Il Ratto di Elena di Reni e il Sucidio di Didone di Guercino come metafora di Maria de' Medici,...

21
PARTE II CRITICA LETTERARIA 1ª bozza 13-9-2011

Transcript of Il Ratto di Elena di Reni e il Sucidio di Didone di Guercino come metafora di Maria de' Medici,...

PARTE II

CRITICA LETTERARIA

1ª bozza 13-9-2011

IL RATTO DI ELENA DI RENI

E IL SUICIDIO DI DIDONE DI GUERCINO

COME METAFORA DI MARIA DE’ MEDICI,

FEMME FORTE DALL’ESILIO ALLA MORTE

Il Ratto di Elena di Guido Reni oggi al Louvre (Fig. 1), commissionato nel1627 e terminato nel 1628-1629, fu uno dei dipinti piu celebrati della sua epoca.1

Commissionato dal re di Spagna, Filippo IV d’Asburgo, con la mediazione delsuo ambasciatore a Roma, Inigo Velez de Guevara y Tasıs, quinto conte diOnate, e del cardinale Francesco Barberini, il dipinto era stato poi trattenutodall’autore, indignato dal comportamento del successore dell’Onate, ManuelFonseca y Zuniga, sesto conte di Monterey, e grazie alla mediazione del car-dinale Bernardino Spada, a quel tempo governatore della Legazione di Bolo-gna, era stato poi acquistato dalla regina madre di Francia. Ma Maria de’ Me-dici, fallito il colpo di stato da lei ordito contro il primo ministro di Luigi XIII,Armand Jean du Plessis, cardinale duca di Richelieu, era stata prima relegata aCompiegne, e aveva poi preso la via dell’esilio; il dipinto di Reni, rimasto inFrancia, era quindi entrato in possesso di un segretario di stato francese, ilmarchese Louis Phelipeaux de La Vrilliere. La regina non aveva neanche fattoin tempo a pagare il Suicidio di Didone (Fig. 2) che, sempre con la mediazionedello Spada, aveva commissionato a Giovanni Francesco Barbieri, dettoGuercino: quella tela sarebbe quindi rimasta in possesso del cardinale (ancoraoggi e a Roma, Galleria Spada).2 I due capolavori, che Maria de’ Medici nonriuscı mai a vedere, erano pero a lei indissolubilmente legati, e la loro icono-grafia finı per essere letta dai contemporanei come una metafora della sortedella sfortunata regina, morta in esilio nel 1642.

1 STEPHANE LOIRE, Ecole italienne, XVIIe siecle - 1. Bologne (Peintures italiennes du XVIIe siecledu Musee du Louvre) Paris, Reunion des Musees Nationaux, 1996, pp. 323-330.

2 La storia dei due dipinti e stata ricostruita piu volte, cfr. da ultimo ANTHONY COLANTUONO,Guido Reni’s ‘‘Abduction of Helen’’: the politics and rhetoric of painting in seventeenth-century Eu-rope, Cambridge, Cambridge University Press, 1997, pp. 14-51, con bibliografia precedente. Perquanto possibile, nelle note successive, si fara sempre riferimento a questo studio fondamentale.

Secondo quanto riportato da Carlo Cesare Malvasia, dopo che venne con-cluso l’accordo per la vendita del Ratto di Elena tra lo Spada, che agiva perinteresse di Reni, e Maria de’ Medici,

il denaro fu rimesso in Bologna per una di cambio di un mercante di Lione, al qualepoi resto il quadro giunto in quella citta, per essersi in tal tempo quella Maesta assen-tata dalla Francia.3

Cosı, con uno straordinario eufemismo, il biografo glissava sulla caduta indisgrazia della regina madre, che il 10 novembre 1630 (o, secondo altre rico-

94 STEFANO PIERGUIDI

3 CARLO CESARE MALVASIA, Felsina pittrice: vite de’ pittori bolognesi (Bologna, Davico, 1678),edizione a cura di Giampietro Zanotti, 2 vols., Bologna, Guidi all’Ancora, 1841, II, p. 30.

Fig. 1. GUIDO RENI, Ratto di Elena, Parigi, Louvre.

struzioni, l’11) aveva cercato di estromettere Richelieu dal governo.4 Se Maria

de’ Medici avesse acquistato il Ratto di Elena tra l’agosto del 1629, data a cui

risale la lettera allo Spada in cui la regina prendeva atto del rifiuto di Reni a

partire per la Francia senza menzionare il dipinto che le era stato implicita-

mente offerto, e il giugno del 1630, quando a causa della peste venne imposta

la quarantena a Bologna,5 la tela le sarebbe stata certamente subito inviata, e

l’avrebbe raggiunta qualche mese prima che cadesse in disgrazia. E ragione-

vole credere, quindi, che all’inizio dell’estate del 1630 il Ratto di Elena si tro-

4 JOHN HUXTABLE ELLIOTT, Richelieu e Olivares (Cambridge, Cambridge University Press,1984), Torino, Einaudi, 1990, p. 81.

5 MARIA TERESA DIRANI, Mecenati, pittori e mercato dell’arte nel Seicento: il ’Ratto di Elena’ diGuido Reni e la ‘Morte di Didone’ del Guercino nella corrispondenza del cardinale Bernardino Spada,«Ricerche di storia dell’arte», XVI, 1982, p. 85.

Fig. 2. GUERCINO, Suicidio di Didone, Roma, Galleria Spada.

95IL RATTO DI ELENA DI RENI E IL SUICIDIO DI DIDONE DI GUERCINO

vasse ancora invenduto a Bologna, ed era probabilmente ancora lı un annodopo, quando Guercino si mise in viaggio dalla sua Cento per andare ad ese-guire un ritratto del cardinale Spada.

Nel corso delle sue trattative con Maria de’ Medici per la vendita del Rat-to di Elena, il cardinale Spada aveva tenuto costantemente aggiornato France-sco Barberini, al quale il 7 luglio 1629 accennava alla possibilita di inviare inFrancia Guercino al posto di Reni.6 Il 23 luglio lo Spada procedeva quindia proporre il nome del Barbieri alla stessa regina, che rispose nella lettera da-tata 23 agosto gia citata.7 Guercino accetto l’accordo: egli avrebbe eseguito undipinto da inviare in Francia affinche Maria de’ Medici potesse giudicarne ilvalore. Il soggetto, pero, non lo scelse personalmente, preferendo lasciare que-sto compito a colui che gli aveva procurato la commissione. Cosı il 27 ottobredel 1629 lo Spada gliene propose uno, «l’historia o sia favola di Didone». Ilcardinale, che aveva garantito per Guercino, si sentiva ora in obbligo di segui-re la genesi del dipinto passo passo. Se da una parte, infatti, diceva di non vo-ler ‘legare’ o ‘stringere’ la mente dell’artista, dall’altra si raccomandava di es-sere messo a parte di quale composizione Guercino avrebbe infine elaborato:solo dopo egli avrebbe potuto «por mano a l’opra».8 Nessuna menzione, inqueste lettere, del Ratto di Elena di Reni.

Sia Anthony Colantuono sia Stephen D. Pepper hanno pero sostenuto l’i-potesi che il Suicidio di Didone sia stato concepito come pendant del Ratto diElena, ed entrambi hanno basato le loro interpretazioni del significato delledue tele, peraltro completamente divergenti, sulla presunta centralita della fi-gura di Enea in tutti e due gli episodi. L’identificazione con l’eroe troiano del-la figura che fa strada a Paride ed Elena nel quadro di Reni e pero tutt’altroche sicura.9 Il sigillo che orna il copricapo del soldato, giustamente identifica-to con una riproduzione dell’Ercole Farnese, e stato interpretato da Colantuo-no come un riferimento diretto alla monarchia spagnola, poiche gli Asburgo siritenevano discendenti di Ercole, e quindi Filippo IV sarebbe stato invitato aidentificarsi con colui che porta quel copricapo, il supposto Enea.10 Quindi,per Colantuono, in entrambi i dipinti Enea – Filippo IV – Spagna sarebbeuna figura negativa: da una parte, agevolando il rapimento di Elena, causereb-be la guerra di Troia; dall’altra, abbandonando Didone, ne provocherebbe il

96 STEFANO PIERGUIDI

6 Ivi, p. 86.7 Ivi, p. 87.8 Ivi, pp. 87-88.9 Nessuno dei componimenti poetici dedicati al dipinto indica quella figura come Enea, ne lo

avrebbe fatto in seguito lo Spada nella sua dettagliata descrizione del quadro, cfr. M.T. DIRANI, Me-cenati, pittori e mercato, cit., pp. 91-92.

10 A. COLANTUONO, Guido Reni’s ‘‘Abduction of Helen’’, cit., pp. 94-96.

suicidio. E, allegoricamente, lo Spada avrebbe detto a Maria che proprio l’ab-bandono del suo ‘amante’ Enea – Filippo IV – Spagna l’avrebbe portata allarovina, ovvero all’esilio, e allegoricamente al suicidio.11 Secondo Pepper, alcontrario, i due dipinti raffigurerebbero entrambi «la causa o la conseguenzadella volonta divina ma non il suo compiersi»: nelle due tele, cioe, il rapimentodi Elena, con la conseguente guerra di Troia, e il suicidio di Didone, sarebbe-ro solo due momenti nel compiersi del destino di Enea.12 Ma se davvero Eneafosse stato il protagonista di entrambi i dipinti, non sarebbe stato logico con-ferirgli un’importanza maggiore? In realta, come sono costretti ad ammetteresia Colantuono che Pepper, l’eroe troiano non compare affatto nel dipinto diGuercino: se si voleva sottolineare un rapporto di pendant con la tela di Reni,sarebbe stato necessario almeno inserire la figura di Enea nel Suicidio di Di-done, e non sarebbe stato difficile farlo. Le ingegnose interpretazioni di Co-lantuono e Pepper presuppongono inoltre che Maria de’ Medici, vedendo ilminuscolo sigillo sul copricapo del supposto Enea, ricostruisse tutta quella ca-tena di associazioni. Inoltre e difficile, come ritiene Colantuono, che la reginamadre fosse invitata a identificarsi direttamente con la Didone disperata, sui-cida, a prefigurare quasi la disgrazia che l’avrebbe colpita nel novembre del1630.13 E credibile che lo Spada, amico e confidente della regina, concepisseun’opera tutta tesa ad ammonirla, anzi terrorizzarla, al punto da indurla adabbandonare le sue pericolose simpatie filo-spagnole? Maria de’ Medici avevasemplicemente chiesto a Guercino un saggio delle sue capacita di pittore, sen-za preoccuparsi affatto del soggetto che sarebbe stato raffigurato, e lo Spadane scelse uno «capace di molta varieta di cose»: tutto qui. Il tema del suicidiodi Didone venne selezionato dallo Spada semplicemente in quanto si trattavadi un episodio assai noto ed amato, continuamente raffigurato in pittura. Enaturalmente, avendo come protagonista una regina, era un tema particolar-mente adatto a una committente come Maria de’ Medici. La successione cro-nologica degli eventi, le dimensioni del dipinto di Guercino e la sua stessacomposizione, assolutamente in linea con la tradizione iconografica, non la-sciano spazio a letture troppo complesse.

Come gia detto, al momento in cui era stata imposta la quarantena, nelgiugno del 1630, non sembra che Maria de’ Medici avesse ancora accettatodi acquistare il dipinto di Guido: e impossibile, quindi, che la regina e/o loSpada pensassero a quel Suicidio di Didone, commissionato nell’ottobre del

11 Ivi, pp. 102-103.12 STEPHEN D. PEPPER, La storia del ‘‘Ratto di Elena’’ di Guido Reni: la conferma del resoconto di

Sandrart del 1632, in Nicolas Poussin: i primi anni romani, catalogo della mostra a cura di Denis Ma-hon, Milano, 1998, p. 139.

13 A. COLANTUONO, Guido Reni’s ‘‘Abduction of Helen’’, cit., p. 103.

97IL RATTO DI ELENA DI RENI E IL SUICIDIO DI DIDONE DI GUERCINO

1629, come ad un pendant del Ratto di Elena.14 Se cosı fosse stato, egli si sarebbeassicurato che le dimensioni delle due tele fossero identiche, o quasi, laddove ilquadro di Guercino (2876335) e piu alto e soprattutto molto piu largo di quellodi Reni (2556255 circa). E inoltre i due soggetti non si accordavano tra loro conquella stessa raffinatezza con cui, ad esempio, sarebbe in seguito stata conge-gnata la coppia di pendants delle Nozze di Bacco e Arianna dello stesso Reni (per-duto, ne rimane forse un frammento, oggi in deposito alla Pinacoteca Nazionaledi Bologna) e delle Nozze di Peleo e Teti di Giovanni Francesco Romanelli (Ro-ma, Palazzo Sciarra).15 Tra il 1628 e il 1629 Guercino aveva ricevuto la commis-sione per tre importanti pale d’altare, il Cristo risorto appare alla Vergine perl’Oratorio della Compagnia del Santissimo Nome di Gesu a Cento (1606180;oggi alla Pinacoteca Civica della citta), la Madonna con San Giovanni Evangeli-sta e San Gregorio Taumaturgo per San Vincenzo a Modena (2936185), e la Cro-cefissione con Santa Elisabetta d’Ungheria e Santa Francesca Romana per la Ma-donna del Popolo a Forlı (2966177; oggi nella Cattedrale di Cracovia), chevennero saldate all’artista nel corso del 1630, tra aprile e ottobre.16 E probabilequindi che solo alla fine del 1630 o all’inizio del 1631 l’artista avesse davvero ini-ziato a lavorare sul Suicidio di Didone, secondo un’invenzione che ci e traman-data da un bellissimo disegno preparatorio della Collezione Mahon (Fig. 3).17 Leproporzioni di questo foglio, che misura 27,9634,4, sono assolutamente coe-renti con quelle del dipinto poi eseguito, che e di 2876335: si trattava, grosso-modo, di uno schizzo in scala 1:10. Quando Guercino, alla fine del giugno 1631, sireco di persona a Bologna per eseguire il Ritratto del cardinale Bernardino Spada(Roma, Galleria Spada), per il quale e registrato anche il pagamento per il viag-gio in carrozza del pittore,18 egli doveva ormai aver ordinato la tela. Secondo

98 STEFANO PIERGUIDI

14 Anche Mahon (DENIS MAHON – NICHOLAS TURNER, The drawings of Guercino in the collec-tion of Her Majesty the Queen at Windsor Castle, Cambridge, 1989, pp. 35-36) e OLIVIER BONFAIT

(catalogo della mostra a cura di, Roma 1630: il trionfo del pennello, Roma, 1994, p. 143) ritengonoche al momento della commissione il Suicidio di Didone non fosse stato concepito come pendantdel Ratto di Elena. S. LOIRE (Ecole italienne, 1, cit., p. 327) ha parlato del quadro di Guercino comedel pendant di quello di Reni.

15 Le Nozze di Bacco e Arianna vennero ordinate nel 1637 dalla regina d’Inghilterra, EnrichettaMaria, ancora una volta con la mediazione di Francesco Barberini, che nel frattempo ne commis-siono il pendant a Romanelli (entrambi i dipinti erano terminati entro il 1640). Su questa vicendamolto complessa cfr. SERGIO GUARINO, L’Arianna di Guido Reni, Milano, Electa, 2002, pp. 27-31 eTOMASO MONTANARI, Francesco Barberini, l’Arianna di Guido Reni e altri doni per la Corona d’Inghil-terra: l’ultimo atto, in Studi sul Barocco romano: scritti in onore di Maurizio Fagiolo dell’Arco, Milano,Skira, 2004, pp. 77-88.

16 LUIGI SALERNO, con la consulenza scientifica di Denis Mahon, I dipinti del Guercino, Roma,Bozzi, 1988, pp. 221-223.

17 Nel segno di Guercino: disegni dalle Collezioni Mahon, Oxford e Cento, catalogo della mostra(Cento, Pinacoteca Civica), a cura di MASSIMO PULINI, Cento, Comune di Cento, 2005, pp. 62-63.

18 M.T. DIRANI, Mecenati, pittori e mercato, cit., p. 88; D. MAHON – N. TURNER, The drawings ofGuercino, cit., p. 33.

Mahon fu proprio in quell’occasione che l’artista ebbe modo di studiare a Bo-logna il dipinto di Reni, di cui schizzo sommariamente la composizione in undisegno oggi a Monaco (Staatliche Graphische Sammlung). In quel momento,naturalmente sia Spada che Guercino sapevano che il Suicidio di Didone sareb-be stato spedito in Francia, alla cessazione dell’epidemia di peste, contempora-neamente al Ratto di Elena. Solo allora, probabilmente, venne presa la decisionedi modificare radicalmente la composizione del dipinto, per trasformarlo quasiin un pendant di quello di Reni, ovvero in un quadro con un numero simile difigure intere in primo piano: si sarebbe quindi trattato di un aggiustamento incorso d’opera.

Dopo la Journee des Dupes la situazione in Francia per Maria de’ Medici sifaceva sempre piu difficile: riconquistato saldamente il potere, il 12 febbraio1631 Richelieu relego la sua nemica nel castello di Compiegne, dal quale la re-gina non aveva il permesso di allontanarsi. Lı Maria de’ Medici trascorse cin-que lunghi mesi, fino a quando il 18 luglio si decise a fuggire, riparando in Bel-gio. Sola e completamente estromessa dagli affari di stato, la regina non pote

Fig. 3. GUERCINO, Suicidio di Didone, Londra, Collezione Mahon.

99IL RATTO DI ELENA DI RENI E IL SUICIDIO DI DIDONE DI GUERCINO

far altro che dedicarsi alla sua attivita di collezionista e committente. Da unalettera, datata 27 luglio 1631, inviata dallo Spada all’abate di San Luca, agentedi Maria de’ Medici in Italia, apprendiamo infatti che fino all’ultimo il cardi-nale aveva ricevuto

l’instrutt[io]ne di comprar de quadri....e fra l’altre havevo trovato un David, fattonuovamente da Guido Reni.19

Il grande pittore rimaneva quindi la prima scelta di Maria de’ Medici, che anziaveva ancora cercato di convincerlo a recarsi in Francia se lo Spada, nella me-desima lettera, scriveva:

De la venuta del med. Guido in Francia io non havrei molta speranza, non ostan-te la morte della madre, poiche ha cominciato a patir di dolor di rene.20

Inoltre, solo il 22 luglio il cardinale aveva incaricato suo nipote LorenzoSpada di recapitare a Guercino, sempre residente a Cento, una missiva che,dopo essere stata letta dal pittore, doveva essere trattenuta dal medesimo Lo-renzo.21 Mahon ha giustamente concluso che doveva trattarsi della copia dellalettera con cui Maria de’ Medici aveva preventivamente informato il cardinaledella sua imminente fuga da Compiegne.22 Prima di allora, quindi, lo Spadanon aveva ritenuto opportuno fermare Guercino, al lavoro sul Suicidio di Di-done. E possibile che Maria de’ Medici si fosse decisa per l’acquisto del Rattodi Elena, magari come ultimo tentativo per invogliare Guido alla partenza, neimesi in cui si trovava nel castello di Compiegne. Con la regina caduta in di-sgrazia e la quarantena nella legazione, lo Spada aveva continuato a cercaredipinti da inviare in Francia e Guercino aveva continuato a lavorare al Suicidiodi Didone, poiche l’epidemia sarebbe prima o poi terminata, e tutti credevanoche le cose sarebbero tornate come prima. Solo la fuga di Maria de’ Medici, il18 luglio, cambio davvero le carte in tavola: lo Spada non acquisto piu il David«fatto nuovamente da Guido Reni», Guercino si ritrovo con una grande telaassai difficile da vendere, e il Ratto di Elena venne spedito al banchiere cheaveva messo a disposizione a Bologna la somma per l’acquisto del dipinto,dal quale l’avrebbe poi acquistato La Vrilliere.

Il 30 settembre 1631 il cardinale scrisse a Guercino per proporgli di rileva-re, generosamente, la commissione della grande tela, che Maria de’ Medici

100 STEFANO PIERGUIDI

19 Per una possibile identificazione di questo dipinto cfr. STEPEHN D. PEPPER, A new ‘Davidwith the Head of Goliath’ by Guido Reni, «The Burlington Magazine», CXLIV, 2002, pp. 429-433.

20 M.T. DIRANI, Mecenati, pittori e mercato, cit., p. 89.21 Ivi, p. 88.22 D. MAHON – N. TURNER, The drawings of Guercino, cit., p. 33.

non avrebbe piu potuto pagare e ricevere.23 Il primo aprile dell’anno succes-sivo, dopo la cessazione della peste, due mulattieri al servizio dello Spada par-tirono per condurre a Roma

Due grandi pitture in cassa et altro 24

da identificarsi con il Suicidio di Didone e con la copia del Ratto di Elena cheSpada aveva commissionato ad un allievo di Reni, Giacinto Campana, ancoraoggi alla Galleria Spada di Roma.25 Piuttosto sorprendentemente, fu proprio ildipinto di Guercino il primo dei due capolavori ad essere celebrato dai poetidel tempo. Le Diverse Compositioni fatte in lode della Didone videro la luce aBologna nel 1632, con una lettera dedicatoria datata 4 maggio: in questa, Lo-renzo Gennari si rivolgeva al vicelegato Lanfranco Furietti, augurandosi cheGuercino e i «begli ingegni» avessero potuto beneficiare anche in futuro disı «gran protettore». Il Gennari, parente di Guercino, era un suo aiuto di bot-tega: l’entourage dell’artista, quindi, cercava di promuovere la Didone, effetti-vamente in cerca di un compratore.26

Se gli encomi per il Suicidio di Didone videro la luce a meno di un anno dal-la data di esecuzione del dipinto stesso, si sarebbe dovuto attendere l’autunno-inverno del 1632-1633, e cioe circa tre o quattro anni dal momento in cui era sta-to terminata la tela, affinche venissero pubblicati i primi componimenti in lodedel Ratto di Elena.27 Ma se per il quadro di Guercino, alla radice del fenomenoc’era probabilmente la necessita di trovare un acquirente, cosa spinse i poeti ascrivere del dipinto di Reni? E merito di Colantuono aver individuato in Clau-dio Fieschi, un francese discendente dalla nobile famiglia genovese, colui chediede l’avvio a quella che si trasformo rapidamente in un fenomeno tipico dellavita delle accademie italiane del Sei e Settecento: una futile gara di encomi.28 Il

23 M.T. DIRANI, Mecenati, pittori e mercato, cit., p. 89.24 Ivi, p. 91.25 A. COLANTUONO, Guido Reni’s ‘‘Abduction of Helen’’, cit., p. 24.26 Ivi, p. 44 e 139.27 Ivi, p. 114.28 Colantuono (ivi, pp. 112-140) ha brillantemente analizzato tutti gli encomi, ricostruendo anche

le biografie dei loro autori e il contesto in cui tutto il fenomeno si sviluppo. Ma la sua conclusioneche il motore primo di tutto sia stata la necessita di difendere Reni dal disonore causato dal falli-mento delle trattative con Maria de’ Medici, e che i Barberini furono direttamente coinvolti nellaproduzione degli encomi (pp. 137-138), non e convincente. Colantuono stesso ha individuato in Fie-schi il primo artefice della fortuna letteraria del dipinto, ed inoltre, sebbene i Barberini fossero na-turalmente i protettori delle accademie letterarie, questo non significa necessariamente che avesseroloro richiesto quella campagna pubblicistica. Perche, ad esempio, avrebbero dovuto aspettare cosıtanto per muoversi, lasciando l’iniziativa al Fieschi? In realta, come ha ben dimostrato JONATHAN

W. UNGLAUB (Bolognese Painting and Barberini Aspirations: Giovanni Battista Manzini in the Archi-vio Dal Pozzo, «Accademia Clementina - Atti e Memorie», XXXVIII-XXXIX, 1998-1999, pp. 31-75),

101IL RATTO DI ELENA DI RENI E IL SUICIDIO DI DIDONE DI GUERCINO

Fieschi era figlio di Anne Le Veneur, dama di compagnia di Maria de’ Medici, etra il 1636 e il 1639 egli e documentato a Parigi come consigliere di Gastoned’Orleans, il figlio minore della regina, che aveva cercato di aiutare la madrea rovesciare Richelieu nel 1631. Fu quest’uomo a commissionare le prime episto-le in lode del dipinto di Reni, in un momento in cui Maria de’ Medici era gia inesilio in Belgio.29 L’interesse del Fieschi per il Ratto di Elena non poteva cheessere di natura politica: parlare di quel dipinto significava parlare della sortedi colei che avrebbe dovuto riceverlo, ma che era invece partita per la via del-l’esilio. Cosı comincio a prendere corpo l’identificazione di Maria de’ Medicicon l’Elena dipinta da Reni: la regina che lasciava per sempre la Francia allavolta del Belgio, veniva in qualche modo equiparata alla principessa greca con-dotta a Troia. Nel 1633-1634 quel confronto non veniva ancora esplicitato, poi-che non se ne trova traccia nei componimenti poetici in lode del dipinto: nonsappiamo, quindi, se era proprio a quello che pensava Fieschi quando avevacommissionato le prime epistole. Ma l’associazione sarebbe potuta nascere fa-cilmente: in fondo, proprio come Maria de’ Medici non era stata trascinata viacon violenza dalla Francia, ma aveva volontariamente preso la via dell’esilio, co-sı l’Elena di Reni abbandonava la sua Grecia per non farvi piu ritorno, senzache infuriasse la battaglia o che venisse versato il sangue dei soldati.

Esposti insieme a una mostra tenutasi presso Santa Maria di Costantino-poli, a Roma, il Suicidio di Didone e la replica del Ratto di Elena di Campanadivennero ufficialmente due pendants.30 Una conferma viene da un ciclo di di-pinti del senese Francesco Vanni commissionati da Mariano Patrizi intorno al1650, ancora oggi in Collezione Patrizi a Roma.31 Si tratta di quattro tele raffi-guranti il Ratto di Elena, il Suicidio di Didone, il Convito di Baldassarre e Abra-lon ammazza Amone (1926220 ciascuna), che erano state evidentemente con-cepite come due coppie di pendants: da una parte due soggetti di storia antica,dall’altra due biblici. L’accostamento dei primi due sembra in relazione all’or-

102 STEFANO PIERGUIDI

Giovanni Battista Manzini, colui che mise insieme le ekphrasis in onore del Ratto di Elena nel volumeIl Trionfo del pennello, cerco per tutta la vita, senza successo, di entrare nelle grazie dei Barberiniattraverso Cassiano dal Pozzo. Il percorso e insomma inverso a quello suggerito da Colantuono: iBarberini a Roma accordavano una generica protezione, ma erano i poeti e le accademie a rivolgersicontinuamente a loro in cerca di sostegno economico.

29 A. COLANTUONO, Guido Reni’s ‘‘Abduction of Helen’’, cit., pp. 115-116.30 Sulla mostra di Santa Maria di Costantinopoli, tenutasi tra il 1631 e il 1632, siamo informati da

Joachim von Sandrart, ma il racconto del pittore tedesco non e del tutto affidabile. Sulla questione,ampiamente dibattuta dalla critica, cfr. almeno JANE COSTELLO, The twelve pictures ‘‘ordered by Ve-lasquez’’ and the trial of Valguarnera, «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», XIII, 1950,pp. 237-284; A. COLANTUONO, Guido Reni’s ‘‘Abduction of Helen’’, cit., pp. 38-46 e S.D. PEPPER, Anew ‘David with the Head of Goliath’, cit., pp. 135-140.

31 ANNA MARIA PEDROCCHI, Le stanze del tesoriere: la quadreria Patrizi; cultura senese nella storiadel collezionismo romano del Seicento, Milano, 2000, pp. 324-329.

mai raggiunta celebrita delle tele Spada, anche perche vi si ritrovano alcuneparticolarita iconografiche: l’Elena accompagnata cerimoniosamente da Pari-de e il Cupido che fugge via dalla Didone sul rogo. Ma la celebrita del Ratto diElena, per il quale tra il 1633 e il 1634 era stata scritta un’infinita di encomi,doveva essere superiore a quella del Suicidio di Didone, anche solo in conside-razione del fatto che Reni era pittore assai piu stimato di Guercino. Quandonel 1638 lo Spada cerco di vendere il suo Ratto di Elena aveva precisato:

Di questo quadro si sono fatte e si fanno molte copie in Roma, de le quali unagentile si vede nel palazzo del S. Card. di Savoia; una in quello del Card. Cesarino;una ne porto in francia il Duca di Crequı et un altra ne porto a Venetia l’Amb.re Mo-resini; [segue, cancellata, la frase «e tre o quattr’altre»].32

E improbabile che anche il Suicidio di Didone fosse cosı copiato: oggi sonoinfatti note molte piu copie del dipinto di Reni che di quello di Guercino.33

La copia del Ratto di Elena non compare tra i dipinti di proprieta di Crequı,34

che come specificava lo Spada, semplicemente ne ‘porto’ una in Francia. L’as-senza del dipinto dall’inventario post mortem di Crequı, e le parole dello Spa-da, potrebbero suggerire l’ipotesi che il duca non avesse richiesto la copia perse, ma che questa gli fosse stata consegnata come dono per qualcun altro, seb-bene molte altre tele regalate all’ambasciatore nel corso del suo soggiorno ro-mano non siano rintracciabili nell’inventario del 1638.35 Colantuono potrebbecomunque avere ragione a sottolineare che, oltre a quella portata in Francia daCrequı, anche un’altra copia citata da Spada poteva essere stata realizzata co-me dono diplomatico: «un altra ne porto a Venetia l’Amb.re Moresini». Per lostudioso quelle copie del Ratto di Elena erano messaggi di pace inviati dallacorte dei Barberini in tutta Europa; 36 ma e piu probabile che servissero piut-tosto a perorare la causa di Maria de’ Medici, che sperava di essere perdonatae poter rientrare a Parigi.

Nel 1642, il cardinale Giulio Mazarino fece richiesta perche fossero copiati siail Ratto di Elena che il Suicidio di Didone: lo si apprende da una lettera del cardi-nale Spada ad Elpidio Benedetti, l’agente di Mazarino a Roma, del primo agosto:

32 M.T. DIRANI, Mecenati, pittori e mercato, cit., p. 92. L’identificazione del Morosini non e fa-cile: potrebbe trattarsi del Marco Antonio ambasciatore presso i Savoia nel 1621-1623 e di nuovo nel1626, cfr. A. COLANTUONO, Guido Reni’s ‘‘Abduction of Helen’’, cit., p. 51.

33 S. LOIRE, Ecole italienne, 1, cit., p. 326; L. SALERNO, I dipinti del Guercino, cit., p. 229.34 JEAN-CLAUDE BOYER – ISABELLE VOLF, Rome a Paris: les tableaux du marechal de Crequi

(1638), «Revue de l’art», LXXIX, 1988, pp. 22-41.35 DONATELLA LIVIA SPARTI, Poussin’s two versions of ’the destruktion of the Temple of Jerusa-

lem’ and other early paintings, «Jahrbuch des Kunsthistorischen Museums Wien», VI/VII, 2004/05,pp. 193-194.

36 A. COLANTUONO, Guido Reni’s ‘‘Abduction of Helen’’, cit., pp. 50-51.

103IL RATTO DI ELENA DI RENI E IL SUICIDIO DI DIDONE DI GUERCINO

Da la congiunta lettera che mando a sigillo volante comprendera V.S. l’ordineche do al mio M.ro di Casa perche il Card.e Mazarino sia seguito ne le copie che de-sidera de i due quadri de la mia Galeria. Al mio partir di Roma si copiava per un Ba-ron tedesco et un altra persona, e potendo io credere che il termine di 10, o 12 giornisia necessario, a chi dovra copiare per il Card.le per prender fra tanto le misure, prov-vedere le tele, far i telari, e dar l’imprimiture, ho stimato che la concessione di dettotermine all’intento di V.S. non possa servire a me di qualche urbanita con altre, e for-se anco bastare al bisogno di quegli istessi, e di chi sta attualmente copiando, usan-doci massime quelle diligenze che si parano in tale spatio di tempo.

A questa lettera se ne accompagnava, come annunciato dallo Spada, l’altrainviata al suo maestro di casa a Roma:

Don Gio: Dom.co Cariss. Se bene al mio partir di Roma vi lasciai detto che du-rante la mia assenza faceste dar comodita di copiare i doi quadri grandi di Guido edel Guercino a tre persone che me n’havevano richiesto oltre le copie che se ne fa-cevano allora e ch’erano verso il fine secondo l’ordine de le istanze che me n’eranostate fatte, ad ogni modo con la presente vi dico e comando espressamente che subitoricevuta questa mia lettera intimiate a quei pittori i quali attualmente stanno, copian-do che li resta da fare procurino d’haverlo fatto e finito per la Madonna d’Agosto in-trante; altrimenti doppo quel giorno sospendino il lavoro, poi che intendo che sia Ser-vito il S. Card. Mazzarino al quale ne ho dato parola un pezzo fa; l’istesso faretesapere agli altri che stanno aspettando di succedere a i presenti copiatori, cio e chefino che non saranno finite le copie del S. Cardinale Suddetto non si mettino a capi-tale di poter intraprendere le loro.37

Proprio nell’estate del 1642 Paul Freart de Chantelou era a Roma per rac-cogliere calchi delle sculture piu celebri da inviare a Parigi. Si trattava del se-condo viaggio in Italia dell’aristocratico, che gia nel 1640 era stato inviato aRoma da Luigi XIII con il medesimo incarico. I registi di tutta l’impresa eranoRichelieu e il surintendant des batiments, Francois Sublet de Noyers, che sem-pre attraverso lo Chantelou erano riusciti a convincere Poussin e Duquesnoy atrasferirsi a Parigi (il secondo sarebbe pero morto prima di imbarcarsi da Li-vorno). Anche Mazarino, da poco trasferitosi in Francia, gioco un ruolo chia-ve in quelle due missioni, chiedendo al suo agente romano, Benedetti, di age-volare l’ingresso dello Chantelou in tutte le piu importanti collezioni romane.Dall’epistolario del cardinale si evince che un gran numero di copie da Reni,Tiziano e altri celebri maestri, vennero inviate a Parigi nel 1642, ed e possibileche queste facessero parte di un unico progetto culturale: costituire una gal-leria di studio, con calchi dalle sculture antiche ma anche copie dai dipinti

104 STEFANO PIERGUIDI

37 M.T. DIRANI, Mecenati, pittori e mercato, cit., pp. 93-94, nota 37.

moderni, affinche gli artisti francesi potessero essere educati proprio come sefossero stati a Roma. Si sarebbe cioe trattato, in nuce, della fondazione diquell’Accademia Reale di Pittura e Scultura nata ufficialmente solo il 20 gen-naio 1648, ma il cui progetto risaliva probabilmente a Richelieu e a Sublet deNoyers.38 Nelle lettere dello Spada a Benedetti, pero, non si fa menzione nedel cardinale francese ne soprattutto dello Chantelou, ed e quindi piu proba-bile che quelle due copie fossero state richieste da Mazarino a titolo personale.

L’incredibile quantita di copie dal Ratto di Elena e dal Suicidio di Didoneordinate nell’estate del 1642 e inoltre davvero sorprendente, e non ha eviden-temente nulla a che fare con il progetto di Richelieu e Sublet de Noyers. Quat-tro anni prima, quando aveva tentato di vendere il quadro di Campana, lo Spa-da ricordava che ne erano state tratte sette o otto copie (ed il cardinale andavachiaramente per eccesso, preferendo poi cancellare il riferimento alle ultime«tre o quattro»), realizzate verosimilmente nell’arco dei 5 anni trascorsi dall’ar-rivo a Roma del dipinto; tra il luglio e l’agosto del 1642, invece, facevano tuttiinsieme la fila alla Galleria Spada almeno tre o quattro copisti. Cosa era acca-duto? La risposta e semplicissima: il 3 luglio 1642 era morta a Colonia, dopo unesilio di oltre dieci anni, Maria de’ Medici. E da tutta Europa, dalla Francia cosıcome dalla Germania (il «Baron tedesco» menzionato dallo Spada non e statoidentificato), si richiedevano copie dei dipinti con i quali ormai si identificava iltriste destino della Regina. Prima si e detto come sia molto improbabile che loSpada, scegliendo come tema del dipinto di Guercino il Suicidio di Didone, vo-lesse alludere alle difficolta politiche di Maria de’ Medici. Ma nel luglio del 1642

la situazione era radicalmente cambiata: la regina ora era morta, e l’ultimo di-pinto che aveva commissionato, e non era riuscita neanche a pagare, raffigu-rando la morte di una regina, acquistava un valore metaforico fortissimo. An-che perche si accompagnava a quel Ratto di Elena che da anni, a partire dallapubblicazione delle epistole commissionate da Fieschi, era automaticamenteassociato alla disgrazia della regina, e veniva forse letto come una trasfigurazio-ne mitologica di Maria de’ Medici che partiva per l’esilio.

La conferma a questa interpretazione a posteriori del significato del di-pinto di Reni e offerta dal confronto con la tela che La Vrilliere volle acco-stargli come pendant all’interno della sua galleria di Parigi.39 Dopo aver ac-

38 MADELEINE LAURAIN-PORTEMER, Mazarin militant de l’art baroque au temps de Richelieu,«Bulletin de la Societe de l’Histoire de l’Art Francais», 1975, pp. 68 e 92, nota 35; ANNE LE PAS

DE SECHEVAL, Les missions romaines de Paul Freart de Chantelou en 1640 et 1642: a propos des mou-lages d’antiques commandes par Louis XIII, «XVIIe Siecle», XLIII, 1991, pp. 262-270; PATRICK MI-

CHEL, Mazarin, prince des collectionneurs: les collections et l’ameublement du cardinal Mazarin(1602-1661). Histoire et analyse, Paris, 1999, pp. 38-39 e 139-140.

39 Sulla collocazione dei dipinti nella galleria La Vrilliere cfr. lo schema in A. COLANTUONO,Guido Reni’s ‘‘Abduction of Helen’’, cit., p. 37.

105IL RATTO DI ELENA DI RENI E IL SUICIDIO DI DIDONE DI GUERCINO

quistato il capolavoro di Reni, verosimilmente proprio all’indomani dellamorte di Maria de’ Medici nel 1642,40 il segretario di stato francese commis-siono a Pietro da Cortona una tela raffigurante Cesare rimette Cleopatra sultrono (Lione, Musee des Beaux-Arts; Fig. 4) 41 un soggetto rarissimo, forse ununicum in tutta la pittura monumentale barocca. Solo grazie alla lettera del1679 a Ciro Ferri di Luca Berrettini, figlio di Pietro, e stato infatti possibileidentificarne il soggetto:

In uno [dei quadri inviati in Francia] era espressa la storia di quando Cesare ri-mette nel Regno Cleopatra che dalla sorella le era stato tirannicamente usurpato.42

L’episodio, che non e narrato dagli autori di storia antica piu noti, da Plu-tarco a Tito Livio, ebbe luogo al tempo della guerra civile in Egitto che sichiuse con la restaurazione di Cleopatra da parte di Cesare, ed e riportatocon dovizia di particolari solo da Dione Cassio (XLII, 35-44). Nel dipinto diPietro da Cortona e dunque raffigurato il momento in cui una regina tornava

106 STEFANO PIERGUIDI

40 L’anno in cui La Vrilliere acquisto il Ratto di Elena non e mai stato stabilito con certezza. Emolto probabile, pero, che il banchiere di Lione che aveva anticipato per conto della regina la sommaper il pagamento del dipinto (Barthelemy Lumague; o magari i suoi fratelli, attivi a Parigi, Charles eMarc-Antoine), tenesse sempre presso di se il capolavoro di Reni, che la regina, se mai fosse rientratadal suo esilio, avrebbe di certo reclamato; sui Lumague, cfr. MICKAEL SZANTO, La strategie de l’ ‘‘ar-tium amatoris’’: les banquiers Lumague et le commerce parisien de l’art dans la premiere moitie duXVIIe siecle, «Nouvelles de l’estampe», CLXXVII, 2001, pp. 6-18 e MICKAEL SZANTO, Gli itineraridelle pitture dall’Italia alla Francia nel primo Seicento: dalle vie diplomatiche ai circuiti bancari, inThe art market in Italy: 15th-17th centuries, a cura di Marcello Fantoni, Modena, 2003, pp. 413-421.Dall’inventario post mortem di Charles Lumague (1650, cfr. M. SZANTO, Gli itinerari delle pitture,cit., p. 418) si apprende che egli era proprietario di una copia del Ratto di Elena di Reni che avevaofferto a Michel Particelli d’Hemery.

41 Non abbiamo nessun documento che aiuti a stabilire la datazione dei dipinti di Pietro daCortona gia nella galleria La Vrilliere. Il disegno preparatorio per il dipinto oggi a Lione (Uffizi)e di formato rettangolare, e secondo JORG MARTIN MERZ (Pierre de Cortone (1597-1669): les dessinspreparatoires a ses peintures consrvees en France, «La Revue des Musees de France», LIV/1, 2004,pp. 63-65) sarebbe stato realizzato prima che La Vrilliere decidesse di prendere il Ratto di Elena amodello per i dipinti della sua galleria; questo sarebbe avvenuto intorno alla meta degli anni Trenta,magari ancora prima che il segretario di stato acquistasse la tela, che egli poteva conoscere attraversola replica giunta in Francia con il Crequi. Il Cesare rimette Cleopatra sul trono sarebbe quindi databileal 1635 circa. Pure il disegno preparatorio per il Faustolo consegna Romolo a Larenzia (il dipinto e alLouvre, il disegno a Worms, Kunsthaus Heylshof) e pero del medesimo formato rettangolare, e perlo stesso Merz (Pierre de Cortone, cit., pp. 68-69) quella tela sarebbe stata eseguita nel 1643, dopo cheLa Vrilliere aveva preso il capolavoro di Reni a modello delle tele da commissionare (e a quella dataegli ne era certamente entrato in possesso; cfr. anche STEPHANE LOIRE, Ecole italienne, XVIIe siecle -2. Florence, Genes, Lombardie, Naples, Rome et Venise (Peintures italiennes du XVIIe siecle du Museedu Louvre), Paris, 2006, pp. 117-120). In realta il Cesare rimette Cleopatra sul trono difficilmente po-trebbe precedere il viaggio a Venezia di Pietro da Cortona (1637), che segno in senso profondamenteneoveronesiano il linguaggio dell’artista, cfr. WILLIAM L. BARCHAM – CATHERINE R. PUGLISI, Palo Ve-ronese e la Roma dei Barberini, «Saggi e memorie di storia dell’arte», XXV, 2001, pp. 64 e 76. Tra il1641 e il 1647 Bernini fu impegnato ad eseguire il grandioso ciclo ad affresco di Palazzo Pitti a Firenze,ma egli trascorse gran parte del 1643 a Roma, dove avrebbe potuto eseguire il dipinto oggi a Lione.

42 GIULIANO BRIGANTI, Pietro da Cortona o della pittura barocca, Firenze, Sansoni, 1962, p. 233.

a insediarsi sul trono dal quale era stata rovesciata: quale migliore pendant alquadro di Reni, dove si vede una principessa abbandonare la propria terra allavolta di un paese straniero? Per meglio sottolineare il rapporto tra le due tele,il gesto con cui Paride tiene la mano di Elena e sovrapponibile a quello concui Cesare conduce Cleopatra verso il trono. Non si deve certo cadere nell’er-rore di attribuire al dipinto di Pietro da Cortona un tono polemico: dopo lasua morte in esilio, per Maria de’ Medici erano state celebrate a Parigi esequiesolenni. Lo stesso Richelieu, che pure era arrivato a condannare a morte incontumacia la regina madre, non aveva mai dimenticato che proprio lei erastata l’artefice della sua fortuna. Nella galleria degli uomini illustri del suo pa-lazzo di Parigi il cardinale aveva infatti voluto anche il ritratto di Maria de’Medici, consegnato da Philippe de Champaigne nel 1635, quando la regina

Fig. 4. PIETRO DA CORTONA, Cesare rimette Cleopatra sul trono, Lione, Musee des Beaux-Arts.

107IL RATTO DI ELENA DI RENI E IL SUICIDIO DI DIDONE DI GUERCINO

era gia in esilio.43 All’indomani della sua morte non si procedette certo a unadamnatio memoriae, e non c’era piu nessuno spazio per gli antichi dissapori ele rivalita ormai sopite. Le copie dai dipinti del cardinale Spada ordinate daMazarino, creatura politica di Richelieu, non avevano quindi un vero signifi-cato politico, ma piuttosto uno commemorativo. Si trattava di celebrare unaprotagonista della storia recente, una regina di Francia, a lungo reggenteper il figlio Luigi XIII. Lo stesso Mazarino avrebbe in seguito acquistato ilgrande e bellissimo Ritratto di Maria de’ Medici (2556140) eseguito da AntonVan Dyck tra il settembre e l’ottobre 1631 ad Anversa, dove la regina era en-trata trionfalmente il 4 settembre di quell’anno, all’inizio del suo lungo esilio.Di quel dipinto, malinconico e triste, erano state eseguite numerose copie, in-viate in tutta Europa per perorare la causa del rientro in Francia di Maria. Ildipinto avrebbe seguito la regina in Inghilterra, dove nel 1632 Enrichetta Ma-ria avrebbe ospitato la madre per qualche tempo, e sarebbe lı rimasto alla suapartenza; nel 1635 e documentato nelle collezioni di Carlo I, da dove sarebbepassato a quella di Mazarino.44

Sono ormai passati molti anni da quando Ernst Gombrich, nella sua me-morabile introduzione alla raccolta di studi Immagini simboliche, dal titoloAspirazioni e limiti dell’iconologia, avvertiva del pericolo che si nascondevadietro la ricerca nelle opere d’arte di quello che si definisce comunementeun secondo livello di lettura. Lo studioso citava il caso dell’interpretazionedi un episodio di storia antica raffigurato negli apparati effimeri allestiti a Fi-renze nel 1539 per le nozze di Cosimo de’ Medici e Eleonora di Toledo, il cuisignificato allegorico venne svelato da Giorgio Vasari nelle sue Vite (1550). Se-condo Gombrich non sarebbe corretto parlare di due piani di lettura, uno fat-tuale, l’altro allegorico, per un’opera di quel tipo, nella quale gli uomini deltempo non avrebbero affatto distinto tra quei due livelli: l’episodio avevaun preciso riferimento ad un evento contemporaneo, che non si era voluto raf-figurare esplicitamente per ragioni di opportunita.45 E bene quindi essere scet-tici di fronte a quelle interpretazioni che prevedono l’esistenza di due ben di-stinti livelli di lettura fin dal momento della realizzazione delle opere inoggetto. Quello suggerito da Colantuono per il Ratto di Elena di Reni e un

108 STEFANO PIERGUIDI

43 SYLVAIN LAVEISSIERE, Counsel and Courage: The Galerie des Hommes Illustres in the PalaisCardinal, a Self-Portrait of Richelieu, in Richelieu: Art and Power, catalogo della mostra (Montreal,Montreal Museum of Fine Arts; Colonia, The Wallraf-Richartz-Museum) a cura di Hilliard ToddGoldfarb, Montreal, Montreal Museum of Fine Arts, 2002, pp. 69-70 e 71, nota 18.

44 FRANCESCO SOLINAS, scheda a cura di, in Maria de’ Medici (1573-1642) una principessa fioren-tina sul trono di Francia, catalogo della mostra (Firenze, Museo degli Argenti) a cura di Caterina Ca-neva e Francesco Solinas, Livorno, Sillabe, 2005, p. 356.

45 ERNST H. GOMBRICH, Immagini simboliche: studi sull’arte nel Rinascimento (London, Phai-don, 1972), Torino, Einaudi, 1978, p. 29.

perfetto esempio di secondo livello di lettura, in cui l’episodio di storia anticasarebbe stato chiamato ad alludere allegoricamente, in modo decisamente in-diretto, agli eventi contemporanei. Secondo Gombrich, cioe, in un’opera raf-figurante il Ratto di Elena si sarebbe potuto forse leggere un riferimento a unepisodio di rapimento, o magari di tradimento coniugale, ma non un ammo-nimento alla Spagna a non perseverare nella propria politica estera aggressiva.Ecco quindi la conclusione dello studioso:

Per quanto ne so, ne il Vasari, ne alcun altro testo del Quattro e Cinquecentoafferma che un quadro o una statua siano stati pensati in modo da contenere due si-gnificati divergenti o da rappresentare due fatti distinti mediante lo stesso insieme difigure.46

Forse per il Seicento non vale la medesima premessa? In realta e probabiledi sı, e non penso sia plausibile leggere davvero in parallelo, ad esempio, la po-litica di Ferdinando Gonzaga con le Fatiche di Ercole dipinte per lui da Reni (Pa-rigi, Louvre):47 semmai si potrebbe parlare di un semplice e generico riferimen-to al committente della virtu dell’eroe. Si tratta, evidentemente, dello stessodiscorso gia fatto per il Suicidio di Didone di Guercino: lo Spada voleva forseche Maria de’ Medici si identificasse con un’altra regina, che proprio come leiaveva governato da sola, non che leggesse il suo suicidio come una metafora del-le sue difficolta politiche. Anche una serie di arazzi su cartone di Romanelli conStorie di Didone sono stati interpretati come un’allusione alle vicende biografi-che di Enrichetta Maria, figlia di Maria de’ Medici. Proprio come Didone, il cuidestino viene ingiustamente deciso dagli dei, cosı quello della regina d’Inghilter-ra, esule a Parigi, non sarebbe stato altro che il risultato di un gioco politico piugrande di lei: Didone abbandonata da Enea sarebbe stata quindi metafora diEnrichetta Maria abbandonata da Carlo I.48 Qui, forse, ci troveremmo di frontead uno di quei casi ammessi da Gombrich. Ma chi poteva essere il committentedi un’opera simile? Non certo la regina, che tra l’altro a Parigi, costretta persinoa vendere le Nozze di Bacco e Arianna di Reni, non si sarebbe mai potuta per-mettere una serie di costosi arazzi. Ma se anche si fosse trattato di un dono di-plomatico, perche si sarebbe dovuto angustiare in quel modo la regina gia ingrosse difficolta? Quella serie di arazzi era certamente destinato ad una regina,

46 Ivi, p. 30.47 STEPHEN PEPPER – RAFFAELLA MORSELLI, Guido Reni’s Hercules series: new considerations

and conclusions, «Studi di storia dell’arte», IV, 1993, pp. 131-132.48 ELIZABETH OY-MARRA, Paintings and hangings for a Catholic queen: Giovan Francesco Roma-

nelli and Francesco Barberini’s gifts to Henrietta Maria of England, in The Diplomacy of Art. artisticcreation and politics in Seicento Italy, a cura di Elizabeth Cropper, Bologna, Nuova Alfa, 2000,pp. 183-186.

109IL RATTO DI ELENA DI RENI E IL SUICIDIO DI DIDONE DI GUERCINO

che si sarebbe sentita lusingata dal confronto con una figura leggendaria qualeera la Didone dell’Eneide: ma non si sa ancora nulla in merito alla sua commis-sione. Per dare la misura di quanto spericolate possano essere certe interpreta-zioni iconografiche moderne, si ricordi che per gli stessi arazzi era stata persinosuggerita l’ipotesi che il committente fosse Luigi XIV, sotto le mentite spoglie diEnea, a cui Giunone-Anna d’Austria e Giove-cardinale Mazarino, avrebbero in-timato di lasciare Didone-Maria Mancini (!).49

Jacques Thuillier ritiene che la scelta di Maria de’ Medici di vedere la pro-pria vita trasfigurata in un’avventura epica nel ciclo rubensiano commissionatoper una delle gallerie del suo palazzo di Lussemburgo (le tele sono oggi al Lou-vre) sia da leggere in parallelo con la contemporanea fortuna iconografica dellegrandi eroine della storia antica e della Bibbia, che sarebbero state riunite nel1646 nel volume La Galerie des Femmes Fortes di Le Moyne (Parigi 1646). Lascoperta celebrazione autobiografica di Maria de’ Medici, ricollegabile forsealla tradizione tutta fiorentina di raffigurare gli eventi storici contemporanei,sarebbe rimasta un’eccezione in Francia, dove si preferiva il velo dell’allego-ria.50 Ma proprio per questa ragione in Francia, molto piu che in Italia, esiste-vano le premesse per leggere nelle raffigurazioni di storia antica allusioni diret-te agli uomini e alle donne del presente. Per celebrare se stessa, regina a tutti glieffetti all’indomani della scomparsa del marito Enrico II (1559), Caterina de’Medici aveva commissionato un grandioso ciclo di arazzi con Storie di Artemi-sia, la regina che aveva governato da sola dopo la morte dell’amato marito,Mausolo, di cui aveva bevuto le ceneri.51 Nel 1636 circa, Nicolas Prevost avevaeseguito, su commissione di Richelieu, un Incontro di Salomone e la Regina diSaba per il castello del cardinale nell’omonima cittadina francese (oggi ad Or-leans, Musee des Beaux-Arts) in cui Salomone ha evidentemente i tratti di En-rico IV e la regina di Saba quelli di Maria de’ Medici.52 E sempre per RichelieuJacques Stella dipinse una grande tela ovale, che serviva come ornamento delcamino della sala piu importante del castello di Richelieu (1637-1638; Cambrid-ge, Mass., Fogg Art Museum), in cui ancora una volta storia antica e storia re-cente venivano a sovrapporsi. In quel capolavoro raffigurante la Liberalita diTito, infatti, il protagonista ha le sembianze di Luigi XIII, e l’uomo dietro dilui, identificabile con il suo ministro Muziano, quelle di Richelieu.53

110 STEFANO PIERGUIDI

49 RUTH RUBINSTEIN, Giovanni Francesco Romanelli’s Dido and Aeneas Tapestry Cartoons, «Artat Auction: The Year at Sotheby», 1968-69, p. 115.

50 JACQUES THUILLIER, Le storie di Maria de’ Medici di Rubens al Lussemburgo, Milano, Rizzoli,1967, pp. 24-28.

51 SYLVIE BEGUIN, La suite d’Arthemise, «L’oeil», XXXVIII, 1958, pp. 33-39.52 HILLIARD T. GOLDFARB, scheda in Richelieu, cit., p. 310.53 Ivi, pp. 291-292.

Niente di strano, quindi, che i contemporanei francesi vedessero in filigra-na, attraverso l’Elena di Reni e la Didone di Guercino, la stessa Maria de’ Me-dici, soprattutto dopo la sua morte nel 1642. Certo, il riferimento allegoricoera meno immediato rispetto agli altri esempi che si sono qui menzionati, poi-che si trattava pur sempre di una lettura a posteriori. E proprio le letture aposteriori, come ha dimostrato Gombrich, sono quelle con uno spettro piuampio. Lo studioso, come e noto, citava il caso della fontana di Alfred Gilbertin Piccadilly Square a Londra (1886-1893), nella quale, a pochissimi anni dallasua realizzazione, erano stati letti significati allegorici ed allusioni a cui l’autoredella fontana non pensava affatto al momento della sua realizzazione.54 Quelloche a Gombrich premeva sottolineare era l’elusivita del significato delle opered’arte; si trattava, cioe, ancora una volta di un invito ad un sano scetticismo,per cercare di arrivare a definire l’intenzione dell’artista, al di la delle possibiliinterpretazioni a posteriori. Di queste, pero, egli non negava certo l’esistenza.Nei Ragionamenti di Vasari (1588), infatti, la critica e concorde nel riconoscereun tour de force interpretativo a posteriori applicato dall’autore ai cicli deco-rativi di Palazzo Vecchio eseguiti sotto la sua stessa direzione.55 BernardinoSpada, Claudio Fieschi, Giulio Mazarino e il «Barone tedesco» sapevanoche il Ratto di Elena di Reni e il Suicidio di Didone di Guercino non eranostati dipinti per alludere direttamente alle vicende biografiche di Maria de’Medici: erano quindi coscienti che l’interpretazione di essi come metafora del-l’esilio e della morte della regina fosse una lettura a posteriori. Molte altre po-tevano essere possibili, basti pensare a quelle suggerite, oltre due secoli dopo,da Colantuono e Pepper. Ma negli anni Trenta e Quaranta del Seicento queidipinti erano solo specchio e allegoria delle vicende di Maria de’ Medici, delsuo esilio e della sua morte.

STEFANO PIERGUIDI

54 E.H. GOMBRICH, Immagini simboliche, cit., pp. 3-9.55 ELIZABETH MCGRATH, Il senso nostro: the Medici allegory applied to Vasari’s mythological fre-

scoes in the Palazzo Vecchio, in Giorgio Vasari tra decorazione ambientale e storiografia artistica, attidel convegno di studi (Arezzo, 8-10 ottobre 1981), a cura di Gian Carlo Garfagnini, Firenze, 1985,pp. 117-134.

111IL RATTO DI ELENA DI RENI E IL SUICIDIO DI DIDONE DI GUERCINO