LE MONETE DELLO SCAVO DEL CONDOTTO IDRICO DI CLASSE (tesi laurea magistrale 2014, unpublished)

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1 Indice Introduzione 2. CAPITOLO I Il contesto archeologico: il condotto idrico di Classe 3. I. Le fasi di vita del condotto e i materiali 4. II. Conclusioni alla luce dei nuovi ritrovamenti 7. CAPITOLO II L'evoluzione del sistema monetale dall'età tardo antica all'alto medioevo 12. I. Le riforme e l'instabilità della moneta bronzea nel IV e V secolo d.C. 13. II. Dalla riforma di Anastasio a Giustiniano 15. III. L'Alto Medioevo 17. CAPITOLO III Le monete dal condotto 19. I. Esemplari del I secolo d.C. 21. II. La diffusione della moneta nell'epoca degli Antonini 22. III. Dall'antoniniano al "follis" 24. IV. Problemi di circolazione monetale nel territorio di Ravenna tra IV e V secolo d.C. 29. V. Le emissioni di Ricimero 46. VI. Le imitazioni di V secolo d.C. 52. Conclusioni 55. CATALOGO 56.

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1

Indice

Introduzione 2.

CAPITOLO I

Il contesto archeologico: il condotto idrico di Classe 3.

I. Le fasi di vita del condotto e i materiali 4.

II. Conclusioni alla luce dei nuovi ritrovamenti 7.

CAPITOLO II

L'evoluzione del sistema monetale dall'età tardo antica all'alto medioevo 12.

I. Le riforme e l'instabilità della moneta bronzea nel IV e V secolo d.C. 13.

II. Dalla riforma di Anastasio a Giustiniano 15.

III. L'Alto Medioevo 17.

CAPITOLO III

Le monete dal condotto 19.

I. Esemplari del I secolo d.C. 21.

II. La diffusione della moneta nell'epoca degli Antonini 22.

III. Dall'antoniniano al "follis" 24.

IV. Problemi di circolazione monetale nel territorio di Ravenna tra IV e V secolo d.C. 29.

V. Le emissioni di Ricimero 46.

VI. Le imitazioni di V secolo d.C. 52.

Conclusioni 55.

CATALOGO 56.

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Introduzione

L'obbiettivo di questo lavoro è lo studio critico delle monete recuperate dal condotto idrico di

età romana di Classe. Si è cercato di ricostruire le fasi di vita del condotto di Classe, sulla base

di precedenti studi effettuati sui materiali archeologici rinvenuti nei vari pozzetti d'ispezione,

disseminati lungo il condotto. Si è cercato di contestualizzare il materiale numismatico,

rinvenuto all'interno di in un'area geografica di più ampia: l'area ravennate e altri siti

romagnoli. Lo studio riguarda i nominali bronzei: si è pertanto illustrata l'evoluzione del

sistema monetale del mondo romano dalla fine del III al V secolo d.C.; evidenziando i

mutamenti della moneta negli ultimi due secoli di vita dell'impero. Nell'ultimo capitolo sono

state presentate le monete rinvenute nei pozzetti 2 nord e 8 sud del condotto idrico, cercando

di tracciare attraverso di esse una storia della circolazione monetale dell'area ravennate.

Particolare attenzione inoltre è stata posta al V secolo, periodo in cui Ravenna diventa sede

della corte imperiale; evidenziando in particolare le emissioni del magister militum Ricimero.

Infine viene affrontato il problema delle imitazioni, in particolare del tipo con la croce greca,

alla luce della loro presenza all'interno del condotto idrico. Questo lavoro è stato affrontato

consultando la bibliografia esistente in materia e analizzando le differenti tesi proposte dai

numismatici in rapporto ai problemi discussi. Sono state fatte delle analisi quantitative sulle

evidenze numismatiche nell'area di interesse: autorità emittenti rappresentate , i tipi monetali

più diffusi e imitati, le zecche rappresentate. Lo studio ponderale e metrologico delle monete

bronzee è uno degli argomenti più discussi per comprendere la funzione della moneta, in

particolare nella parte Occidentale dell'impero in età tardo antica.

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CAPITOLO I

Il contesto archeologico: il condotto idrico di Classe

Nell'area a sud di Ravenna sorgeva Classe, che raggiunse la dignità di città soltanto agli inizi del

V secolo d.C., quando nel 402 la corte imperiale romana si spostò a Ravenna e dotò il sobborgo

di mura, di un nuovo porto, e di una serie di monumenti. L'organizzazione di questo territorio

in età precedente non è stata completamente compresa, sappiamo che in quest'area

suburbana erano presenti diverse ville, necropoli e un porto voluto dall'imperatore Augusto1.

La nascita del condotto idrico in questione è ipotizzabile in un momento di risistemazione e

razionalizzazione dell'area classense, tra la metà e la fine del II secolo d.C.2 Nel 1984, durante i

lavori di controllo in un'area marginale delle necropoli, all'interno di una lottizzazione, a est

della Via Romea Vecchia, poco oltre la linea delle mura antiche di Classe, venne individuato un

condotto idrico. Questa zona in antico venne tagliata da uno scasso per far posto al condotto

in oggetto; largo più di 6 metri in superficie e profondo circa 5 metri dal piano di calpestio

antico (circa 7 metri da quello attuale). Lo scasso provocò lo smottamento delle pareti

sabbiose con conseguente collasso al suo interno delle sepolture presenti; successivamente

dopo la costruzione dell'opera vennero sovrapposte altre sepolture. Furono individuati una

serie di pozzetti che servivano per l'ispezione del condotto; nel 1987 iniziarono i lavori

(tutt'ora in corso) di recupero dei materiali giacenti all'interno dei pozzetti, grazie all'aiuto di

sommozzatori esperti e al nascente gruppo di volontari del G.R.A. (gruppo ravennate

archeologico). Grazie a delle sonde penetrometriche si è riusciti a stimare la lunghezza del

condotto di almeno 389 metri; esso era costruito lungo la linea antica di costa. Il condotto

sembra terminare a Nord in un invaso vallivo con sponde regolarizzate in muratura e presenta

una pendenza da Sud verso Nord di circa 30 centimetri. A Sud invece sembra originare da un'

area in cui sono state intercettate delle macerie riferibili forse ad una grossa struttura. Il

condotto stesso è costruito interamente in muratura, per lo più in laterizi della dimensione di

1 CIRELLI 2013, pp. 109-111.

2 MAIOLI 1989-1990, p. 14.

4

circa 30 x 45 cm, la larghezza esterna del condotto è di 1,62 m e l'altezza è di 1,75 m. Le misure

interne sono invece 65 cm per la larghezza e di 1,55 m per l'altezza; la copertura è a cupola e si

poggia su muri laterali di circa 50 cm lasciando una rientranza di 15 cm a 1,11 m dal fondo. La

conferma che i pozzetti ritrovati avessero una funzione di ispezione è data dalla mancanza di

mattoni ad intervalli regolari all'altezza delle aperture; servivano per l'alloggiamento dei piedi

di coloro che erano deputati alla manutenzione del sito. I pozzetti a tutt'oggi scoperti sono una

quindicina con una distanza tra loro di 16 metri e si presentano come strutture in muratura a

pozzo con un imboccatura di 60 x 50 cm. L'esplorazione del condotto ha portato allo scoperto

una quantità enorme e interessante di materiale; esso si presenta raggruppato in una serie di

crolli a forma di cuneo all'altezza di ogni pozzetto e si va diradando allontanandosi da essi.

Inoltre la conduttura oggi è completamente allagata fino alle bocche dei pozzetti, invece

quando era in funzione, l'acqua lo riempiva probabilmente in modo parziale. Ciò è spiegabile

col fenomeno della subsidenza che interessa l'area classense.

I. Le fasi di vita del condotto e i materiali

Gli accumuli di materiali rinvenuti hanno permesso di individuare varie fasi di vita del

condotto: una prima fase che va fino al III secolo d.C. in cui il condotto è stato costantemente

oggetto di regolare manutenzione3. I reperti ritrovati per questo periodo, infatti, sono molto

piccoli e potevano essere stati il frutto di occasionali smarrimenti: chiavi, strumenti d'uso,

oggetti da tavola in vari metalli, fibule, due piccoli oggetti in avorio, monete e pedine in osso (è

probabile che le bocche dei pozzi avessero delle coperture almeno parzialmente aperte).

Verso la fine del III secolo d.C. i pozzi iniziano ad essere utilizzati per lo scarico di materiale;

sono state trovate: ceramiche d'uso quotidiano, due coppe in vetro, piccoli oggetti in osso,

dadi e aghi crinali. La seconda fase di vita della conduttura corrisponde ad un probabile

periodo di abbandono quando fu adibita a discarica. Questa situazione è abbastanza simile a

quella documentata nelle aree vicine, dove si riscontra una situazione generale di collasso

delle strutture4. I materiali assegnati a questa seconda fase sono resti di vegetazione unita a

carcasse di animali gettati all'interno del condotto, a volte interi, come testimonia la numerosa

3 MAIOLI 1989-1990, p. 17.

4 ibidem.

5

presenza di cani; altri resti animali (capre, pecore e polli) sembrano essere stati gettati come

scarti di macellazione: teste intere, o solo parti dell'animale forse già parzialmente

decomposte. Inoltre sono stati rinvenuti i resti della parte posteriore di un cavallo,

sicuramente disarticolato per poter entrare in uno spazio così angusto; è presente inoltre

microfauna locale: rane, topi, tartarughe e un grifone (rapace che si nutre di carcasse, forse

morto accidentalmente mentre si nutriva di qualche carogna)5. Il condotto ha restituito anche i

resti di due infanti a testimonianza ulteriore del degrado della zona in questo periodo,

evidentemente furono deposti senza il bisogno di una sepoltura. L'ambiente anaerobico ha

permesso la conservazione anche di molti oggetti in legno: contenitori per l'acqua e piccoli

attrezzi per la navigazione. Molti sono anche i semi e i frutti che permettono una ricostruzione

generale sia della flora locale che delle coltivazioni presenti in loco. Questa fase di abbandono

è ascrivibile al IV secolo d.C. alla luce anche dei gruppi di sigilli plumbei ritrovati nel pozzo 2,

quasi alla sommità del deposito archeologico di questo periodo. I sigilli con sigla "DN CR"

vengono assegnati a Crispo (figlio di Costantino), divenuto Cesare nel 317 e morto nel 326. Il

condotto nella sua terza ed ultima fase di vita ha restituito una grande quantità di materiali in

ottimo stato di conservazione, per la maggior parte provenienti dalla parte alta del cumulo:

una serie di vasi in terracotta caduti l'uno sull'altro. I vasi che hanno le caratteristiche peculiari

della ceramica da cucina e d'uso comune si sono conservati quasi tutti intatti ad eccezione di

qualche esemplare frammentato tra quelli più in basso del cumulo. Le ceramiche

comprendono vasi biansati, anfore di dimensioni medio-piccole, boccaletti tra cui uno con

un'incisione in lettere greche "EY" dopo la cottura, piatti in terra sigillata chiara, riconducibili

sia alle produzioni africane che a quelle orientali, inquadrabili in base alle loro forme nel V

secolo d.C.6 Il materiale ceramico continua; vi sono ceramiche di impasto da fuoco e lucerne

ascrivibili tra l'inizio del V e il VI secolo d.C. Le lucerne sono sia di tipo orientale che di

produzione locale, a imitazione dei tipi africani (le più tarde). E' presente anche una vasta

gamma di brocche per lo più con corpo globulare, con beccuccio o con orlo rotondo; questi tipi

sono riscontrabili anche in diversi pozzi scoperti nel Modenese, Bolognese e nel Forlivese7 ma

mai nelle grandi quantità del sito in oggetto. Il problema riscontrato da questi materiali è la

datazione, infatti, queste forme sono molto comuni e tendono a perdurare nei secoli, gli stessi

6 AUGENTI, CIRELLI 2012, pp. 212-215.

7 MAIOLI 1989-1990, pp. 20-21.

6

vasi metallici ritrovati in questi depositi sono stati spesso restaurati ed hanno avuto una lunga

vita. Sono comuni nel deposito anche anfore di V-VI secolo d.C., del tipo detto "spatheion", del

tipo "Gaza", siriane, africane e produzioni locali da Classe8, molte delle quali con i tipici fori sul

collo per l'alloggiamento delle corde; sono presenti anche anfore con il tipico taglio a lato,

particolare che si riscontra quando vengono utilizzate per le sepolture (è probabile che

provengano dalle necropoli circostanti al condotto e gettate al suo interno come materiale di

scarico). Il materiale di questo periodo non è solo ceramico ma anche ligneo: pettini, tavoletta

scrittoria, cucchiai, mestoli, manici e altri oggetti d'uso frammentati. Come nello strato

precedente sono presenti oggetti lignei dell'armamentario navale e una misura metrica in

legno. Il materiale anche qui presenta omogeneità, infatti sono presenti piccoli oggetti in osso

(dadi, aghi, pedine, spilloni), piccoli ciondoli in ambra, gioielli in gaietto e anche oggetti vitrei

pertinenti a calici e piccoli bicchieri; oltre ad una grossa coppa in vetro verde quasi integra. Nel

pozzetto 39 è stato rinvenuto un gruzzolo di monete in bronzo10, riferibili al periodo che va da

Onorio a Valentiniano III; ciò oltre a confermare la datazione al V secolo d.C. di questa fase di

vita del condotto, dimostra il cambio d'uso di questo pozzetto per scopi di rifornimento

idrico11. I vasi rinvenuti dal deposito di questo periodo erano usati con tutta probabilità per

attingere l'acqua dal pozzo, spesso sono stati ritrovati col manico spezzato in antico e con fori

all'altezza del collo per permettere il passaggio di corde. Durante gli scavi condotti dal 2002 al

2005 si sono rinvenute diverse stele funerarie innestate nelle camicie dei pozzetti, si tratta di

un reimpiego di materiale atto a ricostruire le bocche dei pozzi ad una quota più alta,

probabilmente in età tardo antica il fenomeno della subsidenza aveva già intaccato il sito e

fatto si che l'acqua fosse arrivata all'orlo dei pozzi12. Di particolare interesse è una stele

funeraria rinvenuta nel settembre del 2003 nella camicia del pozzo 5 sud, è molto consunta su

un lato per l'effetto del passaggio continuo di corde usate per attingere l'acqua. Questa fase di

vita del condotto va vista in concomitanza dello spostamento della corte imperiale a Ravenna

8 AUGENTI, CIRELLI 2012, pp. 211-215.

9 Citato come pozzetto 3 in Maioli 1989-1990 p. 21, è possibile che i pozzetti abbiano cambiato nome nel corso delle

campagne di scavo, tutt'ora in corso (2014). 10

Durante lo studio delle monete non è stato possibile riscontrare la presenza di un tesoretto in base alla documentazione e al probabile cambiamento del nome dei pozzetti, soltanto due monete erano descritta in documentazione come provenienti da un gruzzolo ma da pozzo 3 (non preso in esame per questo lavoro). E' possibile però che il gruzzolo sia stato presente in uno dei due pozzetti presi in esame (2 nord, 8 sud) vista la grande quantità di moneta del V secolo d.C. e l'omogeneità del materiale. 11

MAIOLI 1989-1990, pp. 21-22. 12

CORTESI-NARDINI 2009, pp. 94-97.

7

e in un ottica di progettualità generale che doveva interessare la risistemazione delle strutture

precedenti, affiancata ad un nuovo slancio edilizio. In questa fase il condotto ha funzione di

approvvigionamento idrico fino alla fine del VI e probabilmente agli inizi del VII secolo d.C. (il

materiale è ancora in corso di studio). La chiusura dei pozzi avviene in età bizantina: i pozzetti

vengono occlusi con grosse quantità di macerie composte per lo più da laterizi di epoca

romana, resti di intonaci, pavimenti e frammenti di marmi ornamentali oltre che da stele

funerarie. La datazione alta della chiusura dei pozzi è probabile, perciò, in riferimento alla

presenza della voluta di un capitello marmoreo del V secolo d.C. all'interno del pozzetto 1.

Evidentemente la grossa quantità di materiale proveniva dalle numerose strutture dismesse di

età romana e tardo antica nei pressi del condotto. Al momento non è possibile sapere

l'effettiva motivazione che portò alla chiusura dei pozzi; probabilmente questo avvenimento è

da vedere sotto un'ottica di abbandono dell'area a sud di Classe e di un conseguente recupero

dell'abbondante materiale romano presente nella zona.

II. Conclusioni alla luce dei nuovi ritrovamenti

Il sito è stato interpretato come condotto fognario negli anni ottanta, ma alla luce dei nuovi

ritrovamenti l'ipotesi non sembra più sostenibile. Infatti i recenti scavi hanno messo in luce un

complesso di vasche attualmente a cielo aperto in cui sfocia il condotto a nord. Delle tre

vasche individuate, la prima, quella dove sfocia il condotto ha forma trapezoidale ed è larga

1,60 m all'imbocco, e 1,30 m dalla parte opposta, per una lunghezza di 1,90 m. Le altre due

hanno una larghezza costante di 1,20 m e sono entrambe lunghe 1,50 m con uno spessore

delle pareti di 40 cm. Fra una vasca e l'altra sono presenti dei restringimenti, formati da

basamenti (circa 90 x 120 cm) che probabilmente sostenevano delle arcate, la cui funzione è

ancora incerta13. Tracce di queste arcate si trovano in uno dei restringimenti. Recenti

prospezioni hanno indicato la possibilità che vi siano altre vasche oltre a quelle già ispezionate;

lo scopo dei prossimi scavi sarà appunto individuare le nuove vasche e capire possibilmente

dove terminino per poter ipotizzare una più probabile funzione d'uso dell'intero condotto.

Nonostante la particolarità della struttura rinvenuta, ad oggi un 'importante traccia può

13

CORTESI-NARDINI 2009, pp. 106-108.

8

aiutare a capirne la funzione, infatti, su uno dei basamenti delle vasche vi è la presenza di

solchi paralleli che sembrano indicare il continuo scorrere di un qualche ingranaggio

(probabilmente ligneo). Questo può far ipotizzare un meccanismo di adduzione dell'acqua

(noria14 ?). E' possibile che il condotto idrico rifornisse di acqua qualche struttura privilegiata

(villa15 ?) tramite queste vasche e non è da escludere che le stesse vasche, ammesso che

fossero a cielo aperto anche in antico, siano state sfruttate per la raccolta pubblica dell'acqua.

Questa ipotesi ovviamente è da verificare ma alla luce di questi nuovi ritrovamenti si è fatto un

grosso passo in avanti negli studi di questo importante opera idrica, e con tutta probabilità nei

prossimi anni nuovi scavi potranno fornire maggiori informazioni a riguardo.

14

La noria è una ruota idraulica che ha la funzione di sollevare acqua sfruttando la corrente di un corso idrico. 15

E' stata ritrovata una villa romana nel podere Marabina (nei pressi del condotto idrico) abbandonata agli inizi del III secolo d.C.: CIRELLI 2013, p. 113.

9

Fig. 2. Sezione del condotto in prossimità di un pozzetto di ispezione. Vista interna in direzione Est-Ovest, da MAIOLI 1989-1990.

Fig. 3. Sezione del condotto in prossimità di un pozzetto di ispezione. Vista esterna in direzione Nord-Sud, da MAIOLI 1989-1990.

Fig. 1. Il tracciato del condotto, da CORTESI-NARDINI 2009.

Fig. 5. Sezione di un tratto del condotto. Azzurro: acqua di falda; arancione: materiale di riempimento, da CORTESI-NARDINI 2009.

Fig. 4. Sezione di un tratto del condotto. In evidenza il cumolo di materiali che ostruisce il condotto solo all'altezza dei pozzetti, da CORTESI-NARDINI 2009.

10

Fig. 6. Un pozzo di accesso visto dall'esterno, da CORTESI-NARDINI 2009.

Fig. 7. Un pozzetto di accesso visto dall'interno, da CORTESI-NARDINI 2009.

Fig. 8. Pianta delle vasche, di Cristina Leoni (La Fenice Archeologia e Restauro S.r.l.).

Fig. 9. Le vasche, da CORTESI-NARDINI 2009.

11

Fig. 10. Lapidi funerarie romane reimpiegate per la camicia del un pozzo, da CORTESI-NARDINI 2009.

Fig. 11. Lapidi funerarie recuperate dalla camicia del pozzo. Quella di sinistra presenta una parte molto consumata dove scorrevano le corde per il recupero dell'acqua, da CORTESI-NARDINI 2009.

Figura 1

Fig. 12-13. Tracce lasciate dai probabili ingranaggi presenti all'interno delle vasche, da CORTESI-NARDINI 2009.

12

CAPITOLO II

L'evoluzione del sistema monetale dall'età tardo antica all'alto medioevo.

La produzione regolare di moneta aurea fu ripresa solo con Diocleziano e la sua riforma (286-

294 d.C.), dopo un intervallo di diverso tempo. Il peso era di 1/70 di libbra, dal 290 d.C.

divenne 1/6016. La riforma di Diocleziano agì anche sull'argento che recuperò nel 295 d.C. lo

stesso titolo del vecchio denarius prima dell'inflazione del III secolo d.C.; il nuovo denarius

pesava 1/96 di libbra e sia nell'oro che nell'argento veniva indicato il peso. Per quanto riguarda

il bronzo la politica monetaria di Diocleziano fu in linea con quella del precedente imperatore

Aureliano, l'antoniniano venne sostituito dal cosiddetto "follis" detto anche laureato grande

(circa 10 g). Vennero coniate due frazioni di "follis": il radiato (circa 3,90 g) e il laureato piccolo

(circa 1,50 g). Probabilmente la volontà dell'imperatore era quella di raggiungere un assetto

monetario stabile almeno tanto quanto quello del principato prima del periodo dell'inflazione.

I tassi di cambio erano di 4 aurei per libbra d'argento, quindi con 24 monete d'argento se ne

acquistava una d'oro. Un "follis" veniva cambiato a 20 denarii communes, un argenteus a 100

denarii communes, come citato nell'editto di Afrodisia del 30117. L'imperatore continuò ad

immettere grosse quantità di monete di bronzo sul mercato, soprattutto quelle di piccole

dimensioni che non erano nemmeno placcate d'argento. Queste riforme però andarono

incontro ad un fallimento, infatti la conseguenza di ciò fu l'aumento ulteriore dei prezzi e la

sopravalorizzazione delle monete d'oro e d'argento oltre il loro valore nominale corrente. Ciò

si nota anche nell'editto dei prezzi voluto dall'imperatore, in cui il prezzo dell'oro fu fissato a

50 mila denarii alla libbra, sia in verga che per monete. La grande considerazione che si aveva

per i metalli nobili è palese dall'editto di Diocleziano, a partire dal quale vennero valutati in

verghe, ovvero a peso.

16

CARLA' 2007, p. 160. 17

ibidem, p. 194.

13

I. Le riforme e l'instabilità della moneta bronzea nel IV e V secolo d.C.

Per un secolo e mezzo è difficile rintracciare l'andamento ponderale e di modulo delle monete

di bronzo. Nonostante ciò vi furono delle riforme occasionali atte a rinforzare il valore della

moneta di conto: nel 348 d.C. fu immessa sul mercato una serie di emissioni di peso maggiore,

nel 356 d.C. invece, vi fu una legge che dovette rimediare alla precedente, infatti,

successivamente alla riforma del 348 d.C. si manifestò un'instabilità ponderale delle monete in

bronzo e fu necessario confiscare tutte i divisionali del periodo precedente18. La confisca di

queste monete portò alla rifusione delle stesse e ad enormi speculazioni, infatti, furono

vendute ingenti quantità di nominali come merce, spesso addirittura i mercanti trasportavano

carichi di monete di bronzo con navi o animali da soma. Nel 395 d.C. il governo cercò di

ammettere sul mercato come valuta legale solo i centenionales nummi, che erano i minuscoli

pezzi di bronzo del peso di uno scrupolo (1/288 di libbra). Fino alla riforma di Anastasio della

fine del V secolo d.C. gli unici pezzi in bronzo coniati dalle zecche imperiali furono questi piccoli

nummi. L'oro e l'argento invece riacquistò grande importanza già dal regno di Costantino.

L'imperatore rimpinguò le tasse dello stato tramite la confisca dei tesori dei templi pagani; allo

stesso tempo immise sul mercato una nuova moneta d'oro: il solidus; del peso di 1/72 di

libbra, 4 scrupoli o 24 siliquae. Furono inseriti sul mercato anche due monete divisionali del

solidus, in oro: il semissis e il tremissis; quest'ultimo aveva il peso di mezzo scrupolo, dal regno

di Teodosio peserà invece 1/3 di solidus. L'argento invece vede il suo progressivo declino a

partire dalle metà del IV secolo d.C.; nel 348 d.C. prima con una riduzione a 1/144 di libbra, poi

nel 396 d.C. a 1/240 di libbra finché l'emissione regolare della moneta d'argento fu soppressa.

Prima del declino il milliarensis d'argento era battuto a 1/96 di libbra. Il peso della moneta

d'argento variava probabilmente a seconda del cambiamento di valore dell'oro e dello stesso

argento. Il prezzo ufficiale dell'argento sotto Costantino era di 4 solidi per libbra; di

conseguenza il milliarensis valeva 1/24 di solidus oppure una siliqua. Nel 397 d.C., si cercò di

assestare il prezzo dell'argento: 5 solidi per libbra; col valore di mezza siliqua per moneta. La

volontà dell'impero evidentemente, era però di incanalarsi in un circuito monetario

bimetallico. La legge richiedeva modalità di tassazione in libbre quando si parlava di argento e

mai in moneta bronzea. Non era possibile quindi riscuotere le tasse con moneta argentea,

18

HUGO-JONES 1999, p. 652.

14

visto il suo valore così altalenante e spesso tendente alla svalutazione. La preferenza dei solidi

d'oro sull'argento a peso rimarca ulteriormente la sfiducia verso questo metallo. Dalle fine del

IV secolo d.C. l'argento venne usato solo per i pagamenti in occasioni celebrative. La relazione

tra la moneta di bronzo e quella d'oro fu perfino più instabile: si arriva nella seconda metà del

IV secolo d.C. a sproporzioni grandissime, con le monete di bronzo che furono frequentemente

ritariffate e rimpicciolite. I calcoli per il bronzo erano effettuati in veri nummi e non più in

denarii (unità di misura per il bronzo nel IV secolo d.C.), infatti nel 445 d.C. Valentiniano III

decretò di vendere il solidus a 7200 nummi19. Un'unità di misura usata spesso in Africa nel IV

secolo d.C. era il follis che corrispondeva probabilmente a mille nummi Aurelianei;

successivamente diventò un divisionale vero (si può parlare di follis dall'epoca di Costantino).

La moneta di bronzo era un divisionale utile per il popolo ma di disinteresse assoluto per il

governo che come abbiamo visto solo saltuariamente ed in modo inefficace cercò di regolare.

Il governo tutti gli anni emetteva grandissime quantità di moneta spicciola sul mercato per i

pagamenti degli stipendia ai soldati, senza però nessuna tassa da pagare in bronzo che potesse

ritirare le tante monete di conto e regolamentare il mercato. Di conseguenza la

sovrabbondanza di queste monete che restava sul mercato portò alla svalutazione delle

stesse, e ad un aumento dell'inflazione. Si pensava in antichità che queste monete di bronzo

avessero valore nominale e si potessero svalutare soltanto se svilite o ridotte di peso. In Italia,

dove la struttura comitatense e l’amministrazione regionale fu virtualmente preservata

intatta, Odoacre continuò il modello di produzione di conio che ereditò dai suoi imperiali

predecessori. Dopo un periodo iniziale, comunque, il suo successore ostrogoto Teodorico

concentrò la produzione di conio con metalli preziosi principalmente su Roma, piuttosto che a

Milano o a Ravenna e fu seguito in questa politica dai suoi successori. Roma fu anche la zecca

dalla quale Teodorico ha riformato la coniazione di follis e delle frazioni di bronzo, dove erano

principalmente emesse. Sembra chiaro che la sua politica fosse inoltre desiderosa di conciliare

il senato di quella città. Intanto alla fine del V secolo d.C. specie sotto Teodorico l'inflazione si

abbassò perché vennero coniate meno monete di bronzo per i pagamenti e di valore

maggiore. Parallelamente si ebbero gettiti in oro superiori. Ormai non vi era più nulla tra la

moneta d'oro e i piccolissimi nummi dalla fine dal IV secolo d.C., visto che nemmeno più

l'argento veniva coniato se non sporadicamente. A far fronte a questo problema furono i regni

19

ARSLAN 2003, p. 28.

15

"barbarici" dell'Occidente: a Roma sin da Odoacre vennero coniate grosse monete di rame

con segno XI, nello stesso periodo circa a Cartagine i Vandali coniarono monete simili marcate

N XLII20. Queste monete Africane erano chiamate folles e forse non a caso nacquero qui, dove

questo termine era usato costantemente in passato nelle transazioni come unità di misura.

Vennero coniate anche nominali più piccoli del follis marcati XX, X e V, e pezzi che valevano la

metà o il doppio (marcati N XXI e N LXXXIII) sia in Italia che in Africa. Il valore del follis sarà

stato di 1/180 di solidus, 1/90 di semissis, 1/60 di tremissis, con la siliqua di 7,5. Alla fine del

regno di re Gunthamund (484-496 d.C.) il follis fu deprezzato a 350 al solido (14400 nummi).

II. Dalla riforma di Anastasio a Giustiniano

La riforma dell'imperatore Anastasio si andò ad inserire in un nuovo quadro economico che si

stava delineando ad Occidente; l'artefice fu il suo comes sacrarum largitionum Giovanni.

Secondo alcuni il comes copiò il sistema monetario dei Goti attuato già in Italia, un'altra

versione vuole invece che siano stati i Goti e i Vandali ad imitare il nuovo sistema monetario

dall'impero d'Oriente che emise monete di rame del valore di 40, 20, 10 e 5 nummi21. Queste

monete avevano impresso il loro valore in nummi inciso con una lettera: M, K, I, E22. La prima

serie di emissioni fu più leggera di quelle italiane visto che il follis fu battuto a 1/36 di libbra, la

serie successiva pesò il doppio (1/18) per essere successivamente di nuovo alleggerita (1/20).

La situazione ad Est rimase grossomodo inalterata, d’altra parte è probabile che il tasso di

produzione fu da allora su scala ridotta, e che questo in qualche modo comportò

un’interruzione di alcune zecche, sebbene la piccola misura e la pessima manifattura dei

nummi contemporanei renda la materia difficile da giudicare. La suggestione di

un’interruzione fu in qualche modo supportata dal fatto che la riformata coniazione in bronzo

di Anastasio fu il prodotto solo della zecche di Nicomedia e Antiochia, sebbene la riforma di

Giustino I invece fosse ancora una volta il prodotto di Salonicco, Nicomedia, Cizico, Antiochia e

Alessandria. In questo periodo furono poche le coniazioni in metallo nobile fuori da

Costantinopoli per via dello stanziamento della zecca comitatense in città. E' un caso

20

ARSLAN 2000, pp. 492-493. 21

GREIRSON 1999, pp. 17-18. 22

CASTRIZIO 2005, p. 12.

16

eccezionale quello dei solidi prodotti ad Antiochia per l’usurpatore Leonzio (484-488 d.C.), e

quelli prodotti dalla stessa zecca per l’imperatore Zenone; probabilmente durante

l’usurpazione metropolitana di Basilisco (475-476 d.C.). Sono coinvolti anche una sporadica

serie di solidi e tremissi di Salonicco che vanno fino a Tiberio II, se non oltre. Successivamente

ad Anastasio, furono continuate le emissioni di follis del peso oscillante tra 1/20 e 1/18 di

libbra, nel 539 d.C. Giustiniano fece rivivere temporaneamente il taglio pesante di 1/18 di

libbra. Un'altra innovazione attribuita ai regni "barbarici" dell'Italia e d'Africa fu la

reintroduzione della moneta d'argento, continuata da Giustiniano dopo la riconquista di questi

territori. I tagli di queste monete d'argento emesse dai Vandali furono tre: 1/576, 1/288, 1/144

di libbra, marcate rispettivamente DN XXV, DN L, DN C23. La libbra d'argento sembrerebbe

avere a quest'epoca il valore di 5 solidi, quindi l'unità di misura della moneta d'argento doveva

essere di 2880 al solido, e di 5 nummi (stando al valore del nummus di questo periodo). Le

monete d'argento di Giustiniano coniate dopo la conquista avevano valore: 1/240 e 1/480 di

libbra, marcate rispettivamente CN (250) e PKE (125). Queste monete d'argento erano

destinate alla circolazione locale; con questi pesi si possono ricavare inoltre le proporzioni di

12 mila nummi per solidus in Italia e 7200 in oriente sotto Giustiniano. Dopo il riassetto

amministrativo delle prefetture; Giustiniano concentrò la produzione dell'oro, come sembra,

nelle città sedi del prefetto: Cartagine, Tessalonica, Ravenna (sotto gli Ostrogoti in precedenza

fu spostata la produzione a Roma). In oriente non fu fatto nessun tentativo di coniazione

d'argento fino ad Eraclio. Con questa riforma si ottenne che il rapporto di peso tra la moneta

di rame e il solido non variasse eccessivamente, emettendo anche sul mercato quantità

controllate di nominali in bronzo. Nonostante tutto il solido non fu mai deprezzato e infatti

durante le transazioni venivano sempre pesati. Come visto in precedenza la zecca di

Tessalonica interruppe la coniazione di bronzo nel V secolo d.C. per coniare sporadicamente

l'oro nello stesso secolo e nel VI secolo d.C. Il bronzo fu nuovamente ribattuto inizialmente a

singhiozzo con Giustino I e poi a pieno regime con Giustiniano. I primi folles coniati portavano

la legenda "THESSOB" (Thessalonike obryza24) tipica dell'oro e successivamente tornarono con

la semplice scritta TES tipica delle monete di rame della zecca. Si hanno emissioni anche dalle

unità amministrative "anomale" istituite sotto Giustiniano; tre di queste avevano una zecca:

23

ARSLAN 2000, pp. 492-493. 24

Obryza: puro; riferito alla purezza dell'oro.

17

Cartagena in Spagna con un'emissione sporadica di tremissis d'oro da Giustiniano ad Eraclio,

Cherson emise delle serie di nummi sotto Giustino I, Giustiniano, Maurizio ed Eraclio. Salona

egualmente emise una serie di nummi probabilmente nel periodo del grosso dispiegamento di

forze militari (guerra greco-gotica) tra il 549-552 d.C.25 Vi sono altre serie in bronzo del VI

secolo d.C. di provenienza sconosciuta che probabilmente si inquadrano in ambito militare,

come emissioni gestite dalla questura dell'esercito.

III. L'Alto Medioevo

Verso la fine del VI secolo d.C. fu aperta una nuova zecca a Catania che dovette provvedere

alla coniazione di monete d'oro e bronzo. La moneta cardine nel VII secolo d.C. all'interno

dell'impero bizantino era ancora il solidus/nomisma del peso di 4,55g. La produzione

monetaria a partire dalla fine del regno di Eraclio fino agli inizi dell'VIII secolo (642-717 d.C.)

era strutturata in questo modo: solidus/nomisma del peso di 4, 50g circa e con la presenza del

98% d'oro puro al suo interno, con la stessa quantità d'oro vi erano il semissis e tremissis

rispettivamente del peso di 2,25g e 1,50g circa. Tra le monete d'oro e i nominali bronzei vi era

una moneta d'argento immessa sul mercato da Eraclio, soprattutto per evitare pagamenti e

donazioni in oro all'esercito e in occasione di festività. Questa moneta è l'exagramma del

peso di 6,72g circa e con la presenza del 96% di argento puro26. I nominali minori erano ancora

il follis (di 3g circa), mezzo follis, e il decanummo. Nel VII secolo d.C. progressivamente i

nominali minori avevano un valore in forte ribasso, infatti, vennero tolti dal mercato il nummo

e il pentanummo, ancora presenti nel VI secolo d.C. Il follis che in età giustinianea aveva

ancora una certa importanza, arriverà ad avere un peso bassissimo già sotto Costante II. Il

contenuto aureo del solidus di Costantinopoli invece diminuisce a partire solo dal 680 d.C.,

anche se in maniera molto limitata, senza mai scendere sotto il 95% di oro intrinseco. Le

zecche provinciali rimaste in Occidente si allontanano sempre più dalle norme della capitale,

sia nei loro tipi iconografici che nella metrologia. Cartagine ancora attivissima sotto Costante

II, a partire da Eraclio emette solidi molto più piccoli e spessi (detti "globulari") di quelli

costantinopolitani; il loro peso è ancora corretto ma la forma specifica sembra destinata a

25

MORRISSON 2011, p. 416. 26

GRIERSON 1999, p. 13.

18

rendere la coniazione più rapida e meno costosa. Fino alla fine del VII secolo d.C., a Cartagine

(chiusa nel 695 d.C.) come in Italia e in Sicilia l'oro resta di purezza quasi analoga a

Costantinopoli. A Siracusa, tra il 695 e il 705 d.C., scende addirittura tra l'80% e il 71%, prima di

stabilizzarsi all'82% fino agli anni venti del IX secolo d.C. Queste fluttuazioni coincidono con la

progressiva caduta dell'isola siciliana in mano araba; la stabilizzazione arriverà con la riforma

fiscale di Leone III (717-741 d.C.)27. Successivamente ci saranno nuove alterazioni del peso

dell'oro ancora maggiori fino ad arrivare al 47-40% sotto Michele III (842-867 d.C.)28 che

porteranno alla confisca delle rendite del patrimonio di San Pietro. L'alterazione della moneta

d'oro di Roma e Ravenna è meno conosciuta nei dettagli, inizia nello stesso periodo, ma le

autorità locali, con le risorse ridotte, non potevano arrestare un processo che riguardava

anche la monetazione longobarda nel Nord o in Toscana, così come a Benevento. La

frammentazione dei possedimenti bizantini in Italia e il sostegno sempre più limitato che essi

ricevono dalla capitale spiegano l'autonomia crescente delle autorità regionali anche in

materia monetaria: Ravenna, ormai isolata, ha una produzione sempre più ridotta e non è più

l'unica città a coniare l'oro. A Napoli i duchi, a partire già dal 660 d.C. circa, si dotano di una

zecca che di tanto in tanto batte solidi svalutati e rare monete di bronzo a nome

dell'imperatore. A Roma, i papi affermano progressivamente la loro autorità in una serie di

emissioni molto caratteristiche nei tre metalli conservando sulla moneta d'oro il nome del

basileus fino a Leone IV, ma contrassegnandole con il proprio nome di tanto in tanto a partire

dal 687 d.C., e continuamente dal 740 d.C. La maggior parte delle piccole emissioni in argento

che fino ad allora recavano il monogramma dell'imperatore o la sigla RM (Roma) subiscono

anch'esse la svalutazione. La prima moneta con titolatura interamente pontificale risale ad

Adriano I (772-795 d.C.), ma resta di ispirazione bizantina; poco dopo, i primi denari di tipo

carolingio saranno emessi dallo stesso pontefice, e con l'adozione della datazione per anno di

regno del re franco, nel 798 d.C., suggelleranno definitivamente l'entrata di Roma nell'orbita

economica monometallica carolingia29.

27

COSENTINO 2008, p. 203. 28

GRIERSON 1999, pp. 8-9. 29

La monetazione carolingia si basa esclusivamente sull'impiego dell'argento per le coniazioni.

19

CAPITOLO III

Le monete dal condotto

L'oggetto di questo studio è stato il materiale numismatico proveniente dai pozzetti di

ispezione 2 nord e 8 sud. Le monete prese in esame sono 189 su un totale complessivo di circa

400, le statistiche presenti riguardano circa la metà dei materiali disponibili. E' importante

ricordare come ogni pozzetto sia un contesto a sé stante, all'interno del quale si susseguono

diverse fasi di vita; questi momenti sono spesso simili cronologicamente a quelli degli altri

pozzetti. La pessima conservazione del materiale non ancora restaurato incide fortemente

sugli aspetti statistici e quantitativi : gli esemplari presentano ancora incrostazioni consistenti

quando non sono del tutto illeggibili per l'eccessiva consunzione. Le monete si ritrovano nel

condotto in seguito a smarrimenti (perse e cadute nel condotto) occasionali, fatta eccezione

della deposizione del gruzzolo scoperto negli anni '80 proveniente dal pozzetto 330 (i pozzetti

hanno cambiato nome negli anni). In linea generale si vede una grossa concentrazione di

materiale sia verso la fine del IV che nel V secolo d.C. anche se si sospetta che il gruzzolo

descritto proveniente dal pozzo 3 si tratti dello stesso materiale rinvenuto nel pozzo 8 sud; in

base a questa eventualità andrebbe riassegnato il primato per numero di monete tra le fine

del IV e gli inizi del V secolo d.C., in coerenza anche con gli altri ritrovamenti effettuati nella

area romagnola. Un'ultima premessa va fatta sulle monete di V secolo; questo materiale

ancora oggi oggetto del dibattito tra gli studiosi per la sua datazione è spesso illeggibile, quindi

la cronologia viene determinata in base al peso e al modulo, ma di questo ne parleremo più

avanti (paragrafo IV-V-VI). Gli standard ponderali e le dimensioni di queste monete tardo

antiche si mantengono inalterati per molto tempo: tutto il V fino ad arrivare al VI secolo

inoltrato, dopo un definitivo peggioramento avvenuto intorno al secondo quarto del V secolo

d.C. Per il periodo precedente invece è riscontrabile una quasi assenza di monete del I secolo

d.C., una ottima consistenza di nominali per la seconda metà del II e gli inizi del III secolo d.C.

Infine è riscontrabile una ripresa della quantità di moneta circolante agli gli inizi del IV che va

gradualmente aumentando verso la fine del secolo.

30

MAIOLI 1989-19990, p. 21.

20

Fig. 14. Prospetto cronologico riassuntivo delle monete rinvenute (valori quantitativi).

Sono state inserite nel grafico solo le monete identificate o attribuibili ad un secolo preciso.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

I secolo d.C. II secolo d.C. III secolo d.C. IV secolo d.C. V secolo d.C.

Pozzo 2

Pozzo 8

21

I. Esemplari del I secolo d.C.

La monetazione imperiale del I secolo d.C. proveniente dai due pozzetti presi in esame è quasi

assente; un solo esemplare è stato identificato con sicurezza ed un altro con approssimazione.

La moneta leggibile è un denario dell'imperatore Vespasiano del 69-79 d.C. Una spiegazione di

questa assenza può essere la mancata frequentazione dell'area specifica del sito. In realtà intorno

al 27 a.C. l'imperatore Augusto fece costruire nell'area classense un porto militare con funzione di

controllo della parte orientale del Mediterraneo. E' più probabile che da quando fu stanziata la

flotta l'area iniziò ad essere abitata dai militari, ma senza ancora una diffusione di funzioni

commerciali, iniziate probabilmente soltanto nel II secolo d.C. quando intorno al porto e alle

caserme nascerà un piccolo nucleo insediativo. Il numero di monete cresce gradualmente col

passare del tempo fino ad arrivare ad avere una buona presenza, sotto i regni di Antonino Pio e

Marco Aurelio; vista la natura del sito in questione c'è la possibilità che l'esemplare di Vespasiano

sia circolato anche più tardi, infatti, non si ha una stratigrafia certa, oltre al fatto che per i primi tre

secoli dell'impero il condotto fu puntualmente manutenuto. Da un punto di vista più ampio e

generale l'area ravennate non ha restituito grosse quantità di monete del I secolo d.C.; come

dimostrano gli scavi degli anni '70 e '80 della basilica di S. Croce (Ravenna), della basilica di S.

Apollinare in Classe31 e quelli del porto di Classe32. Gli scavi del porto di Classe non hanno

restituito monete di I secolo d.C. ma solo dal II secolo d.C. in poi, pur rintracciando spesso

strutture pertinenti alla prima età imperiale; nel caso in questione una villa romana. Anche gli

scavi presso S. Apollinare in Classe hanno restituito monete solo di periodo successivo a

confermare l'ipotesi precedentemente espressa. Gli scavi urbani di S. Croce invece hanno

restituito un gruzzolo monetale che va da Domiziano ad Antonino Pio33, queste monete

provengono da un pozzo romano connesso ad una domus più volte restaurata nei primi tre secoli

dell'impero romano. Quindi seppur sia presente moneta di I secolo d.C. (tra l'altro in piccola

quantità e da un gruzzolo), è da sottolineare che si tratta di un contesto urbano. Questo gruzzolo

conferma ancora una volta la circolazione monetaria massiccia solo a partire dal II secolo d.C. nell'

area di Ravenna e Classe.

31

MORELLI 2001, pp. 553-556. 32

CURINA 1983, p. 204. 33

STOPPIONI 1986, pp. 47-51.

22

II. La diffusione della moneta nell'epoca degli Antonini

Sono otto le monete di sicura attribuzione ad autorità del II secolo d.C. dal pozzo 2 nord; tre di

queste possono essere inquadrarte tra la fine del II e gli inizi del III secolo d.C. Nove monete

(sette assi, due sesterzi) sono illeggibili ma databili al I-III secolo d.C. Dal pozzo 8 sud non sono

pervenute monete imperiali fatta eccezione per un asse illeggibile datato

approssimativamente tra I e III secolo d.C. Le monete leggibili del pozzo 2 nord sono così

suddivise: un asse e un denario di Antonino Pio per Faustina I (138-160), un denario di

Antonino Pio (145-160), due assi per Faustina II di Antonino Pio o da Marco Aurelio (147-175),

un asse di Marco Aurelio (161-180), un denario e un asse di Commodo (177-192). Sono undici

invece le monete da collocare da Antonino Pio agli inizi del III secolo d.C., e con molta

probabilità ne sono presenti altre tra quelle illeggibili assegnate tra I-III secolo d.C. Salta subito

all'occhio la grossa discrepanza quantitativa con l'unico esemplare del I secolo d.C.; è evidente

come durante l'epoca degli Antonini la frequentazione fosse maggiore. Gli esemplari pervenuti

di denari sottolineano la grande diffusione di questo nominale seppur di scarso peso; questo

può giustificare la perdita delle tante monete in bronzo di ottimo peso come gli assi e i sesterzi

individuati. Il numero di monete può sembrare esiguo ma confrontandolo con gli scavi

sistematici effettuati a poca distanza dal condotto in esame si conferma la grande diffusione

della moneta per l'età degli Antonini nella zona di Classe in cui erano presenti importanti

strutture. Il rinvenimento di un solo esemplare coniato per Faustina II durante gli scavi del

porto di Classe34 tra il 1975 e il 1982 è eloquente in questo senso. Evidentemente l'area di

Classe nel II secolo d.C. fu insediata a macchia di leopardo35. La forte concentrazione

monetale che inizia con Antonino Pio aumenta con Marco Aurelio e continua con Commodo.

Dopo il principato di Commodo la circolazione dovette rimanere consistente almeno fino a

Gallieno 253-268 d.C. E' da presumere che nella prima metà del III secolo l'economia

monetaria e la circolazione sia molto simile a quella del II secolo d.C.; un'inversione di

tendenza si ha verso la metà del III secolo quando avvenne il passaggio dalla moneta bronzea

all'antoniniano in lega d'argento. Come accennato nel paragrafo precedente la presenza della

moneta alto imperiale scarseggia anche nella zona indagata a Sud di Classe presso la basilica di

34

CURINA 1983, p. 204. 35

CIRELLI 2013, pp. 112-113.

23

S. Apollinare36, anche se è accertata una necropoli romana di età alto imperiale presso la

basilica. Evidentemente questo luogo fu frequentato assiduamente solo a partire dalla

diffusione del cristianesimo come attestano le monete Costantiniane agli inizi del IV secolo

d.C.37 L'unico rinvenimento cospicuo di monete del II secolo d.C. proviene da Ravenna, dalla

basilica di S.Croce. Nel 1984 fu individuato un pozzo sotto la basilica connesso ad una domus; il

materiale si concentra soprattutto durante il principato dell'imperatore Adriano, agli inizi del II

secolo d.C.38 E' stato ipotizzato che le 34 monete in questione siano appartenenti ad un

gruzzolo unitario perduto o occultato probabilemente sotto il regno di Antonino Pio se si

considerano tutte le monete in questione, o alla fine del regno di Adriano se si considera solo il

materiale meglio conservato. Infatti i due dupondi di Antonino Pio e per la Diva Faustina si

presentano più consunti e forse estranei al gruzzolo. Le monete sono state ritrovate senza

contenitore ma molto vicine tra di loro sia fisicamente (vicino alla camicia interna del pozzo)

che dal punto di vista cronologico. Il dato numerico dimostra un grosso aumento della moneta

di bronzo durante i regni di Traiano e soprattutto Adriano, in concomitanza di un discreto

periodo di splendore di Ravenna. Il gruzzolo rappresenta un ottimo riflesso della circolazione

cittadina tra la fine del I e la metà del II secolo d.C. per via della vicinanza cronologica delle

monete. Questo può far pensare ad una perdita occasionale di un borsellino o un sacchetto

con all'interno il valore di una spesa giornaliera39 (il potere di acquisto delle monete insieme è

modesto); rispecchiante quindi la reale circolazione, non escludendo quindi che anche le

monete precedenti alla perdita del gruzzolo fossero ancora in circolazione. Il gruzzolo di S.

Croce mostra quindi un aumento del nominale in circolazione già prima del regno di Antonino

Pio come testimoniato dai rinvenimenti del pozzetto 2 nord; evidenziando una fase di

sviluppo economico e edilizio dell'area ravennate-classense già agli inizi del II secolo d.C. Una

conferma ulteriore proviene dai numerosi bolli impressi sui laterizi provenienti dalle strutture

rinvenute a Ravenna e a Classe, che iniziano con l'imperatore Adriano e continuano con i

successivi imperatori40.

36

MORELLI 2001, pp. 552-564. 37

ibidem, p. 560. 38

STOPPIONI 1986, pp. 48-49. 39

ibidem, p. 50. 40

PELLICIONI GOLINELLI 1993, pp. 57-59.

24

III. Dall'antoniniano al "follis"

Con la riforma di Caracalla del 215 d.C. fu immesso sul mercato un nuovo nominale: l'antoniniano.

Inizialmente era composto di lega ad alta percentuale argentea: aveva valore doppio e modulo

maggiore del denario. L'emissione del denario continuò al fianco di quella dell'antoniniano almeno

fino alla metà del III secolo d.C.; quando il primo andò incontro ad una grande svalutazione per far

fronte allo stato di guerra in cui versava l'impero. Intorno alla metà del secolo, il denario sempre

più svalutato, fu definitivamente eliminato e fu battuto soltanto sporadicamente a favore di una

capillare diffusione del nuovo nominale. Successivamente anche la nuova moneta andò incontro a

svalutazione, fu coniata lega d'argento con l'immissione di rame e stagno producendo così una

lega di biglione, molto simile all'argento. Sotto il regno di Gallieno (253-268) l'antoniniano era

composto ormai al massimo del 5-10% di argento; la moneta fu prodotta totalmente in bronzo con

un'argentatura esterna. Questa soluzione non fu duratura e spinse l'imperatore Aureliano (270-

275) a riformare l'antoniniano, decretando di immettere in ogni nominale venti parti di rame per

una d'argento. Infine l'antoniniano restò in circolazione ufficialmente fino alla riforma (286-294) di

Diocleziano. Le monete di III secolo di sicura attribuzione provengono solo dal pozzo 2 nord: un

antoniniano di Gordiano III (238-244) e due antoniniani di Gallieno (253-268). Salta subito

all'occhio la differenza tra l'antoniniano di Gordiano III e i successivi; il primo presenta il tipico

annerimento dell'argento; un antoniniano di Gallieno invece è completamente di colore verdastro

a testimonianza della perdita della patina argentea che ricopriva la sua anima in bronzo. L'altro

antoniniano di Gallieno invece non ha perso la patina argentea del tutto e risulta inscurito. In linea

generale gli antoniniani che avevano un buon valore intrinseco tendevano ad essere sottratti alla

circolazione in quanto moneta buona, mentre il bisogno di denaro per le operazioni correnti era

soddisfatto impiegando probabilmente gli esemplari svalutati (di Gallieno, e soprattutto di Claudio

il Gotico)41. Spesso gli antoniniani tendevano ad essere tesaurizzati per lungo tempo, si ritrovano

anche in tesoretti di V e VI secolo d.C. E' interessante la frequente presenza in questi tesoretti più

tardi dell'antoniniano a nome del Divo Claudio (post riforma di Aureliano 270) nel tipo della

consecratio; esso è presente nel tesoretto di Falerii Novi42(Viterbo) con quattro esemplari (nel caso

specifico tosati per essere utilizzati col peso dei nominali correnti del V secolo), nel ripostiglio di

Sassari43 (metà VI secolo), nel ripostiglio di Messina44 (metà VI secolo), nel ripostiglio di Rebelais-

41

CALLEGHER 1998, p. 26. 42

ASOLATI 2005, p. 75. 43

MOSTECKY 1993, p. 167.

25

Ain Merane45(Algeria, seconda metà V secolo). Questo nominale è presente anche in ripostigli

occultati poco dopo la sua coniazione: ripostigli della Venera, in provincia di Verona46, ripostigli

francesi di Bazarnes47 e di Sainte Pallaye48, questi ultimi interrati verso il 285. Il peso di questi

nominali all'interno dei ripostigli più tardi è sensibilmente minore di quelli presenti nei ripostigli

precedenti; probabilmente per via dell'usura legata alla manipolazione e alla circolazione.

L'antoniniano del Divo Claudio sembra essere stato oggetto di una selezione tesa a mantenere sul

mercato gli esemplari di lega peggiore o più leggeri. Proprio i pezzi più sviliti (e battuti in maggior

numero) sono quelli che circolano più a lungo; sia nel IV che nel V secolo d.C.49 Sono scarsi i

ritrovamenti di moneta di III secolo dagli scavi effettuati in area romagnola: un sesterzio di

Gordiano III del 240 d.C. proviene dagli scavi di Villa Clelia50 a Imola ed è stato rinvenuto in tomba;

probabilmente interrato in un periodo posteriore. L'assenza di monete dagli strati archeologici di

Villa Clelia precedenti alla riforma di Diocleziano conferma una bassa circolazione nell'area

indagata in questo periodo. Un aumento del circolante si avrà soltanto con la suddetta riforma e

l'immissione sul mercato del follis. Il vecchio antoniniano riformato venne sostituito appunto dalla

nuova moneta che inizialmente era in argento; gli stessi antoniniani e i nominali in bronzo, prima

di scomparire, vennero utilizzati probabilmente per piccole transazioni, tesaurizzati o usati come

"obolo di Caronte" come nel caso del sesterzio di Gordiano III ritrovato in tomba a Villa Clelia. La

concentrazione dei nominali di III secolo si concentra probabilmente presso i siti militari come

appunto Classe; l'eventualità di pagamenti alle truppe non è da scartare visto l'assetto bellico che

vigeva nell'impero in questo periodo. Proprio allora nacquero numerose zecche in tutto l'impero

per far fronte al bisogno di moneta per i pagamenti alle truppe e di conseguenza le coniazioni

aumentarono in maniera esponenziale.

44

MASTELLONI 1993, p. 514. 45

BRENOT-MORRISSON 1983, p. 203, nn. 3-5. 46

GIARD 1995, pp. 13-14; ESTIOT 1995, pp. 42-43. 47

AMANDRY-GAUTIER 1985, pp. 114-115. 48

ESTIOT-AMANDRY-BOMPAIRE 1993, pp. 90-91. 49

CALLEGHER 1998, pp. 26-27. 50

ERCOLANI COCCHI 1982, p. 369.

26

Le monete provenienti dal condotto sono un riflesso della situazione in questo senso; da altri

pozzetti ancora in corso di studio51 provengono monete successive a Gallieno, del periodo di

Claudio il Gotico (fig. 15, 268-270) e un probabile antoniniano riformato di Probo (fig. 16, 276-

282).

Fig. 15. Antoniniano di Claudio il Gotico dal pozzo 3 nord (foto dell'autore).

51

Pozzo 3 nord e vasca 6, non in catalogo.

27

Fig. 16. Antoniniano riformato di Probo (?) da vasca 6 (foto dell'autore).

28

Sulla base di questi dati si nota una discreta continuità seppur in numero esiguo di monete in

circolazione fino a Diocleziano. La salita al potere di questo imperatore è rappresentata da un

piccolo numero di rinvenimenti; come accennato in precedenza dagli scavi di Villa Clelia

provengono tre frazioni radiate di "follis" dal 297 al 299 d.C., dal condotto idrico52 invece,

proviene un follis ben conservato e di buon peso (9.42 g), infatti il peso delle prime emissioni di

questi nominali era stimato intorno ai 10 g.

Fig. 17. Follis di Diocleziano da vasca 6 (foto dell'autore).

52

Vasca 6, non in catalogo.

29

IV. Problemi di circolazione monetale nel territorio di Ravenna tra IV e V secolo d.C.

La scalata al potere di Costantino portò ad una riforma monetaria (309-310) che cambiò

l'assetto economico dell'impero. Oltre all'immissione sul mercato del solidus d'oro e delle

nuove monete d'argento, il nuovo imperatore modificò anche i divisionali in bronzo. Il

nummus centenionalis del peso di 3 g (spesso chiamato follis dai numismatici), sostituì il

vecchio follis di Diocleziano, era di misura più piccola e conteneva a mala pena un po'di

argento. Il "nuovo follis" mantenne il suo peso almeno fino al 330 d.C., successivamente andò

incontro ad una progressiva diminuzione di peso; dopo il 335-336 ormai dai circa 3 g iniziali

arrivò a pesare meno di 2 g. La svalutazione di questa moneta portò ad un massiccio utilizzo

nella circolazione giornaliera, con una conseguente maggiore possibilità di smarrimento.

Considerando anche la diminuzione del potere d'acquisto del follis, nel caso di un eventuale

smarrimento probabilmente non veniva data tanta importanza al recupero di essa. Il pozzo 2

nord del condotto idrico conferma tale trend; solo un follis di Costantino è precedente al 330,

datato al 314, con un peso di 2,76 g, vicino ai 3 g del peso originario. Il tipo rappresentato è

quello del Soli Invicto Comiti, proveniente dalla zecca di Roma; questo tipo è molto diffuso

nelle prime emissioni di Costantino, coniate dopo la vittoria contro Massenzio. Ben tre follis

invece sono stati datati dal 330 al 337: uno del tipo Urbs Roma, un'altro del tipo Gloria

Exercitus (due soldati e due stendardi), il terzo raffigura il busto elmato di Costantinopoli al

dritto, al rovescio è presente una vittoria alata su un rostro di nave. Le prime due monete

hanno un peso di poco superiore al grammo, a conferma della svalutazione dei bronzi

avvenuta intorno 335 d.C. La conseguenza fu una maggiore circolazione che permise ai

nominali di restare per lungo tempo sul mercato. La consunzione di queste monete è effetto

appunto del lungo permanere in circolazione. Il tipo del Soli Invicto Comiti pre 330 d.C. invece,

per via del suo maggiore valore circolò di meno, mantenendo quasi tutto il suo peso originario.

Anche il tipo commemorativo con Costantinopoli elmata, datato 330-337 ha un peso di 2,35 g;

infatti tra 330 e 335 il peso dei follis diminuì di 1/6 circa. Solo a partire dal 335-336 invece il

loro peso diminuisce drasticamente, arrivando a pesare solo la metà. Un'altra emissione

commemorativa pervenuta dal condotto è quella del tipo Urbs Roma; questa moneta è molto

consunta e pesa solo 1,07 g; è possibile che faccia parte delle serie più leggere emesse dopo il

335. I nominali di confronto provenienti da altri scavi nella zona non sono tantissimi. A Classe

30

si riscontra un nucleo consistente che va dal 330-341 d.C.53 , tra le poche monete riconoscibili

vi sono anche qui due del tipo Gloria Exercitus; una di queste è attribuibile a Costantino e

proviene dalla zecca di Tessalonica54. La presenza seppur modesta di monete dalla zecca di

Tessalonica al fianco di Roma, Aquileia e Siscia è testimoniata soprattutto tra il 347 e 348 dagli

scavi di Trento55. Altri due esemplari del 324-337 sono descritti come materiale sporadico

proveniente dall'abitato di Classe56. Dall'area comacchiese invece proviene un tesoretto di

monete ascrivibile alla fine del IV secolo; ritrovato in località Salto del Lupo. I nominali più

antichi presenti sono di età costantiniana databili tra il 324 e il 340. Si tratta di quattro pezzi e

l'unica zecca riconoscibile è quella di Roma57. Dopo la morte di Costantino; in un periodo ricco

di avvenimenti politico-militari si inserisce la riforma di Costanzo II: tra il 348-349 furono

coniati tre tipi di AE con modulo, peso e tipologia differenti. L' AE2 di modulo maggiore fu il

pezzo di riferimento del nuovo sistema; venne tagliato a pesi differenti a seconda della zecca,

in genere a 1/60 di libbra. Questa emissione circolò molto poco, venendo subito affiancata da

due nuovi tondelli: un AE2 di modulo e peso minore (1/72 di libbra) e un AE3 pari circa a 1/120

di libbra58. L'AE2 più pesante finì per essere tesaurizzato poichè era la moneta buona del

sistema; le altre due trovarono molto più spazio nella circolazione. Anche successivamente,

durante l'usurpazione di Magnenzio si tentò di mantenere queste nominali di buon peso, ma

non fu possibile per via dell'ingente bisogno monetale necessario ai pagamenti dell'esercito.

Magnenzio dovette per questo motivo svalutare le sue monete bronzee. Le modifiche al

sistema monetale non terminarono, infatti, dopo la morte dell'usurpatore, Costanzo II immise

sul mercato una moneta leggera (vietando l'uso di quelle precedenti): l'AE3 fel temp reparatio

che ebbe una grandissima successo sul mercato. Le conseguenze a cui portò l'entrata in circolo

di questo nuovo nominale furono enormi tesaurizzazioni delle monete precedenti, ovvero le

monete di buon peso coniate dal 348 al 354 (si trovarono ad essere di peso maggiore anche

rispetto alle monete costantiniane). I cospicui ritrovamenti dei nuovi AE3 fel temp reparatio

hanno consentito di calcolare una media ponderale, che nell'esempio degli scavi del Teatro

53

CURINA 1983, p. 204. 54

ibidem, p. 207. 55

CALLEGHER 1998, p. 35. 56

MORELLI 2001, p. 560. 57

ERCOLANI COCCHI 1986, p. 215. 58

CALLEGHER 1998, p. 36.

31

Sociale di Trento si aggira intorno a 1,74 g59, in confronto al peso teorico di 2,25 g circa. E'

probabile che dopo il 355 questo nominale sia andato incontro ad una progressiva

diminuzione di peso. Le monete di questo periodo distinguibili con certezza provenienti dal

pozzo 2 nord sono tre; una del tipo felix temporis reparatio60, datata 350-361 per prudenza

viste le cattive condizioni, le altre due monete sono datate 355-361. Il peso medio di queste

monete si aggira intorno a 1,50 g, alimentando l'ipotesi di svalutazione di questi nuovi AE3

dopo il 355. Le monete che più circolavano furono anche le più imitate; (questo fenomeno

imitativo si riscontra già dagli inizi del IV secolo), interessando soprattutto alcuni tipi: i folles

dell'esemplare costantinopolis (Vittoria su prua), urbs roma (lupa con gemelli), e gloria

exercitus (due soldati e una insegna), tutti e tre i tipi ci sono pervenuto dal condotto61. Il

fenomeno imitativo si diffonde, come si è visto, soprattutto dopo l'immissione sul mercato del

tipo fel temp reparatio. FH.3, del 355; le imitazioni di questo tipo sono presenti in diversi

contesti del Nord Italia, come in località Salto del Lupo62: sono 84 gli esemplari pervenuti,

pochi si avvicinano al peso originario, la maggior parte oscilla tra 1,10 e 1,90 g. Anche dall'Agro

Decimano provengono otto monete del tipo fel temp reparatio datate 354-361 (zecca di Roma,

Aquileia, Siscia ?)63 oscillati tra 1,80 e 2,20 g, probabilmente questo tipo monetario è il più

diffuso in questo periodo. Per il periodo che va invece dal 361 al 364 non sono state

identificati nominali provenienti dal condotto idrico; il contributo dato alla circolazione nei

regni di Giuliano e poi Gioviano sembra modesto64. Successivamente dal pozzo 2 nord

proviene una sola moneta datata 364-367 attribuibile a Valentiniano I o a Valente, del tipo

restitutor reip; quattro è possibile siano gloria romanorum 8 datate per sicurezza 364-38765.

Solo su un esemplare gloria romanorum è possibile riconoscere il marchio della zecca di

Aquileia (SMA[...]). Il tipo restitutor reip ha un peso di 2.25 g, mentre le altre hanno un peso

medio di 1.83 g66. Il pozzo 8 sud invece ha restituito un nominale datato 363-392; presenta il

tipo della Vittoria con corona e palma, sempre del pozzo proviene una moneta datata 388-

59

ibidem, p. 38. 60

La moneta è abbastanza consunta, il peso di questa è di 1,49 g ed ha un tipo al rovescio abbastanza stilizzato, potrebbe essere un imitazione seppur mantiene un diametro di 16 mm. 61

ORLANDONI 1991, pp. 615-616. 62

ERCOLANI COCCHI 1986, p. 215. 63

ERCOLANI COCCHI 2006, p. 60. 64

CALLEGHER 1998, p. 44. 65

C'è la possibilità che siano del tipo gloria romanorum 6 (383-387) o del tipo 8 (364-378). 66

Due monete hanno un sovrappeso per via delle incrostazioni.

32

402, del tipo Victoria Avggg; anch'essa con Vittoria tenente corona e palma67. La prima

moneta pesa 2,76 g, la seconda 1,54 g. Il periodo storico in questione, dopo la breve parentesi

del 361-364, vede protagonisti gli imperatori Valentiniano I e Valente che procedettero a

nuove emissioni di bronzo intervenendo soprattutto sulla lega. I tondelli ormai erano solo di

bronzo e del tutto privi di qualsiasi quantità d'argento, metallo che era presente nelle

precedenti coniazioni, pur con percentuali modestissime68. Il peso teorico di questi AE3

dovrebbe essere circa 2,49/2,47 g; più pesante dei nominali precedenti di Giuliano e Gioviano.

Il numero di esemplari riferiti a questo lasso di tempo sembra aumentare: dagli scavi di Classe

proviene un nucleo consistente di monete databili 364-378. Le monete riconoscibili sono

quattro esemplari di Valentiniano I (364-375): uno del tipo securitas reipublicae della zecca di

Siscia, tre del tipo gloria romanorum, uno da Siscia. Il peso medio di queste monete di è di 1,72

g; simile alla media di 1,83 g dei nominali dello stesso periodo provenienti dal condotto idrico.

Un'altra presenta il tipo securitas reipublicae, datato 364-378, e pesa 2,41 g69. Dal tesoretto di

Salto del Lupo aumentano le monete datate dal 364 al 378: 202 esemplari presentano la

Vittoria alata del tipo securitas reipublicae; l'imperatore più rappresentato è Valente, seguito

da Valentiniano I. Il loro peso oscilla tra 0,80 g e 2, 20 g; le più leggere spesso sono imitazioni o

semplicemente consunte. La zecca più rappresentata in questi anni è quella di Roma, seguita

da Arelate, Aquileia, in oriente Cizico e Antiochia. A Salto del lupo il secondo gruppo in ordine

di consistenza per questo periodo è rappresentato dal tipo gloria romanorum con ben 83

esemplari. I tipi gloria romanorum sono distribuiti in due archi di tempo: 364-375 e 383-387;

sono riconoscibili gli imperatori Valente, Valentiniano I, Teodosio e Graziano. Il loro peso

oscilla tra 1,11 g e 2, 20 g; sono presenti imitazioni anche di questi tipi. Le zecche più

rappresentate sono Roma e Antiochia, seguite da Aquileia, Siscia, Costantinopoli, Tessalonica

e Cizico70. Il materiale di tardo IV secolo è cospicuo anche dagli scavi di Villa Clelia (Imola), le

monete riconoscibili sono tutti AE3: una con il tipo restitutor reip di Valentiniano I e Valente

364-365 da Eraclea, due securitas reipublicae del 364-378 con Vittoria alata, inoltre è presente

una moneta di Valente (364-378) da Lugdunum, una di Valentiniano I (364-375) da Siscia,

infine è attestata anche la zecca di Nicomedia in una moneta datata 364-367. I pesi di questi

67

Datazioni larghe per via delle condizioni degli esemplari e del tipo molto diffuso. 68

CALLEGHER 1998, p. 44. 69

CURINA 1983, pp. 205-206. 70

ERCOLANI COCCHI 1986, p. 216.

33

tondelli oscillano tra 1,60 g e 2,20 g. Dall'Agro Decimano a sud di Ravenna proviene un AE3

gloria romanorum (364-378) della zecca di Tessalonica (1,05 g), due AE3 securitas reipublicae

(364-375), uno di Valente (2,20 g), uno di Valentiniano I (1,80 g), il primo della zecca di Roma71.

I dati ricavati, nel complesso, indicano in modo inequivocabile una predominanza dei tipi

gloria romanorum e securitas reipublicae nell'area romagnola, confermando questo trend

generale osservato nel Nord-Est della penisola italiana72.

Condotto idrico

di Classe

Classe, scavi

1975-1982

Tesoretto di

Salto del lupo

Scavi di Villa

Clelia

Rinvenimenti

dall'Agro

Decimano

securitas

reipublicae

- 2 202 2 2

gloria

romanorum

4(?) 3 83 - 1

restitutor reip 1 - - 1 -

Tabella 1. Tipi monetali identificati, 364-378 d.C.

I tipi in circolazione quindi sono più o meno gli stessi e provengono con qualche eccezione in

maggioranza dalla zecca di Roma, seguita da Siscia e Aquileia che prendono definitivamente il

posto delle zecche galliche, protagoniste nella prima parte del secolo. L'afflusso di moneta sul

mercato già da Valentiniano I, tende ad aumentare, in concomitanza della diminuzione

ponderale, infatti, si nota nei rinvenimenti citati una discrepanza con il peso teorico. Questo fa

ipotizzare una svalutazione intrinseca degli stessi tipi nelle serie coniate più tardi, pur

considerando la consunzione dovuta alla loro circolazione. Le differenze negli standard

ponderali e i volumi di emissioni continuano, spesso aumentando. Tra il 383 e il 387 sono

ancora presenti gli AE2 e gli AE3, ma diventano sempre più rari; nello stesso tempo le

emissioni degli AE4 hanno un andamento ponderale molto instabile. Per la prima volta le

coniazioni iniziano a diversificarsi a seconda delle zecche, mentre nella parte Occidentale

dell'impero prevalse la diffusione degli AE4, le zecche Orientali preferirono coniare AE2 e AE3.

71

ERCOLANI COCCHI 2006, p. 60. 72

CALLEGHER 1998, pp. 44-51.

34

La disponibilità di monete di peso maggiore diminuì in Occidente, la tendenza

all'immobilizzazione di queste ultime aumentò e il protagonista degli scambi quotidiani era

l'AE4 nei suoi tipi più diffusi. Con l'imperatore Teodosio il peso medio degli AE4 era di circa

1,10/1,20 g con tendenza a decrescere e misurava tra i 12 e i 14 mm di diametro. Questa

moneta spicciola in Occidente tra 383 e 388 era ormai prodotta quasi esclusivamente dalla

zecca di Roma e da quella di Aquileia. Il fenomeno delle imitazioni non si interruppe anzi ebbe

una tendenza ad aumentare in tutto l'impero73. Le monete del tipo gloria romanorum

provenienti dal pozzo 2 nord del condotto idrico sono sei: due sono del tipo gloria romanorum

6, datate 383-387, altre quattro sono incerte (è possibile che siano anche gloria romanorum 8,

364-378), quindi datate più prudentemente 364-387. Due sono le monete provenienti dal

pozzo 8 sud, una datata 363-392 con Vittoria al rovescio, un'altra è del tipo victoria auggg,

datata 388-402. Purtroppo la loro parziale illeggibilità non permette una datazione più precisa

e soprattutto perché il tipo con la Vittoria è uno tra i più comuni. Le monete verso la fine del IV

secolo tendono ad aumentare anche negli scavi di Villa Clelia; la concentrazione maggiore si

attesta dal 388 al 42374.

Periodo Condotto idrico Villa

Clelia

(Imola)

Agro

Decimano

Salto del Lupo

(gruzzolo)

363-392 1

378-383 1

383-387 2 4(?) 350

387-388 2 257

383-392 1 Presenti

383-402 1

388-395 1

388-402 1 1

388-408 4

408-423 8 1

Tabella 2.

73

CALLEGHER 1998, pp. 51-60. 74

ERCOLANI COCCHI 1982, p. 370.

35

Le zecche più attestate in area romagnola nell'ultimo ventennio del IV secolo e agli inizi del V

continuano ad essere Roma ed Aquileia, affiancate da rare emissioni di Siscia e Milano75. Sono

presenti anche monete degli usurpatori Magno Massimo e Flavio Vittore del 387-388,

provenienti dal gruzzolo di Salto del Lupo: 257 monete da Roma e Aquileia76. Stando ai dati del

gruzzolo, la zecca più sfruttata da Magno Massimo fu Roma seguita da Aquileia, invece per

Flavio Vittore sono presenti solo emissioni di Aquileia. Rare sono le emissioni dalle zecche

galliche di Arelate e Lugdunum a nome di Magno Massimo e Flavio Vittore, ma sono presenti

al Museo Archeologico Nazionale di Ravenna77; probabilmente si rifanno al periodo in cui

questi usurpatori si impadronirono dei territori gallici. L'aumento di nominali e soprattutto

degli AE4 tra i regno di Teodosio e Onorio è testimoniato anche da altri scavi nel territorio

ravennate (tabella 3). Al fianco dell'aumento delle monete ufficiale aumentarono anche le

imitazioni degli AE4 che spesso sono in maggioranza numerica sulle prime. La causa che portò

alla diffusione di queste monete forse va ricercata nell'editto di Arcadio/Onorio del 395,

mediante il quale si vietava l'uso nel commercio delle monete bronzee di buon peso, emesse

in precedenza e ancora in circolazione (gli AE2 a 1/60 di libbra)78. Di conseguenza i nominali in

circolazione furono l'AE3, battuto però in quantità ridotta, e l'AE4 largamente monetato, che si

andò a collocare nel livello più basso degli scambi. Un'altra causa più probabile potrebbe

essere la legge del 39679 che incise sulla grande circolazione della moneta bronzea. Questo

provvedimento impose il tasso di cambio di un solido d'oro a 25 libbre di bronzo. La volontà

imperiale era di ostacolare la rivalutazione dell'AE2 sugli altri nominali; forse non riuscendo a

bloccare questo fenomeno, l'anno successivo decise di stabilire in modo più rigido il cambio

oro/bronzo evitando che il bronzo venisse rivalutato. Le monete di buon peso logicamente

iniziarono ad essere tesaurizzate, incidendo sulla circolazione. La penuria monetale fu

l'occasione per l'inserimento delle imitazioni che andavano a tamponare questa mancanza;

questo fenomeno continuò anche nel V secolo80. L'aumento della massa circolante nella zona

di Classe ha un'ennesima motivazione; nel 402 infatti, la corte imperiale si sposta a Ravenna,

75

ERCOLANI COCCHI 1988, pp. 57-65. 76

ERCOLANI COCCHI 1986, pp.216-217. 77

ERCOLANI COCCHI 1988, pp. 57-65. 78

MOMMSEN, MEYER 1905: Codex Theodosianus, IX, 23,2. 79

ibidem, XI, 21,2. 80

CALLEGHER 1998, pp. 72-73.

36

dando inizio ad un periodo di espansione e fioritura della città, con la nascita della nuova zecca

imperiale.

AUTORITA'/

PERIODO

NOMINALE S.APOLLINARE

(materiale

sporadico)

S.CROCE

(materiale

sporadico)

CLASSE-

abitato

(materiale

sporadico)

CLASSE-zona

portuale (nuclei

omogenei)

TEODOSIO I

379-395

AE3

AE4

1

3

1

MAGNO MASSIMO

383-388

AE4 3

FLAVIO VITTORE

387-388

AE4 1

ARCADIO

383-408

AE4 1

ONORIO

393-423

TREMISSE

SILIQUAE

AE3

AE4

34

3

1

6

1

3

20

EUGENIO

392-394

AE4 1

Tabella 3. Monete da Teodosio a Onorio dagli scavi di Ravenna e Classe.

37

Fig. 19. Località dei rinvenimenti trattati. 1) Classe, 2) Ravenna, 3) Agro Decimano, 4) Imola,

5) Loc. Salto del Lupo.

38

Roma Aquileia Ravenna Milano Siscia Lugdunum Arelate

TEODOSIO

Solido

AE2

AE3

AE4

1

1

1

1

ELIA FLACCILLA

AE2

1

MAGNO

MASSIMO

Siliqua

AE2

AE4

4

1

1

FLAVIO

VITTORE

Siliqua

AE4

1

1

ONORIO

Solido

Tremisse

Siliqua

AE3

AE4

1

18

2

6

3

1

1

1

1

ARCADIO

Solido

AE2

AE3

AE4

1

1

39

ARCADIO,

ONORIO

AE4

Roma

Aquileia

1

Ravenna Milano Siscia Lugdunum Arelate

Tabella 4. Monete dal Museo Archeologico Nazionale di Ravenna

40

Tessalonica Costantinopoli Cizico Nicomedia Antiochia Zecca

irriconoscibile

TEODOSIO

AE2

AE3

AE4

2

1

1

1

2

1

1

2

3

ELIA FLACCILLA

AE2

1

ONORIO

Solido

AE3

2

1

1

1

24

ARCADIO

Solido

AE2

AE3

AE4

1

1

4

1

1

1

1

1

1

4

ARCADIO,ONORIO

AE3

1

EUDOSSIA

AE3

1

Tabella 5. Monete dal Museo Archeologico Nazionale di Ravenna.

41

Fig. 18. Rinvenimenti di moneta di IV secolo d.C. da contesti archeologici ravennati.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

324-337 337-364 364-393 393-423

Classe-zona portuale (nuclei omogenei)

Classe-abitato (materiale sporadico)

Santa Croce (materiale sporadico)

S. Apollinare In Classe (materiale sporadico)

42

I dati desunti dai siti archeologici ci mostrano la diffusione di alcuni tipi monetali a scapito di

altri dal 378 al 423 (tabella 6). Il tipo gloria romanorum con un prigioniero è il più diffuso in

assoluto anche se c'è da considerare che venne battuto nell'arco cronologico esaminato

almeno due volte: dal 383 al 387 con Teodosio I e dal 408 al 423 con Onorio. Ben 23 AE3 di

Onorio di questo tipo, sono datati 410-423; 21 provengono dagli scavi di S. Apollinare in

Classe81, 2 dagli scavi di S. Croce a Ravenna82.

Tabella 6. Gli AE3 e AE4 più diffusi dal 378 al 423 d.C.83

81

ERCOLANI COCCHI 1988, p. 63. 82

ibidem 83

Alcuni tipi dal Museo Nazionale non sono stati inseriti perchè non rilevasti ai fini statistici.

Tipo Nominale Classe,

zona

portuale

Scavi di Villa

Clelia

Museo

Archeol.

Nazionale

di

Ravenna

Agro

Decimano

Condotto

idrico di

Classe

spes

romanorum

AE4 ** *****

gloria

romanorum

AE3 *** ******** ********

********

********

********

********

***

* ******

vot x mult xx AE4 * ****

salus

reipublicae

AE4 **** ********

*******

**

victoria auccc AE4 **** * *

concordia

auccc

AE3 ****

43

Questa diffusione ravennate degli AE3 contrasta apparentemente con le legge monetaria del

39684, in realtà bisogna considerare che i contesti in cui sono stati rinvenuti sono elitari85, per

di più in quella che era la città sede della corte imperiale. Di conseguenza potrebbe essere

fuorviante trarre conclusioni generali prendendo alla lettera i dati provenienti da una realtà

particolare come la Ravenna del V secolo, che va in totale controtendenza con le altre realtà

territoriali dell'impero. Lo spostamento della corte imperiale da Milano a Ravenna, appunto,

appare una diretta conseguenza della crisi che attraversava l'impero alla fine del IV secolo. La

zecca di Aquileia pur rimanendo attiva fino al 42586, ridimensionò le proprie emissioni a favore

della nuova zecca di Ravenna; a farne le spese fu anche la zecca di Milano che però restò

attiva, con qualche interruzione, per tutto il V secolo. La zecca ravennate raggiunse già con

Onorio i massimi livelli, emettendo moneta in grande quantità, fino al 455 con Valentiniano III.

Nel periodo successivo, fino all'arrivo di Odoacre, Ravenna emise, con qualche interruzione,

sempre moneta in oro e argento. La produzione ravennate era specializzata appunto nei due

metalli nobili, la zecca di Roma invece, riforniva il mercato dell'Italia settentrionale di moneta

bronzea87. Dopo il 455, l'unico tentativo di proporre grosse quantità di nummi bronzei dalla

zecca di Ravenna, fu effettuato da Maggioriano (457-461). Questo imperatore proponeva una

moneta divisionale di buon peso per cercare di contrastare i gravi fenomeni imitativi. Il

periodo più fiorente per la diffusione della moneta ravennate fu dal 415 al 455, soppiantando

nei numeri Aquileia, Milano, e in parte Roma; come si è accennato in precedenza, più tardi

tornò a dominare sul mercato del bronzo la zecca di Roma, seguita da quella di Milano. Per

quanto riguarda i rinvenimenti; solo il pozzo 8 sud ha restituito monete riconoscibili datate

dopo il regno di Onorio. Un AE4 del regno di Valentiniano III (425-455) reca il tipo victoria

augg, da Villa Clelia sono due gli AE4 assegnati a quest'imperatore, recanti anch'essi il tipo

victoria aug(g?) e provenienti dalla zecca di Roma88. Anche gli scavi di S. Croce a Ravenna

hanno restituito tre nominali di questo imperatore mentre uno proviene da S. Apollinare in

Classe89. Le monete bronzee di questo periodo presenti nel museo archeologico nazionale di

Ravenna, non sono tante; due AE4 di Teodosio II (425-450) uno da Costantinopoli, uno da

84

Cambio di un solido d'oro a 25 libbre di bronzo, ciò portò alla diffusione degli AE4. 85

Chiese di S. Croce e S. Apollinare in Classe. 86

ERCOLANI COCCHI 2007, pp. 51-52. 87

ARSLAN 2004, pp. 191-201. 88

ERCOLANI COCCHI 1982, p. 389. 89

MORELLI 2001, p. 560.

44

Cizico e un AE4 di Teodosio II o Valentiniano III (425-455)90. Il pozzo 8 sud ha restituito cinque

AE3 del periodo successivo, assegnati a Maggioriano (457-461), recanti tutte il tipo della

victoria augg[?]. Quattro delle monete di Maggioriano sono state assegnate alla zecca di

Ravenna, una a quella di Milano. Molto interessanti sono altre due AE4 del pozzo 8 sud; due di

queste hanno impresso il monogramma di Ricimero (457-467). Gli altri siti che hanno restituito

monete di Maggioriano in bronzo sono: Villa Clelia91 (2), S. Croce92 (1) e due sono conservate al

museo di Ravenna93. Anche questi esemplari sono del tipo con la Vittoria; ormai diventato uno

dei tipi più diffusi, anche per il valore simbolico. Solo da qualche anno si sta facendo luce sulla

monetazione di Maggioriano e soprattutto di Ricimero, grazie anche al ritrovamento di un

grosso gruzzolo di bronzi a Falerii Novi94. La presenza dal pozzo 8 di queste monete, piuttosto

rare, potrebbe indicare un occultamento non lontano dal periodo della loro emissione.

Contemplando l'ipotesi che il pozzo del condotto idrico in cui fu ritrovato un gruzzolo negli

anni '80, si tratti dell'8 sud, è possibile che abbia delle analogie con il tesoretto ritrovato in una

fornace, durante gli scavi del porto di Classe95. E' possibile datare il gruzzolo di Classe tra la fine

del V e il VI secolo; analogamente il consistente numero di monete provenienti dal pozzo 8,

sono datate tra la seconda metà del V e gli inizi del VI secolo96. Purtroppo non è stato possibile

individuare dal pozzo 8 monete che vanno oltre le coniazioni di Ricimero. La presenza di un

buon numero di imitazioni, soprattutto del tipo con la croce greca97, fa protendere verso una

perdita o occultamento del gruzzolo verso la fine del V, inizi VI secolo (nel caso si trattasse

appunto di un gruzzolo unitario). Il ritrovamento sopra citato dalla fornace di Classe è

composto da 42 esemplari con il tipo victoria aucc (tre dalla zecca di Roma), ma solo su due di

essi si è potuta leggere l'autorità emittente, ovvero Valentiniano III in un caso, e Maggioriano

nell'altro. Il tipo con la Vittoria venne coniato anche in Oriente, ed è possibile che tra le

victoria aucc illeggibili siano presenti monete di Leone I (457-474); nel gruzzolo infatti è

presente un esemplare con il tipo del leone (Costantinopoli) assegnato proprio a

quest'imperatore. Non è improbabile anche che lo stesso Maggioriano abbia emesso a

90

ERCOLANI COCCHI 1983, pp. 67-69. 91

ERCOLANI COCCHI 1982, p. 389. 92

MORELLI 2001, p. 560. 93

ERCOLANI COCCHI 1983, p. 69. 94

ASOLATI 2005, pp. 26-38. 95

ERCOLANI COCCHI 1988, p. 287. 96

Le monete sono spesso illeggibili e frammentate; sono state datate in base al loro peso e diametro. 97

ASOLATI 2006, pp. 144-146.

45

Ravenna, tipi con la Vittoria a nome dell'imperatore della Pars Orientis: Leone I. Altre 12

monete presentano il tipo della Vittoria ma non hanno il marchio di zecca in campo, 4 di esse

hanno un diametro inferiore e sono interpretabili come imitazioni. Non ci furono mai emissioni

bronzee dalla zecca di Ravenna, prima di quelle a nome di Maggiorano; fatta eccezione per il

rinvenimento ad Altino di una moneta di Giovanni (423-425)98. Come abbiamo visto

Maggioriano per frenare il fenomeno imitativo coniò AE3 pesanti, infatti, le monete di questo

tipo rinvenute dal pozzo 8 oscillano tra 1,13 e 1,89 g; un peso simile ai riferimenti di Villa

Clelia, di S. Croce e del museo. Nel 445 una costituzione dell'imperatore Valentiniano III infatti,

aveva fissato il valore del solido aureo a 7000-7200 nummi in bronzo99. ll tentativo di

Maggioriano però non andò a buon fine, tanto che dopo il suo regno la moneta bronzea tornò

a svalutarsi. La circolazione delle monete di Maggioriano si estende anche verso sud; sono

attestate 15 monete di questo imperatore dal tesoretto di Falerii Novi (50 km da Roma), la

loro media ponderale è di 1,41 g100, anche questo dato conferma un effettivo aumento di peso

dei nominali bronzei sotto Maggioriano.

98

ASOLATI 2005, p. 26. 99

ROVELLI 2001, p. 203. 100

ASOLATI 2005, pp. 86-87.

46

V. Le emissioni di Ricimero

Guy Lacam è lo studioso che più di qualunque altro si è occupato della monetazione di

Ricimero. Egli divide in due gruppi le emissioni degli AE4 con il monogramma: il primo è

attribuito al periodo di interregno che intercorse tra 465 e il 467 alla morte dell'imperatore

Libio Severo, la zecca di emissione sarebbe stata principalmente Roma, insieme a Milano ed

una zecca militare. Il secondo gruppo che reca al dritto un busto reso in modo più grezzo e

raffigurante lo stesso Ricimero con i capelli raccolti in una coda, sarebbe stato battuto nel 472

dopo la definitiva rottura tra Antemio e Ricimero. Questo secondo gruppo sarebbe

caratterizzato da peso e diametro maggiori rispetto a quelli dell'emissione precedente (10 mm

contro 8/10 e ca. 2 g contro una media di 0,91 g)101. Ad oggi questa tesi è stata oggetto di

critiche, soprattutto alla luce di nuovi ritrovamenti. In primis l'attribuzione a zecche differenti

da quella di Roma avrebbe comportato la presenza di marchi di zecca che non compaiono su

nessun esemplare, le monete più pesanti invece potrebbero essere frutto di imitazioni coeve,

infine la collocazione di queste emissioni interamente dopo la morte di Libio Severo è stata

rigettata, seppur è sembrato accettabile includere nel periodo dell'interregno una parte di

esse. Lo studio del ritrovamento di un gruzzolo a Falerii Novi102, ha aperto nuove e più chiare

prospettive nei confronti della monetazione di Ricimero: si annoverano tra le monete

rinvenute ben 298 esemplari recanti il monogramma di Ricimero, si tratta del rinvenimento

conosciuto più cospicuo di queste monete ad oggi. Su tre monete al dritto è stato riconosciuto

grazie alla legenda il busto di Valentiniano III, al rovescio il solito monogramma. Queste tre

monete vengono collocate da Asolati prima di Libio Severo, tra il 457 e il 461103. In questo

periodo lo studioso propone la coesistenza sia delle emissioni di Maggioriano che di Ricimero;

il primo gestiva le zecche di Ravenna e Milano, il secondo quella di Roma. Per evitare di

avocarsi prerogative prettamente imperiali, Ricimero che al tempo era aveva la carica di

patricius, decise di dedicare le sue monete ad un imperatore defunto; Valentiniano III aveva

segnato la storia degli ultimi trent'anni dell'impero, dopo di lui ci fu Petronio Massimo che

aveva rappresentato un episodio insignificante nella successione imperiale, infine Avito fu

sconfitto proprio da Ricimero; di conseguenza la scelta di emettere monete a nome di

101

LACAM 1988, 288-302. 102

ASOLATI 2005. 103

ibidem, pp. 28-32.

47

Valentiniano sembra quasi obbligata. Successivamente a queste emissioni vengono quelle a

nome di Libio Severo e il monogramma di Ricimero al rovescio. Queste emissioni sono datate

al 461-465, quando Ricimero ormai magister militum deteneva effettivamente le redini della

parte occidentale dell'impero. L'imperatore Libio Severo sembra essere destituito all'atto

pratico di ogni potere, nonostante ciò Ricimero non poteva ancora permettersi di battere

moneta solo a suo nome. Si ritiene che l'emissione con legenda dedicata a Libio Severo sia

stata emessa già durante il regno di quest'ultimo, perché esiste un esemplare proveniente da

Falerii Novi, il cui dritto è anepigrafe, e reca solo il busto imperiale entro un bordo perlinato104.

Questo tipo si tende ad assegnarlo al periodo di interregno intercorso tra il 465 e il 467, non

oltre l'inizio del regno di Antemio; unico periodo in cui Ricimero si sarebbe potuto sentire

svincolato da qualunque autorità imperiale, legittimando di conseguenza le sue emissioni

omettendo il nome dell'imperatore. In alternativa potrebbe ritenersi un'emissione affrettata,

in cui è presente un errore di conio; non è da escludere che si tratti di un imitazione, ma in

linea generale si tende ad escluderlo per via della buona resa sia del busto che del

monogramma. Un solo esemplare non rappresenta una prova decisiva a sostegno della tesi

dell'interregno, ma altri nummi dello stesso tipo potrebbero essere presenti tra quelli con il

dritto illeggibile. Un altro esemplare del gruzzolo di Falerii Novi presenta al dritto una legenda

a nome di Antemio; questo esemplare fino ad ora inedito potrebbe essere assegnato al 467,

data della nomina del nuovo imperatore; periodo in cui Ricimero probabilmente tentò di

imporre la sua tutela al nuovo imperatore, come aveva già fatto in passato.

Tabella 7. Proposta di datazione delle emissioni con monogramma di Ricimero.

Si protende a datare questa emissione a nome di Antemio; tra il 25 marzo (data della nomina a

Cesare) e il 12 aprile 467 (data dell'acclamazione imperiale), o al massimo fino all'autunno

104

ASOLATI 2005, p. 37.

CRONOLOGIA EMISSIONI CON MONOGRAMMA DI RICIMERO

457-461 a nome di Valentiniano III defunto

461-465 a nome di Libio Severo

465-467 senza legenda al dritto (busto entro bordo perlinato)

467 a nome di Antemio

48

dello stesso anno, periodo in cui Ricimero e lo stesso imperatore entrarono in rotta105. Il

gruzzolo di Faleii Novi ha restituito monete con il tipi di monogrammi di Ricimero già

conosciuti ed altri inediti (fig. 19). I più interessanti sono quelli con la lettera P, S, T, (fig. 20)

interpretati da Asolati come segni di officina: P = prima, S = seconda, T = terza; ad ulteriore

conferma della provenienza di queste monete dalla zecca di Roma106. La prassi di inserire il

segno di officina omettendo quello di zecca è riscontrata anche durante il regno di

Valentiniano III sulle monete della zecca di Roma. Altre varianti del monogramma di Ricimero

potrebbero essere considerate imitazioni; anche se su molti esemplari la resa dello stesso

appare buona. Queste varianti spesso mancano della lettera C in alto e/o pongono le lettere in

modo speculare (fig. 21).

Fig. 19. Monogrammi di Ricimero (da ASOLATI 2005).

Fig. 20. Monogrammi con segni di officina (da ASOLATI 2005).

Fig. 21. Monogramma speculare e monogramma con "E" speculare raddoppiata a sinistra (da ASOLATI 2005).

105

ASOLATI 2005, p. 38. 106

ibidem, pp. 34-36.

49

Le molte varianti del monogramma di Ricimero e la presenza di imitazioni, portano a riflettere

sull'impatto che ebbero sulla circolazione. Molto probabilmente le emissioni di Ricimero, fino

a poco tempo fa considerate quasi marginali, furono multiple e prolungate nel tempo107.

L'attività della stessa zecca di Roma va rivalutata, alla luce del gruzzolo di Falerii Novi; in

passato si pensava ad un declino della zecca di Roma nel numero delle emissioni dopo il 435 e

soprattutto dopo il 455. La realtà dei nuovi dati tende a rivalutare la zecca di Roma dopo

questo periodo. Gli scavi archeologici effettuati nella città di Roma e nel suburbio hanno

restituito la maggiore quantità di monete di Ricimero, rispetto ai rari rinvenimenti nel resto

dell'Italia, nei Balcani e in Oriente. La destinazione delle monete di Ricimero evidentemente

privilegiava il territorio dell'Italia centrale, non lontano dalla zecca di emissione108.

Roma e dintorni

1. un esemplare dall'agro veiente109;

2. un esemplare dalla necropoli di S. Ciriaco sulla via Ostiense110;

3. otto esemplari da contesti stratigrafici della seconda metà del V - inizi VI secolo d.C.

individuati nel sopraterra della basilica paleocristiana di Generosa111;

4. tre esemplari dalle stratificazioni di abbandono individuate in un quartiere abitativo del

Celio112;

5. un esemplare dall'Aventino113;

6. un esemplare da Pianabella (Ostia)114;

7. oltre una dozzina di esemplari dalla catacomba di Albano Laziale115;

8. gruzzolo monetale con 298 monete di Ricimero da Falerii Novi (Civita Castellana)116.

Italia

9. un esemplare da Milano117;

107

ASOLATI 2005, p. 38. 108

MUNZI 1995, pp. 431-432. 109

CESANO 1913, pp. 544-546. 110

CESANO 1918, p. 99. 111

MUNZI 1995, p. 431. 112

Ibidem. 113

Ibidem. 114

SPAGNOLI 1993, p. 249. 115

FIOCCHI NICOLAI, MARTORELLI, CHIARUCCI, SPERA, DI MARCO, BARBINI, pp. 90-95. 116

ASOLATI 2005. 117

MUNZI 1995, p. 431.

50

10. un esemplare da Angera118;

11. un esemplare da Calvatone119;

12. un esemplare da Capua120;

13. otto esemplari da un ripostiglio rinvenuto a Ordona121.

Dalmazia

14. tre esemplari da un ripostiglio rinvenuto in località ignota122.

Grecia

15. un esemplare dallo scavo dell'Agorà di Atene123;

16. un esemplare da un ripostiglio rinvenuto in località incerta124;

17. quattro esemplari da un ripostiglio acquistato a Volo, Tessaglia125;

18. un esemplare da un ripostiglio rinvenuto a Corinto126.

Siria

19. un esemplare da un ripostiglio proveniente dalla Siria settentrionale127.

Fig. 22. Distribuzione geografica dei ritrovamenti conosciuti di monete con monogramma di Ricimero.

118

GRASSI 1988, p. 133. 119

MUNZI 2005, p. 431. 120

ARTHUR, KING, 1987, p. 522. 121

LALLEMAND 1967, pp. 24 e 29. 122

PEARCE, WOOD 1934, p. 275. 123

THOMPSON 1954, p. 63. 124

ADELSON, KUSTAS 1960, p. 187. 125

ADELSON, KUSTAS 1962, p. 88. 126

BENDALL 1977, p. 82. 127

SEEGER 1976, p. 59.

51

A questi ritrovamenti si aggiungono le due monete con monogramma di Ricimero provenienti

dal pozzo 8 sud del condotto idrico di Classe (fig. 22, n°20).

Fig. 24. AE4 con monogramma di Ricimero del primo tipo (dal pozzo 8 sud di Classe).

Fig. 25. AE4 con monogramma di Ricimero del secondo tipo (dal pozzo 8 sud di Classe).

La prima moneta presenta il tipico monogramma con attaccatura alta dell'ultimo tratto della

M (fig. 24), databile genericamente 457-467 per via dell'illeggibilità del dritto. La seconda

moneta potrebbe essere datata al periodo dell'interregno (465-467), infatti al dritto è visibile

un bordo perlinato (fig. 25); elemento distinguibile della variante anepigrafe128. Il dritto della

seconda moneta è molto rovinato ma sembra non presentare una legenda almeno nella parte

visibile vicino al bordo perlinato. Entrambe le monete sono molto consunte, la seconda è in

parte frammentata, inoltre sembrano essere state battute da un conio più ampio del tondello

usato. La prima pesa 1,10 g, per un diametro di 9 mm, la seconda pesa 0,62 g, per un diametro

128

ASOLATI 2005, p. 37.

52

di 10 mm. I due tondelli sono coerenti con la maggioranza delle altre emissioni di Ricimero che

si mantengono con un peso quasi sempre intorno al grammo e con un diametro di 8/11 mm129.

VI. Le imitazioni di V secolo d.C.

Il tema delle monete di imitazione è molto dibattuto tra i numismatici; non esiste un metodo

preciso per poter attribuire una moneta ad un emissione ufficiale o meno. Di solito viene

interpretata come moneta imitativa, quella moneta che tende a mostrare nei suoi tipi, una

scarsa organicità, disarticolazione dei tratti, stilizzazione del tipo, lettere della legenda

speculari, scritte male o mancanti, ecc. L'individuazione di monete imitative diventa più

difficile in età tardo antica e soprattutto nel V secolo d.C., perché anche le coniazioni ufficiali

tendono ad essere più trascurate nella resa dei tipi e nel peso. Di conseguenza in questo

periodo il limite che divide l'emissione ufficiale da quella imitativa diventa sempre più labile e

si corre il rischio di commettere degli errori. Le emissioni imitative più diffuse in Italia per il V

secolo sono quella con il tipo della croce130, e con il guerriero/imperatore con asta. Sono 22 le

monete con il tipo della croce rinvenute nel pozzo 8 sud e rappresentano il gruppo più

numeroso con lo stesso tipo; su una moneta invece è chiaramente visibile un personaggio che

tiene un asta. Le altre monete che presentano accenni di figure sono molto consunte e di

difficile interpretazione; seppur quasi sicuramente sono ascrivibili a delle imitazioni. Questi ed

altri tipi imitativi furono proposti da Wroth come vandalici131; questa definizione oggi è in

parte superata. Un ipotesi di Arslan vuole che i tipi con la croce siano datati al VI secolo132; per

via dei ritrovamenti da stratigrafie archeologiche di questo periodo, è possibile però che

questo tipo abbia circolato anche per lungo tempo. Alla luce di nuovi ritrovamenti sorgono

alcuni dubbi riguardo alla matrice africana e longobarda dei tipi con la croce. I ritrovamenti di

queste monete provengono soprattutto dal centro-nord Italia (soprattutto tesoretti), altri tipi

protovandali (D, stella, N, cristogramma) provengono in prevalenza dalle regioni centro-

meridionali e dalle isole; ed è raro trovarli accoppiati col tipo della croce nei contesti

settentrionali. I tipi con la croce sono stati rinvenuti dai tesoretti di Padova-Canton del Gallo,

129

ASOLATI 2005, pp. 89-96. 130

Croce (spesso potenziata), entro cerchio semplice, perlinato o corona. 131

WROTH 1911, plate III-IV. 132

ARSLAN 2002, pp. 293-298

53

Concordia, Camporegio, Falerii Novi, avvallando così l'ipotesi che si tratti di produzioni

imitative di origine italiana. Di questi quattro tesoretti solo a Camporegio e a Falerii Novi

ricorre un unico esemplare protovandalo133. A Camporegio è presente una coppia di esemplari

con croce potenziata in cerchio perlinato, uscita dal medesimo abbinamento di coni, e ben tre

casi di coppie di monete che presentano lo stesso conio di dritto ed al rovescio varianti sul

tema della croce greca potenziata134; in quello di Falerii Novi, invece, si può documentare

l'esistenza di due esemplari che condividono un uguale punzone di dritto , mentre al rovescio

presentano rispettivamente una croce potenziata entro doppio cerchio perlinato e una figura

stante, forse un guerriero, con croce astile135. Questi dati permettono di supporre che queste

monete furono tesaurizzate in un luogo non lontano da quello dove furono prodotte. Si

possono leggere parti di legenda su alcune monete con croce del ripostiglio di Camporegio che

alludono probabilmente a Valentiniano III; è possibile quindi che il prototipo imitativo fosse

proprio quello con la croce emesso da questo imperatore verso la fine del suo regno. La

coniazione del tipo con croce di Valentiniano III è assegnata alla zecca di Roma e nasce in

concomitanza con la contrazione di emissioni dei piccoli bronzetti dalla città. E' ragionevole

pensare che le imitazioni si vadano quindi ad inserire in questo contesto per sopperire alla

penuria monetale che dovette affrontare l'Italia. Una o più fabbriche imitative quindi

dovettero nascere in Italia, probabilmente centrale, dopo il periodo di questa emissione che va

dal 440 al 455. Dopo la metà del V secolo quindi sarebbe plausibile datare queste monete; in

supporto a questa datazione vi sono i gruzzoli sopra citati, infatti, queste emissioni vanno a

chiudere a livello temporale il gruzzolo di Camporegio, Concordia e Padova-Canton del Gallo, il

gruzzolo di Falerii Novii si chiude invece con emissioni di Antemio-Leone I, similmente a quello

di Lipari che pure presenta monete con croce e altre imitazioni136. Il tipo con il guerriero con

asta può essere assimilabile si a livello temporale che di produzione con il tipo con la croce;

spesso sono presenti negli stessi rinvenimenti, altre volte i due tipi sono presenti sullo stesso

tondello, uno al dritto e l'altro al rovescio137. Anche il pozzo 8 sud del ha restituito monete che

sembrano avere lo stesso tipo sia al dritto che al rovescio (n°180), oppure la croce da un lato e

un altro tipo dall'altro; quindi con due rovesci (n°181 e n°182). Purtroppo è difficile identificare 133

ASOLATI 2005, p. 46. 134

ASOLATI 2006, pp. 158-159. 135

ASOLATI 2005, p. 114. 136

ORSI 1910, pp. 353-359. 137

ASOLATI 2005, p. 48.

54

dei tipi specifici per via della forte consunzione e frammentarietà dei pezzi. Sempre dal pozzo

8 provengono altre 21 monete considerate imitazioni, oltre a quelle con il tipo con la croce;

molte presentano tratti indistinguibili su uno o su entrambi i lati e in alcuni casi almeno un lato

sembra non essere stato battuto (n°154 e n°162). La maggiore concentrazione di imitazioni di

tipi non individuati e di altre monete illeggibili si attesta tra gli 11 e i 7 mm, con un peso

inferiore al grammo; ovvero lo stesso peso e metrologia individuata per i tipi con la croce. Di

conseguenza si può proporre la medesima datazione alla metà del V secolo. Alcune delle

emissioni imitative con la croce e con il guerriero possono essere attribuite a una o più zecche

clandestine presenti in Italia (forse centrale), non escludendo la possibilità che ce ne fossero

anche in ambito africano, in un periodo di contrazione delle emissioni delle zecche occidentali

e in particolare quella di Roma c'è da chiedersi se queste produzioni imitative siano state

tollerate o addirittura incoraggiate dalle autorità imperiali. Il risultato dei vari decreti

imperiali, che tendevano progressivamente ad inflazionare la moneta in bronzo, fu lo scambio

a peso della stessa; infatti anche per piccoli acquisti giornalieri ormai c'era bisogno di un buon

numero di nummi in bronzo. La fine del valore nominale dei tondelli ufficiali fu la causa

principale del grande successo di cui dovette godere il mercato imitativo che per questa

ragione immetteva in circolazione emissioni di qualità sempre più scadente; al punto di

arrivare a non coniare più i tondelli e addirittura all'uso del piombo al posto del bronzo.

55

Conclusioni

Le monete oggetto dello studio hanno attestato una frequentazione dell'area in esame almeno

dal I secolo d.C. Le monete rinvenute sono sia ufficiali che risultato di imitazioni. Nel pozzo 2

nord la concentrazione maggiore di nominali si ha alla fine del IV secolo, nel pozzo 8 sud

invece la maggioranza delle monete si data dopo la metà del V secolo. A questo periodo

appartengono le monete imitative con il tipo della croce greca e con quello del

"guerriero/imperatore". Nel pozzo 8 sud le monete imitative di V secolo d.C. sono presenti in

maggior numero, rispetto a quelle ufficiali; è interessante la presenza del nummo con

monogramma di Ricimero, mai rinvenuto in quest'area. L'area di circolazione che interessa

questo tipo tende ad estendersi alla luce dei nuovi ritrovamenti; soprattutto verso il Nord

Italia. I tipi monetali di IV-V secolo invece presentano quasi sempre analogie con gli altri

ritrovamenti dell'area romagnola, questo succede anche per le zecche più rappresentate. Le

monete del pozzo 2 nord sono distribuite abbastanza omogeneamente per tutta l'età

imperiale, fino al V secolo; il materiale numismatico del pozzo 8 sud invece è databile

interamente tra la fine del IV e il V secolo, con un picco di presenze dopo la metà del V.

Un'ipotesi plausibile è l'esistenza di un gruzzolo monetale in questo secondo pozzo, occultato

o smarrito almeno dopo la metà del V secolo d.C.

56

CATALOGO

Pozzo 2 nord

1. Vespasiano 69-79 d.C.

Denario, zecca di Roma.

D/ IMP[---]S AVC, busto laureato a d.

R/ [---]TR P COS, Vittoria a s. tiene ramo di palma nella

mano s. e corona nella d.

PB argentato, 2.57 g, 18 mm.

RIC II.

foto 173.

2. Faustina I, 138-140 d.C.

Asse, zecca di Roma.

D/ [---], busto dell'imperatrice a d.

R/ [---], figura stante al centro.

AE, 8.21 g, 25 mm.

RIC III.

foto 128.

3. Antonino Pio, Faustina I, 138-161 d.C.

Denario suberato, zecca di Roma.

D/ [---]NIN[---], busto laureato a d.

R/ [---], figura stante al centro con asta.

AR, 2.57 g, 16 mm.

RIC III.

foto 161.

4. Antonino Pio, 145-161 d.C.

Denario suberato? zecca di Roma.

D/ [---]ONINVS AVG[---], testa laureata a d.

R/ COS IIII, Fortuna stante a d., tiene timone su globo e

cornucopia.

AR?, 2.51 g, 20 mm.

RIC III, n°132.

foto 175.

57

5. Faustina II, 147-175 d.C.

Asse zecca di Roma.

D/ Busto dell'imperatrice a d.

R/ Illeggibile.

AE, 5.13 g, 23 mm.

RIC III.

foto 159.

6. Faustina II, 147-175 d.C.

Asse, zecca di Roma.

D/ [---]AVGVSTA, busto dell'imperatrice a d.

R/ [---]T[---], Letitia al centro con asta?

AE, 10.80 g, 24 mm.

RIC III.

foto 160.

7. Marco Aurelio, 161-180 d.C.

Asse, zecca di Roma.

D/ Busto laureato e barbato a d.

R/ Figura stante al centro con asta.

AE, 7.88 g, 24 mm.

RIC III.

foto 186.

8. Commodo, 177-192 d.C.

Denario suberato, zecca di Roma.

D/ [---], busto laureato a d.

R/ [---], figura al centro a d. con asta.

AR, 3.08 g, 20 mm.

RIC III.

n. (Classe lott. C.M.C. pozzo 2 nord ("), foto 172.

9. Commodo, 186-189 d. C.

Asse, zecca di Roma

D/ [---], testa laureata a d.

R/ S.P.Q.R. [---]TITIAE [---], in corona d'alloro.

AE, 7.88 g, 23 mm.

RIC III, n°554.

foto 158.

58

10. Gordiano III, 242-244 d.C.

Antoniniano, (con rovescio di Filippo l'Arabo).

Zecca di Antiochia.

D/ [---]GOR[---]FEL[---], busto radiato, drappeggiato e

corazzato a d.

R/ AEQV[---]S AVGG, Aequitas stante a s., tiene bilancia

e cornucopia.

BIL, 1.88 g, 21 mm.

RIC IV, parte III, n°230.

foto 157.

11. Gallieno, 253-268 d.C.

Antoniniano, zecca?

D/ [---], busto radiato a d.

R/ [---], figura stante al centro con asta?

BIL, 1.59 g, 20 mm.

RIC V, vol. A.

foto 176.

12. Gallieno, 253-268 d.C.

Antoniniano, zecca ?

D/ [---]LLIENVS[---], busto radiato a d.

R/ illeggibile.

BIL, 1.23 g, 20 mm.

RIC V vol. A, esemplare frammentato.

foto 177.

13. Costantino, 314 d.C.

Follis, zecca di Roma (terza officina).

D/ IMP CONSTANTINVS PF AVG, busto laureato,

drappeggiato e corazzato a d.

R/ SOLI INVICTO COMITI R F R* T, Sol radiato stante a s.,

solleva la mano d., globo nella s., clamide attraversa

spalla s.

AE, 2.76 g, 20 mm.

RIC VII, n° 19.

foto 179.

59

14. Costantino I, o per i Costantinidi, 330-335 d.C.

Follis, zecca?

D/ [---]VL CO[---]BC, busto laureato a d.

R/ [---]AE[---], due soldati stanti con asta e scudo, due

insegne al centro tra i soldati.

AE, 1.28 g, 17 mm.

RIC VII, p. 336, 329, (e simili).

foto 127.

15. Costantino, 330-337 d. C.

Follis, zecca di Roma.

D/ VRBS ROMA, Testa di Roma elmata a s.,.

R/ No legenda, lupa a s. allatta i due gemelli sotto due

stelle, (esergo illeggibile).

AE, 1.07 g, 16 mm.

RIC VII, n° 331 (e simili), esemplare consunto.

foto 193.

16. Costantino, 330-337 d. C.

Follis, zecca?

D/ CONSTAN TINOPOLIS, Costantinopoli con elmo

laureato a s., indossa mantello imperiale, lancia

rovesciata.

R/ No legenda, vittoria alata a s. su prua di nave, tiene

lancia nella mano d., mano s. su scudo, esergo

illeggibile.

AE, 2.35 g, 17 mm.

RIC VII, pag. 697 n°114 (e simili).

foto 125.

17. Costantino II con Magnenzio, con Gallo, con Giuliano

Cesare, 350-361 d.C.

AE4, zecca?.

D/ [---], busto laureato a d.

R/ [---], imperatore trafigge cavaliere caduto.

AE, 1.49g, 16 mm.

LRBC 424, 2625.

n. (Classe Lott ? Fognone pozzetto ?), foto 113.

60

18. Costanzo II con Giuliano Cesare, 355-361 d.C.

AE4, zecca ?

D/ [---]NSTAN[---], busto diademato a d.

R/ [---], Virtus elmata a d., tiene globo e lancia.

AE, 1.29 g, 14 mm.

LRBC 2504.

foto 143.

19. Costanzo II con Giuliano Cesare, 355-361 d.C.

AE4, zecca?

D/ illeggibile.

R/ [---], Virtus con lancia.

AE, 1.56 g, 15 mm.

LRBC 2504.

foto 130.

20. Valentiniano I e Valente, 364-367 d.C.

AE3, zecca?

D/ [---], busto a d.

R/ [---], imperatore stante, testa a d., tiene victoriola

con la s.

AE, 2.25 g, 19 mm.

LRBC 1702.

foto 126.

21. Valentiniano I, Valente, Graziano, Valentiniano II,

Teodosio e Arcadio, 364-378, 383-387 d.C.

AE3, zecca?

D/ [---]PF AVG, busto diademato e drappeggiato a d.

R/GLO[---], imperatore con mano d. su prigioniero

inginocchiato a s., mano s. tiene labaro.

AE, 1.72 g, 17 mm.

LRBC 338(6, 8).

foto 129.

61

22. Valentiniano I, Valente, Graziano, Valentiniano II,

Teodosio I e Arcadio, 364-378, 383-387 d.C.

AE3, zecca?

D/ [---], busto diademato a d.

R/ [---]RO[---], imperatore con mano d. su prigioniero

inginocchiato a s., mano s. tiene labaro.

AE, 1.30 g, 16 mm.

LRBC 388(6, 8).

foto 132.

23. Valentiniano I, Valente, Graziano, Valentiniano II,

Teodosio e Arcadio, 364-378, 383-387 d.C.

AE3, zecca ?

D/ illeggibile.

R/ [---], imperatore con mano d. su prigioniero

inginocchiato a s., mano s. tiene labaro con chi rho.

AE, 1.80 g, 17 mm.

LRBC 388(6, 8).

foto 148.

24. Valentiniano I, Valente, Graziano, Valentiniano II,

Teodosio e Arcadio, 364-378, 383-387 d.C.

AE3, zecca di Aquileia.

D/ illeggibile.

R/ [---]SMA, parte delle gambe dell'imperatore, labaro.

AE, 2.50 g, 17 mm.

LRBC 388(6, 8), peso alterato dalle incrostazioni.

foto 203.

25. Valentiniano II, Teodosio I e Arcadio, 383-387 d.C.

AE3, zecca occidentale?

D/ illeggibile.

R/ [---], imperatore con mano d. su prigioniero

inginocchiato a s., mano s. tiene labaro con chi rho.

AE, 2.15 g, 18 mm.

LRBC 388(6), peso alterato dalle incrostazioni.

foto 190.

62

26. Valentiniano II, Teodosio I e Arcadio, 383-387 d.C.

AE3, zecca occidentale?

D/ [---]VS PF[---], busto diademato a d.

R/ [---], imperatore con mano d. su prigioniero

inginocchiato a s., mano s. tiene labaro.

AE, 1.93 g, 17 mm.

LRBC 388(6).

foto 136.

Monete di autorità indeterminata

27. I-III sec.

Asse? illeggibile.

AE, 6.95g, 22 mm.

foto 187.

28. I-III sec.

Asse, illeggibile.

AE, 6.36 g, 22 mm.

foto 189.

29. I-III sec.

Asse o semisse? Illeggibile.

AE, 4.02 g, 18 mm.

foto 165.

30. I-III sec.

Asse o semisse? Illeggibile.

AE, 3.10 g, 20 mm, frammentato.

foto 199.

31. I-III sec.

Asse?

Illeggibile.

AE, 4.99 g, 23 mm, incrostazioni.

n. (Classe Fogna C.M.C. pozzo B/2nord), foto 114.

63

32. I-III sec.

Sesterzio.

D/ Illeggibile.

R/ Figura verticale al centro.

AE, 10.86 g, 29 mm.

foto 124.

33. I-III sec.

Sesterzio.

D/ Busto laureato? a d.

R/ Illeggibile.

AE, 13.15 g, 26 mm.

n. (Classe C.M.C. (pod. Minguzzi) b/2 nord), foto 110.

34. I-III sec.

Asse o semisse?.

Illeggibile.

AE, 3.58 g, 19 mm.

foto 168.

35. I-III sec.

Asse o semisse?

Illeggibile.

AE, 3.23 g, 18 mm.

foto 166.

36. I sec.

Asse, zecca di Roma.

D/ [---], busto a d.

R/ Illeggibile.

AE, 9.33 g, 25 mm.

n. (2 nord), foto 184.

37. II inizi III sec.

Denario?

Illeggibile.

AR, 1.72 g, 18 mm, frammentato.

foto 170.

64

38. Fine II, inizi III sec.

Sesterzio, zecca di Roma.

D/ [---], busto a d.

R/ [---], figura al centro.

AE, 20.00 g, 26 mm.

foto 185.

39. Inizi III sec.

Denario suberato, zecca ?

D/ [---], busto laureato a d.

R/ [---], imperatore con scudo?

AR, 0.88 g, 18 mm, esemplare spezzato.

foto 174.

40. Inizi IV sec.

Follis.

D/ Resti di legenda illeggibili, busto diademato a d.

R/ Resti di legenda illeggibile.

AE, 1.63 g, 18 mm, frammentato.

foto 134.

41. IV sec.

Illeggibile.

AE, 2.21 g, 18 mm.

foto 197.

42. IV sec.

D/ Resti di legenda, busto a d.

R/ Illeggibile.

AE, 2.07 g, 18 mm.

foto 133.

43. IV sec.

D/ Busto diademato a d.

R/ Illeggibile.

AE, 1.98 g, 18 mm.

foto 153.

44. IV sec.

Illeggibile.

AE, 1.95 g, 18 mm.

foto 152.

65

45. IV sec.

Illeggibile.

AE, 1.84 g, 18 mm.

foto 195.

46. IV sec.

Illeggibile.

Resti di cerchio.

AE, 1.62 g, 18 mm.

foto 131.

47. IV sec.

Illeggibile.

AE, 1.62 g, 19 mm.

foto 196.

48.IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 2.43 g, 17 mm.

foto 192.

49. IV-V

D/ Resti di legenda, busto a d.

R/ Illeggibile.

AE, 2.25 g, 17 mm, incrostazioni.

foto 137.

50. IV-V sec.

D/ Busto? Resti di legenda.

R/ Illeggibile.

AE, 2.21 g, 16 mm.

foto 118.

51. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 2.18 g, 17 mm.

foto 205.

52. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 2.17 g, 15 mm, incrostazioni.

foto 188.

66

53. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 2.09 g, 16 mm, incrostazioni.

foto 191.

54. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 1.96 g, 15 mm.

n. (2 nord, C.M.C. 3 p.), foto 178.

55. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 1.88 g, 15 mm.

foto 120.

56. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 1.83 g, 16 mm.

foto 202.

57. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 1.78 g, 15 mm.

foto 201.

58. IV-V sec.

D/ Busto diademato a d.

R/ Illeggibile.

AE, 1.77 g, 15 mm.

foto 155.

59. IV-V sec.

D/ Busto a d.

R/ Illeggibile.

AE, 1.74 g, 15 mm.

foto 147.

60. IV-V sec.

D/ Busto diademato a d.

R/ Illeggibile.

AE, 1.64 g, 16 mm.

foto 156.

67

61. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 1.61 g, 17 mm.

foto 164.

62. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 1.54 g, 17 mm.

foto 151.

63. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 1.48 g, 15 mm.

foto 119.

64. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 1.46 g, 14 mm.

foto 146.

65. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 1.45 g, 15 mm.

foto 154.

66. IV-V sec.

(tagliato a grandezza AE4).

Illeggibile.

AE, 1.45 g, 14 mm.

foto 183.

67. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 1.44 g, 16 mm, incrostazioni.

foto 204.

68. IV-V sec.

D/ Resti di cerchio.

R/ Elementi indistinguibili entro resti di cerchio.

AE, 1.44 g, 16 mm.

foto 123.

68

69. IV- V sec.

Illeggibile.

AE, 1.39 g, 14 mm.

foto 142.

70. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 1.37 g, 14 mm, incrostazioni.

foto 140.

71. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 1.37 g, 15 mm, frammentato.

foto 135.

72. IV-V sec.

D/ Busto (?)

R/ Illeggibile.

AE, 1.37 g, 15 mm.

foto 117.

73. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 1.27 g, 14 mm.

foto 141.

74. IV-V sec. d. C.

Illeggibile.

AE, 1.21 g, 16 mm, incrostazioni.

foto 200.

75. IV-V sec.

D/ Busto.

R/ Illeggibile.

AE, 1.20 g, 16 mm.

foto 182.

76. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 1.10 g, 14 mm, frammentato.

foto 169.

69

77. IV-V sec. d. C.

Illeggibile.

AE, 1.06 g, 16 mm, frammentato.

foto 122.

78. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 1.04 g, 13 mm.

foto 121.

79. IV-V sec.

D/ Busto (?)

R/ Resti di figura con asta (?)

AE, 0.98 g, 14 mm, frammentato.

foto 144.

80. IV-V sec.

Illeggibile.

AE, 0.80 g, 14 mm.

foto 145.

81. V sec.

D/ Ghirlanda (?).

R/ Ghirlanda (?)

AE, 0.74 g, 9 mm.

foto 181.

82. V sec.

D/ [---]AVG, busto a d.

R/ Resti di Cerchio.

AE, 0.56 g, 10 mm.

foto 171.

83. V sec.

Illeggibile.

AE, 0.44 g, 9 mm.

foto 180.

84. V-VI sec.

D/ Busto (?)

R/ Due figure stanti (?)

AE, 0.98 g, 11 mm.

foto 138.

70

85. V-VI sec.

Illeggibile.

AE, 0.82 g, 12 mm.

n. (Classe lott. C.M.C. pozzo 2 nord, fognone pozzo B).

foto 162.

86. V-VI sec.

Illeggibile.

AE, 0.73 g, 11 mm.

foto 139.

87. V-VI sec.

Illeggibile.

AE, 0.73 g, 12 mm, incrostazioni.

foto 198.

88. V-VI sec.

D/ Illeggibile.

R/ Resti di figure indistinguibili.

AE, 0.56 g, 12 mm.

foto 150.

89. V-VI sec.

Illeggibile.

AE, 0.27 g, 12 mm, frammentato.

foto 149.

Altro

90.

Pezzo monetiforme fuso, resti di figura.

AE, 3.11 g, 15 mm.

foto 167.

91.

Pezzo monetiforme,

AE, 3.55 g, 24 mm, tondello molto liscio, di colore verde

chiaro, (è possibile anche che sia una moneta moderna).

foto 163.

71

Pozzo 8 sud

92. Gioviano, Valentiniano I, Graziano,

Valentiniano II, 363-392 d. C.

AE4, zecca indefinita.

D/ [---]ANVS AVGG, busto diademato a d.

R/ [---], Vittoria con corona e palma a s.

AE, 2.76 g, 14 mm.

RIC IX.

foto 98.

93. Valentiniano II, Teodosio I, Eugenio, Arcadio, Onorio,

388-402 d.C.

AE4, zecca occidentale?

D/ [...]PF AVG, busto diademato e drappeggiato a d.

R/ VICTORI-AAVGGG, Vittoria a s., tiene corona e palma.

AE, 1.54 g, 9 mm.

LRBC 389.

foto 23.

94. Valentiniano III, 425-455 d.C., (con Teodosio II e

Galla Placidia fino al 450, con Marciano fino al 455).

AE4, zecca occidentale.

D/ [---]S PF AVG, busto diademato e drappeggiato a d.

R/ [---]AVGG, Vittoria a s., tiene corona e palma, entro

bordo perlinato.

AE, 1.49 g, 12 mm.

LRBC 863.

foto 99.

95. Ricimero, emissione postuma a nome di

Valentiniano III, Libio Severo, Ricimero (interregno 465-

467), Antemio, 457-467 d.C.

AE4, zecca di Roma.

D/ Illeggibile.

R/ Monogramma di Ricimero.

Monogramma in RIC, X: 1

Monogramma in Asolati 2005: n°826

AE, 1.10 g, 9 mm.

Asolati 2005, n°615, 826.

foto 21.

72

96. Ricimero (interregno), 465-467 d.C. (?)

AE4, zecca di Roma.

D/ Bordo perlinato (senza legenda del dritto).

R/ Resti di Monogramma.

Monogramma in RIC, X: 1

Asolati 2005, n°845.

AE, 0.62g, 10 mm.

foto 31.

97. Maggioriano, 28 dic. 457 al 2 agosto 461 d. C.

AE3, zecca di Ravenna.

D/[---]PF[---], busto diademato e drappeggiato a d.

R/ [---], Vittoria stante a s., tiene corona e ramo di

palma, elemento circolare in basso a d.

AE, 1.13 g, 11 mm.

RIC X, n°2516.

foto 101.

98. Maggioriano, 28 dic. 457 al 2 agosto 461 d. C.

AE3, zecca di Ravenna.

D/ DN M[---], busto drappeggiato, con diadema

perlinato a d.

R/ [---]TORI[---], Vittoria a s., tiene corona e ramo di

palma.

AE, 1.25 g, 11 mm.

RIC X, n°2617, in parte fuori tondello.

foto 106.

99. Maggioriano, 28 dic. 457 al 2 agosto 461 d. C.

AE3, zecca di Milano.

D/ [---], busto drappeggiato a d., con diadema perlinato

a pendenti finali.

R/ [---]AVGG[---], vittoria a s., tiene corona e ramo di

palma.

AE, 1.26 g, 13 mm.

RIC X, n°2646.

foto 102.

73

100. Maggioriano, 28 dic. 457 al 2 agosto 461 d. C.

AE3, zecca di Ravenna.

D/ [---], busto diademato e drappeggiato a d.

R/ VICTORI[---], Vittoria (frontale?), tiene corona a s.

AE, 1.83 g, 11 mm.

RIC X, n°2618, in parte fuori tondello.

foto 100.

101. Maggioriano, 28 dic. 457 al 2 agosto 461 d. C.

AE3, zecca di Ravenna.

D/ [---], busto diademato a d., entro bordo perlinato.

R/ [---]TORI[---], vittoria a s. con corona.

AE, 1.89 g, 12 mm.

RIC X, n°2617.

foto 104.

Monete di autorità indeterminata

102. Moneta moderna, I-III sec. (?)

Asse, dupondio, 1 centesimo (?)

D/ Busto (?)

R/ Illeggibile.

AE, 4.51 g, 25 mm.

foto 11.

103. IV-V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 2.48 g, 12 mm, fusa, tondello non coniato (?).

foto 103.

104. IV-V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 2.27 g, 13 mm, frammentato.

foto 13.

74

105. IV-V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 1.84 g, 14 mm.

foto 19.

106. IV-V sec.

AE3.

Illeggibile.

AE, 1.39 g, 17 mm.

foto 26.

107. IV-V sec.

AE4.

Resti di legenda.

Illeggibile.

AE, 1.21 g, 14 mm, frammentato.

foto 108.

108. IV-V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 1.05 g, 13 mm, incrostazioni.

foto 12.

109. V sec.

AE4, (fuso?)

Illeggibile.

AE, 1.22 g, 11 mm.

foto 15.

110. V sec.

AE4, (fuso?).

Illeggibile.

AE, 1.18 g, 11 mm.

foto 27.

111. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.95 g, 11 mm.

foto 105.

75

112. V sec.

AE4, (non coniato?).

Illeggibile.

AE, 0.85 g, 10 mm.

foto 55.

113. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.77 g, 9 mm.

foto 16.

114. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.76 g, 10 mm.

foto 33.

115. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.68 g, 9 mm.

foto 18.

116. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.64 g, 11 mm.

foto 39.

117. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.61 g, 10 mm.

foto 52.

118. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.45 g, 9 mm.

foto 96.

76

119. V sec.

AE4.

Tondello non coniato (?)

AE, 0.45 g, 10 mm.

foto 68.

120. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.44 g, 10 mm.

foto 36.

121. V sec.

AE4.

Tondello non coniato (?)

AE, 0.39 g, 8 mm.

foto 62.

122. V sec.

AE4.

Illeggibile.

Tratti su un lato.

AE, 0.34 g, 8 mm.

foto 95.

123. V sec.

AE4.

Tondello non coniato.

AE, 0.33 g, 8 mm.

foto 63.

124. V sec.

AE4.

Tondello non coniato.

AE, 0.32 g, 9 mm.

foto 59.

125. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.30 g, 9 mm.

foto 44.

77

126. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.29 g, 7 mm, frammentato.

foto 28.

127. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.26 g, 7 mm.

foto 48.

128. V sec.

AE4.

D/ Illeggibile.

R/ Tracce di cerchio.

AE, 0.25 g, 8 mm.

foto 58.

129. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.23 g, 10 mm, frammentato.

foto 69.

130. V sec.

AE4.

D/ Resti di legenda (?)

R/ Illeggibile.

AE, 0.23 g, 7 mm.

foto 94.

131. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.21 g, 9 mm, frammentato.

foto 43.

132. V sec.

AE4.

Tondello non coniato.

AE, 0.19 g, 7 mm.

foto 92.

78

133. V sec.

AE4.

Tondello non coniato.

AE, 0.18 g, 8 mm.

foto 78.

134. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.17 g, 9 mm.

foto 49.

135. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.16 g, 8 mm.

foto 87.

136. V sec.

AE4.

Tondello non coniato.

AE, 0.15 g, 8 mm.

foto 56.

137. V sec.

AE4.

Illeggibile.

Asta?

AE, 0.15 g, 7 mm, frammentato.

foto 17.

138. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.14 g, 8 mm, frammentato.

foto 79.

139. V sec.

AE4.

Tondello non coniato (?)

AE, 0.12 g, 8 mm.

foto 88.

79

140. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.11 g, 7 mm, frammentato.

foto 45.

141. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.08 g, 8 mm, frammentato.

foto 29.

Imitazioni con figura con asta e altri tipi indistinguibili.

142. IV-V sec.

AE4.

D/ Illeggibile.

R/Porta del campo (?).

AE, 2.08 g, 12 mm.

foto 14.

143. IV-V sec.

AE4.

D/ Busto (?)

R/ Asta (?)

AE, 1.89g, 13 mm.

foto 22.

144. IV-V sec.

AE4.

D/ Busto con resti di legenda (?)

R/ Elementi indistinguibili.

AE, 1.06 g, 12 mm.

foto 37.

145. V sec.

AE4.

D/ Illeggibile.

R/ Personaggio stante con asta, (figura imperiale).

AE, 1.01 g, 9 mm.

foto 38.

80

146. V sec.

AE4.

D/ Busto?

R/ Elementi indistinguibili.

AE, 0.76 g, 9 mm.

foto 35.

147. V sec.

AE4.

D/ Illeggibile.

R/ Guerriero (?) entro corona stilizzata.

AE, 0.59 g, 11 mm.

foto 32.

148. V sec.

AE4.

Segni indistinguibili su entrambi i lati.

AE, 0.57 g, 10 mm, frammentato.

foto 25.

149. V sec.

AE4.

D/ Illeggibile.

R/ Monogramma (?).

AE, 0.57 g, 9 mm.

foto 66.

150. V sec.

AE4.

D/ Busto imperiale (?)

R/ Cerchio, (battuta in parte fuori tondello).

AE, 0.34 g, 9 mm.

foto 40.

151. V sec.

AE4.

D/ Illeggibile.

R/ Tratti indistinguibili.

AE, 0.25 g, 8 mm.

foto 85.

81

152. V sec.

AE4.

D/ Illeggibile.

R/ Stella (?) Entro bordo perlinato (o corona).

AE, 0.24 g, 9 mm.

foto 54.

153. V sec.

AE4.

D/ Bordo perlinato.

R/ Figure indistinguibili.

AE, 0.21 g, 9 mm.

foto 93.

154. V sec.

AE4.

D/ Tondello non coniato (?)

R/ Monogramma (?).

AE, 0.20 g, 8 mm.

foto 89.

155. V sec.

AE4.

D/ Tratti stilizzati.

R/ Resti di monogramma.

AE, 0.20 g, 10 mm, frammentato.

foto 47.

156. V sec.

AE4.

D/ Busto stilizzato (?) con puntini.

R/ Vuoto (?)

AE, 0.19 g, 7 mm.

foto 57.

157. V sec.

AE4.

D/ Bordo perlinato.

R/ Elementi indistinguibili.

AE, 0.17 g, 8 mm.

foto 34.

82

158. V sec.

AE4.

D/ Illeggibile.

R/ Personaggio con asta (?)

AE, 0.17 g, 8 mm.

foto 74.

159. V sec.

AE4.

D/ Illeggibile.

R/ Elementi indistinguibili.

AE, 0.16 g, 8 mm.

foto 46.

160. V sec.

AE4.

D/ Vuoto (o illeggibile).

R/ Figura stilizzata antropomorfa,

entro bordo perlinato.

AE, 0.13 g, 7 mm.

Asolati 2006, n°61.

foto 73.

161. V sec.

AE4.

D/ Illeggibile.

R/ Figura antropomorfa stante (?)

AE, 0.11g, 7 mm.

foto 70.

162. V sec.

AE4.

D/ Tondello non coniato su un lato (?)

R/ Tratti lineari su un lato (porta ?)

AE, 0.09 g,7 mm, frammentato.

foto 82.

163. V sec.

AE4.

D/ Illeggibile.

R/ Resti di monogramma (?)

AE, 0.03 g, 7 mm, frammentato.

foto 84.

83

Imitazioni di AE4 con il tipo della croce

164.

D/ Illeggibile.

R/ Croce greca potenziata entro cerchio.

AE, 0.51 g, 9 mm.

foto 60.

165.

D/ Illeggibile.

R/ Croce greca.

AE, 0.48 g, 9 mm.

foto 97.

166.

D/ Elementi indistinguibili.

R/ Croce entro doppio cerchio.

AE, 0.40 g, 8 mm.

foto 81.

167.

D/ Elementi circolari indistinguibili.

R/ Croce greca potenziata entro cerchio (o corona).

AE,0.38 g, 10 mm.

foto 77.

168.

D/ Illeggibile (o vuoto).

R/ Croce greca potenziata entro corona.

AE, 0.37 g, 10 mm.

foto 71.

169.

D/ Illeggibile (o vuoto).

R/ Croce greca potenziata?

AE, 0.31 g, 8 mm.

foto 75.

84

170.

D/ Busto imperiale a d.?

R/ Croce greca potenziata (entro resti di cerchio o

corona).

AE, 0.31 g, 9 mm.

foto 42.

171.

D/ Illeggibile.

R/ Croce greca potenziata entro cerchio.

AE, 0.31 g, 9 mm.

foto 64.

172.

D/ Porta del campo?

R/ Croce greca potenziata entro corona.

AE, 0.30 g, 9 mm.

foto 41.

173.

D/ Illeggibile (o vuoto).

R/ Croce entro cerchio (o corona).

AE, 0.30 g, 9 mm.

foto 51.

174.

D/ Elementi lineari, pseudo epigrafici?

R/ Croce greca potenziata entro cerchio (o più cerchi).

AE, 0.27 g, 9 mm, esemplare frammentato.

foto 91.

175.

D/ Illeggibile.

R/ Croce greca potenziata.

AE, 0.25 g, 7 mm.

foto 65.

176.

D/ Vuoto (o illeggibile).

R/ Croce entro cerchio (o corona).

AE, 0.21 g, 8 mm.

foto 53.

85

177.

D/ Piccolo elemento semicircolare indistinguibile.

R/ Croce greca potenziata.

AE, 0.21 g, 8 mm.

foto 67.

178.

D/ Tratti lineari indistinguibili.

R/ Croce greca potenziata entro cerchio (o corona).

AE, 0.20 g, 8 mm.

Arslan 2002, p. 296, fig. C.

foto 61.

179.

D/ Illeggibile.

R/ Croce entro corona (?)

AE, 0.16 g, 9 mm.

foto 50.

180.

D/ Croce (?)

R/ Croce greca potenziata.

AE, 0.14 g, 8 mm.

foto 80.

181.

D/ Tratti indistinguibili..

R/ Croce (?)

AE, 0.14 g, 8 mm, esemplare frammentato.

foto 76.

182.

D/ Porta del campo (?)

R/ Croce (?)

AE, 0.14 g, 6 mm, esemplare frammentato o tagliato.

foto 86.

183.

D/ Illeggibile.

R/ Croce potenziata entro cerchio.

AE, 0.12 g, 8 mm, esemplare frammentato.

foto 83.

86

184.

D/ Elementi indistinguibili.

R/ Croce (?)

AE, 0.11 g, 8 mm, esemplare frammentato.

foto 72.

185.

D/ Tratti lineari e curvilinei.

R/ Croce greca potenziata.

AE, 0.09 g, 7 mm, esemplare tagliato o frammentato.

foto 90.

Altro

186. IV-V sec.

AE3 (?), tagliato a peso di AE4.

Illeggibile.

AE, 0.97 g, 13 mm, (tondello spezzato a metà).

foto 107.

187. IV-V sec.

AE3 (?), tagliato a peso di AE4.

Illeggibile.

AE, 0.50 g, 8 mm, tondello spezzato in quattro parti.

foto 109.

188. V sec.

AE4.

Illeggibile.

AE, 0.70 g, 8 mm, tondello spezzato a metà.

foto 30.

189. V sec.

Pezzo monetiforme.

AE, 0.64 g, 11 mm.

foto 24.

87

Moneta di età moderna

190. Napoleone, Re d'Italia, 1805-1814 d. C.

1 centesimo, zecca di Milano (?)

D/ [---]O[---]E[---], Busto a s.

R/ [---]SIMO in basso, corona ferrea radiata in campo.

CU, 1.98 g, 18 mm.

CNI V, pp. 419-431.

foto 20.

Abbreviazioni:

AE: aes, bronzo

AR: argento

BIL: biglione

CU: rame

PB: Piombo

CNI : Corpus nummorum italicorum

LRBC: Late roman bronze coinage

RIC: Roman imperial coinage

D/: dritto

R/: rovescio

[---]: legenda non visibile

n. : note documentazione scavo

d. C.: dopo Cristo

88

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