Il 'pluralismo libertario' di Feyerabend

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RIVISTA DI FILOSOFIA / vol. XCVIII, n. 3, dicembre 2007 LUCA TAMBOLO Il «pluralismo libertario» di Feyerabend 1. Svolta o continuità? La fama di Paul K. Feyerabend è legata soprattutto al volume Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchi� ca della conoscenza, il cui obiettivo principale è mettere in luce, attraverso l’analisi di alcuni importanti episodi di progresso scientifico, l’inadeguatezza delle teorie nor� mative del metodo. Secondo Feyerabend, la storia della scienza dimostra che tutte le norme metodologiche, an� che quelle apparentemente più ragionevoli, presentano significativi limiti di applicabilità, e che la loro violazio� ne si rivela spesso necessaria per il progresso della ricer� ca. Poiché l’unica «regola» che sopravvive al confronto con la storia della scienza è «qualsiasi cosa può andar bene» 1 , la pretesa degli epistemologi di ergersi al ruo� lo di legislatori della pratica scientifica risulta priva di fondamento; inoltre, considerato il carattere infruttuoso della filosofia della scienza, del tutto incapace di contri� buire alla crescita della conoscenza, Feyerabend suggeri� sce che la disciplina venga lasciata morire tagliandole i finanziamenti. Nell’approdo di Feyerabend all’anarchismo metodolo� gico numerosi commentatori hanno ravvisato una svolta della sua filosofia. Infatti nella prima fase della sua ri� 1 P.K. Feyerabend, Against Method: Outline of an Anarchistic Theory of Knowledge, London, New Left Books, 1975, p. 296, trad. it. di L. Sosio con il titolo Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della cono� Abbozzo di una teoria anarchica della cono� scenza, Milano, Feltrinelli, 1979, p. 241.

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RIVISTA DI FILOSOFIA / vol. XCVIII, n. 3, dicembre 2007

LUCA TAMBOLO

Il «pluralismo libertario» di Feyerabend

1. Svolta o continuità?

La fama di Paul K. Feyerabend è legata soprattutto al volume Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchi�ca della conoscenza, il cui obiettivo principale è mettere in luce, attraverso l’analisi di alcuni importanti episodi di progresso scientifico, l’inadeguatezza delle teorie nor�mative del metodo. Secondo Feyerabend, la storia della scienza dimostra che tutte le norme metodologiche, an�che quelle apparentemente più ragionevoli, presentano significativi limiti di applicabilità, e che la loro violazio�ne si rivela spesso necessaria per il progresso della ricer�ca. Poiché l’unica «regola» che sopravvive al confronto con la storia della scienza è «qualsiasi cosa può andar bene»1, la pretesa degli epistemologi di ergersi al ruo�lo di legislatori della pratica scientifica risulta priva di fondamento; inoltre, considerato il carattere infruttuoso della filosofia della scienza, del tutto incapace di contri�buire alla crescita della conoscenza, Feyerabend suggeri�sce che la disciplina venga lasciata morire tagliandole i finanziamenti.

Nell’approdo di Feyerabend all’anarchismo metodolo�gico numerosi commentatori hanno ravvisato una svolta della sua filosofia. Infatti nella prima fase della sua ri�

1 P.K. Feyerabend, Against Method: Outline of an Anarchistic Theory of Knowledge, London, New Left Books, 1975, p. 296, trad. it. di L. Sosio con il titolo Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della cono�Abbozzo di una teoria anarchica della cono�scenza, Milano, Feltrinelli, 1979, p. 241.

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flessione, che si può collocare all’incirca fra il 1955 e il 1970, Feyerabend è fautore, sia pure sui generis, del razionalismo critico di Karl Popper, e si distingue per il vigore con cui sostiene tesi opposte a quelle che di�fenderà poi negli anni ’70 e ’80. In particolare, il pri�mo Feyerabend si schiera a favore della concezione del�la metodologia come disciplina normativa e aprioristica. Così, anche se già nella prima metà degli anni ’60 elabo�ra alcune posizioni – come la tesi dell’incommensurabili�tà – incompatibili con il falsificazionismo, fino alla fine di quel decennio difende, al pari di Popper, il monismo metodologico, cioè la tesi che il metodo scientifico è un insieme di norme che prescrivono allo scienziato il comportamento da tenere nella valutazione delle teorie; il compito principale del metodologo consiste, dunque, nell’enunciazione di regole la cui applicazione dovrebbe promuovere il progresso scientifico. Va inoltre ricordato che, mentre il Feyerabend di Contro il metodo fa ripe�tutamente appello alla storia della scienza per sostenere l’adeguatezza – sul piano sia descrittivo sia prescrittivo – dell’anarchismo epistemologico, il primo Feyerabend afferma che la storia è irrilevante per il metodologo, il quale non deve preoccuparsi di fornire una descrizione accurata della pratica scientifica, bensì contribuire a ri�formare tale pratica in modo da favorire la produzione di buona scienza.

A ben guardare, lo sviluppo della filosofia di Feyer�Feyer�abend è però caratterizzato da una sostanziale coeren� è però caratterizzato da una sostanziale coeren�za di intenti. Lungo tutto il suo cammino di pensiero Feyerabend propugna infatti, instancabilmente, la causa del pluralismo teorico. Ma occorre chiarire subito che, quando Feyerabend parla di «pluralismo teorico», pensa a una forma peculiare di pluralismo, che possiamo defi�nire «pluralismo libertario». Le sue perorazioni a favore della proliferazione di alternative alla teoria che, in un certo momento, riscuote il consenso della maggioranza dei ricercatori, non sono volte solo a promuovere un atteggiamento tollerante o liberale nelle dispute scien�tifiche: secondo lui, il pluralismo dovrebbe costituire la

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condizione permanente della ricerca scientifica. Questo modo di intendere il pluralismo è legato alla concezione della conoscenza come un oceano, in continua crescita, di alternative. Tale concezione della conoscenza corre come un filo rosso lungo l’intera opera di Feyerabend, il quale vede lo sviluppo del sapere scientifico come un conflitto mai risolto fra teorie rivali sempre più nume�rose che non sono destinate a convergere in un’«Unica Teoria Vera». Pertanto nemmeno le teorie confutate da lungo tempo, nelle quali nessuno ripone più alcuna fi�ducia, dovrebbero essere escluse dal gioco della scienza, poiché possono ancora essere rivolte contro quelle at�tualmente accettate dalla comunità scientifica, e possono anche riuscire a soppiantarle: il modo migliore per valu�tare i meriti di un’idea, sostiene Feyerabend, è giustap�porla ad altre idee che possono metterne in luce i di�fetti. Qui sosterremo che la concezione della conoscenza come un oceano di alternative costituisce il presupposto ultimo della riflessione di Feyerabend, nonché la causa del suo approdo all’anarchismo epistemologico.

2. Empirismo logico, buon empirismo e proliferazione

La prima fase della riflessione feyerabendiana coinci�de cronologicamente con l’affermazione, sulla scena del dibattito epistemologico di lingua inglese, degli esponen�ti della cosiddetta «nuova filosofia della scienza». Tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 autori come Thomas S. Kuhn, Norwood R. Hanson e Stephen Toul�min sollevano critiche di ampia portata nei confronti della concezione della scienza elaborata dagli esponenti dell’empirismo logico (o «neopositivismo», o «positivi�smo logico», come anche viene chiamato), che trova la sua formulazione più compiuta nel volume La struttu�ra della scienza (1961) di Ernest Nagel, e a cui si suole fare riferimento con l’espressione received view. In parte a causa di tale coincidenza cronologica, in parte in vir�tù del fatto che le critiche feyerabendiane alle dottrine

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dell’empirismo logico si fondano su alcune tesi condivi�se dai citati «nuovi» filosofi della scienza – per esempio, quella del carattere teorico dell’osservazione, secondo cui i «fatti» sono noti agli scienziati solo attraverso le teorie e nell’ambito di determinati quadri concettuali – l’idea che il primo Feyerabend debba essere annoverato a pie�no titolo fra i membri di questo gruppo di epistemolo�gi ha guadagnato ampio credito. In particolare, secondo una tradizione interpretativa consolidata, Hanson, Kuhn, Toulmin e Feyerabend condividerebbero la persuasione che la metodologia debba fondarsi su «uno studio rav�vicinato della pratica dell’indagine scientifica»2. Tuttavia, mentre nel caso di Kuhn, per esempio, l’interesse per la storia svolge certamente un ruolo primario nel motivare il tentativo di contestare l’«immagine della scienza dalla quale siamo dominati»3, ovvero la received view, lo stes�so non può dirsi del primo Feyerabend.

Negli scritti che pubblica fra il 1955 e il 1970 circa, infatti, Feyerabend si propone di elaborare una metodo�logia per le scienze empiriche che riesca a superare le difficoltà a cui va incontro l’empirismo logico, al quale contrappone una teoria del metodo che definisce «buon empirismo»4. Questa metodologia, che sotto vari aspetti può essere accostata al falsificazionismo popperiano, do�vrebbe promuovere la concreta realizzazione del «princi�pio basilare dell’empirismo», che raccomanda di «incre�

2 C.G. Hempel, Scientific Rationality: Analytic vs. Pragmatic Perspec�Perspec�tives, in Rationality Today/La Rationalitè aujourd’hui, a cura di T.F. Geraets, Ottawa, University of Ottawa Press, 1979, p. 46, trad. it. di G. Rigamonti con il titolo La razionalità scientifica: punti di vista analitici e pragmatici, in C.G. Hempel, Oltre il positivismo logico. Saggi e ricordi, Roma, Armando, 1989, p. 156.

3 Th.S. Kuhn, The Structure of Scientific Revolutions, Chicago (Ill.), The University of Chicago Press, 1970, p. 1, trad. it. di A. Carugo con il tito�lo La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Torino, Einaudi, 19782, p. 19.

4 P.K. Feyerabend, How to Be a Good Empiricist: A Plea for Tolerance in Matters Epistemological, in Philosophy of Science: The Delaware Seminar, a cura di B. Baumrin, New York, Interscience Publishers, 1963, vol. II, p. 5, trad. it. di G. Gava con il titolo Come essere un buon empirista. Un appello alla tolleranza nelle questioni epistemologiche, in P.K. Feyerabend, Come essere un buon empirista, Roma, Borla, 1982, p. 9.

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mentare il contenuto empirico di qualsiasi conoscenza affermiamo di possedere»5. Le critiche di Feyerabend nei confronti del neopositivismo non sono dunque det�tate da considerazioni di ordine storico: sulla scia di Viktor Kraft (supervisore della sua tesi di dottorato, di�scussa all’Università di Vienna nel 1951) e di Karl Pop�per (sotto la cui direzione lavora alla London School of Economics negli anni 1952�53), Feyerabend attribuisce alla metodologia uno statuto normativo, assegnandole il compito di enunciare regole che i ricercatori dovreb�bero seguire per produrre buona scienza. Ciò significa, in particolare, escogitare e sottoporre a seri tentativi di confutazione teorie altamente informative, accettando in via provvisoria quelle meglio corroborate, ovvero le teo�rie non falsificate che hanno superato i controlli più se�veri – un obiettivo che Feyerabend giudica incompatibi�le con l’adesione alle dottrine dell’empirismo logico.

Secondo Feyerabend, la received view non è altro che un’esposizione tecnicamente più sofisticata della teoria della conoscenza che definisce «empirismo classi�co», la quale ha in Bacone uno dei teorici più illustri. Bacone, infatti, ha proposto argomenti che inducono a ritenere che un’entità chiamata «esperienza» svolga un ruolo fondamentale nella formazione e nella valu�tazione delle teorie; questi stessi argomenti, sostiene però Feyerabend, consentono di chiamare «esperien�Feyerabend, consentono di chiamare «esperien�, consentono di chiamare «esperien�za» molte cose diverse6. Pur proclamando l’esistenza

5 P.K. Feyerabend, Explanation, Reduction and Empiricism, in Scientific Explanation, Space and Time, a cura di H. Feigl e G. Maxwell, Minneapo�lis, University of Minnesota Press, 1962, ristampato in P.K. Feyerabend, Philosophical Papers, Cambridge, Cambridge University Press, 1981, vol. I, p. 72. Con l’espressione «contenuto empirico» si indicano i falsificatori po�tenziali di una teoria, ovvero l’insieme delle asserzioni base che, se fossero corroborate, la confuterebbero; pertanto, secondo Feyerabend, l’aumento del contenuto empirico di una teoria comporta un aumento della sua con�trollabilità.

6 Si vedano, in particolare, P.K. Feyerabend, Bemerkungen zur Ge�Ge�schichte und Systematik des Empirismus, in Grundfragen der Wissenschaf�ten und ihre Wurzeln in Metaphysik, a cura di P. Weingartner, Salzburg, Anton Pustet, 1967, pp. 136�80, trad. it. di G. Guerriero con il titolo Os�

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di un’esperienza stabile, giudice imparziale di tutte le contese teoriche, i fautori dell’empirismo classico la�sciano dunque indeterminata la precisa identità di tale giudice. In tal modo, possono sempre attaccare teorie indesiderate, mentre con il fanatismo proprio dei grup�pi religiosi a cui Feyerabend li paragona difendono la loro regola di fede: sola experientia.

La sistematizzazione dell’ideologia dell’empirismo clas�sico si deve, secondo Feyerabend, a Newton. Con una presentazione fuorviante delle sue procedure di indagi�ne, che violano le «regole del filosofare» da lui stesso enunciate, Newton è riuscito a far credere a generazioni di filosofi e scienziati che le sue scoperte siano «il risul�tato perfetto di un metodo perfetto perfettamente ap�plicato», contribuendo così all’inarrestabile affermazione del principio fondamentale dell’empirismo classico: l’idea che l’esperienza costituisca «la base salda, irrevocabile e in graduale espansione del ragionamento scientifico»7. Come è testimoniato dalla loro adesione al program�ma di ricostruzione logica della conoscenza scientifica, i neopositivisti abbracciano tale principio, e si propongo�no, valendosi degli strumenti logico�formali elaborati da Frege, Russell e Whitehead, di individuare con precisio�ne tutti i legami fra la base presunta incrollabile della conoscenza e i suoi superiori strati teorici.

L’ideologia dell’empirismo classico costituisce, secondo Feyerabend, un nemico temibile per il progresso. L’ade�sione a tale ideologia, infatti, conduce a una negazione

servazioni sulla storia e la sistematica dell’empirismo, in P.K. Feyerabend, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, Milano, Il Saggiatore, 1983, pp. 299�344; Id., Classical Empiricism, in The Methodological Heritage of Newton, a cura di R.E. Butts e J.W. Davies, Toronto, Toronto University Press, 1970, ristampato in P.K. Feyerabend, Philosophical Papers, cit., vol. II, pp. 34�51.

7 Le citazioni in questo capoverso sono tratte da P.K. Feyerabend, Phi�losophy of Science: a Subject with a Great Past, in Historical and Philosophi�cal Perspectives of Science, a cura di R.H. Stuewer, Minneapolis, Universi�ty of Minnesota Press, 1970, ristampato in P.K. Feyerabend, Knowledge, Science and Relativism, a cura di J. Preston, Cambridge, Cambridge Uni�versity Press, 1999, p. 128.

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programmatica del processo di continua reinterpretazio�ne dell’esperienza, che è una parte fondamentale del la�voro degli scienziati. A questo riguardo Feyerabend di�fende una posizione radicale, secondo cui le asserzioni osservative non sono semplicemente cariche di teoria, bensì completamente teoriche: «le asserzioni osservative» afferma «non hanno un “nucleo osservativo”»8. La deci�sione di passare sotto silenzio che l’esperienza è «muta» se non viene interpretata attraverso una teoria può dar luogo a esiti perniciosi: prima o poi, una teoria T, ini�zialmente introdotta come semplice congettura per spie�gare i fatti osservati, potrebbe trasformarsi, agli occhi dei suoi fautori, in un irrinunciabile articolo di fede. Le alternative a T potrebbero quindi essere ignorate dalla comunità scientifica, che potrebbe rifiutare anche solo di discuterle facendo appello al sostegno che T riceve dal�l’esperienza, e tale rifiuto condurrebbe «all’instaurazione di una metafisica dogmatica»9.

Questa eventualità può essere scongiurata promuo�vendo il pluralismo teorico, che Feyerabend considera una sorta di panacea contro ogni forma di dogmatismo. La sua argomentazione a favore del pluralismo prende le mosse dall’individuazione di un postulato fondamen�tale – che pure non viene esplicitamente riconosciu�to come tale – di tutte le versioni fondazionaliste del�l’empirismo, ovvero il principio di autonomia dei fatti, secondo cui i fatti rilevanti per la valutazione di una teoria sono immediatamente disponibili per la comunità scientifica. Feyerabend, da parte sua, afferma che fatti e teorie hanno un legame molto più stretto di quanto il principio di autonomia faccia pensare. Dato il carattere completamente teorico dell’osservazione, la descrizione di qualsiasi fatto dipende da qualche teoria, e soprattut�to «esistono anche dei fatti che non possono essere sco�

8 P.K. Feyerabend, Introduction to Volumes 1 and 2, in Id., Philosophi�cal Papers, cit., vol. I, p. x.

9 P.K. Feyerabend, Come essere un buon empirista, cit., p. 8.

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perti se non con l’aiuto di alternative»10 alla teoria che, in un momento dato, riscuote il consenso della maggio�ranza dei ricercatori. Un controllo severo di una teoria richiede dunque non il confronto con un’esperienza pre�sunta immutabile, bensì il ricorso a un insieme di teorie che in parte si sovrappongono e sono fattualmente ade�guate ma mutuamente incompatibili. Sulla scorta delle considerazioni appena illustrate, Feyerabend enuncia il principio di proliferazione, intorno al quale ruota la sua proposta metodologica: «Inventa ed elabora teorie incom�patibili con il punto di vista accettato, anche se quest’ul�timo dovesse essere altamente confermato e generalmente accettato»11.

Appare evidente che l’argomentazione di Feyerabend a favore del pluralismo non è fondata sullo studio di casi storici, bensì su considerazioni astratte relative al rapporto fra teoria e osservazione e sull’esigenza di sod�disfare il desideratum dell’aumento del contenuto em�pirico. Sotto questo profilo, tale argomentazione risulta pienamente in linea con la sua idea della metodologia

10 P.K. Feyerabend, Problems of Empiricism, in Beyond the Edge of Certainty, a cura di R.G. Colodny, Englewood Cliffs, Prentice�Hall, 1965, p. 175, trad. it. di A.M. Sioli con il titolo I problemi dell’empirismo, in P.K. Feyerabend, I problemi dell’empirismo, Milano, Lampugnani Nigri, 1971, p. 20. Per illustrare la funzione delle alternative nella scoperta dell’evidenza confutante, Feyerabend fa spesso ricorso all’esempio del moto browniano, un fenomeno che, sostiene, confuta la seconda legge della termodinamica fenomenologica, in quanto è la realizzazione di ciò che la legge vieta (è una macchina a moto perpetuo del secondo tipo). Secondo Feyerabend, la scoperta che il moto browniano confuta la seconda legge sarebbe stata im�possibile senza l’introduzione, da parte di Einstein, di una teoria alternati�va, ovvero la teoria cinetica della materia. L’accuratezza della ricostruzio�ne feyerabendiana è dubbia; al riguardo si veda, per esempio, J. Preston, Feyerabend: Philosophy, Science, Society, Cambridge, Polity Press, 1997, pp. 126�30, trad. it. di P. Budinich con il titolo Feyerabend. Filosofia, scienza, società, Milano, Il Saggiatore, 2001, pp. 156�61.

11 P.K. Feyerabend, Reply to Criticism: Comments on Smart, Sellars and Putnam, in Proceedings of the Boston Colloquium for the Philosophy of Sci�ence, 1962�1964, a cura di R.S. Cohen e M.W. Wartofsky, New York, Hu�manities Press, 1965, ristampato in P.K. Feyerabend, Philosophical Papers, cit., vol. I, p. 105.

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come disciplina normativa. Su questa ci soffermeremo più ampiamente nel prossimo paragrafo.

3. La metodologia come disciplina normativa nel primo Feyerabend

Le opere che Feyerabend pubblica negli anni ’50 e ’60 possono essere intese come un contributo all’elabo�razione di «un “modello razionale” della scienza»12, i cui elementi costitutivi sono l’enunciazione dello scopo del�la ricerca scientifica e la formulazione di criteri di scel�ta fra teorie che dovrebbero favorire il raggiungimento di tale scopo: con lo stesso vigore con cui promuove il pluralismo teorico, Feyerabend propugna il monismo metodologico. Riallacciandosi a una tradizione inter�pretativa il cui capostipite è forse Imre Lakatos, John Preston ha ravvisato, nell’adesione all’idea dell’episte� ha ravvisato, nell’adesione all’idea dell’episte�mologia come disciplina normativa, al falsificazionismo e allo scetticismo induttivo, «le credenziali genuinamente popperiane»13 del primo Feyerabend. Secondo Preston, l’adesione di Feyerabend all’anarchismo epistemologi�co, avvenuta all’incirca alla fine degli anni ’60, sarebbe determinata proprio dalla comprensione del fatto che la storia della scienza smentisce i precetti non solo del falsificazionismo, ma di tutte le metodologie che preten�dono di fornire agli scienziati regole di condotta univer�salmente valide.

In effetti, l’influenza esercitata dalla filosofia di Pop�per sul primo Feyerabend risulta evidente quando si tengano presenti, per esempio, le critiche che quest’ul�timo rivolge al fisico David Bohm recensendone il volu�me Causalità e caso nella fisica moderna (1957). Secondo Feyerabend, l’immagine della crescita della conoscenza

12 J. Preston, Feyerabend, cit., p. 30. Per una lettura diversa del lavoro del primo Feyerabend si veda E. Oberheim, Feyerabend’s Philosophy, Ber�lin, de Gruyter, 2006.

13 J. Preston, Feyerabend, cit., p. 30.

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tratteggiatavi da Bohm è fondata su un presupposto sba�gliato, ovvero che gli uomini riconoscano i propri errori in modo del tutto spontaneo. Tuttavia, afferma Feyer�Feyer�abend ricorrendo ad argomentazioni di carattere schiet� ricorrendo ad argomentazioni di carattere schiet�tamente falsificazionista, gli errori potranno essere rico�nosciuti come tali solo a condizione che si sia presa la «decisione di non fare ricorso a ipotesi ad hoc e di eli�minare le teorie che non ammettono la falsificazione»14.

Un’ulteriore testimonianza dell’adesione di Feyer�Feyer�abend ad alcune tesi caratteristiche del falsificazionismo viene da due lettere che, fra il 1960 e il 1961, indirizza a Kuhn per commentare una bozza della Struttura delle rivoluzioni scientifiche. In un passo di quest’opera Kuhn attacca lo «stereotipo metodologico»15 della falsificazio�ne, che a suo avviso non trova riscontro nella pratica scientifica. Feyerabend ribatte che la storia non ha alcu�na rilevanza nelle discussioni metodologiche, e si affretta a spiegare perché l’adesione a tale presunto stereotipo è auspicabile. Esistono due tipi di teorie, quelle controlla�bili e quelle non controllabili; la caratteristica essenziale di queste ultime risiede nel fatto che non possono mai andare incontro a problemi quando vengono messe a confronto con l’esperienza. Perché dunque adottare teo�rie controllabili, che rischiano di essere confutate dai ri�sultati degli esperimenti e dalle osservazioni? Feyerabend difende il razionalismo critico affermando che, se voglia�mo teorie genuinamente informative, «non possiamo far uso di teorie non falsificabili»16.

14 P.K. Feyerabend, Professor Bohm’s Philosophy of Nature, «The Brit�ish Journal for the Philosophy of Science», X, 1960, ristampato in Id., Philosophical Papers, cit., vol. I, p. 233.

15 Th.S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., p. 103.16 P.K. Feyerabend, Two Letters of Paul Feyerabend to Thomas Kuhn

on a Draft of «The Structure of Scientific Revolutions», a cura di P. Hoynin�gen�Huene, «Studies in History and Philosophy of Science», XXVI, 1995, p. 367, trad. it. di S. Gattei con il titolo Due lettere di Paul Feyerabend a Thomas Kuhn. In seguito alla lettura di una bozza di «La struttura delle ri�In seguito alla lettura di una bozza di «La struttura delle ri�voluzioni scientifiche», in Th.S. Kuhn, Dogma contro critica. Mondi possibili nella storia della scienza, Milano, Cortina, 2000, p. 254.

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Nella stessa sede, Feyerabend si cimenta in un’acco�rata difesa delle regole metodologiche del falsificazioni�smo, istituendo un parallelo fra il «gioco» della scienza e quello degli scacchi. Nessun insieme di regole può generare una «lista di istruzioni» che specifichi tutte le mosse che ciascun giocatore deve compiere nel corso di una partita. Tuttavia, perché si possa dire che un cer�to individuo sta giocando a scacchi, questo deve com�portarsi conformemente a quanto prescritto da un insie�me di regole, appunto le regole degli scacchi; chi non rispetta tali regole, non sta giocando a scacchi. Consi�derazioni analoghe valgono per il gioco della scienza: sebbene nessun insieme di regole possa spiegare tutte le mosse che vengono effettuate dai ricercatori, «esistono regole che impediscono con precisione che vengano fatte certe mosse», come il ricorso a ipotesi ad hoc; le regole del gioco della scienza, afferma Feyerabend, «sono sem�plicemente le regole del metodo scientifico»17.

Tuttavia, la difesa del programma epistemologico fal�sificazionista è lungi dall’esaurire il progetto feyeraben�feyeraben�diano. Infatti, Popper e Feyerabend assumono posizioni inconciliabili circa il problema dello scopo della scienza; inoltre, non tardano a manifestarsi anche altri importanti dissensi fra i due.

Si consideri, per esempio, la critica delle teorie della spiegazione e della riduzione caratteristiche dell’empiri�smo logico, in cui Feyerabend si cimenta, fra l’altro, nel saggio Explanation, Reduction and Empiricism (1962). Queste dottrine si fondano su due presupposti, ovvero: (a) che la spiegazione e la riduzione avvengano per de�rivazione logica; (b) che, di conseguenza, i significati dei termini osservativi che compaiono nelle teorie coinvolte nei processi di spiegazione e di riduzione siano invarian�ti rispetto a questi processi. Da tali presupposti derivano due restrizioni circa l’ammissibilità, in un certo dominio di ricerca, di alternative alla teoria che in un momento

17 P.K. Feyerabend, Due lettere di Paul Feyerabend a Thomas Kuhn, cit., p. 248.

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dato gode del consenso della comunità scientifica, ovve�ro la condizione di coerenza e la condizione di invarian�za di significato. Secondo la condizione di coerenza, in un certo dominio di ricerca sono ammissibili, ai fini del�la spiegazione e della previsione, solo teorie che conten�gano le teorie già usate in quel dominio, o almeno siano coerenti con quelle; secondo la condizione di invarianza di significato, tutte le teorie che vengono introdotte in un certo dominio devono essere espresse in modo che il loro uso nelle spiegazioni non muti quel che viene detto dalle teorie già presenti nel dominio o dai resoconti fat�tuali da spiegare18.

Feyerabend ritiene che il rispetto di queste condizioni sia metodologicamente indesiderabile: se venissero fatte valere nella pratica scientifica, ne deriverebbe un’arbitra�ria riduzione del numero delle alternative che possono essere prese in considerazione dai ricercatori, e quindi una diminuzione della controllabilità della teoria corren�temente accettata.

Il primo passo della sua critica consiste però nell’af�fermare che le due norme in questione non trovano ap�plicazione nella migliore pratica scientifica. Feyerabend argomenta a favore di questa tesi discutendo il caso della transizione dalla teoria – di ascendenza aristoteli�ca – dell’impetus (T1) alla meccanica newtoniana (T2). Secondo la sua ricostruzione, T2 non implica T1, e dun�que fra le due non vige la relazione logica richiesta dalle dottrine oggetto della sua critica. Ciò dipende dal fatto che, sebbene T1 e T2 conducano a previsioni quantitati�vamente equivalenti circa un certo numero di fenomeni, il concetto di impetus non può essere formulato nell’am�bito della teoria newtoniana; la relazione fra T1 e T2 è, secondo Feyerabend, un esempio lampante di incom�mensurabilità.

Si tratta di una conclusione certo non priva di rile�vanza, poiché i fautori delle dottrine neoempiriste del�

18 Per una discussione esauriente di questi temi si veda G. Couvalis, Feyerabend’s Critique of Foundationalism, Aldershot, Avebury, 1989.

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la spiegazione e della riduzione pretendono che queste forniscano una descrizione accurata della migliore prati�ca scientifica. A ogni modo, Feyerabend precisa subito che la metodologia non è una disciplina descrittiva: il suo compito consiste nel «fornirci regole normative che dovrebbero essere seguite, alle quali la pratica scientifi�ca corrisponderà più o meno da vicino»19; egli, dunque, ritiene che la componente più importante della sua ar�gomentazione sia la «critica metodologica»20 delle tesi degli empiristi logici.

Vista l’importanza che Feyerabend attribuisce alla cri�tica di queste dottrine neoempiriste, sulla quale ritorna in svariati scritti, appare particolarmente significativo che le definisca «un’elaborazione di alcune idee semplici e molto plausibili proposte per la prima volta da Pop�per»21. Questi, come è noto, respinge vigorosamente la tesi dell’incommensurabilità, come pure la tesi feyera�bendiana del carattere completamente teorico dell’osser�vazione. Pertanto, se il Feyerabend degli anni ’60 può essere definito un popperiano, è un popperiano quanto�meno eterodosso22.

Un altro elemento che caratterizza la posizione di Feyerabend negli anni ’60 è la difesa del realismo, a fa�vore del quale si esprime, in particolare, nel saggio Rea�lismo e strumentalismo (1964), in cui propone un’artico�lata analisi della vicenda della teoria copernicana.

19 P.K. Feyerabend, Explanation, Reduction and Empiricism, cit., pp. 68�69.

20 Ibidem. Per osservazioni analoghe si vedano P.K. Feyerabend, Come essere un buon empirista, cit., p. 23 e Id., Reply to Criticism, cit., p. 111.

21 P.K. Feyerabend, Come essere un buon empirista, cit., p. 13. 22 Per una discussione più ampia dei dissensi tra Feyerabend e Popper

si vedano E. Oberheim, Feyerabend’s Philosophy, cit., cap. III e L. Tam�bolo, L’oceano della conoscenza. Il pluralismo libertario di Paul Karl Feyer�Feyer�abend, Milano, Franco Angeli, 2007. Intorno alla metà degli anni ’60 Feyer� abend manifesta sempre maggiore insofferenza nei confronti della scuola popperiana; a questo proposito un documento interessante è il suo carteg�gio con Hans Albert, Briefwechsel. Paul K. Feyerabend und Hans Albert, a cura di W. Baum, Frankfurt a.M., Fischer, 1997.

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Nel momento in cui viene proposta, la teoria coperni�cana è in conflitto con leggi fisiche altamente confermate e fatti sperimentalmente accertati. Certo, possiede alcune attrattive; tuttavia, dal punto di vista dei contemporanei di Copernico, non quella di offrire una descrizione vera della realtà. Perciò alcuni scienziati dell’epoca, che pur non essendo disposti ad abbandonare la fisica accettata vorrebbero sfruttare i vantaggi offerti dalla teoria elio�centrica, propongono di quest’ultima un’interpretazione strumentalista, secondo cui il copernicanesimo è solo un dispositivo per generare previsioni che consentono di «salvare i fenomeni». Se la teoria eliocentrica viene con�siderata un mero strumento di calcolo, non può essere in conflitto con la teoria geocentrica, che si ritiene offra una descrizione veridica della realtà fisica. Lo strumenta�lismo consente dunque di conseguire un duplice vantag�gio: da un lato, mantenere inalterata la fisica accettata, dall’altro, arricchirla di un nuovo strumento predittivo.

I fautori dello strumentalismo potrebbero suggerire di adottare la medesima strategia per risolvere tutte le con�troversie in cui, a un’ipotesi che riscuote consenso una�nime, venga opposta un’audace alternativa. Una simile linea di condotta sarebbe però, secondo Feyerabend, in�desiderabile in sommo grado: disinnescare in tal modo il conflitto fra teorie significherebbe, nel lungo periodo, promuovere la stagnazione intellettuale. Lo strumentali�smo si rivela dunque una filosofia sterile sotto il profilo euristico, mentre il realismo è un catalizzatore del pro�gresso. Il sostenitore del copernicanesimo che rifiuta di considerare la teoria eliocentrica un semplice strumen�to di calcolo è infatti costretto, se desidera favorirne il trionfo, a «rivedere la fisica comunemente accettata […]; deve cioè contribuire attivamente allo sviluppo della co�noscenza fattuale»23. È questa la strategia adottata dagli

23 P.K. Feyerabend, Realism and Instrumentalism. Comments on the Logic of Factual Support, in The Critical Approach to Science and Philoso�phy, a cura di M. Bunge, New York�London, The Free Press of Glencoe, 1964, p. 281, trad. it. di G. Gava con il titolo Realismo e strumentalismo:

Il «pluralismo libertario» di Feyerabend 399

uomini più brillanti dell’epoca, che interpretano la teoria copernicana come una descrizione vera della realtà fisi�ca, cosicché, dopo lunghe e faticose ricerche, il sistema copernicano finisce con lo scalzare quello aristotelico�to�lemaico. Va però precisato che Feyerabend non giudica l’esempio appena discusso una prova decisiva della supe�riorità del realismo. La sua argomentazione a favore del realismo, i cui pregi, comunque, ritiene siano vividamen�te illustrati dal caso del copernicanesimo, ha carattere aprioristico e si snoda lungo questa linea: il progresso è promosso dalla proliferazione, poiché le alternative pos�sono far emergere i fatti confutanti la teoria che in un momento dato riscuote il consenso della comunità scien�tifica; la proliferazione è promossa dal realismo, che rac�comanda di considerare le teorie tentativi di descrizione veridica della realtà fisica, ma non dallo strumentalismo, che prescrive di considerarle meri strumenti di previsio�ne; dunque il realismo è preferibile allo strumentalismo.

L’analisi della vicenda della teoria copernicana svolta da Feyerabend mette in luce un altro aspetto importan�te della sua concezione della metodologia: Feyerabend aspira, richiamandosi sotto questo profilo alla lezione di Mach, all’unità di scienza e filosofia.

4. Ernst Mach e l’epoca eroica della filosofia scientifica

In svariate occasioni Feyerabend lamenta che la filo�sofia della scienza è una disciplina priva di futuro. Le ragioni di tale prognosi pessimistica vanno ricercate nel confronto con l’«epoca eroica della filosofia scientifica»24, quella della rivoluzione intellettuale dei secoli XVI e

commenti sulla logica del sostegno fattuale, in P.K. Feyerabend, Come esse�re un buon empirista, cit., p. 46. Sull’assai dibattuta questione del realismo feyerabendiano si vedano: J. Preston, Feyerabend, cit., cap. IV; R.P. Farrell, Feyerabend and Scientific Values. Tightrope�Walking Rationality, Dordrecht, Kluwer, 2003, cap. IV; E. Oberheim, Feyerabend’s Philosophy, cit., cap. VI.

24 P.K. Feyerabend, Philosophy of Science: a Subject with a Great Past, cit., p. 128.

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XVII. In tale fase storica, infatti, non si registra alcuna cesura tra scienza e filosofia; la filosofia ha anzi un ruolo decisivo nella costruzione della nuova scienza, che fini�sce con lo scalzare la fisica aristotelica. A paragone con il suo glorioso passato, la filosofia della scienza contem�poranea offre uno spettacolo desolante: praticata con un atteggiamento conformistico che induce ad abbandonare l’aspirazione a contribuire fattivamente allo sviluppo del sapere scientifico, rimane invischiata in se stessa, rivolta a problemi tecnici privi di qualsiasi connessione con la pratica della ricerca.

Feyerabend individua la causa della situazione in cui la disciplina versa nell’influenza dell’empirismo newto�niano. A suo avviso, è stato l’effetto «psicologico» del successo del Newton scienziato a decretare il successo del Newton filosofo: molti pensatori che, pur non essen�do pronti a sottoscrivere le sue tesi metodologiche, non potevano vantare scoperte anche solo lontanamente pa�ragonabili alle sue, si sono visti costretti a passare dal�la scienza alla filosofia della scienza, divenuta un sapere aridamente autonomo e ripiegato su se stesso.

L’Ottocento ha però visto il fiorire di un pensatore – Ernst Mach – che non era disposto a tollerare il ruo�lo di retroguardia che la filosofia era venuta assumendo. All’opera di Mach, oggetto della sua massima ammira�zione, Feyerabend riconosce due meriti importanti. In primo luogo, Mach non è fautore di un’epistemologia dei dati sensoriali, anche se è stato così ritratto dagli esponenti del Circolo di Vienna, i quali hanno tentato di farne un precursore delle loro dottrine fondaziona�liste. Infatti, quando nell’Analisi delle sensazioni (1886) Mach asserisce che lo scopo della scienza è individuare connessioni semplici e regolari fra gli «elementi», si pre�mura di distinguere gli elementi dalle sensazioni e dalle percezioni. L’identità di elementi e sensazioni è asserita solo in via ipotetica, come proposta soggetta alla critica e alla revisione; del resto, che le sensazioni non possano essere, per Mach, un fondamento assoluto della cono�scenza è immediatamente evidente quando si prende in

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considerazione il titolo del suo libro, che fa appunto ri�ferimento a un’analisi delle sensazioni. In secondo luogo – e ai fini del presente saggio questa è la considerazio�ne di maggiore rilevanza –, Feyerabend ravvisa in Mach un modello per l’attività del metodologo, poiché con il pensatore austriaco, la cui opera presenta una coraggiosa «critica generale della scienza del suo tempo»25, è stata nuovamente raggiunta l’unità di scienza e filosofia, anda�ta poi perduta con l’affermarsi dell’empirismo logico.

Come si è visto richiamando brevemente la sua rico�struzione della controversia tra geocentrismo e coperni�canesimo, secondo Feyerabend il fautore di un’alternati�va a una prospettiva teorica predominante, trovandosi a sostenere un punto di vista incompatibile con una teoria molto ben confermata, deve fornire il proprio contribu�to alla revisione delle conoscenze fisiche accettate; deve partecipare in prima persona «allo sviluppo della cono�scenza fattuale»26. Un buon empirista non può dunque limitarsi a una riflessione astratta sulla ricerca scientifica, poiché deve agire non solo come un filosofo ma anche, allo stesso tempo, come uno scienziato. L’idea kraftiana e popperiana del metodologo come legislatore della pra�tica scientifica viene così ampiamente trascesa: epistemo�logia e ricerca scientifica sono così vicine che, in ultima analisi, tra le due non vi è – o almeno non dovrebbe es�servi – soluzione di continuità. Nell’accezione feyeraben�diana del termine, il metodologo è colui che «tratta un materiale sgradevole – le teorie – e vuol cambiarlo»27; ispirandosi alla lezione di Mach, Feyerabend aspira a una critica della scienza condotta nel nome del progres�

25 P.K. Feyerabend, Philosophy of Science: a Subject with a Great Past, cit., p. 129.

26 P.K. Feyerabend, Realismo e strumentalismo, cit., p. 46.27 P.K. Feyerabend, Problems of Empiricism, Part II, in The Nature and

Function of Scientific Theories, a cura di R.G. Colodny, Minneapolis, Uni�versity of Minnesota Press, 1970, p. 277, trad. it. di A.M. Sioli con il titolo I problemi dell’empirismo II, in P.K. Feyerabend, I problemi dell’empirismo, cit., p. 106.

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so scientifico28. Nell’opera di Mach, dunque, Feyerabend vede un esempio da imitare nel momento in cui, intor�no alla metà degli anni ’50, si affaccia sulla scena del dibattito epistemologico.

Questa è occupata, innanzitutto, dai fautori dell’empi�rismo logico, all’epoca la concezione della scienza domi�nante nell’epistemologia di lingua inglese. Abbiamo già riferito delle critiche di Feyerabend alla received view, della quale disapprova sia le tendenze fondazionaliste sia lo spirito conformistico, che ha condotto a una scissio�ne tra scienza e filosofia. Qui converrà soffermarsi bre�vemente sul lavoro dei cosiddetti «nuovi filosofi della scienza», i quali, a partire dalla fine degli anni ’50, ini�ziano a minare il consenso di cui gode la received view propugnando un approccio storico alle discussioni meto�dologiche. Secondo Feyerabend, l’adozione di un simile approccio è destinata a condurre a esiti non diversi dal conformismo tipico dell’empirismo logico, in particolare a causa della tentazione di identificare comprensione e giustificazione dei fatti storici.

Tale è la tentazione che Feyerabend ravvisa soprattut�to nel lavoro di Kuhn, al quale rimprovera che l’imma�gine della scienza elaborata nella Struttura delle rivolu�zioni scientifiche è «ideologia camuffata da storia»29. Feyer� abend, infatti, respinge la tesi kuhniana secondo cui la pratica della «scienza normale» o «matura», caratteriz�zata dall’adesione dogmatica dei ricercatori a un certo «paradigma», favorirebbe il verificarsi delle rivoluzioni. Come è noto, Kuhn sostiene che, nei periodi di scienza normale, la comunità scientifica dedica tutte le proprie energie a «operazioni di ripulitura» del paradigma, vol�te a conseguire la migliore corrispondenza possibile fra paradigma e natura; tuttavia, quando quest’ultima si mo�

28 Su questo tema si vedano le considerazioni di J. Preston, Introduc�tion to Volume 3, in P.K. Feyerabend, Knowledge, Science and Relativism, cit., in particolare p. 12.

29 P.K. Feyerabend, Due lettere di Paul Feyerabend a Thomas Kuhn, cit., p. 233.

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stra recalcitrante alla concettualizzazione nei termini del paradigma e si accumulano troppi controesempi, si veri�fica una «crisi», che sfocia in una rivoluzione scientifica. Pertanto, secondo Kuhn, la ricerca basata sull’adesione dogmatica a un paradigma «deve essere una maniera particolarmente efficace di introdurre cambiamenti di paradigma»30.

La teoria kuhniana, sostiene Feyerabend, è falsa sot�to il profilo storico. Per esempio, la fisica dell’ultimo trentennio dell’Ottocento, che secondo Kuhn dovrebbe essere caratterizzata dal prevalere di un solo paradigma, vede in realtà la convivenza di diverse tradizioni di ri�cerca: l’elettrodinamica di Faraday, Maxwell e Hertz, la teoria fenomenologica del calore e la teoria cinetica; ed è l’interazione fra queste teorie a condurre alla caduta della meccanica classica. In secondo luogo, Feyerabend è persuaso che il monismo teorico conduca, in periodi di tempo relativamente lunghi, alla trasformazione della teoria accettata in un dogma; la scienza normale produ�ce dunque l’effetto opposto a quello descritto da Kuhn. Infine, Feyerabend deplora la retorica kuhniana, che gli appare caratterizzata da una deliberata confusione fra il piano descrittivo e quello normativo, e dal tentativo di insinuare, attraverso ricostruzioni storiche apparentemen�te neutrali dal punto di vista teorico, giudizi di valore: Kuhn dipinge lo sviluppo del sapere scientifico in modo tale che la sua persuasione che ogni comunità scienti�fica dovrebbe lavorare su un solo paradigma alla volta sembri emergere dalla storia della scienza, «come se la storia possa dirti alcunché del modo in cui dovresti con�durre la scienza»31.

La critica della teoria kuhniana della scienza e della retorica che la accompagna è rappresentativa dell’atteg�giamento del Feyerabend dei primi anni ’60 nei con�fronti dell’approccio storico alla metodologia, che trova

30 Th.S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., p. 75.31 P.K. Feyerabend, Due lettere di Paul Feyerabend a Thomas Kuhn,

cit., p. 234.

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espressione, per esempio, anche in alcuni suoi commenti a proposito di Wittgenstein. Scrivendo dell’influenza di Wittgenstein sugli studi metodologici, Feyerabend affer�ma che questa non è pervasiva come molti credono: non c’era bisogno di Wittgenstein per «introdurre la serpe del relativismo nel paradiso dell’ordinato metodo scienti�fico»32. Sebbene i seguaci di Wittgenstein sembrino non rendersene conto, la diffusione del relativismo metodo�logico è in larga parte indipendente dalla fortuna della sua filosofia e della nozione di gioco linguistico, ed è le�gata all’idea secondo cui «le procedure […] che hanno dimostrato di essere una forza storica […] sono perciò giustificate»33. Evidentemente, nulla potrebbe essere più lontano dalla sensibilità di Feyerabend, che aspira a es�sere un riformatore della scienza.

5. Popper, Feyerabend e lo scopo della scienza

Nell’esame della sua produzione degli anni ’50 e ’60, si è assunta come filo conduttore l’idea che Feyerabend si proponga di articolare un modello razionale della scienza, che specifica lo scopo della ricerca scientifica e criteri di scelta fra teorie la cui applicazione dovrebbe favorire il raggiungimento di tale scopo. Tuttavia, fin qui non si è ancora detto nulla sulla sua posizione circa il fine della scienza. A tale riguardo occorre notare innan�zitutto che, da un lato, Feyerabend fa ripetutamente uso di nozioni come «conoscenza oggettiva» e «progresso»; sotto questo profilo, la sua retorica è assimilabile a quel�la della maggioranza degli epistemologi che si richiama�no alla tradizione dell’empirismo logico. D’altro canto, Feyerabend nega che lo scopo della scienza sia la co�struzione di un corpus di teorie vere o verisimili. Ciò di�pende dal fatto che propugna una versione estrema del

32 P.K. Feyerabend, Review of A.C. Crombie (ed.), Scientific Change, «The British Journal for the Philosophy of Science», XV, 1964, p. 250.

33 Ibidem.

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pluralismo (che possiamo definire «pluralismo liberta�rio»), la quale è strettamente legata alla sua concezione della conoscenza come un oceano di alternative. Per ap�prezzare meglio la peculiarità della riflessione assiologica feyerabendiana, converrà soffermarsi in primo luogo su quella di Popper; il confronto fra le posizioni dei due consentirà, fra l’altro, di mostrare come Feyerabend sia, anche quando «ufficialmente» aderisce al razionalismo critico, un popperiano eterodosso.

Seguendo Lakatos, è opportuno prendere in conside�razione, innanzitutto, un aspetto assai discutibile della teoria della scienza elaborata nella Logica della scoperta scientifica: tale teoria, caratterizzata dal tentativo di di�mostrare che «il vecchio ideale scientifico dell’episteme […] si è rivelato un idolo»34, e dall’insistenza sulla na�tura costitutivamente congetturale della conoscenza uma�na, assegna alla scienza uno scopo puramente negativo. Il compito prescritto da Popper alla comunità scientifi�ca si riduce, in concreto, allo smascheramento dei difetti delle teorie che di volta in volta vengono sottoposte alla sua valutazione critica. Così, anche se in un momento dato una teoria T viene considerata il migliore risulta�to mai conseguito dall’ingegno umano, in virtù del fat�to che ha superato numerosi e severi controlli, T rimane pur sempre una congettura: quando viene contraddetta da un’ipotesi falsificante corroborata, la comunità scien�tifica la dichiara falsificata e procede al controllo di altre congetture, che prima o poi conosceranno il medesimo destino di T. Pertanto, alla luce della filosofia falsifica�zionista il progresso consiste, paradossalmente, non nella crescita della conoscenza, ma in un’accresciuta consape�volezza della nostra ignoranza.

Una delle obiezioni più significative sollevate da Lakatos contro la caratterizzazione delle regole del gioco della scienza proposta da Popper concerne la nozione di

34 K.R. Popper, The Logic of Scientific Discovery, London, Hutchinson, 1959, p. 280, trad. it. della 2a ed. inglese ampliata (1968) di M. Trinchero con il titolo Logica della scoperta scientifica, Torino, Einaudi, 19952, p. 311.

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progresso scientifico che ne deriva. Infatti, se gli venisse posta una domanda diretta al riguardo, Popper afferme�rebbe che lo scopo della scienza è la ricerca della veri�tà. Tuttavia, se si accettano le norme metodologiche da lui difese, il gioco della scienza risulta svincolato da tale scopo, poiché è impossibile dimostrare che la scienza progredisce verso la sua realizzazione: «si può solo nu�trire la pia speranza che le cose stiano così»35. Pertanto, contro le intenzioni di Popper, la sua posizione si risol�ve non in una forma sofisticata di fallibilismo, bensì nel�lo scetticismo estremo.

Lakatos riconduce l’esito scettico del falsificazionismo al fatto che nel 1934 la teoria della verità come corri�spondenza era in discredito: se a quell’epoca ne aves�se conosciuta una formulazione soddisfacente, Popper l’avrebbe prontamente sottoscritta. In mancanza di una simile formulazione, si vide costretto a un atteggiamento più cauto, cosicché in un passo della sua opera si legge: «nella logica della scienza delineata qui è possibile evita�re l’uso dei concetti “vero” e “falso”»36.

Tuttavia, non molto tempo dopo la pubblicazione della Logica della scoperta scientifica Popper viene a co�noscenza della teoria corrispondentista della verità elabo�rata da Tarski, che non esita a far propria: in una nota all’edizione inglese dell’opera, risalente al 1959, viene spiegato che i principi fondamentali del falsificazionismo sono coerenti con la teoria tarskiana, e che la concezio�ne della scienza difesa nell’edizione tedesca del 1934, lungi dall’esserne modificata, «ne risultò chiarificata»37. Secondo Lakatos, invece, l’adozione della teoria tarskia�na esercitò un impatto molto profondo sull’epistemo�logia popperiana. Grazie a questa teoria, Popper ebbe

35 I. Lakatos, Popper on Demarcation and Induction, in The Philosophy of Karl Popper, a cura di P.A. Schilpp, La Salle (Ill.), Open Court, 1974, p. 233, trad. it. di M. D’Agostino con il titolo Popper sulla demarcazione e l’induzione, in I. Lakatos, La metodologia dei programmi di ricerca scientifi�ci, Milano, Il Saggiatore, 1996, p. 196.

36 K.R. Popper, Logica della scoperta scientifica, cit., p. 302.37 K.R. Popper, Logica della scoperta scientifica, cit., p. 303, nota *1.

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infatti la possibilità di introdurre la nozione di verisimi�litudine, che gli consentì di definire il progresso anche per una serie di teorie false. Alla luce di tale nozione, le regole del gioco della scienza proposte da Popper su�birono una reinterpretazione radicale: le teorie corrobo�rate che prendono il posto di quelle falsificate potevano essere considerate passi avanti – sia pure solo ipoteti�ci – nell’avvicinamento alla verità. A questo proposito è interessante mettere a confronto due dichiarazioni di Popper circa lo scopo della scienza. Nella Logica della scoperta scientifica si sostiene che la scienza si propo�ne di «scoprire problemi sempre nuovi, più generali e più profondi», sottoponendo le soluzioni via via avanza�te a «controlli sempre rinnovati e sempre più rigorosi». In Congetture e confutazioni – il testo in cui introduce la nozione di verisimilitudine – Popper afferma invece: «Nella ricerca della conoscenza, ci proponiamo di trova�re teorie vere, o per lo meno più vicine alla verità, che corrispondono meglio ai fatti»38.

Considerato che nel corso degli anni ’60 Feyerabend dichiara in numerose occasioni la propria adesione al falsificazionismo, ci si potrebbe attendere che riservi un’accoglienza molto favorevole alla nozione di verisimi�litudine. Ma Feyerabend è persuaso che alla verità non debba essere attribuito lo status di ideale regolativo del�la ricerca scientifica. Quando propone regole di condot�ta per gli scienziati, dichiara esplicitamente che la plura�

38 Le citazioni sono tratte, rispettivamente, da K.R. Popper, Logica del�la scoperta scientifica, cit., p. 311 e Id., Conjectures and Refutations, Lon�don, Routledge & Kegan Paul, 1963, p. 226, trad. it. di G. Pancaldi con il titolo Congetture e confutazioni, Bologna, Il Mulino, 19852, p. 387. Secondo la definizione di verisimilitudine originariamente proposta da Popper, una teoria Tn è più vicina alla verità di una teoria Tn�1 se Tn ha più conse�guenze vere e meno conseguenze false di Tn�1. P. Tichý, On Popper’s Defini�tion of Verisimilitude, «The British Journal for the Philosophy of Science», XXV, 1974, pp. 155�60 e D. Miller, Popper’s Qualitative Theory of Verisi�militude, «The British Journal for the Philosophy of Science», XXV, 1974, pp. 166�77, hanno dimostrato che, sulla base della definizione popperiana, una teoria falsa (ovvero una teoria con almeno una conseguenza falsa) non può mai essere più vicina alla verità di un’altra teoria.

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lità di teorie con la quale raccomanda loro di lavorare non costituisce una fase transitoria della ricerca che in futuro verrà sostituita da un’«Unica Teoria Vera», poi�ché il pluralismo teorico è un «fattore essenziale di ogni conoscenza che si proclami oggettiva»39. Tale modo di intendere il pluralismo prende corpo in una peculiare concezione della conoscenza, secondo cui questa è

un oceano, sempre crescente, di alternative reciprocamente incompatibili (e forse anche incommensurabili): ogni singola teoria, ogni favola, ogni mito che fanno parte di questa collezione costringono le altre a una maggiore artico�lazione, e tutte contribuiscono, attraverso questo processo di competizione, allo sviluppo della nostra conoscenza. Nulla è mai deciso, nessuna concezione può mai essere lasciata fuori da un’esposizione generale. Plutarco e Diogene Laerzio, non Dirac o von Neumann, sono i modelli per la presentazione di una conoscenza di questo genere in cui la storia di una scienza diventa parte inscindibile della scienza stessa: la storia è essenziale non solo per dare un contenuto alle teorie che una scienza comprende in ogni momento particolare, ma anche per promuoverne gli sviluppi successivi40.

Feyerabend, dunque, vede la ricerca scientifica come un’arena nella quale si scontrano senza posa, e senza mai un vincitore, concezioni alternative sempre più nu�merose. A una teoria che temporaneamente prevale sulle proprie concorrenti si può riconoscere, forse, il merito di un superiore grado di generalità – e quindi di un mag�gior potere di spiegazione e unificazione –, non certo una maggiore vicinanza alla verità intesa come corrispondenza ai fatti.

Qui non ci soffermeremo sul carattere manifestamen�te problematico di tale concezione della conoscenza, su cui i critici non hanno mancato di richiamare l’attenzio�ne, ma occorre almeno chiedersi se il conflitto fra alter�

39 P.K. Feyerabend, I problemi dell’empirismo, cit., p. 8.40 P.K. Feyerabend, Contro il metodo, cit., p. 27. L’adesione di Feyer�Feyer�

abend a questa concezione della conoscenza è una costante della sua rifl es� a questa concezione della conoscenza è una costante della sua rifles�sione ed è esplicita, fra l’altro, in Id., Reply to Criticism, cit., p. 107; Id., Von der beschränkten Gültigkeit methodologischer Regeln, «Neue Hefte für Philosophie», II, 1972, pp. 131�32, trad. it. di G. Guerriero con il titolo I limiti di validità delle regole metodologiche, in P.K. Feyerabend, Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, cit., pp. 260�61; Id., Against Method: Outline of an Anarchistic Theory of Knowledge, London, Verso, 19933, p. 21.

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native sempre più numerose auspicato da Feyerabend consente di conseguire una conoscenza che può davvero dirsi oggettiva. Sembra possibile rispondere affermativa�mente a questa domanda solo a patto di accettare un importante slittamento di significato dei termini «cono�scenza» e «oggettività». Di norma, si dice che qualcosa è oggettivo in quanto concerne, o ha per fondamento, la realtà per se stessa. Tuttavia, appare evidente che non è questo il senso in cui Feyerabend usa la parola «og�gettività» quando parla della «conoscenza oggettiva» che il pluralismo consente di conseguire. A tale proposito è importante ribadire che un caposaldo dell’epistemolo�gia feyerabendiana è la tesi che non esistono fatti intesi come arbitri imparziali delle contese teoriche: quello che si è soliti chiamare un «fatto» non è che il risultato del�la preliminare adozione di una certa prospettiva teorica; inoltre, Feyerabend rigetta sia la teoria corrispondentista della verità elaborata da Tarski, sia l’uso fattone da Pop�per. Quando si valutano le proposte metodologiche feye�rabendiane, occorre tener presente il peculiare fine in vista del quale sono avanzate, appunto la promozione di un conflitto fra alternative reciprocamente incompatibili e sempre più numerose; ma bisogna anche rilevare che descrivere un simile conflitto come «conoscenza oggetti�va» significa attribuire a questa espressione un significa�to per nulla convenzionale e, si potrebbe aggiungere, di dubbia intelligibilità41.

Feyerabend non discute spesso la concezione della conoscenza come un oceano di alternative. Tuttavia, qui suggeriremo che, in effetti, tale concezione costituisce il presupposto ultimo della sua riflessione.

Feyerabend ritiene che per compiere un controllo se�vero di una teoria T sia necessario fare ricorso ad alme�no una teoria alternativa T 1 : dato il carattere completa�mente teorico dell’osservazione, considerare solo il rap�porto fra una teoria T e i «fatti» significa concentrare

41 A questo proposito si vedano le osservazioni di D. Stove, Popper and After: Four Modern Irrationalists, Oxford, Pergamon, 1982, p. 12.

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l’attenzione solo sui suoi casi paradigmatici, eliminando dalla discussione ogni possibile controesempio: per Feyer� abend, «il solo vero controllo di una teoria è quello che avviene attraverso una controteoria, il cui controllo av�viene attraverso una controteoria, il cui controllo avvie�ne attraverso una controteoria, e così via ad infinitum»42.

La metodologia feyerabendiana non include alcu�na regola volta a controbilanciare gli effetti del princi�pio di proliferazione. Certo, Feyerabend raccomanda di prendere sul serio le confutazioni e di fare ricorso solo a teorie controllabili43, ma nei suoi scritti non compare alcun principio di eliminazione o di selezione che preci�si a quali condizioni è legittimo escludere una teoria dal gioco della scienza. Un principio siffatto potrebbe racco�mandare, per esempio, di sbarazzarsi di una teoria della quale il controllo, effettuato attraverso le rivali, ha sma�scherato gravi difetti. Feyerabend, invece, dichiara che il principio di proliferazione, oltre a prescrivere l’intro�duzione di alternative, proibisce «l’eliminazione di teo�rie anteriori che sono state confutate»44. Il principio di proliferazione implica dunque quello di tenacia, che rac�comanda di considerare i controesempi non come ragio�ni per abbandonare una teoria, bensì come «stimoli per un’ulteriore analisi e un suo più dettagliato sviluppo»45.

L’adozione del principio di tenacia distingue in modo molto netto la metodologia feyerabendiana da quella popperiana. Popper, infatti, insiste senza posa sulla tesi che la falsificabilità è il marchio distintivo della scienti�

42 M.W. Wartofsky, Illustration vs. Experimental Test. Critical Criticism and Critical Empiricism, in Proceedings of the Boston Colloquium for the Philosophy of Science, 1964�1966, a cura di R.S. Cohen e M.W. Wartofsky, Dordrecht, Reidel, 1967, p. 437.

43 Si veda J. Preston, Feyerabend, cit., p. 167. In un’occasione Feyer�Feyer�abend si spinge ad affermare che «le nostre teorie devono essere controlla� si spinge ad affermare che «le nostre teorie devono essere controlla�bili e devono essere abbandonate non appena un controllo non produce il risultato previsto» (Explanation, Reduction and Empiricism, cit., p. 45).

44 P.K. Feyerabend, Reply to Criticism, cit., p. 107. Su questo tema si veda R.P. Farrell, Feyerabend and Scientific Values, cit., cap. VI.

45 P.K. Feyerabend, Osservazioni sulla storia e la sistematica dell’empiri�smo, cit., pp. 339�40.

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ficità delle teorie. Feyerabend, da parte sua, giunge pre�sto a persuadersi che la fiducia di Popper nella nozione di «falsificazione» o «confutazione» è mal riposta. La controllabilità delle teorie richiede la proliferazione di alternative, che però, secondo Feyerabend, implica la te�nacia; dunque i principi di proliferazione e tenacia con�ducono a un esito incompatibile sia con la metodologia sia con l’assiologia di Popper. Il principio di tenacia, in�fatti, non precisa a quali condizioni la difesa di un’idea o di una teoria diventa irragionevole, e la tenacia dello scienziato testardaggine. Ciò dipende dal fatto che, se�condo Feyerabend, non ci si dovrebbe mai arrendere di fronte alle difficoltà incontrate da una teoria, qualunque sia la natura e la portata di tali difficoltà. Così, mentre la maggioranza degli epistemologi ritiene che una teoria confutata perda ogni interesse per gli scienziati, divenen�do oggetto di studio puramente storico, Feyerabend si oppone al confinamento delle teorie confutate nei testi di storia della scienza, poiché sostiene che queste «con�tribuiscono al contenuto delle loro vittoriose rivali»46.

I principi feyerabendiani di proliferazione e tenacia hanno dunque un’applicazione non solo sincronica, ma anche diacronica. Secondo Feyerabend, l’imposizione di un limite temporale che stabilisca quali teorie hanno di�ritto di cittadinanza nella discussione scientifica è inac�cettabile: anche se una teoria è stata confutata da lun�go tempo, conserva il suo potere critico nei confronti di quella attualmente in auge presso i ricercatori. Feyer� abend non pretende certo di negare che ogni disputa scientifica si conclude con il prevalere di una certa teo�ria sulle rivali che le vengono contrapposte; tuttavia, una conclusione siffatta è provvisoria, poiché la dialettica delle alternative non conosce sintesi. Per ciò che riguar�da il breve e il medio periodo, è certamente necessario decidere quali sono i vincitori di una disputa, ma nessu�na decisione può vincolare la ricerca nel lungo periodo:

46 P.K. Feyerabend, Reply to Criticism, cit., p. 107.

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la critica più efficace della concezione dominante in un certo frangente storico può ben essere una critica attin�ta al passato, esercitata grazie a una teoria nella quale ormai quasi nessuno ripone più alcuna fiducia. Così, af�ferma in un’occasione Feyerabend, «non c’è motivo per�ché oggigiorno non si debba reintrodurre l’aristotelismo e sperare per il meglio»47.

La circostanza che una teoria T goda di una po�sizione dominante in un certo momento è del tutto provvisoria, e vi è parimenti una ineliminabile dose di accidentalità nel fatto che la maggioranza dei ricercato�ri giudichi una teoria confutata Tc priva di prospettive: anche quando Tc pare non presentare più alcun motivo di interesse, occorre ricordare che tutte le teorie hanno «una componente “utopica”, nel senso che forniscono metri di paragone durevoli (e in continua crescita) del�l’adeguatezza delle idee»48 che in un certo momento ri�scuotono il consenso generale. Sotto questo profilo le teorie scientifiche si rivelano molto simili alle opere let�terarie: come quello delle arti, il dominio delle scienze è «aperto, in quanto il suo intero passato si intromette nel presente», e nessuna teoria (o opera letteraria) «è datata, o può essere resa inefficace»49.

6. Addio al metodo

Intorno al 1970 Feyerabend consuma il proprio «di�stacco dalla metodologia»50, in seguito al quale diviene uno dei critici più severi del monismo metodologico e

47 P.K. Feyerabend, Realismo e strumentalismo, cit., p. 76. A questo riguardo l’esempio prediletto da Feyerabend è «l’idea che la terra si muo�va»: un’idea pitagorica che, caduta per lungo tempo in discredito, venne «richiamata in vita da Copernico, che ne fece un’arma per la sconfitta di coloro che l’avevano temporaneamente sconfitta» (Id., Contro il metodo, cit., p. 41).

48 P.K. Feyerabend, Reply to Criticism, cit., p. 107. 49 P.K. Feyerabend, Reply to Criticism, cit., p. 107, nota 13.50 P.K. Feyerabend, I problemi dell’empirismo II, cit., p. 108.

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dell’approccio normativo alla metodologia. Certo, il suo mutato atteggiamento a questo riguardo è determina�to, almeno in parte, da una nuova consapevolezza del�le lezioni che si possono apprendere dalla storia della scienza: secondo lui, questa mostra che anche le norme metodologiche più plausibili e ragionevoli sono, tutt’al più, regole empiriche approssimative che, qualora le cir�costanze lo richiedano, possono essere legittimamente ignorate. Ciò non comporta però l’abbandono, da parte di Feyerabend, della concezione della conoscenza come un oceano di alternative; piuttosto, è l’urgenza di far corrispondere le proprie dottrine metodologiche a que�sta concezione che lo spinge ad abbracciare l’anarchismo metodologico.

Ci si potrebbe forse attendere che, nel momento in cui Feyerabend abbandona l’idea della metodologia come disciplina normativa, la sua valutazione del ruolo del principio basilare dell’empirismo vada soggetta a un significativo mutamento. In effetti, se da un lato non si stanca di ripetere che le alternative aumentano il conte�nuto empirico della teoria che in un momento dato si trova al centro dell’attenzione, d’altro canto giunge a ri�fiutare esplicitamente l’idea che, in qualsiasi momento e in qualsiasi situazione, si debba perseguire l’aumento del contenuto di ogni teoria. Tuttavia, Feyerabend non la�scia mai cadere il principio di proliferazione. Certo, nel momento in cui si accinge ad abbracciare l’anarchismo metodologico afferma che al principio di proliferazio�ne riconosce il titolo onorifico di «principio» solo «per ragioni mnemoniche»51. L’importanza della proliferazio�ne non viene però, in tal modo, ridimensionata o nega�ta, bensì reinterpretata: l’idea che il pluralismo teorico sia una condizione necessaria per garantire l’oggettività

51 P.K. Feyerabend, Consolations for the Specialist, in Criticism and the Growth of Knowledge, a cura di I. Lakatos e A. Musgrave, Cambridge, Cambridge University Press, 1970, p. 205, trad. it. di G. Giorello con il titolo Consolazioni per lo specialista, in Critica e crescita della conoscenza, Milano, Feltrinelli, 1976, p. 286.

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della conoscenza rimane sempre un tratto fondamenta�le della posizione di Feyerabend, anche se, a partire dal 1970 circa, le perorazioni in suo favore non sono più associate alla pretesa di aver elaborato «l’ottima metodo�logia scientifica». Feyerabend giunge infatti a ravvisare, nell’idea che la ricerca possa essere diretta o indirizzata – e perciò in qualche maniera limitata – da un insieme di norme vincolanti in ogni situazione, un ostacolo sulla strada del pluralismo. Per superare questo ostacolo, so�stiene, è necessario che a proliferare siano non solo le teorie, ma anche i metodi: i criteri di scelta fra le teo�rie competono esattamente come le teorie a cui devono applicarsi, cosicché la conoscenza si configura come un oceano di alternative «incanalate e suddivise con l’ausi�lio di un oceano di criteri»52.

Feyerabend ha affermato in svariate occasioni di non avere una filosofia, se con il termine «filosofia» si indica «un corredo di principi uniti alle loro applicazioni, op�pure un immutabile atteggiamento di fondo». Ha però riconosciuto di avere una «visione del mondo» che non riesce a esporre in modo lineare, ma «si mostra da sola, quando mi imbatto in qualcosa con cui entra in con�flitto»53. Se l’ipotesi di lettura dei suoi scritti che qui si propone è fondata, tale visione del mondo prende corpo nell’ideale della conoscenza come un oceano di alternati�ve. E se tale concezione della conoscenza costituisce il presupposto ultimo della filosofia di Feyerabend, la sud�divisione della sua riflessione in due fasi, pur giustificata dalle diverse valutazioni da lui espresse, in momenti di�

52 P.K. Feyerabend, How to Defend Society Against Science, «Radical Philosophy», XI, 1975, p. 6, trad. it. di L. Sosio con il titolo Come di�fendere la società contro la scienza, in Rivoluzioni scientifiche, a cura di I. Hacking, Roma�Bari, Laterza, 1984, p. 217. Si veda anche P.K. Feyerabend, Contro il metodo, cit., p. 27; Id., Philosophy of Science 2001, in Methodol�ogy, Metaphysics and the History of Science. In Memory of Benjamin Nelson, a cura di R.S. Cohen e M.W. Wartofsky, Dordrecht, Reidel, 1984, p. 140; Id., Against Method, cit., p. 21.

53 P.K. Feyerabend, Three Dialogues on Knowledge, Oxford, Blackwell, 1991, p. 155, trad. it. parziale di R. Corvi con il titolo Dialogo sul metodo, Roma�Bari, Laterza, 1989, p. 148.

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versi, sul metodo scientifico, si rivela in qualche misura artificiosa. Infatti, se pure è legittimo parlare di una ce�sura o di una svolta nel pensiero di Feyerabend, occorre però precisare che questa non riguarda la sua posizione circa il fine della scienza, bensì il mezzo proposto in vi�sta della realizzazione di tale fine. In un primo momen�to Feyerabend ritiene che le sue intuizioni sull’importan�za del pluralismo possano prendere corpo nel quadro di una versione non ortodossa della metodologia delle con�getture e confutazioni, ovvero il buon empirismo. Tut�tavia, quando giunge a scorgere i limiti insiti in tutte le metodologie codificate in modo aprioristico e intese in senso rigidamente normativo, non esita ad abbraccia�re l’anarchismo metodologico, nel quale ravvisa la sola garanzia della libertà teorica necessaria perché il plura�lismo possa configurarsi come la condizione permanente della ricerca scientifica54.

Summary. Feyerabend is mainly known for Against Method (1975), in which he claims that «the Scientific Method» does not exist and that «anything goes» is the only methodological rule sur�viving the scrutiny of the history of science. However, in the first phase of his career, roughly between 1955 and 1970, Feyerabend conceived of methodology as a normative discipline aiming at pro�posing rules of theory�choice instrumental in producing good sci�ence. Here it is argued that, nevertheless, there is a substantial continuity to be found between the early and the late Feyerabend, consisting in his peculiar understanding of theoretical pluralism as «libertarian pluralism» and in his ideal of knowledge as an ever�in�creasing ocean of alternatives.

54 Questa ricerca è stata condotta con il contributo dell’Università de�gli Studi di Trieste (PRIN 2006, Unità di Ricerca diretta da Roberto Festa).