L’etimologia di ZOLLA: lat. SOLLA 'solida'

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L’ETIMOLOGIA DI ZOLLA: LAT. SOLLA 'SOLIDA' di Mario Alinei La storia della ricerca La storia della ricerca sull'origine della parola vede alternarsi due etimi germanici: prima l'antico alto ted. skolla, ted. scholle 'zolla', proposto da Diez [EWRS 412], rifiutato, come impossibile, dal REW [8004a], ma seguito, ciononostante, da Pisani [1936]; poi l'alto ted. medio zolle ‘ massa compatta di sterco’, proposto da Rohlfs [1952], e seguito da Sabatini [1963-64] e da Castellani [1984: 172, 2000: 83]. Quest'ultimo ha ulteriormente elaborato la tesi, proponendo un confronto col còrso settentrionale ed elbano tòlla ‘zolla di terra’, ‘pallottola di neve o di farina’, ‘pezzo di zucchero’, che sarebbe invece d'origine gotica o paleo longobarda. Accostamento possibile, sul piano della fonetica-storica germanica, ma a mio avviso inaccettabile per due ragioni: (I) anzitutto, come ho sostenuto svariate volte (a proposito di presunti germanismi che si sono rivelati di evidente spiegazione in chiave etimologica latina: come biondo da albundus, bianco da albanicus, tromba da triumphus, magone da magus etc.), non si dovrebbe mai accettare – senza prove schiaccianti la tesi che una voce di sicuro carattere popolare o rustico, e di ampia diffusione territoriale possa risalire alle invasioni e al dominio germanici. (II) In secondo luogo, è fondamentale assicurarsi che lo scenario ipotizzato sia difendibile sul piano antropologico e storico- culturale. Nel caso specifico, si assume che gli invasori germanici, una volta insediati in Italia come feudatari (la parola feudo, quella sì, è germanica!), si siano messi a dar lezioni di terminologia agricola alle masse dei servi della gleba (latino per ‘zolla’…), insegnando loro, fra l’altro, che le glebae assomigliavano molto alle cacche germaniche. Uno scenario, a mio avviso, non proprio realistico. Per quanto riguarda il corso ed elbano tolla, mi propongo di discuterne altrove l'etimologia, che ritengo del tutto indipendente da quella di zolla. Tutti i dizionari etimologici italiani (meno il VEI, che omette la voce) accettano la tesi che zolla sia un germanismo: per il DEI è di etimologia incerta, ma un suo accostamento al ted. Scholle ‘zolla’ (tesi di Pisani) «non è del tutto improbabile» (come la /š/ possa passare a /ż/ o /z/, tuttavia, viene lasciato a una fonetica storica ancora tutta da inventare!); il PELI, l’AEI e il DELI accettano la tesi di Rohlfs e di Castellani di un

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L’ETIMOLOGIA DI ZOLLA: LAT. SOLLA 'SOLIDA' di Mario Alinei

La storia della ricerca La storia della ricerca sull'origine della parola vede alternarsi due etimi germanici: prima l'antico alto ted. skolla, ted. scholle 'zolla', proposto da Diez [EWRS 412], rifiutato, come impossibile,dal REW [8004a], ma seguito, ciononostante, da Pisani [1936]; poi l'alto ted. medio zolle ‘ massa compatta di sterco’, proposto da Rohlfs [1952], e seguito da Sabatini [1963-64] e da Castellani [1984: 172, 2000: 83]. Quest'ultimo ha ulteriormente elaborato la tesi, proponendo un confronto col còrso settentrionale ed elbano tòlla ‘zolla di terra’, ‘pallottola di neve o di farina’, ‘pezzo di zucchero’, che sarebbe invece d'origine gotica o paleo longobarda.Accostamento possibile, sul piano della fonetica-storica germanica, ma a mio avviso inaccettabile per due ragioni: (I) anzitutto, come ho sostenuto svariate volte (a proposito di presunti germanismi che si sono rivelati di evidente spiegazione in chiave etimologica latina: come biondo da albundus, bianco da albanicus, tromba da triumphus, magone da magus etc.), non si dovrebbemai accettare – senza prove schiaccianti – la tesi che una voce di sicuro carattere popolare o rustico, e di ampia diffusione territoriale possa risalire alle invasioni e al dominio germanici.(II) In secondo luogo, è fondamentale assicurarsi che lo scenario ipotizzato sia difendibile sul piano antropologico e storico-culturale. Nel caso specifico, si assume che gli invasori germanici, una volta insediati in Italia come feudatari (la parolafeudo, quella sì, è germanica!), si siano messi a dar lezioni di terminologia agricola alle masse dei servi della gleba (latino per ‘zolla’…), insegnando loro, fra l’altro, che le glebae assomigliavano molto alle cacche germaniche. Uno scenario, a mio avviso, non proprio realistico.

Per quanto riguarda il corso ed elbano tolla, mi propongo di discuterne altrove l'etimologia, che ritengo del tutto indipendente da quella di zolla.

Tutti i dizionari etimologici italiani (meno il VEI, che omette la voce) accettano la tesi che zolla sia un germanismo: per il DEI è di etimologia incerta, ma un suo accostamento al ted. Scholle ‘zolla’ (tesi di Pisani) «non è del tutto improbabile» (comela /š/ possa passare a /ż/ o /z/, tuttavia, viene lasciato a una fonetica storica ancora tutta da inventare!); il PELI, l’AEI e il DELI accettano la tesi di Rohlfs e di Castellani di un

accostamento all'alto ted. medio zolle ‘massa compatta (di sterco)'.Come sempre, l'argomentazione è puramente enigmistica, cioè basatasu semplici accostamenti fonetici, e priva di qualunque approfondimento della "cosa".

La zolla: che cosa è e cosa ci rivelaLa zolla non è, in circostanze normali, un aspetto della natura, ma il risultato del lavoro umano, più precisamente di quello agricolo. Un risultato, fra l'altro, transitorio, perché destinatoa scomparire per trasformarsi in terra sciolta. Come scriveva già Columella [RR 11.2.60.5], omnis gleba in uineis refringitur et soluitur in puluerem. E, più tardi, Mauro Servio Onorato [G 2.355.2], 'bidentes' ad comminuendas pertinet glebas. Per poter seminare, infatti, occorre preparare il terreno. Ciò si ottiene rompendo il terreno due volte: una prima volta con la zappa (o, quando esisterà, con l'aratro), ottenendo, appunto, le zolle; una seconda volta rompendo le zolle stesse, con la zappa ('bidente') (o, quando esisterà), con l'erpice (occatio, in Columella). Ciò che dimostra, in ogni caso, che la 'zolla' è una nozione assolutamente fondamentale dell'agricoltura, fin dai suoi inizi nel Neolitico.

Inoltre, la nozione della 'zolla' implica la solidità e la compattezza del terreno in cui compare: non a caso la zolla è il risultato di quello che si chiama il dis-sodamento del terreno, che prima di questa operazione è, appunto, sodo (agg. e sost., da solidus), e può chiamarsi anche sodaglia.

La nuova etimologia: lat. sollaEcco perché la soluzione del problema che mi sembra più semplice, sul piano fonetico e semantico, e più produttiva su quello storico-culturale, è quella di vedere zolla come un continuatore di lat. solla ‘compatta, intera’, affine a lat. solida, con il passaggiodi s- iniziale a /z/ o /ż/ tipico della Toscana e del centro, ed esemplificato da symp(h)onia > zampogna, sulphur > zolfo, sibilare > zufolare, centro-mer. zinale ‘grembiule, laziale zinna 'seno della donna', da sinus ‘seno’.

Sarebbe quindi, in origine, un aggettivo: ciò che spiega perché, in alcuni punti del suo areale (v. figura 1), la voce si presenta come nome maschile - un zollo/żollo. Le due cartine della fig. 1, la prima dall'AIS, la seconda dall'ALT, accostate anche per evidenziarne le differenze, mostrano entrambe i punti di zollo maschile e di zolla femminile.

Figura 1: a sinistra dall'AIS 1420, a destra dall'ALT:

areale di zolla f. (quadrato o cerchio vuoto) e di zollo m. (quadrato o cerchiopieno)

Per la Toscana, naturalmente, la mappa dell'ALT è molto più dettagliata di quella dell'AIS. Ma solo in questa si può vedere che la voce, pur essendo tipicamente toscana, non lo è esclusivamente: penetra anche in Emilia, a Sestola (P. 464), e la troviamo anche a Zola Predosa, 14 km. a ovest di Bologna: toponimo che deriva certamente da zolla – e significava quindi ‘terreno pietroso’ –, e non certo da cella, come sostiene il DT (seguendo poi quali regole della fonetica storica emiliana? E cosa vorrebbe direcella “pietrosa”?). Inoltre, come mi informa Francesco Benozzo1, nelModenese, è nel dialetto di Fanano; e scende – per la valle del Panaro – fino a Marano sul Panaro; mentre nel Bolognese è anche a Monghidoro (v. figura 3). Vedremo più oltre l'importanza di questaarea emiliana.

In quanto aggettivo, dunque, solla/zolla poteva ovviamente riferirsi a nomi femminili, come terra, o tellus, o humus o, per completarne il senso, proprio a gleba, che come nome della ‘zolla’ si continua ancora oggi in diverse aree italiane (cfr. AIS 1420).

Nella variante maschile, invece, poteva riferirsi a solum 'suolo', o essere una semplice sostantivazione di sollus, analoga a quella del sodo, che, come nome del ‘terreno incolto’, è un allotropo di sollus, in quanto deriva anch'esso da solidus.

Fra l'altro, la stretta associazione che sodo < solidus mostra di avere con proprietà del suolo agricolo (cfr. sodaglia, dissodare) rappresenta una prova pressoché irrefutabile che lat. solla, come variante osca di lat. solida, e quindi nel senso di ‘compatta, intera’, sia potuto diventare il nome della ‘zolla’. Concentriamoci quindi su sollus.

Lat. sollus < lat. solidus1 Che ringrazio.

Lat. sollus è definito da Sesto Pompeo Festo (384, 29) un oschismo col significato di ‘totus’ (cfr. DELL): «sollo Osce dicitur id quod nos totum vocamus». Ed è considerato, come già detto, un affine di solidus (cfr. DELL). Il suo significato originario di ‘solido, massiccio’ si conserva nel livianio solliferreus (detto di una lancia tutta in ferro), mentre mostra uno slittamento verso l’astratto nei composti come sollemnis (sollus annus), sollers (solla ars),sollicitus (sollus cieo).

Ora, anzitutto va rilevato che nell'ambito del Paradigma dellaContinuità dal Paleolitico, questa antica affinità di sollus con solidus viene non solo confermata ma anche spiegata alla luce del sostrato osco-umbro dei dialetti centro-meridionali moderni, caratterizzati, come è noto, dal passaggio di /nd/ a /nn/, /mb/ a /mm/ e, appunto, /ld/ a /ll/ (cfr. Rohlfs GS, § 241, Tagliavini 1964, p. 65 sgg.). A Roma e in tutto il centro-meridione, infatti,si dice callo invece di caldo, e nel Lazio meridionale, così come nelromanesco antico, proprio soldo (da solidus) e soldato diventano sollo esollato; e saldare (il ferro) (anch’esso da solidus + -are), nelle Marche,in Abruzzo e nel Tarantino si dice sallà e varianti.

In secondo luogo, poiché caldo, come sappiamo, è il risultato di una sincope vocalica in calidus, possiamo postulare una sequenza formale perfettamente identica per solidus > soldus > sollus. A livello semantico, inoltre, si noterà il rapporto fra solidus ‘solido, compatto, massiccio, intero, e il già citato affine sodo ’idem', e quello fra lat. solidare e il fr. souder e l’it. saldare, nelsenso di ‘congiungere due o più pezzi in un tutto solido’,

Infine, mi sembra evidente che solla, come variante osco-umbra di solida, riferita alla zolla di terra, appartenga allo stesso universo semantico di valenza “rustica” che emerge dal confronto degli osco-umbrismi *bufalus (> bufalo), bufo, scrofa, forfex, *tafanus (>tafano), *scarafaeus (> scarafaggio), con i latinismi bubalus, bubo, gleba, *scroba, *forbex (> forbice), tabanus, scarabaeus, nonché da quellodi bos bovis, osco-umbrismo che ha sommerso un non attestato *vos vovis.

La datazione e l' identificazione culturale di zollaPassando ora all'autodatazione della nostra voce (per il concettocfr. Alinei [2009]), va ribadito che la nozione della zolla, dal punto di vista agricolo, è assolutamente elementare, in quanto si basa sulla presa di coscienza della necessità di dissodare il terreno prima di seminarlo. Dal punto di vista tecnologico, dunque, essa presuppone soltanto l'esistenza della zappa. Per cui,ci troviamo nel primo Neolitico. Dobbiamo quindi chiederci, per

confermare l'etimologia, se la Toscana appartiene all'area di più antica neolitizzazione e, in tal caso, se possiamo identificare lacultura che avrebbe introdotto il termine nell'area.

Ora, come mostrano le cartine riprodotte nella figura 2, tratte dal più recente manuale di archeologia sul Neolitico, la Toscana è prima interessata dalla più antica cultura neolitica italiana – quella della cultura della Ceramica Impressa/Cardiale (VI millennio) – e poi, circa un millennio dopo, dalla cultura della Ceramica Lineare. Inoltre, la Toscana settentrionale è anchetoccata dalla cultura, anch'essa del Neolitico antico (VI millennio), ma emiliana (con estensione al Veneto), di Fiorano (MO):

Figura 2: Da sinistra: Area di distribuzione della Ceramica Impressa medio-

tirrenica; della Ceramica Lineare tosco-laziale; della cultura emiliana di Fiorano nella

sua fase più recente (da Seragnoli [2007-2008], modificate)

Ovviamente, nel valutare le prime due mappe, va tenuto presente che le aree dei reperti archeologici sono legate alla presenza di scavi, e quindi molto meno complete e significative diquelle linguistiche.

Come scrive l'autrice del manuale, Laura Seragnoli [2007-2008:138-142], la Ceramica Impressa medio-tirrenica, documentata nell'area fra Arno e Tevere, oltre che nelle isole di Pianosa, dell'Elba e del Giglio, è stata datata al VI millennio a.C, ed ha a Pienza, in provincia di Siena, la sua principale stratigrafia. Più importante per noi, la successiva cultura della Ceramica Lineare, del V millennio a.C., mostra «una generale somiglianza» con le ceramiche del Neolitico antico della cultura emiliana di Fiorano, del VI millennio, e quindi coeva con la Ceramica Impressa[ibidem, 142]. Per cui, conclude la Seragnoli, «la mancata penetrazione in area padana della Ceramica Impressa toscana […] deve essere stata inibita o ostacolata proprio dall'affermarsi

della cultura di Fiorano» [173]. Questa, infatti, «dimostra un notevole potenziale di espansione che, in una fase più avanzata, la porterà a spingersi verso sud (Riolo Terme) e a superare il crinale appenninico, verso la Toscana settentrionale» [ibidem, e cfr. la cartina della figura 2].

Ora, poiché zolla, come abbiamo argomentato, appartiene certamente all'ambito della Ceramica Impressa medio-tirrenica, la sua scarsa penetrazione in Emilia sembra trovare una spiegazione perfettamente adeguata proprio nell'espansione, in senso contrario, di quella della cultura di Fiorano. In altri termini, il fatto che l'area emiliana di zolla, come mostra la cartina della fig. 3, sia delimitata a Ovest dalla linea Marano-Fanano nel Modenese, cioè, di fatto, dal Panaro, e a Est dalla linea Zola Predosa-Monghidoro nel Bolognese; e che Fiorano, sito eponimo della cultura, si trovi appena fuori di quest'area, a occidente del Panaro, avrebbe un profondo significato archeologico. Simile aquello che, millenni più tardi, il Panaro avrà come confine fra leTerremare a Ovest, e Villanova a Est.

Figura 3: Confine settentrionale dell'area di zollae posizione di Fiorano, sito eponimo della cultura

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