Il colore della Rivoluzione: cromatismo e avanguardie storiche nella Russia Sovietica

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Il colore ha svolto un ruolo importante nella poetica dell’avanguardia architettonica russa del Novecento, conosciuta correntemente come “Costruttivismo” dal nome di una delle sue correnti principali. 1 Tuttavia, è utile rammentare che il tema del colore è stato fonda- mentale anche nel dibattito delle primissime avanguar- die artistiche russe, come quella del Fante di Quadri e dei primi “-ismi”, che videro tra i protagonisti Natalija Gončarova, Mikhail Larionov, David Burluk, Aristarkh Lentulov, Pietr Končalovskij e altri. Fin dal 1910 Vasi- lij Kandinskij, prima della conversione all’arte astratta, mentre operava in Germania tra i protagonisti dell’a- vanguardia post-liberty, 2 nel libro Lo spirituale nell’arte distingue l’effetto del colore “fisico” da quello “psico- logico” e scrive: “i colori nascondono dentro di sé una forza poco nota, ma potente, che può influire su tutto il corpo, su tutto il fisico dell’essere umano” e conclude: “il colore è il mezzo con cui si può influire sull’animo umano” 3 (Fig. 1). Si tratta di un’interpretazione tutt’altro che isolata, che procede contestualmente alle ricerche che valutano il colore oltre che sotto l’aspetto strettamente formale anche per la sua componente percettiva e filosofico- artistica. Sotto questo aspetto, risulta particolarmente significativo il contributo della scuola moscovita, dove si formarono molti esponenti delle avanguardie russe e sovietiche, che invitava ad un uso particolarmente au- dace del colore, in contrapposizione con la scuola di San Pietroburgo che era per tradizione più sobria e clas- sicista. Alla vividezza cromatica propugnata dalla scuola di Mosca non è probabilmente estranea l’influenza dei numerosi artisti provenienti dalle regioni meridionali della Russia, particolarmente sensibili ad un uso espli- cito e decorativo del colore, desunto dalla tradizione popolare delle terre d’origine. Dall’officina moscovita della nuova arte, intrisa di cultura popolare e sensibile al “gusto dei primitivi”, 4 provengono Kazimir Malevič e Vladimir Tatlin, i quali in seguito trarranno dall’orientamento più ideologico della scuola di San Pietroburgo le ragioni per una più sofisticata teorizzazione del loro operare con il colore (Fig. 2). Per entrambi, il colore si inserisce in una visi- ne totalizzante dell’arte – Suprematista il primo e Co- struttivista il secondo – capace di proiettarsi anche sulla grande scala, non solo quella del singolo edificio, ma alla scala della città stessa: essi auspicano di fare delle “strade… i nostri pennelli, delle piazze… le nostre ta- volozze” 5 (Figg. 3-4). Questa aspirazione a uscire dallo spazio chiuso dell’a- telier si traduce in primo luogo in un’opera teatrale: La vittoria sul sole (1913), con testi di Majakovskij e di Il colore della Rivoluzione: cromatismo e avanguardie storiche nella Russia Sovietica Anna Vyazemtseva Dottoranda, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Facoltà di Ingegneria Fig. 1: W. Kandinskij, Cresta blu, 1917. Olio su tela, 133x104.

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Il colore ha svolto un ruolo importante nella poetica dell’avanguardia architettonica russa del Novecento, conosciuta correntemente come “Costruttivismo” dal nome di una delle sue correnti principali.1 Tuttavia, è utile rammentare che il tema del colore è stato fonda-mentale anche nel dibattito delle primissime avanguar-die artistiche russe, come quella del Fante di Quadri e dei primi “-ismi”, che videro tra i protagonisti Natalija Gončarova, Mikhail Larionov, David Burluk, Aristarkh Lentulov, Pietr Končalovskij e altri. Fin dal 1910 Vasi-lij Kandinskij, prima della conversione all’arte astratta, mentre operava in Germania tra i protagonisti dell’a-vanguardia post-liberty,2 nel libro Lo spirituale nell’arte distingue l’effetto del colore “fisico” da quello “psico-logico” e scrive: “i colori nascondono dentro di sé una forza poco nota, ma potente, che può influire su tutto il corpo, su tutto il fisico dell’essere umano” e conclude: “il colore è il mezzo con cui si può influire sull’animo umano”3 (Fig. 1).Si tratta di un’interpretazione tutt’altro che isolata, che procede contestualmente alle ricerche che valutano il colore oltre che sotto l’aspetto strettamente formale anche per la sua componente percettiva e filosofico-artistica. Sotto questo aspetto, risulta particolarmente significativo il contributo della scuola moscovita, dove si formarono molti esponenti delle avanguardie russe e sovietiche, che invitava ad un uso particolarmente au-dace del colore, in contrapposizione con la scuola di San Pietroburgo che era per tradizione più sobria e clas-sicista. Alla vividezza cromatica propugnata dalla scuola di Mosca non è probabilmente estranea l’influenza dei numerosi artisti provenienti dalle regioni meridionali della Russia, particolarmente sensibili ad un uso espli-cito e decorativo del colore, desunto dalla tradizione popolare delle terre d’origine.Dall’officina moscovita della nuova arte, intrisa di

cultura popolare e sensibile al “gusto dei primitivi”,4 provengono Kazimir Malevič e Vladimir Tatlin, i quali in seguito trarranno dall’orientamento più ideologico della scuola di San Pietroburgo le ragioni per una più sofisticata teorizzazione del loro operare con il colore (Fig. 2). Per entrambi, il colore si inserisce in una visi-ne totalizzante dell’arte – Suprematista il primo e Co-struttivista il secondo – capace di proiettarsi anche sulla grande scala, non solo quella del singolo edificio, ma alla scala della città stessa: essi auspicano di fare delle “strade… i nostri pennelli, delle piazze… le nostre ta-volozze”5 (Figg. 3-4).Questa aspirazione a uscire dallo spazio chiuso dell’a-telier si traduce in primo luogo in un’opera teatrale: La vittoria sul sole (1913), con testi di Majakovskij e di

Il colore della Rivoluzione: cromatismo e avanguardie storiche nella Russia Sovietica

Anna Vyazemtseva Dottoranda, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Facoltà di Ingegneria

Fig. 1: W. Kandinskij, Cresta blu, 1917. Olio su tela, 133x104.

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Kručënikh, scenografie di Malevič e musica di Mikhail Matjušin. Quest’ultimo, amico di Malevič,6 affianca alle sperimentazioni musicali futuriste le ricerche sul colore: negli anni 1910 Matjušin fonda il gruppo Zor-ved,7 delle cui esperienze darà conto molto più tardi, nel 1932, in un volume significativamente intitolato Prontuario sul colore8 (Fig. 5-6).L’occasione di misurarsi con la scala urbana si presenta subito dopo la Rivoluzione d’Ottobre, quando il nuovo governo aveva puntato molto sull’arte e sulla sua effica-cia come strumento di propaganda. Pochi mesi dopo la Rivoluzione, 12 aprile 1918, Lenin firma il decreto “sui monumenti della Repubblica” con cui inaugura con-cretamente la sua politica di “propaganda monumenta-le”9 che, ispirata a La città del Sole di Tommaso Campa-nella10 e in sintonia con le teorie dell’ “arte totale” delle avanguardie, intende mutare l’aspetto convenzionale delle città, imprimendo segni visibili del nuovo potere e anticipando così quel futuro nuovo mondo che egli intendeva costruire.Nell’ambito di questo programma politico-culturale non soltanto si sostituiscono i monumenti dell’epoca zarista con quelli degli eroi della Rivoluzione,11 ma si promuovono anche azioni estemporanee di propagan-da che si svolgono nelle strade per celebrare collettiva-mente ricorrenze speciali, quali l’anniversario della Ri-voluzione o la Festa del Lavoro. Tali azioni-spettacolo

nei luoghi della città hanno il preciso scopo di prefigu-rare, seppure temporaneamente, il cambiamento tota-le della realtà fisica e spaziale urbana in chiave rivolu-zionaria (Fig. 7). Facendo ricorso a mezzi poverissimi, si mascheravano i palazzi classicisti dell’antico regime con costruzioni spesso esaltate da accese cromie, anti-cipatrici della nuova società e nutrite dell’immaginario delle avanguardie artistiche.12 Il rosso, per il suo ruolo di colore simbolo della rivoluzione, si afferma come colore per eccellenza del nuovo mondo da costruire. Nel 1918 gli architetti Aleksandr e Viktor Vesnin (fu-turi capiscuola del movimento costruttivista), incaricati della decorazione di Mosca per il 1° maggio, rivestono la piazza Rossa, le fabbriche e le sedi del nuovo potere con bandiere, manifesti e tribune dipinti di un rosso squillante (Fig. 8-10).Per i primi anniversari della Rivoluzione, Natan Alt-man, artista cubista, “trasforma” i monumenti classi-cheggianti di Pietrogrado,13 ex-capitale dell’Impero Russo – quali l’Arco del Palazzo dello Stato Maggiore di Carlo Rossi (Figg. 11-14), l’Istituto Smolnyj di Gia-como Quarenghi, la Borsa di Thomas de Tomon – in tangibili testimonianze urbane del linguaggio astrat-to dell’arte avanguardista: triangoli, cerchi e quadrati dipinti con colori intensi, tra i quali predominano i rossi, che anticipano figurativamente la nuova città rivoluzionaria. Malevič si spinge a teorizzare il legame

Fig. 4: K. Malevic , Il suprematismo, 1915.

Olio su tela, 80,5x81.

Fig. 5: M. Matjušin, Movimento nello spazio, 1922 (?).

Olio su tela. 124x168.

Fig. 6: M. Matušin alla mostra del suo gruppo presso

la Casa delle Arti di Leningrado, 1930.

Fig. 7: I. Puni, Schizzo per l’allestimento di Litejnij prospekt, 1918.

Aquarello, inchiostro su carta. 38,3x34,4.

Fig. 2: K. Malevic , Il principio della pittura sul muro, 1919. Aquarello

guache, inchiostro su carta, 34x24,5.

Fig. 3: N. Sujetin Lo schizzo di un murale, 1920.

Inchiostro su carta, 20,3x18,2.

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Figg. 8-9: A. e V. Vesnin, Decorazione delle torri del Kremlino di Mosca

per la Festa del 1 Maggio, 1918.

Figg. 10: A. Vesnin, Composizione con colori, 1917.

Figg. 11-14: N. Altman, Allestimento di piazza Uritzky (ex-Dvortzovaja)

nell’occasione del primo anniversario della Rivoluzione, 1918.

Tecnica mista su carta, dimensioni varie.

Fig. 15: A. Rodcenko, V. Stepanova, Sede

del Mosselprom con la pubblicità di Majakovskij,

1924-1925. Olio su foto, carta sensibile.

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Fig. 16: K. Melnikov, Padiglione dell’URSS

all’Esposizione delle Arti Decorative, Parigi 1925.

del colore con la politica: “la forma dell’Internazionale presenta una tavolozza cromatica. Adesso abbiamo tre forme dell’Internazionale, che si distinguono tra loro per l’intensità del colore. La prima è caratterizzata da un fondo giallo, nel quale una componente rossa crea “l’arancionità”; nella seconda, questa tonalità aumenta fino a diventare pienamente arancione. La terza deve essere completamente rossa, poiché la forma della Terza Internazionale deve aspirare ad eliminare le differenze e il suo rosso sarà il colore dell’uguaglianza”.14

Accanto alle celebrazioni politiche, si afferma anche una pratica quotidiana di progressiva appropriazione simbolica e figurativa dello spazio urbano attraverso

la pubblicità: manifesti e murali, sia a carattere propa-gandistico che commerciale, rendono concrete le idee dell’arte di massa che vengono applicate alla scena ur-bana. Uno degli artisti e autori di manifesti, Alexandr Rodčenko, estendeva le sue audaci composizioni gra-fiche anche all’architettura. Il più famoso esempio è la pubblicità di Mosselprom (Consorzio Alimentare del Consiglio dell’Economia Popolare di Mosca) del 1924, dove le scritte bianche, rosse, nere e gialle, dai carat-teri geometrici, si imprimono sul celeste della facciata dell’edificio costruttivista del Consorzio (Fig. 15). Ana-logamente i manifesti dal contenuto ideologico veniva-no montati sulle facciate dei Circoli operai progettati

Fig. 17: I. Žoltovskij, Casa in via Mokhovaja

a Mosca, 1933-34.

Fig. 18: D. Ceciulin, A. Rostkovskij, L. Gokhman,

Casa sul lungofiume Kotelniceskaja, 1948 - 1952.

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dagli architetti dell’avanguardia quali K. Melnikov, I. Golosov, i fratelli Vesnin.In questi anni l’estetica dell’architettura si fonde intima-mente con la ricerca artistica intesa in senso più gene-rale. Non a caso, proprio nel 1919, debutta l’organizza-zione artistica Živskulptarkh,15 il cui obiettivo consiste nell’operare la sintesi di pittura, scultura e architettura, all’interno della nuova avanguardia, divenuta allora l’arte “ufficiale” del nuovo stato. È significativo che nel 1929 El Lissitzky scriva: “la correlazione reciproca fra le arti di nuova formazione è un fattore importante per gli elementi fondamentali del costruire moderno”.16 Lissitzky attribuisce un’importanza fondamentale alle ricadute in architettura dell’uso sperimentale del colore che veniva fatto in pittura: partendo dall’idea del mon-do come “puro colore spettrografico, inserito astratta-mente nell’ordine razionale degli elementi geometrici”, egli afferma che si arriva alla “rinuncia completa dello spettro dei colori”, alla “pura creazione volumetrica”.17

Queste istanze trovano riscontri immediati nella didat-tica, come dimostrano le ricerche che vengono condot-te contemporaneamente nella scuola superiore d’arte VHUTEMAS (Ateliers superiori tecnico-artistici), isti-tuita a Mosca nell’ambito delle riforme promosse dal 1918 dal Commissariato Popolare dell’Istruzione. L’o-biettivo primario della scuola è quello di formare un nuovo artista, secondo le idee lanciate, con il sostegno di Lunačarsky, capo del Comissariato, dai principali protagonisti dell’avanguardia, arruolati all’interno della scuola come docenti. Lì insegnerà infatti Kandinskiy che, prima di rientrare in Germania nel 1921, vi spe-rimentò le sue teorie per la formazione di un nuovo genere di artista. Analogamente a quanto si sperimen-tava contemporaneamente nel Bauhaus di Walter Gro-pius, anche nella neonata Repubblica Sovietica l’inse-gnamento prende le mosse dallo studio degli elementi fondamentali della forma artistica, tra i quali il colore è una componente basilare. Dal 1920, nel laboratorio dedicato alla Composizione volumetrica spaziale (va-riante creativa delle italiche Applicazioni di geometria descrittiva) riservato agli studenti del Dipartimento di Architettura, l’architetto Wladimir Krinskiy impartisce agli studenti esercitazioni pratiche sul rapporto “Colore e Forma”. Krinskiy collabora con Nikolai Ladovskiy, celebre capo gruppo di ASNOVA il movimento che

riunisce architetti d’avanguardia che si dedicano alle ricerche sull’influsso delle forme architettoniche sulla psicologia e sulla percezione, in cui il colore svolge un ruolo assolutamente centrale. Il manuale Le basi della composizione volumetrica spaziale, redatto per gli stu-denti delle facoltà di architettura sovietiche da Krinsky insieme a I. Lamzov e M. Turkus nel 1934, avrà gran-dissima diffusione, attestata sia dalle numerose edizioni sia dal fatto che ancora oggi è esso in uso nell’insegna-mento dell’architettura.Allo studio del colore, al suo influsso sull’uomo, alla sua interazione con il suono, vengono dedicati speciali laboratori presso i nuovi Istituti di ricerca della cultura artistica a Mosca e a Pietrogrado-Leningrado, promossi da Kandinskij e Matušin.18

Le ricerche sul colore, sulle sue applicazioni e sui suoi potenziali effetti percettivi superano l’ambito dell’in-segnamento artistico, per estendersi alla rifondazione della vita quotidiana e del lavoro nel periodo postrivo-luzionario. Ne è prova, tra gli altri, l’articolo Influenza delle impressioni visive sui processi lavorativi,19 uscito sulle pagine della rivista d’architettura dell’avanguar-dia “Sovremennaia Arkhitektura” (L’Architettura Con-temporanea) di Mikhail Baršč, non a caso uno degli allievi di Ladovsky e Krinsky. Nel suo testo Baršč parla di “psicofisiologia del lavoro”. Una nuova scienza, il cui obiettivo consiste nel “creare situazioni e metodi di la-voro tali da aumentare al massimo la produttività e da sostenerla ad alto livello, senza danno per la salute dei lavoratori”. Tra le diverse condizioni contemplate da Baršč si attestano sia “l’influenza fisica” che “l’influenza psicofisiologica” (di cui è parte anche la componente “ottica”, connessa evidentemente anche all’uso colore). Baršč teorizza che tutta questa “serie di elementi è colle-gata alla definizione formale dell’architettura e che per-tanto il loro studio deve essere presente nelle ricerche dell’architetto contemporaneo”. Per rafforzare le sue affermazioni, egli riporta i dati relativi all’influenza del colore sulla forza muscolare desunti dal libro di Charles Féré, Sensation e Mouvement (Paris 1900), confrontan-doli con altri studi sull’argomento, tra cui quelli dei so-vietici Vladimir Bekhterev e Leonid Vasiliev, esponenti della psicofisiologia sovietica degli anni Venti. Ma torniamo all’effetto propagandistico del colore. Un caso emblematico è l’Expo 1925 di Parigi che ha

Fig. 19: K. Malevic , Beta, Arkhitekton, prima del maggio 1926.

Gesso. 27x59,5x99,3.

Fig. 20: Due Arkhitekton, seconda metà del 1920. Gesso.

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Malevič, Suprematismo, a cura di G. Di Milia, Milano 2000, pp. 11 – 27.

7. Abbreviazione dalle parole “guardare” e “sapere”.8. M.V. Matjušin, Spravočnik po zvetu. OGIZ-IZOGIZ, Mosca

Leningrado 1932; ristampa Spravočnik po zvetu. Zakonomer-nost” izmenjajemosti zvetovikh sočetanij, a cura di D. Aronov, Mosca 2007.

9. Si veda sull’argomento: A.A. Strigalëv, Monumetalno-dekora-tivnoe iskusstvo Oktjabrja (leninskij plan monumentalnoj propa-gandy) [L’arte monumentale decorativa dell’Ottobre (piano della propaganda monumentale di Lenin)], Mosca 1977; V.P. Tol-stoj, U istokov sovetskogo monumetalnogo iskusstva [Alle origini dell’arte monumentale sovietica] 1917-1923, Mosca 1983.

10. A.V. Lunačarskij, Vospominanija i vpečatlenija, Mosca 1968, p. 198.

11. Da menzionare che nella lista delle persone a cui si preve-deva di fare il monumento vi erano diversi artisti. K. Malevič propose di destinare un monumento a Umberto Boccioni (proposta che venne respinta). Resoconto del Dipartimento Panrusso di Belle Arti di Mosca, agosto 1918, in: K. Malevič, O sebe, sovremenniki o Maleviče [Malevič su se stesso, i contem-poranei su Malevič], T.1, p. 393.

12. Tra i libri più recenti, si segnala la preziosissima raccolta di documenti e illustrazioni curata dal principale studioso (da quasi 50 anni) dell’argomento: Khudožestvennaja žizn” Sovet-skoj Rossii 1917 – 1932 [La vita artistica della Russia Sovietica 1917 – 1932], a cura di V.P. Tolstoj, Mosca 2010.

13. Il 31 agosto 1914 lo zar Nikolai II, a causa della guerra con la Germania, aveva deciso di cambiare il nome di San Pietro-burgo, con radice tedesca, in quello di Pietrogrado. La città ha portato questo nome fino al 26 gennaio 1924, quando è stata rinominata Leningrado.

14. K. Malevič, Traktaty I lekzii pervoj poloviny 1920-h godov [Trattati e lezioni della prima metà del 1920], a cura di A. Šatskikh, Mosca 2003, p. 52.

15. S.O. Khan-Magomedov, Živskulptarkh (1919-1920). Pervaja tvorčeskaja organizazia sovetskogo arkhitekturnogo avangarda [La prima organizzazione artistica dell’avanguardia sovietica], Mosca 1993.

16. El Lissitzky, La ricostruzione dell’architettura in Russia, 1929 ed altri scritti, Firenze 1969, p. 15.

17. Ibidem.18. Sugli Istituti e laboratori si veda: E.F. Kovtun, Russkij avan-

gard 1920-1930-h godov [Le avanguardie russe degli anni 1920-1930], Avrora, San-Pietroburgo 1996.

19. M. Baršč, L’influenza delle impressioni visive sui processi lavorativi, in “Sovremennaja Arkhitektura”, 1928, n.2, p. 72.

20. L’edificio, di cui il nome ufficiale era “La casa del governo”, è stato il condominio degli impiegati dello Stato. Molti di loro, impegnati in politica, hanno subito le feroci repressioni sta-liniane degli anni ’30 e l’edificio porta con sé la memoria di queste tristi vicende.

Biography

Nata nel 1985 a Noginsk, Regione di Mosca, Russia. Laureata in Storia dell’arte presso l’Istituto d’arte Su-rikov dell’Accademia di Belle arti russa. Nel 2010 ha completato la tesi “La ricostruzione di Roma tra gli anni ’20 e ’30 e l’architettura del razionalismo”.Dal 2010 – come ricercatrice all’Istituto di Storia e Te-oria dell’Architettura e dell’Urbanistica dell’Accademia Russa di Architettura – sta lavorando alla tesi di dot-torato sui rapporti tra Italia e Russia nel periodo tra le due guerre presso il Dipartimento di Storia dell’archi-tettura e della costruzione, Facoltà di ingegneria, Uni-versità Tor Vergata di Roma.

Color experiment and the Avanguard Art in Soviet Russia

The color was one of the key- points of the Russian Avanguard architecture of the 1920’s-early 1930’s, cal-led with a general name of Constructivism. The Rese-arch of new expressive possibilities of color was strictly related to the research of the visual arts of the Pre-Revo-lutionary period, in different and intersecting aspects: of primitive decorativism, psychological influence or compositive formal effect. All of these branches were more or less reflected in architecture, the art of con-struction, in the intention to create a kind of total art. Painting experiments found a new scale in projects for Monumental Propaganda Plan (1918) as city spaces decoration made by Avangard artists and became a part of academic research, together with “artistic form”, at new artistic institutions as INHUK and VHUTE-MAS. The maturated esthetics of constructivism was shaped in this climate, between decorative propagandi-stic use of colour (first of all red) and the philosophy of psychic effect of colored objects. The works of K. Mel-nikov, brothers Vesnin, researches of N. Ladovsky and M. Matušin, as well as some examples of eclectic archi-tects as A. Ščusev, represent these different applies of color, substituted in the second part of 1930’s for more “direct”, traditional choice of light ochre, confirming, among other, the Avangard tendency to eliminate the color, to pure volumetric constructing.

ospitato due indiscutibili capolavori dell’architettura del Novecento: il padiglione dell’Esprit Nouveau di Le Corbusier e quello nazionale dell’U.R.S.S. di Kon-stantin Melnikov (Fig. 16). L’uno concettualmente e programmaticamente bianco, l’altro altrettanto con-cettualmente e programmaticamente rosso. Entrambi si dichiarano manifesti: il primo della nuova estetica purista, il secondo del nuovo mondo sovietico. Il padi-glione di Melnikov ospitava l’allestimento-modello del dopolavoro per gli operai di Alexandr Rodčenko, dove usa solo tre colori: rosso, nero e bianco.Nonostante tutte le teorie sviluppate sia dagli artisti sia dagli scienziati sul diverso effetto dei colori, pro-tagonista assoluto dell’architettura sovietica dagli anni Venti alla prima metà degli anni Trenta, rimane il ros-so che caratterizza la gran parte dei nuovi edifici, sia quelli intonacati che quelli rivestiti di pietra. Il Mau-soleo di Lenin, il singolare capolavoro costruttivista di un progettista sostanzialmente eclettico quale fu Alexei Ščusev, fu costruito nel 1929-1930 al posto dell’edi-ficio temporaneo di legno dello stesso autore. Esso è rivestito interamente da preziose lastre lapidee: grani-to, porfido, marmo e labradorite, accomunate da una scintillante dominante purpurea. Famosa la Casa del Governo, Dom na Naberežnoj (Casa sul Lungofiume, 1927-1931), dell’architetto di formazione romana Bo-ris Iofan, grigia in seguito alla sua tragica storia,20 ma che nel progetto originario prevedeva un rivestimento in intonaco rosso, in accordo cromatico con le mura del Kremlino situate sul lato opposto del fiume. Riman-da al colore rosso anche il rivestimento in tufo rosato della sede di Centrosojuz, costruito a Mosca nel 1928-1936, su progetto di Le Corbusier in collaborazione con Nikolaj Kolli. Si deve a quest’ultimo la scelta del rivestimento, che provocò un acceso contrasto con il maestro svizzero. A partire dalla metà degli anni Trenta, alle vivaci pro-poste sull’uso e sulle finalità del colore dei primi anni post-rivoluzione, si sostituisce un impiego del colore in chiave sempre più banalmente decorativa. Il rosso, pur mantenendo il ruolo di colore di Stato, con il pro-gressivo affermarsi di un’estetica moderata, funzionale al controllo totalitario, non viene più steso in ampie campiture: tale assetto resta privilegio esclusivo dell’an-tico Kremlino, centro del nuovo potere. Già il progetto

vincitore di Boris Iofan del concorso del Palazzo dei Soviet del 1932, improntato esclusivamente alla mo-numentalità delle forme ispirate a un massiccio decò classicheggiante, esibisce un colore neutro. Anche nel-le stazioni della metropolitana, tra le principali e più strabilianti realizzazioni dello Stato sovietico, il rosso, che aveva dominato come elemento distintivo nelle prime realizzazioni, viene progressivamente attenuato e infine abbandonato. L’uso rivoluzionario e simboli-co del colore cede il passo a un cromatismo decorati-vo, sottomesso e convenzionale. Un altro significativo esempio del declino del protagonismo del colore si ravvisa nel condominio sulla via Mokhovaja del 1934 di Ivan Žoltovskij (Fig. 17), davanti alle mura ovest del Kremlino: l’edificio, quasi una copia della Loggia del Capitanio di Palladio, era sobriamente dipinto di bianco e ocra. L’architetto costruttivista Viktor Vesnin lo denominò “il chiodo nella bara del Costruttivismo”, poiché esso detterà la divisa cromatica della maggior parte degli edifici di Mosca dalla fine degli anni Trenta fino agli anni Cinquanta, ivi compresi i famosi sette “grattacieli staliniani” (Fig. 18). Paradossalmente le pa-role di El Lissizkij sulle ricerche sul colore delle correnti d’avanguardia, secondo cui alla fine esse avrebbero por-tato alla “rinuncia completa dello spettro dei colori” e alla “pura creazione volumetrica” (Figg. 19-20) si sono rivelate profetiche proprio nell’architettura della Russia Sovietica che si spogliava dello spirito rivoluzionario.

Note

1. Si veda per esempio: S.O. Khan-Magomedov, Suprematizm i arkhitektura. Problemy formoobrazovanija [Suprematismo e architettura. I problemi della morfogenesi], Mosca 2007; I.A. Azizian, I.A. Dobrizina, G.S. Lebedeva, Teoria komposizii kak poetika arkhitektury [Teoria della composizione come po-etica di architettura], Mosca 2002.

2. Così, nel 1911, Kandinskij, insieme a Franz Marc fondò il gruppo “Der Blaue Reiter” (Il Cavaliere Blu), di cui facevano parte Avgust Make, Marianna Verevkina, Paul Klee e Alex-andr Javlenskij.

3. V. Kandinskij, O dukhovnom v iskusstve, Leningrad 1989, p. 45.4. L’espressione, messa come il titolo del libro sull’arte degli anni

1910-1920 di Lionello Venturi (Zanichelli, Bologna 1926), ci sembra adatta anche alla descrizione della situazione russa, all’epoca parte integrante degli sviluppi dell’arte europea.

5. V.V. Majakovskij, Ordinanza all’esercizio dell’arte, 1918.6. Si veda K. Malevič, Lettere a Matušin (1913 – 1916), in: K.