Il serpente nei portali aquilani

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LA VIA DEGLI ABRUZZI

E LE ARTI NEL MEDIOEVO

(secc. XIII-XV)

a cura di

Cristiana Pasqualetti

Presentazione di

Valentino Pace

Con una nota di

Francesco Sabatini

In copertina:Maestro di Campo di Giove,

I messi di Traiano conducono Eustachio dall’imperatore (1380 circa).

© Collezione privata, Milano - vietata la riproduzione

ISBN 9788889568392

Volume stampato con il contributo del

DIPARTIMENTO DI SCIENZE UMANE - UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’AQUILA

con il sostegno di

FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO PROVINCIA DELL’AQUILA

e con il patrocinio della

DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA NEGLI ABRUZZI

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A partire dalla metà del Trecento, anzi a voler essere precisi dal 1349 quando una donazione allo scoposegnala l’intenzione di realizzare la facciata della chiesa di Santa Giusta,1 si afferma a L’Aquila un tipodi portale che occorre definire caratteristicamente locale. In termini generali esso è composto da unastrombatura abbastanza marcata, accompagnata da una serie di sottili colonnine che reggono dei capitellia fascia continua, al di là dei quali si sviluppano le ghiere dell’archivolto, rigorosamente a tutto sesto eposte in stretta rispondenza con le forme e gli andamenti delle scansioni sottostanti. Sul piano del decoro,al di là dei capitelli e dell’ornato del-l’abaco che prosegue, come una sorta dimargine continuo, lungo il limite superioredell’architrave, per il resto radicalmenteliscio, l’unica presenza è fornita dalla cor-nice esterna dell’archivolto, arricchita daun ornato vegetale che ricade sopra duecolonne addossate alla parete e collocatea una certa distanza rispetto all’attaccodella strombatura, in modo tale da creareuno stacco che si riflette anche sull’anda-mento dell’archivolto. A questa regolacompositiva si adeguano in successioneanche i portali delle chiese di San Marco edi San Silvestro,2 accomunati, oltre chedalla forma complessiva, da una caratteri-stica significativa. In tutti e tre i casi nonvi è traccia nell’ornato di aspetti figuratiche contribuiscano a superarne la dimen-sione strettamente vegetale, se si eccettuail leoncino posto all’attacco a destra dellacorona di grandi foglie di acanto che scan-discono il percorso della ghiera esternanell’archivolto del portale di Santa Giusta.

A questa tradizione si rifà anche il por-tale laterale di Santa Maria di Collemag-gio (fig. 1), la cosiddetta Porta Santa, sia

FRANCESCO GANDOLFO

IL SERPENTENEI PORTALI AQUILANI

1. Cfr. GAVINI 1980, II, pp. 287-291; MORETTI 1971a, pp. 652-657; ANTONINI 1988-1993, I, pp. 74-76; ANTONINI 2004, pp.136-137.2. Cfr. GAVINI 1980, II, pp. 291-294; MORETTI 1971a, pp. 690-705; ANTONINI 1988-1993, I, pp. 243-268; ANTONINI 2004, pp.210-217.

1. L’Aquila, Santa Maria di Collemaggio, Porta Santa (finesec. XIV - inizi XV).

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pure con alcune varianti dettate dalla abolizione delle colonne esterne e da un allentamento nella scan-sione interna della strombatura che vede le colonnine separate da porzioni più marcate di muratura liscia.Malgrado questo, la stesura degli elementi decorativi non muta rispetto alla logica dettata da quei portali.Di recente è stata notata la inaffidabilità della notizia secondo cui nel 1397 sarebbe stato commissionatol’affresco contenuto nella lunetta, una indicazione che da sempre è stata utilizzata come ante quem perl’esecuzione del portale.3 Ciò non toglie che, per le ragioni dettate dalla forma architettonica e dalla qua-lità dell’ornato, la sua esecuzione non dovette comunque avvenire a grande distanza di tempo da quella

2. L’Aquila, SantaMaria di Collemaggio,Porta Santa (fine sec. XIV - iniziXV), particolaredell’archivolto.

3. GAMBI - PETRONGOLO 2011, pp. 65-66.

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data, forse nei primi anni del Quattrocento, visti i legami che è possibile rintracciare tra le sue ragionidecorative e quelle del portale laterale destro della facciata la cui esecuzione dovette essere avviata nelterzo decennio del secolo.4 Rispetto ai testi di pieno Trecento le maggiori varianti sono date dall’utilizzo,nella cornice esterna dell’archivolto, di un ricco e movimentato tralcio che prende il posto delle fogliedi acanto e soprattutto dalla comparsa al suo interno di elementi figurati.

Più che dai leoni che si dispongono ai due estremi e che servono a dare avvio al percorso del tralcio,afferrandone il tronco con le fauci mentre con gli artigli tengono strette due prede, una pecora quello sullasinistra e un piccolo drago l’altro, gli aspetti figurati sono forniti da una vera e propria scena (fig. 2) chesi sviluppa a mezza altezza, nella porzione ascendente della curva sulla destra, e che viene rappresentatacon grande vivacità. Dalla bocca spalancata di un volto maschile, barbato e con gli occhi vistosamentesegnati con il piombo, è uscita una serpe che si è avventata contro un nido che accoglie tre piccoli uccelli.Un uccello, verosimilmente la madre, si è precipitato ad afferrare con il becco il rettile, in modo da al-lontanare il pericolo, mentre più in basso un secondo uccello, forse il padre, ignaro del fatto, si attardaa beccare una bacca, colto in una posa decisamente acrobatica, mentre si appoggia con una zampa altralcio e si regge con l’altra alla cornice esterna. Che senso dare a tutto questo? Se l’uccello potesseessere riconosciuto come un’aquila, sarebbe facile pensare a una ben nota simbologia cristologica chela vede protagonista,5 ma in realtà non vi sono sul piano descrittivo elementi sufficienti in questo senso.Anzi ciò che si può cogliere a proposito della tipologia anatomica sembra escludere tale possibilità, vistoche entrambi gli uccelli adulti hanno il becco allungato e una struttura poco adatta a individuare un ra-pace, come del resto conferma il fatto che si nutrano di vegetali.

Altrettanto complicato è il motivo della testa umana dalla quale esce il serpente in quanto il parago-narla al tema dominante dell’Invidia giottesca degli Scrovegni,6 con la lingua trasformata in un serpenteche le esce dalla bocca e le si ritorce contro, ha decisamente poco senso e poca rispondenza con la realtàdei fatti. In questo caso si potrebbe piuttosto invocare la credenza espressa da Isidoro di Siviglia,7 ri-prendendo Pitagora e Ovidio, secondo la quale dal midollo spinale di un morto si genererebbe un ser-pente. Tuttavia nello specifico il volto non pare certo essere quello di un morto. Per poter arrivare aquesta interpretazione dovremmo inevitabilmente fare entrare in giuoco la incapacità da parte dello scul-tore di rendere le sfumature necessarie a descrivere visivamente quella condizione e di avervi supplitocon la generica rappresentazione di un volto umano. Può essere benissimo una spiegazione, tuttavia chel’uomo sia vivo o morto non cambia, in fondo, l’incertezza generata dall’interrogativo di quale sia ilsenso da dare al fatto che è dalla sua bocca che esce il serpente, al di là di quella strampalata teoria pseu-doscientifica. Che l’insieme abbia un valore moraleggiante è del tutto verosimile, tenuto conto anchedella tradizionale negatività della figura del serpente, e che l’immagine della testa umana dalla cui boccaesce il rettile abbia una valenza demoniaca è del tutto probabile, tuttavia, a fronte delle troppe incertezze,è forse meglio arrendersi e non cercare di dare un valore puntuale a ogni singola componente della scena,limitandosi a interpretarla come la rappresentazione in traslato di uno scontro tra il bene e il male cheha in sé una ovvia funzione di monito.

Semmai vale la pena di notare come quell’improvviso inserto narrativo, all’interno di una strutturain precedenza tutta ripiegata su una dimensione decorativa, abbia costituito un punto di riferimento peri portali creati in città nei decenni successivi, portando a inventare una serie di scene analoghe ma alfondo sempre diverse. Episodio immediatamente successivo nella sequenza è da considerare il portale

4. Per l’avvio dei lavori di costruzione della facciata di Santa Maria di Collemaggio dopo il 1424 della vittoria degli aquilanisu Braccio da Montone cfr. REDI 2006 c, pp. 131-132, il quale fa anche notare come l’apertura della Porta Santa avvenga inrottura della parete appartenente alla ricostruzione dell’edificio avviata dopo il terremoto del 1349.5. Cfr. WITTKOWER 1939.6. Cfr. FRUGONI 2008, pp. 334-337.7. Isidoro di Siviglia, Etymologiarum libri XX, in Patrologiae cursus completus […] Series latina, accurante J.-P. Migne,LXXXII, Parisiis, Garnier, 1859, XII, IV 48.

laterale sinistro della facciata della stessa SantaMaria di Collemaggio (fig. 3), la cui esecuzione èda collocare tra il 1424 della vittoria degli aquilanisu Braccio da Montone e il 1439 della facciata diSan Giovanni di Lucoli il cui portale riprende adevidenza le forme di quest’ultimo.8 Pur rifacendosi,nell’insieme, a ragioni compositive ormai codificatedalla tradizione locale, il portale ne esalta gli aspettidecorativi, movimentando con un andamento tortilesia le colonnine della strombatura sia le ghiere del-l’archivolto, ma soprattutto utilizzando per il decorodi quella più esterna un classicheggiante motivo acandelabra, di rigogliosa e prepotente qualità for-male. Al culmine della curva (fig. 4) compare unafigura femminile il cui corpo si trasforma progres-sivamente nell’elemento vegetale da cui si general’ornato che corre lungo la cornice dell’archivolto edi cui essa afferra con le braccia due girali. Il mo-tivo, alla sua origine, è una soluzione classica da cuiviene ripreso anche il sostanzioso plasticismo chedà tono alle sculture, come mostra bene il confrontocon un frammento di trabeazione murato all’esternodella torre dei Colonna a Roma.9 Ciò che soprattuttocolpisce è come questa inclinazione stilistica sia

messa al servizio della definizione dei caratteri femminili della figura, con una prepotente esibizionedel seno.

Malgrado che nella tradizione classica la soluzione abbia una funzione decorativa, è evidente che que-sto non è il caso del portale di Collemaggio, perché quella figura femminile non è sola. Immediatamentealla sua sinistra un giovane, completamente nudo, si sta faticosamente arrampicando lungo il tralcio neltentativo di raggiungerla. Dalla parte opposta, in una posizione esattamente speculare rispetto a quelladel giovane sta acquattata sul tralcio una scimmia. Che si tratti di una scimmia lo dicono la forma delmuso, con le orecchie tondeggianti, il naso schiacciato e le labbra tumide, ma soprattutto lo conferma ilcarattere prensile delle terminazioni degli arti posteriori, identiche a quelle degli anteriori. Dunque lascimmia e il giovane uomo lussurioso sono messi sullo stesso piano ed evidentemente la cosa non rientraa merito di quest’ultimo. Nell’insieme della scena vi è ancora un quarto protagonista: sulla destra unlungo serpente sta silenziosamente salendo lungo la candelabra, muovendosi con furtivi e complicati av-volgimenti, ed è evidente che il suo obbiettivo è il giovane uomo che sta quasi per raggiungere. Nell’in-sieme dell’ornato non compaiono altri elementi figurati ed è chiaro che quella al culmine della curva vainterpretata come una scena unitaria, simile e diversa insieme rispetto a quella della Porta Santa (fig. 2),visto che anche in questo caso uno dei ruoli principali è affidato al serpente. Malgrado scimmia e serpentesiano figure ben presenti nella cultura allegorica dei bestiari, nessuno dei loro tradizionali significati sca-turisce dalle azioni che stanno compiendo per cui la loro presenza deve essere rapportata a quello che po-tremmo chiamare il simbolismo dell’avvenimento, ossia un valore didattico che scaturisce dall’insiemedella scena più che dai singoli protagonisti. La composizione sembra piuttosto rifarsi allo spirito dei

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3. L’Aquila, Santa Maria di Collemaggio, portale si-nistro di facciata (secondo quarto del sec. XV).

8. Sulla data di avvio dei lavori di costruzione della facciata di Santa Maria di Collemaggio cfr. supra nota 4. La data del 1439è scritta al culmine della facciata di San Giovanni di Lucoli rimontata nel 1898 sull’attuale chiesa di San Francesco di Paola:cfr. GAVINI 1980, III, pp. 35-36; MORETTI 1971a, pp. 718-719; ANTONINI 1988-1993, I, pp. 287-290.9. Cfr. AMADEI 1969, p. 47.

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marges à drôleries dei manoscritti, con i quali condivide la funzione del tralcio vegetale come fattore disupporto, e non è certo un caso che la scimmia sia uno dei grandi protagonisti di quel genere di ornato.10

Proprio partendo dall’esempio dai manoscritti e dal fatto che le scene che vi sono rappresentate nonrispondono a una casistica simbolica ripetitiva e codificata, ma costruiscono di volta in volta le loro ra-gioni comunicative, si può tentare di dare un senso a ciò che è rappresentato nel portale. Che tutto ruotiintorno alla colpevole eccitazione sessuale del giovane che lo porta a non accorgersi del pericolo mortaleche sta alle sue spalle è abbastanza evidente. Più ambiguo è il ruolo della scimmia anche se è ovvio chela sua è una presenza del tutto negativa, vista la cattiva fama che la accompagna nei bestiari e nella let-teratura similare.11 Nel caso specifico il limite interpretativo è rappresentato dal dubbio se il confrontotra il giovane e la scimmia voglia rappresentare un abbassarsi del comportamento del primo al livello diquello della seconda, di cui viene spesso messa in risalto l’indole lussuriosa, o se voglia invece sottoli-neare una inclinazione imitativa da parte di quest’ultima nei confronti del giovane, in virtù del caratterelussurioso della sua azione, e quindi stigmatizzare il comportamento di quest’ultimo confrontandolo conquello di un animale che, come dice il Fisiologo latino,12 ha aspetto di demonio perché come quello hala testa ma non la coda e, per quanto sia tutto sgradevole, il suo deretano lo è ancora di più.

Del resto a definire il senso della scena interviene la pronta ripresa che ne venne fatta nel portale diSan Giovanni di Lucoli (fig. 5) rimontato nella attuale chiesa di San Francesco di Paola, insieme con ilfregio terminale della facciata il quale ha un riferimento al 1439, fornito dalla iscrizione che corre al suointerno.13 Che chi ha realizzato il portale abbia guardato a quello di sinistra della facciata di Collemaggio(fig. 3) è reso abbastanza chiaro sia dalla forma architettonica sia dalla qualità del decoro plastico. Inparticolare la cornice esterna dell’archivolto riprende la struttura a candelabra del tralcio fogliato e dun-que non c’è da stupirsi di trovare anche in questo caso solo nella zona culminante della curva una pre-senza figurata. Che la fonte di riferimento sia stata la scena di Collemaggio è reso evidente dai contenuti(fig. 6), tuttavia occorre constatare come siano intervenute delle varianti con lo scopo di togliere alla in-terpretazione dei fatti qualsiasi possibilità di equivoco. Intanto al culmine della curva la funzione di pro-vocante ingannatrice è stata assunta da una interprete tradizionale di questo ruolo, una sirenarappresentata, secondo la formula usuale, mentre con la mani afferra le terminazioni delle due code dicui è dotata.14 Il suo carattere provocatore è ribadito oltre che dai seni prominenti, come nella ambigua

4. L’Aquila,Santa Maria diCollemaggio,portale sinistrodi facciata(secondo quartodel sec. XV),particolaredell’archivolto.

10. Cfr. WIRTH 2008.11. Cfr. MASPERO - GRANATA 1999, pp. 376-381.12. Cfr. Il «Fisiologo» Latino: «versio» bis, in Bestiari medievali, a cura di L. Morini, Torino, Einaudi, 1996, XXII.13. Cfr. per questo supra nota 8.14. Cfr. LECLERCQ-MARX 1997.

donna vegetale di Collemaggio, dai lunghi capellisvolazzanti. Alle code si aggrappano due figure digiovani nudi che recitano lo stesso ruolo di quellodi Collemaggio nel senso che sono sessualmente at-tratti dalla sirena. A scanso di equivoci chi ha pro-gettato la decorazione ha ritenuto opportunoeliminare l’ambigua presenza della scimmia e sosti-tuirla con un secondo giovane. E perché tutto fossechiaro fino in fondo, ha rappresentato non uno madue serpenti, fissando la loro presenza nel momentoin cui, raggiunti i due giovani, li hanno ormai av-volti nelle loro spire e si stanno apprestando a mor-derli, decretando in questo modo la loro definitivaperdizione, una condizione che è bene sottolineatadal fatto che le due vittime non hanno reazione neiconfronti del pericolo mortale che stanno correndo,tutte prese come sono dalla loro inclinazione lussu-riosa. In questo modo la situazione di Collemaggioviene tradotta sulla falsariga di una ragione nonequivocabile.

Verosimilmente negli stessi anni una seconda ri-presa del modello fornito dal portale sinistro dellafacciata di Collemaggio fu posta in essere nella

chiesa di San Flaviano (fig. 7).15 Anche in questo caso ritorna puntuale la corrispondenza delle ragioniarchitettoniche e decorative con il modello, così come ritorna il motivo dell’ornato a candelabra nellacornice esterna dell’archivolto. Il rapporto si complica invece nella inserzione degli elementi figurati,presenti sì ma decisamente mutati (fig. 8). Al culmine della curva si dispone una figura maschile a mezzobusto con le braccia accavallate intorno ai due capi del tralcio che è da supporre si incrocino dietro allesue spalle, tanto è vero che con le loro dilatate terminazioni a tre foglie vanno a formare due elementidecorativi ai lati della testa dell’uomo. Lo accompagnano due strane creature alate, disposte ai suoi lati,secondo un andamento perpendicolare, tanto è vero che appoggiano le zampe nel punto in cui i tralci si

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15. Cfr. GAVINI 1980, III, p. 36; ANTONINI 1988-1993, I, pp. 53-61; ANTONINI 2004, pp. 144-147, che datano il portale ponendoloin relazione con quello di San Giovanni in Lucoli e dunque intorno al 1439, mentre MORETTI 1971a, pp. 720-721, pensa sitratti di un’opera della seconda metà del Trecento, ipotesi che contrasta nettamente con le ragioni formali.

5. L’Aquila, San Francesco di Paola, portale prove-niente da San Giovanni di Lucoli (1439).

6. L’Aquila,San Francescodi Paola,portaleproveniente daSan Giovannidi Lucoli(1439),particolaredell’archivolto.

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incontrano al di sotto delle ascelle, mentre volgono imusi verso l’alto, disinteressandosi della presenzadell’uomo e proponendosi piuttosto come elementi de-corativi. Tra l’altro è assai difficile stabilire la natura diquesti due esseri, visto che hanno corpi da uccello, do-minati da grandi ali, un collo allungato, una cresta vi-stosa e un muso che sembra piuttosto quello di unfelino, dato che non si intravede la presenza di un becco.Tutto sommato l’aspetto più evidente è la loro non osti-lità nei confronti dell’uomo e questo trasforma il tuttoin una ragione decorativa, in qualche modo riportandoil motivo della figura a mezzo busto alla sua origineclassica, come momento di scansione nel percorsodell’ornato vegetale.

Che anche in questo caso si sia comunque partiti dalmodello fornito dalla facciata di Collemaggio (fig. 4)lo mostra sulla destra la presenza, all’attacco della por-zione discendente della curva, di un protagonista chenon manca mai in tutte queste scene e cioè il serpente.Anche in questo caso sale verso l’alto scivolando conuna serie di contorsioni lungo la candelabra, ma non staaffatto puntando in direzione di una vittima visto checon le fauci morde la corona di foglie che segna la con-clusione di quel tratto dell’ornato. A smorzare ulteriormente qualsiasi drammaticità, subito al di là dellacorona di foglie, ai lati dell’attacco del tratto successivo della candelabra, stanno accoccolati due putti,del tutto indifferenti alla presenza del rettile. Di quello più in basso si intravedono ormai soltanto legambe accavallate e il busto, risultando il resto danneggiato, ma quello più in alto è ancora integro e sene può riconoscere la figuretta mollemente adagiata sull’elemento vegetale, con un braccio disteso adaccompagnare la forma di quest’ultimo e con l’altro avvolto intorno a un fiore. In definitiva, niente ditutto quello che viene rappresentato mostra l’intenzione di riprendere i valori simbolici presenti a Col-lemaggio, anzi sembra che di quel modello si sia voluto operare un recupero in forme squisitamente de-corative, lontane da qualsiasi intenzione didattica.

7. L’Aquila, San Flaviano, portale (secondo quartodel sec. XV).

8. L’Aquila, SanFlaviano, por-tale (secondoquarto del sec.XV), particolaredell’archivolto.

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16. Per una datazione del portale ai primi del Quattrocento si esprime GAVINI 1980, III, p. 33-35, mentre MORETTI 1971a, pp.712-714 lo ritiene la porzione più recente del monumento, da collocare ormai nell’avanzato Quattrocento, un’idea fatta propriaanche da ANTONINI 1988-1993, I, pp. 209-224, che tuttavia la rivede in ANTONINI 2004, pp. 189-198, ritornando all’ipotesi diGavini.17. Cfr. Anton L. Antinori, Annali degli Abruzzi, L’Aquila, Biblioteca Provinciale “Salvatore Tommasi”, mss., voll. I-XXIV(sec. XVIII), facsimile, Bologna, Forni, 1971-1972, XV/2, p. 613.

9. L’Aquila, San Domenico, portale di facciata(terzo quarto del sec. XV).

Esiste ancora un portale a L’Aquila implicato con quello destro della facciata di Collemaggio ed èquello della chiesa di San Domenico (fig. 9), anche se in proposito è aperta una controversia che nontrova ragioni oggettive di soluzione tra chi ritiene che preceda e chi giudica che derivi dai portali di Col-lemaggio.16 Poiché il terremoto del 1461 provocò il crollo della navata centrale e di quella destra dellachiesa,17 personalmente ritengo che sia ragionevole pensare che fu solo dopo questa data che si provvidenon solo a ricostruire il corpo longitudinale, ma anche a realizzare la decorazione della facciata dell’edi-ficio, fondato nel 1309, che forse fino a quel momento ne poteva essere mancante. Che la ripresa avvengamolto tardi lo mostra la qualità delle sculture che ormai riflettono una stagione formale che non è piùquella degli inizi del Quattrocento ai quali taluno ha voluto riferire il portale. Tra l’altro nel caso di SanDomenico, la ripresa dal portale laterale di facciata di Collemaggio avviene con maggiore libertà, alconfronto con i casi precedenti, perché il sistema della strombatura con le colonnine ricorda piuttosto laPorta Santa (fig. 1) ed è questo l’aspetto che ha aperto la strada verso l’ipotesi della datazione precoce.

Tuttavia mi sembra decisivo, in vista di una datazione tarda, il fatto che questo sia il primo portalead avere la strombatura impostata al di sopra di una sequenza di riquadri decorati con elementi vegetali

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che si rifanno alle forme di quelli simili posti, con analoga funzione, nel portale centrale di Santa Mariadi Collemaggio. Per quanto riguarda poi il gusto compositivo e la ragione formale, tutto cambia in realtàrispetto a quei possibili modelli, a partire dalle due coppie di angeli reggiscudo che compongono ildecoro frontale della membratura più esterna dei capitelli, ai quali fa seguito una esibita bravura nel rea-lizzare un tralcio a traforo popolato da uccelli, scimmie, leoni, di vistoso sapore naturalistico, e da im-magini curiose, come un nano inghiottito da un drago che ha ormai sapori da tardo Quattrocento. Lostesso discorso vale anche per le altre componenti, dalla cornice d’abaco che prosegue lungo l’architrave,ai due capitelli che lo reggono, per finire con la cornice che gira intorno all’archivolto e che, impostatasopra due draghetti che agguantano una preda, corre pomposa e imponente, dominata da un rigoglio ve-getale che avanza fitto e intricato, senza incertezze e ripensamenti, reinventando l’idea di decoro tradi-zionalmente fornita da quel tipo di portale, anche sulla scorta delle esperienze in tal senso che eranostate fatte nella cornice esterna dell’archivolto del portale centrale di Santa Maria di Collemaggio dovela rigorosa ripetitività del tralcio era stata improvvisamente trasformata nel rincorrersi dei pampini diuna rigogliosa pianta di vite, abitata da una fitta serie di putti festosamente vendemmianti.

Eppure, a fronte di tanta novità, anche in questo caso non ci si sottrae al racconto di un mondo da fa-vola. Mentre sulla sinistra, salvo la sporadica presenza di qualche animale, il tralcio è tutto vegetale,sulla destra (fig. 10), percorrendolo in salita, si vedono anzitutto due omini nudi che s’affaticano per ar-rampicarsi lungo il suo intrico. Quello più in alto, che per la posa è una riedizione dell’omino di Colle-maggio (fig. 4), è già stato agguantato per un braccio dalle fauci di un piccolo drago, mentre subito soprail solito minaccioso serpente si sta dirigendo a grandi giravolte verso di lui, lasciando stare uno smarritocerbiatto che ha avuto la ventura di trovarsi nelle sue vicinanze. La ragione vera di tanto disinteressepotrebbe anche voler sottolineare la credenza, diffusa nei bestiari, sulla capacità del cervo di stanare euccidere i serpenti.18 Più avanti ancora avanza di corsa un satiro armato di arco, ritorna dunque una figuraper una metà uomo e per l’altra metà animale. L’arma è vuota, pertanto è da intendere che egli abbia giàscagliato la freccia in direzione del piccolo uccello che gli sta davanti e che è sceso in picchiata per cat-turare un serpente, una citazione dalla scena della Porta Santa di Collemaggio (fig. 2) a fronte della qualec’è nuovamente da chiedersi se davvero a questa immagine, collocata in questo contesto, sia da attribuireil tradizionale valore di simbolo cristologico, vista la totale mancanza di una esplicita funzione salvifica.

10. L’Aquila, San Domenico,portale di facciata(terzo quarto del sec. XV), particolare dell’archivolto.

18. Cfr. Il «Fisiologo» Latino, XXX; MASPERO - GRANATA 1999, pp. 124-126.

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Più avanti ancora da sotto il tralcio fa capolino il muso di un altro animale. Infine, al culmine dell’arco,la sequenza si conclude con la raffigurazione di quella che sembra essere un’aquila ad ali patenti assaistilizzata la quale viene a prendere il posto della figura semiumana presente nei casi precedenti. Nel suoinsieme l’ornato appare come la rivisitazione di tutte le diverse situazioni sperimentate a L’Aquila nel-l’arco della prima metà del Quattrocento, con la voluta trasposizione dei loro contenuti in una dimensionedecorativa che li recupera all’interno della tradizionale ragione compositiva del tipo abitato del tralcioe ne stempera la drammaticità simbolica in una dimensione di bucolico primitivismo, sulla linea di quantoera già stato avviato a San Flaviano.

Vista nel suo insieme la serie dei portali presi in considerazione disegna un percorso, decisamentesignificativo, in merito alle ragioni di comprensione e di trasmissione dei fattori simbolici. Nello stessotempo però rivela l’intenso lavorio che si può svolgere intorno a una soluzione decorativa, in un arco ditempo relativamente breve e in una realtà locale. Il punto di partenza fissato dalle due scene presenti aCollemaggio è chiaramente simbolico. Nella Porta Santa (fig. 2), anche se sfugge il valore del dettaglio,lo spirito d’insieme evidenzia lo scontro paradigmatico con una dimensione demoniaca, interpretata dalserpente che esce dalla bocca del volto umano. Nel portale in facciata (fig. 4) l’idea si concentra in unamessa in evidenza del pericolo mortale rappresentato dalla lussuria e dalla condizione di irrazionalità incui essa trascina l’uomo, una considerazione che vale anche per il portale di San Giovanni di Lucoli(fig. 6), che dei contenuti simbolici di quello di Collemaggio resta l’interprete più diretto e puntuale.Con San Flaviano (fig. 8) il meccanismo si allenta e quelli che in precedenza erano gli elementi essenzialiin vista della costruzione di un discorso moralistico si sciolgono in una dimensione squisitamente deco-rativa, la stessa che diventa dominante in San Domenico (fig. 10), in virtù della scomparsa di qualsiasipossibilità di cogliere un rapporto significante tra i tanti comprimari presenti nel tralcio, senza che aqualcuno di loro possa essere riconosciuto il ruolo di protagonista, dunque una funzione esemplificativache, attraverso la relazione reciproca, vada al di là della semplice ragione ornamentale.

In assenza di argomenti concreti, è inutile interrogarsi se vi sia stata una causa a determinare questopassaggio dal simbolico al decorativo, visto che appare del tutto improponibile una mancata compren-sione dei fatti formali e delle situazioni esemplificative che descrivono, data la totale evidenza di cuisono portatori. Non resta allora che arrendersi di fronte al fatto che a volte è la nostra curiosità a sovrac-caricare le immagini di significati e a pretendere di trovare in esse, a livello simbolico, più di quello cheera nelle intenzioni di chi le ha realizzate di mettervi. Soprattutto occorre ammettere che, anche là doveil ruolo del serpente appare chiaramente simbolico, la sua presenza non perde di vista la ragione deco-rativa, con una ambiguità che sembra farsi giuoco della nostra pretesa di dare a ogni immagine un sensocompiuto e univoco. In altri termini la lezione che se ne deve ricavare è di non prendere troppo sul seriocerti apparenti messaggi i quali, nel momento stesso in cui vengono lanciati, sembrano avere tutte le ca-ratteristiche di un voluto e beffardo inganno giuocato nei confronti della nostra pervicace pretesa di ra-zionalità.

ABSTRACT. In the decoration of the archivolt of the Porta Santa at Collemaggio we come across animage without any clear meaning: a snake issuing from a human head and attacking a birds’ nest.The snake reappears on one of the portals of the church façade, this time with evident moralisticintent, because it assails a naked man, with difficulty climbing a branch to reach a mermaid, seatedat the top of the arch. The same moralising solution is used at San Giovanni in Lucoli in 1439, with two young figures andeven two snakes. Soon afterwards, however, at San Flaviano, the mermaid becomes a man and theserpent merely slides onto the branch, showing no interest in the tiny naked men portrayed there, sothat the image loses its moral value. The same attitude recurs again after 1461 on the portal of SanDomenico, introducing a significant ambiguity between symbolic and decorative values.

FRANCESCO GANDOLFO