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KANT: LA RELIGIONE NEI LIMITI DELLA SOLA RAGIONE: IL PUNTO D'ARRIVO DI UN PERCORSO SULL'ERMENEUTICA...
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KANT: LA RELIGIONE NEI LIMITI DELLA SOLA RAGIONE
IL PUNTO D’ARRIVO DI UN PERCORSO
SULL’ERMENEUTICA DELLA FEDE
SOMMARIO - 1.La riflessione sulla religione di Kant all’interno dell’argomentare
nella fede: elementi euristici, ambiguità e criticità 2. Il superamento dell’ontoteologia
nella prospettiva ermeneutica di Kant 3. Peccato originale, cristologia, ecclesiologia
nell’ermeneutica kantiana 4. La questione della coscienza: Kant anticipa John Henry
Newman e il Vaticano II 5. Un linguaggio teologico analogico/metaforico
ABSTRACT - In this paper, it is proposed a new reading of philosophy of The Religion
within the Boundaries of mere Reason of Kant , in light of: The Critique pure Reason,
The Critique of Practital Reason , The Opus postumum
It is believed that , right from the Kantian reflection on religion , it is possible to
tackle questions related to the organic renewal of the language of theology and of faith
in general.
The work, in fact, notes that the reflection of Kant on religion is:
• hermeneutical reflection;
• kenotic Christology, even in comparison with the liberal theology of von Harnack;
• reflection on original sin, privileging the actual justification of the Catholic
theology to forensic justification of the Reformed theology;
• meta- ethical question of the meaning of faith;
• ecclesiology founded on the paradigm of the communion of souls on the Trinity
established in comparison with the her contemporary ecclesiology, committed on the
question of the relationship between civil law and legislation of the Church,
• question of personal consciousness in ecclesial life.
the possible origin of a new analogical/metaphorical language on God.
KEYWORDS - Reason, faith, hermeneutical reflection, the Christological question, the
doctrine of original sin, the nature of the church, the analogical language; the
metaphorical language
La tesi fondamentale del lavoro è che, in realtà, l’argomentare di Kant, anche forse al
di là delle sue esplicite affermazioni, nella Religione entro i limiti della sola ragione è
abbondantemente all’interno della fede, senza per questo affermare che quest’opera sia
compiutamente e immediatamente uno scritto di fede. La fede, infatti, forma,
2
kuhnianamente1, il paradigma all’interno del quale Kant colloca il suo argomentare e
giunge ad esplicitare razionalmente ciò che il paradigma suggerisce ancora come
ipotesi, implicite, azzardate2. Possiamo anche dire che la pura ragione kantiana in
quanto tale posta all’interno della fede della chiesa3, giunge a svolgere le questioni della
cristologia, del peccato originale, dell’ecclesiologia in modo tale che il Dio
dell’ontoteologia della Critica della ragion pura4, il Dio postulato a fini meta-etici nella
Critica della Ragion pratica5, progressivamente sembra acquisire gli attributi del Dio di
Gesù Cristo proprio nella Religione nei limiti della sola ragione 6. Kant pare quindi
poter giungere a formulare una vera e propria filosofia teologica7 , in modo tale che il
Dio della filosofia - il Dio che nella Critica della Ragion pura Kant chiama il Dio della
fede morale, fondamento necessario del Sommo Bene 8- sembra trasformarsi e
coincidere, anche al di là della concettualità che lo stesso Kant continua a mettere in
campo e che sembra tradire la dinamica dell’elaborazione kantiana9, con il Dio di
Abramo, Isacco, Giacobbe, di Gesù Cristo: il Dio della fede dottrinale fondata sulla
rivelazione, percorsa sempre dal dubbio e, tuttavia, irrinunciabile10.
E’ evidente che nella esplorazione/elaborazione di un paradigma, o nella
argomentazione di una fede, svolti accettandone come principio costruttivo la rete
concettuale, e nello stesso tempo, avendo ancora verso quella stessa rete concettuale,
quel paradigma, i dubbi che abbiamo appena conosciuto in Kant11, il discorso di Kant
stesso non può non conoscere l’emergere della razionalità disegnata dal filosofo di
1 T. KUHN La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino4 1978 [ The Structure of
Scientific Revolution, Chicago 1970] 29ss. 2 T. KUHN La struttura 65; Popper K.R. Logica della scoperta scientifica Einaudi Torino5 1970 [ The
Logic of Scientific Discovery 1934] 307 3 E. JÜNGEL Dio mistero del mondo , Queriniana Brescia 1982 [Gott als Geheimnis der Welt 1 9773], .
219, nota 17 4 I. KANT Critica della ragion pura Laterza Bari 1977 [Kritik der reinen Vernunft, Riga2 1787]
459[d’ora in poi. Critica 1] 5 I. KANT Critica della ragion pratica Laterza, Bari, 1972 [ Kritik der praktischen Vernunft, Riga
1797]. 150ss.[d’ora in poi: Critica 2] 6 I. KANT La religione entro i limiti della sola ragione Laterza Bari 1980 [Die Religion innerhalb der
Grenzen der blossen Vernunft Könisberg 1793]. 63ss; W. Weischedel Il Dio dei filosofi il melangolo
Genova 1988, [ Der Gott der philosophen 1971] 218ss. 7 W. Weischedel si muove nella convinzione che il Dio dei filosofi e il Dio di Abramo, Isacco,
Giacobbe siano in realtà lo stesso Dio, con l’unica differenza che il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe è
attinto attraverso la rivelazione, mentre il Dio dei filosofi è cercato e meditato attraverso “quell’arduo atto
di culto che è il pensare critico (LETTERIO M. Nota a W. WEISCHEDEL Il Dio, p. 13). La nostra ipotesi è
che, in realtà, l’arduo atto di culto del pensiero critico che perviene a definire il Dio dei filosofi allo stesso
modo del Dio della rivelazione può giungere anche in Kant a tale obiettivo perché si trova in realtà già da
sempre all’interno del paradigma formato dalla rivelazione: si può pensare nella fede anche senza fede
personale propriamente detta perché si pensa nella fede della chiesa. 8 I. KANT Critica. 1, 627, I. KANT Critica 2, 167. 9 I. Kant Critica 1, 627; S. TRAVAGLIA Metafisica ed etica in Kant, Cedam Padova 1972 p. 309; I.
KANT La religione. 1980, 62ss. Qui Kant introduce la questione cristologica, in cui, come vedremo, il Dio
del filosofo massimamente si avvicina al Dio della fede come tema, davvero riduttivo, proprio della fede
morale più che della fede dottrinale, dell’« idea personificata del buon principio» 10 I. KANT La religione, 63ss; I. KANT Critica 1, 627 11 I. KANT Critica. 1, 627; I KANT La religione, 185ss; S. TRAVAGLIA Metafisica ,. 309
3
Könisberg per la pura ragione che ancora sta cercando una sintesi con i nuovi orizzonti
concettuali e di senso.
Proprio questo approccio che misura il dettato kantiano su grandi nodi dottrinali più
che su asserzioni di principio sembra essere il tratto di originalità di questo articolo,
almeno sulla base del testo di Cantillo12. Il tema diventa tanto più interessante se
ricordiamo che Gregorio XVI fu molto preoccupato dallo sforzo che il teologo Giorgio
Hermes nella sua Christkatholische Dogmatik, pubblicata dopo la morte dello stesso
Hermes nel 1831, andava facendo di accostare il pensiero di Kant sugli imperativi del
dovere e della coscienza alla teologia cattolica. Nonostante le rassicurazioni del
Vescovo di Colonia, Gregorio XVI fece esaminare le dottrine di Hermes da una sua
Commissione, e le condannò con la bolla Dum acerbissimas del 26 settembre 1835,
definendole «false, temerarie, erronee, capziose, scandalose»13.
1. Kant ermeneutico
La religione nei limiti della sola ragione è il punto d’arrivo epistemologico
dell’ermeneutica della fede, che in altre opere kantiane ha avuto progressivamente
sviluppo, e il passo decisivo per la nascita della filosofia religione come sapere
autonomo 14
La religione nei limiti della sola ragione è il momento in cui il pensare il sistema
uomo-Dio si specifica secondo la prospettiva su Dio definita da Kant nel sistema delle
Critiche.
Il nostro lavoro, nello stesso tempo, ritiene essenziale completare il disegno tracciato
ne La religione nei limiti della sola ragione con l’approccio alla “questione Dio” che
Kant propone nell’Opus postumum. Qui, infatti, Kant pone la questione della
linguisticità di Dio, anticipando a suo modo la questione ermeneutica della linguisticità
dell’essere e dei suoi esiti teologici15.Il primo è senza dubbio l’assonanza che è
possibile cogliere tra il tema della linguisticità dell’essere e dell’ascolto – a suo modo
un’ermeneutica 16- del suo dire originario e i temi della mistica cristiana, da Eckart fino
ad Ignazio 17La teologia ermeneutica mostra poi « la storia come storia del linguaggio e
12 CANTILLO G. Religione, in BESOLI- LA ROCCA-MARTINELLI (curr.) L’universo kantiano. Filosofia,
scienze, sapere. Quodlibet Macerata 2010,. 437-464.. A questo testo rinvio anche per tutti i tratti generali
dell’analisi del testo kantiano dal punto di vista più strettamente proprio della filosofia della religione,
privilegiando in questo lavoro l’approccio prevalentemente teologico-dogmatico, come ho esposto nell’
introduzione. 13 CORDOVANI M. Gregorio XVI difensore della fede, in Miscellanea Historiae Pontificiae vol. XIII
Gregorio XVI, Pontificia Università Gregoriana Roma 1948, 130; Gregorio XVI Dum acerbissimas, in
Enchiridion delle encicliche: Gregorio XVI, Pio IX (1831-1878) (a cura di LORA E. SIMIONATI R.) 1996,
910ss. 14 CANTILLO Religione , 438; E. TROELTSCH, L’autonomia della religione, (1895-1896), Napoli 1996.
55ss 15 M. HEIDEGGER In cammino verso il linguaggio, Milano 1973 [Unterwegs zur Sprache , 1959], 28-
82 16 GADAMER H.G. Verità e metodo, Milano Bompiani 1983 [Wahreit und Methode 1972], 502ss. 17 H.U. BALTHASAR Gloria. Nello spazio della metafisica. L’epoca moderna (1965), Milano 1978
[Herrlichkeit . Im Raum der Metaphysik, 1965], 389ss.
4
il linguaggio come la nostra possibilità più propria» . In questa prospettiva Gesù è il
portatore della parola che annuncia in forma di similitudini la parola ultima sul Padre.
E’ nella partecipazione a questa storia del linguaggio che si realizza l’autocomprensione
dell’uomo nella fede (Gv. 16,25)18. Per questo definiamo la riflessione kantiana su Dio
come interna al paradigma ermeneutico19.
2. Le Critiche
Le Critiche, innanzitutto, vedono l’uscita dall’ontoteologia. Kant va oltre il sistema
uomo-Dio pensato dall’ontoteologia, che mostrerà tutti i suoi limiti nella scepsi
heideggeriana20. E’ una strada oggi percorsa in almeno due modi:
Dio/ carità come Dio «senza l’essere»21;
Dio non più necessario - secondo la prova ontologica dell’esistenza di Dio, così
come tratteggiata da Cartesio - ma «più che necessario», essendo decisamente al di
sopra di ogni argomentare umano sull’ente 22
Kant, in prima istanza, promuove nella Critica della ragion pura la scepsi di Dio
come oggetto della ratio cognoscendi. Tutte le tradizionali prove dell’esistenza di Dio si
rivelano insostenibili. Dall’organizzazione della natura non si può inferire – prova
fisico/teologica- l’onniscienza e l’onnipotenza di Dio. Dall’esistenza del contingente
non si può ricavare – prova cosmologica- la necessità di Dio. La prova più solida,
osserva Kant, sembra alla fine quella ontologica, lungo la curva che va da Anselmo a
Cartesio. Commette, però, l’errore di trattare l’esistenza come un predicato inferibile
analiticamente, come tutte le altre perfezioni, mentre è, in realtà, un giudizio sintetico,
che esige l’esperienza: l’esistenza «si mostra» , non «si dimostra»23.
La Critica della ragion pratica mostra che Dio - insieme con la libertà e
l’immortalità - è l’orizzonte che la ragione può contemplare, anche se come semplice
postulato, superando i limiti del fenomenico. Solo Dio può garantire il sommo bene,
come il pervenire alla felicità lungo le vie della virtù segnata dall’imperativo categorico
e dal rifiuto di ogni motivazione utilitaristica dell’agire morale24. Kant riaffermerà
questo principio nella Critica del giudizio25
L’aver fatto della ratio existentiae la via d’accesso a Dio, fa di Kant, in qualche
misura, l’anticipatore della teologia esistenziale che, passando per Kierkegaard, giunge
al Barth del commento a L’epistola ai Romani26.
18 E. FUCHS. Ermeneutica, Milano 1974, [ Hermeneutik 1954] 124.210-212. 19 H. G. GADAMER Verità, 512ss; CAMERA Ermeneutica, 529ss. 20 M. HEIDEGGER Identity and Difference Harper & Row New York 1969, 42ss; W.K. KASPER Il Dio
di Gesù Cristo ) Brescia 1984 [Der Gott Jesu Christi, Mainz 1982] 207ss. 21 J.L. MARION Dio senza essere, Milano1987 [ Dieu sans l’ être, 1982] 19;133;170. 22 E. JÜNGEL Dio, 151-170; 54. 23 I. KANT Critica 1. 467ss. 24 I. KANT Critica 2 150ss; Kant Critica del giudizio, Laterza Bari 1974, [Kritik der Urtheilskraft,
1790], 335.[d’ora in poi: Critica 3] 25 I. KANT Critica 3, 333ss. 26 G. MIEGGE Introduzione all’edizione italiana, in K. BARTH L’epistola ai Romani, Feltrinelli
Milano 1978, [Der Römerbrief Zürich 1954] XIIIss; S. Travaglia Metafisica , 309
5
3. La religione nei limiti della sola ragione
A questo punto il pensare/parlare Dio non può che seguire le vie di come Dio si è
manifestato nella storia della salvezza. Il cristianesimo, appunto.
La religione nei limiti della sola ragione non è, quindi, né la riduzione del
cristianesimo a religione naturale, né la presentazione del cristianesimo come religione
adeguata alla religione razionale;27, anche perché, come vedremo, parlare tout court di
cristianesimo, vista la complessità del cristianesimo stesso, è, almeno riduttivo. Kant,
poi, in questa complessità sceglie sempre la via più difficile, come a dire che la sua
ermeneutica è tutt’altro che riduzione della fede a semplice morale E’, piuttosto, una
esplorazione teologico- dottrinale del sistema uomo-Dio datosi nell’esperienza storico-
salvifica che ha origine in Gesù e che continua nella chiesa, secondo la scepsi che le
Critiche hanno argomentato come punto d’arrivo necessario, dopo la crisi
dell’ontoteologia: Dio si mostra, non si dimostra. Da questo punto di vista mi sembrano
non cogliere il bersaglio quelle critiche all’approccio alla religione di Kant che insistono
sul silenzio che Kant impone alla ragione sulla questione Dio/salvezza. Si tratta, con
tutta evidenza, di una prospettiva critica ancora legata all’ontoteologia e sorda al fatto
che, alla fine, per il Kant della Religione nei limiti della sola ragione, la salvezza è
«assistenza soprannaturale del cielo» – e cioè: grazia - come afferma in una bozza di
lettera a Matern Reuss28 e come argomenta chiaramente a proposito dell’uscita dalla
condizione dell’uomo dopo il peccato originale. Già per la Critica della ragion pratica
è, a ben vedere, grazia che la virtù conduca alla felicità. Sfugge, insomma, a queste
letture critiche, che lo spettro della ragione kantiana, all’uscita dalle tre Critiche, è più
ampio e complesso di quanto esse lo disegnano .
Kant chiarisce del resto che il suo interpretare il testo rivelato e la fede della chiesa si
muove nella logica di Paolo (2 Timoteo III,16) e Giovanni: trovare i modi e le vie
secondo i quali « lo Spirito ci conduce alla verità (GV. XVI, 13)»29.
In questo quadro, il continuo riferirsi di Kant al sistema ermeneutico che egli ha
costruito, il sistema della ragion pura e in particolare della ragion pratica , altro non è
che l’esplicitazione puntuale dell’orizzonte generale di senso a partire dal quale viene
svolta l’interrogazione/interpretazione, anche ai fini della costruzione integrale del
significato meta-etico della stessa dottrina kantiana. A proposito del peccato originale,
Kant, come vedremo, commenterà: « de te fabula narratur»30. Non possiamo
dimenticare, del resto, che in Kant la questione morale, come ratio existentiae, è anche
la via d’accesso all’esperienza di fede.
Fino a qui, la riflessione kantiana ci porta a scoprire Kant come precursore della
demitizzazione
Intendo qui per demitizzazione il processo critico-ermeneutico in cui il dato
teologico/dogmatico viene riletto per coglierne il permanente significato veritativo alla
luce della istanze plurali della ragione. Rudolf Bultmann, il massimo teorico della
27 OLIVETTI Introduzione, in Kant I. La religione entro i limiti della sola ragione Laterza Roma-Bari
1980; CANTILLO Religione., 464. 28 CANTILLO Religione. 453. 29 KANT La religione 1980,. 121. 30 ivi , 44.
6
demitizzazione 31 non a caso fonda il proprio approccio sulle radici culturali
neokantiane/marburghesi 32 Ed ancora neokantiano è il filosofo italiano Antonio Banfi,
che pure si muove sulla linea della demitizzazione della fede 33Kant, però fa un passo
successivo, introducendoci nella questione ermeneutica in senso proprio, che potremmo
definire in questo modo: il discorso su Dio consapevole di essere ascolto/interpretazione
di un Dio che si rivela origine e donatore del discorrere stesso. Seguiamo, per questo,
l’Opus postumum e La religione nei limiti della sola ragione.
4. L’Opus postumum e il metodo de La religione nei limiti della sola ragione
Alla fine della riflessione, anche alla luce dell’Opus postumum compreso, dal punto
di vista epistemologico il sistema che Kant ha costruito si propone come sistema
ermeneutico e sembra sintetizzabile, in tre punti:
1. «Dio e uomo costituiscono un unico sistema»34,
2. questo sistema non costituisce una realtà in sé ma si dà solo all’interno del pensare
umano «l’idea Dio, non di Dio, perché questo sarebbe un oggetto pensato come
esistente in sé»35;
3. questo, però, non significa che il sistema uomo-Dio sia un sistema soggettivistico,
in cui Dio stesso diventa in qualche modo oggetto disponibile agli interessi e alle
tendenze individuali. È, piuttosto, un sistema in cui Dio è accolto nei principi generali
della ragione pura, che vedremo più avanti avere inscritta la volontà divina 36Tali
principi il singolo deve ascoltare/obbedire, allo stesso modo in cui il «mi piace» deve
cedere il posto al «bello»37 e il volere individuale deve obbedire al dettato della ragion
pura pratica38. È, quindi, un orizzonte generale di significato che trascende ogni
significato particolare. In questo modo è assicurata la trascendenza del Dio che esso
accoglie e che si propone di ascoltare/interpretare.
Kant sembra anticipare il linguaggio come luogo imprescindibile dello svelarsi
poetico della verità e del mantenersi dell’alterità del linguaggio originario in relazione al
linguaggio che tenta di ascoltarlo/dirlo. E’ questo, oggi, un consolidato risultato della
riflessione filosofico/ermeneutica del linguaggio di Martin Heidegger39 e della
riflessione teologica ermeneutica a lui collegata40.
A partire da queste considerazioni, nella Religione si attiva un processo articolato in
questo modo:
31 R. BULTMANN Credere e comprendere) Queriniana Brescia 1977 [ Glauben und Verstehen
Tübingen5 1975] 565-588. 32 I. MANCINI Demitizzazione, in G. Barbaglio, S. Dianich (curr.) Nuovo dizionario di teologia Roma
1979, 301 33 A. BANFI Esperienza religiosa e coscienza filosofica, Urbino 1967, 162. 34 I. KANT Opus postumum ( edited by Förster) Cambridge 1993 219. 35 I. KANT Opus 240 ss; V. MATHIEU L’Opus Postumum di Kant, Napoli 1991, 270-271. 36 I. KANT La religione 112. 37 I. KANT Critica. 3, 55ss. 38 I.KANT Critica. 2, 51ss. 39 Heidegger M. In cammino 28-82 40 E. FUCHS Ermeneutica 124ss; BALTHASAR Gloria .389ss.
7
lo svelarsi del sistema Dio-uomo nella parola biblica;
l’ascolto di questo dirsi del sistema Dio-uomo nella parola biblica e del parlare
di Dio che la accompagna misteriosamente e graziosamente, in qualche modo
certificandola come propria41;
questo ascolto avviene con gli strumenti del parlare della relazione Dio-uomo
che Kant ha costruito nelle Critiche, ai quali lo stesso Dio non è estraneo 42 e che altro
non sono che l’orizzonte generale di senso a partire dal quale viene svolta
l’interrogazione/interpretazione43;
così l’ermeneutica giunge a cogliere nella parola biblica le forme più originarie e
significative dell’articolarsi cristiano del sistema uomo-Dio.
5. Gesù: la perfezione del sistema uomo-Dio nella persona del Verbo incarnato
Gesù è, secondo l’ermeneutica della Religione nei limiti della sola ragione44, il
momento della storia umana in cui - una sola volta e una volta per tutte - si realizza
compiutamente, straordinariamente, il co/appartenersi di Dio e dell’uomo nell’ unico
sistema, faticosamente, oscuramente pensato, custodito, narrato dal prologo del vangelo
di Giovanni e dall’inno cristologico della lettera ai Filippesi (Gv 1,14; Fil 2,6-10), che
Kant parafrasa e riarticola abbondantemente senza citare. In Gesù, continua Kant,
citando ancora Giovanni (I,12), Dio ha amato il mondo e solamente in Lui « per
l’adozione delle sue intenzioni noi possiamo avere la speranza di diventare figli di
Dio»45.
In questo Gesù, teologicamente definito come Figlio unigenito di Dio, Verbo eterno
che ha conosciuto l’abbassamento alla condizione umana vi è da tutta l’eternità l’uomo
gradito a Dio e conforme al dettato della pura ragione. A lui bisogna rifarsi per avere «il
modello dell’intenzione morale in tutta la sua purezza»46, nella certezza che l’azione
dettata secondo questa intenzione è anche azione gradita a Dio.
È a mio avviso evidente che non vi è, come alcuni critici sembrano sostenere47,
alcuna riduzione della persona di Gesù ai paradigmi puramente etici che Kant avrebbe
costruito nella Critica della ragion pratica. E questo per due motivi:
La Critica della ragion pratica non è, come ho più volte argomentato, una pura
dottrina morale, ma è anche l’apertura della fede alla ratio existentiae;
è chiaro il tentativo kantiano di mostrare che il suo ideale di uomo è adeguato
alla persona di Gesù narrata nella fede da Giovanni e dalla lettera ai Filippesi.
41 I. KANT La religione 121; K. RAHNER Uditori della parola Borla Roma 1977 [Hörer des Wortes
München1941], 195ss. 42 KANT La religione 112 43 ivi. 44; FUCHS Ermeneutica, 126ss. 44 KANT La religione, 63ss. Abbiamo già ricordato i limiti originari in cui l’elaborazione kantiana si
sviluppa; I. KANT La religione. 1980, 62ss introduce la questione cristologica, in cui, come vedremo, il
Dio del filosofo massimamente si avvicina al Dio della fede come tema, davvero riduttivo, dell’« idea
personificata del buon principio». Qui, in realtà, la fede morale sembra ancora prevalere sulla fede
dottrinale. 45 ivi 63ss. 46 ivi 63ss. 47 I. MANCINI Introduzione all’edizione italiana, in K. BARTH Dogmatica ecclesiale (1932), Bologna
1968, XIV.
8
Se così non fosse, del resto, non avrebbe neppure senso l’affermazione che vedremo
fare a Kant di a proposito del peccato originale, con esplicita citazione giovannea: Gesù
è l’artefice della nuova creazione che apre l’indeducibile via d’uscita alla situazione
prodottasi con il peccato originale.
Per quanto riguarda l’accentuazione che Kant fa del tema morale a proposito
dell’uomo di cui Cristo è prototipo48, vale la pena ricordare che:
1.come abbiamo già detto, la fede ha con la morale almeno un ruolo di significato
meta-etico;
2. il convergere dei principi della moralità umana, del resto ispirata originariamente
da Dio 49 con i principi dell’etica cristiana è in sintonia con Tommaso d’Aquino 50;
3. secondo la Critica della ragion pratica solo Dio, in un orizzonte che si potrebbe
definire escatologico, è garante del coincidere di virtù e felicità: anche per questo la
questione della libertà, che fonda la moralità, è anche il nodo che apre l’esistenza alla
fede 51
E’ del tutto evidente, dunque, che l’ermeneutica kantiana è qualcosa di molto diverso
da una riduzione del mistero cristiano ai territori possibili per la razionalità umana di
molto di più del semplice assestarsi della ragione sulla religione rivelata. Vi è piuttosto
un’ermeneutica che sceglie e percorre le vie più difficili e paradossali del cristianesimo.
Potremmo quasi dire: Kant anticipatore dell’inquieto Kierkegaard52, piuttosto che del
riduttivo von Harnack, secondo il quale ogni discorso sulla divinità di Gesù è
storicamente ingiustificato53.
6. Peccato originale: pensare la frattura originaria del sistema uomo-Dio
Le riflessioni kantiane hanno come oggetto il testo di Genesi 3, se dichiarato come
«Mosé» , secondo l’opinione più diffusa tra i teologi fino a tutto il XIX secolo, che
vedeva appunto nello stesso Mosè l’autore di tutto il Pentateuco54.
Le riflessioni kantiane si inseriscono, a mio avviso, nel dibattito che si sviluppa tra
mondo della riforma e chiesa cattolica.
Ripercorriamo, intanto, il testo kantiano. Kant55 si dichiara d’accordo con la Scrittura
nel rappresentare l’origine del male in un fatto, eticamente imputabile accaduto nella
storia della specie umana e in uno stato di innocenza, quando, cioè, era garantita la
libertà dell’agire peccaminoso. Questo fatto è il « peccatum originarium»56.
Da questo momento in poi si è diffusa nella storia umana una tendenza al male che è
possibile anche chiamare «peccatum derivativum», «male radicale» , un «vizio»
generatore dei peccati successivi57. Per alcuni aspetti analoga alla concupiscenza della
48 I. KANT La religione, 63ss. 49 ivi 112. 50 TOMMASO D’AQUINO Summa theologiae (1265-1274) Roma 1962 I-II, q.19 51 KANT Critica 2, 150ss . 52 S. KIERKEGAARD, Esercizio del cristianesimo (1850), in Fabro C. ( a cura) Kierkegaard S. Opere,
Firenze 1972, 808ss. 53 HARNACK L’essenza del cristianesimo, Brescia [Das Wesen des Christentmus , 1900] 2003, 215. 54 MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, Brescia 1986, 207 55 KANT La religione, 40ss. 56 Ivi , 31. 43 57 Ivi 31.33
9
dottrina cattolica su cui torneremo poco più avanti. Da questo punto di vista, quando si
afferma che l’uomo, dopo peccato originale, è “cattivo per natura”, non si intende dire
che la cattiveria è divenuta caratteristica intrinseca alla natura umana, tanto da renderla
direttamente inferibile dal concetto stesso di natura58. Si intende piuttosto esprimere un
dato d’esperienza di tipo statistico , quasi alla Hume59: da quel che si sa, l’uomo non
può che essere giudicato cattivo60. Tradurre questo dato d’esperienza in termini
ontologici, e quindi necessari, di «natura», conclude Kant, ancora in modo non diverso
dalle sue riflessioni su Hume nella Critica della ragion pura61 è scorretto e finisce per
nascondere il fatto che il male è pur sempre riferibile alla libertà/moralità62.
Kant è anche convinto che lo stato peccaminoso in cui è caduto l’uomo non sia
irreversibile e che «non possa essere negata la possibilità del risollevamento» 63. Questo
perché, come Kant ha già spiegato, il peccato originale non pone un problema di natura
buona divenuta irrimediabilmente cattiva. Pone, piuttosto, un problema di legge morale
da ripristinare, umanamente arduo, ma possibile nella nuova creazione operata da Gesù
(Giovanni III,5)64. Così è possibile dire, anche per Kant, che «la grazia di Dio rende
liberi»65.
Vale a questo punto la pena riassumere le posizioni che su questo tema assumono la
chiesa cattolica e la riforma protestante
Lutero ritiene che il peccato originale abbia corrotto irrimediabilmente la natura
umana, così che la giustificazione può essere solo estrinseca, «forense», analoga alla
sentenza assolutoria pronunciata , per grazia, in un procedimento giudiziario, pur nel
permanere del peccato. A condurre Lutero su questa strada sono alcuni versetti del
salmo 32(31) e l’interpretazione che ne dà Paolo nella lettera ai Romani (Rm 4,7)
La Chiesa cattolica, al contrario, ritiene che il peccato originale, pur nelle sue
conseguenze gravissime, non sia giunto ad intaccare la natura umana, così che la
concupiscenza, che permane dopo il battesimo, non costituisce peccato66. Questo perché
nulla, nemmeno il peccato può far sì che l’uomo sia distolto dal disegno di Dio per lui.
In questo senso deve essere interpretato anche Tommaso d’Aquino quando, nella
Summa theologiae67 parla del peccato come corruttore della natura umana. Ad essere
corrotta, non è la natura in quanto tale ma la natura nel suo estrinsecarsi nell’agire,
diventata incapace di rivolgersi a Dio stesso68. E la grazia non è meramente «forense»
ma «effettiva», rende di nuovo, effettivamente «giusti»69.
58 ivi. 32 59 ivi 42 60 ivi.32 61 KANT Critica. 1, 42 62 KANT La religione. 35 63 ivi. 48 64 ivi 50-51 DENZINGER SCHÖNMETZER Enchiridion Symbolorum Definitionum et Declarationum de
rebus fidei et morum Herder Verlag 1965 pp. 368 65 PESCH Liberi per grazia Antropologia teologica, Brescia 1983 376-401. 66 DENZINGER-SCHÖNMETZER Enchiridion, 366ss; MONDIN B. L’uomo secondo il disegno di Dio:
trattato di antropologia teologica, Bologna 1992 80. 67 TOMMASO D’AQUINO Summa I, 95, 1 c.; 98, 2c. 68 PESCH Liberi, 168. 69 Per un’analisi completa della questione del peccato originale, che non rientra nell’economia di
questo lavoro, rinvio a:
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L’ermeneutica di Kant, dunque, nell’attenzione alla libertà della ragione umana
appresa/affermata nella Critica della ragion pratica, giunge a confermare sul peccato
originale la posizione cattolica più che la posizione luterana. E’ questa posizione che
meglio di tutte realizza l’orizzonte di senso a partire dal quale Kant aveva posto
l’interrogazione e l’analisi del testo. Kant lo afferma esplicitamente citando le Orazio: «
mutato nomine de te fabula narratur»70.
7. Chiesa: come pensare l’identità del sistema uomo-Dio fattosi sistema sociale
Dal ’600 fino alla metà dell’800, uno dei temi fondamentali della riflessione
ecclesiologica è il rapporto tra società civile e società religiosa, proponendosi pur
sempre la chiesa come società perfetta dei cristiani, gerarchicamente costituita sulla
base del mandato di Cristo a Pietro e, quindi, sul papa, con sede a Roma, in quanto
successore di Pietro. È una interazione che porta spesso la società civile ad assumere i
tratti della società religiosa, ma anche la società religiosa, come osservava Rosmini, ad
assumere comportamenti e strumenti propri della società civile. Gli esiti di questa linea
sono spesso esiti assolutistici e teocratici. A contrastarli vi è, tra gli altri, il vescovo
Bossuet (1627-170), figura per molti aspetti caratteristica di queste tensioni. Bossuet,
infatti, si oppone alle tendenze neo- ultramontane, teocratiche e assolutistiche favorevoli
al centralismo papale in nome di un moderato gallicanesimo, che tendeva a riformare la
chiesa francese sul modello della chiesa anglicana, conquistando, quindi, spazi di
autonomia dal papato a favore del re71.
Kant giunge a un esito ben diverso.
Sviluppa, infatti, le linee di una propria e diversa ecclesiologia, che quasi certamente
non avrebbe sollevato obiezioni nel pur critico Rosmini72. Muovendosi esplicitamente
sulla base dell’assunto che la religione e gli statuti della ragion pura si sviluppano in
sintonia, ma forse - visti i riferimenti agli inni cristologici, che già abbiamo conosciuto -
anche sulla base degli Atti degli apostoli - Atti 4, 32, ad esempio - Kant giunge ad
affermare che la chiesa non è una società dagli statuti umani, ma una comunità fondata
1) Pesch, già più volte citato, 229ss. A questo testo rinvio anche per l’analisi approfondita del tema,
che attraversa lungo i secoli tutta la riflessione teologica, riguardante i modi di trasmissione del peccato
originale, di cui pure Kant, da buon filosofo della religione, si occupa nelle pagine che andiamo
esaminando. Noi non ce ne occupiamo perché non immediatamente pertinenti l’economia di questo
lavoro;
2) SCHOONENBERG P. L’uomo nel peccato, in FEINER J., LÖRER M. (curr.) Mysterium salutis, volume
4 de La storia della salvezza prima di Cristo, Brescia, 1970, 589-720
3) SERENTHÀ L. Peccato originale, in SERENTHÀ L.-ARDUSSO F.-FERRETTI G.- GHIBERTI G.-MOIOLI
G.-MOSSO D.-PIANA G.(direttori) Dizionario teologico interdisciplinare, Genova 1977 Volume 2 690-
706. 70 KANT La religione. 44; QUINTO ORAZIO FLACCO (30 a.C.) Satire I, 1,69, in Colamarino T., Bo D.(a
cura) Quinto Orazio Flacco, Tutte le opere, Torino 2003, 92. 71 MARTINA Storia della chiesa Pontificia Università Lateranense Roma1980, 208ss; DENZINGER
SCHÖNMETZER Enchiridion Symbolorum Definitionum et Declarationum de rebus fidei et morum, Herder
Verlag 1965 887; AUBERT R., BECKMANN J. CORISH P.J., LILL R. Liberalismo e integralismo tra stati
nazionali e diffusione missionaria 1830-1870, , in JEDIN R. ( a cura) Storia della chiesa, Milano 1977,
volume VIII/2, 472. 72 ABBAGNANO N. Storia della filosofia. Filosofia del Romanticismo. Filosofia tra il XIX e il XX
secolo, Torino 1982, 244.
11
su una comunione d’anime governata da Dio Trinità. La chiesa, infatti, secondo Kant è
convocata dal Padre che il Figlio ci ha rivelato ed è percorsa da una fede religiosa pura
in cui si forma “una riunione d’anime, spontanea, generale, durevole “73. Nella chiesa la
moralità consiste nel rispettare la libertà dei figli di Dio (Paolo ai Romani VIII, 21) 74
Da questo punto di vista deve essere interpretata anche la dialettica che Kant disegna
ne Il conflitto delle facoltà (1798) tra la fede religiosa, originata da questa libertà, e la
fede ecclesiastica, fondata sulla subordinazione all’autorità 75. Su questo torneremo
poco più avanti, mostrando che, in realtà, non si tratta di un approccio estraneo alla
stessa riflessione cattolica
Potremmo anche dire che Kant ha ben chiaro il principio fondante la chiesa – è Dio
stesso a fondarla- lasciando il resto sullo sfondo76. Da questo punto di vista Kant solleva
obiezione su una concezione della chiesa:
a) di tipo monarchico a partire dal ruolo del papa;
b) di tipo aristocratico, a partire dal ruolo dei vescovi;
c) di tipo democratico, in quanto caratterizzata dalla leadership di alcuni intellettuali
–“settari”- illuminati77. Così si riduce tutto ciò che di antropomorfico e contrario alla
ragione pura vi è nella chiesa e nelle religioni positive78.
In questo quadro, il luogo dell’interlocuzione fondamentale normativa tra Dio e
l’uomo, è la « legislazione morale pura … per mezzo della quale la volontà divina è
originariamente scritta nel nostro cuore”79. Non mi sembra difficile ricondurre il dettato
kantiano alla dottrina sulla centralità della coscienza di John Henry Newman, e nello
stesso Concilio vaticano II°, che, nella Costituzione Gaudium et Spes, al n. 16, definisce
la coscienza il “sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona
nell’intimità»80.
Vale tuttavia la pena ricordare qui, a sottolineare la centralità ecclesiologica della
riflessione kantiana la celebre affermazione di J.H. Newman nella sua Lettera al Duca
di Norfolk: ”Se fossi obbligato a introdurre la religione nei brindisi … brinderò se volete
al papa, tuttavia prima alla coscienza e poi al papa”81.
8. Conclusioni
Non è certo mia intenzione sottovalutare possibili fraintendimenti kantiani sulla natura
del cristianesimo. Mi pare, tuttavia, di aver indicato più di un motivo per il quale può
valere la pena riprendere in mano la filosofia della religione del pensatore di Könisberg
in vista del ripensamento del linguaggio teologico e della fede.
73 KANT La religione 109ss. 74 Ivi 198. 75 R. TOMMASI La forma religiosa del senso Edizioni Messaggero Padova 2009 148ss. 76 DENZINGER-SCHÖNMETZER Enchiridion. 885. 77 I. KANT La religione.109 78 I. KANT La religione 186ss; Banfi A. Esperienza, 162. 79 I. KANT La religione 112
80 I Documenti del Concilio Vaticano II , Roma 1976, 186. 81 J.H. NEWMAN Lettera al Duca di Norfolk Paoline, Roma 1999 [ A Letter Addressed to His Grace the
Duke of Norfolk on occasion of Mr.Gladston’s Recent Expostulation, 1875 , in A.S. RYAN (cur.) Newman
and Glandstone:The Vatican Decrees ,University of Notre Dame Press, 1962 ], 100.
12
La storia della teologia contemporanea ci ha già istruito sull’importanza che l’approccio
trascendentale kantiano ha avuto per lo sviluppo della teologia stessa grazie alla
riflessione rahneriana82.
La pista che si tratta ora di percorrere è esplorare in quale modo e in quale misura può
rivelarsi feconda l’esplorazione:
dell’argomentare kantiano nel merito stesso delle prospettive dottrinali, per
analizzare quali equilibri essi testimonino;
dell’intrecciarsi/incontrarsi nella riflessione teologica della ragion pura e della
ragion pratica;
della questione della linguisticità di Dio posta nell’Opus postumum;
in modo da giungere - come incoraggia Jüngel - ad una riconsiderazione
generale della natura stessa del linguaggio teologico e della sua dimensione
analogica83;
nella considerazione che proprio l’intrecciarsi nel linguaggio teologico della
facoltà di due diversi ambiti della ragione, e dei criteri di pertinenza semantica
dei loro linguaggi, rende ancora più importante la considerazione sul rapporto tra
analogia e metafora84
nella valorizzazione della particolare capacità euristica della metafora85: si pensi
al fatto che il trasferimento della semantica della ragion pratica -« legislazione
morale pura»- in ambito teologico permette a Kant di disegnare un rapporto
coscienza individuale-insegnamento magisteriale anticipatore delle riflessioni di
John Henry Newman86.
EUGENIO BASTIANON
Viale San Marco 119
30173 Venezia-Mestre
82 B. MONDIN I grandi teologi del secolo ventesimo. I teologi cattolici, Borla, Torino 1969 volume 1 ,
121 ss 83 E. JÜNGEL Dio, 346 ss.; KANT Critica 1 , 193 ss, KANT Critica 3, 346 84 P. RICOEUR La metafora viva, Jaca Book, Milano 1976 [La métaphore vive,1975] 372 85 P. RICOEUR La metafora 285. Si pensi anche all’efficacia euristica del trasferimento di tempio dalla
semantica religiosa alla semantica filosofica a proposito del rapporto tra essere e linguaggio: M.
HEIDEGGER Sentieri interrotti, La Nuova Italia, Firenze 1973 [Holzwege, Frankfurt am Main 1950]. Per
l’analisi dei processi propri del cambiamento di pertinenza semantica. P. RICOEUR Tempo e
racconto.volume1,Jaca Book, Milano 1986 [Temps et récit. Tome 1] 7 86 Sui possibili rapporti tra l’argomentare di Newman e l’argomentare di Kant, rinvio a R. PATTISON The
Great Dissent: John Henry Newman and the Liberal Heresy, Oxford University Press 1991, 169 SS.