Il percorso dei miracoli

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149 annali 2014 IL PERCORSO DEI MIRACOLI L’ANTICA PROCESSIONE DI SANT’ANTIOCO archeologia di Walter Massidda e Pier Giorgio Testa La solenne processione che raggiungeva il san- tuario di S. Antioco sito nell’omonima isola, per potervi almeno una volta all`anno tenere la fe- sta del Santo, partiva dal palazzo vescovile at- tiguo al Duomo di Iglesias sin da tempi remoti e veniva frequentata con solenne devozione sia prima che dopo il rinvenimento delle reliquie (18 marzo 1615), perché antica e profonda era la fede verso il Martire Sulcitano in tutta la Sar- degna e non solo. I monaci Vittorini, che quasi certamente ave- vano costruito questo e altri santuari sardi e vi abitavano, tra il 1089 e il 1118, avevano anche scritto o trascritto la Passio, cioè la storia glo- riosa del Santo, che si rifaceva a una tradizione orale vecchia di alcuni secoli, mentre la strut- tura originaria della chiesa, che fu l`antica cat- tedrale dei vescovi di Sulcis, la stessa tomba di Antioco e le catacombe, le uniche in Sardegna, vengono fatte risalire agli albori del cristiane- simo. Le origini della processione verso l’isola sul- citana e il santuario del Martire, luoghi tanto cari già agli Iudices callaritani Mariano II, detto Torcotorio (1124), e Benedetta di Lacon Mas- sa (1226), è probabilmente da ricondursi alle vicende legate allo spostamento della sede di residenza del vescovo, trasferitosi a Tratalias a causa delle sempre più frequenti incursioni dei musulmani e a seguito della costruzione della chiesa di Santa Maria, ivi avvenuta nel 1213. Papa Onorio III, nell’ottobre del 1218, stabilì che la sede della cattedrale doveva rimanere nell’isola sulcitana anche se il vescovo, come attestato da una lettera del 1267, risiedeva sta- bilmente a Tratalias. Il vescovo sulcitano in se- guito si trasferì a Iglesias, anche se la data non è certa; le fonti del 1358 1 e del 1360 2 già parlano di “vigilia di S. Antioco” e “festa di S. Antioco”, ma non chiariscono il luogo della residenza del vescovo, che invece sembra essere Iglesias, città principale, costruita lontana dalle coste e muni- ta da robusta cinta muraria. Dopo le controver- se e sanguinose vicende tra il Regno d’Arborea e i catalano-aragonesi, con la vittoria di questi ultimi, dal 1410 il vescovo era ormai stabile a Iglesias, ma la formalizzazione di detta trasla- zione da Sulci avvenne solo nel 1503. Nelle descrizioni di tanti letterati della seconda metà del ’500 e del ’600, sono riportate le me- morabili feste e il gran concorso di gente pro- veniente da tutte le parti della Sardegna, ma anche da altre nazioni che partecipavano con grande orgoglio, gioia e commozione ai riti e al pellegrinaggio in onore del Patrono della Sar- degna. L’itinerario di questa processione e della annua- le festa, che più volte all’anno portava da Igle- sias il Vescovo, il Capitolo, i Governanti e tanta gente, lo si è potuto ricostruire grazie alla me- moria conservata nei documenti ufficiali, nella toponomastica e soprattutto grazie alle fonti religiose riguardanti essenzialmente località ci- tate come luoghi di “miracoli”, rigorosamente

Transcript of Il percorso dei miracoli

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annali 2014

IL PERCORSO DEI MIRACOLIL’ANTICA PROCESSIONE DI SANT’ANTIOCO

archeologia

di Walter Massidda e Pier Giorgio Testa

La solenne processione che raggiungeva il san-

tuario di S. Antioco sito nell’omonima isola, per

potervi almeno una volta all`anno tenere la fe-

sta del Santo, partiva dal palazzo vescovile at-

tiguo al Duomo di Iglesias sin da tempi remoti

e veniva frequentata con solenne devozione sia

prima che dopo il rinvenimento delle reliquie

(18 marzo 1615), perché antica e profonda era

la fede verso il Martire Sulcitano in tutta la Sar-

degna e non solo.

I monaci Vittorini, che quasi certamente ave-

vano costruito questo e altri santuari sardi e vi

abitavano, tra il 1089 e il 1118, avevano anche

scritto o trascritto la Passio, cioè la storia glo-

riosa del Santo, che si rifaceva a una tradizione

orale vecchia di alcuni secoli, mentre la strut-

tura originaria della chiesa, che fu l`antica cat-

tedrale dei vescovi di Sulcis, la stessa tomba di

Antioco e le catacombe, le uniche in Sardegna,

vengono fatte risalire agli albori del cristiane-

simo.

Le origini della processione verso l’isola sul-

citana e il santuario del Martire, luoghi tanto

cari già agli Iudices callaritani Mariano II, detto

Torcotorio (1124), e Benedetta di Lacon Mas-

sa (1226), è probabilmente da ricondursi alle

vicende legate allo spostamento della sede di

residenza del vescovo, trasferitosi a Tratalias a

causa delle sempre più frequenti incursioni dei

musulmani e a seguito della costruzione della

chiesa di Santa Maria, ivi avvenuta nel 1213.

Papa Onorio III, nell’ottobre del 1218, stabilì

che la sede della cattedrale doveva rimanere

nell’isola sulcitana anche se il vescovo, come

attestato da una lettera del 1267, risiedeva sta-

bilmente a Tratalias. Il vescovo sulcitano in se-

guito si trasferì a Iglesias, anche se la data non

è certa; le fonti del 13581 e del 13602 già parlano

di “vigilia di S. Antioco” e “festa di S. Antioco”,

ma non chiariscono il luogo della residenza del

vescovo, che invece sembra essere Iglesias, città

principale, costruita lontana dalle coste e muni-

ta da robusta cinta muraria. Dopo le controver-

se e sanguinose vicende tra il Regno d’Arborea

e i catalano-aragonesi, con la vittoria di questi

ultimi, dal 1410 il vescovo era ormai stabile a

Iglesias, ma la formalizzazione di detta trasla-

zione da Sulci avvenne solo nel 1503.

Nelle descrizioni di tanti letterati della seconda

metà del ’500 e del ’600, sono riportate le me-

morabili feste e il gran concorso di gente pro-

veniente da tutte le parti della Sardegna, ma

anche da altre nazioni che partecipavano con

grande orgoglio, gioia e commozione ai riti e al

pellegrinaggio in onore del Patrono della Sar-

degna.

L’itinerario di questa processione e della annua-

le festa, che più volte all’anno portava da Igle-

sias il Vescovo, il Capitolo, i Governanti e tanta

gente, lo si è potuto ricostruire grazie alla me-

moria conservata nei documenti ufficiali, nella

toponomastica e soprattutto grazie alle fonti

religiose riguardanti essenzialmente località ci-

tate come luoghi di “miracoli”, rigorosamente

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storia e archeologia sulcitana

riportati in alcuni manoscritti di fine ’500 e del

’600. Nelle carte geografiche compilate dal De

Candia-Lamarmora nel 1844, quando ancora si

svolgeva la processione, si può ritrovare l’itine-

rario principale che da Sant’Antioco, centro ur-

bano ripopolato ormai da quasi cento anni, con-

duceva a Iglesias. La strada denominata “della

reliquia”, che per centinaia di anni era stata per-

corsa dal corteo processionale, veniva utilizzata

anche prima dello stesso ritrovamento delle sa-

cre spoglie di Antioco, rinnovando così una tra-

dizione rimasta quasi immutata nei secoli. Le

località più piccole lambite dall`itinerario sono

poi presenti nelle descrizioni di quanti hanno

partecipato alla festa e alla processione, perché

durante questo tragitto avvennero numerosi

miracoli attribuiti a S. Antioco.

Preparatisi secondo un ordine stabilito, la ca-

valleria, il Capitolo, i prelati, il cocchio col

simulacro, i nobili, i cavalieri e i pellegrini si

avviavano dal Duomo verso la valle del Cixer-

ri, percorrendo la strada retrostante il palazzo

vescovile, quindi le attuali via Martini e via Azu-

ni, infine uscendo da Iglesias attraverso la porta

Maggiore o di San Sebastiano. Davanti la chiesa

di San Sebastiano fuori le mura, nella quale fu-

rono custodite e traslate le sacre reliquie prove-

nienti da Sulci, a seguito del loro rinvenimento

nel 1615, avveniva la prima delle soste previste

per le preghiere e le invocazioni al Santo, indi

si procedeva lungo l’attuale linea ferroviaria o,

meglio, nella strada che congiungeva Villa di

Chiesa con Cagliari.

Serra Perdosa. Lungo il declivio vi era, e vi è

tuttora, una località denominata Sa Serra Per-

dosa che viene citata nel miracolo riportato nel

“Quaderno, llista y nota...” del 1618, documento

manoscritto e inedito, vero elenco dei miracoli

di Sant’Antioco, pubblicato da P. Filippo Pili;

nel paragrafo delle “Grazie di guarigione impe-

trate con l’invocazione a Sant’Antioco, seguite

spesso da qualche promessa al Santo”3, al n.

64, si racconta il caso di una donna che invoca

il Santo al fine di avere la guarigione da una

paralisi, e promette di seguire la processione.

Sentendo che nel periodo della festa di agosto

la propria salute migliorava, decise di seguire il

simulacro col suo bastone e, ritenendo di stare

Duomo di S.Chiara - Iglesias

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meglio, abbandonò il sostegno in località Ser-

ra Perdosa, adempiendo così al voto fatto pochi

mesi prima. Lungo la strada si incontrava l’an-

tica chiesa bizantina di San Salvatore nel sito

detto Su Pardu, ove nel 1615 si raccolsero molte

persone in attesa dell’arrivo delle sacre reliquie,

prima del loro trionfale ingresso in città.

Barega. Dal Prato di San Salvatore il percor-

so originario non seguiva l’attuale rettilineo,

che mira a sud perché in certi tratti era diver-

so dall’attuale strada che conduce all’abitato

di Barega. Raggiunta la pianura del Cixerri il

percorso faceva una prima deviazione a ovest,

risalendo verso la montagna di Genna Luas, nei

pressi della chiesa di Santa Barbara, detta de su

Scudetu4, per riscendere nuovamente ai bordi

della pianura. Questa deviazione consentiva di

ricopiare quello che pare il cammino più antico

che usciva direttamente dalla Porta Maggiore

per raggiungere la suddetta piana del Cixerri.

Barega, villa di antica memoria, era in quel pe-

riodo, composto da un boddeu principale e da

molti furriadorgius e lì avveniva la sosta per il

pranzo, proprio nel nucleo abitato più popolo-

so, nei pressi dell’antica chiesa di Santa Maria.

Nel citato Quaderno, al n. 53, nel paragrafo de-

dicato agli “Interventi del Santo per promesse

fatte e rimaste inadempiute”, viene riportato

un fatto avvenuto a Barega, luogo dove, duran-

te il percorso di andata, avveniva la sosta per

il pranzo, al ritorno, invece, si sostava la not-

te, prima di far rientro a Iglesias al mattino. In

quest’occasione la signora Margalida, moglie

di tal Pere Bernat, fu convinta da costui a non

passare la notte a Barega e continuare per Igle-

sias, ma lei, che aveva fatto il voto di andare alla

festa e tornare in città dietro il simulacro, ebbe

un infortunio e decise di rimanere per la notte.

Al mattino seguente, rimessasi in viaggio per

adempiere al voto, si sentì perfettamente guari-

ta e tornò a Iglesias a piedi con la folla5.

Piolanas. Consumato il pranzo, da Barega,

si riprendeva la strada che lambiva la pianu-

ra chiamata Planu Santu Perdu, ma all’altezza

del furriadorgiu Perda Piscua, si deviava repen-

tinamente a destra, verso ovest, per inoltrarsi

nel territorio di Piolanas, di proprietà del Ve-

scovo di Sulci fin dalla donazione di Benedetta

San Salvatore - Iglesias

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storia e archeologia sulcitana

di Lacon6 (Genna Corriga è una località nomi-

nata nel documento). Questo vecchio sentiero,

oggi leggermente abbozzato, nel tratto iniziale

si confonde sia con la strada ferroviaria Car-

bonia-Villamassargia che con i vari campi col-

tivati. Tuttavia il letto del rio Arienna, che dai

raffronti con le immagini dal satellite7 sembra

abbastanza immutato, ci permette di ricostrui-

re, con moderata precisione, la strada principa-

le che proprio nella carta redatta dal generale

Carlo De Candia viene indicata come “Strada

di S. Antioco detta della Reliquia”8 nel “Salto di

Monsignore o di Piolana”. Il sentiero si lascia a

sud il Rio Arienna e la chiesa di Santa Barba-

ra di Piolanas, detta anche de Vias9, e prosegue

lungo il suddetto rio, attraversandolo due volte,

mentre la denominazione di questo muta in Rio

Pardu Majore. Dopo un tratto quasi rettilineo si

svolta alquanto a sud, per calarsi attraverso una

stretta valle tra due picchi di roccia, di cui il più

scosceso è detto Monte Pertunto. Il percorso si

discosta così dal fiume e discende dirigendosi

verso la fonte di Caput Acquas (de su Suergiu)10

nei pressi del bivio che può portare a Genna

Corriga o a Sa Seddargia, verso Barbusi. In que-

sti luoghi avvennero altri tre episodi miracolosi;

il primo, indicato col codice QLL 50, riguarda

un voto non mantenuto da una donna che pro-

metteva di andare e tornare a piedi alla festa

del Santo, se il marito, gravemente malato, con

“perdita di ragione e conoscenza”, si fosse ri-

preso pian piano dopo la formula della preghie-

ra. Nel 1608, i suddetti coniugi poterono andare

alla festa, ma per il ritorno presero posto su di

un carro e questo si ruppe e cadde a terra pro-

prio mentre passava il cocchio del simulacro,

e ciò avvenne nella località posta al bivio per

Acabudaquas e Ariena11.

Il secondo miracolo, citato col codice QLL 36,

avvenne nel luogo detto Sedda Arja (Seddargia)

e racconta dell’intervento da parte di un uomo,

comparso dal nulla, che salvò un certo Juan

Leu dall’essere strozzato dalle funi di un cavallo

imbizzarrito. I suoi tre compagni di viaggio, un

po’ distanti da lui, non riuscirono dapprima a

sentirlo chiamare aiuto. Raccontato l’accaduto,

concordarono che quest’uomo fosse S. Antioco

Il primo tratto di strada della processione.

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e tutti poterono partecipare alla festa “con mol-

ta devozione e gratitudine”12.

Il terzo miracolo, citato al n. 8 del Proçess de

Miracles avviene proprio lungo la strada di ri-

torno dalla festa, presso la fonte di Cabudaquas,

quando una donna affetta da scrofolosi, che

aveva pregato il Santo per la guarigione, si lavò

la faccia e le parti affette da quella malattia, e

ne rimase del tutto guarita13.

Barbusi. Superato il Salto di Piolanas e le so-

praddette località attraversate dal rio Arienna

Dopo Barega la processione si dirigeva verso Barbusi lungo il confine nord del salto di Piolanas.

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storia e archeologia sulcitana

e Pardu Majore, che ormai, ricevute acque da

altri monti, prende la denominazione di rio Flu-

mentepido, (soprattutto dopo la località Acqua

Callentis), si percorreva un tratto di strada in lo-

calità detta Su Strintu de S’Axina e si imboccava

la strada per raggiungere il piccolo abitato di

Barbusi, dove il corteo si radunava, intorno al

santo che veniva collocato sotto un olivo, anco-

ra oggi esistente, per trascorrervi la notte, in un

clima di grande festa, che vale la pena di ricor-

dare con le parole, documentaristiche quanto

pittoriche, dell’Angius14:

“...ed ivi si ferma sino all’aurora in mezzo

all’immensa moltitudine dei peregrini, che di-

stribuiti in innumerevoli compagnie occupano

talvolta un miglio quadrato, e danno i loro con-

viti e si ricreano cantando e ballando al suono

delle launeddas. E’ un bello spettacolo presso le

altrettante brigate; e qui un giovine che sostie-

ne sul fuoco in un ramo formato a spiedo o un

agnello o un capretto; là un altro che stende l’er-

ba per formare un tappeto su cui porre il pane,

il formaggio, le arancie, la ricotta, il salame,

il tagliere, e sopra il porchetto; in questa par-

te un’adorna fanciulla che sparge il formaggio

sfarinato su fumanti maccheroni che la madre

compone sopra un gran piatto; in quella dispo-

sti in arco, e assisi intorno al fuoco, fanciulli

e vecchi, uomini e donne ridenti e scherzanti

che consumano i cibi e fan gorgogliare le fra-

sche riempiendo di vino i corni incisi di rozze

figure dalla mano di un pastore, e maneggiano

i grandi coltelli per trinciare le umorose carni

e porgerle ai denti; in altro canto una famiglia

che riposa sotto la volta d’una gran macchia di

lentisco, e chi sdrajato sulle frondi, chi sul nudo

suolo, chi sopra i sacchi tenendo a guanciale la

sella; in altro sito un cantore che improvvisa

in mezzo ad una gran corona; in un piccol pia-

no erboso un gran numero di uomini e donne

che uniti in gran catena movonsi alla stridula

armonia delle canne e ballano il ballo naziona-

le; mentre dentro la chiesa e nel suo vestibolo

presso al simulacro del santo le persone obbli-

gate a voto genuflesse, a piè nudi e scarmiglia-

Il secolare ulivo di Barbusi.

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te col cerco promesso nella sinistra e la corona

nella destra veglian pregando sino all’ora della

partenza. Suona finalmente la campana della

chiesa, e a’ suoi rintocchi concorresi da tutte le

parti; nasce un chiarore da mille e mille fiam-

melle, e da mille e mille voci un confuso mor-

morio, come è quello di lontane acque cadenti,

o di un lido quando il vento vi sospinge i flutti.

Ma presto languisce il rumore, e devoti racco-

glionsi tutti in se stessi all’adorazione così come

il sacerdote tra la musica de’ zampognatori im-

prende gli augusti ministerii. Questi compiti, e

proferite le parole della solenne benedizione,

si agita tutta l’adunanza, e la compressa folla

si slarga e dilata come l’ondulazione dell’acqua

percossa: la cavelleria di vanguardia comincia

ad avanzarsi nella oscura via, seguono i buoni

con le loro squille traendo il sacro carro e quin-

di il popolo, e dopo il popolo, la cavalleria di

retroguardia. Uno spettatore posto su qualche

eminenza, donde signoreggi il piano, per cui

procede quella moltitudine, godesi una bellissi-

L’antica chiesa di Barbusi ove si vegliava S.Antioco.

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storia e archeologia sulcitana

ma scena, vedendo per circa due miglia brillar

innumerevoli cerei in un bel disordine, e alcune

fiamme unirsi, altre disgiungersi, altre nascon-

dersi, e poi comparire nuovamente. Vorrebbesi

più lunga la notte, e dispiace che il barlume del

cielo orientale avvivandosi ognor più faccia lan-

guir quegli splendori, e presto il sole nascente

gli spegna. In quell’ora un’altra comitiva move-

si da Iglesias verso l’Isola sulcitana, e trasporta

l’urna col cranio del Martire, allogata in una ap-

posita cassetta sopra la sella d’un cavallo bian-

co o grigio. I canonici uscendo dalla cattedrale

montano su’ loro cavalli, e seguon il reliquario

cantando l’inno de’ martiri: sussegue il sindaco

di seconda classe, adornate delle insegne conso-

lari, e accompagnato da uno squadrone di mili-

ziani capitanati da un tenente, che va presso al

sindaco come suo ajutante di campo.”

Sirai. La processione riprendeva la mattina se-

guente lungo la strada che portava a Coderra

e quindi a Sant’Antioco, discostandosi dal rio

Flumentepido e dirigendosi verso la località Si-

rai; la strada procedeva verso sud-ovest, lungo

una diagonale oggi non più esistente perché

tagliata in verticale all’altezza della zona indu-

striale di Carbonia dalla strada Iglesias-Porto

Botte, attuale SS. 126. Ancora nel 1844, la car-

ta geografica redatta dal De Candia riportava

le due strade che collegavano Barbusi e la valle

del Cixerri al mare, una si dirigeva in direzio-

ne ovest e, passando per Flumentepido, poco a

nord dell’attuale Monte Sirai, proseguiva verso

il mare diramandosi tra Bruncuteula e Porto-

scuso; la seconda faceva una diagonale da Bar-

busi sino al passo sul rio Gutturu Nieddu, at-

traversando la regione di Sirai, Nuraxeddu e Su

Planu de Coderra.

A Sirai avvenne un miracolo attestato poi nel

Quaderno e indicato col n. 11, raccolto tra quel-

li relativi alla “Liberazione da disgrazie immi-

nenti”: il reverendo Antiogo Cani e la sua com-

pagnia, mentre erano in viaggio per la festa di

S.Antioco, si imbatterono in un pescatore nel-

la località su Strintu de s’axina e ricevettero in

dono del pesce affinché venisse consumato as-

sieme ai suoi compagni. Essi avanzarono anco-

ra per un tratto di percorso sino al luogo detto

Sirai e lì si apprestarono ad accendere il fuoco

per il pranzo. Una scintilla andò a finire nella

fiasca di polvere da sparo del reverendo Cani e

questa scoppiò, volando via in tre parti e ustio-

nandogli il viso e la mano, ma provocando co-

munque un danno piccolissimo, nonostante vi

fossero esplose circa 8 once di polvere da sparo.

La bocca e il fondo di questa fiasca volarono via

con gran furia e potenza tanto che avrebbero

ucciso chiunque ne fosse stato raggiunto15.

Coderra. La regione Coderra, poco a sud del-

la intersezione tra la vecchia strada e la nuova

succitata, veniva interessata dal passaggio della

processione ma solo marginalmente, in quan-

to all’altezza dei vari nuclei abitati che com-

ponevano questa villa, la strada e il guado sul

rio Gutturu Nieddu presso sa Gruxi de Carira,

stavano scostati ad ovest. I vari medaus com-

ponenti questa località, ormai avevano la loro

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denominazione derivante dai nomi delle fami-

glie che ripopolarono il Sulcis. Il nucleo che

mantenne il nome di Coderra era situato a sud

della piana dell’area industriale di Carbonia,

nei pressi dell’attuale Strada Statale 126, dove

oggi è sita una croce al bordo dell’incrocio di Is

Gannus, e la collina a est che ospita un nuraghe

sul quale è stata costruita una torre quadrata16,

una domus de janas e un piccolo agglomerato di

case denominato Medau Sa Turri.

In questi luoghi è narrato un intervento del

Santo perché alcuni carrettieri non diedero la

precedenza al cocchio che trasportava il simu-

lacro. Giovanni Gamboni e Antonio Pruna, par-

titi per la festa di S. Antioco, ma nel luogo detto

“Coterra”, sentendo la campanella che avvisava

l’arrivo del cocchio, vollero anticiparlo e arriva-

re prima nell’isola di Sulci, ma la fretta fece loro

sbagliare strada e imboccarono il sentiero per

Palmas; i citati Gamboni e Pruna si accorsero

dell’errore quando arrivarono nei pressi del rio

Sassu e dovettero tornare indietro, arrivando

nell’isola per ultimi invece che per primi17.

Is Urigus. La processione passava quindi lungo

l’antica via verso sud-ovest e giungeva al gua-

do sul rio Gutturu Nieddu ove, subito dopo, era

posto un segnale importante che distingueva la

strada maestra da quella secondaria, denomi-

nato Sa Gruxi de Carira. In questo luogo, la stra-

da proseguiva verso sud, biforcandosi nei pressi

delle case Gannau. Da qui, svoltando a sinistra

ci si dirigeva verso sud est, si percorreva “su

mori de sa Santa”, l’itinerario della Madonna

di Tratalias, attraversava il borgo di Funtanona

(da Funtana Ona, cioè, fonte con acqua buona)

da cui si poteva proseguire per il medau Is Pes,

Da Barbusi a Is Urigus attraverso Sirai, Coderra e Sa Gruxi de Carira, l’antica diagonale prima della S.S. n. 126.

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storia e archeologia sulcitana

e le ville di Arenas e Tratalias; oppure dirigersi

a sud verso San Giovanni Suergiu e il medau

Rio Sassu. Il percorso processionale, invece, di-

ventato in breve tempo secondario, dopo la co-

struzione della strada Reale, passava rasente la

catena montuosa, le cui cime erano dette Mon-

serrato e Perda Asua de Pari, e attraversava i due

abitati chiamati Monserrato e Case Bruncu, oggi

meglio conosciuti come frazione di Is Urigus.

La strada che tutt’oggi attraversa questa borga-

ta ha la denominazione ufficiale di via S. Antio-

co, perché vi passava la processione con il San-

to e questa, dopo aver guadato il rio Monserra-

to, si incrociava con la strada che collegava San

Giovanni Suergiu con Matzaccara. Più a sud,

un ponte permetteva di attraversare il rio Santu

Milanu e la strada, dopo aver accompagnato il

fiume sulla riva destra, passava alla sponda sini-

stra, discostandosi dalla sua foce. Questo “pas-

so” era detto Bau Sa Gruxi, ma oggi non esiste

più in quanto i lavori di bonifica e di costruzione

dei nuovi argini sul rio Santu Milanu ne hanno

cancellato il ponte. Questo fu comunque luo-

go di un miracolo riportato negli “Interventi del

Santo a favore dei suoi devoti”, infatti avvenne

che un uomo, mandato a piedi a Iglesias, affin-

ché provvedesse all’occorrente per addobbare e

decorare la chiesa per la festa, al suo ritorno

non riuscisse più a guadare il torrente chiamato

riu de Santu Gimiliano, per quanti sforzi faces-

se. Poco dopo si presentò un uomo in groppa

a un “cavallo morello” e gli chiese cosa facesse

in quel posto, l’uomo spiegò che non riusciva a

passare perché il torrente si ingrossava a cau-

sa dell’incessante pioggia, ma che era atteso

a Sant’Antioco dai suoi amici. Lo sconosciuto

l’aiutò a passare, portandolo in sella al suo ca-

vallo, e l’accompagnò sino alla chiesa. Arriva-

rono quando era “già mezzanotte e pioveva a

dirotto, nessuno di quei dentro voleva aprirgli,

pensando che a quell’ora e con quel diluvio co-

lui che bussava non poteva essere l’uomo che

essi avevano inviato ad Iglesias...”. Ipotizzaro-

no che fosse qualcuno che sotto minaccia dei

turchi avesse fatto loro da guida per poter cat-

turare qualche schiavo, o che fosse quell’uomo

stesso, che preso schiavo dai turchi, fosse stato

obbligato a guidarli alla chiesa. Ma quelli den-

tro, rassicurati che egli era solo e che non vi era

Il ponte di Santa Caterina nel 1864 al momento del progetto della nuova strada tra Sant’Antioco e San Giovanni Suergiu.

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annali 2014

nulla da temere, gli aprirono e gli chiesero del

suo viaggio di ritorno ed egli espose le difficol-

tà avute e l’aiuto dello sconosciuto a cavallo, il

quale, fermatosi nel portico ad attendere l’aper-

tura della porta della chiesa, nel frattempo era

scomparso. Tutti si persuasero che quel cavalie-

re non fosse altro che S. Antioco18.

Il guado sul rio Santu Milanu rappresentava

uno degli ultimi pericoli lungo il tragitto dei

pellegrini; dopo di esso restava da percorrere

qualche miglio in pianura prima dei tre tratti di

strada marittima, interrotta da numerosi pon-

ti, che collegavano la terraferma sarda con gli

isolotti della peschiera e l’isola di Sant’Antioco.

Questi ponti venivano annualmente riassettati

per ordine del vescovo di Sulci e dell’arcivesco-

vo di Cagliari, perché potessero essere sicuri

durante il transito che le migliaia di pellegrini

facevano durante le quattro celebrazioni della

festa.

La strada dei miracoli lasciava sulla propria de-

stra il rio discostandosi sempre di più in quan-

to compiva, come oggi compie, una diagonale

in direzione sud-ovest, verso il ponte di Santa

Caterina. In antichità, questo tragitto, potreb-

be esser stato formato dall’antico letto del rio

Santu Millanu o dallo straripamento di esso;

già nell’80019, infatti, il rio Santu Milanu fu de-

viato verso ovest e la sua foce tenuta più lon-

tana dal ponte suddetto. Può essere suggestivo

immaginare che il ponte romano, con le sue

basse arcate che permettevano il flusso delle ac-

que all’interno dello stagno di Santa Caterina e

della peschiera, fosse stato costruito anche per

attraversare la foce del torrente, oltre che per

il ricambio dell’acqua e del pesce nella ricca pe-

schiera, in modo da creare un equilibrio tra le

acque che all’interno degli isolotti diventavano

troppo salate. In questi due chilometri e mezzo

che separano Bau Sa Gruxi dal primo ponte che

unisce la Sardegna a Sant’Antioco, il percorso

attraversa molti piccoli abitati, medaus e fur-

riadorgius denominati case is Pirroneddus, case

Ghisu, uno dei due medaus is Pizzus, Is Impe-

ras, i borghi Is Collus e Luxia Collu (un tempo

case Ghiso) e, infine, arriva alle casupole di San-

ta Caterina, nei pressi dell’ex centrale elettrica.

I ponti. Il ponte di Santa Caterina, a detta dei

viaggiatori dell’Ottocento studiosi di cose anti-

che, risaliva all’epoca romana e queste nobili

origini vengono citate nelle numerose delibera-

zioni del Consiglio Comunale di Sant’Antioco,

in occasione dei lavori di costruzione della nuo-

va strada che avrebbe collegato il paese con la

nazionale a San Giovanni Suergiu (1866-1868).

Nei pressi di questo antico manufatto, accadde-

ro diversi episodi miracolosi. Uno, citato negli

“Interventi liberatori del santo dalla schiavitù

degli infedeli”, riportato nel QLL col n. 30, ri-

guarda il viaggio fatto da Cagliari nel 1614 da

una donna che voleva chiedere al glorioso San-

to la liberazione del marito, che si trovava in

schiavitù dei Mori da ben 16 anni. Giunta col

suo accompagnatore al ponte di Santa Caterina,

la donna incontrò il marito che finalmente ave-

va ottenuto la libertà ed entrambi si recarono

160

storia e archeologia sulcitana

alla chiesa di S.Antioco per completare la loro

devozione20. Un altro miracolo riportato tra gli

“Interventi del Santo a motivo del mancato ri-

spetto e venerazione...” accadde nell’aprile del

1586 circa, quando il cocchio che portava il sa-

cro simulacro, “passato lo stagno di S. Caterina,

incontrò un altro carro tirato da buoi il cui car-

rettiere non volle scostarsi a un lato dell’unica

strada carrabile per dare la precedenza al Santo

come di solito si usava fare”. Il carrettiere poco

rispettoso, senza accorgersene, andò dritto ver-

so lo stagno, impantanando le ruote, e non vi fu

verso di tirarlo fuori, nonostante l’aiuto di altri

gioghi di buoi. Si decise così di dare strada al

cocchio del Santo per riprendere successiva-

mente i tentativi di tirare fuori il carrettiere, ma

non appena fu passato il simulacro, non vi fu

bisogno di aiuto e il carro uscì dal pantano.21

Valicato il primo ponte, la strada passava co-

modamente sull’isolotto più grande chiamato

Nel 1844 il Comune di Villamassargia lambiva le coste da Bruncu de Teula al Monte di Sarri di Masainas secondo il vecchio possesso del Marchese di Palmas. Nel 1853 nacquero sette nuovi Comuni del Sulcis di cui quattro si scorporarono da Villamassargia.

161

annali 2014

Perda Managus dove, vicino alla sponda dello

stagno di Santa Caterina, vi sono i due menhir

detti Su Para e Sa Mongia di epoca così arcaica

che la loro funzione non veniva riconosciuta se

non in chiave religiosa come pietrificazione di

due peccatori.

Nel 1582, durante la peste di Alghero, il vice-

ré de Moncada vietò di andare alla festa di S.

Antioco per impedire la diffusione del morbo e

per scongiurare che molti fossero fatti schiavi,

data la presenza di vascelli turchi nelle acque

della Isla del Sols. Tuttavia molti iglesienti si

vollero recare comunque alla chiesa di S. An-

tioco e, giunti nel luogo denominato Perda Ma-

nagus videro che “dall’isola di S. Antioco usciva

un uomo a cavallo, vestito alla maniera in cui si

vede nelle pitture raffigurato S. Antioco...” ma

andati incontro a quel cavaliere che ritennero

essere il Santo, non lo trovarono più. Chiesero

notizie ad alcuni carrettieri, ma tutti negarono

di aver visto uomo alcuno, poi si misero a cer-

care le tracce del passaggio del cavallo: capiro-

no così che quell`uomo era davvero S. Antioco

e che la sua apparizione era avvenuta per rassi-

curarli del fatto che l’isola era libera e che pote-

vano compiere il loro pellegrinaggio nel tempio

del Santo nel giorno della festa che per quell’an-

no si celebrò nella cattedrale di Iglesias.

All’estremo lembo dell’isola Perda Managus, co-

minciava una lunga strada marittima interrotta

da alcune arcate, conosciuta come Su Ponti de

Mesu. Questa, in direzione sud, si raccordava

perpendicolarmente con un’altra lingua di terra

tuttora chiamata Corru Longu che si sviluppa

in direzione ovest-est dall’ultimo e più grande

ponte (Ponti Mannu) verso le antiche saline nei

pressi di Palmas. La strada rasenta l’isolotto di

Curzanas, già menzionato nella donazione del-

la Giudicessa Benedetta nel 1216, attraverso il

quale era possibile passare nello stagno di S.

Caterina e raggiungere Tratalias con una scor-

ciatoia. Qui sarebbe avvenuto un altro miraco-

lo, descritto nel QLL col n. 72 tra gli interven-

ti del Santo a favore dei suoi devoti: un fede-

le del Campidano, che non mancava mai alla

festa di S. Antioco, sulla via del ritorno aveva

perso le sue bisacce senza che se ne accorgesse

e, raggiunto il luogo detto Curtjanas22, si sentì

richiamare da un uomo su un cavallo bianco.

Egli pensò che fosse S.Antioco e, toltosi il cap-

pello in segno di rispetto, udì che il cavaliere

gli faceva notare la perdita delle bisacce e che

se fosse tornato indietro le avrebbe senz’altro

ritrovate. “E subito il Santo a cavallo scompar-

ve”23. Ora, giunti al tratto finale degli isolotti,

si entrava nell’isola di Sulci attraverso il terzo

ponte, conosciuto come Ponti Mannu perché il

più grande in quanto sotto le due arcate, sebbe-

ne non altissime, potevano transitare le barche

dal Golfo alla baia di Sant’Antioco e viceversa.

Nel 1607 il reverendo Nicola Curques di Igle-

sias prese parte ai festeggiamenti di S. Antio-

co e, volendosi recare al santuario, nonostante

una grave malattia che gli portava febbri e la

scabbia, tanto da non poter riposare la notte,

chiese che i genitori lo accompagnassero e so-

stenessero nel viaggio per poter chiedere diret-

tamente nel tempio del Santo la grazia per la

162

storia e archeologia sulcitana

guarigione. Giunti nel ponte detto Pontimannu,

venne aiutato a scendere e pregò il Santo per-

ché non finisse lì i suoi giorni e potesse avere la

guarigione che desiderava. Raggiunta la chiesa,

volle pregare davanti la porta maggiore affin-

ché S.Antioco gli concedesse la salute e subito

si sentì meglio tanto da essere condotto nel suo

alloggio e riuscire a riposare bene dopo le fati-

che del viaggio. Compiute poi tutte le devozioni

della festa, poté ripartire per Iglesias in perfetto

stato di salute. Questo miracolo riportato nel

QLL col n. 2324, rimanda al successivo (QLL 24),

dove lo stesso chierico, nel 1611, venne guarito

dopo otto mesi di febbri quartane, a seguito di

un suo pellegrinaggio nell’isola, dove rivolse le

sue preghiere al Santo.

L’arrivo all’isola. Il viaggio giungeva al termine

con l’ingresso nell’isola di Sulci, di proprietà del

Vescovo sin dal 1124 grazie alla donazione del

Giudice di Cagliari Torchitorio Mariano II, fat-

ta probabilmente al termine della contesa tra i

monaci Vittorini, i Cassinesi e il vescovo di Sul-

ci, titolare della cattedra e signore delle terre,

degli isolotti e di porzioni di territorio nella re-

gione del Sulcis e del Sigerro. La strada costeg-

giava la fortezza bizantina e giudicale posta a

difesa dell’ingresso di quell’antico e fastoso abi-

tato che andò man mano riducendosi sino a di-

venire spopolato a causa delle prime incursioni

dei turchi che compivano azioni di pirateria e

saccheggio, spingendosi fin nell’entroterra sar-

do. Molte incursioni avvennero anche durante

la festa, infatti, nonostante l’isola fosse illumi-

nata a giorno dalle numerose fiaccole e fuochi,

spesso capitò di essere invasa dai turchi e altret-

tanto spesso vennero ricacciati perché numero-

si erano anche i miliziani e le persone armate

che la difendevano.

Poco distante dall’ultimo tratto che conduce-

va al sepolcro di Antioco, vi è una biforcazione

ben visibile ai viaggiatori in uscita dall’abitato:

la strada di sinistra consente di lasciare l’isola,

mentre quella di destra consente di inoltrarsi

nel sud dell’isola di Sant’Antioco attraverso le

Sa Gruxi de is reliquias.

163

annali 2014

regioni di Is Pruinis e Canai. Forse fu questo

l’incrocio dove, nel 1628, venne posta una gros-

sa croce di pietra ove venne fatta la conta dei

tantissimi concorrenti alla festa, alla quale par-

tecipò anche il Viceré Don Geronimo Pimentel

Marchese de Vayona. Probabilmente si tratta

della croce, ora in ferro, dove, a seguito del ri-

popolamento del villaggio di Sant’Antioco, ve-

nivano consegnate le reliquie alla nuova comu-

nità per detenerle in chiesa durante il periodo

della festa. In questo luogo, poi denominato Sa

Gruxi de is Reliquias, le stesse venivano restitu-

ite agli iglesienti e al Capitolo per il ritorno alla

cattedrale. Di lì a pochi metri la fontana roma-

na Is Solus annuncia l’antica civiltà che per cen-

tinaia d’anni ha governato e tenuto le sorti del-

la Sardegna, altre vestigia lungo la costa dove

presto si sarebbe espanso il nuovo abitato di

Sant’Antioco e sulla collina della chiesa le case,

le capanne e le “grotte” che, per altri 500 anni,

hanno ospitato migliaia e migliaia di pellegrini

che invocavano e si radunavano attorno al San-

to Patrono della Sardegna, per ottenere quel

conforto che diede quando fu esiliato nell’iso-

la e predicò la fede cristiana. Nel Quaderno, al

n. 9, è descritto un incontro-miracolo avvenuto

nei pressi della fontana romana de Is Solus; qui

il Capitano delle milizie ebbe notizia che erano

stati avvistati 60 vascelli turchi e diede ordine di

evacuare l’isola nonostante fossero appena arri-

vati i pellegrini per la festa di aprile. Il cocchio

col simulacro fece tappa a Is Solus, luogo ove

si radunarono tutti ma, essendo stato deciso di

riprendere il cammino tutti insieme, i buoi si ri-

fiutarono di proseguire e non vi fu alcun modo

per smuoverli. All’improvviso, uno sconosciuto

si presentò e, in modo persuasivo, disse di tor-

nare indietro alla chiesa e di non avere paura,

perché i turchi se n’erano andati via. Tutti quan-

ti rimasero tranquillizzati dalle parole di quello

sconosciuto che subito dopo scomparve e così,

raggiunta la chiesa del Santo, poterono celebra-

re la festa25.

La chiesa. L’antica sede dei vescovi di Sulci,

cattedrale tra le più antiche dell’intera Cristia-

nità, ridotta per secoli a santuario di campagna,

è la tappa finale del viaggio fin qui descritto; i

suoi dintorni sono lo scenario della fede cri-

stiana e nello specifico, della fede in S. Antioco,

protettore di tutti coloro che si invocavano per

una grazia o per una guarigione, per la vendita

di vari prodotti alla ricca fiera o per scambiare

bestiame, per ballare, per il compimento di un

voto e ristorarsi dalle fatiche della vita. Padre

Serafino Esquirro, nella sua cronaca pubblicata

nel 1624, racconta che “Una delle cose più in-

signi, e degne di memoria, non solo nel regno

di Sardegna ma della maggior parte della cri-

stianità, è la festa che ogni anno si usa realiz-

zare quindici giorni dopo la santa pasqua della

resurrezione di Cristo Nostro Signore nell’isola

sulcitana, nella chiesa del beato martire S. An-

tioco...” Poi continua con la descrizione della

festa narrando che “...di sabato si giungeva a

Sulcis e, tra festose scariche a salve di fucileria,

entrarono nella chiesa con un tale fervore che

pareva di essere in mezzo a un ‘giudizio univer-

164

storia e archeologia sulcitana

sal’, tanta era l’affluenza di gente. Lo zelo e la

devozione dell’immensa folla era tale che mol-

tissimi seguivano le sante reliquie andando gi-

nocchioni per la strada accidentata e invocando

il Santo. Alla festa, intervennero moltissimi ari-

stocratici e un numero esorbitante di cavalieri

della nobiltà cagliaritana, abbigliati di stupendi

e ricchissimi costumi. Il lunedì, dopo i vespri,

tra salve di fucileria, ‘mucha musica, muchos

atambores, muchas trompetas’, si formò una

grandiosa processione che, partita dal piazzale

antistante la chiesa, trasportava su

una portantina la statua del Santo,

su un’altra che seguiva erano, inve-

ce, la cassa con il corpo e l’urna con

la testa. La folla era così inconteni-

bile che chi non aveva trovato posto

nella piazza gremiva il tetto della

chiesa; mentre lungo il tragitto del

corteo erano disseminati numerosi

archibugieri che, al passaggio della

statua del Santo, sparavano a salve,

secondo un ordine prestabilito. La

processione si concluse tra la musi-

ca delle trombe e dei tamburi. E con

essa si concluse anche la festa, la più

grande e magnifica di tutti i tempi,

per il numero dei partecipanti e per

l’abbondanza di merci e di alimenti,

messi a disposizione e offerti all’ac-

quisto, nelle rivendite..”26. Il concor-

so della gente fu enorme, e sempre

secondo l’Esquirro, le persone che

presero parte alla festa di Sant’An-

tioco furono in quell’occasione ben 32000.

Alla fine del ’700 il reverendo Pintus, che aveva

piantato una vasta vigna nel piano della chiesa,

la fece estirpare perché la moltitudine di pelle-

grini, carri, buoi e cavalli trovassero posto per

la sosta durante i giorni della festa. Evidente-

mente le grotte e le case dei dintorni, oramai

abitati stabilmente, non potevano più conte-

nere i partecipanti alla festa di S. Antioco.

Anche la chiesa e i suoi dintorni furono scena-

1754 – La chiesa di S.Antioco e i suoi dintorni.

165

annali 2014

rio di numerosi miracoli riportati nel capitolo

delle Grazie di guarigione impetrate da S. An-

tioco nei paragrafi relativi alle “Guarigioni ot-

tenute con la reliquia del Santo” e alle “Guari-

gioni ottenute al sepolcro di S. Antioco o con la

terra del suo sepolcro” e nel capitolo dedicato

agli “Interventi liberatori del santo dalla schia-

vitù degli infedeli”. Spesso accadeva che i fedeli

dormissero in chiesa, dove si sentivano più si-

curi, soprattutto quando rimanevano in pochi o

qualche sacerdote volesse fare delle messe fuori

dalle feste comandate in onore del Santo, ma-

gari trovandosi nei paraggi del tempio. Tra que-

sto genere di interventi del Santo vi erano avvisi

notturni provenienti da voci o uomini che bus-

savano alla porta della chiesa e scomparivano

subito dopo aver avvisato che l’isola si stava ri-

empiendo di turchi sbarcati all’improvviso. Tra

questi episodi vi è quello riportato nel Proçess

de miracles al n. 5 e riguarda la profanazione

della chiesa da parte di numerosi turchi, uno

dei quali, salito sul tetto più alto del sacro tem-

pio si mise a lanciare pietre per demolire i tetti

sottostanti ma, presa una grossa pietra, scivolò

e cadde al suolo morendo all’istante. Il Rais, sa-

puta questa disgrazia e immaginando che que-

sta fosse la giusta punizione di S. Antioco, volle

compiere un atto riparatore facendo pervenire

dentro la chiesa un grande recipiente pieno d’o-

lio per la lampada del Santo27. Un altro episodio,

citato sempre nel Proçess de miracles al n. 13,

avvenne attorno al 1525 e vide coinvolto il no-

bile Ludovico Bellit y Aragall, signore delle ba-

ronie di Gioiosa Guardia, Villamassargia e Ac-

quafredda. Il feudatario, evidentemente devoto

a S. Antioco, si recò nell’isola il martedì dopo

la grande festa, accompagnato dal suo stendar-

do e da un gruppo di trenta militi, a protezione

della sua persona; in contrasto con la Capitania

di Iglesias per motivi di giurisdizione territoria-

le, perché egli vantava diritti sul feudo sino al

ponte di Santa Caterina, preferì non sfilare con

lo stendardo della città di Iglesias e seguire la

messa solamente coi suoi uomini, quando l’iso-

la si svuotava dei pellegrini. Mentre il gruppo

seguiva la celebrazione, sull’isola sbarcarono

circa 400 turchi, allora il nobile, avvisato da un

cristiano, decise di rimanere in chiesa per tutta

la funzione, mantenendo la calma tra i suoi uo-

mini, ordinando di seguire la messa e avere fede

in Dio e in S. Antioco. Quando i turchi si affac-

ciarono alla porta della chiesa, che era rimasta

aperta, rimasero sbigottiti e andarono via nuo-

vamente verso la spiaggia. Terminata la messa,

Ludovico e i suoi uomini ripresero il cammino

di ritorno e, all’altezza del ponte, un turco chie-

se a un milite chi fosse il signore che era con

loro e in quanti fossero in chiesa; egli rispose

che si trattava del loro signore e barone e che in

chiesa erano circa in trenta. Il turco disse che

non era vero, perché la chiesa era parsa gremita

tanto da sembrare che ci fossero circa un mi-

gliaio di persone, per questo i suoi compagni

erano scappati e non avevano osato attaccare

così tanti uomini28.

E, come ogni anno, tutti poterono riprendere la

via del ritorno.

166

storia e archeologia sulcitana

Ma, come tutte, anche questa storia, così datata

e così ricca di episodi, termina; finisce nel 1853,

quando gli abitanti della penisola tentarono

d’impedire il ritorno a Iglesias della statua del

loro Santo con le sue reliquie, riuscendo, dopo

una sommossa che comportò per essi la fama

di turbolenti furasantusu, a trattenere le sole

reliquie, mentre il simulacro del Santo si allon-

tanava in rapida fuga allo schiocco della frusta

del conducente del cocchio29.

La processione, nel corso dei secoli, aveva cer-

tamente cambiato, non solo nella forma, ma

anche per l’itinerario; è verosimile, per esem-

pio, che negli ultimi decenni il percorso preve-

desse il passaggio da Coderra all’attuale Is Gan-

naus, attraverso Su Rei, quindi per arrivare a Is

Urigus non più da nord attraverso la strada di

Sa Cruxi de Carira. Nel 1849, infatti, il Comune

di Villamassargia, titolare della giurisdizione

di Coderra, decise di istituire il posto di gabel-

lotto per la rivendita di generi di monopolio e

concederla al signor Emmanuele Patteri che

possedeva la casa vicina al cammino “Reale”,

nel salto di Coderra30, nei pressi della borgata

detta de Is Patteris, ancora oggi esistente. Dopo

la costruzione della Strada Reale n. 1 o “Carlo

Felice”, il Governo sabaudo, infatti, realizzò il

progetto della strada n. 2 che da Cagliari con-

duceva a Iglesias e terminava a Porto Botte. È,

come si è detto, possibile ipotizzare quindi che,

solo per pochissimi anni, due o tre, parte della

processione avvenisse sulla attuale statale 126,

secondo un itinerario oggi ancora esistente, che

è lo stesso della Madonna di Montserrat, che

raggiungeva Tratalias, discostandosi dal percor-

so di Sant’Antioco all’altezza di Gruxi de Carira.

Perché in quell’anno insorsero gli antiochen-

si? Si può ipotizzare che dopo circa un secolo

dall’inizio della ricostruzione di una comunità

si sentissero sufficientemente maturi da potersi

liberare dalla tutela che Iglesias esercitava, ai

loro occhi, anche nel riportarsi via il simulacro

e soprattutto le reliquie del Santo, una volta fi-

nita la festa.

Avevano ragione a voler trattenere la statua e

le reliquie? A questa seconda domanda si può

rispondere con le osservazioni di Alberto La-

marmora. Il massimo studioso della Sardegna

di allora, il quale, proprio in quell’anno, il 1853,

era, oltretutto, luogotenente generale del Re-

gno, pensava che nella forma, per aver turbato

l’ordine pubblico, gli antiochensi avessero tor-

to, con il Sindaco Luigi Campus che dalla sua

abitazione, nello slargo del Monte Granatico,

cercava di calmare la folla31. Ma, nella sostanza,

avevano ragione: infatti dopo la presa di Tunisi

e di Algeri da parte dei francesi non si sarebbe-

ro più avute incursioni musulmane e, dunque, il

simulacro di S. Antioco non avrebbe avuto più

bisogno delle mura di Iglesias e così, nel breve

volgere di un pomeriggio di primavera, cessò di

esistere la manifestazione popolare più antica,

più partecipata e forse più bella che fino ad al-

lora era esistita in Sardegna.

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NOTE

1 Sandro Petrucci, Cagliari nel Trecento. Politica, istitu-

zioni, economia e società. Dalla conquista aragonese

alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365) – Tesi

di Dottorato in ‘Antropologia, Storia medievale, Filolo-

gia e Letterature del Mediterraneo Occidentale in rela-

zione alla Sardegna’ (XX ciclo), Università degli Studi

di Sassari anno accademico 2005-2006, p. 1298, nota

4481. Cfr. in questo numero, M. Massa, Di Antiche Sa-

gre (e Chiese, Santi, Vescovi e atti di fede).

2 Maria Mercé Costa, Oficials de la Corona d’Aragó a Sar-

denya (segle XIV), p. 323 e seguenti, saggio contenuto

in Archivio Storico Sardo, vol. XXIX – Padova 1964.

3 Filippo Pili, Le Meraviglie di S.Antioco, p. 82- Ed. San-

tuario S.Antioco, Cagliari 1984.

4 Sergio Bullegas, La scena e il paesaggio, p. 167 – Edi-

zioni dell’Orso, Torino 1997.

5 Filippo Pili, op. cit., pp. 131-132.

6 Ibidem, p. 154.

7 Software: Google Earth.

8 Archivio di Stato di Cagliari, poi A.S.C., Fondo: Reale

Corpo di Stato Maggiore – Serie: Mappe, Unità: Igle-

sias – Tavoletta 19.

9 Sergio Bullegas, op. cit., p. 167.

10 Filippo Pili, op. cit., p. 80.

11 Filippo Pili, op. cit., p. 132.

12 Filippo Pili, op. cit., pp. 158-159.

13 Filippo Pili, op. cit., pp. 79-80.

14 Vittorio Angius, in G. Casalis, Dizionario geografico,

storico, statistico, commerciale degli stati di S. M. il Re

di Sardegna – Vol. VIII, pp. 437-439. – editore G. Maspe-

ro librajo, Torino 1841.

15 Filippo Pili, op. cit., pp. 97-98.

16 Foiso Fois, Castelli della Sardegna medioevale, p. 100 –

Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 1992.

17 Filippo Pili, op. cit., pp. 139-140.

18 Filippo Pili, op. cit., pp. 156-157.

19 Carta di R. Marcello indicante il vecchio alveo del

fiume.

20 Filippo Pili, op. cit., pp. 156-157.

21 Filippo Pili, op. cit., pp. 137-138.

22 P. Pili indica Cortoghiana, ma preferiamo ritenere

che fosse Cortinas, Curzacas, Cruccianas o Curzanas

come nei diversi documenti viene riportato il nome di

quest’isolotto (N.d.R.).

23 Filippo Pili, op. cit., pp. 150-151.

24 Filippo Pili, op. cit., pp. 73-74.

25 Filippo Pili, op. cit., pp. 111-112.

26 Serfin Equirro, Santuario de Caller y verdadera histo-

ria de la invencion de los cuerpos santos..., pp. 482;

485-487 – Cagliari, 1624.

27 Filippo Pili, op. cit., p. 117.

28 Filippo Pili, op. cit., pp. 114-115.

29 Luigi Cinesu, a cura di, Fura Santus! - Controversia

sul ritorno delle reliquie di S.Antioco nella penisola Sul-

citana, p. 31 – Edizioni “Santuario S.Antioco”, Iglesias

1987.

30 Archivio Comunale Villamassargia, Serie Amministra-

zione, Fondo Comunità – Reg. 1/5, Risoluzione del 14

Maggio 1849.

31 Da tradizione orale della famiglia Campus-Manno-

Romby-Spignesi di Sant’Antioco.