‘Immunitas’ e ‘Libertas’ nei recenti lavori di Barbara Rosenwein, in: La signoria rurale in...

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- "'"""' . II!.. •. I i I CRISTINA ANDENNA I CONCETTI DI IMMUNITAS E DI LIBERTAS NEI RECENT! LAVORI DI BARBARA ROSENWEIN 1 < L'immunita (immunitas), presente nei documenti dei primi secoli del Medioevo, non puo essere discussa separatamente dall"'esenzione" (liber- tas)1: questi concetti emersero insieme e insieme si trasformarono a parti- te dal VII secolo, come risultato finale di negoziazioni fra il re e la nobilta, anche ecclesiastica. A partite da questa tesi, qui fortemente riassunta, si sviluppa lo studio di Barbara Rosenwein, una medievista americana che, in un recente volume 2 , ha seguito il percorso evolutivo con il quale le due * n contributo e stato consegnato aile stampe nel novembre del1999. 1 Mi sembra necessaria premettere che il termine "esenzione" italiano, posto grafi- camente tra due virgolette, in questo contesto, traduce cio che nei documenti alto medie- vali e indicato con il termine latino libertas. Ringrazio a questo proposito Barbara Ro- senwein delle solerti indicazioni e dei suggerimenti che ha voluto fornirmi, per chiarire il significato che ella da alia parola inglese exemption nel suo volume. 2 B. RosENWEIN, Negotiating Space: Power, Restraint and Privileges of Immunity in Early Medieval Europe, New York 1999. ll volume e il risultato di studi e riflessioni offerte dali'autrice americana, parzialmente, gia in precedenti contributi. Per comodita, e dato lo specifico carattere di questo contributo, si e scelto di tracciare un rapido percorso biblio- grafico dei saggi composti su questo tema dall'autrice prima della stesura del volume, in- terventi che costituiranno, con illibro, il riferimento principale per comprendere quale ruolo e quale significato assumono i concerti di immunitas e exemption per Barbara Ro- senwein nel periodo compreso fra il VI e il X secolo. In ordine cronologico di pubblica- zione i contributi sono: Rhinoceros Bound: Cluny in the Tenth Century, Philadelphia 1982; To be the neighbor of saint Peter. The Social Meaning of Cluny's Property (909-1049), New York and London 1989; Monks and their Enemies: A Comparative Approach, ed. by B. Ro- SENWEIN, TH. HEAD, S. FARMER, in «Speculum», 66 (1991), pp. 764-796; La question de l'immunite clunisienne, in «Bulletin de la Societe des Fouilles archeologiques et des monu- ments historiques de l'Yvonne», 12 (1995), pp. 1-12; The Family Politics of Berengar I (888-924), in «Speculum», 71 (1996), pp. 247 -289; Friends and Family, Politics and Privile- ge in the Kingship of Berengar I, in Portraits of Medieval and Renaissance Living, ed. by S. K. COHN Jr. and S. A. EPSTEIN, Ann Arbor 1996, pp. 91-106; Les bienfaiteurs de Cluny en Provence (940-1050), in Saint Mayeul et son temps: Millenaire della mort de Saint 4e abbe de Cluny (994-1050), Actes du Congres International, Saint Mayeul et son temps (Valensole 12-14 May 1994), Digne-les-Bains 1997, pp. 121-136; Association through Exemption: Saint Denis, Salonnes and Metz, in Vom Klaster zum Klosterverband: Das

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CRISTINA ANDENNA

I CONCETTI DI IMMUNITAS E DI LIBERTAS NEI RECENT! LAVORI DI BARBARA ROSENWEIN1

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L'immunita (immunitas), presente nei documenti dei primi secoli del Medioevo, non puo essere discussa separatamente dall"'esenzione" (liber­tas)1: questi concetti emersero insieme e insieme si trasformarono a parti­te dal VII secolo, come risultato finale di negoziazioni fra il re e la nobilta, anche ecclesiastica. A partite da questa tesi, qui fortemente riassunta, si sviluppa lo studio di Barbara Rosenwein, una medievista americana che, in un recente volume2, ha seguito il percorso evolutivo con il quale le due

* n contributo e stato consegnato aile stampe nel novembre del1999. 1 Mi sembra necessaria premettere che il termine "esenzione" italiano, posto grafi­

camente tra due virgolette, in questo contesto, traduce cio che nei documenti alto medie­vali e indicato con il termine latino libertas. Ringrazio a questo proposito Barbara Ro­senwein delle solerti indicazioni e dei suggerimenti che ha voluto fornirmi, per chiarire il significato che ella da alia parola inglese exemption nel suo volume.

2 B. RosENWEIN, Negotiating Space: Power, Restraint and Privileges of Immunity in Early Medieval Europe, New York 1999. ll volume e il risultato di studi e riflessioni offerte dali'autrice americana, parzialmente, gia in precedenti contributi. Per comodita, e dato lo specifico carattere di questo contributo, si e scelto di tracciare un rapido percorso biblio­grafico dei saggi composti su questo tema dall'autrice prima della stesura del volume, in­terventi che costituiranno, con illibro, il riferimento principale per comprendere quale ruolo e quale significato assumono i concerti di immunitas e exemption per Barbara Ro­senwein nel periodo compreso fra il VI e il X secolo. In ordine cronologico di pubblica­zione i contributi sono: Rhinoceros Bound: Cluny in the Tenth Century, Philadelphia 1982; To be the neighbor of saint Peter. The Social Meaning of Cluny's Property (909-1049), New York and London 1989; Monks and their Enemies: A Comparative Approach, ed. by B. Ro­SENWEIN, TH. HEAD, S. FARMER, in «Speculum», 66 (1991), pp. 764-796; La question de l'immunite clunisienne, in «Bulletin de la Societe des Fouilles archeologiques et des monu­ments historiques de l'Yvonne», 12 (1995), pp. 1-12; The Family Politics of Berengar I (888-924), in «Speculum», 71 (1996), pp. 247 -289; Friends and Family, Politics and Privile­ge in the Kingship of Berengar I, in Portraits of Medieval and Renaissance Living, ed. by S. K. COHN Jr. and S. A. EPSTEIN, Ann Arbor 1996, pp. 91-106; Les bienfaiteurs de Cluny en Provence (940-1050), in Saint Mayeul et son temps: Millenaire della mort de Saint Mayeu~ 4e abbe de Cluny (994-1050), Actes du Congres International, Saint Mayeul et son temps (Valensole 12-14 May 1994), Digne-les-Bains 1997, pp. 121-136; Association through Exemption: Saint Denis, Salonnes and Metz, in Vom Klaster zum Klosterverband: Das

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categorie giuridiche di immunita e di "esenzione" si sono sviluppate nei primi secoli del medioevo, trasformandosi profondamente. La studiosa americana considera questi due concetti come strumenti flessibili, a fon­damento dei quali erano individuabili ben pili ampie strategie politiche e sociali. In questa sensa l'immunita, concessa dai re, e l"'esenzione", ac­cordata dai vescovi e dai pontefici, possono essere valutate come forme eccettuative di esercizio del potere, che rivelano una pili complessa strati­ficazione della societa.

Una prima chiarificazione terminologica si impone come necessaria punta di partenza: il termine immunitas, nella cui radice e implicito il concetto di munus, inteso come dono sotto forma di servizio, si applicava ad aree protette entro le quali era proibito ai funzionari regi entrare per svolgere le normali procedure di riscossione di tributi fiscali e per eserci­tare i tradizionali poteri giurisdizionali. La documentazione medievale, di tal genere, peri primi secoli, sussiste solo per chiese e monasteri, non sia­mo in grado di sapere se questa fenomeno fosse anche proprio perle pro­prieta soggette al pot ere dei laici3. Il termine di "esenzione", che traduce per la studiosa americana il vocabolo latina libertas, indica «una varieta di privilegi che liberavano i monasteri dal controllo del vescovo diocesano»4. Essa era concessa tramite atti, accordati da vescovi e pontefici, con i quali i monasteri o le istituzioni canonicali, situate in un determinato territorio diocesano e sottoposte alia cura del vescovo locale, erano protette dal nor­male esercizio di giurisdizione del presule. In questa sensa la Rosenwein intende con "esenzione" qualcosa di moho pili esteso rispetto a quanta numerosi studiosi hanna prospettato utilizzando questa categoria concet-

Werkzeug der s;hrtftlichkeit, hrsg. von H. KELLER e F. NEISKE, Munchen 1997 (Munster­sche Mittelalter-Schriften, 74), pp. 68-87; L'espace clos: Gregoire et !'exemption episcopate, in Gregoire de Tours et l'espace gaulois, Actes du congres international (Tours, 3-5 No­vember 1994), ed. N. GAUTHIER e H. GALINIE, «Revue Archeologiques du Centre de la France», XIII suppl. (1997), pp. 251-262; Cluny's Immunities in the Tenth and Eleventh Centuries: Images and Narratives, in Die Cluniazenser in ihrem politisch-sozialen Umfeld, ed. by G. CoNSTABLE, G. MELVILLE eJ. 0BERSTE, Munster 1998, pp. 133-164.

3 RosENWEIN, Negotiating space, nota 3, pp. 3-4. Sul concetto di immunita nei primi secoli del Medioevo si veda A. CALLANDER MURRAY, Immunity, Nobility and the Edict of Paris, in «Speculum», 69 (1994), pp. 18-39; C. BROHL, Die merovingische Immunitiit, in Chiesa e mondo feudale nei secoli X-XII, Atti della dodicesima Settimana internazionale di studio (Mendola, 24-28 agosto 1992), Milano 1995 (Miscellanea del Centro di studi me­dievali, 14), pp. 27-43 e P. FouRACRE, Eternal Light and Earthly Needs: Practical Aspects of the Development of Frankish Immunities, in Property and Power in the Early Middle Ages, eds. by W. DAVIES e P. FouRACRE, Cambridge 1995, pp. 53-81.

4 RosENWEIN, Negotiating space, nota 5, pp. 4-5.

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tuale'>. La precedente storiografia italian a e tedesca infatti caratterizza con il concetto di esenzione quei documenti, prodotti dalla cancelleria pontifi­cia tra i secoli XI-XIII, che includono una serie ben definita di clausole contenenti concessi ani di liberta, con le quali 1' ente ricevente, as sum eva una parziale o completa autonomia dalla potestas ordinis e dal potere di giurisdizione, attribuiti di norma all' ordinaria diocesano6. Appare pertan­to necessaria distinguere fra esenzioni concesse dai pontefici, tramite le quali il papato acquisiva potere, poiche assumeva un diretto rapporto preferenziale con l'ente, e le "esenzioni" concesse invece dai vescovi, con le quali i presuli locali nell'alto medioevo rinunciavano presso enti e isti-

. monastiche all' esercizio delloro potere materiale e spirituale. La comprensione del prima concetto, immunitas, non puo essere se­

parata, secondo Barbara Rosenwein, da una considerazione pili generale: le forme politiche del medioevo non vanno interpretate applicando ad es-

, se categorie concettuali proprie di una visione tradizionale della Stato moderno, dominata dal concetto di "Statecraft", doe di uno Stato fonda­to su rapporti di carattere gerarchico e burocratico, che escludono la sfera del personale e !'interesse diretto e immediato nei confronti del regno e dei suoi beni, presenti invece, questi ultimi, nella mente dei sovrani del­l'alto medioevo7. Non fu infatti la forza o la debolezza del rea determina-

5 La studiosa americana infatti sostiene che questa categoria concettuale sia stata definita nel secolo XI e pensa che gli studiosi abbiano tuttavia dimenticato di considerate che nella realta dei primi secoli del medioevo esistevano delle libertates. Ella ha pertanto cercato nel suo volume di lasciar emergere la categoria di libertas dalle carte stesse, piutto­sto di imporre ad essa una definizione basata su una costruzione piu tarda fondata sui do­cumenti papali.

6 L. FALKENSTEIN, Monachisme et pouvoir hierarchique a tr~vers les textes pontifi­caux (Xe-XIIe siecles), in Moines et monasteres dans les societes de rite grec et latin, etudes publiees par J. L. LEMAITRE, M. DMITRIEV e P. GoNNEAU, Geneve 1996 (Ecole pratique des Hautes Etudes. IV Section, Sciences historiques et philologiques, V. Hautes Etudes Medievales et Modernes, 76), pp. 389-418.

7 La storiografia, a partire dagli anni Venti di questa secolo, ha acquisito consape­volezza del fatto che, spesso, la nozione di Stato moderno e l'utilizzo delle categorie politi­che ad essa connesse, proprie del nostro patrimonio concettuale, influenza la capacita di giudizio sulla sfera politica dei secoli passati. Queste acquisizioni non possono piu essere oggi messe in discussione. Si vedano in proposito le considerazioni di H. KELLER, Grundla­gen Ottonischer Konigsherrschaft, in Reich und Kirche vor dem Investiturstreit, hrsg. von K. SCHMID, Sigmaringen 1985, pp. 17-34; in particolare pp. 17-23. Perle indicazioni biblio­grafiche sulle opere che hanna introdotto queste riflessioni in ambito storico si vedano nella stesso contributo di Hagen Keller le note n. 2 a p. 18 e nota n. 11 a p. 20. Basti qui citare, come imprescindibile riferimento bibliografico illavoro di 0. BRUNNER, Moderner

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re il benessere del regno, quanta piuttosto la sua abilita nel creare, gestire e mantenere alleahze con parenti, amici, guerrieri, appartenenti al mondo aristocratico, rna anche con monasteri, abati, vescovi, uomini religiosi e santi. La concessione dei privilegi si inseriva infatti in questa contesto: 1' immunitas diveniva coslla condizione che avrebbe permesso agli enti ec­clesiastici di pregare per la prosperita del re e del regno. L' esercizio del potere del sovrano era relegato alia rete di relazioni che egli intratteneva con i membri dell' aristocrazia, che occupavano una posizione centrale sia nella Chiesa, che nel Regno. Strumenti privilegiati di controllo politico fu­rono in questa prospettiva i legami familiari e il sottile gioco della creazio­ne, della riorganizzazione e risistemazione delle alleanze, alia base delle quali si poneva la collaborazione fra il sovrano, le classi dirigenti e le reti parentali8. Queste osservazioni traggono la lora origine da riflessioni di natura politica, ispirate a teorie antropologiche di cui la studiosa america­na ha fatto tesoro e che le hanna permesso di considerate la societa me­dievale secondo tipologie sociologiche differenti rispetto a quelle tradizio­nali9. La societa altomedievale era infatti costituita da «rapporti e relazio­ni di tipo parentale e amicale somiglianti aile dinamiche presenti nelle so­cieta a struttura pili semplice, come quelle polinesiane»10, delle quali la studiosa si e servita per instaurare provocanti parallelismi con quanta si era verificato invece durante il Medioevo in relazione alla creazione di spazi inviolabili e sacri, come aree in cui si attuava 1' esercizio del potere. Sulla scia di queste nozioni sociologiche, arricchite da forti apporti cultu­rali, molti studiosi si sono impegnati nell' analisi delle strategie politiche adottate dalle grandi dinastie medievali, ad esempio il contributo di Ha­gen Keller pe{ gli Ottoni11 e gli studi affrontati da Janet L. Nelson peri

Verfassungsbegri/f und mittelalterliche Ver/assungsgeschichte, in «Mitteilungen des Insti­tuts fiir i:isterreichische Geschichtsforschung», 14 (1939), pp. 513-528.

8 RosENWEIN, The Family Politics, p. 249, nota n. 15 e testo corrispondente. In rap­porto a queste tematiche si vedano anche le riflessioni sui concetti di «Personenverbands­staat» e «institutioneller Flachenstaat» di T. MAYER, Die Ausbildung der Grundlagen des modernen deutschen Staates im hohen Mittelalter, in «Historische Zeitschrift», 159 (1939), pp. 457-487.

9 La studiosa americana anticipa al secolo X le conclusioni che David Herlihy aveva prospettato per la societa del secolo XII. I legami di sangue, reali e metaforici, erano il cri­teria con il quale il sovrano elargl privilegi e immunita, con il fine di costituire intorno a se un gruppo di collaboratori. D. HERLIHY, Medieval Households, Cambridge 1985, trad. it. La famiglia nel Medioevo, Roma-Bari 1989 (Biblioteca Universale Laterza, 284), rna si vedano anche in proposito le considerazioni di RosENWEIN, Friends and Family, pp. 103-106.

10 RosENWEIN, Negotiating space, pp. 19-23. 11 KELLER, Grundlagen Ottonischer Konigsherrschaft.

I CONCETII DI IMMUNITAS E DI LIBERT AS NEI RECENT! LAVORI DI BARBARA ROSENWEIN 65

·l2 e da Ian Wood peri Merovingi13 .

I1 percorso evolutivo e la maturazione del concetto di immunitas nella societa medievale, cui si affiancava inevitabilmente, sul settore eccle­

. siastico, almena durante i primi secoli, anche il concetto di "esenzione", puo quindi essere, secondo la studiosa americana, riassunto in tre tappe costitutive. In un prima momenta la concessione di una immunita, duran­te il secolo VII, si qualificava come proibizione (prohibition) ed esprimeva l'impossibilita di pretendere da parte dei funzionari, la riscossione di tas­

tributi e servizi sulle pro prieta ecclesiastiche; al tempo stesso 1"' esen-zione", stabilita dal vescovo, era una proibizione di ingresso, intesa come

· di certe aree e istituzioni dall' esercizio dei poteri d'ufficio del presule. Cio avvenne perche re e vescovi erano in stretto collegamento, anzi lavoravano insieme, come spesso i documenti dimostrano. In un se­condo momenta, precisamente intorno alia meta del secolo VIII, la con­cessione di immunita comincio ad essere affiancata ad un particolare con­trollo, inteso nel sensa di protezione (tuitio), da parte del sovrano. Cio si­

. gnificava che il re era coinvolto in modo attivo nella gestione politica e economica dei monasteri e degli enti ecclesiastici che erano considerati

· sub nostra defensione et immunitatis tuitione. Anche l'"esenzione" subl un simile processo di trasformazione. Il terzo momenta, che si colloca tem­poralmente nei secoli X e XI, mostra l'incredibile varieta di sperimenta­zioni delle forme e degli usi di immunitas; in tale contesto storico immu­nita ed "esenzione" furono utilizzati dal regno e dal papato con modalita completamente differenti.

1. Immunitd e ((esenzione 11 come prohibitions. Le prime forme di immunitd da parte dei sovrani e di auto-limitazione del potere del vescovo

Durante I' eta tardo-antica esistevano possessi e istituzioni che, di fat­to, erano escluse dal normale esercizio di giurisdizione da parte degli am­ministratori dell'impero, che non potevano in essi esercitare la normale pratica di riscossione dei diritti fiscali. Durante il VII secolo 1' immunitas comincio invece a essere considerata come una entry prohibition; si tratta­va di una immunita, non pili de facto, rna per se, che coinvolgeva, secondo quanta appare chiaro dai documenti medievali, un intreccio di relazioni,

12]. L. NELSON, Charles the Bald, London 1992.

13 I. WooD, The Merovingian Kingdoms (450-751), London 1994.

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di interessi redprod e una identita di vedute frail re e i suoi destinatari14 .

ll concetto medievale di immunitas si arricchl infatti, a partite dal concet­to giuridico-legislativo romano, anche dell'idea tardo antica di sacralita e inviolabilita di cui godevano i luoghi destinati al culto, quali la chiesa e l'altare.

Diversamente da quanto e avvenuto per l'immunita, il periodo tardo­antico non conobbe affatto 1' ex emptio in senso ecclesiastico, i primi concili della Chiesa, al contrario, si erano sforzati di definite 1' ampiezza giuridica del potere dell' ordinaria diocesano, la cui capadta di azione si esprimeva nella ordinatio e nella iurisdictio15 . A partite dal concilio di Calcedonia del 451, infatti, i Padri della Chiesa avevano definito i rapporti esistenti frail vescovo e i monasteri: i cenobi, ubicati su un territorio diocesano, erano sottoposti alia cura del presule locale, il quale da parte sua garantiva ai mo­naci il benessere terreno, cosicche essi potessero occuparsi, sciolti dalle preoccupazioni materiali, solo della dimensione spirituale16. L' esenzione, intesa in senso lato come privilegio che limitava le prerogative del vescovo, secondo quanto Barbara Rosenwein ha indicato, si sviluppo invece solo a partite dal VII secolo, quando il presule diocesano comincio ad essere concepito come impedimenta, piuttosto che come garante della integrita della quiete monastica17. Lo spazio sacro, che peril tardo-impero era limi­tato esclusivamente alia chiesa, all' altare e ad altri particolari ambiti eccle­siastici entro i quali era sospeso il normale eserdzio della giurisdizione e della riscossione dei tributi18, fu invece maggiormente esteso a partite dal VI secolo. I concili della Chiesa, in particolare il concilio di Orleans (549) e quello di Tours (567), comindarono infatti a definite necator pauperum l'invasore, si~ laico che ecclesiastico, che si appropriava dei beni delle

14 RosENWEIN, Negotiating space, pp. 25-32 . 15 FALKENSTEIN, Monachisme et pouvoir hierarchique, pp. 407-409. L'autorita di un

vescovo durante il Medioevo si esprimeva secondo l'esercizio di due poteri: la potestas or· dinis e il potere di giurisdizione. La potestas ordinis (sacerdotalis cura) comprende la con­sacrazione del crisma e degli olii sacri, la consacrazione delle chiese e degli altari, l'ordina­zione dei chierici e la benedizione dell' abate. n potere di giurisdizione (pastoralis sollicitu­do) si esprime invece nel diritto del vescovo a comminare la scomunica e l'interdetto, la sospensione, la deposizione e la degradazione a tutti gli abati, i monaci, i chierici e i con­versi viventi sul territorio diocesano e sottoposti alia sua autorita. Inoltre come garanzia di controllo al vescovo spettava il diritto di visita.

16 Concilium Chalcedonense, can. 4; 8; 24, in Conciliorum Oecomenicorum Decreta, a cura diG. ALBERIGO, G. L. DossETTI, P. P. JoANNOU, C. LEONARDI, P. PROD!, con la consu­lenza di H. ]EDIN, Bologna 1991, pp. 89; 91; 98.

17 RosENWEIN, Negotiating space, pp. 32-36. 18 Ibidem, pp. 36-41.

I CONCETTI DI IMMUNITAS E DI LIBERT AS NEI RECENT! LAVORI DI BARBARA ROSENWEIN 6 7

:;;__ __ ~,,,,,,p e dei monasteri e ne violava pertanto la sacralita19.

Inoltre il pontefice Gregorio Magno, negli anni a cavallo tra il VI e il VII secolo, si soffermava con una particolare attenzione sulla necessita di garantire ai monad e ai cenobi la necessaria quiete, che avrebbe·permesso di potersi dedicare senza intrald alia dimensione spirituale. Questa obiet­tivo poteva essere raggiunto, secondo il papa, concedendo alia comunita monastica la Iibera amministrazione temporale dei beni e delle proprieta, mentre il vescovo avrebbe continuato a eserdtare sull'ente un potere giu­risdizionale e disciplinare. Ne e un esempio il documento che Gregorio Magno aveva inviato al monastero di San Giovanni e Santo Stefano in Classe di Ravenna: in esso il papa accordava ai monad la Iibera elezione dell'abate, garantendo lora inoltre il controllo in disposizione rerum, che permetteva alia comunita monastica, sotto la guida dell' abate, di occupar­si direttamente dei beni e delle proprieta soggette al monastero. In tal modo il cenobio era sottratto aile prerogative del vescovo diocesano e di

· tutti coloro che avrebbero cercato di interferire nelle questioni di caratte­re economico, creando un'occasione di disturbo alia quiete dei monacizo. Questa, tuttavia, non implicava, secondo la Rosenwein, che il vescovo non potesse esercitare il suo ruolo spirituale nei confronti del cenobio.

Ben diverso era il caso della diocesi di Autun, alia quale il pontefice aveva inviato nel novembre del 602, tre lettere contenenti speciali privile­gi, in favore delle tre istituzioni ivi presenti, la chiesa, il monastero e 1' o­spedale, fondate dalla regina Brunilde. Come nota Barbara Rosenwein in

' questo caso il pontefice non si limitava a attribuire alia comunita la gestio-ne del patrimonio, e a sottrarre l'elezione dell' abate all'ordinario diocesa­no, rna procedeva oltre, trasferendo il diritto di elezione e di ordinazione al rex eiusdem provinciae, fatto salvo il consenso della comunita nei con­fronti del prescelto21

. Questa riconosdmento, unito aile decisioni del Concilio di Valencia (583-585), rappresentava una novita: alcuni enti mo-

19 Ibidem, pp. 42-47. 20 GREGORII I PAPAE Registrum epistolarum, 2/I, Liber VIII, Epistola 17, in Manu­

menta Germaniae Historica (MGH), Epistolarum, II, ed. L. HARTMANN, Weidmannos 1893, pp. 19-20: «Nullus igitur audeat de reditibus, rebus vel cartis predicti monasterii vel de loco aliquo quod ad eum pertinet quocumque modo qualibet exquisitione minuere vel immissiones vel dolos aliquos fa cere».

21 GREGORII I PAPAE Registrum epistolarum, 2/I, Liber XIII, Epistole 11, 12, 13, in

Ibidem, pp. 376-381: «nisi quem rex eiusdem provinciae cum consensu monachorum se­cundum Dei timorem elegerit ac praeviderit ordinandum». Su Gregorio Magno si vedano anche le cosiderazioni di FALKENSTEIN, Monachisme et pouvoir hierarchique, pp. 394-395 e da McLAUGHLIN, Les tres ancien droit monastique, pp. 178-183.

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nastici, in quanta spazi sacri, erano dichiarati off-limits sia dalle intromis­sioni regie, come il can one del con cilia di Valencia metteva in luce22

, sia da quelle episcopali23, come emerge invece dalle lettere del papa~ a~che se nella maggioranza dei casi, come era stato per Autun, le fondaz10m eccle­siastiche, che potevano godere delle garanzie prescritte, erano enti di fon­dazione regia, legati direttamente alia dinastia regnante e ai quali il ponte­fice aveva accordato privilegi particolari. Secondo Ludwig Falkenstein, da questi atti appare chiaro che Gregorio Magno ~on cont.esto rna~ al pr.esul~ locale il diritto canonico di sorveglianza, eserCitato da1 vescovl sugh entl monastici ad essi soggetti, e non concesse mai alcun privilegio di esenzione vera e proprio. Si trattava, invece, di disposizioni che avevano come sco?o quello di organizzare e regolamentare il potere di un vescovo per prevemre gli abusi futuri e, soprattutto, di intervenire pro quiete monachorum

24. An­

che Barbara Rosenwein, pur usando il concetto di "esenzione" inteso co­me sopra e stato specificato, concorda con quanta ha affermato lo studioso tedesco erano infatti libertates di carattere economico e non spirituale.

u~ altro monastero di fondazione regia godette di particolari privi­legi: il cenobio dedicato a Santa Croce di Poitiers, fondato dalla regina Radegonda, moglie di Clotario I, che aveva scelto di fuggire dal secolo per dedicarsi alia vita monastica25 . 11 chiostro non era una proprieta regia, an­che see possibile affermare, in accordo con quanta detto da Georg Schei­belreiter, che era soggetto sia alia protezione regia, sia a quella vescovile

26.

22 Durante il concilio eli Valencia (583-585) l'accusa di necator pauperum fu messa in correlazione con gli interventi diretti dei sovrani e dei vescovi che violavano le proprieta e i eliritti di chiese e monasteri: <<neque episcopi locorum, neque potestas regia quocunque tempore successu~a de eorum voluntate quicquam minorare aut auferre praesumat. Quod si quis hoc quocunque tempore temerare aut auferre praesumpserit, veluti necator paupe­rum anathemate .perpetuo iudicii divini plectatur». n passo citato e tratto da RosENWEIN,

Negotiating space, p. 45. . . 23 Daile prime parole della clausola finale «Si quis vero regum, sacerdotum, mdt-

cum, atque secularium personarum» possiamo arguire che i monaci erano stati con il pri­vilegio protetti dalle intromissioni di tutte le autorita, sia Iaiche che ecclesiastiche; GREGO­RI! I PAPAE Registrum epistolarum, 2/I, Liber XIII, Epistola 11, p. 380.

24 Su Gregorio Magno anche FALKENSTEIN, Monachisme et pouvoir hierarchique, pp. 394-395. Sull'argomento si vedano anche gli stueli di McLAUGHLIN, Les tres ancien droit monastique, pp. 178-183 e di W. ScHWARZ, Jurisdictio und Condicio. Eine Untersuchung z~ den Privilegia libertatis der Klaster, in «Zeitschrift der Savigny-Stiftung fiir Rechtsgescht­chte, Kanonistische Abteilung», 45 (1959), pp. 34-98.

25 RosENWEIN, Negotiating space, pp. 52-58. 26 G. ScHEIBELREITER, Konigstachter im Kloster. Radegund (t 587) und der Nonne­

nau/stand von Poitiers (589), in «Mitteilungen des Instituts fiir Osterreichische Geschicht-

1 CONCETTI Dl IMMUNITAS E Dl LIBERT AS NEI RECENTI LA VORl D1 BARBARA ROSENWEIN 69

anche detto, tuttavia, che il vescovo, cui il cenobio era stato sottoposto, non er~ 1' ordinaria delluogo, rna un presule scelto a seconda del momenta e della situazione27

. Radegonda aveva infatti ottenuto di essere sciolta da ogni subordinazione nei confronti dell'ordinario diocesano, pet reggere economicamente e politicamente il suo monastero, per il quale aveva scelto la regola composta da Cesario di Aries. A questa fine ella aveva ricevuto la protezione (tuitione et sermone) del sovrano28 . Lo speciale trattamento di cui il monastero godette, che come nota la Rosenwein fu moho simile aile

· successive esenzioni, era stato determinato da una serie di fattori concomi­tanti, fra i quali era da annoverare un particolare culto per la Santa Croce, di cui il cenobio possedeva delle reliquie, la cui sacralita aveva permesso all' ente monastico di godere del conferimento di una speciale protezione29.

Tuttavia, come espressamente riferisce Wilhelm Schwarz, il privilegio di potersi rivolgere per lo ius ordinandi a un vescovo extra-diocesano e la possibilita da parte della congregazione di pater amministrare le sue pro­'prieta non aveva nulla a che fare con 1' esenzione3°.

Fu solo a partite dal VII secolo che, secondo Barbara Rosenwein, si consolido la pratica di concedere "esenzioni", secondo il criteria di classi­ficazione individuato da Eugen Ewig31 : erano atti che assicuravano pecu-

sforschung», 87 (1979), pp. 1-37. 27 ll monastero fondato da Radegonda pote godere anche di uno Speciale rapporto

con il vescovo Gregorio di Tours; sull'argomento RosEN\XIEIN, L'espace clos, pp. 251-262. 28 SCHWARZ, furisdictio und Condicio, pp. 49-50, da cui si cita il testo: «reges se tui­

tione munierunt, scilicet quia in ilium, qui pastor esse debuerat, nullam curam defensiones suae potuerant repperire ( ... ) monasterium ( ... ) sub sua tuitione et sermone una cum Agne abbatissa iubeant gubernare».

29 RosENWEIN, L'espace clos, pp. 254-261. 30 ScHWARZ, furisdictio und Condicio, p. 50. 31 E. E\XIIG , Beobachtungen zu den Klosterprivilegien, in Adel und Kirche, Festschrift

Gerd Tellenbach, Freiburg 1968, pp. 52-65, ora anche in lD., Spiitantikes und frankisches Gallien. Gesammelte Schri/ten (1952-1973), hrsg. von H. ATSMA, I-II, Supplemento a «Francia», 3/1-2 (1976-1979), II, pp. 411-426. Lo studioso tedesco inelividua due tipologie nei privilegi di esenzione, la grosse Freiheit e la kleine Freiheit. ll primo tipo eli esenzione comprende la concessione di sei clausole di privilegio: 1) Liberti\. dal vescovo e dai suoi agenti, per i quali e mantenuto il divieto eli usurpare o eliminuire la proprieta del monaste­ro. 2) ll diritto dei monaci di scegliere illoro abate. 3) Libera scelta del vescovo, non neces­sariamente del vescovo eliocesano, per la benedizione dell'altare, le ordinazioni dei monaci chierici e le altre funzioni liturgiche straordinarie che avevano luogo nel monastero. 4) Esclusione dai poteri eli giuriselizione, dalla potestas ordinandi propria del vescovo elioce­sano e dal pagamento delle tasse e dalla riscossione dei eliritti di servizio. 5) Divieto al ve­scovo eliocesano eli accedere al monastero, se non su esplicito invito dell' abate. Qualora il vescovo fosse giunto, perche invitato, non avrebbe potuto pretendere il pagamento dei

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70 CRISTINA ANDENNA

liari privilegi a istituzioni ecclesiastiche, ~e qu~li ricevevano dal pres':le lo~ cale la completa liberta di disporre de1 bem, oltre che della ~pazw sm quali essi sorgevano. A queste prerogativ~, ine.ren.ti la conservazwne ~ella proprieta, erano aggiunte specifiche attr~buzwm legat~ a un.a mag~Ior.e autonomia nella organizzazione del cenobw. La concesswne. d1 q~e.stl ?n~ vilegi mostra, ad un attento esame dei f?rn:u~ari, che le d1sposlZlOnl d1 esenzione e immunita per gli enti eccles1ast1c1 stavano lentament~ evol­vendosi verso forme pili complesse e mature, sia per gli esponent1 della gerarchia ecclesiastica, sia peri sovranP2. .

I periodi di regno di Clotario II (584-62~). e d1 J?~goberto.I (623-639) videro la formazione di un nuovo genere d11mmumta, garantlta ?all~ carte e caratterizzata da una proibizione di ingresso entro determ~natl spazi: che assumeva ora un significato anche religioso, da .collocarsl nel contesto della mentalita del tempo. Il sovrano era conceplt~ non .co~~ una entita a se stante, rna come interagente con il gruppo. ~e1 cons.Ighen che lo accompagnavano, tutti uomini, che confondevano gh mteress1 d~ll~ Chiesa con quelli della corte. Va anche detto che .i fondatori e patro.m d1 nuove istituzioni ecclesiastiche erano nella magg1?r p~rte ~sponen~1 c?~ gravitavano nella sf era politica e ~am~~are della dmastla. ?el ~~rovmg~, 1 quali nel dotare i lora enti eccles1ast1c1 erano se~pr~ pm. s.o~tl ~aran~1re non solo la protezione del patrimonio, rna anche 1 mvwlabil1ta del bem. Il figlio di Clotario II, Dagoberto si spinse be~ olt:e: non ~olo co?cesse nu­merose cospicue donazioni al monastero d1 Samt~Dems, rna mtrodusse anche un rinnovamento della liturgia, instaurando m tal modo fra ~a casa regnante e il. cenobio un p~rticolar~ collega.men~o. Il .~~nastero d1venne infatti luogo.di sepoltura del membn d.ella ?mastla reg1a · , .

Entro questa contesto socio-politlco s1 colloca anche 1. ar:1vo .del mo~ naco irlandese Colombano, al quale era legato il processo d1 diffuswne ne1

tributi a lui spettanti per diritto di visita. 6) Diritto ?i ~orrezione affidato e~tro il mon~st~~ 1 t all'abate Con kleine Freiheit invece Ewtg mtendeva la concess10ne da parte

so amen e · . d · d · 1 b di vescovo degli stessi privilegi, ad eccezione di cio ch~ ri~uardav~ lo .tu~ ~r man !: a ene -zione degli altari, la consacrazione dell' abate, l'ordmaz10ne der chrencr monaCl e la consa-

. · dell'olio santo Per tali servizi non sarebbe spettato al vescovo alcun compenso. crazwne · . Ed' d' p · · (614)·

32 Questa idea appare nel testo dell'Editto di Clotano II, ztto t. a~t~t ·

«Ecclesiarum res sacerdotum et pauperum qui se defensare non .possunt, ~ mdr.ctbus pu­blecis usque ad audientiam per iustitiam defensentur, .s~va em_unzta:e praecrdenuum d?~: norum, quod ecclesiae aut potentum vel cuicumque ~1s1 sunt mdulsrsse pro pace aut drscr plina facienda», il testo e citato da RosENWEIN, Negotzattng ;pace, p. 5,9, nota 4. . .

33 Su Saint Denis si veda il contributo L. LE';ILLAIN, Etude sur l abbaye de Satnt Dents d l'epoque merovingienne, II in <<Bibliotheque de l'Ecole des Chartes», 86 (1925), pp. 5-99.

I CONCETIT DI IMMUNITAS E DI LIBERT AS NEI RECENTI LAVORI DI BARBARA ROSENWEIN 71

regni dei Franchi e dei Longobardi della consuetudine di vita monastica da lui elaborata. Barbara Rosenwein a questa proposito si e premurata di precisare che Colombano non fu l"'inventore" dell' esenzione, come una corrente di studio ha cercato di dimostrare34• Infatti le condizioni per la piena attuazione del sistema dell"'esenzione" ecclesiastica si svilupparono lentamente nel corso del tempo, e intorno alla meta del VII secolo una se­rie di fattori convergenti ne prepararono e poi ne permisero la realizzazio­ne. Si tratto di un processo lento, determinato dall'incontro di molteplici fattori e risultato della convergenza di interessi politici, sociali e religiosi.

L'll giugno del 628 il pontefice Onorio I aveva accordato al mona­~ .. ~··~ di Bobbio un privilegio con il quale il cenobio, fondato dal monaco

irlandese Colombano, era sottratto alla giurisdizione del vescovo locale, Probo di Tortona, rna la concessione era il frutto di una particolare predi­lezione per il monastero. Barbara Rosenwein e concorde con le posizioni

. di Hans Hubert Anton e della corrente storiografica alla quale egli appar­tiene, nel considerare il documento papale del 628 la prima attestazione di una "esenzione" concessa da un pontefice a una istituzione monastica. Perla studiosa americana il cenobio di Bobbio era Iiberato da certe prero­gative del vescovo diocesano e era posto sub iurisdictione del pontefice. A parere di Ludwig Falkenstein e di Wilhelm Schwarz si tratterebbe invece di un privilegio di protezione contra le pretese del vescovo di Tortona e di altri vescovi, che aspiravano a controllare il cenobio. Ludwig Falken­stein specifica che la iurisdictio di cui si parla nel testa non e la iurisdictio del secolo XII: la lettera di privilegio pontificio riguardava solo i possedi­menti del monastero e il potere di disporre di questi liberamente, il ceno­bio era infatti sottratto alla iurisdictio di qualsiasi altra chiesa e sottomesso direttamente alla sede apostolica35 . Le disposizioni prescritte nel testa pontificio, come nota giustamente Eugen Ewig, sono esclusivamente del-le ammonizioni, che lasciano aperta ogni possibilita di interpretazione36.

34]. M. WALLACE -HADRILL, The Frankish Church, Oxford 1983, p. 66.

35 Codice diplomatico del monastero di San Colombano di Bobbio fino all' anno

1208, ed. C. CIPOLLA, I (a. 591-1098), Roma 1918, pp. 100-103, doc. 10: «privilegia sedis apostolice largiamur, quatinus sub iurisdictione sanctae nostrae, cui a Deo auctore prese­demus, Eclesie constitutum, nullius eclesie iurisdictionibus submitatur, pro qua re piis vo­tis faventes, hanc nostra auctoritate, id quod a tua dilectione exposcimur, effectui man­cipamus».

36 RoSEN\'V'EIN, Negotiating space, p. 67; in proposito anche H.H. ANTON, Studien zu

den Klosterprivilegien der Piipste im /riihen Mittelalter, Berlin 1975 (Beitriige zur Geschi­chte und Quellenkunde des Mittelalters, 4), p. 56 e perle posizioni contrastanti a questa ScHWARZ, Jurisdictio und Condicio, pp. 61-63, E. EwrG, Bemerkungen zu zwei Bischo/sprivi-

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72 CRISTINA ANDENNA

La studiosa americana tuttavia dissente su questa punta dalla posizione difesa da Ludwig Falkenstein, in quanta ella sostiene che il documento in questione fosse moho di pili di una semplice lettera di prot~zione e relati­va solo alla tutela della proprieta e al diritto di poterne liberamente di­spone. 11 preposito del monastero aveva ricevuto infatti il consenso di in­vitare il sacerdote per la celebrazione della messa: si trattava di una dispo­sizione che riguardava la dimensione anche spirituale.

Per Barbara Rosenwein il prima documento di "esenzione" episco­pale, con il quale un vescovo conferiva a un monastero a lui soggetto par­ticolari privilegi, si ebbe nel 63 7; 1' atto era stato indirizzato al cenobio di Rebais, anche se sono state avanzate riserve sulla autentidta di questa do­cumento37. L'esenzione assicurata dall'ordinario era stata preceduta dalla concessione, anch' essa altrettanto sospetta, di una immunita da parte del sovrano Dagoberto I, che nel 635 aveva disposto che il cenobio potesse godere della piena liberta dalle interferenze di sovrani, ecclesiastid e laid. Gli studi di Eugen Ewig hanna invece portato numerose prove in favore dell' autentidta del documento di esenzione del 63 7, che Barbara Ro­senwein sulla base della terminologia introdotta dallo stesso Ewig, defini­sce privilegio di grosse Freiheit, in contrapposizione alla attribuzione di una kleine Freiheit 38.

L' esempio di Rebais mostra infatti come il vescovo Burgundofaro, avesse concesso al cenobio, su richiesta di Audoino, un membra della corte, un precetto nel quale l' ente monastico era dichiarato autonomo e libero non solo dal potere del presule, rna anche dalla sua stessa possibi­lita di eserdtare dei diritti. 11 monastero, definito con i termini di secreta septa, rappres~ntava una evoluzione ulteriore rispetto al tradizionale mo­do di intendere lo spazio sacra, che da quel momenta assumeva chiara­mente il carattere di luogo inviolabile. Qualsiasi presule avrebbe potuto celebrate nella sua chiesa le funzioni religiose, se fosse stato invitato espressamente dai monad e dall' abate, tuttavia il vescovo non avrebbe potuto esigere in cambia alcuna ricompensa o dono per il suo servizio

legien und einem papstprivileg des 7. Jahrhunderts fur merovingische Kloster, in Monchtum, Episkopat und Adel zur Grundungszeit des Klosters Reichenau, hrsg. von A. BoRST, Sigma­ringen 1974 (Vortrage und Forschungen, 20), pp. 215-249, in particolare p. 232.

37 ANTON, Studien zu den Klosterprivilegien, pp. 55-57 0 n pili critico nei confronti dell'autenticita del documento e L. LEV1LLAIN, Le /ormulaire de Marcul/ et la critique mo­derne, in «Bibliotheque des Ecole des Chartes», 84 (1923 ), pp. 21-91.

38 EwrG, Das Formular von Rebais, in In., Spiitantikes und /rankisches Gallien, II, pp. 456-484 e In., Beobachtungen zu den Klosterprivilegien, in lD., Spiitantikes und /ranki­sches Gallien, II, 411-426.

I CONCETTI DI IMMUNITAS E DI LIBERT AS NEI RECENTI LAVORI DI BARBARA ROSENWEIN 73

;-t-llo.m~<re ullo requisito dono)3 9. Si trattava, come sottolinea Barbara Ro­senwein, di una nuova forma di privilegio, che indipendentemente dal fat­to di essere stata o no preceduta dalla concessione di immunita da parte del sovrano, rappresentava una estensione delle liberta sino ad ·allora ac­cordate da parte .~ei ves~ovi ~gli e~ti ecclesiastici. Ma al contempo espri­t?eva a?ch~ ~n pm ami:1~ comvolg1mento della sodeta e del mondo poli­uc~, d1 ~m 1 protagomst1 della esenzione di Rebais erano dei membri. «Lesenzwne concessa da Burgundofaro rivelava che nel decennia com­preso fra .il630 e il640 si era realizzata una concordanza di opinioni (mee­ting of mznds) fra re e esponenti dell'aristocrazia»4o.

La studiosa americana, integrando la sua analisi con la lettura della vita ~i Col~mbano, scritta dal discepolo J ona, giunge a definite l' esenzio-ne d1. Reb~1s, e !e conseguenti esenzioni e immunita del VII secolo, dei mezz1 c~n 1 quali re e vescovi s~ ~iconoscevano, si onoravano, si organizza-

. va~f e s1 alleavano tra ~oro, util1z~a~do le nuove sorgenti del potere divi­no . La. conoscenza del protagomstl e del contesto in cui essi si muoveva­no e ag1vano; p~rmette alla studiosa americana di individuate alla base ~elle co~cess1?n1 materia~i e dei diri~ti una rete di rapporti e di redprod mteress1 da dtf~ndere. L apparente impoverimento, al quale il vescovo set?bra:a essers~ ~ottoposto con la concessione dei privilegi di esenzione ~gli ent1 monastlcl, se poteva essere da una parte concepito come uno svi­limento. del suo prestigio, dall' altra risultava essere anche qualche cos a di v~ntaggtoso. 11 presule, limitando il proprio potere, si collocava, ad esem­p1o nel caso del cenobio di Saint-Denis, nella rete delle donazioni (gzft network) che legavano il sovrano al monaster0 42.

, ~che il ~acconto offerto dalla Vita Balthildis d permette di conosce­r~ 1 esls.tenza ~1 ,due documenti: il prima era la concessione da parte del re dt un~ lffi~U~lta al monastero di Corbie, che implicava la proibizione agli agentt reg1 dt entrare e riscuotere i tributi tradizionalmente richiesti in quelle terre43 . 11 secondo era invece un privilegio di esenzione che il vesco-

39 RosENWEIN, Negotiating space, p. 69. 40 RosENWEIN, Negotiating space, p. 72. 41 Ibidem, p. 73.

~2 Ibide"!, pp. 74-81. Clodoveo II aveva concesso al monastero di Saint-Denis Ia protezrone .regra e ne~ 654 aveva domandato al vescovo Landerico di Parigi che fosse ad ess~ garanuta anche I esenzione. Sui problema dell'autenticita dei due documenti quello regiO e quello ~escovile, si veda L. LEVJLLAIN, Un diplome merovingien de protectio~ royale en /av~~r de Saznt-Denis, in <J3ibliotheque des Ecole des Chartes», 72 (1911), pp. 233-244. b'bli ~ do~umento era stato concesso da Clotario III a Corbie. Si vedano Ie notazioni

1 ografrche m RoSENWEIN, Negotiating space, 79-81.

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vo Bertefrido di Amiens, su richiesta del sovrano, aveva concesso. all' ente monastico con ogni probabilita intorno al 664. Barbara Rosenwem, sulla scia di qu~nto proposto da Eugen Ewig, definisce il documento una att~­stazione di kleine Freiheit; con essa il presule aveva permess? al cenobro 1' esercizio di una certa liberta, anche se i suoi contatti con il monastero non erano stati del tuho eliminati. Egli si riservava in~atti il diri:to di es~r­citare le funzioni episcopali di consacrazione della chresa e ~nz10ne ~ell a­bate, rna anche di celebrazione della messa, senza ricevere m cambro del servizio prestato alcuna ricompensa. . " . .

Immunita e eserizione sono per la Rosenwem, come gra aveva mdrca: to la Nelson, elementi di legittimazione coni qual~ la dinastia re~nante s1 avvicinava e si associava sempre di pili aile sorgentl soprannaturah ~el P~­tere44. Nel corso della seconda meta del V~I ~ec?lo q~esta pr?s?e~tl~~ di­venne sempre pili chiara, il sistema merovmg10 mfatt1 consoh~o 1 utili~zo dell'immunitas, che non era pili intesa come strumento con il qual~ 1 re elargivano dei doni a scopo caritativo, ? ~e n~ servivan? per soddrsfar~ delle esigenze di carattere fiscale e ammrmstratlv?, ~a ~1venne ~no ~egh strumenti privilegiati, nella varieta degli strum~ntl ~1 cm :e e regme sr ser­vivano, delle trattative politiche, la cui dinamrca s1 espnmeva nella crea­zione e nella scioglimento delle alleanze45 .

44 Collocare immunita. e esenzione in questa prospettiva significa superare la visione prospettata da E'Yig, che invece le considera elemen~i di una. Klo~terpolitzk, promos.sa d~l­la regina Baltilde, che durante il suo governo aveva v1sto la d1ffus.10ne ~el monacheslmo ~r­landese, promosso da Colombano, come uno strumento per argmare il potere e le pr~ro: gative sempre crescenti dell'episcopato, RosENWEIN, Neg~tiating sp~ce, p. 81. La tes1 d~ Ewig in EWIG, Klosterpolitzk, in In., Spiitantzkes und /rankzsches G~l!ten, 2, p. ~79. ~a tesl di Nelson in J. NELSON, Queens als Jazebels: Brunhild and Balthild zn Merovzngzan Hzstory, in EAD., Politics and Ritual in Early Medieval Europe, London 1986, P~· 1-48. .

45 Va qui tuttavia ricordato che Wilhelm Schwarz, fon~an?~sl ~u una acc.redltat.a bibliografia, aveva sottolineato l'opportunitii ~ de~ni~e questl pnvile~l no.n c~n il. termt­ne di esenzioni, quanto piuttosto come emanc1pazwm dal potere dell ord1na~10 dlocesa­no. Si trattava infatti di privilegi di libertii concessi ai monasteri, s.o;ente v?luu dal mona­chesimo di Colombano, o conseguiti per intercessione dei sovram, m paruc~lare delle re: gine. Tali precetti spesso conducevano a una emancipazione. dal potere eptsc~pale. Essl non sottraevano il monastero alia giurisdizione del vescovo dwcesano, rna .ne .nducevano il pot ere e furono, a parere di Falkenstein, fondamento delle future esenz~om:, ScH\~ ARZ, Jurisdictio und Condicio, pp. 81-82 e FALKENSTEIN, Monachisme et pouvotr hzerarchzque, pp. 396-397.

I CONCETTI DI IMMUNITAS E DI LIBERT AS NEI RECENT! LAVORI DI BARBARA ROSEN\'V'EIN 7 5

Immunitas come Control

n secondo momenta di questa percorso evolutivo e indicato dalla Rosenwein con il termine di Control. L' avvento della dinastia carolingia, al posto di quella dei merovingi, segna un momenta di passaggio anche nella pratica di concessione dell'immunita e dell'esenzione. Tale evoluzione e individuabile nella comparsa nel testa dei documenti della nuova formu­la: sub nostra defensione et immunitatis tuitione. Alia immunitas i sovrani associavano ora anche la tuz'tz'o: con essa non solo garantivano l'inviolabi­lita dei territori soggetti agli enti monastici ed ecclesiastici, rna si impegna­

a intervenire per assicurare le condizioni di difesa, ispirati in cio dal modello del re proposto nelle pagine dell' Antico Testamento. II sovrano diveniva custode dell' or dine ecclesiastico, essendo stato scelto come re per grazia di Dio, e capace quindi di istituire la Iegge di Dio46. Si trattava di un nuovo modo di intendere Ia funzione del sovrano e l'origine del suo potere, gia percepibile a partire da Carlo Martello, anche se Ia sua politica si servi della discuss a pratica di assegnazione delle precariae verba regz's47 .

La studiosa americana affronta nelle sue pagine la critica mossa al sovrano carolingio dal vescovo Bonifacio (675-754), secondo il quale gli imperato­ri, i re, i conti o i laid, che sottraevano dal potere del vescovo, dell' abate e delle badesse le proprietii e i beni della Chiesa per appropriarsene, erano considerati hamicida pauperum48. La denuncia mossa da Bonifacio a Carlo Martello e condivisa dalla storiografia contemporanea; fu invece Walter Goffart a sostenere, in difesa dei Carolingi, che il sistema delle precariae verba regis non costituiva una alienazione della proprieta, quanta piutto­sto un nuovo modo di porsi della monarchia nei confronti del mondo ec­clesiastico. Le precariae, Ia cui assegnazione era temporanea, erano parte integrante di una rete di scambio, per la quale i benefattori ricevevano in­dietro le lora donazioni come precarial grants, anche se solo temporanea­mente, in quanta la proprieta della terra rimaneva della Chiesa, di cui i sovrani carolingi si ponevano solo come protettori49.

46 RoSENWEIN, Negotiating space, pp. 97-114. 47

Sul sistema delle precariae verba regis si rimanda aile pagine sui rapporti vassalla­tico-beneficiali di F. L. GANSHOF, Qu'est-ce que c'est !a jeodalite, Paris 1982, trad. it. Che cos'e il/eudalesimo, Torino 1989 (Piccola Biblioteca Einaudi, 514), pp. 57-67.

48 BoNIFATII Epistola 78, in Die Brie/e des heiligen Bom/atius und Lullus, ed. by M.

TANGL, in MGH Epistolae selectae, I, Berlin 1916, p. 169. 49

RosENWEIN, Negotiating space, pp. 99-101, rna soprattutto W. GOFFART, The Le Mans Forgeries: A Chapter from the History a/Church Property in the Ninth Century, Cam­bridge 1966 (Harvard Historical Studies, 76), pp. 9-11.

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Protezione tuttavia significava anche controllo: 1' esercizio di un mundeburdium e la richiesta al vescovo del privilegium libertatis, infatti, se da un lata proibiva l'ingresso ai funzionari regie limitava il potere delve­scovo, impedendogli di accedere al monastero e di esercitare le sue tradi­zionali funzioni di celebrazione delle messe e di consacrazione degli altari, dall'altro imponeva il rapporto diretto con il sovrano, che dispensava l'immunita e ne diveniva in un certo sensa il garante. Questa genere di concessioni implicava infatti due aspetti: l'immunitas era assunta come ga­ranzia di non intervento, rna al tempo stesso il sovrano esercitava la sua tuitio, o protezione, con la quale egli si riservava la possibilita di interveni­re in nome della difesa dei diritti della Chiesa.

Il rapporto privilegiato con il sovrano era dunque uno degli aspetti pili significativi, se si considera che i vescovi e gli abati erano legati al so­vrano da stretti vincoli non solo di deferenza, rna anche familiari, di ami­cizia e di alleanza. Vescovi, abati e alti prelati erano parte della cerchia dei fideles del sovrano e collaboravano attivamente con lui alia conservazione e alia gestione del potere del regno. Lo scambio di donazioni e la elargi­zione di beni e diritti erano per il sovrano dei modi per stringere a se gli esponenti del ceto aristocratico e per garantirsi la lora fedelta. Non si trat­tava di dispersione del patrimonio ecclesiastico, rna di un preciso sistema di negoziazioni nel quale la donazione rappresentava il nesso che cemen­tava e rompeva le alleanze e che costituiva 1' elemento attraverso il quale si costruiva il fondamento del potere. I monasteri e gli enti ecclesiastici, in­fatti, erano parte di queste reti di donazioni, che rinforzavano o costitui­vano ex novo i legami, non solo fra i chiostri e i donatori, rna anche fra i donatori stes~i. Gli enti monastici, come gli individui, erano parte attiva nel sistema di 'associazioni e di alleanze fondate sulla /idelitas, che si rea­lizzavano con la dinastia regnante, rna questa avveniva soprattutto tramite la concessione di privilegi che combinavano tuitio e immunitas50.

Esempici chiarificatore di queste dinamiche, secondo Barbara Ro­senwein, fu il diploma conferito da Carlo Magno, da Aachen nel 777, al monastero di Salonnes, situato nella regione della Masella. Il documento rappresentava il risultato finale degli sforzi e delle tensioni che lo avevano

50 RosENWEIN, Association through Exemption, pp. 68-87. Perla bibliografia attinen­te a questi argomenti e ai rapporti che si instauravano fra i donatori e i monasteri, si veda il fondamentale contributo di K. ScHMID-}. WoLLASCH, Die Gemeinscha/t der Lebenden und Verstorbenen in Zeugnissen des Mittelalters, in «Friihmittelalterliche Studien», 1 (1967), pp. 365-405 e 0. G. OEXLE, Memoria und Memorialiiberlie/erung im /riiheren Mit­telalter, in «Friihmittelalterliche Studien», 10 (1976), pp. 70-95.

I CONCETTI DI IMMUNITAS E DI LIBERT AS NEI RECENTI LA VORl DI BARBARA ROSENWEIN 77

n,rece<lut.u e mostrava, per la prima volta, l'unione di immunita, esenzione e protezione regia. Nel testo del documento risultava evidente il rapporto fra Angilramo, esponente della cerchia aristocratica dei Franchi e prove­niente dallo stretto entourage del vescovo Crodegango di Metz, e Fulra­d051, abate del monastero di Saint-Denise capellanus di Carlo Magno. I1 loro incontro era sfociato nella realizzazione di una permuta di terre a Sa­lonnes, che ci e nota non solo dal testa del diploma concesso dal sovrano («terrolas, que Angalramnus et Folradus infra ipso agro Salona et fine commutaverunt»), rna anche dal testamento di Fulrado («illas commuta­tiones, que cum Angalramno episcopo feci»)52. Queste due testimonianze concordi si rivelano una spia interessante per comprendere quali rapporti esistessero fra il monastero di Salonnes e il vescovo Angilramo: egli non era solamente il vescovo del territorio diocesano sul quale sorgeva il mo­nastero, rna aveva anche dei concreti interessi su quelle terre. Dal diploma di Carlo Magno si viene a conoscenza del fatto che il vescovo Angilramo aveva concesso al cenobio di Salonnes di poter godere dello stesso privile­gio di cui gia godeva il monastero di Saint-Denis e pertanto esso era sot­tratto alia giurisdizione del vescovo diocesano, doe lo stesso Angilramo, in relazione all'esercizio della potestas ordinis. Angilramo rinunciava doe al diritto di celebrate le funzioni religiose per se e per i suoi inviati, a me­no che lo stesso abate di Saint-Denis lo avesse esplicitamente richiesto per lo svolgimento di celebrazioni straordinarie come l'ordinazione dei chieri­ci, la consacrazione degli oli sacri e la benedizione degli altari. Da questa documento per la studios a americana e possibile evincere non solo 1' esi­stenza di un rapporto di amicizia fra i due personaggi, Angilramo e Fulra­do, rna anche concreti interessi da parte del vescovo su questi territori. Dal testa del diploma risulta inoltre chiaramente che il documento redat­to ad Aachen era la conclusione di accordi raggiunti nella sinodo di Pa­derborn, durante la quale il vescovo Angilramo e l'arcivescovo metropoli­ta di Magonza, con i suoi suffraganei, avevano stabilito di concedere al monastero di Salonnes il gia citato privilegio. Si avvertiva pertanto dal

51 Rapporto che Otto Gerhard Oexle [0. G. OEXLE, Die Karolinger und die Stadt des heiligen Arnul/, in «Friihmittelalterliche Studien», 1 (1967), pp. 250-364, in particola­re p. 296] definisce non di "dispute", rna di "Negotiation" contrariamente a quanto soste­neva invece H. HAUCK, Paderborn, das Zentrum von Karls Sachsen-Mission 777, in Adel und Kirche, pp. 92-140. RosENWEIN, Negotiating space, pp. 115-134, Rosenwein (p. 124) propende per l'interpretazione di Oexle e aggiunge che «Fulrad and Angilram had con­verging interests; what they did with land at Salonnes they did because it was to their mu­tual advantage».

52 Perle due citazioni si rimanda a RoSENWEIN, Association through Exemption, p. 74.

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tono narrativo del documento il riflesso di quanta re, vescovo e abate ave­vano concertato. Il privilegio di Salonnes rappresenta pertanto, secondo la Rosenwein, un elemento nuovo che combina la tuitio regia con l'immu­nita (immunitas atque tuitio), anch'essa concessa dal re, anziche dal vesco­vo, come era avvenuto per 1' eta merovingia. Al tempo stesso Angilramo aspirava ad avere il controllo del monastero di Saint-Trond, il quale non era collocato nella diocesi di Metz. In tal modo egli partecipava, come era avvenuto per Salonnes a una riorganizzazione dei confini, che implicava al tempo stesso una compensazione nei confronti della giurisdizione del po­tere spirituale ('reshuffling' of spiritual jurisdiction). Si trattava, secondo la studiosa americana, di una convergenza di opinioni (meeting of minds) che i rappresentati dell' accordo avevano reciprocamente raggiunto. L' e­senzione concessa a Salonnes, pertanto, lantana dal separare il vescovo dal monastero, creava uno stretto legame fra l'episcopato di Metz, di cui Angilramo era il rappresentante, il monastero di Saint-Denis, al quale Sa­lonnes era associato, e il sovrano. Pili precisamente, nota la Rosenwein, collegava Fulrado, Angilramo e Carlo Magno con uno stretto legame di fidelitas e amicitia, il cui scopo non era solo spirituale"3.

3. Divergence. Due diversi modi di intendere l'immunitas: Berengaria I e il papato.

3.1. Berengaria I: A Gz/t-Giving King

A partire dalla fine del IX secolo, e qui si entra nel terzo momenta individuato daBarbara Rosenwein, la produzione cancelleresca di docu­menti registra l'avvenuta evoluzione del concetto di immunitas in due di­rezioni: in prima luogo essa si ridefini in associazione con il papato, con la dichiarazione delle paci di Dio e con la creazione di sacri recinti e aree protette di giurisdizione; a queste questioni sara dedicata la seconda parte del nostro intervento. In secondo luogo i nuovi privilegi postcarolingi si arricchivano di differenti tipologie di doni e di proibizioni di ingresso: erano infatti concesse dai sovrani licenze di costruzione di castelli e di mura, entro i quali era proibito agli agenti regi di entrare. Inoltre era spes­so aggiunta dai re la garanzia dei poteri di districtus e di bannus, nonche la concessione di esercizio dei diritti di giurisdizione legale e fiscale sul territorio.

Alcuni privilegi di Carlo il Semplice gia muovevano in questa dire-

53 RosENWEIN, Association through Exemption, p. 86.

I CONCETTI DI IMMUNITAS E DI UBERTAS NEI RECENTI LAVORI DI BARBARA ROSENWEIN 79

· : emerg~~a. pertanto un nuovo stile di immunitas, giustificato non solo da una cns1 m atto, dovuta sia agli attacchi provenienti dall'esterno sferrati dai 'pagani', sia alia minaccia interna dei dissidenti e dei 'cattivi cristiani'. Barbara ~osenwei?, riproponendo un giudizio enunciato da J a­net Nelson, sottolmea che il regno di Carlo il Semplice rappresento un momenta moho particolare e delicato nella trasformazione del potere. La crisi della monarchia carolingia non era limitata esclusivamente a fattori interni e esterni contingenti, infatti «il palazzo regia, inteso come centro di potere, aveva cessato di esercitare il proprio ruolo di elargitore di ono­ri>>55. Il sovrano, da tempo punta di riferimento delle alleanze distributo­re di doni e asse~to.r~ delle proibizioni e delle protezioni, ces;ava di svol­gere un ruolo d1 nhevo. La portata giuridica dei suoi atti era limitata esclusivamente alia conservazione di una tradizione ormai consolidata priva di una autonoma validita politico-istituzionale. '

A giudizio della studiosa americana solamente durante il regno di Berengaria P6 la prospettiva politica del sovrano venne ribaltata. Le do­naz~~ni e !e conc.ess.io~i di immunita, che erano sempre state parte di una poht1ca d1 negoz1az10m, permisero al re di essere nuovamente al centro di una ret~ ~ amicizie e di alleanze, mentre gli ultimi sovrani carolingi furo­no trad1Zlonalmente dei monarchi assenti, sostituiti sul territorio da una dasse ?irigente fidat.a, alia quale era delegato il controllo del potere. Be­rengano I seppe coltlvare una rete di legami e di vincoli con i nobili, in tal modo, secondo Barbara Rosenwein, il sovrano del regnum Italiae non era collocato alia testa di nuclei di potere troppo autonomi. Sulla base delle

• , 54

Si veda la con~~ssione dell'898 ai monad di Saint-Denis della garanzia di immu-mta entr~ le appena edtftcate strutture di fortificazione: <<immunitatem infra castellum eju­s~em loct a n?vo c.onstructum» e quella dell'899 relativo alia nuova fondazione monastica di Gerardo dt Aurillac: «sub plenissima immunitatis nostrae defensione» [cfr. RoSENWEIN ~luny's Immu~i~ies in ~he Tenth and Eleventh Centuries, p. 135, nota n. 5]. In altre parol~ il sovrano protbtv~ agli officiali regi di intervenire su quelle terre. Alcuni anni dopo egli concedeva a Corbte la conferma degli antichi diritti, riconosciuti nella documentazione prece~ente, rna ag~iungeva a~che .nuovi diritti relativi al castellum dei monad con queste parole.'. «ut n~us judex pubhcus m Castello propriis sumptibus ac juribus infra ipsa mo­nas~eru ~oe~la constructo, nullam ibi quasi potestative licentiam habeat discutiendi aut ordmandt ahquod aut disponendi». Nel 911 inoltre egli concesse al vescovo Stefano di Cambrai, il diritto di avere un castello e un mercato nella citti.l di Lerstorf; le due realta ur­b.ane erano poste sotto la protezione dell'immuniti.l regia in perpetuo, RosENWEIN, Negotia­ttng space, pp. 13 7-13 9.

~:NELSON: ~harfr:_s the Ba~d, p. ~59 e RosENWEI~, Negotiating space, p. 139. . . ~er .noUzte pm dettaghate s1 veda Berengarto I, voce a cura di G. ARNALDI, in

DtZionarto Btogra/ico degli Italiani, 9, Roma 1967, pp. 1-26.

80 CRISTINA ANDENNA

affermazioni della Nelson, la Rosenwein propane di riconsiderare la com­munis opinio che Berengaria I fosse stato un pessimo guerriero, un dilapi­datore delle risorse materiali del potere regia, cioe di terre, di diritti di giurisdizione e di controllo di stutture difensive pubbliche come i castelli, insomma uno dei tanti "reucci di provincia". Tale opinione tuttavia era in parte condivisa da uil contemporaneo come Reginone di Pri.im57

, anche se 1' au tore emette un giudizio negativo sul regnum e non sul re. Prova di questa cattiva condotta politica fu una scarsa attivita legislativa, testimo­niata dal decremento, sino alia totale scomparsa, della produzione di capi­tolari. Dalla documentazione, a parere di alcuni storici, emerge proprio con questa regno lo scardinamento dell' ordinamento pubblico in atto fin dal principia del X secolo58.

Con diversa finalita la Rosenwein considera la politica delle donazio­ni e delle immunita; ella nota che Berengaria I ebbe, a fondamento del suo agire, una precisa strategia politica, gia segnalata da Gina Fasoli59

, da Ga­briella Rossetti60 e da Aldo Settia61 . Il problema del potere nel secolo X

57 REGINONIS ABBATIS PRUMIENSIS Chronicon cum continuatione Treverensi, a. 888, a cura di F. KuRZE, in MGH Scriptores Rerum Germanicarum in usum scholarum separatim editi, L, Hannoverae 1890, p. 129: «Igitur quaedam pars Italici populi Berengarium filium Everhardi, qui ducatum Forioulanum tenebat, regem sibi statuunt, quaedam Widonem £i­lium Lanberti, ducem Spolitanorum, aeque regia dignitate sublimandum decernunt; ex qua dissensionum controversia tanta strages ex utraque parte postmodum facta est tantu­sque humanus sanguis effusus, ut iuxta dominicam vocem regnum in se ipsum divisum de­

solationis miseriam incurrerit». 58 G. TABACCO, Egemonie sociali e strutture del potere nel Medioevo italiano, Torino

1974 (Piccola Biblioteca Einaudi, 379), pp. 189-197, in particolare pp. 190-194: con 1'898, e precisamente dopo il regno di Lamberto di Spoleto, infatti «tutto e silenzio sul piano le­gislative ( ... ) la cancelleria regia continua a funzionare, rna non per redigere norme gene­tali, bensi soltanto diplomi: privilegi che hanna destinatari singoli, i piu disparati, chiese anzitutto e amici, nuclei di forza che il re cerca di collegare con il proprio potere. Median­te una rete di rapporti eterogenei, che non e propriamente un fatto nuovo: rna in questa affannosa attivita, che ha dietro di se un'esperienza secolare dire longobardi e dire fran­chi, sembra risolversi ormai in massima parte il significate del regno». Un giudizio negati­vo sulla politica di Berengaria I e anche espresso da c. WICKHAM, Early Medieval Italy: Central Power and Local Society, 400-1000, Ann Arbor, Michigan, 1981, p. 173.

59 G. FAsou, Le incursioni ungare in Europa nel secolo X, Firenze 1945. 60 G. RossETTI, Formazione e caratteri delle signorie di castella e dei poterz' territoriali

dei vescovi sulle citta nella Langobardia del secolo X, in <<Aevum», 49 (1975), pp. 243-309, ora anche in Forme di potere e struttura sociale nel Medioevo, a cura di G. RossETTI, Bolo­gna 1977, pp. 113-148.

61 A. SETTIA, Castelli e villaggi nell'Italia padana. Popolamento, potere e sicurezza /ra IX e XIII secolo, Napoli 1984, pp. 81-86.

I CONCETTI DI IMMUNITAS E DI LIBERT AS NEI RECENTI LA VORl DI BARBARA ROSENWEIN 81

andava posto, secondo Gabriella Rossetti, in termini di «continuita ininterrotta, rna neppure di dissolvimento, ne di anarchia che liberasse energie represse e promuovesse un "popolo nuovo" per un ordinamento nuovo ( ... ). Il potere si trasforma, non si distrugge, e nel mutamento v'e tanto del passato da rendere perfettamente intellegibile il modo della sua evoluzione in forme diverse»62 . Sulla base di queste considerazioni Barba­ra Rosenwein sostiene, con l'intento di rivalutare la figura del re d'Italia, che la documentazione sopravvissuta, relativa al suo periodo di governo, non possa costituire la prova di un de bole programma politico: dall' analisi approfondita dei privilegi di questo sovrano e dalie loro interconnessioni emerge piuttosto un disegno politico tutt' altro che casuale, che permette di superare i critici giudizi su di lui pronunciati. Deve inoltre essere chiari­to, in linea con le considerazioni di Aldo Settia, che le donazioni di Beren­garia I e le concessioni di permessi di fortificazione non si verificarono in momenti di particolare tensione politica o di crisi militate, infatti la strate­gia adottata da Berengaria I, fu indirizzata alia costituzione di fortificazio­ni, il cui scopo non era la sola difesa dagli Ungari63 . Gli invasori non see­sera mai in Italia nel periodo compreso fra il904 e il 919, anzi costoro col­laborarono attivamente con Berengaria I e furono da lui utilizzati come truppe mercenarie. La concessione di diritti di fortificazione appare allora ad Aldo Settia finalizzata a scapi propagandistici nel quadro delle sue aspirazioni alia corona imperiale64 . Sulla base di queste considerazioni la studiosa crede pertanto di pater concludere che a giustificare la quantita di concessioni non fu 1' emergenza politica, ne tanto meno 1' esigenza delle guerre: la spiegazione andrebbe ricercata altrove.

Legami parentali, reali e metaforici, furono infatti il criteria con il quale il sovrano elargl privilegi e donazioni, con il fine di costituire intor­no a se un gruppo di fedeli collaboratori. Lo studio comparato dei diplo­mi e le lora interconnessioni consentono infatti di rilevare che i soggetti ai quali le donazioni erano dirette non erano organizzazioni diversificate o disparati individui, bensf familiari e amici. Un'indagine prosopografica

62 RossETTI, Formazione e caratteri delle signorie di castella, pp. 146-147. 63 SETTIA, Castelli e villaggi, pp. 81-86, sullo stesso tema si vedano anche le cosidera­

zioni di RosENWEIN, Friends and Family, p. 94. Negli anni 901-905, che videro il sovrano impegnato contra Ludovico III, re Berengaria I concesse 31 privilegi (circa il23% del to­tale), ma questa momenta rappresento un'eccezione; nel periodo compreso fra 1'891-895, quando egli era in lotta contra Guido e Lamberto, fece solamente 3 concessioni (2%). Infine nel 921-924, durante la contesa contra Rodolfo di Borgogna, egli concesse solo il 4,5% dei suoi diplomi.

64 SETTIA, Castelli e villaggi, pp. 81-86.

82 CRISTINA ANDENNA

permette di notate che ogni destinatario non era isol~to, bensl i?serit? in una stretta rete di relazioni ('web of relationships'). S1 trattava d1 un slste­ma orchestrato che coinvolgeva non solo il donatore e il ricevente, rna prevedeva spesso anche la figura di un mediatore, di un ?e!it~oner, che ri­volgeva al re la richiesta e intercedeva in favore del ben~f1e1~no. In quest~ sistema il re era l'unico punta fermo del rapporto, gh altn due soggettl potevano svolgere ruoli differenti e spesso i~terscambiab~i. Barbara Ro­senwein, tuttavia, non riduce il rapporto fra il sovrano e il suo entourage aristocratico al solo ambito di carattere sociologico: «Berengaria I, da re, concepl come suo primario dovere l'essere donatore. Questa era lo stru­mento assai pili adatto, di quanta a prima vista potrebbe sembrare, p~r compiere negoziazioni, bilanciare le fazioni e stringere allea~ze con uo~l­ni di chiesa e altri». I doni infatti stringevano il ricevente e il donatore m un rapporto di mutua obbligazione, che im~lica~a il rispetto di p~e~is~ convenzioni. Nel suo essere donatore, tuttav1a, v1 erano anche motlvl d1 carattere religioso: alia base del suo 'Gift-Giving' vi era forse il rifl~sso ?i quanta Isidoro di Siviglia nella Synonyma aveva prospettato come nmed10 di fronte ai pericoli, che minacciavano l'uomo potente65 . I pote~ti e i ric­chi secondo Isidoro erano vittime del mondo; per non cadere m questa tentazione, il sovrano avrebbe dovuto donate, offrire e dividere con glial­tri cia che egli possedeva66. Nelle arenghe dei diplomi di Berenga~io I, in­fatti, il sovrano parla di dementia, intesa come benevolenza e gentile.zza: e muni/icentia, sempre pasta in rapporto dialettico con la clemenza d1 J?lo. «Berengaria I, affermano i documenti, era re divina favente dementta~ a sua volta, egli donava per sua propria dementia, rna attendeva, in camb10,

1 . d' . 67 egli stesso di ricevere a ncompensa 1vma» . . . . . ll sistema del 'Gift-Giving', espressione chela stud10sa utilizza perm­

dicare la strategia delle donazioni utilizzata da Berengaria I, permette per­tanto di cogliere il sensa dell'attivita politica promossa da questa sovrano68

.

65 IsmoRI HrsPALENSrs EPISCOPI, Synonyma. De lamentatione animae peccatricis, I-II, in IsmoRI HrsPALENSIS EPISCOPI, Opera omnia, a cura di J.P. MIGNE, 5, in Patrologiae Lati­nae cursus completus, 83, Parisiis 1850, pp. 826-868, II, col. 865: «Divitia usque ad pericu­lum ducunt, divitiae usque ad exitum pertrahunt». Sui rapporti fra Berengaria I e la cultu­ra letteraria del tempo si veda RosENWEIN, Negotiating space, p. 150, nota 41-42 e il piu ap­profondito P. RicHE, Les bibliotheques de trois aristocrates lai'cs carolingiens, in «Le Moyen

Age», 69 (1963), pp. 87-104. . . . . 66 IsmoRI, Synonyma, col. 866: «Omnibus commumca, ommbus trtbue, ommbus

praebe». 67 RosENWEIN, Negotiating space, p. 151. 68 RosENWEIN, Friends and Family, pp. 94-95.

I CONCETTI DI IMMUNITAS E DI UBERTAS NEI RECENT! LA VORl DI BARBARA ROSENWEIN 83

concessioni avevano come obiettivo la creazione di alleanze mirate al consolidamento di una struttura di governo, che egli diversamente non avrebbe potuto controllare. I destinatari delle donazioni contenute nei di­plomi regi possono essere ordinati secondo tre gruppi principali, che per­mettono di individuate altrettante fazioni in collegamento stretto fra lora. In primo luogo quelle che Barbara Rosenwein definisce «key women», donne chiave, legate al re da legami di sangue o da vincoli matrimoniali.

. Seguivano gli uomini della corte, che aveva il suo centro in Verona e dove Berengaria I poteva vantare stretti vincoli di amicizia e di fedelta. Infine il terzo gruppo era formato da beneficiari situati ad occidente, oltre il confine delimitato dal fiume Adda, e gravitanti intorno ad Adalberto di Ivrea, il cui legame con Berengaria I fu caratterizzato da un sistema di fragili alleanze69.

AI prima gruppo apparteneva innanzitutto Bertilla, prima moglie di Berengaria I, figlia di Suppa, uno dei pili influenti conti del nord Italia durante la seconda meta del IX secolo, fratello dell'imperatrice Angelber­ga, moglie di Ludovico II. Bertilla svolse nel prima periodo di regno di Berengaria I (in particolare negli anni 901-905) un ruolo centrale come mediatrice ('petitioner') per controbilanciare la crescente potenza del re provenzale Ludovico III il Cieco, al quale era legata da vincoli di parente­la, essendo egli nipote di Angelberga e di Ludovico II70. Nei documenti emerge l'importanza che Bertilla svolse alla corte: la regina era definita non solo coniunx, rna anche consors, un'espressione chela cancelleria di Berengaria I mutua dalla tradizione di Ludovico II di Provenza e con la quale si voleva sottolineare la rilevanza politica che i suoi interventi di me­diazione avevano avuto nella conduzione e negli affari del regno71 . La sua

69 Questi tre gruppi di riceventi sono indicati in RoSENWEIN, The Family Politics, p. 254; EAD., Friends and Family, p. 95; EAD., Negotiating space, pp. 144-149.

7° RosENWEIN, The Family Politics, pp. 256-258; EAD., Friends and Family, pp. 95-97. 7! Sul significate politico dell'espressione consors, associate a coniunx, per la quale

si intende con il prima termine una vera compartecipazione alia organizzazione e all'inter­vento politico, si veda il contribute di C. G. MoR, "Consors regni": la regina nel din"tto pub­blico italiano dei secoli IX-X, in <<Archivio Giuridico», 135 (1948), pp. 7-32 e il piu recente P. DELOGU, "Consors regni": un problema carolingio, in «Bullettino dell'Istituto Storico Ita­liano peril Media Evo e Archivio Muratoriano», 76 (1964), pp 46-98. Per Delogu la for­mula consors regni non sottintende ancora l'esistenza di un istituto giuridico, ne per l'asso­ciato al trona, ne per la regina. A partire da Giuditta, prima moglie di Ludovico il Pio, e poi soprattutto con Angelberga, moglie di Ludovico II, il ruolo delle sovrane assunse una rilevanza politica sempre piu considerevole. L'imperatrice Angelberga campi atti di sovra­nita in vece o in assenza del marito. D ruolo di queste regine non fu esercitato solo a palaz­zo con la consueta pratica degli intrighi, ma si realizzo tramite influenze personali, legate a rapporti di amicizia e di parentela. In riferimento specifico a Bertilla si veda RosENWEIN,

84 CRISTINA ANDENNA

influenza a corte termino definitivamente nel 915, quando fu accusata di adulterio e avvelenata, poiche Berengaria I aspirava a divenire imperatore e a sposate la principessa bizantina Anna.

A1 suo posto un'altra donna svolse un ruolo chiave nella politica del­le donazioni di Berengaria I, la figlia Berta, badessa del monastero di San­ta Giulia/San Salvatore di Brescia. La sua posizione le permise di essere oltre che intermediaria, anche soggetto diretto delle concessioni del pa­dre: al monastero furono infatti negli anni 915-917 destinati tre importan­ti privilegi relativi alia edificazione di strutture difensive. Nel 915 il redo­nava al monastero una strada pubblica presso il castella Sendali, in pagus et /undo Temoline in territorio bresciano, con liberta di innalzare mura di fortificazione e di scavare un fossato72 . Nel 916 era concesso a Berta di edificare un «castellum omni oportunitate et necessitate munitum» presso il porto Sclavaria sulla riva del fiume Ticino, sito nelle proprieta del mo­nastero bresciano73 . Nel 917 infine Berengaria I confermava, per istanza del marchese Olderico, a Berta il monastero di San Sisto di Piacenza, fan­data dall'imperatrice Angelberga, con tutte le sue pertinenze74. L'impor­tanza di Berta e legata anche al ruolo che essa svolse come anello di con­giunzione con il secondo gruppo dei destinatari dei privilegi di Berenga­ria I. Per il monastero bresciano infatti una figura centrale fu anche il conte Grimaldo, uno dei fideles della corte di Verona. Non solo le sue due figlie Rotperta e Regimberga erano entrate in Santa Giulia come mo­nache, rna al tempo stesso i membri della sua famiglia erano menzionati nellibro commemoriale del cenobio, a testimonianza di una rilevanza non solamente religiosa, rna anche sociale entro le mura monastiche75 .

Il secondo gruppo di destinatari ruotava, come si e detto, intorno a Verona, la miglior citta fortificata del nord Italia, e a personaggi collegati con il sovrano da legami di parentela reale e metaforica. Figura centrale fu il/idelis Grimaldo, che dal 905 faceva sicuramente parte dell' entoura­ge del re e era definito «illustris vir ac devotus fidelis»; egli era legato a Berengaria anche tramite, come si e detto, il monastero bresciano di

The Family Politics, p. 257, n. 44, dove la studiosa riporta un elenco di documenti nei qua­li la regina intervenne come mediatrice, specificando in quali di questi atti il suo nome e accompagnato solo dalla formula coniunx.

72 I diplomi di Berengaria I (d'ora in poi abbreviato D Ber), a cura di L. ScHIAPPA-

RELLI, Roma 1903 (Ponti per la storia d'Italia, 35), pp. 253-254, diploma 96. 73 D Ber 110, pp. 281-283. 74 D Ber 115, pp. 296-299. 75 RosENWEIN, The Family Politics, pp. 255-256; EAD., Friends and Family, pp. 98-99

e 101-103 e infine EAD., Negotiating space, pp. 144-146.

I CONCETTI DI IMMUNITAS E DI LIBERT AS NEI RECENTI LA VORl DI BARBARA ROSENWEIN 85

- ... ~ .. ~,76. Dallibro commemoriale di San Salvatore la Rosenwein ricava anche l'indicazione del gruppo di potentes raccolto intorno a Grimaldo, uno dei quali fu il vescovo di Padova, Sibico, destinatario nel 912 di un privilegio del sovrano, di cui non ci e nato chi furono i petitioners, indi­cati come «gloriosi marchiones dilecti fideles nostri». Nel documento erano riconfermati al vescovo tutti gli antichi diritti della chiesa padova­na, ai quali il re aggiungeva come novita il diritto di costruire castella e il divieto agli agenti pubblici di entrare nei territori per esercitare qualsiasi azione contra le case ole persone ivi residenti77 . Questa documento era seguito da un precetto, databile sicuramente prima dell'incoronazione di

I a imperatore, avvenuta nel 915, contenente la conferma di una pubblica strada non lantana dal fiume Brenta, con le terre regie col­locate lungo 1' asse stradale, i diritti di giurisdizione e tutti i diritti econo­mici ad essi connessil8.

I personaggi pili importanti di questa secondo gruppo furono Aude­, berto, diacono della chiesa di Verona, e Anselmo, conte di Verona, en­

trambi legati a Berengaria I da stretti vincoli connessi al rita battesimale, pili che familiari. Infatti Audeberto era stato compater di Anselmo, il qua­le a sua volta era compater del sovrano79. Il ruolo di compater costituiva un legame non solo spirituale, rna anche pubblico e obbligava le parti in causa a un reciproco aiuto80. Nel 905 dietro preghiera di Anselmo il re aveva concesso a Audiberto una cappella regia dedicata a San Pietro, sita nel terri to rio del comitato di Verona81 . L' anna successivo Berengaria I permetteva allo stesso diacono di Verona di edificare un castella a Noga­ra, con tutti i diritti concernenti la difesa, e inoltre con la facolta di tenervi

76 RosENWEIN, Friends and Family, pp. 98-99 e 101-103. Perle espressioni di stima e i titoli onorifici coni quali Grimaldo fu definito si veda pp. 101-102; alia n. 40, p. 101la studiosa americana elenca i documenti in cui compare Grimaldo, sia come ricevente, sia come petitioner.

77 D Ber 82, pp. 220-222. 78 D Ber 101, pp. 264-266: «terram iuris regni nostri ( ... ) et omnem iuridiciam po­

testatem( ... ) cum bannis, censibus et redditibus». 79 D Ber 88, p. 236: «Domino Anselmo gloriosissimo comiti et karissimo compatri.

Ego Audibertus diaconus ( ... ) et ( ... ) fidelissimus con pater et donator», Audeberto era compater di Anselmo. D Ber 53, pp. 151-153: Berengaria parla di Anselmo come «glorio­sissimus comes dilectusque com pater atque fidelis noster».

80 RoSENWEIN, The Family Politics, pp. 259- 262, EAD., Negotiating space, pp. 146-147. In proposito si veda B. JusSEN, Le parrainage a Ia fin du moyen age: Savoir public, at­tentes theologiques et usages sociaux, in «Annales: Economies, societe, civilisations», 47 (1992), pp. 467-502.

81 D Ber. 53, pp. 151-153.

86 CRISTINA ANDENNA

il mercato, di esigere il teloneo, la palafittura, il ripatico, le esazioni e i redditi, con i poteri coercitivi e tutto quanta era in precedenza spettante alia parte regia. Era inoltre specificato che nessun conte, visconte, sculda­scio, gastaldo, decano o rappresentante del pubblico potere avrebbe avu­to la facolta di tenere un placito entro il castella, esigere, rivendicare qual­cosa da parte del re, imporre il mansionatico o qualche altro gravame sui mercato. Tutto cio avrebbe dovuto spettare al concessionario, con la ga­ranzia che il potere pubblico non sarebbe intervenuto82 . II 31 agosto del 908 il castella era gia costruito, dal placito del 913 83 sappiamo che in quell' anna era stato dona to dal diacono Audiberto per meta al conte An­selma, con la facolta di alienarlo in qualsiasi momenta. Nel gennaio del 911 Anselmo aveva infatti ceduto tutto quanta gli apparteneva dentro e fuori il castrum de Nogaria, doe secondo la concessione fattagli dal diaco­no veronese, la meta del castella con le sue pertinenze, al monastero di Nonantola con l'impegno a pregare per lui, per la sua famiglia e peril so­vrano. In tal modo si era costituita una 'network' di alleanze politiche, so­ciali, economiche e spirituali che legavano il sovrano ad alcuni esponenti della sua corte e tramite questi al monastero di Nonantola.

Altri personaggi laid ed ecclesiastici del secondo gruppo costituiro­no i soggetti delle donazioni di Berengaria I e delle concessioni di ampi di­ritti di fortificazione, di esenzioni e di immunita. Tra essi troviamo il ve­scovo Giovanni di Cremona, anche lui di origine veronese, destinatario nel 916 di quello che Giovanni Tabacco defini «il privilegio ... pili ardito». In­fatti «nel 916 al vescovo di Cremona e alia chiesa vescovile furono conces­si in perpetua proprieta tutti i diritti spettanti al fisco nella citta e nel terri­torio circostante, per il raggio di cinque miglia, e le porte, le torri, con il divieto a ogni pubblico ufficiale ("comes, vicecomes, sculdassio, gastaldio, decanus, aut aliqua magna parvaque persona publice et imperialis aut regiae partis") di esercitare un qualsiasi atto di autorita o di giurisdizione nella citta e nel terri to rio predetto, senza 1' assenso del vescovo. Egli inoltre otteneva il riconoscimento della perpetua potesta vescovile su tutti i castel­li costruiti a protezione di pievi e corti pertinenti a quell' episcopato, con

82 D Ber. 65, pp. 176-177. Sui documento si veda anche il ben documentato studio di RossETTI, Formazione e caratteri delle signorie di castella, pp. 270-286.

83 D Ber. 88, pp. 235-239. Durante il placito, tenuto da Olderico alia presenza di Berengaria I, i rappresentanti del monastero di Nonantola fecero una pubblica ostensio dell'atto di donazione del 908 che il diacono Audeberto aveva concesso a Anselmo. ll pla­cito si concluse con il riconoscimento ai monaci, contra Gariberga proprietaria dell'altra meta del castella, della legittimita del possesso della lora quota del monastero. RossETTI,

Formazione e caratteri delle signorie di castella, p. 274.

. I CONCETTI DI IMMUNITAS E DI LIBERT AS NEI RECENT! LA VORl DI BARBARA ROSENWEIN 87

piena immunita dalpotere pubblico»84.

Infine Aimone, vescovo di Belluno, e sua sorella Risinda, badessa del monastero di Santa Maria Teodota di Pavia, che esercito insieme a Berta un'influenza di un certo rilievo a corte trail 912 e il 917, in corrisponden­za del minor ruolo esercitato da Bertilla e prima che si affermasse la per­sonalita della nuova moglie Anna85.

II terzo gruppo era formato da destinatari dislocati lungo la riva orientale del fiume Adda, in particolare a Bergamo. Questi personaggi si caratterizzano tutti per comuni interessi politici ed economici in territorio pavese. La strategia adottata da Berengaria I nei loro confronti fu quella non solo del Gift-Giving, rna anche della creazione di particolari legami di parentela con i quali il sovrano sperava di pater controllare meglio que­sti suoi fedeli. II re fu tuttavia incapace di mantenere con costoro dei lega­mi stabili di amicizia. Un esempio e dato dal marchese d'Ivrea, Adalberto, dilectus gener di Berengaria I, poiche aveva sposato nell'898 la sorella del re, Gisla. Egli era disposto a negoziare privilegi con il sovrano, rna era al­trettanto rapido nel cercare vantaggi anche altrove e contra il re.

I destinatari della muni/icientia regia non furono pertanto i «most disparate individuals», suggeriti da Giovanni Tabacco, rna secondo la Ro­senwein essi erano stati attentamente scelti. I privilegiati infatti non furo­no solo i vescovi, come appariva dai precedenti studi, rna anche altri per­sonaggi che, sia per vincoli di parentela, sia per specifiche cariche rile­vanti entro la corte, erano in stretta relazione con il sovrano. In questa processo di donazioni, una fondamentale importanza ebbero anche le donne, in particolare le badesse di alcuni grandi e ricchi monasteri, che ricevettero il permesso di costruire castelli e di edificare mura difensive86.

La politica del Gift-Giving adottata da Berengaria I era dunque fondata su elagizioni di proprieta e concessioni di immunita; queste non furono un elemento esclusivo della sua strategia, rna, come si e vista, una caratte­ristica della politica carolingia e prima ancora, come aveva sottolineato il contributo offerto da Alexander Callander Murray, anche della dinastia merovingia87 .

Barbara Rosenwein ha giustamente sottolineato che per i re carolingi l'immunita fu una questione di routine; la produzione di diplomi e di privi-

84 TABACCO, Egemonie sociali, p. 193. 85 RosENWEIN, The Family Politics, pp. 259-265; EAD., Friends and Family, pp. 101-

103 e infine EAD., Negotiating space, pp. 150-152. 86 RosENWEIN, The Family Politics, pp. 276-278. 87 CALLANDER MuRRAY, Immunity, Nobility and the Edict a/Paris, pp. 18-39.

88 CRISTINA ANDENNA

legi si collocava in una tradizione, che tramite ~ formulari _de~a ca~celleria perpetuava il prestigio e la gloria di un passato illustre. ~a1 d1plom~ traspa­riva un comportamento religioso e una benevola protezwne, da cm denva­va un clima di ordine e di tradizione in armonia con lo status quo. Questa situazione permetteva di consolidate relazioni personali, di nascondere conflitti e di stipulate accordi. Nel mondo merovingio i maggiori, e forse esclusivi destinatari di privilegi erano stati gli enti ecclesiastici e i monaste­ri; per c~storo la concessione dell'immunita era limitata al d_ivie:o: e~pre~so in termini perentori, di ingresso sui loro beni, da parte degli off1c1ah regt, e di riscossione di qualsiasi tributo o di tassa, sulle terre e sulle proprieta, de­finite anch'esse immunitates. Coni Carolingi alia immunitas si aggiunse la tuitio o protezione regia: a partite dall'anno 814 i due ~ermin~ ~urono ~:~­pre associati, ma indicavano nella sostanza la protezwne d1 1mmumta : Essi originavano aree di quiete e di pace, garantite contro l'ingresso degli officiali regi. II formulario dei documenti degli ultimi carolingi nella so­stanza sintetizzava e riprendeva le antiche formule e le obsolete clausole tramandate dalla tradizione dei primi due imperatori, come alcuni privilegi di Carlo il Calvo (840-877) testimoniano89.

La peculiarita che caratterizza i diplomi di Berengaria I risente di una stretta influenza della tradizione carolingia, derivata non solo da lega­mi di parentela, in quanto sua madre Gisela era sorella di Carlo il Calvo: ma anche dall'utilizzo di formulari provenienti da documenti precedent! relativi a concessioni di immunita e a garanzie di protezione. Inoltre Be­rengaria I fece sua la politica seguita da_i Carolingi dell~ Ch~ese utilizz~te come fortificazioni definita da Aldo Settta (murus eccleszae); il muro fum­teso sia come struttura materiale e difensiva, sia come simbolo del sovrano che, ordinando la costruzione delle fortificazioni, diveniva il difensore per eccellenza della ecclesia90. La struttura dei privilegi era tuttavia modificata per rispondere in modo pili appropriato aile necessita di un re locale, che giunse anche, a confondere i confini esistenti fra l'immunita e le

88 RosENWEIN, Cluny's Immunities in the Tenth and Eleventh Centuries, pp. 133_-159. Per l'associazione dei due termini tuitio e immunitas si veda anche J. SEMMLER, Tradi­tio und Konigsschutz. Studien zur Geschichte der koniglichen Monasteria, in «Zeitschrift der Savigny-Stiftung fiir Rechtsgeschichte, Kanonistische Abteilung», 45 (1959), pp. 1-34.

89 Rinnovo un diploma di Ludovico il Pio per il monastero di San Mauro des Pos­ses, prendendo a prestito quasi parola per parola il testa del documento precedente. Ro-SENWEIN, Negotiating space, pp. 137-138. ,

90 Sul concetto di murus ecclesiae A. SETIIA, Eglise et fortifications medievales dans l'Italie du nord, in Io., Chiese, Strade e Fortezze nell'Italia medievale, Roma 1991 (Italia Sa­cra. Studi e documenti di storia ecclesiastica, 46), pp. 47-66.

I CONCETTI DI IMMUNITAS E DI LIBERT AS NEI RECENTI LA VORl DI BARBARA ROSENWEIN 89

altre concessioni, qualificandole come un tutt'uno. Nella lettera per la ba­dessa di Santa Maria Teodote di Pavia (912), il privilegio dell'immunita ve­niva a coincidere con il castellum, in particolare con il perimetro delimita­to dalle mura di fortificazione del castello91 . Tale coincidenza tra immuni­tas e castrum era gia stata anticipata in altri documenti, anche se mai in modo cos! esplicito. Un esempio era dato dal diploma indirizzato a Fulco­nio nell' anno 900. II testo del precetto lasciava chiaramente trasparire la coincidenza fra la proibizione di ingresso da parte degli agenti regi e la de­limitazione del divieto aile mura del castellum92 . Un altro privilegio, elargi­to nel906, forse come si e detto il pili audace fra quelli concessi da Beren-

. I93 indicava in modo chiaro l'intenzione del re di far coincidere i due ele~enti, associando ad essi anche altri permessi e diritti, fra i quali il diritto di mercato, spettanti un tempo ai funzionari del potere pubblico94 .

Ma molti altri privilegi associavano il divieto di ingresso da parte dei pubblici ufficiali regi entro il perimetro delle terre circondate da mura di­fensive95. I soggetti delle donazioni di Berengaria I furono, come gia e

91 D Ber 84, pp. 225-226: «Quam etiam Risindam abbatissam et sua castella omnia­que sui monasterii predia una cum servis et ancillis, libellariis, colonis suisque commenda­ticiis sub nostrae emunitatis atque defensionis praeceptum recepimus, ut nullus dux, comes, vicecomes, sculdassio, gastaldio, decanus, aut aliqua magna parvaque persona infra castel­la ipsius monasterii mansionaticum faciat, nullusque inibi potestative ingrediens placitum custodiat, neque teloneum exquirat, aut infra ipsa castella publicas exigat functiones sed omnia sint in potestate et dominio eiusdem Risindae abbatissae suisque successoribus, amota totius publicae partis contradictione».

92 D Ber 32, pp. 96-98: «Statuentes itaque iubemus, ut nullus comes nee vicecomes neque sculdassio aut aliqua potestas in ipso castro potestative ingrediatur, neque placita celebret, nee tholoneum aut aliquod pignus inibi potestative accipiat, nee mansionaticum aut aliquam functionem inibi exigatur, sed liceat predictum Fulcoinum ... nostrum fidelem eandem cortem atque pretaxatum castrum in loco Graupello fundatam sine molestatione et diminoratione atque invasione alicuius tenere».

93 TABACCO, Egemonie sociali, p. 193. 94 Si tratta della concessione di edificazione del castrum di Nogara e del diritto di

istituire un mercato, spettanti a Audeberto, diacono della Chiesa di Verona, D Ber 65, pp. 176-178: «nullus quoque comes, vicecomes, sculdassio, gastaldio, decanus vel cuiuslibet di­gnitatis aut ordinis magna parvaque persona in eadem castro placitum custodire, aut aliud aliquid inibi ad regiam partem exigere vel vindicate, aut mansionaticas facere potestative presumat, vel de eadem mercato publice parti aliquid persolvere cogatur, sed liceat ei iure proprietario omnia possidere, remota totius potestatis inquietudine vel minoratione».

95 Si veda il privilegio destinate al vescovo di Modena Gamenolfo dell'898 [D Ber 24, p. 72-74: «sancimus etiam praetaxatae eclesiae iuxta antecessorum nostrorum decreta loca in quibus praedicta civitas constructa est, ita nostrae auctoritatis precepto stabilia ma­neant cum cancellarius, quos prisca consuetudine prefata eclesia de clericis sui ordinis scribendos suae potestatis libellos et fiotecarios habeat. Vias quoque, pontes, portas, et

90 CRISTINA ANDENNA

stato sottolineato, tutti personaggi legati al sovrano da vincoli familiari, rna anche da alleanze a volte forti, a volte deboli. Le concessioni avevano lo spedfico obiettivo di costituire intorno al sovrano una schiera di fide­les, preoccupati di delimitate aree di potere ben protette, tramite le mura difensive e i castella, al riparo sia dalle invasioni dei pagani, sia dalle pre­potenze dei nemici politid e dei pubblid poteri. Infine alcuni destinatari dei privilegi erano personaggi poco interessati a mantenere con il sovrano delle relazioni di dipendenza stabile, come invece era avvenuto per il gruppo raccolto intorno alia corte di Verona. Essi gravitavano su Pavia, che nella prima meta del X secolo era un centro politicamente e econo­micamente vivace. La dtta era la capitale e ospitava, come ha ben deli­neato il Vaccari e pili di recente il Settia, molte dipendenze dei vescovi di Milano, Lodi, Cremona, Bergamo, Tortona, Novara, Genova, Piacenza, Reggio e delle celle monastiche di Sant' Ambrogio di Milano, di Bobbio, di Santa Giulia di Brescia e di Nonantola96. Nel ricco mercato pavese lai­d ed ecclesiastici si contendevano il riconosdmento di diritti e privilegi, che avrebbero rappresentato una salida garanzia nei confronti degli av­versari. In questa variegato panorama il vescovo Dagiberto di Novara e altri esponenti dei ceti emergenti dttadini, se in un prima momenta ave­vano appoggiato la politica di Ludovico di Provenza, a partite dal 908 avevano concentrato la lora attenzione su Berengaria I. In particolare uno dei suoi fideles, Leone, fu il destinatario di concessioni regie di una certa importanza, valide per determinate il nuovo valore del concetto di immunita.

Leone era iudex domni regis e al tempo stesso anche vicedominus della Chiesa di Novara. Le due cariche riunivano in un'unica persona sia interessi del regno, sia pili propriamente anche questioni ecclesiastiche. n vicedominus era infatti il responsabile dell' amministrazione delle pro­prieta della chiesa. Il19 luglio del 911 Leone, a capo di un gruppo di 29

quicquid antiquo iure eidem civitati a procuratoribus rei publicae persolvebatur, id est ubicumque vias, portas, pontes in sua terra habuerit, nostra vicepars praetaxatae eclesiae liberam capiendi debitum ex eis censum habeat potestatem, et liceat ei fossata cavare mo­lendina construere, portas erigere, et super unum miliarium in circuitu eclesiae civitatt:s cir­c~mquaque firJ_Uare ad salvandam et muniendam ipsam sanctam ecclesiam suamque con­stltutam canomcam, et aquam aperire et claudere absque ulla publica contradictione, ut sub nostrae tuitionis defensione idem presul cum suis omnibus permanens pro nobis om­nipotentem Deum valeat exorare».

96 V. CARRARA, Reti monastiche nell'Italia padana: le chiese di San Silvestro di Nonan­tolatra Pavia, Piacenza e Cremona, secc. IX-XIII, Modena 1998 (Biblioteca della Deputa­zione di Storia Patria perle antiche province modenesi. Nuova Serie, 154).

. I CONCETTI DI IMMUNITAS E DI LIBERT AS NEI RECENTI LA VORl DI BARBARA ROSENWEIN 91

piccoli proprietari terrieri di alcuni villaggi attorno a Novara, otteneva per se e per i suoi protetti il permesso di pater edificare dei castelli sulle lora proprieta, con la specifica intenzione di difendersi dalle incursioni degli Ungari e dei cattivi cristiani. Come e gia stato sottolineato in precedenza, Barbara Rosenwein ha giustamente notato che il permesso di edificazione di mura e di strutture difensive non e da porre in relazione solamente alia necessita di proteggersi contra le incursioni dei pagani o dei cattivi cristia­ni, cioe gli avversari politid, rna anche e soprattutto alia volonta di esclu­dere gli uffidali del regno da aree privilegiate e destinate al raggiungimen­to di scapi politici e religiosi97 . La studiosa americana ha inoltre sottoli­neato che il privilegio concesso a Leone se da una parte ricalcava le im­munita del periodo merovingio, finalizzate alia costituzione di oasi di pa­ce e di tranquillita, dall' altra aggiungeva una indiscutibile novita aile vec­chie formule: i destinatari della concessione non erano pili le istituzioni religiose, al contrario si trattava di laid, che vivevano sui territori ove sa­rebbero sorte le fortificazioni. Laid, come lo stesso Leone, che ricevevano la regia de/ensio per se, per i familiari e per le proprieta, ottenute per via ereditaria e confermate dal sovrano. Nessun funzionario pubblico avreb­be potuto esigere il pagamento di dazi e tributi o esercitare diritti di giuri­sdizione su quelle terre98.

La novita contenuta nei privilegi di immunita, concessi da Berenga­ria I, non consisteva dunque nella elargizione di diritti di eccettuazione, atto che avveniva in consonanza con la tradizione della regia pietas verso le istituzioni ecclesiastiche, rna nel fatto che la garanzia di protezione era relativa aile mansiones di laid e che il destinatario era un laico con la sua famiglia. Si trattava, a parere della Rosenwein, di un privilegio originale nel quale l'enumerazione di pubblici tributi da non versare e del mun-

97 D Ber 76, pp. 208-210: «Ut nullus comes, vicecomes atque sculdassio nullusque pu­blicus [minister] vel quelibet magna parvaque persona predictos homines suorumque here­des super hoc distringere, molestare, aut aliquid exquirere quod iniustum aut contra legem videtur aliquo modo presumat, sed liceat eis in ipso castro residentibus pro mercede anime nostre quiete vivere absque publica inquietudine; ita ut nullus audeat in ipso castro eos pi­gnorare, aut violenter intrare, aut placitum inibi tenere, aut in eorum voluntate pertemptet, sed liceat eis nostro mundburdo pro mercede anime nostre quiete vivere et manere».

98 D Ber 78, pp. 212-214: «sub nostrum mundburdum ac regalem defensionem in integrum. Precipientes ergo iubemus ut nullus dux, marchio, comes, vicecomes, sculdas­sio, castaldio, decanus, aut aliqua magna parvaque persona eundem Leonem de suis rebus disvestire presumat absque legali iudicio, nemo etiam per vim in suas mansiones ingredi audeat, neque suas precarias frangere aut violare conetur. Nullus insuper eundem Leonem aut suos homines theloneum, curaturam vel palifacturam aut ripaticum vel quamlibet pu­blicam dationem dare compellat».

92 CRISTINA ANDENNA

deburdio, che caratterizzavano l'immunita, convergevano nella protezione della proprieta privata di un laico. Insomma immunita e esenzione si se­paravano definitivamente. Le mansiones di Leone e dei ventinove uomini laid che lo seguivano erano collocate all'interno del castrum, mentre il pubblico potere si fermava al di fuori delle mura. L'immunita era cosl un privilegio che, in linea teorica, si sarebbe potuto ritorcere contra la stessa autorita concedente, il sovrano. Ma non lo fu.

Berengaria I seppe infatti utilizzare le concessioni di immunita come un sistema di governo, una struttura di controllo che instaurava una stret­ta sfera di alleanze e che permetteva di bilanciare in modo equilibrato le fazioni controverse. La mutua obbligazione, che legava il donatore e i contraenti, imponeva infatti il rispetto delle clausole presenti nelle nego­ziazioni; queste condizioni non impedirono che nel 920 Pavia e il gruppo dei sostenitori di Berengaria I, gravitanti intorno agli interessi pavesi, si allontanassero dallafidelitas al sovrano. Se frail 908 e il 915 queste perso­ne avevano ottenuto con 1' appoggio di altri signori cia che desideravano, doe immunita, castelli, terre, permessi di costruzione di mura e di con­trollo di strade pubbliche, a partire dall' anna 920 essi si rivolsero di nuo­vo ad altri sovrani per ottenere elargizioni di diritti e concessioni di per­messi. La nomina di Berengaria I a imperatore aveva infatti mutato radi­calmente la prospettiva locale, che sino ad allora aveva accompagnato la sua concezione del potere. Questa passaggio da interessi esclusivamente italiani a interessi aperti in prospettiva universale, secondo le aspettative di un impero, era anche legata all'uscita di scena nel 915 della moglie Ber­tilla e alla crescente influenza esercitata dalla nuova consorte Anna, di ori­gine bizantina. La consistenza numerica dei privilegi concessi in territorio italiano diminul 'in maniera considerevole e anche i gruppi sociali legati all a famiglia degli Anscarici, i cui beni erano ubicati ad occidente dell' Ad­da, lo abbandonarono per seguire altri sovrani disposti a concedere a loro volta le immunita.

3.2. Il papato: The Making of the Sacred Ban

Un' evoluzione considerevole del concetto di immunitas si verifico in ambito ecclesiastico durante il X secolo e precisamente a Cluny. li privile­gio di immunita per l'istituzione monastica borgognona non fu attribuito all' origine: il documento di fondazione di Guglielmo, duca di Aquitania, redatto nel 91099 e indirizzato all'abate Bernone, non faceva alcuna men-

99 Non mi soffermo sui problemi relativi all'autenticita, peri quali rinvio agli studi

I CONCE1TI DI IMMUNIT AS E DI LIBERT AS NEI RECENT! LAVORI DI BARBARA ROSENWEIN 9 3

di immunita per Cluny. Guglielmo aveva previsto che i monad, vi­venti secondo la regola di san Benedetto, «ipsas res perhennis temporibus possideant, teneant, habeant at que ordinent, ita dumtaxat ut ibi venerabi­le oracionis domicilium votis ac subplicationibus fideliter frequentetur, conversatioque celestis omni desiderio et ardore intima perquiratur et ex­petatur»100. 11 duca di Aquitania inoltre sottolineava che i monad di Cluny e tutti i loro beni erano soggetti alia <<potestas et dominatio» dell' a­bate Bernone che, fino alia sua morte, ne avrebbe disposto secondo la sua capacita e il suo potere101. Alla morte di Bernone i monad avrebbero po­tuto liberamente e senza alcun impedimenta eleggere il successore102. Gli au'u"cvu Pietro e Paolo, secondo i desideri del fondatore, avrebbero dovu­to garantire ai monad la tuitio, mentre al pontefice spettava assicurare la de/ensio 103 : in tal modo il cenobio era reso autonomo da ogni autorita temporale ed ecclesiastica104. Di immunita non faceva menzione neppure il precetto regia del 927 con il quale Rodolfo II attribuiva a Cluny la li­berta da ogni controllo secolare, mentre limitava alia tuitio il ruolo del so­vrano. li re affermava infatti che il duca aveva reso Cluny «ab omni secula­ri dominatu libero» e lo aveva sottoposto alia «apostolica sedis ad tuen­dum, non ad dominandum»105.

Infine Giovanni XI nel 931 specifico meglio le disposizioni che Ro­dolfo II aveva stabilito: «sit illud monasterium cum omnibus rebus ( ... )

di H. ATsMA e J. VE.zrN, Cluny et Tours au XI' siecle. Aspects diplomatiques, paleographiques et hagiographiques, in Die Cluniazenser in ihrem politisch-sozialen Um/eld, pp. 121-132.

100 Si veda la tavola di comparazione RosENWEIN, La question de l'immunite cluni­sienne, pp. 10-12. ll testo pubblicato per intero si trova in Recueil des chartes de l'abbaye de Cluny, ed. A. BERNARD eA. BRUEL, Paris 1871-1878 (Collection des documents inedits sur l'histoire de France), I, pp. 124-128, n. 112.

101 Ibidem: «Sint que ipsi monachi cum omnibus prescriptis rebus sub potestate et dominatione Bernonis abbatis, qui quandiu vixerit secundum suum scire et posse eis regu­lariter presideat».

102 Ibidem: «secundum placitum Dei adque regulam Sancti Benedicti promulgatam, eligere maluerint abbatem adque recto rum, ita ut nee nostra nee alicujus potestatis contra­dictione ... impediantur».

103 Ibidem: <<Per quinquennium autem Rome ad !imina apostolorum ad luminaria ipsorum concinnanda, x solidos prefati monachi persolvant; habeant tuitionem ipsorum apostolorum, atque Romani pontificis defensionem».

104 Ibidem: «ut ab hac die nee nostro, nee parentum nostrorum, nee fastibus regie rnagnitudinis, nee cujuslibet terrene potestatis jugo, subiciantur idem monachi ibi congre­gati; neque aliquis principum secularium, non comes quisquam, nee episcopus quilibet, non pontifex supradicte sedis Romanae ... invadat res ipso rum servo rum Dei, non di­strahat, non minuat, non procamiet, non beneficiet alicui».

105 Ibidem, vol. I, pp. 281-282, n. 285 (i corsivi sono miei).

94 CRISTINA ANDENNA

liberum a dominatu cuiuscumque regis aut episcopi sive comitis aut cuiusli­bet ex propinquis ipsius Uuillelmi». Pili avanti nel testo Giovanni XI ag­giungeva che «immunitatem vero ita vobis concedimus, sicut locis sanctis ubique reverentia debetur, ut nullus vestra mancipia aut res quaslibet sine vestro consultu distringere aut invadere ullo modo presumat»106• In que­sta documento, prodotto dalla cancelleria pontificia e destinato al mona­stem duniacense, per la prima volta il pontefice concedeva un privilegio di immunita, anche se era specificato che si trattava di quella immunita prevista per i luoghi santi. II pontefice ribadiva anche la liberta dalle interferenze di sovrani, vescovi, conti e dei membri della famiglia del fondatore.

Barbara Rosenwein si e domandata quale significato avessero potuto avere i termini liberta e immunita in riferimento al monastero borgognone e per rispondere al suo quesito ha analizzato la storiografia che in passato

. . d J F . L . . 107 si era interessata alia questwne, a partlre a ean- rans;ms emangmer . Lo studioso aveva affermato che le precoci liberta, concesse dai papi ai monasteri e agli enti ecdesiastici durante il periodo di pontificato di Gre­gorio Magno e dei suoi successori, si erano totalmente dissolte durante il regno carolingio, quando il potere di controllo dei sovrani, si era espresso in una direzione accentratrice108• La crisi politica, che aveva caratterizzato il IX e X secolo, permise al papato di riprendere la consuetudine di elar­gire privilegi, anche se questi non attribuivano ancora agli enti ecdesiasti­ci richiedenti la completa esenzione; per Lemarignier infatti prima della fine del secolo X nessun monastero pote goderne109.

Solamente tra il 991 e il 999 in Francia si crearono le condizioni perche rinascesse l'idea di esenzione. Alia base dell'argomentazione di Lemargnier enino sottesi due punti nodali: in primo luogo la convinzione che 1' anarchia politica del secolo IX e X fosse stata la causa della rinascita

106 Papsturkunden 896-1046, a cura di H. ZIMMERMANN, Wien 1984 (Osterreichische Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-Historische Klasse Denkschriften, 174), I vol. (896-996), pp. 107-108, n. 64 (i corsivi sono miei).

107 RosENWEIN, La question de l'immunite, p. 1_; J.-F. LEMARIGNIER, L'exemption mo­nastique et les origines de !a re/orme gregorienne, in A Cluny. Congres scientz/ique. Fetes et ceremonies liturgiques en l'honneur des Saints Abbes Odon et Odilon (9-11 juillet 1949), Dijon 1950, pp. 288-340.

lOB RosENWEIN, La question de l'immunite, p. 1 e EAD., Negotiating space, pp. 163-168. 109 Lemarignier si rifaceva al caso del monastero di Vezelay, che nell'860 aveva rice­

vuto un privilegio pontificio, rna si trattava a parere dello studioso francese solamente di un documento in cui <de diocesain conserve explicitement le pouvoir d'ordre, implicite­ment la juridiction spirituelle», traggo la citazione da RosENWEIN, La question de l'immu­nite, p. 1.

I CONCETTI DI IMMUNITAS E DI LIBERT AS NEI RECENT! LA VORl DI BARBARA ROSENWEIN 95

dei privilegi pontifici; infine l'idea che il monachesimo riformato fosse wtto qualificabile come "duniacense". Quest'ultima constatazione era stata respinta in modo critico e convincente da dom Kassius Hallinger110.

Herbert J. Cowdrey111, inoltre, aveva mostrato, osservando i cehobi fran­cesi sorti nel X secolo e contemporanei di Cluny, come il monastero aile sue origini non rappresentasse nulla di nuovo: la carta di fondazione di Vezelay, ad esempio, conteneva le stesse premesse di partenza che aveva­no caratterizzato il cenobio cluniacense. La proprieta del monastero in­fatti era posta sotto la protezione di San Pietro, la protezione alia sede apostolica, mentre all'ente era garantita l'immunita temporale dalla in­fluenza delle potenze esterne. Insomma era possibile affermare la coinci­denza di intenzioni che era alia base della fondazione dei due monasteri francesi.

Sulla linea tracciata da Lemarignier si posero in seguito altri studio­si, come Joachim Wollasch112, Constance B. Bouchard113 e Dominique Io-

, gna-Prat114, che cercarono coni loro studi di collocate Cluny e la sua no­

vita nel contesto del X secolo. Giles Constable durante un convegno, svoltosi a Spoleto nel1990, ha compiutoun bilancio storiografico e sug­gerito di avvicinarsi a Cluny considerandolo un monastero del X secolo e non il prodromo della riforma gregoriana. Era pertanto necessaria abban­donare la convinzione che i principi che avevano ispirato le origini del monastero potessero essere gli stessi che avevano caratterizzato la Cluny del secolo XI115. Le premesse duniacensi presentavano infatti elementi di continuita e di identita con gli altri cenobi del secolo X quali Deol, Sarlat, Romainmotier, rna la grande svolta per Cluny, era stata favorita dalla crisi del potere regio. In questa senso importanti furono il concilio d'Ansa del

110 K. RALLINGER, Gorze-Kluny: Studien zu den monastischen Lebens/ormen und Ge­gemiitzen im Hochmittelalter, Roma 1950.

111 H. J. COWDREY, The Cluniacs and the Gregorian Reform, Oxford 1970. 112 J. WOLLASCH, Konigtum, Adel und Klaster im Berry wiihrend des Jahrhunderts, in

Neue Forschungen iiber Cluny und die Cluniacenser, ed. G. TELLENBACH, Freiburg im B. 1959, pp. 17-166.

113 C. B. BoucHARD, Merovingian, Carolingian and Cluniac monasticism: Reform and Renewal in Burgundy, in <<Journal of Ecclesiastical History>>, 41 (1990), pp. 365-387.

114 D. loGNA-PRAT, Agni Immaculati. Recherches sur les sources hagiographiques relati­ves d saint Mai'eul de Cluny (954-994), Paris 1988 e ID., La geste des origines dans l'historio­graphie clunisienne des XJe et XII" siecles, in «Revue Benedictine», 102 (1992), pp. 135-191.

115 G. CoNSTABLE, Cluny in the monastic World of the Tenth Century, in Il secolo di ferro: Mito e realtii del secolo X (Spoleto, 19-25 aprile 1990), Spoleto 1991 (Settimane di Studio del Centro italiano di studi sull'Alto Medioevo, 38), pp. 391-448; RoSENWEIN, La question de l'immunite, p. 2.

96 CRISTINA ANDENNA

993-994 e il privilegio di completa esenzione ecclesiastica concesso da Gregorio V nel998116.

Per Barbara Rosenwein chiarire la questione dell'immunita permet­te, se non di risolvere, almena di illuminate i problemi aperti. In prima luogo la studios a americana parte dall' affermazione che Cluny non fu af­fatto un monastero ordinaria, rna seppe ben conciliate tradizione e novita. L' atto di fondazione del conte Guglielmo possedeva delle indiscutibili dif­ferenze rispetto a quello concesso al monastero di Vezelay nell'860, dove il fondatore, il papa e il re continuavano ad esercitare poteri di control­lo117. Per Cluny invece l'atto di fondazione garantiva l'ente dal controllo di una autorita esterna, a cominciare dallo stesso fondatore. La proprieta di Cluny era infatti considerata una «memoria» degli apostoli Pietro e Paolo, «terra di san Pietro»118. I due apostoli avevano la dominatio sui be­ni e sui /ratres119. Ai monad spettava esclusivamente il com pi to di gestire e amministrare questi beni («possideant, teneant, habeant atque ordi­nent»)120. Gli atti delle altre fondazioni quali Deal, Sarlat, Romainmotier

116 Papsturkunden 896-1046, II (996-1046), pp. 682-686, n. 351: «Haec omnia su­pradicta loca et monasteria ... ipsi loco Cluniensi tibique et tuis successoribus per huius nostri privilegii auctoritatem tenenda et possidenda concedimus in perpetuum, ita ut nul­Ius dux atque episcopus neque aliquis princeps neque quelibet magna parvaque persona de prefatis omnibus rebus et decimis, que inibi pertinere videntur, audeat molestare vel inquietare. Neenan sub divini iudicii promulgatione et confirmatione et anathematis inter­dictione corroborantes decernimus, ut nullus episcopus seu quelibet sacerdotum in eadem venerabili cenobio pro aliqua ordinatione sive consecratione aecclesie presbiterorum vel diaconorum missarumque caelebratione, nisi ab abbate eiusdem loci invitatus fuerit, veni­re ad agendum presumat, sed liceat monachis ipsius loci cuiuscumque voluerint ordinis gradum suscipere,·pbicumque tibi tuisque successoribus placuerit. Abbates namque, qui consecrandi erunt, de ipsa congregatione cum consilio fratrum communiter eligantur, et ad eum consecrandum, quemcumque voluerint, episcopum advocent. Quascunque vero tetras nunc tenes et quas tu tuique successores adquirere potueritis in perpetuum possi­dendas concedimus vobis».

117 Monumenta Vizeliacensia. Textes relati/s a l'histoire de l'Abbaye de Vezelay, ed. parR. B. C. HuYGENS, Turnholti 1976 (Corpus Christianorum. Continuatio Mediaevalis, 42), pp. 243-248: «Tatum ergo ex integra quicquid in sopranominatis villis vel agris acqui­sivimus et aquirere potuimus, sacratissimis locis et monasteriis coadunavimus et unanimi­tati atque utilitati eorum qui ibi deo servierint in perpetuo conexuimus, tantum nobis dum man emus in vita carnis, usu /ructuario reservato, tuition em quoque atque defensionem pre­dictorum monasteriorum sub nostra cura habentes».

118 RosENWEIN, La question de l'immunite, pp. 5-6. 119 Tavola di comparazione in RosENWEIN, La question de l'immunite, pp. 10-12:

«res iuris mei sanctis apostolis Petro videlicet et Paulo de propria trado dominatione, Clu­gniacum scilicet villam, cum cortile ... »;rna anche Recueil des chartes, pp. 124-128, n. 112.

120 RosENWEIN, La question de l'immunite, p. 11.

I coNCETTI DI IMMUNITAS E DI UBERTAS NEI RECENT! LA VORl DI BARBARA ROSENWEIN 97

simili a quello di Cluny, poiche vi si ispiravano121.

Collocate Cluny nel suo tempo per Barbara Rosenwein significava an­prospettiva questa non ancora considerata dalla ricerca storica, occu­. della relazione specifica che 1' atto di fondazione instaurava tra Cluny e

uv.•n~-u~~ Sergio III: il papa, insieme a Pietro e Paolo, era tutor et defensor inviolabilita del monastero e di col oro che vi risiedevano122. ll documento inviato dal pontefice Giovanni XI nel 931 enunciava

modo inequivocabile questa relazione fra Roma e Cluny: il monastero subiectum all' autoritii pap ale ed era concesso ad regendum all' abate

u··~._.~,.·-· n papa esercitava invece la tuitio: «predictum cenobium sanctae sedi ad tuendum atque /oven dum pertineat»123 . La liberta da

dominatu estraneo, come si e gia detto, impediva inoltre che te, VeSCO­conti e membri della famiglia stessa del fondatore potessero

~,n,_.~ .. t~·r1· 124. Nella parte finale della lettera il pontefice attribuiva al mo­l'immunitas che, come abbiamo gia chiarito, era un privilegio

regia. La lettera papale del 931 era per Cluny il prima ri­cotlosclnnetuo di immunita, rna si trattava anche della prima immunita da­ta dal papato. Essa non era equiparabile allo stesso genere di privilegi

· · dal sovrano, rna era stata elaborata con il preciso scopo di ricor­. Mentre le concessioni regie erano finalizzate alia costituzione di

aree protette dall'ingerenza di pubblici ufficiali, garantite dalla tuitio, il pontefice attribuiva al cenobio cluniacense solo una generale inviolabilitii delle proprietii e dei beni. A questa dichiarazione seguiva anche nel privi­legio papale, similmente a quanta avveniva in quelli regi, la promessa di una protezione speciale da parte del pontefice (tuitio). A parere della stu­diosa americana il precetto aveva data solo un nuovo nome a una pratica piuttosto tradizionale nella cancelleria pontificia 125; il termine immunitas si innestava in una tradizione antica di proibizioni contra gli abusi e le in­trusioni entro la proprieta monastica, che meritava il rispetto di un locus

121 RosENWEIN, Association through Exemption, pp. 68-87. 122 RosENWEIN, La question de l'immunite, p. 12: «[Petrus, Paulus, pontifex] ... siti­

sque tutores ac defensores jam dicti loci Clugniaci et servorum Dei ibi commanencium». Stretti legami collegavano il principe Alberico II, il partito romano e 1' abate Odone di Cluny. L'abate cluniacense aveva favorito il principe di Roma durante il conflitto che lo opponeva a Ugo di Provenza; RosENWEIN, La question de l'immunite, pp. 4-5.

123 Papsturkunden 896-1046, I vol. (896-996), pp. 107-108, n. 64 (i corsivi sono miei).

124 Ibidem. 125 RosENWEIN, Cluny's Immunities, p. 137, indica alcuni esempi di altri privilegi

pontifici nei quali comparivano simili clausole di protezione e inviolabilita delle proprieta.

98 CRISTINA ANDENNA

sanctus. Il documento del 931 inoltre disegnava una predsa immagine territorio occupato dalle proprieta inviolabili del monastero di Cluny, estese non solo al cenobio, rna anche aile chiese e cappelle possedute in luoghi diversi a pochi chilometri dall'abbazia126. Un'evoluzione nella deli­mitazione dei confini del territorio cluniacense si ebbe infine nel1080 con le disposizioni prescritte dal Cardinale Pietro, legato di Gregorio VII127 .

Prima di analizzare il documento del Cardinale Pietro e tuttavia a mio parere fondamentale, per comprendere 1' evoluzione del concetto di immunitas come proprieta inviolabile di un locus sanctus, soffermarsi su altri due documenti redatti alia fine del secolo X. Il prima documento ri­guarda il Memorandum, contenente i canoni stabiliti nel concilio di Ansa negli anni 993-994, o meglio quanto i monad erano interessati a conserva­re delle disposizioni del sinodo. Nel documento non si parla di immunitas, rna si comprende cosa fosse illocus Cluniensis sanctissimus. Le disposizioni prevedevano 1' assoluta proibizione di in/ringere, violare la chiesa e la potestas sancti loci, doe i beni fondiari appartenenti al mona­stem e la fortezza di Lourdon e di au/erre le dedme. Cluny avrebbe avuto altresl il monopolio sulle strutture regionali di difesa, in quanto nessunju­dex publicus o conte, avrebbe avuto diritto di edificare una piazzaforte nel territorio di Cluny. Da questo testo si comprende il significato di locus sanctus: non si trattava per il monastero borgognone di un processo di consolidamento delle strutture di difesa in vista dell' eserdzio di una ege­monia territoriale di stampo signorile, come parte della storiografia clu­niacense sostiene, rna Cluny e le sue proprieta erano invece considerate come una cosa sacra, degna di venerazione, perche «terra» di San Pietro. Infatti il cenobio, la proprieta terriera e i suoi monad (agni immaculati) erano stati coiisiderati sino alia fine del secolo X come inviolabili e degni di una venerazione destinata a un luogo santo. Per questa motivo si spie­ga come sino al 998 ad esempio Cluny non ebbe mai necessita di farsi at­tribuire un privilegio di vera esenzione dai poteri dell' ordinaria diocesa­no. Solo nell'ultimo ventennio del secolo X (980-990) i monad furono im­pegnati in un processo di consolidamento e fortificazione a scopo difensi­vo, rna illoro intervento in questa senso fu indirizzato non alia creazione di una egemonia territoriale, rna piuttosto allo sviluppo di una concezione binaria della terra: <d' espace sa ere de 1' eglise et de ses biens separe de

126 RosENWEIN, Cluny's Immunities, p. 139, Immagine 1. 127 La Carta Petri Albanensis Episcopi ... de Immunitate Cluniaci e conservata in stile

narrativo nel Cartolario C, una compilazione del secolo XII redatta dagli stessi monaci di Cluny.

i CONCETTI DI IMMUNITA5 E DI LIBERT AS NEI RECENT! LAVORI DI BARBARA ROSENWEIN 99

exterieur, peuple par de potentiels voleurs et envahisseurs»128.

passo ulteriore fu il privilegio di esenzione concesso da Gregorio V 998, con il quale si impediva a qualsiasi vescovo di intervenire nello · sacro129.

Infine nel1080 il cardinale Pietro era stato inviato a Cluny dal pan­Gregorio VII, per rispondere aile solledtazioni dell'abate Ugo, che

le intrusioni e gli abusi entro la proprieta cluniacense da parte vescovo di Macon e dell' arcivescovo di Lion e. Il territorio indica to da

descriveva una limitata entita geografica, una sorta di cerchio irre­entro la quale era definita la proprieta inviolabile di Cluny130. I mi­

dei vicini castelli e coloro che vivevano entro la villa, erano avvertiti non violate l'immunita, pena la minaccia di anatema. Nella narratio, ri­

dal cardinale, Cluny era dipinta come un'isola di preghiera (locus ) drcondata da nemid che erano collocati ai confini131 .

Il concetto di immunitas elaborato dal cardinale Pietro non duro a una nuova concezione di immunita si venne affermando alia fine

secolo XI. Nel 1095 Urbano II si trovava a Cluny in occasione della acrazione della nuova chiesa. Egli consacro (sacravit) due altari e altri

· che con lui stavano concelebrando (sacrarunt) un terzo altare. tenne anche un sermone indirizzato al popolo durante il quale ricordo

che il fondatore, il 'pio' Guglielmo di Aquitania, aveva concesso la cura e protezione del monastero al papa. Egli, che era stato monaco e priore

cluniacense sotto l'abbaziato di Ugo, voleva cercare di essere utile al mo­nastero: la consacrazione degli altari si collocava in questa prospettiva.

128 RosENWEIN, La question de l'immunite, pp. 6-7. 129 Papsturkunden 896-1046, II vol. (996-1046), pp. 682-686: «ut nullus episcopus

seu quilibet sacerdotum in eodem venerabili coenobio pro aliqua ordinatione sive conse­cratione aecclesie, presbiterorum vel diaconorum missarumque caelebratione, nisi abbate eiusdem loci invitatus fuerit,· venire ad agendum presumat, sed liceat mona chis ipsius loci cuiuscumque voluerint ordinis gradum suscipere, ubicumque tibi tuisque successoribus placuerit».

130 L'autrice americana ridisegna in Negotiating space, figura 5 a p. 178 i confini della proprieta inviolabile di Cluny: una sorta di circolo di circa tre chilometri di diametro attorno al monastero. Si tratta di una revisione rispetto al quadrato irregolare che ella ave­va delineato in RosENWEIN, Cluny's Immunities, p. 140-141, Immagine 2. La revisione e stata suggerita all'autrice dai convincenti studi effettuati daD. MEHU, Paix et commu­nautes autour de l'abbaye de Cluny (Xe-xve siecles), Ph. D. diss. Universite de Lyon II, 6 maggio 1999.

131 ll testa della Carta Petri Albanensis Episcopi ... de Immunitate Cluniaci e edito in H.E.J. COWDREY, Cardinal Peter of Albano's Legatine Journey to Cluny (1080), in <<Journal of Theological Studies», 24 (1973 ), pp. 481-491.

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A questo atto Urbano II aggiungeva una delimitazione chiara dei confini dell' immunitas: «quosdam certos limites immunitatis ac securitatis circum circa undique». Entro i confini, che egli stesso aveva descritto, nessuno, qualunque autorita egli avesse ricoperto, o qualunque fosse il potere da lui esercitato, avrebbe osato violate in alcun modo la sacra aucthoritas. Prose­guendo nel testo il pontefice enunciava in senso orario i confini che costi­tuivano il 'sacro banno'132. Con questo atto il pontefice aveva portato a compimento do che era stato promesso nella carta di fondazione redatta dal conte Guglielmo: il sacro banno di Cluny, la cui tutela non era stata af­fidata a un patrono, a un avvocato, al re o a un principe, rna direttamente a Dio, a Pietro e al suo vicario sulla terra, il pontefice. Barbara Rosenwein giunge a concludere, sulla scorta della definizione del concetto di immu­nita suggerita da Alain Guerreau, che Cluny aveva elaborato una nuova nozione di immunitas tesa a confondere la proprieta terrena con lo spazio reale del cielo133 .

132 RosENWEIN, Cluny's Immunities, pp. 142-145. Si veda anche la riproduzione del sacra banno cluniacense e le differenze nelle due rappresentazioni proposte da Duby e dalla Rosenwein.

133 RosENWEIN, La question de l'immunite, p. 7.

I CARATTERI COSTITUTIVI