KANT: LA RELIGIONE NEI LIMITI DELLA SOLA RAGIONE: IL PUNTO D'ARRIVO DI UN PERCORSO SULL'ERMENEUTICA...

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KANT: LA RELIGIONE NEI LIMITI DELLA SOLA RAGIONE IL PUNTO D’ARRIVO DI UN PERCORSO SULL’ERMENEUTICA DELLA FEDE SOMMARIO - 1.La riflessione sulla religione di Kant all’interno dell’argomentare nella fede: elementi euristici, ambiguità e criticità 2. Il superamento dell’ontoteologia nella prospettiva ermeneutica di Kant 3. Peccato originale, cristologia, ecclesiologia nell’ermeneutica kantiana 4. La questione della coscienza: Kant anticipa John Henry Newman e il Vaticano II 5. Un linguaggio teologico analogico/metaforico ABSTRACT - In this paper, it is proposed a new reading of philosophy of The Religion within the Boundaries of mere Reason of Kant , in light of: The Critique pure Reason, The Critique of Practital Reason , The Opus postumum It is believed that , right from the Kantian reflection on religion , it is possible to tackle questions related to the organic renewal of the language of theology and of faith in general. The work, in fact, notes that the reflection of Kant on religion is: hermeneutical reflection; • kenotic Christology, even in comparison with the liberal theology of von Harnack; • reflection on original sin, privileging the actual justification of the Catholic theology to forensic justification of the Reformed theology; meta- ethical question of the meaning of faith; • ecclesiology founded on the paradigm of the communion of souls on the Trinity established in comparison with the her contemporary ecclesiology, committed on the question of the relationship between civil law and legislation of the Church, • question of personal consciousness in ecclesial life. the possible origin of a new analogical/metaphorical language on God. KEYWORDS - Reason, faith, hermeneutical reflection, the Christological question, the doctrine of original sin, the nature of the church, the analogical language; the metaphorical language La tesi fondamentale del lavoro è che, in realtà, l’argomentare di Kant, anche forse al di là delle sue esplicite affermazioni, nella Religione entro i limiti della sola ragione è abbondantemente all’interno della fede, senza per questo affermare che quest’opera sia compiutamente e immediatamente uno scritto di fede. La fede, infatti, forma,

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KANT: LA RELIGIONE NEI LIMITI DELLA SOLA RAGIONE

IL PUNTO D’ARRIVO DI UN PERCORSO

SULL’ERMENEUTICA DELLA FEDE

SOMMARIO - 1.La riflessione sulla religione di Kant all’interno dell’argomentare

nella fede: elementi euristici, ambiguità e criticità 2. Il superamento dell’ontoteologia

nella prospettiva ermeneutica di Kant 3. Peccato originale, cristologia, ecclesiologia

nell’ermeneutica kantiana 4. La questione della coscienza: Kant anticipa John Henry

Newman e il Vaticano II 5. Un linguaggio teologico analogico/metaforico

ABSTRACT - In this paper, it is proposed a new reading of philosophy of The Religion

within the Boundaries of mere Reason of Kant , in light of: The Critique pure Reason,

The Critique of Practital Reason , The Opus postumum

It is believed that , right from the Kantian reflection on religion , it is possible to

tackle questions related to the organic renewal of the language of theology and of faith

in general.

The work, in fact, notes that the reflection of Kant on religion is:

• hermeneutical reflection;

• kenotic Christology, even in comparison with the liberal theology of von Harnack;

• reflection on original sin, privileging the actual justification of the Catholic

theology to forensic justification of the Reformed theology;

• meta- ethical question of the meaning of faith;

• ecclesiology founded on the paradigm of the communion of souls on the Trinity

established in comparison with the her contemporary ecclesiology, committed on the

question of the relationship between civil law and legislation of the Church,

• question of personal consciousness in ecclesial life.

the possible origin of a new analogical/metaphorical language on God.

KEYWORDS - Reason, faith, hermeneutical reflection, the Christological question, the

doctrine of original sin, the nature of the church, the analogical language; the

metaphorical language

La tesi fondamentale del lavoro è che, in realtà, l’argomentare di Kant, anche forse al

di là delle sue esplicite affermazioni, nella Religione entro i limiti della sola ragione è

abbondantemente all’interno della fede, senza per questo affermare che quest’opera sia

compiutamente e immediatamente uno scritto di fede. La fede, infatti, forma,

2

kuhnianamente1, il paradigma all’interno del quale Kant colloca il suo argomentare e

giunge ad esplicitare razionalmente ciò che il paradigma suggerisce ancora come

ipotesi, implicite, azzardate2. Possiamo anche dire che la pura ragione kantiana in

quanto tale posta all’interno della fede della chiesa3, giunge a svolgere le questioni della

cristologia, del peccato originale, dell’ecclesiologia in modo tale che il Dio

dell’ontoteologia della Critica della ragion pura4, il Dio postulato a fini meta-etici nella

Critica della Ragion pratica5, progressivamente sembra acquisire gli attributi del Dio di

Gesù Cristo proprio nella Religione nei limiti della sola ragione 6. Kant pare quindi

poter giungere a formulare una vera e propria filosofia teologica7 , in modo tale che il

Dio della filosofia - il Dio che nella Critica della Ragion pura Kant chiama il Dio della

fede morale, fondamento necessario del Sommo Bene 8- sembra trasformarsi e

coincidere, anche al di là della concettualità che lo stesso Kant continua a mettere in

campo e che sembra tradire la dinamica dell’elaborazione kantiana9, con il Dio di

Abramo, Isacco, Giacobbe, di Gesù Cristo: il Dio della fede dottrinale fondata sulla

rivelazione, percorsa sempre dal dubbio e, tuttavia, irrinunciabile10.

E’ evidente che nella esplorazione/elaborazione di un paradigma, o nella

argomentazione di una fede, svolti accettandone come principio costruttivo la rete

concettuale, e nello stesso tempo, avendo ancora verso quella stessa rete concettuale,

quel paradigma, i dubbi che abbiamo appena conosciuto in Kant11, il discorso di Kant

stesso non può non conoscere l’emergere della razionalità disegnata dal filosofo di

1 T. KUHN La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino4 1978 [ The Structure of

Scientific Revolution, Chicago 1970] 29ss. 2 T. KUHN La struttura 65; Popper K.R. Logica della scoperta scientifica Einaudi Torino5 1970 [ The

Logic of Scientific Discovery 1934] 307 3 E. JÜNGEL Dio mistero del mondo , Queriniana Brescia 1982 [Gott als Geheimnis der Welt 1 9773], .

219, nota 17 4 I. KANT Critica della ragion pura Laterza Bari 1977 [Kritik der reinen Vernunft, Riga2 1787]

459[d’ora in poi. Critica 1] 5 I. KANT Critica della ragion pratica Laterza, Bari, 1972 [ Kritik der praktischen Vernunft, Riga

1797]. 150ss.[d’ora in poi: Critica 2] 6 I. KANT La religione entro i limiti della sola ragione Laterza Bari 1980 [Die Religion innerhalb der

Grenzen der blossen Vernunft Könisberg 1793]. 63ss; W. Weischedel Il Dio dei filosofi il melangolo

Genova 1988, [ Der Gott der philosophen 1971] 218ss. 7 W. Weischedel si muove nella convinzione che il Dio dei filosofi e il Dio di Abramo, Isacco,

Giacobbe siano in realtà lo stesso Dio, con l’unica differenza che il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe è

attinto attraverso la rivelazione, mentre il Dio dei filosofi è cercato e meditato attraverso “quell’arduo atto

di culto che è il pensare critico (LETTERIO M. Nota a W. WEISCHEDEL Il Dio, p. 13). La nostra ipotesi è

che, in realtà, l’arduo atto di culto del pensiero critico che perviene a definire il Dio dei filosofi allo stesso

modo del Dio della rivelazione può giungere anche in Kant a tale obiettivo perché si trova in realtà già da

sempre all’interno del paradigma formato dalla rivelazione: si può pensare nella fede anche senza fede

personale propriamente detta perché si pensa nella fede della chiesa. 8 I. KANT Critica. 1, 627, I. KANT Critica 2, 167. 9 I. Kant Critica 1, 627; S. TRAVAGLIA Metafisica ed etica in Kant, Cedam Padova 1972 p. 309; I.

KANT La religione. 1980, 62ss. Qui Kant introduce la questione cristologica, in cui, come vedremo, il Dio

del filosofo massimamente si avvicina al Dio della fede come tema, davvero riduttivo, proprio della fede

morale più che della fede dottrinale, dell’« idea personificata del buon principio» 10 I. KANT La religione, 63ss; I. KANT Critica 1, 627 11 I. KANT Critica. 1, 627; I KANT La religione, 185ss; S. TRAVAGLIA Metafisica ,. 309

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Könisberg per la pura ragione che ancora sta cercando una sintesi con i nuovi orizzonti

concettuali e di senso.

Proprio questo approccio che misura il dettato kantiano su grandi nodi dottrinali più

che su asserzioni di principio sembra essere il tratto di originalità di questo articolo,

almeno sulla base del testo di Cantillo12. Il tema diventa tanto più interessante se

ricordiamo che Gregorio XVI fu molto preoccupato dallo sforzo che il teologo Giorgio

Hermes nella sua Christkatholische Dogmatik, pubblicata dopo la morte dello stesso

Hermes nel 1831, andava facendo di accostare il pensiero di Kant sugli imperativi del

dovere e della coscienza alla teologia cattolica. Nonostante le rassicurazioni del

Vescovo di Colonia, Gregorio XVI fece esaminare le dottrine di Hermes da una sua

Commissione, e le condannò con la bolla Dum acerbissimas del 26 settembre 1835,

definendole «false, temerarie, erronee, capziose, scandalose»13.

1. Kant ermeneutico

La religione nei limiti della sola ragione è il punto d’arrivo epistemologico

dell’ermeneutica della fede, che in altre opere kantiane ha avuto progressivamente

sviluppo, e il passo decisivo per la nascita della filosofia religione come sapere

autonomo 14

La religione nei limiti della sola ragione è il momento in cui il pensare il sistema

uomo-Dio si specifica secondo la prospettiva su Dio definita da Kant nel sistema delle

Critiche.

Il nostro lavoro, nello stesso tempo, ritiene essenziale completare il disegno tracciato

ne La religione nei limiti della sola ragione con l’approccio alla “questione Dio” che

Kant propone nell’Opus postumum. Qui, infatti, Kant pone la questione della

linguisticità di Dio, anticipando a suo modo la questione ermeneutica della linguisticità

dell’essere e dei suoi esiti teologici15.Il primo è senza dubbio l’assonanza che è

possibile cogliere tra il tema della linguisticità dell’essere e dell’ascolto – a suo modo

un’ermeneutica 16- del suo dire originario e i temi della mistica cristiana, da Eckart fino

ad Ignazio 17La teologia ermeneutica mostra poi « la storia come storia del linguaggio e

12 CANTILLO G. Religione, in BESOLI- LA ROCCA-MARTINELLI (curr.) L’universo kantiano. Filosofia,

scienze, sapere. Quodlibet Macerata 2010,. 437-464.. A questo testo rinvio anche per tutti i tratti generali

dell’analisi del testo kantiano dal punto di vista più strettamente proprio della filosofia della religione,

privilegiando in questo lavoro l’approccio prevalentemente teologico-dogmatico, come ho esposto nell’

introduzione. 13 CORDOVANI M. Gregorio XVI difensore della fede, in Miscellanea Historiae Pontificiae vol. XIII

Gregorio XVI, Pontificia Università Gregoriana Roma 1948, 130; Gregorio XVI Dum acerbissimas, in

Enchiridion delle encicliche: Gregorio XVI, Pio IX (1831-1878) (a cura di LORA E. SIMIONATI R.) 1996,

910ss. 14 CANTILLO Religione , 438; E. TROELTSCH, L’autonomia della religione, (1895-1896), Napoli 1996.

55ss 15 M. HEIDEGGER In cammino verso il linguaggio, Milano 1973 [Unterwegs zur Sprache , 1959], 28-

82 16 GADAMER H.G. Verità e metodo, Milano Bompiani 1983 [Wahreit und Methode 1972], 502ss. 17 H.U. BALTHASAR Gloria. Nello spazio della metafisica. L’epoca moderna (1965), Milano 1978

[Herrlichkeit . Im Raum der Metaphysik, 1965], 389ss.

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il linguaggio come la nostra possibilità più propria» . In questa prospettiva Gesù è il

portatore della parola che annuncia in forma di similitudini la parola ultima sul Padre.

E’ nella partecipazione a questa storia del linguaggio che si realizza l’autocomprensione

dell’uomo nella fede (Gv. 16,25)18. Per questo definiamo la riflessione kantiana su Dio

come interna al paradigma ermeneutico19.

2. Le Critiche

Le Critiche, innanzitutto, vedono l’uscita dall’ontoteologia. Kant va oltre il sistema

uomo-Dio pensato dall’ontoteologia, che mostrerà tutti i suoi limiti nella scepsi

heideggeriana20. E’ una strada oggi percorsa in almeno due modi:

Dio/ carità come Dio «senza l’essere»21;

Dio non più necessario - secondo la prova ontologica dell’esistenza di Dio, così

come tratteggiata da Cartesio - ma «più che necessario», essendo decisamente al di

sopra di ogni argomentare umano sull’ente 22

Kant, in prima istanza, promuove nella Critica della ragion pura la scepsi di Dio

come oggetto della ratio cognoscendi. Tutte le tradizionali prove dell’esistenza di Dio si

rivelano insostenibili. Dall’organizzazione della natura non si può inferire – prova

fisico/teologica- l’onniscienza e l’onnipotenza di Dio. Dall’esistenza del contingente

non si può ricavare – prova cosmologica- la necessità di Dio. La prova più solida,

osserva Kant, sembra alla fine quella ontologica, lungo la curva che va da Anselmo a

Cartesio. Commette, però, l’errore di trattare l’esistenza come un predicato inferibile

analiticamente, come tutte le altre perfezioni, mentre è, in realtà, un giudizio sintetico,

che esige l’esperienza: l’esistenza «si mostra» , non «si dimostra»23.

La Critica della ragion pratica mostra che Dio - insieme con la libertà e

l’immortalità - è l’orizzonte che la ragione può contemplare, anche se come semplice

postulato, superando i limiti del fenomenico. Solo Dio può garantire il sommo bene,

come il pervenire alla felicità lungo le vie della virtù segnata dall’imperativo categorico

e dal rifiuto di ogni motivazione utilitaristica dell’agire morale24. Kant riaffermerà

questo principio nella Critica del giudizio25

L’aver fatto della ratio existentiae la via d’accesso a Dio, fa di Kant, in qualche

misura, l’anticipatore della teologia esistenziale che, passando per Kierkegaard, giunge

al Barth del commento a L’epistola ai Romani26.

18 E. FUCHS. Ermeneutica, Milano 1974, [ Hermeneutik 1954] 124.210-212. 19 H. G. GADAMER Verità, 512ss; CAMERA Ermeneutica, 529ss. 20 M. HEIDEGGER Identity and Difference Harper & Row New York 1969, 42ss; W.K. KASPER Il Dio

di Gesù Cristo ) Brescia 1984 [Der Gott Jesu Christi, Mainz 1982] 207ss. 21 J.L. MARION Dio senza essere, Milano1987 [ Dieu sans l’ être, 1982] 19;133;170. 22 E. JÜNGEL Dio, 151-170; 54. 23 I. KANT Critica 1. 467ss. 24 I. KANT Critica 2 150ss; Kant Critica del giudizio, Laterza Bari 1974, [Kritik der Urtheilskraft,

1790], 335.[d’ora in poi: Critica 3] 25 I. KANT Critica 3, 333ss. 26 G. MIEGGE Introduzione all’edizione italiana, in K. BARTH L’epistola ai Romani, Feltrinelli

Milano 1978, [Der Römerbrief Zürich 1954] XIIIss; S. Travaglia Metafisica , 309

5

3. La religione nei limiti della sola ragione

A questo punto il pensare/parlare Dio non può che seguire le vie di come Dio si è

manifestato nella storia della salvezza. Il cristianesimo, appunto.

La religione nei limiti della sola ragione non è, quindi, né la riduzione del

cristianesimo a religione naturale, né la presentazione del cristianesimo come religione

adeguata alla religione razionale;27, anche perché, come vedremo, parlare tout court di

cristianesimo, vista la complessità del cristianesimo stesso, è, almeno riduttivo. Kant,

poi, in questa complessità sceglie sempre la via più difficile, come a dire che la sua

ermeneutica è tutt’altro che riduzione della fede a semplice morale E’, piuttosto, una

esplorazione teologico- dottrinale del sistema uomo-Dio datosi nell’esperienza storico-

salvifica che ha origine in Gesù e che continua nella chiesa, secondo la scepsi che le

Critiche hanno argomentato come punto d’arrivo necessario, dopo la crisi

dell’ontoteologia: Dio si mostra, non si dimostra. Da questo punto di vista mi sembrano

non cogliere il bersaglio quelle critiche all’approccio alla religione di Kant che insistono

sul silenzio che Kant impone alla ragione sulla questione Dio/salvezza. Si tratta, con

tutta evidenza, di una prospettiva critica ancora legata all’ontoteologia e sorda al fatto

che, alla fine, per il Kant della Religione nei limiti della sola ragione, la salvezza è

«assistenza soprannaturale del cielo» – e cioè: grazia - come afferma in una bozza di

lettera a Matern Reuss28 e come argomenta chiaramente a proposito dell’uscita dalla

condizione dell’uomo dopo il peccato originale. Già per la Critica della ragion pratica

è, a ben vedere, grazia che la virtù conduca alla felicità. Sfugge, insomma, a queste

letture critiche, che lo spettro della ragione kantiana, all’uscita dalle tre Critiche, è più

ampio e complesso di quanto esse lo disegnano .

Kant chiarisce del resto che il suo interpretare il testo rivelato e la fede della chiesa si

muove nella logica di Paolo (2 Timoteo III,16) e Giovanni: trovare i modi e le vie

secondo i quali « lo Spirito ci conduce alla verità (GV. XVI, 13)»29.

In questo quadro, il continuo riferirsi di Kant al sistema ermeneutico che egli ha

costruito, il sistema della ragion pura e in particolare della ragion pratica , altro non è

che l’esplicitazione puntuale dell’orizzonte generale di senso a partire dal quale viene

svolta l’interrogazione/interpretazione, anche ai fini della costruzione integrale del

significato meta-etico della stessa dottrina kantiana. A proposito del peccato originale,

Kant, come vedremo, commenterà: « de te fabula narratur»30. Non possiamo

dimenticare, del resto, che in Kant la questione morale, come ratio existentiae, è anche

la via d’accesso all’esperienza di fede.

Fino a qui, la riflessione kantiana ci porta a scoprire Kant come precursore della

demitizzazione

Intendo qui per demitizzazione il processo critico-ermeneutico in cui il dato

teologico/dogmatico viene riletto per coglierne il permanente significato veritativo alla

luce della istanze plurali della ragione. Rudolf Bultmann, il massimo teorico della

27 OLIVETTI Introduzione, in Kant I. La religione entro i limiti della sola ragione Laterza Roma-Bari

1980; CANTILLO Religione., 464. 28 CANTILLO Religione. 453. 29 KANT La religione 1980,. 121. 30 ivi , 44.

6

demitizzazione 31 non a caso fonda il proprio approccio sulle radici culturali

neokantiane/marburghesi 32 Ed ancora neokantiano è il filosofo italiano Antonio Banfi,

che pure si muove sulla linea della demitizzazione della fede 33Kant, però fa un passo

successivo, introducendoci nella questione ermeneutica in senso proprio, che potremmo

definire in questo modo: il discorso su Dio consapevole di essere ascolto/interpretazione

di un Dio che si rivela origine e donatore del discorrere stesso. Seguiamo, per questo,

l’Opus postumum e La religione nei limiti della sola ragione.

4. L’Opus postumum e il metodo de La religione nei limiti della sola ragione

Alla fine della riflessione, anche alla luce dell’Opus postumum compreso, dal punto

di vista epistemologico il sistema che Kant ha costruito si propone come sistema

ermeneutico e sembra sintetizzabile, in tre punti:

1. «Dio e uomo costituiscono un unico sistema»34,

2. questo sistema non costituisce una realtà in sé ma si dà solo all’interno del pensare

umano «l’idea Dio, non di Dio, perché questo sarebbe un oggetto pensato come

esistente in sé»35;

3. questo, però, non significa che il sistema uomo-Dio sia un sistema soggettivistico,

in cui Dio stesso diventa in qualche modo oggetto disponibile agli interessi e alle

tendenze individuali. È, piuttosto, un sistema in cui Dio è accolto nei principi generali

della ragione pura, che vedremo più avanti avere inscritta la volontà divina 36Tali

principi il singolo deve ascoltare/obbedire, allo stesso modo in cui il «mi piace» deve

cedere il posto al «bello»37 e il volere individuale deve obbedire al dettato della ragion

pura pratica38. È, quindi, un orizzonte generale di significato che trascende ogni

significato particolare. In questo modo è assicurata la trascendenza del Dio che esso

accoglie e che si propone di ascoltare/interpretare.

Kant sembra anticipare il linguaggio come luogo imprescindibile dello svelarsi

poetico della verità e del mantenersi dell’alterità del linguaggio originario in relazione al

linguaggio che tenta di ascoltarlo/dirlo. E’ questo, oggi, un consolidato risultato della

riflessione filosofico/ermeneutica del linguaggio di Martin Heidegger39 e della

riflessione teologica ermeneutica a lui collegata40.

A partire da queste considerazioni, nella Religione si attiva un processo articolato in

questo modo:

31 R. BULTMANN Credere e comprendere) Queriniana Brescia 1977 [ Glauben und Verstehen

Tübingen5 1975] 565-588. 32 I. MANCINI Demitizzazione, in G. Barbaglio, S. Dianich (curr.) Nuovo dizionario di teologia Roma

1979, 301 33 A. BANFI Esperienza religiosa e coscienza filosofica, Urbino 1967, 162. 34 I. KANT Opus postumum ( edited by Förster) Cambridge 1993 219. 35 I. KANT Opus 240 ss; V. MATHIEU L’Opus Postumum di Kant, Napoli 1991, 270-271. 36 I. KANT La religione 112. 37 I. KANT Critica. 3, 55ss. 38 I.KANT Critica. 2, 51ss. 39 Heidegger M. In cammino 28-82 40 E. FUCHS Ermeneutica 124ss; BALTHASAR Gloria .389ss.

7

lo svelarsi del sistema Dio-uomo nella parola biblica;

l’ascolto di questo dirsi del sistema Dio-uomo nella parola biblica e del parlare

di Dio che la accompagna misteriosamente e graziosamente, in qualche modo

certificandola come propria41;

questo ascolto avviene con gli strumenti del parlare della relazione Dio-uomo

che Kant ha costruito nelle Critiche, ai quali lo stesso Dio non è estraneo 42 e che altro

non sono che l’orizzonte generale di senso a partire dal quale viene svolta

l’interrogazione/interpretazione43;

così l’ermeneutica giunge a cogliere nella parola biblica le forme più originarie e

significative dell’articolarsi cristiano del sistema uomo-Dio.

5. Gesù: la perfezione del sistema uomo-Dio nella persona del Verbo incarnato

Gesù è, secondo l’ermeneutica della Religione nei limiti della sola ragione44, il

momento della storia umana in cui - una sola volta e una volta per tutte - si realizza

compiutamente, straordinariamente, il co/appartenersi di Dio e dell’uomo nell’ unico

sistema, faticosamente, oscuramente pensato, custodito, narrato dal prologo del vangelo

di Giovanni e dall’inno cristologico della lettera ai Filippesi (Gv 1,14; Fil 2,6-10), che

Kant parafrasa e riarticola abbondantemente senza citare. In Gesù, continua Kant,

citando ancora Giovanni (I,12), Dio ha amato il mondo e solamente in Lui « per

l’adozione delle sue intenzioni noi possiamo avere la speranza di diventare figli di

Dio»45.

In questo Gesù, teologicamente definito come Figlio unigenito di Dio, Verbo eterno

che ha conosciuto l’abbassamento alla condizione umana vi è da tutta l’eternità l’uomo

gradito a Dio e conforme al dettato della pura ragione. A lui bisogna rifarsi per avere «il

modello dell’intenzione morale in tutta la sua purezza»46, nella certezza che l’azione

dettata secondo questa intenzione è anche azione gradita a Dio.

È a mio avviso evidente che non vi è, come alcuni critici sembrano sostenere47,

alcuna riduzione della persona di Gesù ai paradigmi puramente etici che Kant avrebbe

costruito nella Critica della ragion pratica. E questo per due motivi:

La Critica della ragion pratica non è, come ho più volte argomentato, una pura

dottrina morale, ma è anche l’apertura della fede alla ratio existentiae;

è chiaro il tentativo kantiano di mostrare che il suo ideale di uomo è adeguato

alla persona di Gesù narrata nella fede da Giovanni e dalla lettera ai Filippesi.

41 I. KANT La religione 121; K. RAHNER Uditori della parola Borla Roma 1977 [Hörer des Wortes

München1941], 195ss. 42 KANT La religione 112 43 ivi. 44; FUCHS Ermeneutica, 126ss. 44 KANT La religione, 63ss. Abbiamo già ricordato i limiti originari in cui l’elaborazione kantiana si

sviluppa; I. KANT La religione. 1980, 62ss introduce la questione cristologica, in cui, come vedremo, il

Dio del filosofo massimamente si avvicina al Dio della fede come tema, davvero riduttivo, dell’« idea

personificata del buon principio». Qui, in realtà, la fede morale sembra ancora prevalere sulla fede

dottrinale. 45 ivi 63ss. 46 ivi 63ss. 47 I. MANCINI Introduzione all’edizione italiana, in K. BARTH Dogmatica ecclesiale (1932), Bologna

1968, XIV.

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Se così non fosse, del resto, non avrebbe neppure senso l’affermazione che vedremo

fare a Kant di a proposito del peccato originale, con esplicita citazione giovannea: Gesù

è l’artefice della nuova creazione che apre l’indeducibile via d’uscita alla situazione

prodottasi con il peccato originale.

Per quanto riguarda l’accentuazione che Kant fa del tema morale a proposito

dell’uomo di cui Cristo è prototipo48, vale la pena ricordare che:

1.come abbiamo già detto, la fede ha con la morale almeno un ruolo di significato

meta-etico;

2. il convergere dei principi della moralità umana, del resto ispirata originariamente

da Dio 49 con i principi dell’etica cristiana è in sintonia con Tommaso d’Aquino 50;

3. secondo la Critica della ragion pratica solo Dio, in un orizzonte che si potrebbe

definire escatologico, è garante del coincidere di virtù e felicità: anche per questo la

questione della libertà, che fonda la moralità, è anche il nodo che apre l’esistenza alla

fede 51

E’ del tutto evidente, dunque, che l’ermeneutica kantiana è qualcosa di molto diverso

da una riduzione del mistero cristiano ai territori possibili per la razionalità umana di

molto di più del semplice assestarsi della ragione sulla religione rivelata. Vi è piuttosto

un’ermeneutica che sceglie e percorre le vie più difficili e paradossali del cristianesimo.

Potremmo quasi dire: Kant anticipatore dell’inquieto Kierkegaard52, piuttosto che del

riduttivo von Harnack, secondo il quale ogni discorso sulla divinità di Gesù è

storicamente ingiustificato53.

6. Peccato originale: pensare la frattura originaria del sistema uomo-Dio

Le riflessioni kantiane hanno come oggetto il testo di Genesi 3, se dichiarato come

«Mosé» , secondo l’opinione più diffusa tra i teologi fino a tutto il XIX secolo, che

vedeva appunto nello stesso Mosè l’autore di tutto il Pentateuco54.

Le riflessioni kantiane si inseriscono, a mio avviso, nel dibattito che si sviluppa tra

mondo della riforma e chiesa cattolica.

Ripercorriamo, intanto, il testo kantiano. Kant55 si dichiara d’accordo con la Scrittura

nel rappresentare l’origine del male in un fatto, eticamente imputabile accaduto nella

storia della specie umana e in uno stato di innocenza, quando, cioè, era garantita la

libertà dell’agire peccaminoso. Questo fatto è il « peccatum originarium»56.

Da questo momento in poi si è diffusa nella storia umana una tendenza al male che è

possibile anche chiamare «peccatum derivativum», «male radicale» , un «vizio»

generatore dei peccati successivi57. Per alcuni aspetti analoga alla concupiscenza della

48 I. KANT La religione, 63ss. 49 ivi 112. 50 TOMMASO D’AQUINO Summa theologiae (1265-1274) Roma 1962 I-II, q.19 51 KANT Critica 2, 150ss . 52 S. KIERKEGAARD, Esercizio del cristianesimo (1850), in Fabro C. ( a cura) Kierkegaard S. Opere,

Firenze 1972, 808ss. 53 HARNACK L’essenza del cristianesimo, Brescia [Das Wesen des Christentmus , 1900] 2003, 215. 54 MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, Brescia 1986, 207 55 KANT La religione, 40ss. 56 Ivi , 31. 43 57 Ivi 31.33

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dottrina cattolica su cui torneremo poco più avanti. Da questo punto di vista, quando si

afferma che l’uomo, dopo peccato originale, è “cattivo per natura”, non si intende dire

che la cattiveria è divenuta caratteristica intrinseca alla natura umana, tanto da renderla

direttamente inferibile dal concetto stesso di natura58. Si intende piuttosto esprimere un

dato d’esperienza di tipo statistico , quasi alla Hume59: da quel che si sa, l’uomo non

può che essere giudicato cattivo60. Tradurre questo dato d’esperienza in termini

ontologici, e quindi necessari, di «natura», conclude Kant, ancora in modo non diverso

dalle sue riflessioni su Hume nella Critica della ragion pura61 è scorretto e finisce per

nascondere il fatto che il male è pur sempre riferibile alla libertà/moralità62.

Kant è anche convinto che lo stato peccaminoso in cui è caduto l’uomo non sia

irreversibile e che «non possa essere negata la possibilità del risollevamento» 63. Questo

perché, come Kant ha già spiegato, il peccato originale non pone un problema di natura

buona divenuta irrimediabilmente cattiva. Pone, piuttosto, un problema di legge morale

da ripristinare, umanamente arduo, ma possibile nella nuova creazione operata da Gesù

(Giovanni III,5)64. Così è possibile dire, anche per Kant, che «la grazia di Dio rende

liberi»65.

Vale a questo punto la pena riassumere le posizioni che su questo tema assumono la

chiesa cattolica e la riforma protestante

Lutero ritiene che il peccato originale abbia corrotto irrimediabilmente la natura

umana, così che la giustificazione può essere solo estrinseca, «forense», analoga alla

sentenza assolutoria pronunciata , per grazia, in un procedimento giudiziario, pur nel

permanere del peccato. A condurre Lutero su questa strada sono alcuni versetti del

salmo 32(31) e l’interpretazione che ne dà Paolo nella lettera ai Romani (Rm 4,7)

La Chiesa cattolica, al contrario, ritiene che il peccato originale, pur nelle sue

conseguenze gravissime, non sia giunto ad intaccare la natura umana, così che la

concupiscenza, che permane dopo il battesimo, non costituisce peccato66. Questo perché

nulla, nemmeno il peccato può far sì che l’uomo sia distolto dal disegno di Dio per lui.

In questo senso deve essere interpretato anche Tommaso d’Aquino quando, nella

Summa theologiae67 parla del peccato come corruttore della natura umana. Ad essere

corrotta, non è la natura in quanto tale ma la natura nel suo estrinsecarsi nell’agire,

diventata incapace di rivolgersi a Dio stesso68. E la grazia non è meramente «forense»

ma «effettiva», rende di nuovo, effettivamente «giusti»69.

58 ivi. 32 59 ivi 42 60 ivi.32 61 KANT Critica. 1, 42 62 KANT La religione. 35 63 ivi. 48 64 ivi 50-51 DENZINGER SCHÖNMETZER Enchiridion Symbolorum Definitionum et Declarationum de

rebus fidei et morum Herder Verlag 1965 pp. 368 65 PESCH Liberi per grazia Antropologia teologica, Brescia 1983 376-401. 66 DENZINGER-SCHÖNMETZER Enchiridion, 366ss; MONDIN B. L’uomo secondo il disegno di Dio:

trattato di antropologia teologica, Bologna 1992 80. 67 TOMMASO D’AQUINO Summa I, 95, 1 c.; 98, 2c. 68 PESCH Liberi, 168. 69 Per un’analisi completa della questione del peccato originale, che non rientra nell’economia di

questo lavoro, rinvio a:

10

L’ermeneutica di Kant, dunque, nell’attenzione alla libertà della ragione umana

appresa/affermata nella Critica della ragion pratica, giunge a confermare sul peccato

originale la posizione cattolica più che la posizione luterana. E’ questa posizione che

meglio di tutte realizza l’orizzonte di senso a partire dal quale Kant aveva posto

l’interrogazione e l’analisi del testo. Kant lo afferma esplicitamente citando le Orazio: «

mutato nomine de te fabula narratur»70.

7. Chiesa: come pensare l’identità del sistema uomo-Dio fattosi sistema sociale

Dal ’600 fino alla metà dell’800, uno dei temi fondamentali della riflessione

ecclesiologica è il rapporto tra società civile e società religiosa, proponendosi pur

sempre la chiesa come società perfetta dei cristiani, gerarchicamente costituita sulla

base del mandato di Cristo a Pietro e, quindi, sul papa, con sede a Roma, in quanto

successore di Pietro. È una interazione che porta spesso la società civile ad assumere i

tratti della società religiosa, ma anche la società religiosa, come osservava Rosmini, ad

assumere comportamenti e strumenti propri della società civile. Gli esiti di questa linea

sono spesso esiti assolutistici e teocratici. A contrastarli vi è, tra gli altri, il vescovo

Bossuet (1627-170), figura per molti aspetti caratteristica di queste tensioni. Bossuet,

infatti, si oppone alle tendenze neo- ultramontane, teocratiche e assolutistiche favorevoli

al centralismo papale in nome di un moderato gallicanesimo, che tendeva a riformare la

chiesa francese sul modello della chiesa anglicana, conquistando, quindi, spazi di

autonomia dal papato a favore del re71.

Kant giunge a un esito ben diverso.

Sviluppa, infatti, le linee di una propria e diversa ecclesiologia, che quasi certamente

non avrebbe sollevato obiezioni nel pur critico Rosmini72. Muovendosi esplicitamente

sulla base dell’assunto che la religione e gli statuti della ragion pura si sviluppano in

sintonia, ma forse - visti i riferimenti agli inni cristologici, che già abbiamo conosciuto -

anche sulla base degli Atti degli apostoli - Atti 4, 32, ad esempio - Kant giunge ad

affermare che la chiesa non è una società dagli statuti umani, ma una comunità fondata

1) Pesch, già più volte citato, 229ss. A questo testo rinvio anche per l’analisi approfondita del tema,

che attraversa lungo i secoli tutta la riflessione teologica, riguardante i modi di trasmissione del peccato

originale, di cui pure Kant, da buon filosofo della religione, si occupa nelle pagine che andiamo

esaminando. Noi non ce ne occupiamo perché non immediatamente pertinenti l’economia di questo

lavoro;

2) SCHOONENBERG P. L’uomo nel peccato, in FEINER J., LÖRER M. (curr.) Mysterium salutis, volume

4 de La storia della salvezza prima di Cristo, Brescia, 1970, 589-720

3) SERENTHÀ L. Peccato originale, in SERENTHÀ L.-ARDUSSO F.-FERRETTI G.- GHIBERTI G.-MOIOLI

G.-MOSSO D.-PIANA G.(direttori) Dizionario teologico interdisciplinare, Genova 1977 Volume 2 690-

706. 70 KANT La religione. 44; QUINTO ORAZIO FLACCO (30 a.C.) Satire I, 1,69, in Colamarino T., Bo D.(a

cura) Quinto Orazio Flacco, Tutte le opere, Torino 2003, 92. 71 MARTINA Storia della chiesa Pontificia Università Lateranense Roma1980, 208ss; DENZINGER

SCHÖNMETZER Enchiridion Symbolorum Definitionum et Declarationum de rebus fidei et morum, Herder

Verlag 1965 887; AUBERT R., BECKMANN J. CORISH P.J., LILL R. Liberalismo e integralismo tra stati

nazionali e diffusione missionaria 1830-1870, , in JEDIN R. ( a cura) Storia della chiesa, Milano 1977,

volume VIII/2, 472. 72 ABBAGNANO N. Storia della filosofia. Filosofia del Romanticismo. Filosofia tra il XIX e il XX

secolo, Torino 1982, 244.

11

su una comunione d’anime governata da Dio Trinità. La chiesa, infatti, secondo Kant è

convocata dal Padre che il Figlio ci ha rivelato ed è percorsa da una fede religiosa pura

in cui si forma “una riunione d’anime, spontanea, generale, durevole “73. Nella chiesa la

moralità consiste nel rispettare la libertà dei figli di Dio (Paolo ai Romani VIII, 21) 74

Da questo punto di vista deve essere interpretata anche la dialettica che Kant disegna

ne Il conflitto delle facoltà (1798) tra la fede religiosa, originata da questa libertà, e la

fede ecclesiastica, fondata sulla subordinazione all’autorità 75. Su questo torneremo

poco più avanti, mostrando che, in realtà, non si tratta di un approccio estraneo alla

stessa riflessione cattolica

Potremmo anche dire che Kant ha ben chiaro il principio fondante la chiesa – è Dio

stesso a fondarla- lasciando il resto sullo sfondo76. Da questo punto di vista Kant solleva

obiezione su una concezione della chiesa:

a) di tipo monarchico a partire dal ruolo del papa;

b) di tipo aristocratico, a partire dal ruolo dei vescovi;

c) di tipo democratico, in quanto caratterizzata dalla leadership di alcuni intellettuali

–“settari”- illuminati77. Così si riduce tutto ciò che di antropomorfico e contrario alla

ragione pura vi è nella chiesa e nelle religioni positive78.

In questo quadro, il luogo dell’interlocuzione fondamentale normativa tra Dio e

l’uomo, è la « legislazione morale pura … per mezzo della quale la volontà divina è

originariamente scritta nel nostro cuore”79. Non mi sembra difficile ricondurre il dettato

kantiano alla dottrina sulla centralità della coscienza di John Henry Newman, e nello

stesso Concilio vaticano II°, che, nella Costituzione Gaudium et Spes, al n. 16, definisce

la coscienza il “sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona

nell’intimità»80.

Vale tuttavia la pena ricordare qui, a sottolineare la centralità ecclesiologica della

riflessione kantiana la celebre affermazione di J.H. Newman nella sua Lettera al Duca

di Norfolk: ”Se fossi obbligato a introdurre la religione nei brindisi … brinderò se volete

al papa, tuttavia prima alla coscienza e poi al papa”81.

8. Conclusioni

Non è certo mia intenzione sottovalutare possibili fraintendimenti kantiani sulla natura

del cristianesimo. Mi pare, tuttavia, di aver indicato più di un motivo per il quale può

valere la pena riprendere in mano la filosofia della religione del pensatore di Könisberg

in vista del ripensamento del linguaggio teologico e della fede.

73 KANT La religione 109ss. 74 Ivi 198. 75 R. TOMMASI La forma religiosa del senso Edizioni Messaggero Padova 2009 148ss. 76 DENZINGER-SCHÖNMETZER Enchiridion. 885. 77 I. KANT La religione.109 78 I. KANT La religione 186ss; Banfi A. Esperienza, 162. 79 I. KANT La religione 112

80 I Documenti del Concilio Vaticano II , Roma 1976, 186. 81 J.H. NEWMAN Lettera al Duca di Norfolk Paoline, Roma 1999 [ A Letter Addressed to His Grace the

Duke of Norfolk on occasion of Mr.Gladston’s Recent Expostulation, 1875 , in A.S. RYAN (cur.) Newman

and Glandstone:The Vatican Decrees ,University of Notre Dame Press, 1962 ], 100.

12

La storia della teologia contemporanea ci ha già istruito sull’importanza che l’approccio

trascendentale kantiano ha avuto per lo sviluppo della teologia stessa grazie alla

riflessione rahneriana82.

La pista che si tratta ora di percorrere è esplorare in quale modo e in quale misura può

rivelarsi feconda l’esplorazione:

dell’argomentare kantiano nel merito stesso delle prospettive dottrinali, per

analizzare quali equilibri essi testimonino;

dell’intrecciarsi/incontrarsi nella riflessione teologica della ragion pura e della

ragion pratica;

della questione della linguisticità di Dio posta nell’Opus postumum;

in modo da giungere - come incoraggia Jüngel - ad una riconsiderazione

generale della natura stessa del linguaggio teologico e della sua dimensione

analogica83;

nella considerazione che proprio l’intrecciarsi nel linguaggio teologico della

facoltà di due diversi ambiti della ragione, e dei criteri di pertinenza semantica

dei loro linguaggi, rende ancora più importante la considerazione sul rapporto tra

analogia e metafora84

nella valorizzazione della particolare capacità euristica della metafora85: si pensi

al fatto che il trasferimento della semantica della ragion pratica -« legislazione

morale pura»- in ambito teologico permette a Kant di disegnare un rapporto

coscienza individuale-insegnamento magisteriale anticipatore delle riflessioni di

John Henry Newman86.

EUGENIO BASTIANON

Viale San Marco 119

30173 Venezia-Mestre

82 B. MONDIN I grandi teologi del secolo ventesimo. I teologi cattolici, Borla, Torino 1969 volume 1 ,

121 ss 83 E. JÜNGEL Dio, 346 ss.; KANT Critica 1 , 193 ss, KANT Critica 3, 346 84 P. RICOEUR La metafora viva, Jaca Book, Milano 1976 [La métaphore vive,1975] 372 85 P. RICOEUR La metafora 285. Si pensi anche all’efficacia euristica del trasferimento di tempio dalla

semantica religiosa alla semantica filosofica a proposito del rapporto tra essere e linguaggio: M.

HEIDEGGER Sentieri interrotti, La Nuova Italia, Firenze 1973 [Holzwege, Frankfurt am Main 1950]. Per

l’analisi dei processi propri del cambiamento di pertinenza semantica. P. RICOEUR Tempo e

racconto.volume1,Jaca Book, Milano 1986 [Temps et récit. Tome 1] 7 86 Sui possibili rapporti tra l’argomentare di Newman e l’argomentare di Kant, rinvio a R. PATTISON The

Great Dissent: John Henry Newman and the Liberal Heresy, Oxford University Press 1991, 169 SS.