La gens Annelia a Copia-Thurii

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GERVASIANA Collana di sllldi e testi dire/la da Angelo Russi Serie studi l A. Ru.Hi, BARTOLOMMEO CA PASSO E LA STORIA DEL MEZZOGIORNO D'ITALIA 2 [J. Be/oc/1], SURRENTUM !M ALTERTIIUM l SORRENTO NELL'ANTICHITÀ, hrsg. von/a cura ùi A. Russi :l F. A1·o/io, BOMMÈSPR-;;). Profilo linguistico 4 1-IERDONIAE. A trent'anni dall'inizio degli scavi archeologici <.ldC('JI/rt' dt• rt•dtaclu·s arellh1/ogiques en ltalie centmle t'l méridionale ( /962-1992), a t'um di A. Russi 5 A. Russi, LA LUCANIA ROMANA. P1ofilo storko-istituiionalc 6 VIR BONUS, DOCENDI PERITUS. Omaggio ùcii'Univcrsitù dd l'Aquila a G. GanHi, a cura di A. Dell'Era cd A. Russi Serit· testi l A. Ger\'(/.,io, INTORNO AD ALCUNE ISCRIZIONI ESISTENTI IN LESINA (ifl prepllmoiolle) 1 1'. Gm•a.1io, APPUNTI CRONOLOGICI PER UNA STORIA DELLA CITTÀ DI SAN SEVERO 3 A. A/oj [G. Titta Rosa]. MA T ARAZZO UN EMIGRANTE DELL'OTTOCENTO pi\!lllcssa, introduzione, edizione c note di F. Di Gregorio GERNI EDITORI SAN SEVERO ISBN 88-85077-38-2 Omaggio dell'Università dell'Aquila al prof. Giovanni Garuti A cura di Antonio Dell'Era ed Angelo Russi ESTRATTO A. ZUMBO La gens Annelia a Copia- Thurii (139-161) GERNI EDITORI

Transcript of La gens Annelia a Copia-Thurii

GERVASIANA Collana di sllldi e testi dire/la

da Angelo Russi

Serie studi l

A. Ru.Hi, BARTOLOMMEO CA PASSO E LA STORIA DEL MEZZOGIORNO D'ITALIA 2

[J. Be/oc/1], SURRENTUM !M ALTERTIIUM l SORRENTO NELL'ANTICHITÀ, hrsg. von/a cura ùi A. Russi :l

F. A1·o/io, BOMMÈSPR-;;). Profilo linguistico dcll'ltalitll'Cil(ro~mcridionalc 4

1-IERDONIAE. A trent'anni dall'inizio degli scavi archeologici <.ldC('JI/rt' /n·(~f dt• rt•dtaclu·s arellh1/ogiques en ltalie centmle t'l méridionale ( /962-1992), a t'um di A. Russi

5 A. Russi, LA LUCANIA ROMANA. P1ofilo storko-istituiionalc

6 VIR BONUS, DOCENDI PERITUS. Omaggio ùcii'Univcrsitù dd l'Aquila a G. GanHi, a cura di A. Dell'Era cd A. Russi

Serit· testi l

A. Ger\'(/.,io, INTORNO AD ALCUNE ISCRIZIONI ESISTENTI IN LESINA (ifl prepllmoiolle) 1

1'. Gm•a.1io, APPUNTI CRONOLOGICI PER UNA STORIA DELLA CITTÀ DI SAN SEVERO 3

A. A/oj [G. Titta Rosa]. MA T ARAZZO UN EMIGRANTE DELL'OTTOCENTO pi\!lllcssa, introduzione, edizione c note di F. Di Gregorio

GERNI EDITORI SAN SEVERO

ISBN 88-85077-38-2

911~ !Ili~ llllll~~~lUI

Omaggio dell'Università dell'Aquila al prof. Giovanni Garuti

A cura di Antonio Dell'Era ed Angelo Russi

ESTRATTO

A. ZUMBO La gens Annelia a Copia-Thurii

(139-161)

GERNI EDITORI

Finito di stampare nel mese di maggio 1996 da Grafiche Grilli - Foggia per conto della Gerni Editori s.r.l.

ISBN 88-85077-38- 2

©1996 Gerni Editori s.r.l.- Printed in ltaly. Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere tradotta, ristampata o riprodotta, in tutto ? in. parte7 con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, fotoco~JC, ~ti O:, dtapo­sitive o altro senza l'autorizzazione della Germ Edtton s.r.l. Via Recca, 17-71016 San Severo (Fg)-Te! e fax 0882/334785

La gens Annelia a Copia~ Thurdi

ANTONIO ZUMBO

Si conserva a Rossano Calabro, nella sede dell'associazione culturale «Ro­scianum» 1, una lastra iscritta in marmo bianco di forma rettangolare, spezza­ta sul lato destro e mancante dell'angolo inferiore sinistro, con alcune abra­sioni sulla superficie e numerose scheggiature lungo i margini. Tuttavia è buo­no in generale lo stato di conservazione. La cornice che riquadra lo specchio epigrafico, visibile su tre lati, è costituita da un listello e da una gola rovescia. Essa conserva la larghezza originaria solo sul lato inferiore, che misura cm 8, mentre è ridotta a cm 4,5 sul lato superiore e a cm 4 sul lato destro2 • L'impa­ginazione del testo, presumibilmente simmetrica, con interlinea regolare, pre­senta lettere di grandezze differenti nelle quattro righe, senza ombreggiature, apicate e incise accuratamente con solco profondo nettamente triangolare a se­zione costante (56,5 x 112 x 12; lett. 5,5-6,5) (Tav. I).

Nel corso del XVI secolo il marmo è stato reimpiegato per scolpirvi sul verso un bassorilievo (Tav. II?; entro due fasce a motivi vegetali, si staglia sullo sfondo di una nicchia la figura di San Paolo, sormontata da una prima coppia di angioletti in posizione speculare, da un clipeo contenente una figu­rina femminile seduta (l'Annunciazione) e, presumibilmente, da una seconda coppia di angioletti, sempre in posizione speculare, di cui resta solo parte del puttino collocato sulla destra.

La frattura del marmo e la conseguente lacuna del testo consentono di con­siderare la lastra solo parte di un manufatto originariamente di maggiori di­mensioni. Calcolarne la lunghezza originaria e integrarne l'iscrizione sarebbe particolarmente arduo e problematico se, dalle corrispondenze riscontrate tra l'iconografia e l'iscrizione della nostra lastra con le raffigurazioni e l'epigra­fe presenti in una «colonna» ricordata da Alfredo Gradilone nella sua Storia di Rossano\ non risultasse evidente trattarsi di parte del medesimo reperto.

L'opera dello storico rossanese, opportunamente vagliata, è per noi certa­mente di grande interesse, poiché offre la possibilità di attingere informazio­ni, oltre che sulle vicende e sui trasferimenti, sulle dimensioni originarie del manufatto e soprattutto sul testo inciso. Nella sola prima edizione della sua monografia l'autore, oltre a riferire notizie più dettagliate, cita come sua fonte

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Tav. l

Tav. 2

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«tma memoria contemporanea di D. Ignazio Pisani senior»5. Da essa si ap­

prende che, nel 1771, quando era arcivescovo di Rossano Calabro mons. Ca­maldari6, all'interno della chiesa di San Bernardino7, durante lavori di demo­lizione di una cappella patronale della famiglia Cito, sul retro delle «colonne» con l'effige di San Paolo e San Pietro che sorreggevano l' altaré, si rinvenne una «epigrafe scolpita su due marmi spezzati che tuttavia si univano raggiun­gendo la lunghezza di palmi 10 e la larghezza di palmi 2 e 114»9. Quest'ulti­ma misura ha un preciso riscontro nella lastra oggi a noi visibile 10

; 2 palmi e 114 equivalgono infatti proprio a 59 centimetril 1

• Possiamo pensare, se pur an­cora con riserve, che anche l'altra cifra indicata sia fededegna; la lunghezza totale delle due lastre nel XVIII secolo poteva essere quindi di 264 centime­tri, a tanto equivalgono 10 palmi. Esse accostate formavano un parallelepipe­do che raggiungeva verosimilmente le seguenti misure: cm 264 x 59 x 12. La notevole lunghezza, l'esiguo spessore, la conseguente fragilità di una unica la­stra marmorea con queste caratteristiche, fanno pensare che già illapicida del­l'età romana abbia utilizzato per incidervi l'iscrizione non una lastra unica, ma due lastre 12 di uguali dimensioni 13 . Grazie ad un documento custodito nel­l'archivio Vaticano 14, è possibile indicare la data del 13 ottobre 1580 come terminus post quem i «due marmi spezzati» 15 furono collocati all'interno del­la chiesa di San Bernardino a Rossano. Si può infatti ritenere con ragione, che le due lastre con le figure di San Paolo e San Pietro, furono utilizzate in San Bernardino dalla famiglia Cito, solo dopo aver ottenuto il privilegio di erige­re nella chiesa un altare 16.

Circa la collocazione originaria e la data del primo ritrovamento, nulla di preciso è possibile invece affermare. Pare tuttavia accettabile, come ipotesi, l'idea formulata da un «antiquario francese» che, trovandosi a Rossano nel 1771, vide e interpretò l'iscrizione 17. Secondo questa ipotesi, il marmo con in­cisa l'iscrizione sarebbe stato dai Cito rinvenuto in qualche loro podere di cam­pagna vicino Rossano 18 e utilizzato dal fondatore della cappella familiare per economizzare sulle spese di materiali da costruzione 19. Individuare l'identità del personaggio transalpino sarebbe certo un elemento importante ai fini del­la nostra ricerca, ma la genericità delle informazioni disponibili rende incerta ogni ipotesi di identificazione. Un'attenta lettura della pur breve notizia del Gradilone20, integrata da quanto emerge da due lettere dell'Agente Serafino Falco al Principe Borghese21 (vd. il testo in appendice), permette però d'in­quadrare meglio le finalità del viaggio del nostro personaggio, denominato nell'epistolario «l' Abbate Francese», e la sua tappa a Rossano. Quest'ultima, favorita da Marcantonio IV Borghese (1730-1800)22, sarebbe avvenuta non per soddisfare una generica curiosità personale, ma nel quadro di una più va­sta indagine sulle antichità del Regno «per poi farne un' istoria»23 . L'abba te fece parte quindi di quella schiera di viaggiatori che, spinti dal desiderio di contemplare i luoghi ove erano ubicate le più famose città della Magna Gre-

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eia, intrapresero lunghi e quasi sempre disagevoli viaggi alla ricerca di vesti­gia e di reperti archeologici24.

Mentre risulta attualmente irreperibile25 il bassorilievo con l'immagine di San Pietro e, come scrive il Gradilone26, con la continuazione dell'epigrafe, l'altro con la raffigurazione di San Paolo, rimasto nascosto nell'ex convento dei Padri Minori Riformati di Rossano, per più di due secoli, è stato ritrova­to, nell983 dall'avvocato Giovanni Zagarese27, proprio in un locale del chio­stro attiguo alla chiesa di San Bernardino28.

Se in passato, probabilmente, proprio l'irreperibilità delle lastre e le per­plessità suscitate dalle incertezze della lettura tràdita, hanno fatto sì che, an­che dopo tanti anni dalla prima pubblicazione, l'iscrizione sia rimasta del tut­to inosservata, esclusa dalle grandi rassegne specialistiche di aggiornamento e priva di una edizione critica29, oggi il ritrovamento di uno dei due marmi e i riscontri positivi sulle notizie collegate, anche dalla nostra fonte, alle due «colonne», dimostrando, senza ombra di dubbio, la genuinità della parte sini­stra del testo e consentendo un'emendamento della lettura riportata dal Gra­dilone, rendono possibile una rilettura dell'intera iscrizione e una più certa analisi storica.

Testo e inte1pretazione riportati dal Graditone nell92@0

Testo: «L. Annelio L. F. Aem. Rtifo P. T1: Mi!. Pont. M. Vii: !w: Dic. Iter. «L. A1melio T. F. Aemil. R~ifo F. II/lvii: ha: Dic. Cac. P. F. Rtifae Uxori. «L. Annelio L. F. Aemil. Cardo Fratri III!vil: ha: Dic. lt Safiniae L. F. Socrui. «Ex Testamento Caesia P. F. Rt({a Uxor Fecit. «HS. CCL)). CCL)). L))».

Interpretazione: «Lucio Annelio Luci} Filio Aemilia R~ifo Patri Tribuna Militum Pont(fici

Quatrumvir luridicundo Iterum. «Lucio Annelio Luci} Filio Aemilia Rtifo Quatrumviro luridicundo Caesiae

Publij Filiae Rtifae Uxori. «Lucio Annelio Luci} Filio Aemilia Corda Fratri Quatrumviro iuridicundo

iterum Safiniae Luci} Filiae Socrui. «Ex testamento Caesia Pubblij Filia Rufa Uxorfecit.

Testo e inte1pretazione riportati dal Gmdilone nell96'P 1

Testo: «L. Annelio L. F. Aem. R~ifo F. Ti: Mil. Pont. Max. Vii: hu: Dic. Patri, «L. Amelio T. F. Aemil. Rtifo F. III! !w: Dic. Cac. P. F. Uxori. «L. Annelio L. F. Aemil. Conio Fmti III! vii: Iw: Dic. lt Safiniae L. F. Socrui.

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Antonio

«Ex Testamento Caesis P. F. Rufa Uxior Fecit. HS CCL)) CCL)) L)).

Interpretazione: «Lucio Annelio Luci} Filio Aemilia R~{fo Patri Tribuna Militum Pontifici

Quadrumviro Iuridicundo Iterum. «Lucio Annelio Luci} Filio Aemilia Rufo Quadrumviro Iuridicundo Cae­

siae Publij Filiae R~ifae Uxori. «Lucio Annelio Luci} Filio Aemilia Corte Fratri Quadrumviro Iuridicun­

do Iterum Safiniae Luci} Filiae Socrui. «Ex testamento Caesia Publij Filia Rufa Fecit.

Lo storico rossanese, a quanto pare, utilizzò sempre un'unica fonte e non ebbe mai occasione di prendere visione delle due lastre32. Le differenze, le in­congruenze e le modifiche presenti nelle due edizioni della sua opera non pos­sono quindi essere attribuite, né all'utilizzo di fonti diverse, né ad emenda­menti apportati dopo aver preso visione diretta dei marmP3. Credo anche che non sia necessario attribuirle ad una volontà fraudolenta, perché esse non in­taccano la sostanza dell'epigrafe e non obbligano a inficiare la credibilità del­la nostra fonte. La certezza che la parte di testo oggi a noi visibile, così, co­me proposta dal Gradilone, è ftutto di una lettura impetfetta34 scaturita, o di­rettamente dalle lastre, per colpa di chi, nel XVIII secolo, prese visione delle due parti di iscrizione, e/o da una difficoltà della nostra fonte di leggere il ma­noscritto di D. Ignazio Pisani senior sua fonte35, rafforza la convinzione che anche nella parte per noi perduta, non sottoponibile quindi ad una visione di­retta, si sia verificato il medesimo inconveniente.

Ancora alcune considerazioni di carattere generale possono essere svolte nel tentativo di suffragare con altri validi indizi la nostra tesi.

Il Gradilone non gode fama di falsario e anche se lo fosse stato, la sua scar­sa credibilità non sarebbe argomento sufficiente per provare nel caso specifi­co la frode. Anche l'attuale irreperibilità di uno dei marmi non è argomento determinante a favore della falsità o/e della interpolazione, anzi l'aver ritro­vato una delle lastre può essere elemento non trascurabile a favorire l'ipotesi della genuinità complessiva dell'iscrizione.

Non rendendosi conto della sua importanza, il Gradilone utilizza l'iscri­zione solo per rafforzare la sua convinzione della presenza romana a Rossa­no36, attestata per altro in età imperiale, come egli ben conosce, anche da al­tra fonte37. Un altro pur labile indizio della sua buona fede sta nel fatto che egli, dando notizia di 3 iscrizioni latine rinvenute nel territorio di Rossano in tempi e luoghi diversP8, riporta solo il testo dell'epigrafe che fu vista perso­nalmente dalla sua fonte. Delle altre due iscrizioni, il cui testo non fu visto di­rettamente da chi attinge le notizie e le cui informazioni non poteva verifica­re, perchè vaghe e incerte, si limita a ricordare fedelmente quanto riportato dagli autori precedenti39.

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Il confronto della parte d'iscrizione conservata a Rossano (Tav. I) con i dif­ferenti testi che il Gradilone riferisce nelle due edizioni della ·sua opera40 ren­de evidente inoltre che quanto pubblicato nel 1926 è maggiormente fedede­gno e razionalmente più accettabile. Ciò è anche confermato indirettamente dallo stesso autore. Egli, pur fornendo nella seconda edizione del suo volume un testo in parte difforme da quello pubblicato nel 1926, quando cita l'inter­pretazione dell'epigrafe, consistente sostanzialmente nello scioglimento delle abbreviazioni, fa riferimento sempre al testo così come è riportato nella pri­ma edizione41 .

Partendo da quanto emerso sino ad ora, nel tentativo di verificare l'auten­ticità di tutto il testo tràdito e proporre una restituzione quanto più possibile vicina all'originale, nella discussione farò riferimento al testo e all'interpreta­zione pubblicati nel 1926. Le differenze e le incongruenze presenti nella suc­cessiva edizione saranno segnalate e discusse solo in nota.

L'osservazione diretta del marmo permette di correggere, come anticipato sopra, alcune inesattezze e notare alcune particolarità. L. l. La corretta lettura dell'abbreviazione del vincolo di parentela del perso­naggio è P. anziché F. 42. L. 2. L'abbreviazione del patronimico del personaggio maschile è L. anziché T.43.

LL. 2 e 3. L'abbreviazione della tribù è Aem. anziché Aemi/.44 . Va osservata alle stesse linee la soprallineatura incisa sul numero III/45 •

L. 3. Illapicida ha rimediato alla mancata incisione della parola FRATR/46 in­serendola successivamente con caratteri più piccoli nello spazio vuoto pre­sente tra le righe 2 e 3.

In tutte le righe va notato l'uso regolare di punti di forma triangolare per separare le parole. Le caratteristiche paleografiche delle lettere47 suggerisco­no una datazione in età tardo repubblicana o augustea48 .

Alcuni emendamenti è necessario apportare anche in quella parte dell'i­scrizione a noi nota solo attraverso il Gradilone. L. l. Credo sia stato compiuto uno scambio dei segni III!, utilizzati peF indi­care la prima parte della parola quattuon,iro, con una M49 ; al termine della stessa riga credo vada accettata la lettura iter., da integrare come suggerito in iter(um), ed espungere la parola PATRP0

L. 2. La c, finale di Cac., parte del gentilizio del personaggio femminile, può essere considerata o un semplice errore di stampa o l'errata lettura di una e. Lo scambio della e con la c mi pare paleograficamente possibile, soprattutto se la commutazione è da imputare ad una errata lettura del manoscritto e non ad un errore di lettura dei segni incisi sul marmo. Penso comunque non trat­tarsi di una forma abbreviata del dato onomastico51 , ma di una forma mutila, causata forse dalla rottura o più probabilmente da una sbrecciatura del reper­to, riportata fedelmente da chi copiò direttamente dal marmo le lettere. Sulla base dell' onomastica dello stesso personaggio presente alla riga 4, si è pen-

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sato alla gens Caesia, la corretta integrazione potrebbe essere Ca e[ sia e l P(ubli) f(iliae) Rufae52

L. 3. Le lettere IT, forma mutila dell'abbreviazione dell'iterazione al quat­tuorvirato, già presente nella riga l, vanno integrate it[er(um)P3

Dalla ricostruzione grafica proposta (Tav. III?4 è possibile notare anche come le due lacune ipotizzate alle linee 2 e 3 siano fra loro in correlazione. Ciò sarebbe da considerare, a mio avviso, un dato a favore dell'autenticità di questa parte d'iscrizione. Molto difficilmente, si sarebbe escogitata da parte di un falsario una tale coincidenza.

In entrambe le precedenti edizioni dell'iscrizione è riportata una quinta ri­ga di testo della quale non ho però riscontrato nessuna traccia sul marmo55 .

Un'accurata autopsia mi 12ermette di escludere la possibilità che essa sia sta­ta diligentemente erasa. E possibile formulare in merito alcune ipotesi. La quinta riga potrebbe essere stata incisa a lettere più piccole sulla destra del­l'iscrizione56, quindi sulla porzione di marmo oggi dispersa. Anche una poco scrupolosa tradizione sull'impaginazione dell'epigrafe potrebbe aver erronea­mente aggiunto una quinta riga di scrittura; ciò che era inciso alla fine della quarta riga può essere stato collocato in una riga successiva in realtà inesi­stente. La probabile centratura della quarta riga rispetto a quelle superiori fa pensare che proprio quest'ultima sia l'ipotesi più vicina alla realtà. L'assenza dell'indicazione dei sesterzi alla fine della riga quattro avrebbe lasciato sulla destra uno spazio vuoto molto maggiore rispetto a quello presente sulla sini­stra, rompendo la simmetria dell'impaginazione dell'epigrafe. Qualche indi­zio sull'ordinati o della scrittura, utilizzato anche per la nostra ricostruzione grafica dell'iscrizione, è stato infatti ricavato da un attento esame della lastra a nostra disposizione. La tendenza prevalente a centrare nello specchio epi­grafico righe parallele di lunghezza differente così da lasciare a sinistra e a destra di ciascuna riga uno spazio di identica ampiezza, può essere ipotizzata per la nostra epigrafe, osservando l'impaginazione del margine sinistro del te­sto57. La ricostruzione grafica dell'iscrizione, favorita dalla regolarità del mo­dulo delle lettere nelle singole righe e dalla probabile assenza di nessi, ha inol­tre permesso di verificare la giustezza delle abbreviazioni utilizzate.

Propongo di ricostruire così il testo (Tav. iii)58 :

L(ucio) Annelio L(uci) f(ilio) Aem(ilia tribu) Rufo p[(atril. tr(ibuno) mil(itum). pont(ifici), IIII vir(o) iur(e) dic(undo) iter(um).l l

L(ucio) Annelio L(uci) f(ilio) Aem(ilia tribu) Rufo f(ilio ), !III vir[(o) iur(e) dic(undo ), Caesiae P(ubli) f(iliae) Rufae uxori,l l

L(ucio) Annelio L(uci) f(ilio) Aem(ilia tribu) Corda 'fratr[i}', III[! vir(o) iur(e) dic(undo) iter(um ). Safiniae L(uci) f(iliae) socrui l l

Ex testamento, Ca[esia P(ubli! f(ilia) Rufa uxor fecit. (sestertium viginti­quinque milia)].

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Sono state sottolineate le lettere non più leggibili ma desumibili dal testo offerto dal Gradilone59.

L. 1: F. Gradilone 1967; M. Gradilone 1926; MAX. Gradilone 1967; IIII omes­so Gradilone 1926; Gradilone 1967; PATRI Gradilone 1926. L. 2: AMELIO Gradilone 1967; T. Gradilone 1926; Gradilone 1967; AEMIL. Gradilone 1926; Gradilone 1967; IIII IUR. Gradilone 1967; VIR[(O)] omes­so Gradilone 1967; CAC. Gradilone 1926; Gradilone 1967; RUFAE omesso Gradilone 1967. L. 3: AEMIL. Gradilone 1926; Gradilone 1967; FRATI Gradilone 1967. L. 4: CAESIS Gradilone 1967; UXIOR Gradilone 1967.

Tav. III

Mentre le considerazioni esterne al testo finora fmmulate hanno permesso di far emergere solo validi indizi, certo non prove determinanti, circa la veri­dicità dell'intera iscrizione, un'analisi interna del testo in sé, l'accertamento della sua maggiore o minore attendibilità storica, credo invece possa o far sca­turire elementi che ostino alla sua autenticità o garantirne la genuinità con mo­tivazioni irrefragabili.

Il documento epigrafico, stando alle notizie antiquarie, proviene dal terri­torio di Rossano, inserito per l'età che stiamo trattando nell'ager di Copia­Thurii, località che, nella ripartizione augustea dell'Italia60, venne assegnata alla regio III e che, dopo le ricerche topografiche condotte a partire dagli an­ni '3061 e le campagne di scavo realizzate negli anni '60 e '7062, possiamo identificare con sicurezza negli strati superiori del complesso archeologico messo in luce nel comune di Cassano Ionio in loc. Sibari. Si tratta di un'i­scrizione privata collocata probabilmente in origine su di un monumento fu­nebre familiare di notevoli dimensioni, come rivelano la tipologia delle lastre, la ripetuta menzione dello stesso gentilizio e la dedica offerta per disposizio­ne testamentaria63 a L. Annelius Rufus padre, ai suoi due figli L. Annelius Ru­fus e L. Annelius Cordus64 , a Caesia P. f. Rufa moglie del primo figlio e a Sa­finia L. f., suocera di quest'ultima e quindi anche rispettivamente moglie e madre dei tre uomini65 .

Poiché ad eseguire la volontà del testator fu Caesia P. f. Rufa, moglie di L. Annelius Rufus figlio, credo che quest'ultimo possa essere identificato co-

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me il probabile committente dell'epigrafe e il dispensatore dei 25.000 sester­zi. Una somma di tale entità66 è indicativa della consistente capacità econo­mica67 del personaggio e della sua famiglia. Le ricche famiglie per ricordare orgogliosamente la loro origine o, più probabilmente nel nostro caso, per sot­tolineare la posizione di prestigio acquisita tra i notabili della città, ambivano a possedere un monumento sepolcrale comune di qualche importanza68.

Certamente gli Annelii hanno avuto un ruolo importante nella vita econo­mica e politica del municipium di Copia- Thurii69

. Alcuni di essi infatti rag­giunsero le più importanti magistrature della città. Il gentilizio Annelius, a quanto mi risulta non ha altre attestazionF0. Largamente diffusi sono invece i cognomina Rufus71 e Cordus72

.

L'ascrizione alla tribù A emilia dei tre membri della gens An n elia è un ele­mento determinante, vista l'incertezza del situs di rinvenimento, a favore del­l' attribuzione del documento all' ager di Copia-Thurii e permette di aggiun­gerlo, anche come importante conferma all'unica testimonianza finora in no­stro possesso 73 che rivelava già la tribù in cui erano registrati i cittadini di que­sta città e del suo territorio74. L'appartenenza a questa tribù e l'assenza del gentilizio in altre città, fanno arguire inoltre la probabile origine locale della gens.

Il cursus honorum di L. Annelius L. f. Aem. Rufus, padre, si presenta in ordi­ne diretto e il grado di tribunus militum75

, prima tappa, implica almeno la di­gnità equestre76. Egli, unico personaggio originario dei Bruttii77 da noi cono­sciuto ad aver militato con questo grado nell' esercito78

, dopo essere stato uffi­ciale in una legione il cui nome non è precisato, di ritorno in patria, probabil­mente anche grazie al prestigio dell'ufficio prestato, seguì il cursus honorum municipale 79 ricoprendo le massime cariche. Fu prima cooptato come sacerdo­te nell'ordine dei pontefici80 e poi eletto quattumvir iure dicundo due volte. Ve­niamo così a sapere che anche il municipio di Copia-Thurii ebbe un collegio di pontefici, secondo un modello di organizzazione del culto pubblico sinora non attestato per il territorio dei Bruttii, se si esclude l'anomala presenza del ponti~·l· l ~.:_l,erL\c·u.~ ficato massimo attribuito iQ. Laronius su due iscrizioni di Vibo Valentia81 . La' '{~~~;~~~.~.1; ~,'"'''"t~~\rc,,l, carriera percorsa dal nostro personaggio è riscontrabile spesso in esponenti mu-nicipali. Una migliore conoscenza dei componenti del governo locale e la pos-sibilità di quantizzare anche la presenza del ceto equestre permetterebbero di ri-levare i tempi e le trasformazioni, nonché le diverse modalità di partecipazione alla vita pubblica delle differenti componenti sociali presenti nella città, co-gliendo dati essenziali sulla struttura sociale ed economica82.

Anche i figli del nostro personaggio raggiunsero il quattuorvirato iure di­cundo, iterato dal primo dei due. Il primogenito, come si ricava dall'iscrizio­ne, sposò una donna della gens Caesia83

• Questo gentilizio non altrimenti at­testato nella città, è presente invece nei Bruttii a Vibo Valentia84. Anche se nessun legame stretto di parentela è possibile intravedere fra la Caesia di Co­pia-Thurii e i potenti Caesii di Vibo Valentia85, tuttavia la presenza del gen-

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tilizio in queste due aree del Bruzio, particolarmente adatte all'allevamento transumante86 , richiama suggestivamente l'ipotesi di un interessamento della gens Caesia alle attività connesse con l'allevamento su grande scala del be­stiame, già formulata per altre regiones d'Italia87 . È noto inoltre che un buon mezzo per facilitare l'ascesa sociale o mantenere il prestigio e il rango di una famiglia erano le opportune alleanze matrimoniali.

Alla gens Safinia88 , assente nel resto della regione, appartiene infine l'al­tra donna ricordata nel testo. La mancanza del cognomen di quest'ultima, la forma diretta della carriera del primo personaggio ricordato e l'assenza del no­me della legione ove, sempre quest'ultimo, ha militato come tribunus militum, sono tutti elementi convergenti e orientati a collocare cronologicamente il do­cumento, come già sostenuto dall'osservazione della paleografia, in età tardo­repubblicana o ai primi decenni dell'età imperiale, probabilmente in età au­gustea89.

Ancora una volta, i dati offerti dall'erudizione antiquaria settecentesca, se pur mediati dalla storiografia locale più tarda, si sono rivelati determinanti per il recupero di un testo epigrafico, utile, nel caso specifico, alla conoscenza del­la storia di Copia-Thurii.**'''

*** Questo lavoro, come il precedente (A. ZUMBO, Lessico epigrqfico della regio III (Lucania et Bruttii). Parte I: Bmttii, Roma 1992), frutto di uno studio sistematico del materiale epigrafico ca­labrese, è stato realizzato grazie ai preziosi suggerimenti del prof. Angelo Russi. Devo a lui in que­sta occasione la prima segnalazione del libro del Graditone e l'incoraggiamento a studiare l'epigra­fe, quando ancora non era noto il ritrovamento di una parte di essa. Mi è quanto mai gradito in que­sta sede ringraziarlo. Sono inoltre grato al prof. Paolo Cavuoto, alla prof.sa Giovanna De Sensi Se­stilo e a tutti gli altri mnici che hanno contribuito a 1nigliorare il1nio lavoro.

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Bibliografia

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Antonio Zumbo

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151

Vir bonus, docendi peritus

Note

1 L'autopsia e i rilievi fotografici sono stati da me effettuati una prima volta nel 1990 e succes­sivamente, in condizioni più favorevoli, nel1993. Ringrazio il sig. A. Moschetto per la disponibilità dimostrata nel concedermi libero accesso alla sede dell'associazione culturale <<Rosciamrm>> di cui è socio.

2 La larghezza della lastra doveva essere originariamente di cm 59 così distribuiti: cm 8 parte su­periore della cornice, cm 43 specchio epigrafico, cm 8 parte inferiore della cornice.

3 Stilisticamente il bassorilievo è da considerare di scuola cagginesca con influenze montorsia­ne. Perl'influenza della scultura siciliana in Calabria nel XVI sec. cfr. RoTILI 1976, pp. 108-109: <<in Calabria la scultura, più che della fioritura napoletana risentì di quella siciliana, per l'accoglimento di opere di artisti di Sicilia o lì attivi,».

4 GRADILONE 1926, pp. 610-611, p. 611 n. l. GRADILONE 1967, pp. 33-34, p. 34 n. 29. Una ter­za edizione dell'opera del Gradilone, stampata a Cosenza nell980, è del tutto identica all'edizione del 1967: non sarà quindi citata nel corso dell' ariicolo.

5 Il Gradilone dice esplicitamente di aver consultato le carte conservate presso la fam. Pisani (cfr. GRADILONE 1967, p. 582 nota 1). Il carattere esclusivamente privato della memoria di d. Ignazio Pi­sani senior [ ... ] credo sia un fattore di garanzia della sua buona fede nel trascrivere l'iscrizione. Le ricerche da me effettuate a Rossano Calabro, con la speranza di ritrovare la sua fonte, non hanno sor­tito l'esito sperato. Voglio comunque ringraziare per la disponibilità dimostrata nel facilitare il mio lavoro il Dott. I. Sabatini, erede della fam. Pisani.

6 Mons. Camaldari di Gallipoli, nominato arcivescovo di Rossano da Papa Clemente XIII il 20 maggio 1762, adempì la sua missione pastorale fino al 22 aprile 1778 anno della sua morte. vd. REN­zo 1990, pp. 145-146.

7 La costruzione della chiesa, autorizzata con una bolla (27 ottobre 1428) dal Papa Martino V al­l'arcivescovo di Cosenza, fu iniziata però solo nel 1460 ad opera dei Padri Minori Osservanti di S. Francesco. Nel luglio del 1597 i Padri Minori Osservanti Riformati presero possesso del Convento attiguo alla Chiesa. vd. RENZO 1990, p. 103.

8 Ricordo che fino alle disposizioni emanate dal Concilio Ecumenico Vaticano II (Concilio ecu­menico Vaticano II 1966, Costituzioni, Sacrosanctwn Conciliwn, cap. V, 91) tutti gli altari erano at­taccati alla parete quindi solo una delle facce delle lastre che sorreggevano l'altare risultava visibile dando l'illusione di una «colonna>>.

9 GRADILONE 1926, p. 6lln. l. 10 V d. supra nota 2. 11 Il valore del palmo era utilizzato come unità di misura di lunghezza, prima dell'adozione del

sistema metrico decimale in vari luoghi d'Italia; nel Regno delle Due Sicile era pari a cm 26,4. Cfr. SALVIAT! 1970, p. 37.

12 A sostegno della nostra ipotesi ricordo, sia la notizia riportata in GRADILONE 1926, p. 61ln. l: <<L'epigrafe era scolpita su due marmi spezzati che tuttavia si univanm>, sia la presenza anche nei Brut­fii di iscrizioni composte da elementi accostati; per l'area di Copia-T!zurii, se pur in un contesto com­pletamente differente dal nostro e pertinente ad un'iscrizione a carattere presumibilmente pubblico, ve­di il frammento di blocco in calcare con inciso un testo epigrafico monumentale su due righe, esteso su più blocchi affiancati, rinvenuto durante la campagna di scavi dell971 a Sibari inloc. Parco del Ca­vallo, nell'angolo S-E del vano 8 dell'edificio posto alle spalle del teatro, databile per le caratteristiche delle poche lettere superstiti (con regolari apicature ed interpunzione triangolar·e) tra la fine del I sec. a.C. e la metà del I sec. d.C.; vd. SIBARI 1972, p. 274, fg. 279, cfr. PAOLETTl c. s.

13 Le misure proposte sulla base delle informazioni del 1771 trovano le seguenti conispondenze nelle unità di misura romane: lunghezza di 9 p es (cm 266, 16; due lastre ciascuna di 4 p es e l semipes cml33,08), altezza di l bipeda/is (cm 59,1) e spessore di l quincunx (cm 12,3). La lieve differenza fra le ipotizzate misure originarie delle due lastre (cm 266,16 x 59,1 x 12,3) e quelle appurate nel1771 (lun­ghezza e altezza cm264 x 59) o da me accertate (spessore cml2) può forse essere dovuta all'usura dei marmi, soprattutto lungo i mar·gini e/o alla necessità di effettuare una rifilatura per adattarli nel XVI se­colo alle nuove necessità d'uso prima dell'incisione dei bassorilievi sul retro.

152

Antonio Zwnbo

14 Archivio Vaticano, secr. Brev., Alt. Perp. 3, f. 227-227v; 4 f. 227. vd. Russo 1979, nr. 23172. Ad perpetuam rei memoriam. . . . Altare Familiae de Citis, sub invoctione Omnium Sanctonrm, in ecclesw domus S. Bemardrm,

civ. Rossanen., fit privilegiatwn in perpetwn. «Dat. Rome, apud Sanctwn Petrum, an. ltrc.nis dnme MDLXXX;Ill Idus Octobris, Pont.us n.ri

an. IX>>. «Omnium saluti». 15 GRAD!LONE 1926, p. 611 n. l. 16 V d. supra nota 14. 11 GRADILONE 1926, p. 610; GRADILONE 1967, p. 34 n. 29. vd. anche supra. Per le problematiche

sull'attendibilità dei viaggiatori francesei in Italia quale fonte per la conoscenza dell'epigrafia anti­ca vd. CHEVALLIER 1978, p. 209. Più in generale sulle antichità nei racconti dei viaggiatori del Set­tecento vd. VALLET 1992, pp. 379-399.

18 Avaro di risultati è stato il tentativo di localizzare attraverso antiche carte del territorio di Ros­sano, o attraverso atti catastali, o anche sulla base di toponimi ancora usati, le proprietà dei Cito nel XVI secolo, al fine di poter ipotizzare, sulla base di altri rinvenimenti archeologici portati alla luce in quei luoghi, un collegamento con la nostra lastra, così da poterne determinare, se pur in via ipo­tetica, una possibile collocazione in situ.

19 Alcuni frammenti di marmi romani murati in una tomba collocata nella terza cappella della chiesa di San Bernardino sono ricordati in AA.VV. 1928, p. 531, cfr. KAHRSTEDT 1960, p. 91; alla nota 9 lo storico tedesco annota: <<lc!z habe sie nic!zt gesehen, die Kirc!ze war in Reparafllr und Wl­

zugiinglich». L'abbandono, lo stato di degrado e l'inaccessibilità della chiesa e del convento di San Bernardino, testimoniati da Kahrstedt, possono essere una delle possibili cause che non permisero al Gradilone di prendere visione di almeno una delle due «colonne» citate nel manoscritto del Pisani.

zo GRADILONE 1926, pp. 610-611: <<Era il giorno dell'Ascensione e si trovava a Rossano un ~n­tiquario francese venuto per investigare le antichità del Regno e ch'era stato raccomandato dal Pr~n­cipe Borghese al suo Agente D. Serafino Falcm>; GRADILONE 1967, p. 34 n. 29: <<fu sottoposta ali e­same di un antiquario francese, che si trovava a Rossano ed era stato raccomandato al propno Agen­te, Serafino Falco, dal principe Borghese».

2 1 Cfr. Archivio Borghese presso l'Archivio Segreto Vaticano, 6543, lettere di Serafino Falco da-tale 3 novembre 1770 e 11 maggio 1771.

22 Su Marcantonio IV Borghese, principe di Rossano vd. BoRGHEZIO 1954, pp. 47-48; D'AGo-STINO 1970, p. 603.

23 Cfr. Archivio Borghese presso l'Archivio Segreto Vaticano, 6543, lettera di Serafino Falco da-tata 3 novembre 1770 (vd. Appendice lettera A).

24 Sui viaggiatori francesi in Calabria nel XVIII secolo vd. VALENTE s. d.; cfr. per un panorama più vasto i volumi relativi ai viaggiatori francesi in Calabria presenti nella collana <<Biblioteca del viaggio in Italia»- Centro interuniversitario di Ricerche sul <<Viaggio in Italia», Genève. Nella col-lana è in programmazione un volume dedicato esclusivamente alla Calabria. . . .

25 Nonostante le mie ricerche nel territorio di Rossano e a Somma Vesuvrana, ove la fanugha Cito si trasferl alla fine del XVIII secolo avendo altri possedimenti e cappelle patronali, della lastra recante la figura di San Pietro non ho trovato tràccia.

26 GRADILONE 1926, p. 611, n. l. 27 Ringrazio il Prof. M. Massoni, nipote del defunto avv. G. Zagarese per la cortese disponibi-

lità mostrata nel riferirmi le circostanze del rinvenimento. 28 Il bel complesso architettonico di San Bernardino ha subito nel tempo lunghi periodi di ab­

bandono, ai quali sono seguiti altrettanto lunghi periodi dedicati a rimaneggiamenti e restau~i. Du­rante gli ultimi lavori di restauro realizzati ali' interno della Chiesa, terminati nel 19~ l, ~~l p~vr.mento sono emerse una trentina di lapidi databili dal XVI al XIX secolo. Le lastre con tscnzwm dt note­vole interesse per la storia di Rossano, sono provvisoriamente custodite nel palazzo della nobile Fam. Martucci. La presenza di <<non poche iscrizione>> nel convento di San Bernardino nel 1771 è ricor­data già dallo stesso Gradilone (vd. GRADILONE 1926, p. 611). Provvidenziali lavori di restauro,. ini­ziati nel1992, all'interno del convento, dopo il trasferimento degli uffici comunali che per moltr an­ni hanno occupato e trasformato barbaramente l'edificio, permetteranno il recupero dell'intero com-

153

Vir bonus, docendi peritus

plesso e il ri~orno al suo ~ustero splendore anche del magnifico chiostro interno, mostruosamente de­turpato negh anm passati da una moderna costruzione.

. 2.9 Do~o la pubblicazione del Gradilone, non sempre scrupolosa, ma meritoria, solo di recente J'i­

scrlZione e sta~a ogg~tto di qu~lche interesse, manca però a tutt'oggi un'edizione corredata da un c,mnm~nt~ stonco-e~rgrafrco. Ricordo che la foto delle due facce della lastra custodita nella sede del­l assocwzwne Roscram!m è stata pubblicata con un brevissimo commento in ALTOMARE-CoscAREL­LA 1991, p. 44; rlem presenti sulla stessa lastra compaiono in ZUMBO 1992.

30 GRADILONE 1926, p. 611. 31 GRADILONE 1967, p. 34 n. 29. 32 V d. ipotesi nota 19. 33 Alcune differenze possono essere addebitate ad errori di stampa: alla riga ] l'indicazione del

legame dr parent~la nella. forma F (1967) invece di P (1926); alla riga 2 il patronimico nella forma T (~926) (1967) mvece dr P (vd. il marmo) e il gentilizio nella forma Amelio invece di Amzelio· al­la nga_3 la f~rma Frati (1967~ invece di Fratri (1926); alla riga 4 la forma del gentilizio Caesi; in­vece dr Caesra e del legame dr parentela uxior (1967) invece di uxor (1926); una variante può forse ess~r~ stata apportata, dopo una enata interpretazione, nel tentativo di rendere maggiormente intel­legrbrle un t~sto c?r_npreso con difficoltà e modificato, non disponendo, dopo più di quaranta anni, del manoscntto utrhzz~to come fonte, andato forse già allora oramai perduto: alla riga 1 l'amplia­mento della M (1926) m Max. (1967), vd. infra nota 49.

34 V d. infra. · 35 V d. st.tpra nota 5. Il testo in nostro possesso non è l'apografo scaturito dall'osservazione di­

ret~a della pwtra, ma .la c~p~a mediata dell'apografo. Non va inoltre dimenticato che il Gradilone um~a fonte a nostra dtspo~lZwne per ricostruire l'intera iscrizione, non era uno specialista, anzi pro~ babllmente quella fu la pnma volta che affrontò uno studio di questo tipo.

36 GRADILONE 1967, p. 33. 37 lt. Ant. 114. Per una schedatura recente delle fonti archeologiche rinvenute nel territorio di

Rossan~ v~. ALTOMARE-C~SCARELLA 1991, pp. 37- 66. Una carta dei siti archeologici di età romana nel tern~ono compreso tra t! fiume Crati e il fiume Neto, corredata di un'appendice documentaria in forma dr schede è stata pubblicata di recente da T ALIANO-GRASSO 1993 pp 26-31· 1"n ·t' ] · . R d

, . , par tco are per ossana v . pp. 20-21 e schede p. 30 nrr. 50- 58.

38 GRADILONE 1967, pp. 33, 34. 39 DE ~OSIS 1838, p. 40; DE RIVAROL 1817, p. 104 sg. 40 V d. 11 testo supra; v d. l'indicazione bibliografica supra nota 4. 41 Alcuni errori, prevalentemente di stampa, sono presenti nelle due interpretazioni del testo pro­

poste ~el 19~6 e nel 1967, vd. supra: nella riga l è scritto Quatrumvir Iuridicundo (1926) e Qua­drumvlro lun~icundo (1~67) anzichè ~~forma corretta Quattuon>ir(o) iur(e) dic(undo); alla riga 2 è stato omesso tllegame dr parentelaj(1/ro) (1967) e il quattuorvirato è stato ancora erroneamente ri­cordato n~lla f~rma Q_uatrumviro luridiclmdo(l926), Quadrumviro Iuridicundo (1967), anzichè Quattuorvrr(o) wr(e) d1c(undo); alla riga 3, dopo la tribù, è scritto Corte (1926) anzichè C rd _ c · Q t · 1 'd' d o o e an . ora z~a rumv1ro ur~ 1cun o (1926), Quadrumviro Iuridicundo(l967), anzichè Quattuorvir(o) Il/l (e) d1c( un do); alla nga 4 troviamo il pati·onimico scritto Publij (1926) ed è omesso il le ame di pare.~tela ux~!· (1967). l patronimici al genitivo della seconda declinazione, sono citati nel!! forma Lttcl{

2 e Publr;: forse ne~. tentativo ~i render~ evidente graficamente la -i lunga finale. Il Gradrlone nellmterpretazwne forntsce una corretta lettura. V d. testo supra.

43 Lo stesso Gradilone scioglie il pati·onimico sempre in Lucii. V d. testo supra 44L' . d . . au.topsra ella lastra permette una esatta lettura e l'esclusione della pur possibile abbrevia-

zwne Aem1l. cfr. CAGNAT 1914, p. 63. 4~ C?me è. chiaro dai segni visibili sulla pietra e dal Gradilone 1926 è da leggere correttamente

III! VII'. wr. d1c. e non /III iur. dic. vd testo supra. .· .

46 M~nc~ndo n~lla <<trascri~ione~> del Gr~di.lone qualunque tipo di accorgimento o segno atto a uchramare l atter~zwne su parttcolan carattenstrche dello stato in cui il testo si trovava nel momen­to della lettura duetta sul marmo, mancando cioè qualunque segno diacritico, l'essere venuto a co­noscenza della forma corretta della parola Fratri e soprattutto che essa era incisa in interlinea e non

154

Antonio Zumbo

lungo la linea 3, è stato particolarmente prezioso per il tentativo di ricostruzione grafica dell'intera

iscrizione alla Tav. III . 47 Le L con braccio di poco inferiore alla metà della linea verticale; le A con traversa a metà al-

tezza dalla sommità e le due metà del vertice assolutamente uguali; le N con quasi uguali dimensio­ni in altezza e larghezza; le E con cravatta solo leggermente più breve dei bracci; le O perfettamen­te circolari; le F con cravatta più corta del braccio; le M con le due aste esterne leggermente incli­nate verso l'esterno e i vertici dei tre angoli che raggiungono il limite inferiore e superiore del rigo; le R con l'occhiello a forma di semicerchio che si arresta a metà dell'asta verticale e con la coda di­ritta che parte dall'occhiello e discende fino alle linee guida; le V conia forma di un triangolo iso­scele; le P con l'occhiello non chiuso; le C e la D inscrivibili in un quadrato; la X con le due aste trasversali incrociate in modo da formare le diagonali di un rettangolo; le T con l'asta verticale di lunghezza uguale alla somma dei due bracci; la S composta da due semicerchi uguali. Tutte queste caratteristiche ben si accordano con la datazione proposta.

48 Per i confronti paleografici con altre iscrizioni di Copia-Thurii databili al I sec. a.C. cfr. l) AE, 1976, 175; 2) CIL F, 2, IV, 3163c; 3) Guzzo 1976, p. 132 s. nr. 3, fg. 2; 4) Guzzo 1981, p. 23, fgg. 9,2 9,4 e Tav. 2; 5) SIBARI 1972, p. 274, fg. 279.

49 L'ipotesi trova conferma nella corretta interpretazione che il Gradilone stesso fornisce, vd. la sua interpretazione supra. È da respingere il successivo errato ampliamento della lettura Max., pro­posta pensando forse ad una attestazione del pontificato massimo, sia per la presenza anomala di un pontificato massimo in ambito municipale (vd. infra p. 121 la discussione su questo specifico pun­to), sia perché la successiva magistratura municipale, così facendo, risulterebbe priva dell'irrinun­ciabile indicazione !III. vd. testo supra.

5° Forse è possibile tentare una spiegazione della collocazione a fine riga della parola PATRI pre­sente nell'edizione del1967. Avendo vista la parola al margine del manoscritto del Pisani, il Gradi­Ione ha pensato facesse parte del testo e l'ha riportata; se realmente si trovava scritta alla fine della riga, può darsi che fosse solo una annotazione del Pisani per sciogliere la P di Patri, per altro ben visibile sulla lastra a nostra disposizione.

51 Rarissimi risultano essere in iscrizioni dei Bruttii i gentilizi abbreviati vd. indice onomastico

in ZurviBO 1992, pp. 205-237. 52 L'identificazione del personaggio con la stessa donna presente nella riga 4 e il rispetto del-

l'impaginazione del testo, suggeriscono di conservare anche alla riga 3 il suo cognomen. 53L'ipotesi della confusione di I con E, quindi la lettura et in luogo di iter(wn), alternativa al

Gradilone, nata dall'idea che, come già nella riga precedente, anche in questa una rottura o sbrec­ciatura del marmo abbia reso più difficoltoso il riconoscimento della lettera e, è stata scartata dopo aver verificato lo spazio utile nella riga 3, che rende più probabile la presenza di un numero mag­

giore di lettere, 4 anziché 2. 54 Sono grato agli arnici Massimo Grandinetti per la realizzazione del fac-sinùle e ad Adolfo

Tosti per la riproduzione fotografica. 55 Il Gradilone nel riportare l'interpretazione del!' epigrafe, omette ogni riferimento alla quinta ri-

ga di testo vd. supra. 56L'esiguità dello spazio a disposizione fra la riga 4 e la parte inferiore della cornice che cir-

conda lo specchio epigrafico giustificherebbe l'ipotesi di lettere di dimensioni inferiori a quelle del-

le altre righe di scrittura. 57 Cfr. DI STEFANO MANZELLA 1987, p. 133. 58 Dalla ricostruzione grafica del testo, scaturita dalle osservazioni precedenti, eseguita rispet­

tando le caratteristiche del modulo epigrafico ricavabile dalla lastra oggi visibile, è risultato possi­bile inserire in ciascuna riga un numero di lettere così distribuito: L. l: 18 lettere visibili + 23 lette­re ipotizzate =totale 41 lettere, 20 112 su una lastra e 20 1/2 sull'altra; L. 2: 22lettere visibili+ 25 lettere ipotizzate =totale 47 lettere, 25 su una lastra e 22 sull'altra; L. 3: 19 lettere visibili+ 29 let­tere ipotizzate = totale 48 lettere, 23 1/2 su una lastra e 24 1/2 sull'altra; L. 4: 14 lettere visibili + 23 lettere ipotizzate =totale 38 lettere, 20 su una lastra e 18 sull'altra.

59 I segni diacritici utilizzati sono quelli suggeriti in PANCIERA 1991, pp. 9-21. 60 vd. THOMSEN 1947, pp. 79-85; 202-205; TIBILETTI 1966, pp. 917-926; DE MARTINO 1975, pp.

245-261; NICOLET 1991, pp. 73-97.

155

Vir bonus, docendi peritus

61 Per le ricerche negli anni '30 vd. ZANOTTI-BIANCO 1960, pp. 7-20; ZANCANI MONTUORO 1961 pp. 8-63. '

62 Sulle campagne di scavo negli anni '60 e 70 v d. SIBARI 1969; SIBARI 1970; SIBARI 1972 · SI-BARI 1974; SIBARI 1992. '

63 Per la formula ex testamento v d. V m 1949, coll. l 037 -l 040; ARANGIO-RUIZ, GUARINO, PUGL!E­SE 1980, pp. 189-190.

64 Sulla possibilità del praenomen del padre portato da più figli alla volta cfr. CAGNA T 1914, p. 68 e n. l.

. 65 Il r~cordo e~plicito degli stretti vincoli di parentela che legano fra loro i personaggi rende più

facile la ncostruzwne dello stemma di famiglia:

L. Anne/ius Rufus _ Safinia Lf l

L. Annelius Rl{fus _ Caesia P. f Rufa L. Annelius Cordus

N~lla tomba era sepolto un nucleo familiare omogeneo, composto dai due genitori, da due figli maschi e dalla sposa del maggiore dei germani.

66 Per un confronto con altri costi sepolcrali e funerari in Italia vd. DuNCAN-JONES 1974 pp 127-131, 166-171. ' ' .

67 Sulle possibilità di arricchimento del ceto equestre di estrazione municipale vd. SHATZMAN 1975, p. 177: <<Il possesso agricolo era il rifugio di base 11011 solo dei senatori, ma auche di molti equestri>>; per una visione più articolata del problema vd. NICOLET 1977, pp. 726-755; DEMOUGIN 1988, pp. 83-115.

68 Cic., de Off., I, 17, 54-55: <<Maguwn est ... eadem habere mouumenta maiorum, sepulchra ha­bere commw1ia>>.

69 Sulle vicende costituzionali della città di Copia-Thurii vd. CosTABILE 1984 pp. 83-87· 164-178, 181-190. , ,

70 Il gentilizio non compare né in SOLIN-SALOMJES 1988, né negli indici onomastici dei volumi del CIL e de Il' AE .

• 71 C~r..K~JANTO 1967, p. 229; SOLIN-SALOMJES 1988, p. 394. Nei Brutti i il cognomen al maschile e

al tem~rn~ile e presente a Copia-Thurii: cfr. CIL x, 125 (C. Marius P.f Aem. Rt(fus, P. Marius P.f Ru­fit~, Cmcw C.f Rt(fa); SIBARI 1970, p. 443 nr. 358 (fg. 453) (Sextia Rufa), AE 1975,279 (Rufus); a Lo­cn: cfr. CIL x, 34 (Rt(fus); CIL x, 19 (N. Calvius Rufus); a Vibo Valentia: cfr. CIL x, 44 = CIL F IV 316~,<!-1 Decidius C.f Rufus, C. Egnatius C..f Rufus); CIL x, 8041 37 (C. Staius Rt(fus). '

Cfr. KAJANTO 1967, p. 295; SOLIN-SALOMJES 1988, p. 318. Non conosco altre attestazioni nel-la regio III.

73 CIL x, 125. 74 Cfr. KUBITSCHEK 1889, pp. 47, 270; KUBITSCHEK 1895, pp. 290-291. 7~ Sul tribunato militare angusticlavius quale militia equestre in età repubblicana e in età giulio-

claudia vd. NICOLET 1966-1974, pp. 96-98, 202 tav.; DEMOUGJN 1988, pp. 43-44; 323-336. 76 Per una prosopografia delle milizie equestri vd. DEVIJVER 1976-1987. 77 Sull'origo dei cavalieri vd. N!COLET 1966-1974, pp. 387-422; DEMOUGIN 1988, pp. 501-552. 78 Per le altre cariche militari presenti in iscrizioni rinvenute nei Bruttii vd. ZUMBO 1992 pp

268-269. ' .

. 79 Sul cursus honomm nei municipia dei Bruttii vd. CosTABILE 1984, pp. 164- 178, 181-190 in

particolare per Copia-Thurii cfr. pp. 161 e nota 4, 165 e nota 17, 167 e nota 30. ' 80 Sui pontefici in ambito municipale vd. T ANFANI 1970, pp. 51-52. 81 CIL x, 49, 50. Sulla questione Cfr. CosTABILE 1984, pp. 167-168.

. 82

Per u.na ~nalisi ~iù ~pprofon~ita, in.suffi~i~nti 1:isultano le fonti sui personaggi di rango eque­she presenti ne1 Bruttu. Riporto qm quelli mdJVJduatJ nelle fonti:

l) L. Lollius L. .f L. n. L. pro11. Cor. Lollius Marcianus, Croto, I sec. a.C., CIL x, 110; 2) M'. Megonius m' . .f M'. n. M'. pro11. Cor. Leo, Petelia, II sec. d.C., CIL x, 113-114 EE VIII

260-261, ILS 6468 cfr. LUPPINO 1982, pp. 661-666. , , 3) Q. Muticilius Q. f Aem. Sex. Deccianus, Vibo Valentia, II sec. d.C., CIL x, 53;

156

Antonio Zwnbo

4) P. Vagellius P. fil. Pusillio, Locri, II-III sec. d.C., CIL x, 22; 5) anonimo, Vibo Valentia, I sec. d.C., CIL x, 56; 6) L. Gavius?, Scolacium, I sec. a.C., BALDACCI 1969-1970, pp. 117-120 (fgg. 1-3). Cfr. AE

1972, 144; CIL l, 2, 4, 3165; LAZZARINI 1989 nr. El (fg. l). 7) M. Metius Modestus, Petelia ?, I sec. d.C. AE 1973, 548, PIR2 V2, M 569. Cfr. Russi 1988,

s. v. Petelia. a) M. Marius, Vibo Valentia, I sec. a.C., Clc., Verr. V, 40; b) C. Mimtcius Rheginus, Rhegiwn, I sec. a.C., CAES., Bel. Afr., 68; c) Octavii?, Copia-Thurii, I sec. a.C., SVET., Aug., 2; cfr. NICOLET 1966- 1974, pp. 962-963 nrr.

247-249; d) Vibius Sicca, Vibo Valentia, I sec. a.C., Clc., Att., III, 2; III, 3; XVI, 6; PLUT., Cicero, 32. e) L. Gavius ?, I sec. a.C.; Cic., Att., VI, l, 3 e 3,6. Per l'ipotesi che il personaggio possa essere

omonimo a quello citato tra le fonti epigrafiche cfr. da ultimo PAOLETTI 1994, p. 515 e n. 167. 83 Diffusissimo in Italia il gentilizio vanta circa 600 attestazioni. Cfr. ThLL 1907-1913, coli. 49-

52; SCHULZE 1904, p. 135; SOLJN-SALOMIES 1988, p. 41. Sulla gens Caesia vd. anche CENERINI 1985,

pp. 203-232. 84 CIL x, 69. 85 Sui Caesii di Vibo Valentia vd. da ultima PRETA 1992, p. 117. 86 cfr. TOYNBEE 1965, pp. 235-237 [=pp. 267-269]; sui problemi della transumanza nel territo­

rio calabrese vd. anche GIVIGLIANO 1985-86, pp. 7- 24; in particolare sull' ager Thurinus e sull' ager Viboueusis in età romana vd. pp. 20-21.

87 L'ipotesi, formulata sulla base delle condizioni economiche dei centri delle regioues VI, VII e V ove più rilevante è la presenza di questa famiglia, è in CENERINI 1985, p. 205.

88 Cfr. SCHULZE 1904, pp. 223, 481 n. 10; SOLIN-SALOMIES 1988, p. 160. 89 Lo sconosciuto antiquario, abbate francese, aveva proposto proprio una datazione in età au­

gustea (vd. 0RADILONE 1926, p. 611 ).

157

Vir bonus, docendi peritus

Appendice

Lettere inedite del Sig. Serafino Falco al Principe Borghese

Lettera A (Tav. IV)

Ill(ustrissi)mo Sig(nor)e, Sig(nor)e mio P(ri)n(cip)e Semp(r)e Col(endissi)mo Resto inteso di quanto V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma mi prescrive, che quanto avrò l'approvazione de' governi di questo Stato, e dovrò da-re la patente di Longobucco al D(otto)r S(ignor) Niccolò Clemente raccomandato dall'Eminentis(si)mo Borghese, dovessi richiederli il diritto della medesima, giaché gli si è con-cesso il favore, ma senza preggiudizio del suo emolumen-to. Al Sig(nor)e Perrimezzi destinato Gov(ernatore) di questa Città ad intuito della Sig(no)ra Principessa di Francavilla feci sentire, che avesse procurata la spedizione della patente costà, o per mezzo del suo corrispondente, o per mezzo mio, ed il medesimo mi rispose, che avessi pensato Io farla spedire, atteso egli avrebbe pagato il diritto, ed in poste passate. Io feci sapere a codesto mio F(rate)llo Rafaele suo Ser(vo) per passarlo in notizia di V( ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma ora le confermo lo stesso, e la priego avisarmi qual somma debba far pagare al Sig(nor)e Clemente, e quale al Sig(nor)e Perrimezzi per le loro patenti, infine di farmi­ne far l'introito. Resto prevenuto della venuta qui dell'Abba te Francese di molto garbo, che vorrà vedere la Città ed osservare le cose antiche per poi farne un istoria, e giaché vie-ne con lettera del Sig(nor)e Principe, e raccommandatomi da V(ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma, e da mio F(rate)llo, sarà da me trattato bene secondo il suo merito. Da chè cose antiche materiali non v'è apparenza alcuna per esser state distrutte tutte da l'ingiuria del tempo, ma di memoria con-servate da buoni Autori, ne sarà proveduto, e potrà servirsene nell'istoria che dovrà formare. Ier costà son rotti li tempi senza apparenza di rimettersi qui godiamo buone giornate coll'interrompimento di settimana in settimana di qualche pioggia, che molto ha giovato alli pascoli e lavori della campagna e con ciò per fine resto col più mag(giore) ossequio inalterabilm( ente) dichiarandomi

Rossano 3 novembre 1770 P( er) V (ostra) S(ignoria) Ill(ustrissi)ma

Sig. Fiore Bruti (Roma)

D( evotissi)mo s( ervo) v( ostro) obb(ligatissi)mo

Serafino Falco

158

Antonio Zumbo

Tav. IV

159

Vir bonus, docendi peritus

Lettera B (Tav. V)

Ill(ustrissi)mo, ed E(ccellentis)simo Sig(nor)e, Sig(nor)e mio P(ri)n( cip )e Semp(r)e Col( endissi)mo

Eseguirò quanto V(ostra) E(ccellenza) m'ave imposto intorno al pascolo, e spira dalla foresta, che si trovava affittato da me per anni sei continui a

S(ignor) Domenico di Paola e S(ignor) Marcantonio De Stefano avendo in ricevere gl'ordini di V(ostra) E(ccellenza) assicurato i medesimi d'esser sua volon­tà di restare per conto loro l'affitto per la somma di (grana) 800 offerti da S(ignor) Domenico De Rosis ad emulazione e con tal occa-sione per mostrarne gratitudine anno offerto di più altri (grana) 25 annui, che in tutto importano (grana) 825 ed in tal conformità ne ho dai medesimi presa l'opportuna obbliganza e la Came-ra Principale senza entrare in competenze per i di lei pri-vileggi e venuta a guadagnare in d(ett)o affitto annui (grana) 100. Dopo una lunga aspettazione ier l'altro capitò in questa sua umilissima Casa l' Abbate Francese, che pezza fà V(ostra) E(ccellenza) mi raccomandò. Subbito lo accolsi cogl'atti d'una sincera stima dovuta al merito singolare col quale avea saputo me-ritare una tanta raccomandazione, avendoli per suo mag-

gior commodo assegnato un quarto di tre stanze in d(ett)a mia casa, e tenendolo mattina e sera a pasti meco in tavola con quello che si suole avere di squisito e di buono in questa Città ove se dice il vero, pare che abbia incontrato piacere e quando

partirà per seguitare il suo viaggio per farli maggior attenzione lo farò scortare per quella giornata da due del bargello e cercherò di raccomandarlo a Persona de' luoghi ove tirerà per avere un' altro competente aloggio; Io mi son seco lui spiegato che si servisse con libertà, la onde se si manca in qualche cosa, può star sicura

V( ostra) E(ccellenza) che non già per causa mia ma per causa del medesimo si man­chi e con ciò resto prostrato a suoi piedi facendole un profondis(simo) inchino

Rossano 11 maggio 1771 P(er) V(ostra) E(ccellenza)

D( evotissi)mo, D( evotissi)mo s( ervo) v( ostro) obb(ligatissi)mo, e Vas(sallo

fed( elissi)mo Serafino Falco

160

Antonio Zwnbo

Tav. V

161

GERVASIANA Collana di studi e testi diretta

da Angelo Russi

Comitato scientifico

Sabino Acquaviva, Raffaele Ajello, Osvaldo Baldacci, Francesco D 'Andria,

Tullio De Mauro, Gabriele De Rosa, Giovanna De Sensi Sestito, Vera von Falkenhausen,

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Raffaele Mormone, Giorgio Otranto, Michele Rak, Angelo Russi, Attilio Stazio,

Maurizio Torrini, Claudio Vasale, Antonio Verri, Ugo Vignuzzi.

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A(fio A. Nicotra (coordinatore editoriale), Lucio Ceccarelli, Paola Ceccarelli, Claudio Ferone,

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