fatto, allora è tenuto a riaprire il di-battimento, revocando l’ordinanza di chiusura dell’istruttoria. Tale neces-sità può palesarsi anche a seguito dello scambio delle notes en délibéré, chepossono sollecitare il giudice a prendere in considerazione nuovi fatti.

18.Modalità di attuazione del contraddittorio in fase di decisione

Allorché la causa è trattenuta in decisione, il giudice può scegliere tralo scambio ed il deposito di notes en délibéré ovvero la riapertura del di-battimento, così riproponendosi la valutazione della circostanza che leparti siano o meno state «in grado di spiegarsi in contraddittorio».La riapertura del dibattimento consente alle parti di introdurre nuovi

fatti e nuovi mezzi di prova.La cassazione recentemente ha infatti affermato che «risulta dal com-

binato disposto degli artt. 444, 783 e 784 n.c.p.c. che allorché una corted’appello, avendo rilevato d’ufficio un mezzo, ordina la riapertura del di-battimento ed invita le parti a concludere, questa riapertura comporta ne-cessariamente la revoca dell’ordinanza di chiusura e permette alle parti difare stato di tutti i documenti che ritengono utili a sostegno delle nuove

128 Cfr. Cass. soc., 23 maggio 1984, in Bull. civ., V, n. 220.

228 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

conclusioni» 129. In tale ipotesi la corte d’appello aveva rifiutato di pren-dere in considerazione una lettera del convenuto, per la ragione che eraposteriore all’ordinanza di chiusura, mentre la cassazione osserva che taleordinanza, a seguito della riapertura del dibattimento, era stata necessaria -mente (sia pure in modo implicito) revocata.Si noti che in giurisprudenza è stata prevista la possibilità di una ria-

pertura parziale del dibattimento, ammettendo le parti a replicare, in fattoed in diritto, unicamente al mezzo rilevato d’ufficio dal giudice. Così, adesempio, nel caso che il giudice abbia provocato il contraddittorio su di unmezzo di rito rilevato d’ufficio, le parti non hanno la possibilità di tornarea discutere del merito della controversia 130.In ogni caso l’apprezzamento del giudice di merito sull’opportunità di

riapertura, totale o parziale, del dibattimento è sottoposto al controllo del-la cassazione, tenuta a verificare se le parti «sono state in grado di spiegar-si in contraddittorio» 131.In conclusione, il rispetto del contraddittorio da parte del giudice si

pone come condizione per l’esercizio di iniziative ufficiose sia sui fatti chesul diritto; il rispetto del contraddittorio implica la necessità di riaprire ildibattimento, affinché possano essere introdotti nuovi fatti o nuovi ele-menti di prova, quando le parti non siano state in grado di «spiegarsi»,cioè quando l’iniziativa del giudice non poggia su un quadro fattuale com-pletamente già esaminato e valutato.

129 Così Cass. civ. 1a, 10 luglio 1995, in Bull. civ., I, n. 315. Vedi nello stesso senso Cass.com., 22 gennaio 1979, in Bull. civ., IV, n. 28; Cass. civ. 2a, 27 gennaio 1982, in Gaz. Pal.,1982, 2, p. 455.

130 Cfr. Cass. civ. 2a, 15 aprile 1991, in Bull. civ., II, n. 129. Cfr. PERROT, in Rev. trim.dr. civ., 1992, p. 640.

131 Cfr. Cass. civ. 1a, 20 gennaio 1981, in Gaz. Pal., 1981, 1, pan., p. 173; Cass. civ. 2a,27 novembre 1984, in Bull. civ., II, n. 319.

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 229

19. Sintesi e verifica

Importanti suggerimenti offre l’analisi del sistema processuale francesesopra effettuata.È risultata confermata la conclusione a cui siamo giunti al termine del-

la prima parte di questo lavoro, per cui la natura, disciplina e funzione del -l’allegazione dei fatti sono una variabile dipendente dalla struttura delprocesso e, in particolare, dalla capacità contenutistica dello stesso e dal li-vello di garanzia offerto al diritto di difesa della parte, cioè alla sua possi-bilità di liberamente reagire all’iniziativa di controparte (o del giudice), intempi e forme adeguate.Così la tradizionale contrapposizione tra Willenserklärung e Wissens -

erklärung trova spiegazione non in base a principî generali ed astratti, masecondo l’architettura del sistema processuale in cui si svolge.L’allegazione dei fatti apparirà come una dichiarazione imperati va o

normativa o di volontà (Willenserklärung), in grado di obbligare il giudicea pronunciarsi su di essa e soltanto su di essa, nel caso in cui, in stretta ap-plicazione del principio di eventualità, l’allegazione dei fatti avvenga se-condo il criterio della dipendenza, per cui sono deducibili soltanto i fattiostativi a quelli allegati dall’avversario e non anche fatti concorrenti aquelli già allegati, senza possibilità anche ristrette di recupero: il giudice (ola parte) non può rompere l’ingranaggio della dipendenza nell’attuazionedel contraddittorio, rilevando dagli atti di causa fatti rimasti silenti.Al contrario l’allegazione dei fatti potrà apparire come una dichiara-

zione di scienza (Wissenserklärung) e il giudice potrà intervenire nella co-struzione dell’edificio del fatto, rilevando fatti versati in causa ma non uti-lizzati dalle parti (purché non si tratti di fatti costitutivi individuatori deldiritto controverso ovvero di fatti impeditivi, modificativi ed estintivi og-getto di eccezioni riservate alla parte), nel caso in cui le parti possano libe-ramente controdedurre.Anzi, la possibilità di utilizzare un fatto per decidere la causa non pre-

suppone una formale dichiarazione di scienza ad opera di una parte; uni-camente si richiede che il fatto silente, avventizio risulti legittimamente ac-quisito agli atti di causa e non sia frutto della scienza privata del giudice.Ciò che rileva a livello di disciplina è l’attività di rilevazione del fatto si-

lente, inerte, risultante dagli atti di causa, da parte del giudice ovvero diuna delle parti. Bisogna accertare se la struttura dialettica del processoconsente alla parte di liberamente reagire all’iniziativa di controparte (odel giudice), in tempi e forme adeguate.

230 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Ebbene, questa regola è risultata precisata ed arricchita dalla sensibilitàe concretezza mostrata dal sistema processuale francese nel tratteggiare ilrapporto tra fatto e diritto, icasticamente racchiuso nel termine moyen.La precisazione sta nel considerare rilevante, ai fini della disciplina del -

l’allegazione e del rispetto del contraddittorio, non già qualsiasi fatto, mail fatto che diventa moyen, cioè il fatto qualificato giuridicamente e postodinamicamente in rapporto con l’effetto giuridico richiesto.L’arricchimento sta nel considerare rilevante, ai fini della disciplina

dell’allegazione e del rispetto del contraddittorio, anche il mutamento del-la prospettazione giuridica della controversia, in quanto, cambiando ilquadro giuridico di riferimento, conseguentemente variano anche i fatti ri-levanti per la decisione della controversia (v., ad es., passaggio da respon-sabilità per fatto illecito a responsabilità per cosa in custodia).Si esce così dalla rigida contrapposizione tra la qualificazione dell’alle-

gazione dei fatti come dichiarazione imperativa o di volontà (Willens -erklärung) e la qualificazione come dichiarazione di scienza (Wissens -erklärung).Parimenti si esce dalla distinzione tra fatti principali e fatti secondari,

per cui, in maniera generale ed astratta, i primi soltanto sono rimessi al po-tere monopolistico di parte di rilevazione, con esclusione di ogni interven-to da parte del giudice.Ai fini della disciplina dell’allegazione dei fatti non rileva la mera intro-

duzione del fatto nell’involucro processuale né rileva la volontà o la con-sapevolezza di tale introduzione. Al contrario rileva la proiezione dinami-ca del fatto, una volta qualificato giuridicamente, in rapporto con l’effettogiuridico richiesto. Quando il fatto, principale o secondario che sia, vienecolorato giuridicamente e diventa rilevante per l’attribuzione o negazionedella tutela richiesta, si attualizza l’esigenza di difesa della controparte e ilrispetto del principio del contraddittorio.In questo modo è possibile trovare un giusto contemperamento tra

l’esigenza del rispetto del contraddittorio e l’esigenza di giungere alla de-cisione della causa in tempi ragionevoli, evitando di costringere il giudicea rimettere in termini le parti ogni qual volta è fatta emergere dagli atti dicausa una circostanza fattuale non espressamente considerata dalle partinella costruzione della propria linea difensiva: soltanto il fatto che diventamoyen deve essere sottoposto al vaglio critico delle parti.In fine, l’analisi del sistema processuale civile evidenzia l’importanza

di garantire il diritto di difesa e il rispetto del contraddittorio a seguitodi mutamento del quadro giuridico di riferimento; in considerazione

RUOLO DEL GIUDICE NEL PROCESSO CIVILE FRANCESE 231

del l’interazione tra fatto e diritto, l’invocazione di una norma di dirittopuò rendere rilevanti fatti prima non considerati; la controparte deve es-sere posta in grado di poter controdedurre, anche con l’allegazione dinuovi fatti.E questa possibilità di controdedurre deve essere verificata nei tempi e

nelle modalità: occorre cioè che la parte abbia a disposizione un adeguatospatium deliberandi e che possa introdurre non soltanto fatti ostativi ri-spetto a quelli rilevati o alla norma o qualificazione giuridica invocata, maanche fatti concorrenti a quelli già allegati.Questa verifica è affidata al giudice, il quale assume un ruolo di primo

piano, presentandosi come il «signore dei tempi». È il giudice che assegnai termini per il corretto svolgimento del giudizio e che attivamente parte-cipa alla messa in stato «intellettuale» della causa 132, esaminando e valu-tando tutto quanto risulta versato in causa.Si conferma così la regola che i poteri di intervento del giudice sulla

materia del contendere sono limitati non tanto dai poteri delle parti quan-to dalle previsioni del legislatore, che può delineare un’architettura rigidae chiusa del procedimento, suddiviso in fasi rigidamente separate, conconseguente annullamento dei poteri di intervento e conduzione sia per leparti che per il giudice.Ogni intervento del giudice, sia in fatto che in diritto, deve però essere

sottoposto al contraddittorio delle parti, che devono essere poste in gradodi liberamente controdedurre, eventualmente tramite riapertura della fasedi trattazione e conseguente remissione in termini.Questi i risultati dell’analisi condotta.Verificata, precisata ed arricchita la regola enucleata sulla disciplina

del l’allegazione dei fatti nel processo civile, si può dare una concreta ri-sposta ai vari interrogativi posti all’inizio di questo lavoro, guardando ilnostro sistema processuale.

132 Vedi retro, §§ 2 e 3.

232 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

CAPITOLO III

APPLICAZIONE AL NOSTRO PROCESSO CIVILE

DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI

SOMMARIO: 1. Piano di esposizione e caratteristiche dell’analisi. – SEZIONE PRI-MA: MODALITÀ DI RACCOLTA DEL MATERIALE DI FATTO NEL NOSTRO PROCESSO CIVI-LE. – 2. Profilo statico e dinamico dell’allegazione dei fatti nel processo. Attua-zione del contraddittorio. Capacità contenutistica del nostro processo. – 3. Ri-pristino dei poteri di reazione della parte o rimessione in termini. – 4. Modalitàdi raccolta del mate riale di fatto nel rito del lavoro e poteri di intervento del giu-dice nella costruzione dell’edificio del fatto. – 5. Allegazione di un fatto e pro-posizione di un’eccezione. – 5.1 (segue) Proposizione dell’eccezione, conside-rando l’allegazione dei fatti come la comunicazione di un significato positiva-mente regolato da norme giuridiche. – 5.2 (segue) Proposizione dell’eccezione,considerando l’allegazione dei fatti come una Willenserklärung, cioè come unadichiarazione di volontà. – 5.3 (segue) Proposi zione dell’eccezione come profilodinamico dell’allegazione dei fatti. – 6. Allegazione dei fatti in modo condizio-nato o subordinato e limiti oggettivi del giudicato. – 6.1 (segue) Allegazione deifatti in modo condizionato o subordinato e raccolta del materiale di fatto secon-do il principio di eventualità. – 6.2 (segue) Allegazione dei fatti in modo condi-zionato o subordinato ed eccezioni in senso stretto. – 7. Revoca dell’allegazionedi un fatto. – SEZIONE SECONDA: ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVEN-TUALITÀ NELLA FORMAZIONE DELL’ATTO UNILATERALE E NEL SUCCESSIVO GIUDIZIOIMPUGNATORIO. – 8. Impostazione del tema di indagine. – 9. Tecnica procedi-mentale di formazione dell’atto unilaterale licenziamento o sanzione conservati-va disciplinare ed efficacia preclusiva. – 10. Giudizio di impugnazione dell’attounilaterale licenziamento. Delimitazione dell’analisi. – 11. Integrazione o varia-zione della motivazione dell’atto di licenziamento nel corso del giudizio di op-posizione. – 12. Profili della tecnica impugnatoria e principio di eventualità, conparticolare riferimento al giudizio di opposizione a sanzioni amministrative. –13. Efficacia preclusiva del giudizio di opposizione all’atto unilaterale e reitera-zione dell’atto.

1. Piano di esposizione e caratteristiche dell’analisi

A seguito dell’analisi effettuata, abbiamo:

a) escluso validità all’impostazione tradizionale secondo cui l’allegazio-ne dei fatti, poiché riguarda il modo in cui la realtà sostanziale entra nelprocesso e nello stesso può essere esaminata, deve unicamente rispondereai principî generali del rapporto tra diritto sostanziale e processo civile edavere un regime ed una disciplina validi generalmente;

b) dimostrato (e verificato tramite l’analisi di ordinamenti stranieri)che la funzione, natura e disciplina dell’allegazione dei fatti nel processocivile è una variabile dipendente da determinate scelte di tecnica pro-cessuale;

c) tracciato le condizioni tecniche necessarie, anche tenendo conto del-lo svolgimento dialettico del processo, per consentire al giudice o alla par-te di attribuire rilevanza giuridica a fatti avventizi 1, cioè a circostanze fat-tuali versate in causa (risultanti ex actis), ma rimaste silenti, inerti, in quan-to non invocate.

Il lettore ha adesso la possibilità di applicare al sistema processuale acui è interessato gli strumenti di indagine delineati e così dare una rispostaagli interrogativi – già riportati nell’introduzione di questo lavoro – sullanatura, funzione e disciplina dell’allegazione dei fatti e sul ruolo rispetti-vamente spettante al giudice e alle parti.È questo lo scopo che si voleva conseguire.Adesso è possibile prospettare un’applicazione di questi strumenti di

indagine al nostro processo civile.Si tratta, però, per l’appunto di una prospettazione, in quanto un esa-

me accurato e soddisfacente esula dall’economia di questo lavoro, non es-sendo possibile analizzare compiutamente la struttura del processo civile 2,sotto il profilo statico e dinamico, in rapporto con il diritto di azione e didifesa, tenendo conto dell’interazione tra fatto e diritto e del principio delcontraddittorio.

1 Sulla definizione e contenuto di questa categoria vedi retro, parte seconda, cap. II,§ 12.

2 Recentemente il solo istituto della rimessione in termini ha occupato un’intera mo-nografia. Si fa riferimento a CAPONI, La rimessione in termini nel processo civile, cit., e DESANTIS, La rimessione in termini nel processo civile, cit.

234 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Successivamente, in una seconda sezione, si esamina la disciplina dell’al-legazione dei fatti nei processi c.d. impugnatori, prendendo in considera-zione il rapporto intercorrente tra la fase procedimentale, che sfocia in unatto unilaterale, e la successiva fase giudiziale di impugnazione di tale atto.Questo il piano di indagine.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 235

SEZIONE PRIMA

MODALITA DI RACCOLTA DEL MATERIALE DI FATTONEL NOSTRO PROCESSO CIVILE

2. Profilo statico e dinamico dell’allegazione dei fatti nel processo. At-tuazione del contraddittorio. Capacità contenutistica del nostro pro-cesso

Nell’impostazione tradizionale dell’attività di allegazione dei fatti nelprocesso si parte dalla constatazione che quattro sono le operazioni che sicom piono intorno al fatto nel processo: 1) esposizione di un avvenimentostorico; 2) prova del modo in cui si è svolto tale avvenimento; 3) sua qua-lificazione giuridica; 4) indicazione degli effetti prodotti da tale avveni-mento 3.A questo punto l’attenzione si accentra sulla possibilità o meno di rin-

tracciare una componente volontaristica nell’esposizione del fatto, in mo-do da ricostruire l’allegazione dei fatti come dichiarazione di volontà (Wil-lenserklärung), in grado di obbligare il giudice a pronunciarsi su di essa esoltanto su di essa, ovvero come dichiarazione di scienza (Wissenserklä-rung), senza alcun effetto imperativo sul giudice.Nella prospettazione dell’allegazione dei fatti come Willenserklärung si

arriva a sostenere che la manifestazione di volontà di sottoporre determi -nati fatti (e soltanto quelli) alla cognizione del giudice è rintracciabilenell’«affermazione della prova», cioè «in ogni capitolazione dei fatti dasot topor re alla prova dei testimoni, in quanto ogni domanda di assunzio-ne di una tale prova implica la volontà di disposizione di quei fatti», non-ché nell’atto di produzione di documenti, «benché, più che essere esplici-tamente for mulate, esse [cioè le affermazioni dei fatti con valore negozia -le/dispositivo] emerga no di solito implicitamente dal contenuto proprio

3 Vedi retro, Introduzione, § 1. La citazione è di FABBRINI, L’eccezione di merito nellosvolgimento del processo di cognizione, in Studi in memoria di Carlo Furno, Milano, 1973,ora in Scritti giuridici, I, cit., p. 355.

236 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

dell’atto in relazione al fatto che con esso si intende dimostrare»; «in que-sto senso va precisato il potere del giudice di considerare i fatti che “emer-gono dagli atti”» 4.In questo modo si cerca di conciliare gli opposti: possibilità per il giu-

dice di intervenire nella costruzione dell’edificio del fatto, rilevando fattidagli atti di causa, con l’affermata potestà delle parti di fissare insupera-bilmente i confini per la raccolta del materiale di fatto (Sammlung des Pro-zessstoffs).Altro modo di comporre questo contrasto è stato quello di enucleare

un’allegazione implicita dei meri fatti impeditivi, modificativi ed estintivi,oggetto di eccezioni rilevabili d’ufficio, con la proposizione della doman-da 5: il giudice può rilevare dagli atti di causa tali fatti, pur rimasti silenti,inerti, in quanto in realtà implicitamente esposti dall’attore nella propriadomanda.Ovvero, anche se non implicitamente allegati dall’attore, i meri fatti im-

peditivi, modificativi ed estintivi rientrano nella rilevanza giuridica dellarealtà storica indicata dall’attore e quindi il loro rilievo da parte del giudi-ce è riferibile all’iniziativa dell’attore 6.Tratto comune è quello di legare ad un’attività di parte l’introduzione

dei fatti nell’involucro processuale, pur di giustificare il monopolio delleparti sui fatti di causa (quanto meno quelli principali 7).Questa impostazione porta a trascurare le esigenze di difesa delle par-

ti, in caso di utilizzo alla dernière heure (quando non è più possibile repli-care) di circostanze fattuali versate in causa (risultanti ex actis), ma silenti,in quanto non invocate, e pertanto tendenzialmente destinate a rimanereinerti nel processo.In questo modo il processo finisce per assomigliare ad un gioco d’az-

zardo: l’esito della causa può dipendere dalle «sorprese» in fatto che pos-

4 Così BENVENUTI, op. cit., p. 233 s., testo e note. Vedi retro, parte prima, cap. I, § 3.5 Cfr. CAPPELLETTI, La testimonianza, cit., p. 345 ss.; REDENTI, Profili pratici del diritto

processuale civile, cit., p. 418; MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, 12a ed., vol. I,cit., p. 128, nota 16; COMOGLIO, Allegazione, cit., p. 280, nota 48; ID., Tutela dei diritti, cit.,p. 181, nota 65; COMOGLIO-FERRI-TARUFFO, Lezioni sul processo civile, cit., p. 337; VERDE,Domanda (principio della), cit., p. 7. Contra, GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 245 ss.e 318; FABBRINI, L’eccezione di merito, cit., p. 356, nota 20; MERLIN, Compensazione e pro-cesso, vol. I, cit., p. 335 s. Vedi retro, parte prima, cap. IV, § 4.

6 Vedi retro, parte prima, cap. IV, § 5.7 Vedi retro, parte prima, cap. IV, §§ 7-9.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 237

sono riservare le deposizioni dei testimoni o le indagini peritali del c.t.u.nonché dalle «sorprese» in fatto ed in diritto del giudice (o della contro-parte), che in sede di decisione rileva fatti silenti, inerti, in quanto ignora-ti dalle parti, ovvero muta prospettazione giuridica e conseguentemente ilquadro fattuale rilevante.È per questo che bisogna mutare punto di osservazione: al fine di stabi-

lire il ruolo svolto dalle parti e dal giudice nella costruzione dell’edificio delfatto, non rileva tanto legare ad un’iniziativa di parte l’introduzione del fat-to nel processo; rileva al contrario, una volta legittimamente entrato il fattonel l’involucro processuale (anche se non direttamente ad iniziativa di parte),la valorizzazione giuridica di tale fatto, cioè la proiezione dinamica del fatto,qualificato giuridicamente, in rapporto con l’effetto giuridico richiesto.A livello statico possiamo distinguere tra:

a) i fatti inconsapevolmente introdotti nell’involucro processuale dallaparte (ad es., i fatti risultanti da un documento);

b) i fatti consapevolmente introdotti dalle parti e indicati, ma senza at-tribuirvi alcun significato giuridico;

c) i fatti acquisiti al giudizio non direttamente per iniziativa delle parti(ad es., risultanze istruttorie) e non valorizzati dalle parti nella ricostruzio-ne della propria linea difensiva 8.

A livello dinamico rileva l’evoluzione di questi fatti inerti a moyen, astrumento di decisione.Quando quest’evoluzione si completa e il fatto, principale o secondario

che sia, diventa rilevante per l’attribuzione o negazione della tutela richie-sta, si attualizza l’esigenza di difesa della controparte e il rispetto del prin-cipio del contraddittorio.Quest’evoluzione è, pertanto, ammissibile se la struttura e le regole del

procedimento consentono alla parte di liberamente controdedurre in tem-po utile.A tal proposito bisogna misurare la capacità contenutistica del giudi-

zio: soltanto se il processo è in grado di contenere nuovi fatti e prove,eventualmente tramite una rimessione in termini, è possibile valorizzaregiuridicamente un fatto, altrimenti destinato a restare inerte tra le carte delprocesso, ovvero mutare prospettazione giuridica, così alterando il quadrofattuale fino a quel momento tenuto in considerazione.

8 Si ripete l’elenco dei c.d. fatti avventizi, su cui vedi retro, parte seconda, cap. II, § 12.

238 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

In particolare, come già detto 9, rileva:

a) l’eventuale suddivisione in fasi del processo;b) la tecnica procedimentale di ciascuna fase;c) la possibilità di riaprire una fase già chiusa.

È quanto si passa a prospettare.

3. Ripristino dei poteri di reazione della parte o rimessione in termini

Il nostro processo civile è attualmente suddiviso in fasi e lo svolgimen-to del giudizio è rigidamente ed astrattamente cadenzato dal legislatore 10.La materia del contendere viene prima precisata in una fase di tratta-

zione concentrata a contraddittorio libero. In tale fase, anche a seguitodel l’interrogatorio libero delle parti e dell’ausilio del giudice (tenuto, exart. 183, 3° comma, c.p.c., ad indicare alle parti, sulla base dei fatti allega-ti, i chiarimenti necessari e le questioni rilevabili d’ufficio), le parti hannola possibilità di liberamente integrare le deduzioni fattuali, introducendosia fatti ostativi a quelli fatti valere dall’avversario sia fatti concorrenti aquelli già posti a fondamento della propria linea difensiva.In tale fase è pertanto garantita la massima utilizzazione possibile della

dinamica del contraddittorio per la delimitazione del thema probandum edecidendum: l’allegazione dei fatti è libera e non costretta nell’ingranaggiodella dipendenza (caratteristico dei sistemi processuali improntati al prin-cipio di eventualità, in cui possono essere allegati soltanto i fatti ostativi aquelli allegati dall’avversario 11).È pertanto possibile l’intervento del giudice nella costruzione dell’edi-

ficio del fatto, purché consenta la massima utilizzazione possibile della di-namica del contraddittorio, cioè sottoponga all’attenzione delle parti il fat-to, qualificato giuridicamente, rilevato d’ufficio, in modo da consentire al-

9 Si rinvia, per non ripeterci, a quanto precisato retro, parte prima, riepilogo, § 2.10 Confronta due modelli opposti di architettura del processo civile, con conseguente

opposto rilievo al potere di conduzione del processo da parte del giudice, guardando retroa: sistema processuale tedesco davanti al tribunale camerale dell’impero (Reichskammer-gericht) nonché presso molti tribunali dei Länder, specialmente a seguito del c.d. jüngsterReichsabschied del 1654, come descritto in questa parte, cap. I, in partic. §§ 7-10; sistemaprocessuale francese, descritto in questa parte, cap. II, §§ 2-4.

11 Vedi retro, parte seconda, cap. I.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 239

le parti di esercitare compiutamente il loro potere di reazione, allegandofatti ostativi nonché fatti concorrenti a quelli già posti a fondamento dellapropria linea difensiva.Una volta chiusa la fase di trattazione, le parti perdono la possibilità di

introdurre nuovi fatti, salvo le sopravvenienze 12.A questo punto si pone il problema dell’evoluzione del fatto inerte, ri-

sultante dagli atti di causa, in moyen.La possibilità per la parte o per il giudice di valorizzare giuridicamente

un fatto avventizio 13 in modo da farlo diventare rilevante per l’attribuzio-ne o negazione della tutela richiesta non deve pregiudicare il diritto di di-fesa dell’avversario (o di entrambe le parti, in caso di rilievo da parte delgiudice). Occorre che la struttura del processo consenta l’esercizio del po-tere di reazione della parte, la quale deve poter replicare in fatto ed in di-ritto e provare i nuovi fatti introdotti. Tale replica in fatto deve riguardarenon soltanto i fatti ostativi a quelli adesso valorizzati giuridicamente, maanche i fatti concorrenti a quelli già posti a fondamento della propria lineadifensiva.

12 Si nota che per taluni Autori è comunque sempre possibile allegare fatti impeditivi,modificativi ed estintivi oggetto di eccezioni rilevabili d’ufficio, in considerazione del ve-nir meno dell’espressione «ferma la allegazione dei fatti storici» prevista nella formulazio-ne originaria dell’art. 183, unito alla mancata previsione di qualsiasi preclusione in primogrado quanto alle eccezioni rilevabili d’ufficio ed alla esplicita previsione della loro pro-ponibilità in appello. Cfr. CAPONI, La rimessione in termini nel processo civile, cit., p. 421e citazioni riportate in nota 51 stessa pagina, cui adde TAVORMINA, Legge 26 novembre1990, n. 353, artt. da 7 a 35. Il commento, in Corr. giur., 1991, 45; BALENA, La riforma delprocesso di cognizione, Napoli, 1994, p. 186 ss.; ID., Le preclusioni nel processo di primo gra-do, in Giur. it., 1996, IV, c. 276 s.; De SANTIS, La rimessione in termini, cit., p. 202; MA-RELLI, La trattazione della causa nel regime delle preclusioni, cit., p. 121. Si precisa cheORIANI, L’eccezione di merito nei Provvedimenti urgenti per il processo civile, in Foro it.,1991, V, c. 33 s., citato da Caponi, ritiene proponibile l’eccezione in senso lato ancheall’udienza ex art. 184 c.p.c. per la richiesta di mezzi istruttori ovvero nel termine conces-so dal giudice. Adesso in Eccezione rilevabile d’ufficio e onere di tempestiva allegazione: undiscorso ancora aperto, cit., 2001, c. 134, afferma che il fatto estintivo, modificativo edestintivo, oggetto di eccezione in senso lato, può essere dedotto e provato per la prima vol-ta anche in appello, richiamando quanto sostenuto nella postilla di aggiornamento dellavoce Eccezione, in Enc. giur.

13 Sulla definizione e contenuto di questa categoria vedi retro, parte seconda, cap. II,§ 12, nonché l’elenco dei fatti inerti riportato nel § precedente. Si precisa che è esclusol’intervento del giudice con riferimento ai fatti costitutivi individuatori del diritto contro-verso ed ai fatti impeditivi, modificativi ed estintivi oggetto di eccezioni riservate alla par-te. Per quest’ultima categoria di fatti bisogna però tener conto della distinzione operata traallegazione e proposizione, su cui vedi infra, § 5.

240 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Poiché la fase di trattazione è oramai chiusa, la possibilità di riaperturaè stata individuata nell’istituto della rimessione in termini, disciplinatonell’art. 184 bis c.p.c. 14.Il ricorso a tale istituto comporta la non automaticità del ripristino dei

poteri di reazione della parte, in quanto, si sostiene, occorre accertare chela parte non abbia colpevolmente ignorato la rilevanza giuridica del fattorisultante dagli atti a causa di una insufficiente elaborazione delle strategiedifensive 15.Altri Autori sostengono invece che è preferibile eccezionalmente rico-

noscere l’automaticità della rimessione in termini, così prescindendo dauna difficile indagine sulla diligenza della parte 16.Del resto, se i fatti avventizi sono oggetto di una manifestazione di vo-

lontà della parte (allegazione implicita dei fatti impeditivi, modificativi edestintivi da parte dell’attore 17; disposizione del fatto tramite la mera pro-

14 Vedi CAPONI, La rimessione in termini nel processo civile, cit., pp. 245 e 425, cheespressamente prende in considerazione l’ipotesi del rilievo di fatti risultanti da documen-ti depositati entro il termine ex art. 184 c.p.c. o risultanti dall’espletamento delle prove co-stituende e indica nella rimessione in termini lo strumento più idoneo a tutela del dirittodi difesa delle parti. Nello stesso senso, ex pluribus, DE SANTIS, La rimessione in termini,cit., p. 309; PROTO PISANI, La nuova disciplina de processo civile, cit., p. 140.

15 In questo senso, anche se in forma perplessa, DE SANTIS, op. cit., p. 309, che richia-ma CHIARLONI, Prima udienza di trattazione, in Le riforme del processo civile, a cura diCHIARLONI, cit., p. 183. Per correttezza e completezza di analisi si fa presente che quest’ul-timo Autore accentra la sua analisi sulle conseguenze della violazione dell’obbligo previstodal l’art. 183 c.p.c. (secondo cui il giudice è tenuto ad indicare alle parti le questioni rile-vabili d’ufficio) e non già sulla rimessione in termini. In particolare sostiene che, se il giu-dice ha sottoposto all’attenzione delle parti la questione rilevabile d’ufficio (ad es., un fat-to impeditivo, modificativo o estintivo oggetto di un’eccezione in senso lato) dopo lo sca-dere delle preclusioni, «bisognerà ammettere che le parti siano legittimate ad allegare tar-divamente nuovi fatti, nella misura in cui la necessità dell’allegazione sia diretta conse-guenza della tardiva attività del giudice» (così a p. 198). La parte, quindi, ha il «diritto diottenere la rimessione in termini» (così a p. 185), anche se forse limitatamente ai soli fattiostativi e non anche ai fatti concorrenti a quelli già posti a fondamento della propria lineadifensiva (per maggiori chiarimenti ed esemplificazioni di questi concetti, vedi retro inquesta seconda parte, cap. I, il § 3 e la nota 32 nonché il § 7). Nel caso, invece, in cui il giu-dice violi il disposto dell’art. 183 c.p.c. e decida direttamente a sorpresa una questione ri-levabile d’ufficio, non c’è nullità della sentenza per violazione del principio del contrad-dittorio. Su ciò la querelle con FERRI, Contraddittorio e poteri decisori del giudice, in Studiurbinati, cit., p. 3 ss., 113 ss.; ID., Sull’effettività del contraddittorio, cit., p. 780 ss.

16 Vedi, ex pluribus, PROTO PISANI, La nuova disciplina del processo civile, cit., p. 140;CAPONI, La rimessione in termini, cit., p. 254; MARELLI, La trattazione della causa nel regi-me delle preclusioni, cit., p. 138.

17 Cfr. CAPPELLETTI, La testimonianza, cit., p. 345 ss.; REDENTI, Profili pratici del di-

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 241

duzione del documento in cui è contenuto 18), l’intervento del giudice nel-la costruzione dell’edificio del fatto non compromette il diritto di difesadella parte, con conseguente necessità di consentire alla stessa di contro-dedurre e provare; tale possibilità dovrà quindi poggiare su una rimessio-ne in termini, che deve essere richiesta e disposta dal giudice, a seguito diuna valutazione discrezionale sulla diligenza della parte nell’elaborazionedella propria strategia difensiva o, eccezionalmente, in maniera automati-ca, per la difficoltà di una tale valutazione.Mi spiego. Se, ad esempio, la parte (o il giudice), una volta chiusa la fa-

se di trattazione, dà colore, cioè attribuisce una specifica rilevanza giuridi-ca, a fatti che risultano dai documenti prodotti, la parte (o ciascuna parte,in caso di rilievo da parte del giudice) non può protestare la violazione delproprio diritto di difesa, in quanto con la produzione del documento l’av-versario ha richiesto al giudice di decidere anche sui fatti in esso indicati;la parte, quindi, non può sostenere di essere colta di sorpresa, perché do-veva sapere che il giudice era chiamato a decidere anche sulla rilevanzagiuridica dei fatti indicati nel documento prodotto 19.Così, l’attore non può lamentare la violazione del proprio diritto di di-

fesa in caso di rilievo d’ufficio di un fatto impeditivo, modificativo o estin-tivo oggetto di un’eccezione in senso lato, in quanto l’attore stesso ha alle-gato tali fatti implicitamente con la proposizione della domanda 20 o co-munque li ha introdotti come tema di indagine rientrante nella rilevanzagiuridica della realtà storica indicata nella domanda 21.Pertanto, la rimessione in termini, per poter controdedurre, è subordi-

nata ad una valutazione della diligenza nella elaborazione della propria li-nea difensiva.Ebbene, abbiamo dimostrato che con la produzione di un documento

ritto processuale civile, cit., p. 418; MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, 12a ed.,vol. I, cit., p. 128, nota 16; COMOGLIO, Allegazione, cit., p. 280, nota 48; ID., Tutela deidiritti, cit., p. 181, nota 65; VERDE, Domanda (principio della), cit., p. 7. Contra, GRASSO,La pronuncia d’ufficio, cit., p. 245 ss. e 318; FABBRINI. L’eccezione di merito, cit., p. 356,nota 20; MERLIN, Compensazione e processo, vol. I, cit., p. 335 s. Vedi retro, parte prima,cap. IV, § 4.

18 Cfr. BENVENUTI, op. cit., p. 233 s., testo e note. Vedi retro, parte prima, cap. I, § 3.19 Si richiamano, per non ripeterci, gli esempi fatti retro, parte prima, cap. III, § 3 e

parte seconda, cap. II, § 9.20 Vedi retro, parte prima, cap. IV, § 4.21 Vedi retro, parte prima, cap. IV, § 5.

242 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

o con la proposizione della domanda non c’è richiesta di decisione sulla ri-levanza giuridica di fatti neppure indicati 22.Del resto non si può considerare non diligente la parte che non ha va-

lorizzato un fatto a sé sfavorevole e, quindi, limitare la sua reazione ad unpotere equivalente, cioè alla possibilità del tutto teorica di contraddire inbase al materiale di causa. Dagli atti di causa la parte ha già diligentemen-te tratto e valorizzato i fatti ritenuti utili per vincere la causa e non si puòpretendere che si preoccupi di predisporre una linea di difesa nell’even-tualità che l’avversario si accorga di un mezzo di attacco non utilizzato ov-vero, scal tramente, si riservi di far valere tale mezzo di attacco, quando èpreclusa l’attività di allegazione dei fatti e la possibilità di richiedere l’am-missione di mezzi di prova.Delle due l’una: o si esclude che la parte e il giudice possano far evol -

vere un fatto avventizio in moyen, in strumento di decisione, a fase ditratta zione chiusa, o si riconosce la necessità di consentire il libero eserci-zio del potere di reazione.La possibilità di esercizio del potere di reazione della parte all’inter-

vento del giudice nella costruzione dell’edificio del fatto non può quindiessere condizionata ad una valutazione discrezionale del giudice, essendo,al contrario, l’intervento del giudice ad essere condizionato alla possibilitàdi esercizio del potere di reazione della parte 23.L’esercizio del potere di reazione deve essere libero, cioè la parte deve

poter allegare e provare non soltanto i fatti ostativi a quelli valorizzati dal-la parte o dal giudice 24, ma anche i fatti concorrenti a quelli già posti a fon-damento della propria linea difensiva 25.

22 Vedi retro, parte prima, cap. I, § 3; parte prima, cap. IV, §§ 4 e 5.23 Si richiamano le conclusioni dell’analisi (e della verifica) condotta in questo lavoro,

riportate nel § 19 del cap. II, parte seconda. Fanno riferimento al rispetto del principio delcontraddittorio, ex pluribus, LUISO, in CONSOLO-LUISO-SASSANI, La riforma del processo ci-vile. Com mentario, cit., p. 101, nonché al punto 5. di Il sistema delle preclusioni e delle de-roghe alle preclusioni, relazione tenuta al Convegno svoltosi in Chieti il 28 settembre 1991;TARZIA, Lineamenti del nuovo processo civile, cit., p. 123 ss.; ID., Manuale del processo dellavoro, cit., p. 141; VERDE, Domanda (principio della), cit., p. 8; MENCHINI, Osservazioni cri-tiche, cit., p. 42.

24 Tecnicamente deve potersi individuare un Bedingungsverhältnis, cioè un rapporto diconsequenzialità. Vedi retro, in questa seconda parte, il cap. I, § 7.

25 Molto chiari gli esempi riportati da LUISO, Principio di eventualità, cit., p. 210 s., perevidenziare le conseguenze di un potere di reazione limitato ai soli fatti dipendenti (cioè inun rapporto di consequenzialità): «così, ad es., se l’attore chiede il pagamento di una som-

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 243

Il richiamo, quindi, all’istituto della rimessione in termini vale sol tantocome indicazione della possibilità tecnica del processo di contenere i nuo-vi fatti, frutto dell’esercizio del potere di reazione della parte.

4. Modalità di raccolta del materiale di fatto nel rito del lavoro e poteridi intervento del giudice nella costruzione dell’edificio del fatto

Questa possibilità tecnica di contenere nuovi fatti, frutto del liberoesercizio del potere di reazione della parte, va verificata con riferimento alrito del lavoro, sempre a livello di prospettazione.Bisogna vedere come avviene la raccolta del materiale di fatto (Samm-

lung des Prozessstoffs), in base alla capacità contenutistica del processo.Il primo gradino da salire è quello di verificare la possibilità di allegare

nuovi fatti in base a quanto emerge a seguito della dialettica processuale.In caso di possibilità di allegare nuovi fatti, il secondo gradino da sa lire

è quello di verificare se tale allegazione è libera ovvero costretta nell’in-granaggio della dipendenza, cioè se la parte ha la possibilità di alle gare sol-tanto i fatti ostativi a quelli emersi (ad iniziativa di parte o del giu dice) ov-vero anche i fatti concorrenti a quelli già posti a fondamento della proprialinea difensiva.Il rito del lavoro si ispira, nell’intenzione dei codificatori, ai principî di

oralità, immediatezza e concentrazione. In particolare, la concentrazione èesasperata dalla previsione dell’obbligo per le parti di «vuotare il sacco» 26

fin dagli atti introduttivi 27, sia esponendo tutti i fatti rilevanti sia conte-

ma sulla base di un certo contratto, ed il convenuto eccepisce che il contratto è stato sti-pulato da un falsus procurator, l’attore può replicare che il convenuto ha ratificato il com-portamento del falsus procurator, ma non può far valere una fattispecie costitutiva del di-ritto, concorrente con il contratto di cui sopra (ad es., un arricchimento senza causa). Asua volta il convenuto può replicare allegando che la ratifica manca della forma prescritta,ma non può eccepire la prescrizione del diritto o la compensazione».

26 Tale suggestiva espressione è richiamata dalla Corte cost. 14 gennaio 1977, n. 13, inForo it., 1977, I, c. 269, come risultante già dagli atti parlamentari relativi alla riforma delprocesso del lavoro (relazione alle Commissioni riunite della Camera nel corso della V le-gislatura).

27 Il dettato legislativo non è chiaro in tal senso. In particolare si osserva che l’art. 416c.p.c., con riferimento al convenuto, impone «a pena di decadenza» la proposizione di do-mande riconvenzionali, eccezioni non rilevabili d’ufficio e mezzi di prova, nulla dicendo,quindi, delle eccezioni in senso lato, rilevabili anche dal giudice. Su questa distinzione traeccezione ed eccezione, vedi infra nel testo. Quanto all’attore, l’art. 414 c.p.c., sulla forma

244 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

stualmente indicando i mezzi di prova (documenti depositati e prove co-stituende da assumere) 28.Secondo alcuni Autori sfuggono a questa concentrazione negli atti in-

troduttivi i fatti impeditivi, modificativi od estintivi oggetto di eccezioninon riservate, in quanto l’art. 416 c.p.c. impone al convenuto di far valerea pena di decadenza nella memoria difensiva soltanto le eccezioni non ri-levabili d’ufficio 29. Secondo altri Autori l’allegazione dei fatti deve esserecontenuta a pena di decadenza nella memoria difensiva, ma, durante ilcorso del processo, il convenuto può rilevare l’efficacia dei fatti impediti-vi, modificativi o estintivi, ove si tratti di eccezioni in senso lato 30.Ma, a prescindere da questa opposta interpretazione del dato normati-

vo, in ogni caso l’edificio del fatto non può considerarsi ultimato con gliatti introduttivi. Ad esempio, nuovi fatti possono essere introdotti nell’in-volucro processuale a seguito dell’interrogatorio libero delle parti, di do-cumenti prodotti o dell’istruzione probatoria (si pensi alle prove testimo-niali, all’accesso del giudice sul luogo del lavoro, alla consulenza tecnica,alla richiesta di informazioni ed osservazioni alle associazioni sindacali) 31.

della domanda, non precisa alcuna preclusione. Tuttavia, in via di interpretazione siste-matica, la Corte cost. 14 gennaio 1977, n. 13, cit., c. 268 ss., ha affermato che la stessa san-zione di decadenza prevista per il convenuto vale implicitamente anche per l’attore, in ba-se al combinato disposto degli artt. 414 e 420 c.p.c. (poiché eventuali modificazioni delladomanda o nuovi mezzi di prova possono essere eccezionalmente ammessi dal giudice sol-tanto alla prima udienza e sussistendo gravi motivi, ne consegue che ciò che poteva esserecontenuto nel ricorso non potrà essere successivamente ammesso, con conseguente deca-denza dell’attore).

28 L’onere di allegare e provare contestualmente non consente di tener conto di ciòche, a seguito dell’instaurazione del contraddittorio, risulterà effettivamente controverso erilevante. In questo senso va intesa l’espressione «la concentrazione è esasperata» usata neltesto. In proposito vedi LUISO, Il processo del lavoro, cit., p. 109 ss.

29 Vedi, per tutti, ORIANI, L’eccezione di merito nei Provvedimenti urgenti per il proces-so civile, cit., V, c. 31 ss.; ID., Eccezione, cit., p. 300 s., e citazioni ivi contenute; ID., Ecce-zione rilevabile di ufficio e onere di tempestiva allegazione: un discorso ancora aperto, cit., c.127 ss., ed indicazioni di giurisprudenza.

30 Cfr., ex pluribus, FABBRINI, Diritto processuale del lavoro, Milano, 1975, p. 76 s.; LUI-SO, Il processo del lavoro, cit., p. 181. In giurisprudenza, in questi termini, Cass., Sez. Un.,3 febbraio 1998, n. 1099, in Giust. civ., 1998, I, p. 645 ss., con nota di GIACALONE; in Corr.giur., 1999, p. 1007 ss., con nota di NEGRI; in Mass. giur. lav., 1998, p. 297 ss., con nota diCENTOFANTI; in Dir. lav., 1999, II, p. 12 ss. e 577 ss., con nota di VALLEBONA; in Lavoro nel-la giur., 1998, p. 933 ss., con nota di SIGNORINI; in Riv. giur. lav., 1998, II, p. 514 ss., connota di GUGLIELMI.

31 Vedi LUISO, Il processo del lavoro, cit., p. 182 s.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 245

A questo punto rileva la possibilità di far emergere questi nuovi fatti,cioè la possibilità per la parte o per il giudice di far evolvere il fatto inerte,risultante dagli atti di causa (c.d. fatto avventizio) in moyen, cioè in stru-mento di decisione.Inoltre bisogna tener conto che non sempre gli atti di causa, dai quali

viene fatto emergere il fatto avventizio, contengono anche la prova di talefatto. Ad esempio, il fatto potrà risultare non bisognoso di prova, se emer-ge da una deposizione testimoniale ritenuta attendibile ovvero da una con-sulenza tecnica o dall’accesso del giudice sul luogo di lavoro. Ma il fattoavventizio può anche emergere da un documento formato dalla parte chese ne avvale ovvero dall’interrogatorio libero. In questi casi va quindi veri-ficata anche la possibilità di provare il fatto, considerato che nel rito del la-voro la richiesta dei mezzi di prova deve avvenire a pena di decadenza ne-gli atti introduttivi del giudizio.Ma non basta. L’evoluzione del fatto inerte in strumento di decisione pre-

suppone l’esercizio del potere di reazione per la controparte (in caso di rilie-vo di parte) o per entrambe le parti (in caso di rilievo ufficioso del giudice).Bisogna quindi verificare la capacità contenutistica del processo del lavoro.Ai fini del nostro lavoro è quest’ultimo aspetta che rileva.Comunque, quanto alla possibilità di prova, si osserva che occorre ve-

rificare l’impossibilità per la parte di richiedere il mezzo istruttorio pertempo, cioè negli atti introduttivi. Tale impossibilità va apprezzata nonsoltanto in senso oggettivo (ad esempio, il fatto risulta da un documentoacquisito in corso di causa), ma anche in senso soggettivo (ad esempio, ildocumento da cui risulta il fatto non era nella disponibilità della parte ov-vero, pur essendo nella sua disponibilità, non appariva rilevante in base al -l’iniziale prospettazione giuridica del rapporto controverso, poi mutata aseguito dei rilievi di controparte o del giudice) 32. La parte, quindi, che in

32 PROTO PISANI, In tema di prova nel processo del lavoro: temperamenti al principio dieventualità, in Foro it., 1981, I, c. 2402 ss. ritiene che deve essere riconosciuta all’attore lapossibilità di richiedere ulteriori mezzi istruttori, in caso di contestazione tardiva dei fatticostitutivi da parte del convenuto. Tale apertura è criticata da MONTESANO-VACCARELLA,Manuale di diritto processuale del lavoro, 3a ed., cit., p. 121; LUISO, Il processo del lavoro,cit., p. 142, in quanto l’attore deve offrire la prova dei fatti costitutivi del diritto azionato,a prescindere da quali di questi fatti saranno contestati dal convenuto.Vedi anche FRUS, Note sull’onere del convenuto di «prendere posizione» nel processo del

lavoro, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1991, p. 82 ss., secondo il quale è da negare la possibi-lità di tardiva contestazione da parte del convenuto, anche per evitare una riaperturaistruttoria, seppure con prove già richieste dall’attore, ma non assunte.

246 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

corso di causa produce un documento, già nella sua disponibilità al mo-mento dell’inizio del processo, non può pretendere di poter provare il fat-to risultante da tale documento, soltanto perché oggettivamente tale fattosoltanto adesso risulta dagli atti di causa. Al contrario, la richiesta di mez-zi istruttori è legittima nel caso in cui tale fatto sia divenuto rilevante sol-tanto a seguito dello sviluppo del contraddittorio, ad esempio sulla base diuna diversa impostazione giuridica della controversia indicata dal giudice.Si tratta, quindi, di verificare la capacità del processo del lavoro di con-

tenere nuove allegazioni e richieste istruttorie, giustificate dallo sviluppodel contraddittorio in fatto ed in diritto.Tale capacità contenutistica appare limitata da quanto previsto dall’art.

420 c.p.c., a norma del quale soltanto nell’udienza fissata per la discussio-ne della causa e soltanto a seguito dell’interrogatorio libero delle parti, ilgiudice, se ricorrono gravi motivi, può autorizzare la modificazione di do-mande, eccezioni e conclusioni già presentate, nonché l’ammissione deimezzi di prova che le parti non abbiano potuto proporre prima.Innanzitutto viene in considerazione una limitazione temporale, in

quanto si sostiene che l’udienza in cui la parte può eccezionalmente esse-re autorizzata a nuove allegazioni e richieste istruttorie è soltanto la primaudienza 33.Inoltre viene in considerazione una limitazione contenutistica: come

evidenziato all’inizio di questo paragrafo, occorre stabilire se il potere direazione riguarda soltanto i fatti ostativi a quelli emersi (ad iniziativa di

Vedi anche ORIANI, L’eccezione di merito nei Provvedimenti urgenti per il processo civi-le, cit., p. 32, il quale riconosce al convenuto la possibilità di introdurre nel corso del giu-dizio i fatti impeditivi, modificativi od estintivi fondanti eccezioni rilevabili d’ufficio, matiene ferma la decadenza dalla richiesta di mezzi istruttori, salvo il ricorso ai poteri istrut-tori del giudice del lavoro ex art. 421 c.p.c. e all’autorizzazione prevista dall’art. 420, quin-to comma, c.p.c. Nessuna rilevanza dà all’imputabilità soggettiva dell’omessa allegazione erichiesta probatoria.

33 Ad esempio, considera il riferimento all’«udienza fissata per la discussione» conte-nuto nell’art. 420 c.p.c. come prima udienza di trattazione FABBRINI, Preclusioni e processodi cognizione, in Quaderni del Consiglio Superiore della Magistratura, Roma, 1986 e ora inScritti giuridici, vol. II, cit., p. 333; ID., Eccezione, in Enc. giur., Roma, 1989, ora in Scrittigiuridici, vol. II, cit., p. 513. Si noti che l’Autore consente al convenuto di rilevare l’effica-cia giuridica del fatto impeditivo, modificativo o estintivo tempestivamente allegato in tut-to il corso del giudizio, purché si tratti di eccezione in senso lato (Diritto processuale del la-voro, cit., p. 76 s.), senza possibilità di reazione per l’attore e, in particolare, di allegazionedi fatti ostativi, una volta passata la prima udienza di trattazione, non potendo invocare ildisposto dell’art. 420, c.p.c. (Diritto processuale del lavoro, cit., p. 129 e 133).

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 247

parte o del giudice) ovvero anche i fatti concorrenti a quelli già posti a fon-damento della propria linea difensiva.Se sussistente, la limitazione contenutistica (soltanto i fatti ostativi) e

temporale (soltanto in prima udienza) impedisce la possibilità di far evol-vere un fatto inerte in strumento di decisione.La limitazione contenutistica, in quanto il giudice (o la parte) non

può far emergere dagli atti un fatto rilevante per la decisione della cau-sa, rompendo l’ingranaggio della dipendenza nelle contrapposte allega-zioni 34.La limitazione temporale, in quanto l’attribuzione di rilevanza giuridi-

ca al fatto avventizio risultante dagli atti di causa presuppone la possibilitàdi reazione della controparte (o di entrambe le parti, in caso di rilievo delgiudice), possibile invece soltanto in prima udienza 35.Si tratta, quindi, di stabilire se sussiste o meno questa limitazione tem-

porale e contenutistica nella raccolta (e prova) del materiale di fatto.Ebbene, la limitazione contenutistica è esclusa dal dettato legislativo:

la possibilità per l’attore di modificare la domanda riconosciuta dall’art.420 c.p.c. significa che l’attore, a fronte delle difese del convenuto, puòallegare altri fatti costitutivi, alternativi rispetto a quelli fatti inizialmen-te valere con il ricorso. In questo modo l’attore è autorizzato a «tornareindietro». Al contrario, in base al meccanismo della dipendenza, l’atto-re sarebbe stato legittimato unicamente ad allegare fatti ostativi ai fattiimpeditivi, modificativi od estintivi fatti valere dal convenuto (c.d. du-pliche).Quanto, infine, alla limitazione temporale, si può obiettare che:

a) l’udienza «fissata per la discussione della causa» di cui all’art. 420c.p.c. soltanto tendenzialmente, nella prospettiva utopistica del legislato-re, corrisponde alla prima udienza; di fatto può trattarsi anche diun’udienza successiva e, comunque, nel testo normativo non si dice «pri-ma udienza» 36;

b) il principio dell’oralità, a cui si ispira il rito del lavoro, risulta irrime-

34 Vedi retro in questa seconda parte, cap. I, § 9.35 Si richiamano le conclusioni dell’analisi (e della verifica) condotta in questo lavoro,

riportate nel § 19 del cap. II, parte seconda.36 Considera possibile l’integrazione fattuale, previa autorizzazione del giudice, in

tutto il corso del processo, TESORIERE, Diritto processuale del lavoro, 3a ed., Padova,1999, p. 189.

248 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

diabilmente minato dalla impossibilità di allegare e provare nuovi fatti inbase allo sviluppo del contraddittorio 37;

c) come l’attore ha uno spazio temporale per conoscere le difese delconvenuto (che deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza) epredisporre il mutamento della domanda da presentare in udienza, così ilconvenuto deve avere un analogo spazio temporale per reagire alle novitàfattuali dell’attore autorizzate dal giudice in udienza 38;

d) l’istituto della rimessione in termini previsto dall’art. 184 bis c.p.c.,stante la portata generale di tale norma, deve considerarsi applicabile an-che al rito del lavoro 39.

Se, quindi, anche nel rito del lavoro trova attuazione il libero eserciziodel contraddittorio, con il riconoscimento alle parti di un potere di rea-zione en temps utile, allora il giudice può intervenire nella costruzione del -l’edificio del fatto, facendo evolvere un fatto avventizio (cioè un fatto si-lente, inerte, in quanto non valorizzato a fondamento della linea difensiva)in strumento di decisione ovvero mutando prospettazione giuridica dellares controversa e rendendo così rilevanti fatti non allegati.

5. Allegazione di un fatto e proposizione di un’eccezione

Alcuni Autori, come già anticipato retro 40, da opposti punti di parten-za, tendono ad annullare ogni differenza tra allegazione di un fatto e pro-

37 Sul significato di «oralità» come forma del processo, vedi retro in questa secondaparte, cap. I, § 5.

38 A stretto rigore, a norma dell’art. 420, primo comma, c.p.c., il giudice può autoriz-zare soltanto la modificazione delle eccezioni e non già la proposizione di nuove eccezio-ni. Si tratta però di un’imprecisione terminologica, in contrasto con l’art. 3 e 24 Cost., inquanto al riconoscimento all’attore della possibilità di allegare nuovi fatti costitutivi e cosìmodificare la domanda deve corrispondere la possibilità per il convenuto di allegare nuo-vi fatti impeditivi, modificativi ed estintivi oggetto di nuove eccezioni. Cfr. Cass. 29 luglio1986, n. 4877, secondo cui il convenuto può sollevare l’eccezione anche oltre il limite pre-cisato dall’art. 416 c.p.c. e, quindi, con la prima difesa successiva alla deduzione o all’ac-quisizione in giudizio del fatto o elemento omesso, la cui cognizione è essenziale ai fini del-la proposizione dell’eccezione stessa.

39 Cfr. LUISO, Il processo del lavoro, cit., p. 148; TARZIA, Manuale del processo del lavoro,cit., p. 109, DE SANTIS, La rimessione in termini, cit., p. 341. Si fa presente che il richiamoall’istituto della rimessione in termini vale sol tanto come indicazione della possibilità tecnicadel processo di contenere i nuovi fatti, frutto dell’esercizio del potere di reazione della parte.

40 Vedi retro, parte prima, cap. IV, §§ 3 e 4, testo e nota 15.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 249

posizione di un’eccezione, dando unicamente rilievo alla provenienza del -l’introduzione del fatto nell’involucro processuale.Altri Autori distinguono tra allegazione di un fatto e proposizione di

un’eccezione, ma ritengono ininfluente sulla disciplina dell’allegazione deifatti la proposizione dell’eccezione, anche se avvenuta quando non è piùpossibile controdedurre e provare 41.Ciò è possibile in quanto il nostro codice dà rilevanza alla «proposizio-

ne» dell’eccezione, distinguendo tra eccezioni che possono essere propo-ste soltanto dalla parte ed eccezioni rilevabili anche d’ufficio (art. 112c.p.c.), ma non precisa le modalità di proposizione dell’eccezione né in co-sa consiste l’allegazione di un fatto. Eppure è importante poter distingue-re tra avvenuta o mancata proposizione di un’eccezione, in quanto la pro-posizione di eccezioni non rilevabili d’ufficio deve avvenire a pena di de-cadenza entro un certo momento temporale del processo (vedi art. 180, 2°comma, c.p.c., e, con riferimento al rito del lavoro, art. 416 c.p.c.) e il giu-dice non può, in sede di decisione della causa, tener conto di un’eccezio-ne riservata non proposta dalla parte interessata.Si tratta adesso di prendere in considerazione queste teorie (già esamina-

te nella prima parte di questo lavoro), utilizzando gli strumenti di indagineconseguiti, per giungere ad una chiarificazione del rapporto intercorrentetra allegazione di un fatto e proposizione di un’eccezione. Con un’avverten-za: poiché la disciplina dell’allegazione dei fatti è una variabile dipendenteda determinate scelte di tecnica processuale ed esula dall’economia di que-sto lavoro analizzare funditus la struttura del nostro processo civile, le con-clusioni di quest’indagine non avranno carattere di validità assoluta, ma di-penderanno da come viene ricostruita l’architettura del sistema processuale.

5.1 (segue) Proposizione dell’eccezione, considerando l’allegazione deifatti come la comunicazione di un significato positivamente regolatoda norme giuridiche

Innanzitutto viene in considerazione la tesi dell’allegazione dei fatti come«comunicazione di un significato [...] quale risulta positivamente regolatodalle norme giuridiche» 42; pertanto, «il giudice non può conoscere come

41 Vedi, ad es., FABBRINI, Diritto processuale del lavoro, cit., p. 76 s.42 Così NASI, Fatto: c) giudizio di fatto, cit., p. 977 s. e 982 s.; ID., Disposizione del dirit-

to e azione dispositiva, cit., p. 151 ss.

250 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

normativi se non quei fatti che la parte stessa esprime come tali» 43. Si annul-la così la distinzione tra allegazione di un fatto e proposizione di un’eccezio-ne: la parte, allegando un fatto ovvero proponendo un’eccezione, si limita aprospettare quello che ritiene essere il giudizio che la generalità dei soggettidà ad una determinata tensione concreta verso un bene. Pertanto le eccezio-ni rilevabili d’ufficio vengono svuotate di contenuto; tali eccezioni non com-portano l’allegazione di un fatto e si riducono alle c.d. mere di fese, cioè al -l’inesistenza dei fatti o della norma giuridica invocata da contro parte 44.Questa ricostruzione ha il pregio di non pregiudicare il diritto di dife-

sa delle parti, non essendo possibile né per la parte né per il giudice, a trat-tazione ed istruzione oramai chiusa, far evolvere un fatto inerte in moyen,in strumento di decisione, proprio perché non ci sono circostanze fattualida valorizzare giuridicamente. Il fatto è un giudizio sul significa to giuridi-co di una realtà, mentre l’allegazione dei fatti altro non è che la comunica -zione di questo significato.Abbiamo però visto come la logica interiore a questa ricostruzione non

sia persuasiva 45. Il fatto non può ridursi ad una proposizione, ma comun-que mantiene una sua concretezza materiale nella realtà e rimane, quindi,da esaminare il problema dell’intervento del giudice nella costruzione del -l’edificio del fatto, per stabilire quando il giudice possa tener conto di unfatto oggetto di un’eccezione riservata, cioè quando possa ritenersi propo-sta tale eccezione.

5.2. (segue) Proposizione dell’eccezione, considerando l’allegazione deifatti come una Willenserklärung, cioè come una dichiarazione di vo-lontà

Andando oltre, viene in considerazione la tesi che considera l’allega-zione dei fatti come una Willenserklärung 46, cioè come una dichiara zione

43 Così NASI, op. ult. cit., p. 206.44 NASI, op. loc. ult. cit., così si esprime: «quando si dice che nell’ambito delle dedu-

zioni dell’attore il giudice può rilevare d’ufficio solo alcune eccezioni di merito, per esem-pio le cosiddette mere difese, l’inesistenza dei fatti o della norma giuridica invocata dallaparte, noi intendiamo in realtà dire che il giudice non può conoscere come normativi senon quei fatti che la parte stessa esprime come tali».

45 Vedi retro, parte prima, cap. II, § 2.46 Vedi retro, parte prima, cap. II, § 3; parte prima, cap. IV, § 2.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 251

di volontà, con la quale la parte richiede al giudice di decidere sulla rile-vanza giuridica dei fatti allegati, così delimitando l’ambito di co gnizione.Il giudice non può rilevare d’ufficio fatti che non siano stati alle gati, cioèfatti sulla cui rilevanza giuridica non sia stato richiesto di decidere.Se, quindi, l’allegazione è già richiesta di decisione, non c’è distinzione

tra allegazione e proposizione dell’eccezione. Per distinguere tra eccezio-ni riservate alla parte interessata ed eccezioni rilevabili anche d’ufficio, se-condo il disposto dell’art. 112 c.p.c., soccorre la tesi dell’allegazione im-plicita 47: i fatti impeditivi, modificativi ed estintivi sono allegati implicita-mente dall’attore con la proposizione della domanda; pertanto il giudicepuò rilevarli dagli atti di causa, salvo che siano oggetto di un’eccezione ri-servata; in quest’ultimo caso occorre che sia la parte interessata ad allega-re tali fatti, così vincolando il giudice a decidere sulla loro rilevanza giuri-dica.Nel caso di eccezioni in senso stretto, conta quindi la provenienza del -

l’allegazione ad opera della parte interessata.Questa ricostruzione, al di là dei limiti della configurabilità di un’alle-

gazione implicita 48, comporta una violazione del principio del contraddit-torio e del diritto di difesa, in quanto l’attore non può protestare, in casodi utilizzo alla dernière heure (quando non è più possibile replicare) di cir-costanze fattuali versate in causa (risultanti ex actis), ma silenti, in quantonon invocate, poiché tali fatti li ha allegati implicitamente proponendo ladomanda e, quindi, avrebbe dovuto tenerne conto per tempo nel predi-sporre la propria linea difensiva.Non solo. Tale ricostruzione comporta altresì la violazione del princi-

pio di parità delle armi tra i contendenti, dato che sono rilevabili d’ufficiodal giudice soltanto i fatti impeditivi, modificativi ed estintivi e non anchei fatti costitutivi non individuatori del diritto controverso; questi ultimi,infatti, non sono allegati implicitamente dall’attore.In sintesi, la ricostruzione dell’allegazione dei fatti come Willenserklä-

rung non si concilia, se non a costo di pregiudicare fondamen tali principî

47 Cfr. CAPPELLETTI, La testimonianza, cit., p. 345 ss.; REDENTI, Profili pratici del dirit-to processuale civile, cit., p. 418; MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, 12a ed., vol.I, cit., p. 128, nota 16; COMOGLIO, Allegazione, cit., p. 280, nota 48; ID., Tutela dei diritti,cit., p. 181, nota 65; VERDE, Domanda (principio della), cit., p. 7. Contra, GRASSO, La pro-nuncia d’ufficio, cit., p. 245 ss. e 318; FABBRINI. L’eccezione di merito, cit., p. 356, nota 20;MERLIN, Compensazione e processo, vol. I, cit., p. 335 s.

48 Vedi retro, parte prima, cap. IV, § 4.

252 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

di civiltà giuridica (diritto di difesa, principio del contradditto rio, paritàdelle armi tra i contendenti), con l’intervento del giudice nella costruzionedell’edificio del fatto. Tale ricostruzione è infatti propria dei sistemi pro-cessuali in cui il giudice è un muto spettatore, come nel processo civile te-desco retto dal c.d. principio di eventualità, così come avvenne in Germa-nia davanti al tribunale camerale dell’impero (Reichskammergericht) non-ché presso molti tribunali dei Länder, specialmente a seguito del c.d.jüngs ter Reichsabschied del 1654 49.Se, quindi, nel nostro sistema processuale la raccolta del materiale di

fatto (Sammlung des Prozessstoffs) non avviene secondo il criterio della di-pendenza (ed infatti l’art. 112 c.p.c. consente la rilevabilità da parte delgiudice di eccezioni non riservate alla parte) 50, allora occorre ricercareun’altra spiegazione del rapporto tra allegazione del fatto e proposizionedi un’eccezione, nella dinamica del contraddittorio tra parti e giudice.

5.3. (segue) Proposizione dell’eccezione come profilo dinamico dell’alle-gazione dei fatti

Passiamo così ad esaminare un’altra tesi, che nega rilevanza all’elemen-to volitivo nell’allegazione dei fatti così come nella proposizione di un’ec-cezione e collega la propo sizione «alla semplice provenienza dell’allega-zione» 51.Pertanto, in caso di eccezioni in senso stretto, l’elemento formale della

provenienza dell’allegazione assorbe e rende irrilevante l’elemento voliti-vo. Se, quindi, è la parte interessata ad introdurre in causa il fatto efficaceope exceptionis, il giudice potrà considerare come proposta l’eccezione edecidere su di essa.Nel caso, invece, dei meri fatti impeditivi, modificativi ed estintivi, fer-

ma restando l’irrilevanza dell’elemento volitivo, il giudice potrà tener con-to di tali fatti, purché rilevabili dagli atti del processo, senza far uso dellapropria scienza privata.Non c’è quindi differenza tra allegazione di un fatto e proposizione di

un’eccezione.

49 Vedi retro, parte seconda, cap. I.50 In questo senso, anche se a livello di prospettazione, vedi retro in questo capitolo, il

§ 3.51 Vedi CAVALLONE, Principio dispositivo, fatti secondarii, cit., p. 161.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 253

Questa sovrapponibilità viene poi spiegata, notando che «proporreun’eccezione significa dedurre un fatto e chiedere che sia applicato l’effet-to del fatto alla situazione sottoposta al giudizio»; tale effetto «è semprel’inesistenza del diritto vantato dall’attore e quindi, sul piano processuale,il rigetto della domanda: richiesta che, tranne casi davvero eccezionali,non manca mai in ogni atto difensivo del convenuto»; «proporre un’ecce-zione (in senso stretto) significa, quindi, in sostanza allegare un fatto est.,mod., imp.» 52.Si precisa, però, che può accadere, anche se in ipotesi del tutto margi-

nali ed eccezionali, che «il convenuto non si è accorto della idoneità delfatto narrato a rendere del tutto infondata la domanda, nel qual casoun’eccezione in senso stretto non potrà ritenersi proposta» 53.Ebbene, è questo l’aspetto da valorizzare e non soltanto nei confronti

del convenuto, ma innanzitutto nei confronti dell’attore, cioè della partecontrointeressata. Soltanto quando il fatto viene colorato giuridicamente ediventa rilevante per l’attribuzione o negazione della tutela richiesta, si at-tualizza l’esigenza di difesa della controparte e il rispetto del principio delcontraddittorio.Senza pretendere che l’accoglimento dell’eccezione sia espressamente

contenuto nelle conclusioni del convenuto, occorre però che l’avversarionon sia esposto a sorprese; pertanto la proposizione di un’eccezione nonpuò essere la mera introduzione di un fatto ad opera della parte interessa-ta, essendo al contrario rilevante il passaggio dal profilo statico al profilodinamico dell’allegazione: occorre cioè che dal contenuto complessivodel l’atto risulti la proiezione dinamica del fatto, una volta qualificato giu-ridicamente, in rapporto con l’effetto giuridico richiesto; occorre che ilfatto inerte sia fatto evolvere in moyen, cioè in strumento di decisione.Il processo non può prestarsi al gioco della parte scaltra, che introduce

un fatto senza darci alcuna importanza, salvo concludere per il rigetto del-la domanda, e poi, alla dernière heure (quando non è più possibile replica-re), dare rilevanza giuridica a tale fatto 54.

52 Così ORIANI, Eccezione, cit., p. 297.53 Così ORIANI, Eccezione, cit., p. 297; ID., Eccezione rilevabile d’ufficio e onere di tem-

pestiva allegazione: un discorso ancora aperto, cit., c. 132.54 Vedi gli esempi fatti retro in questa seconda parte, cap. II, § 9: in un giudizio di re-

sponsabilità per vizi di costruzione, l’attore si limita a richiamare le conclusioni del peritonominato dal giudice; successivamente, alla dernière heure, precisa che dalla perizia risul-ta che l’edificio sorge su terreno argilloso e tale circostanza imponeva tecniche di costru-

254 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

La proposizione dell’eccezione è pertanto da individuare nel profilo di-namico dell’allegazione, cioè nell’attribuzione di rilevanza giuridica al fat-to, in rapporto con l’effetto giuridico richiesto (nel caso, rigetto della tute-la pretesa dall’attore).E ciò vale sia in caso di eccezione riservata alla parte che in caso di ec-

cezione rilevabile anche d’ufficio 55.Pertanto la possibilità per il giudice o per la parte di rilevare l’efficacia

giuridica di un fatto impeditivo, modificativo od estintivo a fase di tratta-zione chiusa dipende, come visto, dalla possibilità di controdedurre e pro-vare in tempi e forme adeguate.

6. Allegazione dei fatti in modo condizionato o subordinato e limiti og-gettivi del giudicato

La tematica dell’allegazione dei fatti in modo condizionato o subordi-nato viene di regola abbinata a quella sui limiti oggettivi del giudicato, es-sendo fatta dipendere dalla possibilità di estendere il vincolo della deci-sione dal diritto controverso ai profili fattuali esaminati e valutati all’inter-no della motivazione della decisione. Se, infatti, la sentenza vincola le par-ti non soltanto al riconoscimento o alla negazione del diritto controverso,ma anche ad un determinato profilo fattuale, allora può riconoscersi un in-teresse della parte ad imporre al giudice un ordine di decisione dei profilifattuali allegati 56.L’interesse può riguardare un diritto collegato da un rechtlicher Sinn -

zusammenhang al diritto già accertato (ad es., diritto ai frutti rispetto al di -ritto di proprietà) ovvero, in caso di decisione di rigetto, lo stesso diritto

zione e requisiti di stabilità diversi da quelli presi in considerazione dall’appaltatore. Ov-vero, come variante all’ipotesi sopra delineata, la parte potrebbe attribuire al fatto, primasoltanto indicato, una valenza giuridica che muta la prospettazione giuridica della contro-versia. Così, dopo aver impostato la causa sulla responsabilità per fatto illecito ed aver me-ramente indicato che l’autore del fatto illecito deteneva la cosa con cui era stato causato ildanno, la parte precisa alla dernière heure che la domanda di risarcimento danni può esse-re accolta anche sulla base della responsabilità per cosa in custodia, dato che, come già in-dicato, tale cosa era detenuta dall’autore del fatto illecito.

55 In questo senso si richiama la tesi di FABBRINI, Diritto processuale del lavoro, cit.,p. 76 s., e quanto già sostenuto retro in questo capitolo, al § 4.

56 Vedi, in particolare, CONSOLO, Il cumulo condizionale di domande, vol. I, cit.,p. 461 ss.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 255

(ad es., il c.d. giudicato zur Zeit, quando nella decisione il giudice, senzaaccer tare l’esistenza del diritto, si limita a rigettare la domanda, in quantoil diritto è attualmente inesigibile 57). Nella prima ipotesi l’attore può ave-re inte resse a far accertare l’esistenza del diritto di proprietà su un benefrutti fero, in base ad un profilo fattuale costitutivo antecedente rispetto adun al tro successivo, in modo da poter poi pretendere i frutti maturati in unmag gior arco temporale. Nella seconda ipotesi il convenuto ha interessead una decisione di rigetto, che non lo esponga ad una nuova lite per lastessa pre tesa.La possibilità per la parte di imporre un determinato ordine nella deci -

sione coinvolge quindi problemi di economia processuale, senza compor-tare un pregiudizio irrimediabile per la parte, la quale si trova soltantoesposta a dover affrontare un nuovo giudizio sullo stesso diritto ovverouna nuova istruttoria in un successivo giudizio su un diritto correlato aquello già ac certato, ma sulla base di un profilo costitutivo diverso. Neconsegue che il giudice non è tanto vincolato a quanto richiesto dalla par-te, bensì da valuta zioni più generali di economia processuale 58. Infatti,nella seconda ipotesi (c.d. giudicato zur Zeit), l’ordine di decisione deiprofili fattuali può anche prescindere dalla volontà espressa dal convenu-to, essendo l’interesse gene rale pubblicistico di economia processuale adimporre al giudice, ove possi bile, il rigetto della domanda ad es. per inter-venuto pagamento (rilevabile d’ufficio) piuttosto che per attuale inesigibi-lità del credito. Al contrario, nella prima ipotesi (diritto di proprietà di unbene fruttifero, in vista di eventuale successiva richiesta di restituzione deifrutti), il giudice, sempre in considerazione dell’economia processuale,può eludere l’ordine di decisione indicato dall’attore, in considerazionedella difficoltà di accertamento del profilo fattuale preferito rispetto ad al-tro di più rapido apprezzamento. L’attore, per poter imporre un diversoordine di decisione, deve attualizzare l’interesse, proponendo nello stessogiudizio la domanda di accertamento del diritto correlato da un rechtlicherSinnzusammenhang al diritto già de dotto (ad es., diritto ai frutti rispetto aldiritto di proprietà) 59.

57 Sul giudicato zur Zeit vedi, ex pluribus, CONSOLO, Oggetto del giudicato e principiodispositivo, I (Dei limiti e del giudicato costitutivo), cit., p. 222, nota 10; PROTO PISANI, Ap-punti sul giudicato civile e sui suoi limiti oggettivi, cit., p. 408.

58 Cfr. FORNACIARI, Presupposti processuali e giudizio di merito, cit., p. 75 ss.59 Vedi CONSOLO, Il cumulo condizionale di domande, vol. I, cit., p. 540. Cfr. anche

COMOGLIO, Il principio di economia processuale, vol. I, Padova, 1980, p. 215 ss., nonché

256 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

6.1. (segue) Allegazione dei fatti in modo condizionato o subordinato eraccolta del materiale di fatto secondo il principio di eventualità

Questo scenario muta, se si preclude la possibilità, in un successivoprocesso su un diritto correlato da un rechtlicher Sinnzusammenhang al di-ritto già dedotto, di dimostrare l’esistenza di un diverso e precedente pro-filo fattuale costitutivo. Ad es., una volta accertato il diritto di proprietà diun bene fruttifero in base ad un determinato titolo d’acquisto in una certadata, non è possibile nel successivo processo sul diritto ai frutti dimostra-re che il diritto di proprietà del bene fruttifero in realtà era stato acquista-to in un momento antecedente in base ad un diverso titolo d’acquisto (re-trodatazione dell’acquisto del diritto).Viene in considerazione la tesi già esaminata 60, secondo cui la decisio-

ne opera come lex specialis tra le parti, compreso il riferimento al fatto giu-ridico dedotto e utilizzato per la decisione, con conseguente vanificazionedelle fattispecie giuridiche incompatibili con l’accertamento effettuato (incaso di accertamento del diritto, impossibilità di discutere, ferma restandol’attribuzione del bene della vita già accertato, dell’esistenza di una diver-sa fattispecie costitutiva, in quanto incompatibile con la fattispecie accer-tata; in caso di negazione del diritto, possibilità di riproporre la domanda,sulla base di una diversa fattispecie costitutiva, in quanto compatibile conquella negata) 61.Secondo questa ricostruzione, l’allegazione dei fatti costitutivi identifi-

vol. II, Padova, 1982, in partic. p. 355 ss.; SALVANESCHI, L’interesse ad impugnare, cit., p.127 ss.Per completezza si fa presente che è differente l’ipotesi del diritto che poggia su due

alternativi profili costitutivi (ad es., un diritto di credito per attività lavorativa può dipen-dere dall’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato). In quest’ipo-tesi è differente soltanto la qualificazione dei fatti costitutivi e, quindi, non si pone un pro-blema di ammissibilità di un’allegazione dei fatti in forma condizionata o subordinata, an-che volendo aderire alla tesi dell’estensione dell’efficacia del giudicato al rapporto giuridi-co dedotto in giudizio, nel caso in cui l’esistenza o l’inesistenza del rapporto sia presuppo-sto logico necessario della decisione (cfr. MENCHINI, I limiti oggettivi del giudicato civile,cit., p. 107).

60 Vedi retro, parte prima, cap. II, § 5.61 Cfr. ATTARDI, Diritto processuale civile, cit., p. 128 ss. Sul giudicato sostanziale come

lex specialis tra le parti, vedi PROTO PISANI, Appunti sul giudicato civile, cit., p. 389 s., in cuirichiama il pensiero di ANDRIOLI, Diritto processuale civile, vol. I, Napoli, 1979, p. 996.MARELLI, La trattazione della causa nel regime delle preclusioni, cit., p. 28, manifesta ade-sione alla tesi di Attardi, secondo cui la domanda si identifica non solo in ragione del di-ritto fatto valere, ma anche dei fatti giuridici posti a fondamento del medesimo.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 257

ca la domanda. Pertanto, sono diverse le domande che fondano l’afferma-zione dello stesso di ritto su fattispecie diverse 62; l’attore può, quindi, in-dicare più fatti costitutivi del diritto che fa va lere soltanto in via subordi-nata l’uno all’altro, in quanto, a ben guardare, pro pone una pluralità didomande 63. Infatti, si afferma che: tra due giudizi di accertamento dellostesso diritto autoindividuato, sulla base però di diverse fattispecie costi-tutive, non c’è litispendenza, ma meramente connessione per oggetto 64;poiché il fatto costitutivo identifica la domanda e, quindi, rileva ai finidell’ammissibilità della stessa, l’omessa indicazione del fatto costitutivocomporta il rigetto in rito della domanda, in quanto non identificata 65.La possibilità, quindi, per l’attore di vincolare il giudice ad un deter-

minato ordine di decisione dei fatti costitutivi allegati passa dalla ricon-duzione dell’allegazione dei fatti nell’oggetto del processo: se viene de-dotto in giudizio non già il diritto sotto tutti i suoi profili costitutivi, ma ildiritto sulla base di un determinato profilo costitutivo, se cioè oggetto delprocesso non è un Recht, ma una Rechtsfrage, allora il giudice deve deci-dere sulle singole questioni poste, nell’ordine dato dalla parte, cioè devedecidere sulle plurime domande proposte, anche se relative ad uno stes-so diritto.I fatti non vengono più apprezzati nel loro ruolo strumentale di fon-

damento del diritto, ma fissano i limiti del thema decidendum e della de-cisione.Oggetto del processo è la questione dell’esistenza di una possibile fat-

tispecie costitutiva del diritto.Occorre però dimostrare che oggetto del processo è una Rechtsfrage.A tal proposito rileva la capacità contenutistica del processo.La tematica dell’allegazione dei fatti in modo condizionato o subordi-

nato non si esaurisce, quindi, tramite l’analisi del rapporto con la portatadel giudicato, secondo valutazioni astratte e generalmente valide. Al con-

62 Cfr. ATTARDI, Diritto processuale civile, cit., pp. 131 e 133.63 Cfr. ATTARDI, Diritto processuale civile, cit., p. 131, anche se la proposizione in via

subordinata dei titoli di acquisto è indicata come logica conseguenza del fatto che unconcor so di titoli di acquisto non è ammissibile.

64 Cfr. ATTARDI, Diritto processuale civile, cit., p. 140 s.65 Questa sembra essere la conclusione a cui giunge, ma in maniera perplessa, ATTAR-

DI, Diritto processuale civile, cit., p. 131, ove così si esprime: «dovrebbe in linea di princi-pio essere rigettata una domanda se l’attore non deducesse il fatto giuridico sul quale sifondasse il diritto dedotto nella domanda stessa».

258 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

trario può dipendere dalla struttura del processo così come delineata dallegislatore ed essere, quindi, una variabile dipendente da determinate scel-te di tecnica processuale. In questo senso particolarmente interessante èrisultata l’analisi del sistema processuale improntato alla rigorosa applica-zione del principio di eventualità, così come avvenne in Germania davan-ti al tribunale camerale dell’impero (Reichskammergericht) nonché pressomolti tribunali dei Länder, specialmente a seguito del c.d. jüngster Reichs -abschied del 1654 66.Questo l’apporto più significativo dell’analisi svolta 67: nel caso in cui la

capacità contenutistica del giudizio sia così limitata da poter racchiudereunicamente i fatti costitutivi allegati dall’attore al momento della propo -sizione della domanda, allora l’allegazione dei fatti costitutivi coincide conl’oggetto del processo e, pertanto, appare come una Willenserklärung,cioè come una dichiarazione di volontà, rimessa al potere monopolisticodell’attore; deve ammettersi la possibilità di effettuare l’allegazione di unprofilo costitutivo in via subordinata o condizionata al non accoglimentodi un altro profilo costitutivo, in quanto in quest’ipotesi in realtà si ha lapropo sizione di due domande, cioè di due questioni giuridiche fattuali, dicui una in via principale ed una in via subordinata.Ancora. Poiché la struttura dialettica del processo non consente alla

parte di «tornare indietro» ed allegare fatti concorrenti a quelli già alle gati,anche se tale integrazione dipende dall’attività difensiva di controparte, sigiustifica altresì l’allegazione di fatti in aperta contraddizione l’uno conl’altro. La parte è costretta ad effettuare l’allegazione di fatti tra di loroincompati bili e in aperta contraddizione, per scongiurare l’eventualità cheuno dei profili fattuali concorrenti già allegato risulti infondato. Possonocosì com prendersi gli esempi riportati nell’introduzione di questo lavoro,cioè la pos sibilità per la parte, contro la quale è richiesto il risarcimentodei danni per aver restituito rotta la pentola prestatale, di difendersi, di-cendo: «primo, l’attore non mi ha prestato niente; secondo, la pentola eragià rotta; terzo, io gliel’ho restituita intera» 68; la possibilità per il soggetto,a cui è richiesta la restituzione di una somma di danaro, di difendersi, so-stenendo: «in primo luogo, non mi hai dato nessuna somma di danaro,non è vero niente; in se condo luogo, te l’ho restituita già da un anno; in

66 Vedi retro, parte seconda, cap. I.67 Vedi retro, parte seconda, cap. I, § 8.68 Così COSTA, Manuale di diritto processuale civile, cit., p. 260, nota 3.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 259

terzo luogo, mi hai dichia rato che era un regalo; in quarto luogo, il credi-to è prescritto» 69.

6.2. (segue) Allegazione dei fatti in modo condizionato o subordinato edeccezioni in senso stretto

In fine, per completezza, va aggiunto che secondo alcuni Autori le ec-cezioni in senso stretto possono «limitare la libertà del giudice nella sceltadel l’ordine logico delle questioni, perché l’interessato, così come può di-screzionalmente opporre oppure non opporre una eccezione di tale natu-ra, può anche opporla subordinatamente ad altre difese od eccezioni e intal caso il giudice non potrebbe esaminarla in un ordine diverso da quellovoluto dal convenuto» 70.Il convenuto può certamente indicare un ordine di decisione delle ec-

cezioni sollevate. Ma tale indicazione, per diventare imperativa per il giu-dice, deve confrontarsi e prevalere rispetto al principio pubblicistico dieconomia processuale. Occorre, quindi, dimostrare l’esistenza di un inte-resse della parte superiore e prevalente rispetto all’interesse pubblicisticoa comprimere e ridurre i costi e i tempi della giustizia.Ebbene, la necessità di dimostrare l’esistenza di un interesse della par-

te a proporre l’eccezione in via subordinata o condizionata spesso non èpresa in considerazione: per il solo fatto che alla parte è riconosciuto il po-tere monopolistico di attribuire o meno rilevanza giuridica a determinatifatti impeditivi, modificativi od estintivi, deve altresì ammettersi la possi-bilità di imporre un ordine di decisione dell’eccezione proposta.Viene in considerazione la concezione sostanzialistica dell’eccezione,

intesa come controdiritto del convenuto 71.Questa concezione, il cui contenuto e varie sfumature non è possibile

in questa sede esaminare, ha più che altro un interesse storico, dopo le cri-

69 Questo esempio è tratto da GOLDSCHMIDT, Zivilprozessrecht, cit., p. 46.70 Così LIEBMAN, L’ordine delle questioni e l’eccezione di prescrizione, in Riv. dir. proc.,

1967, p. 542. Cfr. anche ATTARDI, In tema di questioni pregiudiziali e giudicato, in Studi inonore di E. Guicciardi, vol. I, Padova, 1973, p. 14, nota 8 dell’estratto; GARBAGNATI, Que-stioni preliminari di merito e questioni pregiudiziali, in Riv. dir. proc., 1976, p. 261, nota 9;ORIANI, voce Eccezione, cit., p. 306.

71 Su tale concezione, per ampi riferimenti, si rinvia a CONSOLO, Il cumulo condiziona-le di domande, vol. I, cit., p. 522 s.; MERLIN, Compensazione e processo, cit., in partic. p. 8ss.; 232 ss.

260 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

tiche a cui è stata sottoposta 72. Se il potere del convenuto di rilevare l’effi-cacia di determinati fatti non cambia (producendo gli stessi effetti, cioè ilrigetto della domanda) a seconda della natura riservata o meno dell’ecce-zione, ne consegue che la possibilità di imporre un ordine di decisione del-le eccezioni è identica sia in caso di eccezioni in senso stretto che in casodi eccezioni in senso lato.Occorre, quindi, dimostrare l’esistenza di un interesse meritevole di tu-

tela del convenuto, prevalente rispetto all’interesse pubblicistico di eco-nomia processuale.Si torna così a considerare la portata della decisione, con riferimento

agli effetti del giudicato, nei termini già illustrati 73.Ovvero, si considerano in astratto interessi personali della parte. Ad

es., a proposito dell’eccezione di prescrizione, si indica l’interesse ad evi-tare un giudizio negativo sul proprio decoro e sulla propria correttezza 74.Ebbene, si può replicare che l’interesse personale al proprio decoro

non risulta compromesso dalla decisione di rigetto del diritto controversoin accoglimento dell’eccezione di prescrizione, perché rimane assorbita e

72 Cfr. in partic. GRASSO, La pronuncia d’ufficio, cit., p. 324 ss.; FABBRINI, L’eccezione dimerito, cit., p. 361 ss. degli Scritti giuridici. Quest’ultimo Autore riporta il seguente esem-pio: «se vado a caccia, non è che il mio fucile diventi più o meno idoneo a prendere sel-vaggina a seconda che il mio compagno di battuta sia a sua volta armato oppure no: se èarmato e io non sparo, potrà essere lui a colpire; se io non sparo e lui è disarmato, la sel-vaggina se ne andrà di certo; ma questo è tutto. Fuor di metafora, per sostenere che il po-tere del convenuto di rilevare i fatti che integrano le c.d. eccezioni in senso stretto è quali-tativamente diverso dal potere di rilevare i fatti che integrano le c.d. eccezioni in senso la-to non basta osservare che nel primo caso e non nel secondo al mancato esercizio segue laimpossibilità di dare ingresso a quel fatto nel giudizio in corso, ma occorrerebbe dimo-strare che all’esercizio di quel potere nel primo caso seguono nel procedimento degli ef-fetti che non si verificano nel secondo».

73 Ad es., il c.d. giudicato zur Zeit, a cui preferire il rigetto per un fatto estintivo, cheimpedisce la riproposizione della domanda. Ovvero la necessità di attualizzare l’interessealla decisione su un determinato motivo piuttosto che su un altro, in riferimento ad un di-ritto collegato da un rechtlicher Sinnzusammenhang al diritto controverso. Ad es., dirittoagli interessi rispetto al diritto di credito, per cui la decisione di rigetto del credito aziona-to per adempimento «copre» maggiormente della decisione di estinzione per prescrizione,potendo in quest’ultimo caso essere richiesti gli interessi maturati prima della prescrizio-ne. Per poter imporre al giudice l’esame e la decisione sul fatto estintivo adempimento, ilconvenuto deve attualizzare tale interesse, proponendo domanda di accertamento negati-vo degli interessi. In questo senso CONSOLO, Il cumulo condizionale, vol. I, cit., p. 529.

74 In questo senso ORIANI, voce Eccezione, cit., p. 274, il quale richiama l’idea canoni-stica della prescrizione come impium praesidium.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 261

non accertata l’effettiva esistenza del diritto di credito in quanto non pa-gato.In conclusione, non sussiste in astratto un potere della parte di impor-

re un determinato ordine di esame e decisione dei fatti allegati.Anche tale possibilità è una variabile dipendente dalla particolare

struttura del processo: in un processo retto dal c.d. principio di eventua-lità la parte può imporre un determinato ordine di esame e decisione deiprofili fattuali costitutivi del diritto controverso.

7. Revoca dell’allegazione di un fatto

La questione se la parte possa o meno revocare l’allegazione di un fat-to è in realtà un falso problema.Oggetto della revoca non è tanto l’introduzione del fatto nel processo,

bensì la richiesta di utilizzazione del fatto ai fini della decisione della cau-sa. Ne consegue che tale revoca è possibile quando la richiesta di utilizza-zione del fatto è necessaria, affinché il giudice possa tener conto della rile-vanza giuridica del fatto allegato, per cui venendo meno la richiesta di uti-lizzazione, il giudice deve ignorare quel fatto.La richiesta di utilizzazione del fatto è necessaria in due casi: fatti im-

peditivi, modificativi o estintivi oggetto di eccezioni in senso stretto; fatticostitutivi individuatori del diritto controverso 75. Nel primo caso, il giu-dice non può attribuire rilevanza giuridica ai fatti versati nel processo, poi-ché in tal modo rileva un’eccezione riservata alla parte, violando il dispo-sto dell’art. 112 c.p.c.; nel secondo caso, perché spetta soltanto alla parteindividuare il diritto di cui richiedere tutela.In tali ipotesi, la parte può revocare la richiesta di utilizzazione del fat-

to, cioè può rinunciare all’eccezione riservata 76, ovvero può rinunciare al-la domanda proposta 77.

75 Per completezza e precisione va segnalato che l’usucapione, come fatto costitutivodi un diritto reale, cioè di un diritto autoindividuato, non può essere rilevato d’ufficio dalgiudice, per espresso disposto normativo (art. 1165 c.c.). Il legislatore ha in tal caso volu-to considerare l’usucapione come la prescrizione, cioè come un’eccezione in senso stretto.

76 Vedi per tutti ORIANI, Eccezione, cit., p. 309; MERLIN, Compensazione e processo, I,cit., p. 361 e nota 288.

77 In tal caso la rinuncia vincola il giudice, se non c’è opposizione del convenuto, cheha manifestato interesse alla decisione di merito.

262 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Si tratta però non già di revoca dell’allegazione del fatto bensì di ri-nuncia all’eccezione o alla domanda.Il problema della revoca dell’allegazione del fatto può essere però an-

che visto come prova di resistenza della tesi dell’allegazione del fatto comedichiarazione di volontà (Willenserklärung), in grado di obbligare il giudi-ce a pronunciarsi su di essa e soltanto su di essa. Nel momento in cui si ele-va la richiesta di utilizzazione a presupposto necessario per la cognizionedel fatto da parte del giudice 78, ecco che a contrario si deve riconoscere al-la parte la possibilità di revocare tale dichiarazione di volontà e far venirmeno il presupposto per autorizzare il giudice a dare rilevanza giuridica aquel determinato fatto.Questa possibilità non è invece immaginata.Anzi. Si prenda in considerazione la tesi dell’allegazione implicita dei

meri fatti impeditivi, modificativi ed estintivi ad opera dell’attore con laproposizione della domanda 79. In tal caso l’autore dell’allegazione, cioèdella richiesta di utilizzazione del fatto, dovrebbe poter cambiare opinione:l’attore, accortosi che il giudice ha «visto» negli atti di causa il fatto impe-ditivo, modificativo o estintivo, potrebbe formalmente revocare l’allegazio-ne implicita e, nella contumacia del convenuto (che, pertanto, non può soc-correre con una propria richiesta di utilizzazione del fatto), costringere ilgiudice a non tenerne conto al momento della decisione della causa.Tale evenienza non è ammissibile e, infatti, non è prospettata. La stessa

configurabilità di tale ipotesi costituisce un ulteriore motivo di negazionedella tesi dell’allegazione implicita.La problematica della revoca dell’allegazione dei fatti si può corretta-

mente legare all’allegazione dei fatti come dichiarazione di volontà (Wil-lenserklärung), soltanto nel caso in cui oggetto del processo sia non già unRecht, ma soltanto una Rechtsfrage 80. L’attore, nel prospettare plurimiprofili costitutivi del diritto dedotto, in realtà propone plurime domandee, quindi, ha la possibilità di revocare un profilo costitutivo, una Rechts -frage, cioè una domanda.

78 Salvo rintracciare la richiesta di utilizzazione nell’«affermazione della prova», cioè«in ogni capitolazione dei fatti da sottopor re alla prova dei testimoni, in quanto ogni do-manda di assunzione di una tale prova implica la volontà di disposizione di quei fatti»,nonché nell’atto di produzione di documenti (cfr. BENVENUTI, op. cit., p. 233 s., testo e no-te. Vedi retro, parte prima, cap. I, § 3).

79 Vedi retro, parte prima, cap. IV, § 4.80 Vedi retro in questa seconda parte, cap. I, in partic. § 8.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 263

SEZIONE SECONDA

ALLEGAZIONE DEI FATTI E PRINCIPIO DI EVENTUALITA

NELLA FORMAZIONE DELL’ATTO UNILATERALE E NEL SUCCESSIVO GIUDIZIO IMPUGNATORIO

8. Impostazione del tema di indagine

Molte implicazioni possono essere tratte dai delineati profili sistematicidell’allegazione dei fatti nel processo civile. Ad es., in tema di limiti al princi-pio iura novit curia, rapporto tra fatto e diritto, oggetto del giudizio e limitioggettivi del giudicato, mutatio o emendatio libelli, rimessione in termini, at-tuazione del principio del contraddittorio, concetto di termine congruo con-trapposto al termine perentorio, struttura del processo e poteri di conduzio-ne del giudice, ecc. Del resto il tema dell’allegazione dei fatti coinvolge i prin-cipî generali regolanti il rapporto tra realtà sostanziale e processo e, come vi-sto, assume spesso caratteri astratti tendenti alla filosofia del diritto, benchédall’esame compiuto si è evidenziato come la natura, disciplina e funzionedell’allegazione dei fatti sono strettamente legate alla struttura del processo.Le molteplici implicazioni del tema affrontato sfuggono all’economia

di questo lavoro, come già segnalato in sede di introduzione 81. Il lettorepotrà autonomamente trarre le implicazioni sulle questioni collaterali, uti-lizzando gli strumenti operativi di indagine forniti. Si spera che questo la-voro sia per questo motivo di stimolo alla discussione.Focalizzando l’attenzione sull’allegazione dei fatti, di particolare inte-

resse appaiono le implicazioni sistematiche delle delineate modalità di al-legazione dei fatti secondo il principio di eventualità con riferimento alprocedimento di formazione di alcuni atti unilaterali, quali il licenziamen-to (o sanzione conservativa) disciplinare, nonché con riferimento al suc-cessivo giudizio di impugnazione dell’atto.Sulla situazione o diritto potestativo esercitatile stragiudizialmente

81 Vedi retro, parte prima, introduzione, § 3.

264 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

(Gestaltungs recht) ovvero tramite azione giudiziaria (Gestaltungsklage -recht), sulla natu ra costitutiva o di accertamento della fase giudiziale, sul -l’og getto del pro cesso e la portata precettiva della decisione, divergonoimpostazioni e conclusioni, in un vibrante dibattito 82.Il tema è di regola affrontato in modo generale ed astratto, senza tener

conto delle differenze strutturali sia del procedimento che porta alla for-mazione dell’atto unilaterale sia del procedimento giurisdizionale di con-trollo o formazione dell’atto.Ebbene, al contrario, gli strumenti di indagine delineati mostrano che

la particolare tecnica di raccolta del materiale di fatto nella fase procedi -mentale che porta all’atto unilaterale e nella successiva fase giudiziale dicontrollo dell’atto hanno importanti implicazioni sistematiche, in partico-lare in tema di efficacia preclusiva e reiterabilità dell’atto.Sono queste implicazioni che si intende prospettare, focalizzando in -

nanzitutto l’attenzione sul provvedimento disciplinare (sanzione con -serva tiva o licenziamento), nel rapporto di lavoro subordinato.Si prende a campione quest’atto unilaterale non soltanto per la sua im-

portanza (specialmente in caso di licenziamento come sanzione disciplina-re), ma soprattutto in quanto sono disciplinate le modalità procedurali diformazione dell’atto 83.

82 Vedi FORNACIARI, Situazioni potestative, tutela costitutiva, giudicato, Torino, 1999 ecitazioni ivi contenute.

83 Interessanti ricostruzioni nel senso della procedimentalizzazione dell’esercizio deipoteri unilaterali sono tratte dalla valorizzazione delle Generalklauseln di correttezza ebuona fede nei rapporti contrattuali (artt. 1175 e 1375 c.c.). Vedi, tra i molti scritti, ZOLI,La tutela delle posizioni «strumentali» del lavoratore, Milano, 1988, il quale indica comedalle clausole di correttezza e buona fede si può far discendere a carico del datore di lavo-ro l’obbligo o onere di esame preventivo con le organizzazioni sindacali e quello di comu-nicazione tempestiva della motivazione delle decisioni assunte (p. 303); precisa che la mo-tivazione è volta a porgere il contenuto di sostanza e di merito per un’eventuale contesta-zione a posteriori del provvedimento adottato, senza tuttavia poter elevare la motivazioneal rango di forma, cioè di condizione di esistenza dell’atto, in difetto di espressa previsio-ne legislativa (pp. 307 e 349); pertanto, in difetto di previsione normativa, si pone un pro-blema di esatto adempimento, che, sul terreno processuale, comporta una forte presun-zione contraria di irrazionalità della condotta datoriale, se la motivazione pur richiesta èomessa, mentre, se la motivazione è rilasciata, spetta al lavoratore l’onere di fornire la di-mostrazione minima che la valutazione è viziata (p. 313).Si osserva che aver motivato l’atto unilaterale non significa aver correttamente opera-

to, poiché occorre provare i fatti posti a base della motivazione e argomentare la loro rile-vanza giuridica. Un’inversione dell’onere della prova e la costruzione di una presunzioneforte non appaiono corrette. Sul piano del diritto sostanziale molto interessante è l’impor-tanza data alla procedimentalizzazione dell’esercizio del potere e, conseguentemente, al

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 265

9. Tecnica procedimentale di formazione dell’atto unilaterale licenzia-mento o sanzione conservativa disciplinare ed efficacia preclusiva

Per esigenze di garanzia del soggetto destinatario dell’atto unilaterale,la formazione della volontà per giungere all’emanazione dell’atto è semprepiù spesso procedimentalizzata.In tal modo si impone il coinvolgimento necessario del destinatario

del l’atto.Esemplare è la norma dell’art. 7 statuto dei lavoratori, immaginata per

le sanzioni disciplinari conservative, poi estesa anche ai licenziamenti di-sciplinari per giusta causa o giustificato motivo soggettivo 84.Il procedimento85 è semplice: contestazione disciplinare, termine a difesa86,

necessario coinvolgimento del destinatario del provvedimento prima dell’emanazionedell’atto unilaterale. Il passo in più da fare è vedere se per il titolare del potere sussiste omeno la possibilità di esercizio di ius corrigendi o poenitendi.Interessanti spunti ricostruttivi sia sul tema del controllo dell’esercizio dei poteri uni-

laterali che su quello delle tecniche di tutela in MAZZOTTA, LUISO, CLARICH, Concorsi pri-vati e tecniche di tutela, in Giornale dir. lavoro, 1991, p. 737 ss.

84 Vedi Corte cost. 30 novembre 1982 n. 204, in Foro it., 1982, I, c. 2981, con nota diSILVESTRI e in Giust. civ., 1983, I, p. 15, con nota di PERA; Corte cost. 25 luglio 1989, n.427, in Foro it., 1989, I, c. 2685, con nota di DE LUCA, in Dir. e pratica lav., 1989, 2461, connota di ZANGARI, in Mass. giur. lav., 1989, 319, con nota di SCOGNAMIGLIO, in Corr. giur.,1989, 1212, con nota di UBERTI, in Riv. it. dir. lav., 1989, II, 641, con nota di PERA, in La-voro 80, 1989, 899, con nota di AMATO.

85 Una particolare attenzione al procedimento è riservata da PAPALEONI, Il procedi-mento disciplinare nei confronti del lavoratore, Napoli, 1996.

86 Il termine a difesa minimo previsto dall’art. 7 St. lav., per poter comminare un provve-dimento disciplinare più grave del rimprovero verbale, è di cinque giorni. Si è posto il proble-ma del rispetto di tale termine anche nel caso in cui il lavoratore presenta le proprie giustifica-zioni prima della scadenza di tale termine. Secondo Pret. Milano, 10 gennaio 1998, in Lavoronella giur., 1999, 68 e in Riv. critica dir. lav., 1998, 1094; Cass. 28 marzo 1996, n. 2791 «il ter-mine di 5 giorni dalla contestazione dell’addebito, prima della cui scadenza è preclusa, ai sen-si dell’art. 7, quinto comma, legge 20 maggio 1970 n. 300, la possibilità di irrogazione della san-zione disciplinare, ivi compreso il licenziamento, è funzionale soltanto ad esigenze di tuteladell’incolpato, in quanto tende ad impedire, in quest’ultimo caso, che la sua estromissione dalluogo di lavoro possa avvenire senza che egli abbia avuto la possibilità di raccogliere e fornirele prove e gli argomenti a propria difesa. Ne consegue che, ove il lavoratore abbia fornito le suegiustificazioni prima della scadenza suddetta, senza manifestare alcuna esplicita riserva di ul-teriori produzioni documentali o motivazioni difensive, nulla più osta qualora il datore di la-voro ritenga di doversi in tal senso determinare all’immediata irrogazione della sanzione, sen-za che sia, a tal fine, necessario attendere il decorso della residua parte del termine»; al con-trario secondo Cass. 22 aprile 1997, n. 3498, in Riv. it. dir. lav., 1998, II, 135, con nota di FA-LERI, «il termine di 5 giorni previsto dall’art. 7, quinto comma, legge n. 300/1970 deve ritener-si come tassativo e inderogabile, essendo la sua funzione non solo quella di garantire al lavora-

266 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

esame eventuale difesa 87, provvedimento sanzionatorio. Questo procedi-mento può essere poi integrato da specifiche previsioni di contratto collet-tivo o individuale di lavoro, che, ad esempio, prevedono altresì un termineperentorio per il datore di lavoro al fine di prendere validamente il provve-dimento disciplinare, una volta conosciute le difese del lavoratore 88.La violazione di questo procedimento comporta l’invalidità del prov-

vedimento sanzionatorio 89.

tore incolpato un tempo sufficientemente adeguato per raccogliere le prove e presentare leproprie giustificazioni, ma anche quella di assicurare quello spazio temporale che si presumeessere idoneo per l’adozione di una sanzione meditata; di conseguenza è necessario attendereche siano interamente trascorsi dal momento della contestazione dell’addebito i 5 giorni ri-chiesti dalla norma statutaria, prima di procedere all’irrogazione della sanzione disciplinare».

87 Altro problema che si è concretamente presentato è quello della richiesta di audizionepersonale da parte del lavoratore e delle conseguenze della non effettuazione del l’audizione:secondo Cass. 28 settembre 1996, n. 8571, in Giust. civ., 1997, I, p. 997, con nota di CARO,«esula dagli obblighi di correttezza e buona fede del datore di lavoro quello di dover dispor-re, nel corso del procedimento disciplinare, una audizione a difesa del lavoratore che, in pros-simità della scadenza del termine di 5 giorni previsto dal quarto comma dell’art. 7 St. lav., nelpresentare compiute difese scritte richieda al essere sentito anche oralmente»; al contrarioCass. 6 luglio 1999, n. 7006, ha affermato che «la tempestiva presentazione, da parte del lavo-ratore medesimo, di giustificazioni scritte “consuma” l’esercizio del diritto di difesa soltantoquando lo scritto non contenga alcuna richiesta di audizione, altrimenti permane l’obbligo deldatore di lavoro di sentire oralmente il dipendente prima di irrogare la sanzione disciplinare».

88 Cfr. Cass. 8 aprile 1998, n. 3608, in Riv. it. dir. lav., 1999, II, 364, con nota di PEZ-ZONI, secondo cui «l’art. 23 c.c.n.l. 18 gennaio 1987 per gli addetti all’industria metalmec-canica privata, il quale dispone che la mancata adozione del provvedimento disciplinareentro i sei giorni successivi alla presentazione delle giustificazioni da parte del lavoratoresia da considerarsi come accettazione delle giustificazioni fornite, è legittimo poiché arric-chisce e accentua le garanzie poste dal legislatore nell’art. 7 St. lav. Pertanto, il licenzia-mento disciplinare irrogato successivamente alla scadenza del suddetto termine deve con-siderarsi illegittimo», precisando altresì che «se poi viene dedotto in giudizio che il termi-ne negoziale ha reso eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti del datore di lavoro, lavalutazione circa la validità del termine stesso a norma dell’art. 2965 c.c. va compiuta nonin termini astratti con riferimento alla sua maggiore o minore brevità, bensì avendo ri-guardo al singolo soggetto onerato e alle specifiche circostanze di fatto».

89 In questo senso il dettato legislativo: «il datore di lavoro non può adottare alcun prov-vedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestatol’addebito e senza averlo sentito a sua difesa». Nel testo si è volutamente utilizzata l’espres-sione di invalidità e non quella più tecnica di nullità, in quanto si è molto discusso sulle con-seguenze giuridiche: infatti la nullità comporta l’inefficacia ab origine del provvedimento e,pertanto, in caso di licenziamento, la continuità del rapporto e il diritto a tutte le spettanze re-tributive, anche in caso di non applicabilità dell’art. 18 St. lav.; al contrario il licenziamentoinvalido inteso come licenziamento ingiustificato comporta le differenti conseguenze previstenel singolo caso (tutela reale ex art. 18 St. lav. o obbligatoria ex art. 8, legge n. 604/1966 o di-ritto al preavviso nelle residuali ipotesi di licenziabilità ad nutum). Trattasi di un argomentomolto dibattuto. Nel primo senso (nullità) vedi da ultimo Cass. 17 gennaio 1998, n. 405, in

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 267

Si tratta adesso di valutare il regime di stabilità dell’atto unilaterale(provvedimento disciplinare) conseguente a tale procedimento e, in parti-colare, se può affermarsi una preclusione procedimentale, per cui «l’ob-bligo di indicare stragiudizialmente il motivo dell’esercizio della situazio-ne potestativa ben può infatti essere inteso quale anticipazione della pre-clusione alla allegazione dei fatti in giudizio» 90.Tale preclusione procedimentale viene giustificata sulla base di un pre-

supposto di partenza: perfetta simmetria tra l’esercizio della situazione po-testativa in via di azione (cioè in giudizio) ovvero in via stragiudiziale, conconseguente parallelismo tra oggetto del processo e oggetto del procedi-mento, ai fini della determinazione della stabilità dell’atto 91.Prendendo ad esempio il licenziamento, si sostiene che, a livello di di-

ritto sostanziale, il potere di risoluzione del rapporto di lavoro è unita-rio 92, così come unitario è il diritto di proprietà di un bene, anche se sonoenucleabili plurimi profili fattuali costitutivi.Pertanto, il titolare del potere, nel caso che debba farlo valere in giudi-

zio in via di azione, è tenuto a introdurre tutti i fatti giustifi canti il recesso,così come il titolare di un diritto di proprietà è tenuto ad allegare tutti ipossibili profili costitutivi del diritto, avendo il successivo giudicato l’ef-fetto tipico di preclusione del dedotto e del deducibile. Ugualmente nelcaso in cui il potere di recesso debba essere fatto valere in via stragiudizia-le, il datore di lavoro deve indicare tutti i profili fattuali giustificanti il li-cenziamento, poiché l’atto unilaterale stragiudiziale, come la sentenza delgiudice, preclude la successiva utilizzabilità del deducibile, cioè di altriprofili fattuali giustificanti l’esercizio della situazione potestativa.Si tratta adesso di verificare questa conclusione non astrattamente (in

base alla natura sostanziale della situazione potestativa), ma in concreto,guardando alla struttura dialettica del procedimento di formazione del -l’atto unilaterale ed alla sua capacità contenutistica del deducibile, utiliz-zando la dinamica del contraddittorio.

Riv. giur. lav., 1999, II, p. 270, con nota di MUGGIA. Nel secondo senso (licenziamento in-giustificato) vedi da ultimo Cass. 18 aprile 2000, n. 5038; Cass. 26 giugno 1999, n. 6646.

90 Così FORNACIARI, Situazioni potestative, tutela costitutiva, giudicato, cit., p. 323, nota59.7, con riferimento all’atto licenziamento.

91 In questo senso CLARICH, Giudicato e potere amministrativo, Padova, 1989, p. 181ss., richiamato da FORNACIARI, ibidem.

92 Tale unitarietà può essere giustificata quanto meno in due modi: in base all’effetto,per cui essendo unico l’effetto risolutivo altrettanto è per il potere di recesso; in base allafattispecie costitutiva, da considerare unitaria a fronte della molteplicità dei fatti giustifi-canti il recesso.

268 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Ebbene, il punto critico del procedimento sanzionatorio sta nella strut-tura dialettica e, conseguentemente, nello sviluppo del contraddittorio.Mi spiego: il lavoratore deve essere posto in grado di compiutamente e

correttamente difendersi 93, ma non ha alcun onere di difendersi 94. È pos-sibile pertanto che:

93 A tutela del suo diritto di difesa sono posti i principî di specificità ed immediatezza del-la contestazione. Per quanto riguarda la specificità, si richiede che siano indicati i fatti con-testati in maniera tale da consentire al lavoratore di individuarli, anche se, ad es., non vieneindicata la data precisa (cfr. Cass. 25 febbraio 1998, n. 2045; Cass. 18 febbraio 1994, n.1561); l’indicazione dei fatti deve avvenire nella loro materialità, che non può essere sosti-tuita dalla mera qualificazione giuridica (cfr. Cass. 28 marzo 1996, n. 2791, in Riv. it. dir. lav.,1997, II, p. 586, con nota di GOBBI, che ha ritenuto non satisfattiva del requisito di specifi-cità la contestazione di un atteggiamento irrispettoso nei confronti dei superiori gerarchici;Cass. 27 febbraio 1995, n. 2238, che ha ritenuto non specifica la contestazione «di scarsa col-laborazione, di contestazione al capoufficio, di avere usato espressioni negative nei confron-ti della società, di avere costituito intralcio all’attività di un consulente esterno»), mentre, alcontrario, una volta precisato il fatto nella sua materialità, non occorre anche procedere aduna qualificazione giuridica o indicare le norme di fonte legale o pattizia in cui inscrivere ilfatto contestato (cfr. Cass. 28 settembre 1996, n. 8571, in Giust. civ., 1997, I, p. 997, con no-ta di CARO; Cass. 16 novembre 1995, n. 11851, secondo cui «in materia di licenziamento di-sciplinare, non rileva la circostanza che nell’atto risolutivo del rapporto, fermo restando nel-la sua specificità il fatto contestato, questo venga ricondotto ad una diversa ipotesi discipli-nare, dato che in tal caso non si verifica una modifica della contestazione, ma solo un diver-so apprezzamento dello stesso fatto. Analogamente il giudice di merito, nel momento in cuiprende in considerazione un presupposto logico e materiale della fattispecie fatta valere conl’atto di recesso, non basa il suo giudizio su un fatto diverso da quello contestato, ma si muo-ve sul piano dell’apprezzamento del fatto al fine della valutazione della gravità o menodell’inadempimento, a lui istituzionalmente demandata. (Nella specie, il blocco di una lineadi produzione di autovetture con effetto su un elevato numero di unità di prodotto era statoricondotto nella nota di contestazione alla ipotesi disciplinare della grave insubordinazionee nel provvedimento risolutivo a quella del blocco della produzione. Il giudice di merito, nelrigettare l’impugnativa del licenziamento, aveva poi rilevato che l’episodio implicava unagrave insubordinazione)»; Cass. 23 febbraio 1991, n. 1937).Questa scissione tra materialità del fatto contestato e sua qualificazione giuridica ha del-

le immediate conseguenze in tema di allegazione e prova dei fatti (v. retro, seconda parte,cap. II, sezione seconda): nel caso in cui il mutamento di qualificazione rende rilevanti dif-ferenti fatti storici, le parti devono essere poste in grado di liberamente difendersi, median-te l’allegazione e prova di nuovi fatti storici, superando eventuali preclusioni nel frattempomaturate (ad es., dedurre e provare l’organizzazione del lavoro, per escludere o affermareche il blocco di una linea di produzione comporta il blocco dell’intera produzione).Il problema della necessità o meno di offrire una qualificazione giuridica del fatto con-

testato è meno avvertito, con riferimento all’esercizio del diritto di difesa, in quanto non sitratta comunque di un c.d. fatto avventizio, essendo anzi scopo del procedimento discipli-nare provocare l’attenzione e la difesa su quel fatto storico, pur non qualificato.

94 Vedi, ex pluribus, PAPALEONI, Il procedimento disciplinare, cit., p. 309 ss.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 269

a) non si difenda nel termine prescritto dal datore di lavoro;b) si difenda, ma, anche in considerazione del breve termine a sua di-

sposizione, poi, nella successiva fase contenziosa di impugnazione delprovvedimento disciplinare, vari ed integri la sua difesa 95.

Si tratta di valutare cosa il datore di lavoro possa fare in sede di esamedella (eventuale) difesa del lavoratore e, quindi, di come si sviluppa il con-traddittorio 96.Ebbene, la struttura dialettica del procedimento sanzionatorio non

consente di variare o integrare i fatti contestati: ogni fatto addebitabile allavoratore presuppone, per essere posto a fondamento di un provvedi-mento disciplinare, la previa contestazione. Il datore di lavoro, pertanto,può soltanto replicare a quanto sostenuto dal lavoratore; può cioè intro-durre fatti ostativi (c.d. dupliche) al fine di togliere rilevanza ai fatti indi-cati a propria difesa dal lavoratore, ma non può introdurre nuovi fatti ad-debitabili al lavoratore e giustificanti il provvedimento disciplinare.Lo sviluppo del contraddittorio è ancora più imperfetto, qualora il la-

voratore non si difenda: il datore di lavoro, non funzionando la strutturadialettica del procedimento sanzionatorio, non ha la possibilità neppureteorica di introdurre fatti concorrenti, giustificanti il provvedimento disci-plinare.Ad es., il lavoratore viene sorpreso con una busta contenente documen-

ti riservati del datore di lavoro e, non intendendo consegnarli, segue unarissa; il datore di lavoro, dando primaria importanza alla sottrazione dei do-cumenti, contesta soltanto tale fatto; il lavoratore si difende, sostenendoche per errore aveva preso la busta con i documenti riservati, scambiando-la con un’altra busta; a questo punto il datore di lavoro potrebbe replicareche non c’era alcuna altra busta o che comunque non erano assolutamenteconfondibili; il datore di lavoro potrebbe anche sostenere che comunque illavoratore non doveva causare la rissa e, pertanto, licenziarlo (si noti che ilfatto «rissa» poteva inizialmente non apparire con precisione, essendo in-certo se il lavoratore sospettato della sottrazione avesse causato la rissa o sifosse meramente divincolato nella confusione del momento).

95 Cfr. Cass. 27 luglio 1996, n. 6787, in Foro it., 1996, I, c. 3368, secondo cui «nella cau-sa d’impugnazione del licenziamento disciplinare, il lavoratore può far valere discolpe di-verse da quelle prospettate nella fase stragiudiziale del procedimento disciplinare».

96 Il problema era stato intuito ed indicato da PERA, in ASSANTI-PERA, Commento allostatuto dei diritti dei lavoratori, Padova, 1972, p. 84 nota 54.

270 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Si noti inoltre che alcuni fatti concorrenti possono assumere rilevanzasoltanto a seguito delle difese del lavoratore. Ad es., il datore di lavorocontesta al lavoratore l’assenza ingiustificata dal lavoro; il lavoratore si di-fende, sostenendo di essersi dovuto assentare per effettuare un esame me-dico; il datore di lavoro potrebbe a questo punto comminare la sanzionedisciplinare prevista per l’assenza ingiustificata:

a) replicando che l’assenza è comunque ingiustificata in quanto l’esamemedico poteva essere effettuato fuori dall’orario di lavoro o chiedendo unpermesso;

b) sostenendo che comunque l’assenza è da considerare ingiustificatain considerazione del difetto di tempestiva comunicazione e giustificazio-ne, come previsto dal contratto collettivo.

In questo esempio il profilo fattuale concorrente assume rilevanza sol-tanto a seguito delle difese del lavoratore, nel corso del procedimento di-sciplinare. Il datore di lavoro ha correttamente motivato la contestazionedisciplinare, senza tenersi nel cassetto ulteriori motivi giustificanti la san-zione, da utilizzare per «spiazzare» il lavoratore e frustrarne così l’effetti-va possibilità di valutazione e difesa; ciononostante, una volta conosciutele difese del lavoratore, si trova nell’impossibilità di variare o integrare lamotivazione del provvedimento disciplinare 97.Infatti, come evidenziato, la struttura dialettica del procedimento di-

sciplinare consente la replica, ma non la variazione del fatto storico costi-tutivo del potere sanzionatorio. Il fatto storico «ritardo nella comunica-zione e giustificazione dell’assenza dal lavoro» ovvero «rissa in azienda»deve, infatti, essere oggetto di nuovo procedimento disciplinare.Il procedimento disciplinare appare cioè strutturato secondo il princi-

pio di eventualità: il contraddittorio (quando si realizza a seguito dellapresentazione di giustificazioni da parte del lavoratore) si sviluppa secon-do il rigido ingranaggio della dipendenza 98; il provvedimento disciplinareè «a rima obbligata» rispetto unicamente al fatto contestato, senza possi-bili variazioni o integrazioni; l’aspetto sostanziale della c.d. immodificabi-lità della motivazione del provvedimento disciplinare altro non è che laconseguenza della tecnica procedimentale prescelta.

97 Il pericolo di consentire una motivazione apparente, riconoscendo la possibilità diintegrare la motivazione dell’atto unilaterale in caso di contenzioso, è manifestato da FOR-NACIARI, ibidem.

98 Vedi retro, parte seconda, cap. I, in partic. §§ 6-9.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 271

Se è questa la struttura del procedimento, allora non può esserci unapreclusione procedimentale di tutti i fatti deducibili a fondamento del -l’esercizio stragiudiziale della situazione potestativa 99, poiché tale effettopreclusivo richiede il libero esercizio del contraddittorio, anche se in unafase concentrata 100.Se è questa la struttura del procedimento, cade anche la perfetta sim-

metria tra l’esercizio della situazione potestativa in via di azione (cioè ingiudizio) ovvero in via stragiudiziale, in quanto il processo civile è diver-samente strutturato e, come visto 101, consente che la raccolta del materia-le di fatto avvenga secondo il principio della trattazione orale e non se-condo il principio di eventualità, nel libero esercizio del contraddittorio,anche se in una fase concentrata del giudizio stesso.Tale simmetria appare inoltre zoppa, in quanto la preclusione procedi-

mentale all’allegazione di nuovi fatti riguarderebbe soltanto una parte (iltitolare della situazione potestativa) e non anche la controparte (il lavora-tore può variare la propria linea difensiva), mentre la preclusione del de-dotto e del deducibile conseguente alla decisione del giudice passata ingiudicato riguarda entrambe le parti in contesa.Non è possibile, quindi, applicare l’efficacia preclusiva della sentenza

passata in giudicato al provvedimento disciplinare. L’anticipazione dell’efficacia preclusiva al procedimento presuppone il

libero sviluppo del contraddittorio in posizione paritaria 102. Occorre cioètraslare le regole del processo, limitatamente alla raccolta del materiale difatto, prevedendo l’onere del lavoratore di difendersi sia sul merito chesulla forma del procedimento e la possibilità per il datore di lavoro di va-riare o integrare i fatti giustificanti l’esercizio del potere sanzionatorio 103.

99 Cfr. Cass. 18 novembre 1994, n. 9773, in Riv. it. dir. lav., 1995, II, p. 662, con notadi CARO, secondo cui «il datore di lavoro, il quale abbia già licenziato il lavoratore per undeterminato motivo, può legittimamente intimare un secondo licenziamento, fondato suun diverso motivo, né può ritenersi illegittimo perché basato su fatti già noti al datorequando il primo fu intimato; sempreché non si faccia questione di immediatezza della con-testazione quale indice necessario dell’esigenza di licenziare in tronco o quale presuppostodi adeguata difesa in sede di licenziamento disciplinare».

100 Vedi retro, parte seconda, cap. I, in partic. § 9.101 Vedi retro la prima sezione di questo capitolo.102 Per uno spunto in tal senso v. VERDE, I limiti oggettivi del giudicato nelle controver-

sie di lavoro, in Studi in memoria di Corrado Vocino, Napoli, 1996, p. 679.103 Ovviamente, in applicazione del principio di immediatezza, vengono soprattutto in

considerazione fatti resi rilevanti dalle giustificazioni del lavoratore (come nell’esempio

272 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

Tale procedimento potrebbe, a garanzia del lavoratore e della regolaritàformale, essere gestito in sede sindacale ovvero in sede pubblica (ad es.,commissione provinciale di conciliazione) 104. In tal modo si potrebbe con-seguire il duplice scopo di aver delimitato il nucleo dei fatti rilevanti (sia afavore del lavoratore che del datore di lavoro) e di aver circoscritto i moti-vi di invalidità formale del procedimento. Ovviamente nuove circostanzefattuali ad colorandum potranno essere acquisite nel corso del giudizio, spe-cialmente a seguito dell’istruttoria o del mutamento di qualificazione giuri-dica, secondo quanto indicato 105. Rimane aperta soltanto la possibilità divalorizzare (anche a seguito di un nuovo procedimento disciplinare) fattiaddebitabili al lavoratore, compiuti anteriormente alla comminazione delprovvedimento disciplinare, ma che il datore di lavoro non era in grado,con un ragionevole sforzo di diligenza, di conoscere e contestare. È questoil problema della preclusione soltanto del concretamente deducibile 106.Per verificare quanto sostenuto, viene in considerazione il vorbereiten-

des Verfahren, che era disciplinato dai §§ 245-263 del codice di proceduracivile austriaco 107.Tale procedimento serviva a preparare la trattazione orale della causa e,

in particolare, ad ordinare e chiarire le allegazioni fattuali contenute nellescritture preparatorie del giudizio 108.La raccolta del materiale di fatto avveniva secondo la tecnica della trat-

tazione orale (§ 250), per cui potevano essere effettuate anche allegazioni

del difetto di tempestiva comunicazione e giustificazione dell’assenza) e fatti medio tem-pore conosciuti. La scansione temporale potrebbe anche essere rimessa all’autonomia del-le parti, in sede di contrattazione collettiva o, se migliorativa, individuale.

104 In questo senso vedi l’art. 2113 c.c. in tema di validità delle rinunce e transazioni dellavoratore. Vedi anche il ruolo deflativo e conciliativo attribuito alle commissioni di con-ciliazione dall’art. 410 c.p.c.

105 Vedi retro, parte seconda, cap. II, sezione seconda e terza.106 Vedi FORNACIARI, Situazioni potestative, tutela costitutiva, giudicato, cit., p. 326; CA-

PONI, La rimessione in termini, cit., p. 145 ss.; MENCHINI, I limiti oggettivi del giudicato,cit., pp. 318 e 329, testo e nota 71.

107 Tale procedimento è stato abrogato dalla novella del 1° maggio 1983, n. 135. Vedi,ex multis, ARNOLD, Das neue Gerichtsgebührengesetz, in AnwBl, 1985, p. 3 ss.; BALLON,Die Novellierungen des Zivilprozeßrechts – Verbesserter Zugang zum Recht?, in Fs-Kralik,Wien, 1986, p. 37 ss.

108 Vedi § 245 n. 2. Le altre due ipotesi previste riguardavano: le controversie patri-moniali, nelle quali si discuteva dell’esattezza di un conto, con contrapposte pretese; la ne-cessità di acquisire prove per accertare l’avveramento di circostanze di fatto controverse,quando l’assunzione di tali prove sarebbe problematica durante la trattazione orale.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 273

fattuali ed offerte prove, che non erano indicate nelle scritture preparato-rie (§ 252). Un ruolo primario nella chiarificazione dei fatti controversi as-sumeva l’interrogatorio delle parti effettuato dal giudice incaricato (§ 253)e la partecipazione di ciascuna parte: la parte comparsa poteva comunica-re alla controparte assente una copia del verbale contenente le proprie al-legazioni fattuali, con l’indicazione della nuova udienza a cui comparire,avvertendola che in caso di assenza anche a tale udienza sarebbero stateconsiderare come vere le allegazioni effettuate (§ 254). Una volta esauritoil procedimento preparatorio, si aveva la cristallizzazione della materia delcontendere, per cui nuove domande, allegazioni, mezzi istruttori e contro-prove 109, che concernono parti della controversia discusse nel procedi-mento preparatorio, potevano essere fatti valere in caso di opposizionedell’avversario, soltanto se dalla parte veniva reso credibile che non neaveva alcuna conoscenza al tempo del procedimento preparatorio (§ 263).È importante notare che:

a) l’effetto preclusivo procedimentale era conseguente ad una tratta-zione orale, cioè con la possibilità di introdurre sia fatti ostativi a quelli al-legati dall’avversario sia fatti concorrenti a quelli già posti a fondamentodella propria pretesa;

b) tale effetto preclusivo non riguardava i fatti non concretamente de-ducibili, per difetto di conoscenza (la parte, per rendere credibile il difet-to di conoscenza, doveva in pratica dimostrare la propria diligenza).

10. Giudizio di impugnazione dell’atto unilaterale licenziamento. Deli-mitazione dell’analisi

Esclusa la configurabilità di una preclusione procedimentale connessaall’obbligo di motivazione dell’atto unilaterale licenziamento disciplinare,si pone il problema della possibilità di introdurre ulteriori profili fattualigiustificanti il licenziamento nel corso del giudizio di impugnazione.Occorre distinguere.Nel caso di rapporto di lavoro in cui è eccezionalmente possibile il li-

109 Unitamente alla raccolta del materiale di fatto avveniva anche un’anticipazionedell’istruzione probatoria, così causando un ritardo nella fissazione dei fatti rilevanti, conl’ulteriore rischio di dover ripetere l’istruzione probatoria, specialmente in caso di conte-stazione di completezza ed esattezza dell’istruzione anticipata (v. § 264).

274 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

cenziamento ad nutum, il problema dell’integrazione della motivazionedel licenziamento si pone nel caso di licenziamento per giusta causa, al fi-ne di evitare la condanna al pagamento del preavviso ovvero, in caso di li-cenziamento del dirigente, anche in caso di licenziamento per giustificatomotivo, al fine di evitare la condanna al pagamento dell’indennità supple-mentare prevista dalla contrattazione collettiva.Nel caso di rapporto di lavoro assistito dalla tutela c.d. obbligatoria del

posto, il problema si pone anche in caso di licenziamento per giustificatomotivo, al fine di evitare la condanna al pagamento dell’indennità previstadal l’art. 8, legge n. 604/1966.Nel caso di rapporto di lavoro assistito dalla tutela c.d. reale del posto,

il problema si pone al fine di negare la persistenza o ricostruzione del rap-porto di lavoro 110, con efficacia preclusiva di tutti i fatti giustificanti l’in-terruzione del rapporto di lavoro anteriori all’ultimo momento utile per laloro introduzione in giudizio.Nelle prime due ipotesi non è in gioco il rapporto di lavoro, in quanto

comunque il licenziamento, anche se illegittimo, comporta la valida inter-ruzione del rapporto, residuando unicamente conseguenze di natura pa-trimoniale. Pertanto non ha senso discutere dell’oggetto del giudizio, co-me «puntualizzato» sull’atto di licenziamento e a quel momento storico,poiché comunque il rapporto di lavoro non è più esistente. Il problemasarà quindi quello di poter integrare la motivazione dell’atto di licenzia-mento, introducendo, anche a seguito della dialettica del contraddittorio,ulteriori fatti giustificanti quell’atto di licenziamento.Al contrario, in caso di rapporto di lavoro assistito dalla c.d. tutela rea-

le, il problema è anche quello dei limiti oggettivi e cronologici di efficaciadella pronuncia del giudice e, in particolare, della preclusione di tutti i fat-ti giustificanti l’interruzione del rapporto, anche se posti a fondamento diun nuovo atto di licenziamento, diverso da quello impugnato.Si inizia con il prendere in considerazione la possibilità di integrare o

variare la fattispecie costitutiva dell’atto di licenziamento impugnato, perpoi passare ad esaminare il problema della possibilità di un nuovo atto di

110 L’alternativa tra persistenza e ricostruzione del rapporto di lavoro dipende dalla ri-costruzione del giudizio come di accertamento dell’inefficacia originaria del licenziamen-to ovvero come costitutivo, tendendo all’annullamento dell’atto di licenziamento e alla ri-mozione della sua efficacia (in tema, ex pluribus, v. CONSOLO, Oggetto del giudicato e prin-cipio dispositivo. II. Oggetto del giudizio ed impugnazione del licenziamento, in Riv. trim.dir. proc. civ., 1991, p. 569 ss.).

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 275

licenziamento, in corso di giudizio, e dell’eventuale onere di allegazionenel giudizio in corso sul primo licenziamento.

11. Integrazione o variazione della motivazione dell’atto di licenzia-mento nel corso del giudizio di opposizione

Bisogna distinguere tra l’ipotesi del licenziamento disciplinare e quelladel licenziamento per motivi oggettivi. In caso di licenziamento discipli-nare, infatti, per come adesso è ricostruita la struttura del procedimentosanzionatorio 111, non è possibile una variazione o integrazione della moti-vazione dell’atto di licenziamento, poiché il nuovo addebito deve esserepreviamente contestato e poi posto a fondamento di un nuovo atto di li-cenziamento, con efficacia ex nunc (dalla ricezione dell’atto).Al contrario, in caso di licenziamento oggettivo, non occorre una pre-

via comunicazione dei fatti che, secondo il datore di lavoro, potrebberogiustificare il recesso, al fine di consentire al lavoratore di replicare, primadi essere estromesso dal posto di lavoro. Anzi, il datore di lavoro può ef-fettuare il licenziamento senza indicare la motivazione, che è tenuto a for-nire soltanto in caso di espressa richiesta del lavoratore (v. art. 2, legge n.604/1966, così come modificato dall’art. 2, legge n. 108/1990).È possibile, pertanto, immaginare che in giudizio si discuta di:

a) licenziamento immotivato;b) licenziamento motivato, contestualmente o successivamente alla co-

municazione.

Nella prima ipotesi l’impugnativa giudiziale si pone come una provoca-tio del datore di lavoro a dimostrare la legittimità del recesso.Nella seconda ipotesi l’impugnativa giudiziale si pone come una prova

di resistenza della motivazione addotta dal datore di lavoro.In entrambe le ipotesi si pone comunque il problema della possibilità

di integrare la motivazione inizialmente addotta dal datore di lavoro (almomento della comunicazione del licenziamento o a seguito di richiestadel lavoratore ovvero, a seguito di impugnativa giudiziale, al momentodella costituzione in giudizio).Ad esempio, il datore di lavoro licenzia il lavoratore per superamento

111 Vedi retro, § 9.

276 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

del periodo di comporto; il lavoratore impugna il licenziamento, soste-nendo l’erroneità del calcolo dei giorni di assenza per malattia e che tali as-senze sono in buona parte da imputare a responsabilità del datore di lavo-ro per averlo sottoposto a mansioni usuranti, in violazione dell’art. 2087c.c., non compatibili con il suo particolare stato di malattia. A questo pun-to si pone il problema se il datore di lavoro, oltre a replicare sull’esattezzadel calcolo dei giorni di assenza, possa sostenere che la malattia adesso de-nunciata dal lavoratore 112 comporta inidoneità al lavoro e, quindi, giusti-fica il licenziamento comminato.Tale possibile integrazione della motivazione del licenziamento, in cor-

so di giudizio, presuppone innanzitutto la risoluzione di un problema didiritto sostanziale circa la natura del diritto di recesso: se, infatti, si consi-dera come un diritto eteroindividuato sulla base del singolo profilo costi-tutivo, non è possibile alcuna variazione della motivazione del licenzia-mento impugnato, perché ad un diverso profilo costitutivo corrispondeun diverso diritto di recesso; se, al contrario, il diritto di recesso si consi-dera come un diritto autoindividuato (ovvero eteroindividuato, ma sullabase non del singolo motivo, ma della categoria, per cui si ha un unico di-ritto di recesso per motivi oggettivi, distinto dal diritto di recesso per mo-tivi soggettivi), è astrattamente possibile, a livello di diritto sostanziale,l’integrazione della motivazione (così come è possibile affermare il dirittodi proprietà su di un bene, in base a plurimi profili fattuali costitutivi).Supponiamo, quindi, che, a livello di diritto sostanziale, il diritto di re-

cesso sia unico (quanto meno sulla base della stessa categoria di motivi) eche si discuta di un licenziamento non per motivi disciplinari.Si pone a questo punto il problema di tecnica processuale, se la strut-

tura del processo sia in grado di acquisire variazioni della motivazione dellicenziamento impugnato.Ebbene, in base alla prospettazione data della struttura del processo

retto dal rito del lavoro 113, il contraddittorio non si svolge secondo il prin-cipio di eventualità e, pertanto, il datore di lavoro potrebbe aggiungere unprofilo fattuale costitutivo del diritto di recesso.Ciò in particolare nel caso di impugnazione di un licenziamento immo-

112 In precedenza il datore di lavoro ignorava per quale malattia il lavoratore si assen-tava dal lavoro, in quanto il certificato medico indica soltanto la data di inizio e di presun-ta fine dello stato di malattia, a garanzia di riservatezza circa le condizioni di salute del la-voratore.

113 Vedi retro, sezione prima, § 4.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 277

tivato, per cui la fattispecie costitutiva del diritto di recesso si deve preci-sare in giudizio nel contraddittorio delle parti.A livello tecnico di struttura del giudizio e di capacità contenutistica,

quindi, nulla si oppone alla possibilità di integrare o variare la fattispeciecostitutiva del diritto di recesso, specialmente se tale integrazione o varia-zione è provocata dalla dialettica del contraddittorio (vedi l’esempio su-peramento del periodo di comporto - inidoneità al lavoro).Al contrario, per negare tale possibilità di integrazione o variazione, si

sostiene:

a) a livello di diritto sostanziale, il principio della immodificabilità del-la motivazione del licenziamento 114;

b) a livello di diritto processuale, il particolare modo di operare dellatecnica impugnatoria, per cui tale tecnica «incide sull’ambito di cognizionedel giudice, il quale si occupa (sulla base del principio della domanda exart. 112 c.p.c.) di quei soli elementi della fattispecie che l’opponente, nelsuo atto di opposizione, gli indica» 115.

Quest’ultimo aspetto riguarda in genere i giudizi di opposizione di unatto unilaterale e non soltanto il giudizio di impugnazione di un licenzia-mento; pertanto, merita un suo specifico approfondimento, rinviato alsuccessivo paragrafo.Quanto, invece, al principio sostanziale di immodificabilità della moti-

vazione del licenziamento, se riferito al licenziamento per motivi oggetti-vi 116, si osserva che non è supportato dal dettato legislativo (l’art. 2, legge

114 Cfr. Cass. 14 agosto 1999, n. 8641, in Dir. e pratica lav., 2000, p. 348; Cass. 17 gen-naio 1998, n. 414, in Notiz. giur. lav., 1998, p. 188; Cass. 18 febbraio 1997, n. 1458, in La-voro nella giur., 1997, p. 950, secondo cui «un licenziamento intimato (esclusivamente) persuperamento del periodo di comporto non può essere giudizialmente dichiarato legittimoin relazione ad una ipotizzabile (o anche effettivamente sopravvenuta) inidoneità psico-fi-sica del lavoratore a svolgere le mansioni affidategli»; Pret. Milano, 14 maggio 1998, in La-voro nella giur., 1998, p. 972; Pret. Teramo, 30 marzo 1995, in Giur. merito, 1996, p. 25,con nota di AMBROSI, DE AMICIS.

115 Cfr. LUISO, Diritto processuale civile. IV. I processi speciali, Milano, 2000, p. 278. Ta-le affermazione viene fatta con riferimento precipuo ai giudizi di opposizione a sanzioniamministrative, pur prendendo in considerazione anche l’ipotesi dell’impugnazione di unlicenziamento (v. pp. 272 e 274).

116 In caso di licenziamento disciplinare l’immodificabilità della motivazione è in realtàla conseguenza della tecnica procedimentale di formazione della volontà di recesso, comevisto (v. retro, § 9).

278 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

n. 604/1966 richiede la motivazione del licenziamento, anche se non con-testuale, ma non prevede il divieto di modificazione della motivazione) econtrasta con la ricostruzione del diritto di recesso come diritto autoindi-viduato, per cui a plurimi profili costitutivi corrisponde un unico diritto.Prova troppo inoltre la giustificazione fondata sulla tutela del lavorato-

re, che non deve essere esposto ad una motivazione apparente, in quantola motivazione può ben essere specifica e puntuale; ciononostante, spe-cialmente a seguito dello sviluppo dialettico del contraddittorio, può benporsi l’esigenza di variare o integrare tale motivazione (si pensi all’esempiofatto del licenziamento per superamento del periodo di comporto ovveroper inidoneità psico-fisica).In sintesi, il principio di immodificabilità della motivazione del licen-

ziamento per motivi oggettivi non appare sorretto da giustificazioni di di-ritto sostanziale.Rimane da considerare la giustificazione processuale legata alla c.d. tec-

nica impugnatoria.

12. Profili della tecnica impugnatoria e principio di eventualità, con par-ticolare riferimento al giudizio di opposizione a sanzioni ammini-strative

La circostanza che alla base del giudizio ci sia un atto unilaterale deter-mina un’inversione dell’iniziativa processuale: a promuovere il giudizionon è il titolare della situazione potestativa controversa, bensì il soggettoconformato dall’esercizio di tale situazione potestativa. La tecnica impu-gnatoria comporta cioè che le contestazioni e le eccezioni sono fatte vale-re in via di azione.A questo punto, specialmente in tema di opposizione a sanzioni ammi-

nistrative, è oramai principio tralaticio in giurisprudenza che l’oggetto delgiudizio «è delimitato, per l’opponente, dalla “causa petendi” fatta valerecon l’opposizione stessa, e, per l’amministrazione, dal divieto di dedurremotivi o circostanze, a sostegno di detta pretesa, diverse da quelle enun-ciate con l’ingiunzione. Ne consegue che il giudice, salve le ipotesi di ine-sistenza, non ha il potere di rilevare d’ufficio ragioni di nullità del provve-dimento opposto o del procedimento che l’ha preceduto (quale l’incom-petenza per materia), nemmeno sotto il profilo della disapplicazione delprovvedimento stesso, e che l’opponente, se ha facoltà di modificare l’ori-ginaria domanda nei limiti consentiti dagli artt. 183 e 184 c.p.c., non può

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 279

introdurre in corso di causa domande nuove, a meno che su di esse non visia accettazione del contraddittorio da parte della amministrazione» 117.Il richiamo al principio della domanda, a giustificazione della delimita-

zione dell’ambito di cognizione del giudice, è effettuato anche in dottri-na 118.Questa ricostruzione merita di essere attentamente valutata, utilizzan-

do gli strumenti di indagine delineati, specialmente a seguito dell’analisieffettuata circa il rapporto tra allegazione dei fatti e principio della do-manda 119.Questi i punti di partenza della ricostruzione da esaminare:

117 Così Cass. 12 agosto 2000, n. 10796. Vedi anche Cass. 30 marzo 2001, n. 4684;Cass. 18 febbraio 2000, n. 1857; Cass. 18 maggio 2000, n. 6466; Cass. 27 novembre 1999,n. 13263; Cass. 27 maggio 1999, n. 5184, secondo cui non soltanto l’opposizione, ma an-che i motivi di opposizione sono sottoposti al termine decadenziale di proposizione fissa-to dall’art. 22, legge n. 689/1981 (trenta giorni dalla notificazione dell’ordinanza ingiun-zione); Cass. 12 maggio 1999, n. 4704; Cass., Sez. Un., 19 aprile 1990, n. 3271, in Foro it.,1990, I, c. 1510, con nota di BARONE. Contra v. le pronunce tutte precedenti alla pronun-cia a Sez. Un. n. 3271/90, Cass. 14 dicembre 1987, n. 9262, in Foro it., 1989, I, c. 3446 ein Giust. civ., 1988, I, p. 2676, secondo cui «l’opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzio-ne irrogativa di sanzione amministrativa, nella disciplina dell’art. 22 ss., legge 24 novem-bre 1981, n. 689, non configura impugnazione dell’atto amministrativo, con cognizionedel pretore limitata alle dedotte ragioni d’illegittimità del medesimo, ma introduce un or-dinario giudizio sul fondamento della pretesa fatta valere con detto provvedimento (ana-logo al giudizio instaurato con l’opposizione avverso decreto ingiuntivo), nel quale le ve-sti sostanziali di attore e convenuto, anche ai fini della ripartizione dell’onere della prova,spettano rispettivamente all’amministrazione ed all’opponente (salvo restando, ai sensidel sesto comma, art. 23, legge cit., l’ampio potere del pretore di disporre d’ufficio qual-siasi mezzo di prova); ne consegue che la suddetta opposizione non abbisogna di una spe-cificazione dei motivi e può esaurirsi nella mera contenzione della pretesa dell’ammini-strazione, essendo anche in tal caso idonea a devolvere al giudice adito la piena cognizio-ne circa la sua legittimità e fondatezza»; Cass. 13 ottobre 1986, n. 5985; Cass. 9 dicembre1985, n. 6219; Cass. 22 marzo 1989, n. 1435, in Foro it., 1989, I, c. 3445; Cass. 15 maggio1989, n. 2323.

118 Cfr. LUISO, Diritto processuale civile. IV, cit., p. 278; ID., Commento agli artt. 22-23della legge n. 689/1981, in Legisl. pen., 1982, pp. 271 e 278; BARBIERI-ANGELINI, Il proces-so di opposizione a ordinanza-ingiunzione, Padova, 1998, p. 56 ss.; BELLÉ, Il sistema sanzio-natorio amministrativo del nuovo codice della strada. Procedimento e processo, 2a ed., Pa-dova, 2001, p. 280. Cfr. anche ROSINI, Le sanzioni amministrative, Milano, 1991, p. 185, ilquale ritiene che l’opposizione può essere proposta in forma generica, ma l’opponente hal’onere di motivare l’opposizione, per cui il difetto di motivazione comporta l’infondatez-za del l’opposizione.

119 Vedi retro, parte prima, cap. II, nonché parte seconda, cap. I, a proposito della de-limitazione dell’oggetto del contendere ad una Rechtsfrage.

280 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

a) oggetto del giudizio è la situazione sostanziale controversa (nel caso,pretesa sanzionatoria) e non già l’atto impugnato (ordinanza-ingiunzione);

b) l’opponente propone una domanda di accertamento negativo del di-ritto fatto valere con l’atto impugnato (nel caso, diritto di credito al paga-mento della sanzione).

A questo punto si potrebbe sostenere che l’opponente effettua una pro-vocatio ad probandum, similarmente al giudizio di opposizione a decreto in-giuntivo 120, per cui: con l’atto di opposizione è meramente sufficiente con-testare la pretesa sanzionatoria, senza dover esplicitare i singoli motivi diopposizione; l’opposto è tenuto a dimostrare tutti i profili costitutivi dellapretesa; l’ambito di cognizione del giudice riguarda tutti i fatti rilevanti alfine di accertare la sussistenza del credito oggetto della pretesa sanzionato-ria; per la raccolta e valorizzazione giuridica del materiale di fatto valgonole regole generali del processo civile, con le particolarità previste dalla leg-ge n. 689/1981 (in particolare, poteri istruttori d’ufficio ex art. 23).All’inversione dell’iniziativa processuale non corrisponde quindi un

mutamento di tecnica di cognizione ed accertamento. L’unica conseguen-za di tale inversione è data dal fatto che l’eventuale estinzione del giudiziova a danno dell’attore formale, cioè dell’opponente, comportando il con-solidarsi dell’atto impugnato.Del resto l’art. 22 della legge n. 689/1981 prevede esclusivamente, a pe-

na di inammissibilità, la proposizione dell’opposizione entro trenta giornidalla notificazione dell’ordinanza-ingiunzione e non anche la specificazio-ne dei motivi di opposizione 121. Va inoltre tenuto in considerazione il fattoche, a norma dell’art. 23, l’opponente può stare in giudizio personalmente,senza doversi avvalere di un difensore tecnico, e, pertanto, può ignorare, inassenza di una norma in tal senso, di dover specificare i motivi di opposi-zione fin dall’atto di opposizione, a pena di irricevibilità e, comunque, dinon poter variare o integrare i motivi di opposizione in corso di giudizio122.La posizione oramai consolidata della giurisprudenza 123, seguita dalla

dottrina 124, è al contrario ben diversa.

120 Cfr. Cass. 14 dicembre 1987, n. 9262, cit. 121 La specificazione dei motivi è invece richiesta nel processo amministrativo (v. art. 6,

r.d. n. 642/1907 e art. 19, legge n. 1034/1971).122 Cfr. Cass. 13 ottobre 1986, n. 5985.123 Vedi retro, nota 117.124 Vedi retro, nota 118.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 281

Innanzitutto, pur – come detto – in difetto di una previsione legislati-va, richiede che la domanda di accertamento negativo dell’opponente siasostanziata. Richiede cioè che l’opponente non si limiti a contestare la pre-tesa sanzionatoria dell’amministrazione, ma precisi i motivi di opposizio-ne. Tali motivi vanno a costituire la causa petendi dell’azione.Non solo.La giurisprudenza, con orientamento oramai tralaticio, afferma che:

a) il giudice può rilevare d’ufficio soltanto ed esclusivamente l’inesi-stenza dell’ordinanza-ingiunzione;

b) l’opponente non può proporre nuovi motivi di opposizione, perchéciò costituisce nuova domanda 125;

c) l’opposto (cioè l’amministrazione) non ha la possibilità di variare lamotivazione del provvedimento impugnato, cioè non può introdurre pro-fili fattuali o giuridici giustificanti la pretesa sanzionatoria non indicati nel -l’atto impugnato, dovendosi limitare a difendere quella parte di motiva-zione dell’atto contestata dall’opponente.

Ebbene, queste affermazioni sono prive di supporto. C’è un non sequi-tur, un salto logico. Poiché l’allegazione dei fatti non si esaurisce con l’at-to introduttivo del giudizio, il fatto che la domanda giudiziale, per essereammissibile, debba essere schlüssig (cioè debba contenere i motivi di op-posizione) non implica una necessaria corrispondenza della sentenza alladomanda, anche sotto il profilo fattuale/giuridico 126; non delimita l’ambi-

125 Il richiamo alla disciplina della modificazione della domanda ex artt. 183 e 184c.p.c. è apparente, in quanto costantemente si afferma che un nuovo motivo di invaliditàdel l’ordinanza ingiunzione costituisce nuova domanda e, pertanto, è inammissibile, a me-no che su tale motivo l’amministrazione non abbia accettato il contraddittorio.Si noti che BELLÉ, op. cit., ma 1a ed., Padova, 1998, p. 276 escludeva che l’accettazione

del contraddittorio autorizzi il giudice a decidere in base al nuovo profilo di opposizione,stante il principio di concentrazione, che impedisce che il thema decidendum possa for-marsi disordinatamente. Ora, nella 2a ed., cit., p. 280, tale opinione non è ripetuta.Si fa presente che FABBRINI, Eccezione, cit., p. 537 s. degli Scritti giuridici, riteneva che nel

giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l’eccezione viene fatta valere in via di azione, percui viene cancellata la distinzione tra eccezioni in senso stretto ed eccezioni in senso lato, da-to che nessuna può essere presa in esame dal giudice – anche se avente in se stessa natura dieccezione in senso lato – se non posta dall’opponente a fondamento della domanda. Tuttavianon giungeva a parificare la mera contestazione di un fatto costitutivo con la proposizione diun’eccezione e, conseguentemente, non escludeva la possibilità per il giudice di rilevare il di-fetto di un fatto costitutivo della pretesa azionata con il decreto ingiuntivo. Inoltre consentivala rilevazione di nuove eccezioni secondo la disciplina della modificazione della domanda.

126 La commistione tra previsione a pena di irricevibilità di una domanda sostanziata e

282 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

to di cognizione del giudice ai soli profili della motivazione dell’atto con-testati dall’opponente 127; non porta a considerare nuova domanda ogninuovo motivo di opposizione; non impone il principio di eventualità nellaraccolta del materiale di fatto, per cui l’opposto può soltanto introdurrefatti ostativi a quelli allegati dall’opponente e non variare i fatti giustifi-canti la pretesa controversa; non rende il giudice cieco di fronte ad ogniprofilo sia fattuale che giuridico rilevante al fine di accertare la sussistenzao meno della situazione controversa.In sintesi, la tecnica impugnatoria non comporta automaticamente una

restrizione dell’ambito di cognizione del giudice ai soli elementi della fat-tispecie che l’opponente, con il suo atto di opposizione, gli indica, in ap-plicazione del principio della domanda ex art. 112 c.p.c.Questa restrizione può essere giustificata dalla parte dell’opposto in ba-

se alla tecnica procedimentale di formazione della pretesa sanzionatoria: unnuovo profilo costitutivo giustificante la pretesa sanzionatoria non può es-sere introdotto in giudizio, in violazione degli artt. 14-18, legge n.689/1981, che prevedono la necessità di procedere alla contestazione del-la violazione e la possibilità per il presunto trasgressore di presentare scrit-ti difensivi e documenti e richiedere di essere sentito, prima di ingiungereil pagamento della sanzione 128.Inoltre la possibilità di variare la motivazione dell’ordinanza ingiunzio-

ne potrebbe consentire illegittimamente di aggirare la previsione normati-va che impone, ove possibile, la contestazione immediata, cioè al momen-to dell’accertamento, e, in ogni caso, entro un termine perentorio decor-rente dal momento dell’accertamento (art. 14, legge n. 689/1981).Pertanto, il giudizio diventa una prova di resistenza dell’atto, non po-

tendo l’autorità aggiungere nuovi profili a giustificazione dell’atto stesso.A questo punto, in via ricostruttiva in assenza di un dato normativo, si

potrebbe sostenere che l’opponente, anche per un principio di uniformità

raccolta del materiale di fatto secondo la tecnica della trattazione orale è stata presa in con-siderazione retro, parte seconda, cap. I, § 7, a cui si rinvia.

127 Cfr. DI NANNI-VACCA-FUSCO, Depenalizzazione e sanzioni amministrative. Com-mento teorico-pratico, Napoli, 1982, p. 173, secondo i quali «il giudice è in ogni caso con-dizionato a decidere secondo quanto è stato concretamente richiesto, ma non dovrebbeesserlo quanto ai motivi dedotti dall’opponente».

128 Vedi retro, § 9, a proposito della tecnica procedimentale di formazione dell’attounilaterale provvedimento disciplinare. Cfr. VACCARELLA, Il procedimento di opposizione alprovvedimento di applicazione delle sanzioni amministrative, in Nuove leggi civ., 1982,p. 1162, circa la necessità di procedere ad una nuova formale contestazione.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 283

di trattamento, avendo di fronte l’immutabile quadro della situazione, ètenuto a specificare fin dall’atto introduttivo i motivi di contestazione, sal-va la possibilità di meglio precisare, anche a seguito della costituzione ingiudizio dell’autorità amministrativa e del deposito del rapporto.Il giudizio diventa quindi un mezzo di impugnazione dell’atto, con ef-

fetto devolutivo ridotto ai profili di contestazione sollevati dall’opponen-te. La cognizione del giudice avviene secondo la tecnica del principio dieventualità, per cui da una parte l’opponente non potrà «tornare indietro»ed allegare ulteriori profili fattuali per contestare l’atto impugnato; dall’al-tra parte l’autore dell’atto potrà replicare in fatto alle contestazioni solle-vate dall’opponente, ma non potrà «tornare indietro» ed allegare profilifattuali concorrenti a giustificazione dell’atto impugnato. Il giudice è unmuto spettatore, cieco di fronte alla realtà fattuale risultante dagli atti dicausa, potendo unicamente conoscere dei profili fattuali che residuano aseguito del passaggio da due successivi imbuti: motivazione dell’atto im-pugnato; motivazione dell’opposizione. Soltanto i fatti indicati nella mo-tivazione dell’atto impugnato e contestati dall’opponente fonderanno ladecisione del giudice. L’oggetto del giudice appare pertanto come unaRechtsfrage, cioè la pretesa sanzionatoria, ma soltanto in base ai profili de-dotti nell’atto e contestati dall’opponente.In sintesi:

a) è la tecnica procedimentale che porta alla formazione dell’atto impu-gnato a determinare l’impossibilità di «tornare indietro», mutando i profi-li costitutivi della situazione potestativa;

b) in difetto di una tale tecnica procedimentale di formazione dell’attoimpugnato, la tecnica impugnatoria dell’atto non impone una delimitazio-ne della cognizione del giudice ai soli profili fattuali indicati nell’atto econtestati dall’opponente;

c) l’oggetto del giudizio, pur da individuare nella situazione sostan zialee non nell’atto impugnato, risente della capacità contenutistica del pro -cesso ed apparirà come una Rechtsfrage nel caso in cui la tecnica procedi -mentale che porta alla formazione dell’atto impugnato impedisce di «tor-nare indietro», mutando i profili costitutivi della situazione potestativa.

Non è pertanto corretto assommare in un’unica categoria i giudizi im-pugnatori, dovendosi distinguere a monte le modalità di controllo dell’at-to, in base alle diverse modalità di formazione dell’atto stesso.Unica caratteristica comune dei vari giudizi di impugnazione è data

dal l’inversione dell’iniziativa processuale, con l’effetto di determinare a

284 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

carico dell’attore formale opponente il consolidarsi dell’atto impugnato,in caso di estinzione del giudizio.Pertanto, con riferimento ad esempio al licenziamento per motivi og-

gettivi, in difetto della necessità di procedere alla previa contestazione del -l’addebito e di sentire a difesa il lavoratore, non ci sono motivi tecnici pervietare la possibilità di variare i profili fattuali posti a base del licenzia-mento.Tale possibilità è particolarmente avvertita nel caso in cui non è in gio-

co il posto di lavoro (difettando la c.d. tutela reale ex art. 18 statuto lavo-ratori) ma soltanto le conseguenze patrimoniali del licenziamento, per cuiil datore di lavoro ha soltanto la possibilità difensiva di integrare la moti-vazione del licenziamento impugnato e non già di disporre un nuovo li-cenziamento 129.

13. Efficacia preclusiva del giudizio di opposizione all’atto unilaterale ereiterazione dell’atto

Nel momento in cui si esclude la possibilità di integrare o variare la mo-tivazione dell’atto unilaterale nel corso del giudizio di opposizione, si po-ne il problema della possibilità di reiterare l’atto, in particolare utilizzan-do i profili fattuali non deducibili in giudizio.È tale possibilità che adesso deve essere prospettata.Alcune preliminari avvertenze.Tale indagine verrà condotta non già a livello di teoria generale del di-

ritto e del processo, come di regola avviene, bensì dal punto di vista strut-

129 MENCHINI, I limiti oggettivi del giudicato, cit., p. 331, nota 74, prevede l’onere deldatore di lavoro di spendere nel corso del giudizio tutti i motivi di licenziamento, dato chela sentenza del giudice farà stato sull’esistenza attuale del rapporto di lavoro. Questa af-fermazione di generale possibilità di integrazione/variazione della motivazione del licen-ziamento non tiene conto delle differenze strutturali segnalate nel testo tra licenziamentodisciplinare e licenziamento per motivi oggettivi, per cui, in caso di licenziamento disci-plinare, occorre seguire il procedimento previsto dall’art. 7 St. lav. Trattasi, comunque, diun’osservazione coerente con la ricostruita ampia portata della sentenza di accoglimentodel l’opposizione al licenziamento, mostrando quindi di tener ben presente la regola gene-rale che un giudicato ampio, con l’effetto di precludere il dedotto ed il deducibile, pre-suppone il libero esercizio del contraddittorio secondo la tecnica della trattazione orale.Cfr. anche MASSETANI, Note in tema di impugnazione del licenziamento, in Foro it.,

1989, I, c. 845.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 285

turale del giudizio, utilizzando gli strumenti di indagine conseguiti in que-sto lavoro.Inoltre, per rispettare anche l’economia di quest’opera, si centrerà l’at-

tenzione sulla reiterabilità dell’atto per motivi diversi da quelli già spesi,non prendendo in considerazione i collaterali aspetti della reiterabilitàdell’atto affetto da vizi formali 130 ovvero della reiterabilità dell’atto per glistessi fatti già oggetto di cognizione del giudice 131.Da sottoporre a verifica è l’affermazione secondo cui, con riferimento

al giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, bisogna «tenere di-stinti i profili relativi alla cognizione del giudice dai profili relativi alla suadecisione. Il giudice conosce solo dei presupposti individuati dalla P.A. conl’atto di contestazione e, all’interno di questi, solo di quelli indicati dal ri-corrente con l’atto di opposizione. Tuttavia egli decide a tutti gli effetti del-la pretesa dell’Amministrazione, e non della legittimità dell’atto impugna-to» 132. Ovvero, con riferimento al giudizio di opposizione al licenziamen-to, l’affermazione secondo cui «qualunque successivo licenziamento, chepretendesse di utilizzare fatti anteriori ai limiti cronologici del giudicato, sitroverà la strada sbarrata da questo» 133, benché in tale giudizio non pos-sano trovare ingresso ulteriori fatti giustificanti il recesso 134.Insomma, pur essendo stretta la porta di entrata del giudizio, l’uscita è

ampia e la sentenza ha l’efficacia di accertare ad ogni effetto la situazioneesistente tra le parti, precludendo la reiterazione dell’atto sulla base di fat-

130 Poiché le modalità di manifestazione della situazione potestativa, così come lastessa voluntas agendi, sono estranee al nucleo oggettivo del diritto (cioè alle circostan-ze fattuali legittimanti la posizione di supremazia e il potere conformativo di un sogget-to), la sentenza di accoglimento dell’opposizione per vizi formali nulla dice sulla fatti-specie costitutiva del diritto; quindi, tale sentenza non può precludere il nuovo eserciziodel diritto o situazione potestativa. In questo senso ex multis, Cass. 19 giugno 1999, n.6164; Cass. 27 giugno 1998, n. 6396, in Notiz. giur. lav., 1999, p. 221; Cass. 3 agosto1998, n. 7617.

131 Si può richiamare, al fine di escludere tale possibile reiterazione, la Begründungs -theorie. In questo senso v. per primo LUISO, Rinnovazione dell’atto di licenzia mento e limiticronologici della cosa giudicata, cit., p. 559 ss. In senso parzialmente critico v. VERDE, I li-miti oggettivi del giudicato nelle controversie di lavoro, cit., p. 679 s., secondo il quale ilnuovo licenziamento è affetto da illegittimità sostanziale per motivi processuali.

132 Così LUISO, Diritto processuale civile. IV. I processi speciali, cit., p. 279.133 Così FORNACIARI, Situazioni potestative, tutela costitutiva, giudicato, cit., p. 322.134 Cfr. FORNACIARI, Situazioni potestative, tutela costitutiva, giudicato, cit., p. 322 s.,

nota 59.7.

286 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

ti anteriori ai limiti cronologici del giudicato, benché non deducibili ingiudizio.Ebbene, dall’esame effettuato della tecnica di allegazione dei fatti se-

condo il c.d. principio di eventualità si è evidenziata la stretta connessioneesistente tra capacità contenutistica e oggetto del giudizio, da intenderecome una Rechtsfrage e non come un Recht sotto ogni profilo e ad ogni ef-fetto, nel momento in cui il contraddittorio si sviluppa secondo l’ingra-naggio della dipendenza e le parti non possono allegare mezzi di attacco odi difesa concorrenti, ma soltanto replicare con fatti ostativi a quanto de-dotto dall’avversario 135.Se, quindi, la raccolta del materiale di fatto nel giudizio impugnatorio

avviene secondo la tecnica del principio di eventualità, non è possibile poipretendere un’efficacia piena della sentenza. I profili fattuali non deduci-bili in giudizio non possono risultare preclusi.Per giustificare comunque tale preclusione, si anticipa tale effetto al

momento della formazione dell’atto, sostenendo che «l’obbligo di indica-re stragiudizialmente il motivo dell’esercizio della propria situazione pote-stativa ben può infatti essere inteso quale anticipazione della preclusionealla allegazione dei fatti in giudizio» 136.Ebbene, innanzitutto si osserva che i profili fattuali possono anche es -

sere cronologicamente successivi all’atto impugnato, ma antecedenti al -

135 Vedi retro, parte seconda, cap. I, in partic. § 8. In questo senso lo stesso LUISO, inCONSOLO-LUISO-SASSANI, La riforma del processo civile. Com mentario, cit., p. 143, secondoil quale «la struttura del processo non è una variabile indipendente rispetto all’oggetto del-lo stesso ed agli effetti della pronuncia. Se la struttura del processo non consente di de-durre in giudizio tutte le questioni rilevanti per l’attuale esistenza del diritto, anche l’effet-to della sentenza sarà necessariamente limitato».

136 Così FORNACIARI, Situazioni potestative, tutela costitutiva, giudicato, cit., p. 323, no-ta 59.7, con riferimento all’atto di licenziamento.Cfr. anche M.A. SANDULLI, Sanzione (sanzioni amministrative), in Enc. giur., Roma,

1992, vol. XXVIII, p. 16, la quale, a proposito delle sanzioni amministrative, sostiene chesi ha «consumazione» del potere attraverso l’esercizio dell’attività decisionale, sia per laparticolare natura della funzione di accertamento che essa esprime sia per garanzia dellaparte del procedimento. Tali affermazioni seguono alla ricostruzione del procedimentosanzionatorio, in cui si prevede la partecipazione del presunto trasgressore e la possibilitàper l’autorità di disporre ulteriori atti istruttori. Quindi, l’effetto consuntivo legato al -l’esercizio dell’attività decisionale è immaginato come successivo ad un ampio e libero ac-certamento, valorizzando la dialettica del contraddittorio. Ebbene, abbiamo invece vistoche: non è stabilito alcun onere di difesa per il presunto trasgressore, con conseguente li-mitazione dei mezzi di fatto utilizzabili in giudizio; non è possibile per l’autorità variare iprofili fattuali posti a base della contestazione dell’illecito.

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 287

l’ultimo momento utile per l’allegazione nel giudizio di opposizione del -l’atto. Con riferimento ad un rapporto di durata come quello di lavoro, nelmomento in cui l’accoglimento dell’opposizione al licenziamento com -porta in virtù della tutela c.d. reale la riattivazione del rapporto di lavorocome se non si fosse mai interrotto, diventano rilevanti tutti i fatti successi-vi al primo recesso (sia og gettivi, quale la cessazione dell’attività, che sog-gettivi, quale la violazione dell’obbligo di fedeltà da parte del lavoratore,che, ad es., divulga notizie riservate 137). Tali fatti non sono «coperti» dal - l’atto impugnato e, per essere preclusi dal giudicato, devono essere deduci-bili in giudizio. Se si nega tale deducibilità, non si può però affermare chela sentenza di accoglimento dell’opposizione al licenziamento accerta, incaso di tutela reale, la perma nenza del rapporto di lavoro oltre il licenzia-mento stesso, cioè fino al mo mento del passaggio in decisione della causa.Inoltre, come già evidenziato 138, non è ricostruibile una preclusione

procedimentale nella formazione dell’atto unilaterale (provvedimento di-sciplinare o sanzione amministrativa) per cui ogni fatto costitutivo della si-tuazione potestativa esistente al momento di formazione dell’atto unilate-rale è da considerare precluso.A maggior ragione quando l’esercizio della situazione potestativa non è

procedimentalizzato (v. licenziamento per motivi oggettivi).In sintesi, se il giudizio di opposizione all’atto unilaterale (quale la san-

zione amministrativa o il licenziamento) ha una capacità contenutistica li-mitata, essendo strutturata la raccolta del materiale di fatto secondo la tec-nica del principio di eventualità, non si ha la preclusione dei fatti costitu-tivi non deducibili.Parimenti tale preclusione non può essere anticipata al momento di

formazione dell’atto unilaterale, a livello procedimentale, nel momento incui anche tale procedimento è retto dal principio di eventualità.

137 Cfr. Cass. 4 aprile 1997, n. 2949, in Giust. civ., 1997, I, p. 2147, con nota di PERA.Cfr. altresì Cass. 25 ottobre 1997, n. 10515, in Notiz. giur. lav., 1998, p. 63, relativamentead un secondo licenziamento, nelle more del giudizio sul primo recesso, per ingiustificatorifiuto di riprendere il lavoro in un’unità produttiva diversa da quella di appartenenza almomento del primo recesso. Cfr. Pret. Roma, 19 novembre 1997, in Giur. lav. Lazio, 1998,p. 198, con nota critica di LIBERATORE, secondo cui «il licenziamento reiterato, quando èancora sub iudice la legittimità del primitivo recesso datoriale, è nullo perché privo di cau-sa, in quanto la eventuale illegittimità del recesso non vale a far ritenere il licenziamentocome inesistente e, pertanto, gli effetti che l’atto è destinato a produrre si sono già pro-dotti».

138 Vedi retro, § 9.

288 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

A livello tecnico (procedimentale prima, processuale poi) non è soste-nibile un divieto di reiterazione dell’atto unilaterale in base a fatti non uti-lizzati.Tale divieto può dipendere unicamente da eventuali limiti previsti dal

diritto sostanziale e, in particolare, dal rispetto del principio di immedia-tezza.Ad esempio, giudizio di opposizione all’ordinanza-ingiunzione per il

pagamento della sanzione amministrativa per divieto di sosta, sul presup-posto di aver lasciato in sosta l’autovettura in zona a traffico limitato senzala necessaria autorizzazione; il presunto trasgressore si difende, dicendo edimostrando di avere il permesso di sostare in tale zona; l’amministrazionenon può utilizzare il diverso fatto storico «non aver esibito il permesso disosta» per giustificare l’ordinanza ingiunzione opposta, ma, nei limiti tem-porali previsti dal codice della strada, può effettuare una nuova contestazio-ne e, esaurito il procedimento, una nuova ordinanza ingiunzione 139.Si pone il problema di coordinamento dei due atti unilaterali (nel caso,

sanzione amministrativa o licenziamento) e dei giudizi di opposizione. Ta-le problema non può essere esaminato in questa sede 140. Nostro scopo eradi mostrare:

139 Riconosce la possibilità per l’autorità amministrativa di riesercitare il potere sanzio-natorio, se ancora in termine, ROSINI, Le sanzioni amministrative, cit., p. 171.

140 Si fa presente che CONSOLO, Oggetto del giudizio e principio dispositivo. II, cit., p. 593,nota 192, afferma un onere endoprocessuale per il datore di lavoro di allegare il nuovo fat-to estintivo del rapporto nel giudizio in corso sul primo licenziamento. In tal modo è pos-sibile combinare, con riferimento al giudizio di opposizione al licenziamento, le due di-verse affermazioni «accertamento dell’attuale permanenza del rapporto di lavoro» e «im-modificabilità della motivazione del licenziamento». In tale prospettiva rimane da consi-derare quando scatterebbe tale onere, tenuto conto della possibilità di giungere alla in-contestabilità del disposto licenziamento per difetto di tempestiva impugnazione stragiu-diziale da parte del lavoratore. Bisogna cioè stabilire se il datore di lavoro è tenuto ad alle-gare il nuovo licenziamento nella prima difesa successiva alla comminazione del licenzia-mento ovvero alla scadenza del termine di impugnazione stragiudiziale, con consolida-mento dell’efficacia estintiva del rapporto.Si noti che, a seguito della modifica dell’art. 21, legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (legge

T.a.r.) operata dalla legge 21 luglio 2000, n. 205, si prevede espressamente che «tutti iprovvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all’oggetto delricorso stesso, sono impugnati mediante proposizione di motivi aggiunti», imponendoquindi all’opponente l’onere di impugnazione e non all’autore dell’atto unilaterale l’oneredi allegazione.Altra possibile ricostruzione, sempre con riferimento al licenziamento, è prevedere un

nuovo giudizio di opposizione relativamente al secondo licenziamento, con possibile riu-nione dei due giudizi ovvero ricorso all’istituto della sospensione ex art. 295 c.p.c. ovvero

APPLICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDAGINE DELINEATI 289

a) le implicazioni della tecnica procedimentale di formazione dell’attounilaterale sulla struttura impugnatoria del successivo giudizio;

b) le implicazioni della delineata tecnica di raccolta del materiale di fat-to secondo il principio di eventualità sulla preclusione dei profili fattualinon deducibili e, quindi, sulla reiterabilità dell’atto autoritarivo.

prosecuzione parallela dei due giudizi e possibilità di spendere nel secondo l’accertamen-to effettuato nel primo, anche se non passato in giudicato. In questo senso LUISO, Rinno-vazione dell’atto di licenziamento, cit., p. 554. Cfr. Cass. 4 novembre 2000, n. 14426, in Fo-ro it., 2001, c. 946, che, in motivazione, indica tre soluzioni: riunione necessaria dei pro-cedimenti; dichiarazione di litispendenza; sospensione del secondo giudizio, salva semprenelle more l’esperibilità della procedura cautelare.ATTARDI, In tema di limiti oggettivi della cosa giudicata, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1990,

p. 527 s., ritiene compatibile l’accertamento della (rinata) esistenza del rapporto di lavorocon l’operare di un successivo atto di licenziamento.Cfr. MONTESANO, Limiti oggettivi di giudicati su negozi invalidi, in Riv. dir. proc., 1991,

p. 43, il quale condiziona alla mancata proposizione di domanda di accertamento ad ognieffetto di tutti i diritti derivabili dal negozio la possibilità per il lavoratore di effettuare unaseconda impugnazione per motivi diversi nonché la possibilità per il datore di lavoro dirinnovare il licenziamento sulla base di motivi estranei alla illegittimità accertata dal primogiudicato pur se ad esso preesistenti.Cfr. SASSANI, Impugnativa dell’atto e disciplina del rapporto, Padova, 1989, p. 153, il

quale sottolinea la possibilità di enucleare dalla sentenza sul primo licenziamento un ef-fetto conformativo circa la reiterazione dell’esercizio del potere.Cfr. PAGNI, Le azioni di impugnativa negoziale. Contributo allo studio della tutela costi-

tutiva, Milano, 1998, p. 610 ss., circa l’importanza di inserire il processo sull’esercizio dipoteri privati, quali il licenziamento o la delibera assembleare, nel flusso dell’attività ed at-tribuire alla sentenza un contenuto di accertamento del rapporto. Non viene però affron-tato il problema di coordinamento tra efficacia preclusiva dell’accertamento contenutonella sentenza e reiterabilità dell’atto.

290 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

ALLORIO: Parte1, II, 29; Parte1, IV, 47AMATO: Parte2, III, 84AMBROSI: Parte2, III, 114ANDRIOLI: Parte1, I, 6; Parte1, II, 59;Parte1, III, 43; Parte1, III, 57;Parte1, IV, 48

ANGELINI: Parte2, III, 118ARIETA: Parte1, III, 16; Parte1, III,19

ARNOLD: Parte2, III, 107ATTARDI: Parte1, I, 10; Parte2, III,70; Parte2, III, 140

BALBI: Parte2, I, 38BALENA: Parte2, III, 12BALLON: Parte2, III, 107BARBIERI: Parte2, III, 118BARONE: Parte2, III, 117BELLÉ: Parte2, III, 118BÉNABENT: Parte2, II, 60; Parte2, II,100; Parte2, II, 102

BENTHAM: Parte1, IV, 35BENVENUTI: Parte1, I, 10BETTI: Parte1, I, 8BIGLIAZZI GERI: Parte1, II, 70BLOMEYER A.: Parte1, II, 76BLOMEYER J.: Parte1, II, 76BOLARD: Parte2, II, 117

BONNEAU: Parte2, II, 101BONSIGNORI: Parte1, II, 76BORÉ: Parte2, II, 59; Parte2, II, 60;Parte2, II, 113

BÖTTICHER: Parte1, II, 76BRECCIA: Parte1, II, 70BUONCRISTIANI: Parte1, II, 80BUSNELLI: Parte1, II, 70

CALAMANDREI: Parte1, I, 7; Parte1, I,8; Parte1, IV, 47

CAPONI: Parte2, I, 52CAPPELLETTI: Parte1, I, 10; Parte1, II,29

CAPPONI: Parte1, III, 7CARATINI: Parte2, II, 23CARNACINI: Parte1, I, 5CARNELUTTI: Parte1, I, 10; Parte1, II,28; Parte1, III, 32; Parte1, III, 34;Parte1, IV, 35; Parte1, IV, 51

CARO: Parte2, III, 87CARPI: Parte1, I, 8CARRATTA: Parte1, I, 12CASTELLANO: Parte1, III, 56CAVALLONE: Parte1, I, 1; Parte1, I, 7;Parte1, I, 10; Parte1, IV, 35

CECCHELLA: Parte1, I, 15; Parte1, III,36; Parte1, III, 50

INDICE DEGLI AUTORI

(L’indice contiene la prima citazione di ogni opera. L’introduzione, la parte prima e seconda sono individuate con Intr., Parte1,

Parte2; poi il numero romano individua il capitolo,infine il numero arabo individua la nota)

CENTOFANTI: Parte2, III, 30CERINO CANOVA: Parte1, I, 12CERINO CANOVA: Parte1, II, 76CHIARLONI: Parte1, III, 50; Parte2, I,52

CHIOVENDA: Parte1, I, 8; Parte1, IV,35

CIACCIA CAVALLARI: Parte1, I, 10CLARICH: Parte2, III, 86; Parte2, III,91

COLESANTI: Parte1, III, 34COMOGLIO: Intr., 4; Parte1, III, 45;Parte1, IV, 13; Parte2, III, 59

CONSOLO: Parte1, I, 12; Parte1, I, 15;Parte2, III, 110

CORDOPATRI: Parte1, IV, 35CORNU: Parte2, II, 42; Parte2, II, 44COSTA: Intr., 2COUCHEZ: Parte2, II, 100

DE AMICIS: Parte2, III, 114DE LUCA: Parte2, III, 84DE SANTIS: Parte2, I, 38DE STEFANO: Parte1, I, 10; Parte1,IV, 48

DENTI: Parte1, IV, 48; Parte2, I, 45;Parte2, I, 52

DI NANNI: Parte2, III, 127DIETRICH: Parte1, II, 76DOLIVET: Parte2, II, 101DONDI: Parte1, III, 57DORSNER: Parte2, II, 101DURANTI: Parte1, I, 1

ESMENIN: Parte2, II, 40ESTOUP: Parte2, II, 23

FABBRINI: Intr., 1; Parte1, I, 10;Parte1, III, 65; Parte2, III, 30

FALERI: Parte2, III, 86FAZZALARI: Parte1, I, 4; Parte1, I, 7;

Parte1, I, 10; Parte1, IV, 35; Par -te1, IV, 40

FERRARA: Parte1, IV, 48FERRI: Parte1, I, 10; Parte1, I, 24;Parte1, IV, 13; Parte2, I, 52

FLECHEUX: Parte2, II, 123FORNACIARI: Parte1, III, 6; Parte2,III, 82

FOYER: Parte2, II, 42FRANC: Parte2, II, 60FRANCHI: Parte1, IV, 43; Parte2, I, 52FRUS: Parte2, III, 32FURNO: Parte1, III, 43FUSCO: Parte2, III, 127

GAARDER: Intr., 11GARBAGNATI: Parte2, III, 70GAUDIN: Parte2, II, 23GAVAZZI: Parte1, II, 17GIACALONE: Parte2, III, 30GIANNOZZI: Parte2, I, 60GILLI: Parte2, II, 41GIULIANI: Intr., 12; Parte2, I, 9GIVERDON: Parte2, II, 9GLASSON: Parte2, II, 42GOBBI: Parte2, III, 93GOLDSCHMIDT: Intr., 3GÖNNER: Parte1, I, 7; Parte2, I, 36GRASSO: Parte1, I, 1; Parte1, I, 11;Parte1, III, 51; Parte1, IV, 50

GROPPALI: Parte1, II, 17GRUNSKY: Parte1, II, 76GUGLIELMI: Parte2, III, 30

HÉBRAUD: Parte2, II, 9; Parte2, II,42; Parte2, II, 52; Parte2, II, 80;Parte2, II, 104

HELLWIG: Parte2, I, 15; Parte2, I, 22HENCKEL: Parte1, II, 76HERON: Parte2, II, 52

JAUERNIG: Parte2, I, 43

292 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

JULIEN: Parte2, II, 60

KION: Parte1, II, 76

LAUDISA: Parte1, I, 10LE FOYER DE COSTIL H. e G.: Parte2,II, 80

LEIPOLD: Parte1, II, 76LEONE: Parte1, IV, 48LEVY: Parte2, II, 123LIBERATORE: Parte2, III, 137LIEBMAN: Parte1, I, 1; Parte1, III, 34;Parte2, III, 70

LUISO: Parte1, I, 15; Parte1, II, 76;Par te1, III, 7; Parte1, III, 10;Parte1, III, 50; Parte1, III, 55;Parte2, III, 86; Parte2, III, 115;Parte2, III, 118

LUPOI: Parte1, III, 8

MANDRIOLI: Parte1, IV, 13MARELLI: Parte1, II, 59MARTIN: Parte2, II, 42; Parte2, II, 52;Parte2, II, 55; Parte2, II, 70;Parte2, II, 104; Parte2, II, 108

MARTINO: Parte2, II, 27MASSETANI: Parte2, III, 129MAZZARELLA: Parte1, IV, 48MAZZIOTTI: Parte1, III, 37MAZZOTTA: Parte2, III, 86MENCHINI: Parte1, I, 15; Parte1, I,17; Parte1, III, 10; Parte1, III, 43

MENEGHELLI: Parte1, II, 17MERLIN: Parte1, I, 17MICHELI: Parte1, III, 30; Parte1, IV,48

MIGUET: Parte2, II, 50; Parte2, II, 52MIMIN: Parte2, II, 40MONTESANO: Parte1, I, 7; Parte1, I,15; Parte1, III, 16; Parte1, III, 18;Par te1, III, 19; Parte1, III, 21;

Par te1, III, 37; Parte1, IV, 48;Parte2, III, 140

MOREL: Parte2, II, 40MOTULSKY: Parte1, III, 66; Parte2, II,9; Parte2, II, 13; Parte2, II, 44;

MOURY: Parte2, II, 59MUGGIA: Parte2, III, 89

NASI: Parte1, I, 9; Parte1, II, 2NATOLI: Parte1, I, 4; Parte1, II, 70NEGRI: Parte2, III, 30NORMAND: Parte2, II, 36; Parte2, II,51; Parte2, II, 59; Parte2, II, 60;Parte2, II, 70; Parte2, II, 83;Parte2, II, 104; Parte2, II, 105;Parte2, II, 109; Parte2, II, 112

NÖRR: Parte1, I, 1

OBERHAMMER: Parte2, I, 41OBERTO: Parte1, III, 51OGRIS: Parte2, I, 41OHDORF: Parte1, II, 76OLIVIERI: Parte1, III, 55ORIANI: Parte1, III, 34; Parte1, IV,15; Parte2, III, 12

OTTOLENGHI: Parte1, II, 17

PAGENSTECHER: Parte1, III, 62PAGNI: Parte2, III, 140PAPALEONI: Parte2, III, 85PARODI: Parte2, II, 44PATTI: Parte1, IV, 47PAVANINI: Parte1, IV, 48PEETZ: Parte1, II, 76PELLOQUIN: Parte2, II, 32PERA: Parte2, III, 84; Parte2, III, 96;Parte2, III, 137

PERROT: Parte2, II, 12; Parte2, II, 16;Parte2, II, 52; Parte2, II, 104;Parte2, II, 126; Parte2, II, 130

PEZZONI: Parte2, III, 88

INDICE DEGLI AUTORI 293

294 L’ALLEGAZIONE DEI FATTI NEL PROCESSO CIVILE

PICARDI: Intr., 12; Parte1, I, 4; Par te1,I, 8; Parte2, I, 2; Parte2, II, 27

PIOVANI: Parte1, II, 17PIRAS: Parte1, I, 7PIVETTI: Parte1, III, 51PLANCK: Parte2, I, 2PLANIOL: Parte2, II, 42PONSARD: Parte2, II, 76PROTO PISANI: Parte1, I, 15; Parte1,I, 17; Parte1, III, 57; Parte1, III,60; Parte1, IV, 37; Parte2, I, 54;Parte2, III, 32

PRÜTTING: Parte2, I, 55PUGLIATTI: Parte1, IV, 48

RAYNAUD: Parte2, II, 100REDENTI: Parte1, I, 36; Parte1, II, 29REINHARD: Parte2, I, 19RICCI: Parte1, I, 8; Parte1, I, 15RIPERT: Parte2, II, 42ROSENBERG: Parte1, II, 76ROSINI: Parte2, III, 118ROTONDI: Parte2, II, 52

SALVANESCHI: Parte1, II, 76SALVIOLI: Parte1, II, 17SANDULLI M.A.: Parte2, III, 136SASSANI: Parte2, III, 140SATTA: Parte1, I, 10SAVATIER: Parte2, II, 40SCARPELLI: Parte1, II, 17SCHMIDT: Parte1, III, 63; Parte2, I, 9SCHUBERT: Parte2, I, 14SCHULTE: Parte2, I, 2SCHWAB: Parte1, II, 76SCHWARTZ: Parte2, I, 12SCOGNAMIGLIO: Parte2, III, 84SEGNI: Parte2, I, 38SIGNORINI: Parte2, III, 30SILVESTRI: Parte2, III, 84SOLUS: Parte2, II, 12

STEIN: Parte1, IV, 48

TARELLO: Intr., 12TARUFFO: Intr., 12; Parte1, I, 33; Par -te1, II, 27; Parte1, III, 54; Parte1,IV, 13; Parte1, IV, 35; Parte2, I, 52

TARZIA: Parte1, I, 10; Parte1, I, 15;Parte1, III, 50; Parte1, IV, 42;Parte2, I, 52

TAVORMINA: Parte1, III, 56; Parte2,III, 12

TESORIERE: Parte2, III, 36TISSIER: Parte2, II, 42

UBERTI: Parte2, III, 84

VACCA: Parte2, III, 127VACCARELLA: Parte1, I, 4; Parte1, III,37; Parte2, III, 128

VALLEBONA: Parte1, IV, 11; Parte2,III, 30

VELLANI: Parte1, I, 8VERDE: Parte1, I, 8; Parte1, I, 10;Parte1, III, 30; Parte1, IV, 37;Parte2, III, 102

VISCONTI: Intr., 12VIZIOZ: Parte2, II, 42VOLLKOMMER: Parte2, I, 43von BULOW: Parte1, I, 4VOULET: Parte2, II, 55; Parte2, II, 59

WACH: Parte1, I, 6; Parte2, I, 27;Parte2, I, 29

WALDER: Parte2, I, 21WETZELL: Parte2, I, 12WIEDERKEHR: Parte2, II, 104

ZANGARI: Parte2, III, 84ZANZUCCHI: Parte1, I, 15; Parte1, I, 24ZEUNER: Parte1, II, 76ZOLI: Parte2, III, 83

INDICE DEGLI AUTORI 295

A

Acquisizione (principio di)– e regola di giudizio dell’onere del -

la prova: 92– e formazione del thema pro ban -

dum: 93 ss., 119 s.– e struttura del giudizio: 95 s., 119

s., 136 ss.– davanti al Reichskammergericht:

171 s.– e principio del contraddittorio: 95

s., 119 s., 137– e rimessione in termini: 96, 119 s.,

137 s.Affermazione– onere della: 87 ss.– della prova: 20 s., 112Allegazione dei fatti in modo con di -

zio nato o subordinato:– e decisione come lex specialis tra le

parti: 56, 257– ed eccezioni in senso stretto: 260 ss.– e limiti oggettivi del giudicato: 255

s.– e principio di eventualità: 2, 258 s.Allegazione implicita– dei fatti impeditivi, modificativi ed

estintivi:

– e onere della prova: 86 n. 31– tramite la produzione di un do -

cu mento o una richiesta istrut -to ria: 20 s., 112 ss.

– da parte dell’attore, al momentodella proposizione della doman -da: 113 s.

– e revoca dell’allegazione: 263– dei fatti solo processualmente rile -

vanti: 130Anspruch: 65 ss.Attestazioni: 181 n. 21, 184 n. 26, 207,

222

B

Bedingungsverhältnis: 163, 243 n. 24Begründungstheorie: 61 ss., 286 n.

131Beweisurteil: 136 n. 4, 150, 155, 158,

162, 170 ss.

C

Competenza– e restrizione dell’oggetto del giudi -

zio: 64 ss.

INDICE ANALITICO

(I numeri si riferiscono alle pagine ed il rinvio alla pagina include il rinvioalle corrispondenti note. Nel caso in cui il rinvio sia alla sola nota,viene indicato il numero della pagina e della nota, preceduta da n.)

– e necessità di indicazione dellacau sa petendi: 71 ss.

– come motivo di invalidità dell’attounilaterale opposto: 279

D

Dispositivo (principio di)– e imparzialità del giudice: 28 ss.– e metodo acquisitivo o dispositivo

di raccolta dei fatti: 19 ss.– e potere di cognizione del giudice:

17 ss.Domanda– come giudizio di significabilità so -

ciale normativa del fatto: 35 ss.– individuazione e sostanziazione:

152 ss., 159 ss., 162, 165 s.– principio di (origini e significato):

31 ss.– scomposizione in più componenti,

con parità funzionale: 47 ss.

E

Eccezione– nozione: 106 ss.– proposizione: 107, 250 ss.v. fatti impeditivi, modificativi ed

estin tiviv. allegazione dei fatti in modo con -

dizionato o subordinatov. allegazione implicita dei fatti im -

peditivi, modificativi ed estintivi Eventualità (principio di)– e allegazione dei fatti in via condi zio -

nata o subordinata: 169 ss., 257 ss.– e formazione dell’atto unilaterale:

266 ss.

– e il c.d. jüngster Reichsabschied del1654: 151 ss.– giudizio di appello: 156– istruzione probatoria: 154 s.– sostanziazione della domanda:

153, 161 s., 164 ss.– e il principio di oralità: 158 ss.– e il regolamento giudiziario di

Giu seppe II del 1781: 157 ss.– e limiti oggettivi del giudicato: 166

ss.– e possibilità di rilievo d’ufficio di

un fatto: 169– e rimessione in termini: 156, 169

s., 171 s.– e rito del lavoro: 244 ss.– e suddivisione in due fasi del pro -

ces so tramite Beweisurteil: 170 ss.– e sviluppo del contraddittorio se -

con do il Bedingungsverhältnis: 163ss., 168 ss., 230 ss., 239 ss.

– e tecnica impugnatoria dell’attouni laterale: 279 ss.

– origini: 145 ss.

F

Fatti avventizi: 7, 102, 116, 171, 212ss., 220, 241

Fatti impeditivi, modificativi ed estin -tivi

– potere di rilievo esclusivo dellaparte: 39, 109 ss.

– rilevabilità da parte del giudice:115 ss.

Fatti notori: 86, 89, 125 ss.Fatti secondari: 120 ss., 231Fatti solo processualmente rilevanti:

129 ss.

296 RAPPORTI TRA PROCESSO CIVILE E PROCESSO PENALE

G

Giudicato– e Begründungstheorie: 61 ss., 286

n. 131– e oggetto del giudizio come Rech ts -

frage: 27 s., 36 ss., 59 s., 63 s., 166ss., 258, 284, 287

– zur Zeit: 64, 256

I

Imparzialità del giudice– e fatti costitutivi: 29 s.– e fatti secondari: 124– e fatti solo processualmente rile -

vanti: 129 s.Injonction: 185 s.

L

Licenziamento– disciplinare: 266 ss.

– immodificabilità della moti va -zione (possibilità di variare o in -tegrare i fatti contestati): 270ss., 275 ss.

– preclusione dei fatti non con -testati: 272 ss., 274 ss.

– tecnica di formazione: 266 ss.– per giustificato motivo oggettivo:

221, 276 ss., 285– reiterazione: 286 ss.

M

Moyen– di puro diritto: 197 ss.– di diritto: 197

– di fatto: 197– misto di fatto e di diritto: 201– nozione: 195 s.

N

Note en délibéré: 227 ss.

O

Oralità (principio di): 160 s.

P

Prova (onere della)– e fatti notori: 89 s., 125 ss.– e formalizzazione del mezzo di pro -

va: 90 ss.– e onere dell’affermazione: 87 ss.– e principio di eventualità: 155 ss.

R

Rechtsfrage: 27, 36, 59, 63, 166 ss.,258, 284, 287

Revoca dell’allegazione di un fatto:262 ss.

Rimessione in termini: 30, 84 s., 96,108, 136 ss., 144, 157, 171, 174,183, 222 s., 238 ss., 249

Rito del lavoro: 244 ss.

S

Sanzione amministrativa– giudizio di opposizione: 279 ss.– reiterazione: 286 ss.

INDICE ANALITICO 297

1. - D. BUONCRISTIANI: L’allegazione dei fatti nel processo civile.

2. - D. BUONCRISTIANI: L’allegazione dei fatti nel processo civile.

3. - D. BUONCRISTIANI: L’allegazione dei fatti nel processo civile.

4. - D. BUONCRISTIANI: L’allegazione dei fatti nel processo civile.

5. - D. BUONCRISTIANI: L’allegazione dei fatti nel processo civile.

6. - D. BUONCRISTIANI: L’allegazione dei fatti nel processo civile.

7. - D. BUONCRISTIANI: L’allegazione dei fatti nel processo civile.

8. - D. BUONCRISTIANI: L’allegazione dei fatti nel processo civile.

9. - D. BUONCRISTIANI: L’allegazione dei fatti nel processo civile.

10. - D. BUONCRISTIANI: L’allegazione dei fatti nel processo civile.

11. - D. BUONCRISTIANI: L’allegazione dei fatti nel processo civile.

12. - D. BUONCRISTIANI: L’allegazione dei fatti nel processo civile.

Finito di stampare nel mese di dicembre 2001nella Stampatre s.r.l. di Torino - via Bologna, 220