Rapport semestriel d'activités u DeSIRA ACCEPT (Novembre ...
L’Acquedotto Carolino, da risorsa idrica a risorsa culturale. Caserta 28 novembre 2008
-
Upload
independent -
Category
Documents
-
view
0 -
download
0
Transcript of L’Acquedotto Carolino, da risorsa idrica a risorsa culturale. Caserta 28 novembre 2008
L’Acquedotto carolino, da risorsa
idrica a risorsa culturale
maria rosaria iacono
Caserta 28 novembre 2008
• L’Acquedotto carolino, grande opera di
ingegneria idraulica, è sicuramente una delle più
importanti realizzazioni del regno di Carlo di
Borbone.
• Francesco Milizia, nel suo ponderoso lavoro
Memorie degli architetti antichi e moderni, edito
a Parma nel 1781, così scriveva a proposito
dell‘Acquedotto carolino: “Una costruzione sì
ardita e sì solida non fa più ammirare quanto
decantato si è fatto, altrove e in qualunque
tempo”
• Luigi Vanvitelli, dovendo apprestarsi a costruire la Reggia a Caserta si preoccupava di assicurare l'indispensabile approvvigionamento idrico per il palazzo, le numerose fontane e i giochi d'acqua che avrebbero animato le reali delizie.
• Inoltre, pensava all’ambizioso
progetto del re per la nuova
città che sarebbe sorta intorno
alla residenza reale e alla
possibilità di aumentare
l'alimentazione idrica di Napoli,
approvvigionata fin dall'epoca
viceregnale dall‘Acquedotto del
Carmignano. Elaborò, pertanto,
un progetto arditissimo per
l’epoca
• Lunghe e laboriose furono le ricerche che, per ritrovare le fonti e assicurare un'abbondante e continua portata d'acqua, avrebbero dovuto sorgere in un sito più elevato di quello della Reggia, affinché l’acqua giungesse con la pressione necessaria.
• Alle falde del Taburno, a 254 m. sul livello del mare, fu individuata una zona ricca di sorgenti, tutte nel "tenimento" di Airola, appartenente al principe della Riccia, che ne fece dono al re.
Dalla quota altimetrica
di 254 metri sul livello
del mare al condotto
fu data una pendenza
media molto lieve,
corrispondente a
mezzo millimetro per
ogni metro di
percorso.
Vanvitelli presentò al sovrano diverse soluzioni per la
realizzazione del percorso fino alla Reggia, che si presentava non
facile sia per la natura del terreno che per la stessa lunghezza (26
miglia che, considerato il miglio 1480 metri, corrispondono a Km.
38,480).
Vanvitelli divise il lavoro in tre tronchi :
dal monte Fizzo al monte Ciesco (1753-1755)
dal monte Ciesco al monte Garzano (1753-1762)
dal monte Garzano al monte Briano (1761-1764).
• Il condotto, largo metri 1.20
ed alto 1.30, è tutto
interrato, tranne la parte
che passa sui ponti, ed è
segnalato da 67 torrini,
caratteristiche costruzioni a
pianta quadrata e copertura
piramidale, destinate a
sfiatatoi e ad accessi per
l’ispezione
Primo torrino, presso l’antico mulino del Fizzo
31 marzo 1753
…nella valle di Maddaloni si
fondano gli archi
dell’Acquedotto….
19 maggio 1753
…si pose la prima pietra
dell‘Acquedotto alle
sorgenti di Airola..
15 dicembre 1753
…la regina disse che
considerava più la
conduzione delle acque che
quasi la fabrica, essendo
cosa da antichi
Imperatori…
• Nella prima parte si
incontrò una palude nella
quale si conficcarono
delle palizzate, poi il
fiume Faenza oggi
Isclero, sul quale si gettò
un ponte a tre archi.
• Qui furono collocate le
lapidi commemorative in
onore dei sovrani Carlo e
Maria Amalia e dopo il
1759 Vanvitelli ne fece
aggiungere una terza
dedicata al nuovo re
Ferdinando IV.
Successivamente il
condotto si interrava
nella collina tufacea
detta Prato. I lavori
del primo tronco
furono completati nel
1755 con il traforo del
Monte Ciesco.
Più lunghi e faticosi si presentarono i lavori
per la seconda parte del percorso (1753-
1762).
Si dovettero superare tre monti (monte
Croce presso S.Agata, monte Longano,
monte Garzano oggi Calvi) e attraversare
due vallate (La valle di Durazzano e la
valle di Maddaloni).
• Un ostacolo davvero
insuperabile dovette
sembrare la vasta
valle che separa il
monte Longano dal
Garzano.
• Si decise, dunque, di
costruire un ponte per
colmare l'ostacolo.
• Il ponte, lungo 2000 palmi (529 metri), ed alto 220 (95,3 metri), fu costruito su tre ordini di arcate, il cui numero aumentava progressivamente (19, 27, 43).
• Un comodo passaggio interno permetteva di percorrere in tutti i versi i tre ordini di archi rinforzati da contrafforti. Nella parte superiore, percorribile un tempo in carrozza, la costruzione era larga metri 8,96.
20 ottobre 1755
… forato il monte Longano, si passa al traforo del monte di Garzano, la quale è un’opera che spaventa, ma si fa…
Notevole ostacolo rappresentò il traforo del Garzano, tutto di viva roccia.
Si lavorò per tre anni anche la notte (1755-1758) dai due lati opposti. Il 23 marzo 1759, si incontrarono gli operai delle due squadre.
11 gennaro 1756
…Ieri tornai solo al monte di
Garzano per segnar la
linea del gran traforo….
Ho trovato che vi è una
emulazione grandissima fra
le compagnie di minatori e
la compagnia di muratori e
contadini ma questo giova
molto all’avanzamento dei
lavori…
1 febbraio 1758
… procede intensamente la
costruzione
dell’Acquedotto: al terzo
ordine, su 43 archi, ne sono
stati voltati 15.
Al traforo del Garzano manca
poco per finire l’opera…e si
sentono sempre più a
battere l’uno contro
l’altro…
12 aprile 1759
…Oggi dopo
pranzo…sono venuti
tutti al traforo. Il re e la
regina, gli infanti…la
corte… Una gran folla
gli ho fatto trovare tutta
la grotta, dall’ingresso
del monte fin agli archi
illuminata con 600 lumi
di cera…Io sono stato
sempre vicino al re e
alla regina…
12 aprile 1759
…la regina disse, replicando a
me che dicevo tutto ha fatto il
re, di mio non vi è che la
semplice esecuzione: senti,
Vanvitelli, dici bene per un
verso e dici male per l’altro;
se non avessi avuto il re non
avresti potuto fare queste
belle cose magnifiche, né il re
senza di te puoteva né
immaginare per fare…
Il 7 maggio 1762 si provò il percorso dell'acqua dalle sorgenti a Garzano, sempre alla presenza della corte e del Re Ferdinando (1751-1825), che aveva undici anni
…..finalmente il re fu a vedere la mostra dell’acqua, la quale riuscì assai bene. Vi erano le guardie italiane e svizzere, con quelle del corpo a cavallo, che facevano complesso molto decoroso…La caduta dell’acqua è riuscita bellissima, limpidissima e vaga per la varietà…
Subito dopo iniziarono i lavori del terzo tronco (1761-64). L'acquedotto costeggiava il monte Calvo, passava per i casali di Garzano, Tuoro, S.Barbara e Casolla fino al territorio della badia di San Pietro ad Montes.
Qui venne costruito un nuovo traforo nel monte di Casertavecchia da dove il condotto proseguiva fino a Briano.
• Nei primi giorni del
maggio 1764 il condotto
fu immesso nel monte
Briano, alle spalle della
Reggia, ed il 20 dello
stesso mese l'acqua
sgorgava nel luogo che
Vanvitelli, dodici anni
prima, in base ai suoi
calcoli, aveva
individuato e
contrassegnato con
alcune tavole.
• Giunta l'acqua alla cascata di Montebriano, veniva incanalata per i diversi usi. Le acque caroline dissetavano anche i sovrani : una conduttura a parte, portava l'acqua al Palazzo. La loro limpidezza e purezza, era salvaguardata dalla cautela con cui era costruito l'interno del condotto.
• D'altra parte l'acqua era considerata "…perfettissima, priva di ogni colore, e di ogni sapore, limpida e trasparente, non macchia i pannolini, né lascia fecce dopo aver bollito…"
• L’acquedotto, quando
fu ultimato nel 1770,
aveva comportato la
spesa complessiva di
622.424 ducati
Uno dei più attenti viaggiatori
stranieri, che alla fine del
Settecento percorrevano il
regno di Napoli attratti dalle
recenti scoperte
archeologiche e dal fascino
del "pittoresco“, M. De La
Lande nel suo Voyage en
Italie (Paris, 1796) doveva
convenire che: "…nous
n'avons point d'ouvrage
moderne qui approche de
cette magnificence".