Iconografie mutanti. Il caso di Pietro del Morrone (e Celestino V)

40

Transcript of Iconografie mutanti. Il caso di Pietro del Morrone (e Celestino V)

Stefania Paone*

IconografIe mutantI. Il caso dI PIetro del morrone (e celestIno V)

l’immagine di Pietro del morrone, eremita per gran parte della sua esi-stenza, papa celestino V per soli quattro mesi nel 1294 e san Pietro con-fessore dal 1313, è alquanto sfuggente e risente delle controverse vicende di cui fu protagonista il monaco molisano.1 le raffigurazioni più antiche han-no generato equivoci e fraintendimenti: quasi si trattasse di identità distinte, quella dell’eremita, del papa, del santo, quest’ultimo inizialmente iconizza-to esclusivamente come confessore, così come recita la bolla di canonizza-zione emessa da papa clemente V e, solo in un secondo tempo, anche come pontefice.2

dalla seconda metà del trecento l’iconografia del santo prevede una fi-gura di anziano dal volto emaciato, glabro, abbigliato con un saio di colore imprecisato tra il marrone e il grigio, munito di cappuccio; a questi dettagli si aggiungono gli attributi riferibili al pontefice quali il piviale, i guanti bian-chi ricamati e la tiara. un buon esempio è il pannello centrale del polittico ad affresco realizzato, intorno al 1375, da niccolò di tommaso per la chiesa di santa maria ad Nives a casaluce,3 staccato ed esposto al museo comuna-le di castel nuovo a napoli (fig. 1).

* università della calabria ([email protected]).Ringrazio Gaetano Curzi, Francesca Manzari e Alessandro Tomei per la rilettura del testo e per

le preziose indicazioni che mi hanno consentito di migliorarlo.1 la bibliografia su celestino V è abbastanza ricca e verrà fornita in parte nel corso della trat-

tazione, da ultimo cfr. golinelli 2007 (con bibliografia precedente). 2 Il morronese è stato canonizzato nel 1313 come san Pietro confessore; solo il 2 luglio

del 1668, per volere di clemente IX, viene ufficialmente riconosciuta la santità del papa (cfr. Paoli 2004, p. 20, nota 90). nel presente studio si è preferito usare il doppio nome Pietro ce-lestino in riferimento alle sole immagini che raffigurano il personaggio come monaco pontefi-ce e, indifferentemente, celestino o Pietro celestino per gli eventi che risalgono a dopo l’ele-zione pontificia.

3 Per il trittico di casaluce cfr. Strinati 2007, passim.

2 Stefania Paone

la genesi dell’immagine è però ben più difficile da ricostruire. lo studio è ostacolato dalla penuria di immagini antiche,4 dalla non cono-scenza dei contesti dove la vicenda è cominciata, quelli della montagna e delle città dell’abruzzo aquilano e dalla limitatezza delle fonti su celesti-no quasi esclusivamente agiografiche e narrative, essendo invece pochissi-mi gli atti ufficiali e i documenti.5

e dalle fonti è forse utile ri-partire. Innanzitutto la cosiddetta Autobiografia,6 attribuita a Pietro del morrone, ma più verosimil-mente riferibile ad uno dei suoi primi confratelli. Il testo, forse cir-colante già nel 1306, sicuramen-te dopo il 1313, poiché vi è espli-citamente menzionato il titolo di confessore, narra l’infanzia, la vita eremitica di Pietro e la volontà di

vedere approvata la sua vocazione da parte del papa.la Vita C 7 si compone di due parti redatte tra il 1303 e il 1306 da due

discepoli di Pietro, Bartolomeo da trasacco e tommaso da sulmona; la pri-ma è una testimonianza della vita ascetica che l’eremita conduceva, delle sue abitudini, la seconda è invece un trattato sulla sua vita, una sorta di prosecu-zione dell’Autobiografia e concerne la fondazione dei monasteri e la congre-gazione, l’elezione pontificia, la rinuncia, le persecuzioni e i miracoli.

un’altra fonte importante sono gli atti del Processo di beatificazione 8 istru-ito, per volontà di papa clemente V, tra il maggio e il giugno del 1306. Il

4 oltre al consueto repertorio di Kaftal 1965, n. 294, coll. 893-897; Kaftal 1985, n. 183, col. 548, si segnalano le opere aquilane e isernine citate in Celebrazioni celestiniane 1954, pp. 27-34; Marchetti et alii 1963. Per l’unico contributo specifico sull’iconografia di Pietro del morro-ne cfr. Ungarelli 1991, pp. 77-118.

5 Per le fonti cfr. golinelli 2007, pp. 9-18.6 cfr. frUgoni 1954, pp. 26-67; licitra 1992.7 edita da Van ortroy 1897, pp. 365-487, paragrafi 1-8, pp. 393-399 e paragrafi 9-125, pp. 399-

458; cfr. SUSi 1994, pp. 139-163.8 editi in SePPelt 1921, p. 211; inoltre cfr. Vian 1988, pp. 165-202; Marini 1994, pp. 121-137.

fig. 1. - niccolò di toMMaSo, San Pietro Celestino in trono, napoli, museo co-munale di castel nuovo (da casaluce, santa maria ad Nives), particolare (da

Strinati 2007).

iconografie MUtanti 3

codice mutilo, conservato nel- l’archivio della cattedrale di san Panfilo a sulmona (codice n. 30), raccoglie la trascrizione delle testimonianze, in origine 322, di miracolati o di quanti hanno assistito a eventi mira-colosi compiuti da Pietro, in-terrogati dagli inquisitori no-minati dal papa, l’arcivescovo di napoli giacomo capozio e il vescovo di Valva e sulmona raimondo da letto.

Infine, la ‘seconda stesu-ra’ del celebre Opus metricum 9 del cardinale Jacopo stefane-schi, che comprende le prime due parti risalenti alla fine del duecento e una terza con la ‘vita seriosa’ di Pietro redatta dopo il 1313. come si dirà lo stefaneschi e la sua opera let-teraria sono fondamentali per lo studio dell’iconografia medievale del santo in quanto alla committenza del cardinale si devono anche le più antiche raf-figurazioni di Pietro del morrone, quelle contenute nelle miniature dell’Opus metricum e del Codice di San Giorgio (figg. 2-3), nonché la problematica fi-gura identificata con san Pietro celestino nel trittico realizzato per la basili-ca vaticana e riferito a giotto.

Pietro del Morrone e l’ereMitiSMo benedettino in abrUzzo

l’iniziale esperienza eremitica e religiosa di Pietro ha un carattere ir-regolare, ma che si spiega agevolmente facendo riferimento alla tradizione eremitico-monastica iniziata nei secoli XI-XII e ancora fiorente nel duecen-to, soprattutto nella zona dell’appennino centro-settentrionale. ai modelli

9 edito in SePPelt 1921, pp. 3-146; cfr. licitra 1989, pp. 185-201; licitra 1990, pp. 147-168 e de VincentiiS 2009, pp. 7-15.

fig. 2. - Pietro del Morrone, Jacopo stefaneschi, Opus metricum, città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, vat. lat. 4932, f. 1r, partico-

lare (da righetti toSti-croce 2000).

4 Stefania Paone

consueti, la Vita di Antonio e dei pa-dri del deserto, sono accostabili al-cuni precedenti locali, come fran-co d’assergi, vissuto nella seconda metà del XII secolo, il quale, nell’in-tento di imitare il Battista, si ritira in un eremo sul gran sasso e Pla-cido da roio fondatore, agli ini-zi del duecento, del monastero ci-stercense di santo spirito d’ocre, dopo una lunga esperienza eremi-tica e di pellegrinaggio.10 Inoltre, le fonti celestine, citano non specifica-ti eremiti e più esplicitamente fla- viano da fossanova che Pietro ten-ta di raggiungere nei luoghi impervi della montagna.11 non è un caso che questi asceti provengano dal mondo cistercense, ordine molto diffuso in abruzzo 12 ma al cui modello, come si dirà, Pietro non aderisce.

l’eremo di sant’onofrio del morrone, ubicato poco sopra l’abbazia di santo spirito, nasce intorno alla grotta amata dall’anacoreta, luogo nel quale si raccolgono i fedeli e il primo gruppo di seguaci. un’area di culto molto venerata in cui si pra-ticavano forme di litoterapia e il rito dell’incubatio come si ricava anche dagli atti del processo di canonizzazione.13 È la grotta in cui lo raggiun-gono, dopo l’elezione, carlo II e carlo martello, il rifugio al quale Pie-tro celestino anela di tornare dopo l’abdicazione e che raggiunge, ma dal quale è costretto a fuggire due mesi dopo braccato dai messi del succes-sore papa Bonifacio VIII.

la decorazione più antica dell’eremo comprende, sulla parete di fondo del-la cappellina, identificata con la cella in cui si ritirava Pietro, un Cristo crocifisso

10 cfr. golinelli 2007, pp. 30-40, 59 sgg., passim.11 cfr. celidonio 1896, p. 93; SePPelt 1921, XXXIII, p. 233; licitra 1992, pp. 28-31; goli-

nelli 2007, pp. 52-53. 12 cfr. cleMenti 1988, pp. 233-256. 13 cfr. Piccirilli 1900, p. 21.

fig. 3. - San Pietro confessore, Jacopo ste-faneschi, Codice di San Giorgio, città del Vaticano, arch. s. Pietro, c. 129, f. 123r,

particolare (da toMei 1996).

iconografie MUtanti 5

fra due angeli 14 e i dolenti, nel-la lunetta sovrastante una Ma-donna con il Bambino in trono, affiancata dai simboli del sole e della luna e su quella oppo-sta, che sormonta la porta d’in-gresso, i Santi Mauro, Benedet-to e Antonio (fig. 4).

gli affreschi sono gene-ralmente datati alla seconda metà del duecento con un ri-ferimento a gentile da rocca, il maestro che firma la Madon-na allattante (l’aquila, museo nazionale d’abruzzo), in origine nella chie-sa di santa maria ad cryptas a fossa e al quale sono pure attribuiti i cicli a fresco nella stessa chiesa con l’ante quem al 1283, anno iscritto sulla tavola.15 significativi a riguardo sono un passo della Vita C nel quale un testimone, descrivendo un miracolo di san Pietro del morrone, afferma di aver visto il pittore gentile mentre decorava l’oratorio,16 pittore generalmente identifi-cato con il «magister gentilis pictor» citato in un istrumento, datato 3 mar-zo 1271.17

al di là delle questioni stilistiche e attributive i murali costituiscono la più antica decorazione di un luogo celestiniano, forse realizzati prima del 1294 se, come si afferma nelle fonti, Pietro vi si trasferisce con la sua comu-nità intorno al 1290.18

la decorazione mutila così come appare, nell’impossibilità di ricavare descrizioni antiche dei soggetti perduti, mostra chiare affinità con quella del mondo benedettino come attesta la presenza dei santi mauro, Benedetto e antonio. sono un buon termine di confronto gli affreschi del sacro speco di subiaco, sia quelli della cappella di san gregorio datati intorno 1228 che

14 l’angelo di sinistra è ritratto nell’atto di porre sul capo di cristo crocifisso una corona rega-le, quello di destra reca invece una specie di cerchio. su questa particolarità iconografica che allu-de alla sostituzione della corona di spine della Passione con quella regale che simboleggia il regno divino cfr. lUcherini 2007, pp. 149-159 (con bibliografia precedente).

15 cfr. toMei 2010, pp. 50-53, passim (con bibliografia precedente).16 cfr. SePPelt 1921, p. 267. 17 Il documento è riportato nel Digestum Scripturarum Coelestinae congregationis redatto

da l. Zanotti nel 1643 [1663] riprodotto in edizione anastatica in aVagliano – caPezzali 1994-1996 II, f. 123.

18 cfr. Van ortroy 1897, p. 414.

fig. 4. - I Santi. Mauro, Benedetto e Antonio, sulmo-na, eremo di sant’onofrio al morrone (g. lattanzi).

6 Stefania Paone

quelli tardo duecenteschi del II ambiente, sulla cui volta campeggia un clipeo con il busto di San Benedetto e a raggiera le figure dei Santi Silvestro, Onora-to, Lorenzo, Pietro diacono, Placido, Mauro, Gregorio magno e Romano.19 si potrebbero citare anche gli affreschi degli inizi del duecento raffiguranti Cri-sto in Maestà e due santi e i clipei con i Santi Mauro, Benedetto e Scolastica, staccati dalla chiesa del crocifisso di san Pietro a monastero a cassino,20 la cui più lontana origine è individuabile nei clipei con busti di santi delle mi-niature del lezionario dell’XI secolo (città del Vaticano, Biblioteca aposto-lica Vaticana, Vat. lat. 1202) o negli affreschi delle chiese di sant’angelo in formis e di san Benedetto a capua.21

come si è detto Pietro inizialmente procede in solitudine nei luoghi della montagna, un eremitismo indipendente che gradualmente va ad inca-nalarsi in quello benedettino, soprattutto quando intorno al monaco cre-sce la comunità di quanti volevano condividere il suo modello di vita. nel-la Vita C si esplicita il proposito di seguire l’esempio di Benedetto nello spostamento da subiaco a montecassino,22 riferimento ripreso anche nelle biografie successive come quella di inizio Quattrocento redatta da Pierre d’ailly, il quale paragona l’eremita proprio a Benedetto e antonio del pe-riodo sublacense.23

già nel 1263 papa urbano IV aveva inviato al vescovo di chieti ni-cola da fossa una bolla con la quale permetteva al rettore e ai confratel-li dell’eremo di santo spirito della maiella, nei pressi di roccamorice, di aderire all’ordine benedettino.24 evidentemente non era abbastanza e le preoccupazioni per il futuro della congregazione spingono Pietro a recar-si personalmente nel 1274 al concilio di lione per chiedere l’approvazio-ne ufficiale del papa, il quale con il privilegio del 22 marzo 1275 conferma l’istituzione dell’Ordo Sancti Spiritus de Maiella e l’assegnazione della rego-la di san Benedetto.25

19 sugli affreschi del sacro speco cfr. Matthiae – gandolfo 1988 II, pp. 112-115; roMano 1992, pp. 127-133.

20 ora nella cappella di sant’anna nell’abbazia di montecassino cfr. f. simonelli, P. mathis, in orofino 2000, pp. 127-134.

21 su questi episodi cfr. SPeciale 1997; SPeciale – torriero nardone 1997.22 cfr. Van ortroy 1897, pp. 393-458.23 cfr. Marini 1993, pp. 83-99.24 cfr. Morizio 2008, p. 54 sgg.25 cfr. aVagliano – caPezzali 1994-1996 VI, 1, p. 179.

iconografie MUtanti 7

Pietro con barba e Senza

le fonti descrivono alcuni particolari dell’abbigliamento del frater: una tunica con cappuccio con cui era solito coprire il capo, ricevuta da un non meglio specificato abate che da morto gli apparve in una visione, la pesan-te catena che gli cingeva i fianchi, i cilici, le calzature che portava solo in in-verno e in viaggio.26 ancora, in altri passi della Vita C, si specifica che la tu-nica era di lana rigida con scapolare e cocolla, particolari confermati anche dai testimoni ascoltati dagli inquisitori che istruirono il processo di beati-ficazione e che descrivono l’eremita «in carcere cum habitu monachali vel heremitico».27

Icastica è la descrizione dello stefaneschi il quale aveva avuto modo di vedere de visu Pietro del morrone in occasione dell’incoronazione in colle-maggio:

grandevum videre senem per secta finestre / attonitum tantave super novitate morantem / irsutum barba, mestum pallore figura / atque genis maciem ieiunaque membra ferentem, / sed tumidum lacrimis oculi velamina nigri / palpebras, rigidu-mque toga, vultuque verendum».28

la descrizione si attaglia perfettamente alle raffigurazioni di Pietro del morrone miniate nei manoscritti dello stesso stefaneschi, l’Opus metricum (città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, vat. lat. 4932, f. 1r) e il Codice di San Giorgio (città del Vaticano, arch. s. Pietro, c. 129, f. 123r).29 l’immagine (fig. 2), contenuta nel manoscritto dell’Opus, collocabile tra la fine del duecento e il primo decennio del secolo successivo, ritrae Pietro pri-vo di aureola che si affaccia dall’angusta cella del romitorio, mentre nel Co-dice di San Giorgio (fig. 3), la cui decorazione risale al 1320-1330, alla stessa effigie, barba bianca e saio, si aggiunge l’aureola ma nessun riferimento allo status di pontefice.

un disegno seicentesco pubblicato dallo Zanotti nel Digestum scriptura-rum Coelestinae congregationis 30 (v. II, f. 88r, fig. 5) riproduce l’incisione per

26 cfr. frUgoni 1954, pp. 61-67; Vian 1988, passim; licitra 1992, pp. 32-33.27 Vian 1988, p. 181.28 cfr. SePPelt 1921, p. 44.29 sulla decorazione del ms. vat. lat. 4932 contenente l’Opus metricum, cfr. la scheda di e.

condello, in righetti toSti-croce 2000, pp. 137-138 (con bibliografia precedente), su quella del codice di san giorgio cfr. la scheda n. 125 di f. manzari, in toMei 2009, pp. 287-288 (con biblio-grafia precedente).

30 riproduzione anastatica in aVagliano – caPezzali 1994-1996 II, f. 88r.

8 Stefania Paone

una campana fusa nel 1314 per la Badia di santo spirito: il santo ha la barba, il saio e la palma del martirio, nonostante la scritta reciti «fr. Pe-trus confessor».

la palma fa riferimento ad una tradizione ben precisa, che nasce e si diffonde dopo la morte di cele-stino, secondo la quale egli sarebbe stato vittima di Bonifacio VIII, che gli avrebbe fatto conficcare un chio-do nella testa.31 certo papa caeta-ni non godeva di buona fama, rite-nuto da molti usurpatore del trono papale, eletto nel 1294 subito dopo la rinuncia di celestino, tradizio-nalmente accusato di aver suggeri-to l’abdicazione al confuso prede-cessore e del sequestro dello stesso nella rocca di fumone.32

l’effigie più antica di san Pietro celestino in abruzzo si trova nella chiesa dell’eremo di sant’onofrio

del morrone, di cui si è detto a proposito della decorazione duecentesca dell’oratorio. Il santo abbigliato con il saio, è raffigurato sia come martire, reca infatti la palma, sia come papa con tiara, piviale e guanti bianchi, ma è privo di barba, mostra infatti un viso glabro e smunto (fig. 6). l’affresco è stato riferito al primo trecento, una datazione troppo alta, ferma restando la difficoltà di esprimersi su un’opera così corsiva: nello stesso ambiente altri affreschi sembrano appartenere alla stessa campagna decorativa, più verosi-milmente contestualizzabile nella seconda metà del secolo.33

31 cfr. Marino 1630, pp. 461-464; telera, 1689, p. 90; frUgoni 1954, p. 174; ParaVicini

bagliani 2006, pp. 150-153. È probabile che la leggenda risalga ai primi del trecento, nel 1304 fi-lippo il Bello dispone la mutilazione del corpo di celestino per dotare di reliquie l’abbazia celestina di santa maria presso orleans e nel 1308 quella di mont chattry presso Bourges. In quell’occasione fu praticato un buco nel cranio che venne strumentalizzato dallo stesso re, promotore della cano-nizzazione di Pietro come martire, proprio in chiave antibonifaciana, cfr. golinelli 2007, pp. 251-252 e ParaVicini bagliani 2006, p. 153.

32 ParaVicini bagliani 2006, pp. 65-70, passim.33 cfr. Paone 2010 (1), p. 109, nota 111; Paone 2010 (3), p. 233.

fig. 5. - San Pietro martire, l. zanotti, Di-gestum scripturarum Coelestinae, II, f. 88r

(da Ungarelli 1988).

iconografie MUtanti 9

l’elemento significante è la man-canza della barba, un attributo che il santo perde in quasi tutte le imma-gini che lo ritraggono come pontefi-ce e che diventa dettaglio dell’icono-grafia ‘istituzionale’ dopo la metà del trecento.

ladner lo spiega molto semplice-mente come conseguenza della rasa-tura della folta barba dell’eremita in occasione dell’incoronazione perché l’aspetto selvatico di Pietro del mor-rone lasciasse il posto ad uno più or-dinato, quello dell’emaciato celesti-no V.34 un fenomeno di metamorfosi e restyiling che ha subito anche l’im-magine del più famoso san france-sco la cui barba, pur presente in al-cuni affreschi, è stata poi eliminata definitivamente per lasciare il posto ad un viso giovane e glabro.35

come si è detto l’eremita fu san-tificato come confessore, un titolo si-curamente limitativo per la comunità celestiniana come confermano i dise-gni che riproducono la stessa minia-tura dell’Opus metricum in un codice tardo trecentesco (roma, Biblioteca dell’accademia nazionale dei lincei e corsiniana, ms. 45.g. 14 (rossi 86) e in quello conservato nella Biblioteca casanatense di roma (cod. 934, f. 1r),36 nei quali (fig. 7) rispetto alla minia-tura è stata aggiunta la tiara a doppia corona posta accanto al santo e un ac-cenno di barba sul volto smagrito sostituisce quella folta e bianca da vegliardo.

forse l’immagine più famosa di San Pietro Celestino in territorio abruz-zese è quella contenuta nella lunetta della Porta santa di santa maria di colle-

34 cfr. ladner 1970 II, pp. 277-283.35 cfr. belloSi 1980, pp. 11-34.36 sul codice corsiniano cfr. condello 1989, p. 207 e nota 32; su quello della casanantense

cfr. frUgoni 1954, tav. IV.

fig. 6. - San Pietro Celestino martire e papa, sulmona, chiesa di sant’onofrio al morrone

(g. lattanzi).

10 Stefania Paone

maggio, basilica dedicata alla Vergine assunta e a san Benedetto, secondo la tradizione fondata dallo stesso Pie-tro del morrone nel 1275.37 la Porta santa rimanda alla festività della Per-donanza ovvero l’indulgenza plena-ria che il neo eletto celestino, appe-na incoronato, concede in perpetuum a quanti avessero visitato collemag-gio il 29 di agosto di ogni anno.38

nella lunetta campeggia una ma-donna con il Bambino tra San Gio-vanni Battista e San Pietro Celestino (fig. 8); quest’ultimo è ritratto senza barba, con il volto emaciato, i para-menti del pontefice sotto i quali è riconoscibile il saio, indossa la tia-ra a doppia corona simbolo del po-tere temporale e spirituale. nel car-tiglio che reca sarebbe riconoscibile proprio la bolla della Perdonanza.39

simmetrico è il Battista, costante esempio per il mondo eremitico dal qua-le Pietro proveniva e più che probabilmente presente nei contesti figurativi che raffiguravano il santo eremita. l’incoronazione di celestino V, come si sa, av-venne il 29 settembre, giorno del martirio del Battista, esplicitamente menziona-to nella bolla della Perdonanza, nella quale il pontefice chiede che con più ve-nerazione venga esaltata la festa della decollazione con inni, canti e suppliche.

non è possibile sapere se la scelta del giorno dell’incoronazione cadde consapevolmente su una festività cara al pontefice; nell’Autobiografia si nar-ra di un miracolo di cui fu protagonista la madre di Pietro, allora bambino, la quale proprio nel giorno del martirio del Battista vide la farina che impa-stava trasformarsi in un ammasso di vermi quindi tornare farina, ovviamente dopo accanite preghiere.40 la narrazione dell’evento però non è da esclude-

37 Per la fondazione di collemaggio e le sue vicende storiche e architettoniche si veda ora la scheda di m.c. rossi, in d’alberto 2011, pp. 49-54 (con bibliografia precedente).

38 cfr. Marinangeli 1983, pp. 27-41.39 la proposta è di bologna 1983, passim.40 cfr. licitra 1992, pp. 28-29.

fig. 7. - San Pietro confessore e il cardinal Stefaneschi, roma, Biblioteca casanatense,

cod. 934, f. 1r (da frUgoni 1954).

iconografie MUtanti 11

re che sia stata inserita ad hoc nel testo agiografico come al-lusione all’incoronazione.

In collemaggio purtrop-po nulla o quasi rimane della decorazione più antica. Po-che informazioni si ricavano sulla cappella del santo fon-datore, al fianco dell’abside, simmetrica a quella dedicata a san giovanni Battista: fat-ta costruire nel 1316, rico-struita nel 1351 41 e quasi si-curamente il luogo deputato ad accogliere nel 1327 i resti mortali del santo traslati in collemaggio dalla chiesa di sant’antonio a fe-rentino, dove celestino era stato sepolto. In quell’occasione il ricco mercan-te laniero mattia camponeschi stanzia seimila fiorini per il completamento della chiesa da utilizzare nello spazio di otto anni.42

Il dipinto della Porta santa è generalmente datato a dopo il 1397, anno riportato in un documento che attesterebbe la volontà testamentaria di un tal simone di cola da cocullo di far eseguire il murale con l’indicazione preci-sa del soggetto.43 In realtà più recentemente è stato chiarito che l’atto non si riferisce all’affresco, ma ad una imago, raffigurante la Vergine, san giovan-ni e san Pietro, che gli eredi di simone avrebbero dovuto far realizzare nei pressi del campanile.44

la datazione tra la fine del trecento e i primi anni del secolo successi-vo resta comunque valida sulla base delle strette affinità stilistiche che lega-no l’affresco ad altre opere aquilane, in primis la lunetta di sant’amico del 1381, forse da considerare in relazione alla documentata decorazione della basilica nel primo Quattrocento.45

41 cfr. antonini 1988-1993, I, p. 167 sgg.42 cfr. colaPietra 1984, p. 36; Paone 2009, pp. 22.43 cfr. PanSa 1899, pp. 269-270; Paone 2009, pp. 57, 64, 65 nota 3 (con bibliografia prece-

dente).44 cfr. la scheda di a. Petrongolo e V. gambi, in d’alberto 2011, pp. 65-66.45 cfr. Paone 2009, pp. 64, 90-93, 103 nota 45; V. gambi, in d’alberto 2011, pp. 62-63 (con

bibliografia precedente).

fig. 8. - Madonna con il Bambino tra San Giovanni Battista e San Pietro Celestino, l’aquila, santa maria

di collemaggio (g. lattanzi).

12 Stefania Paone

Pietro del Morrone e San Pietro celeStino ‘PreSUnti’ tra bonifacio Viii e JacoPo StefaneSchi

Il noto frammento di affresco (fig. 9), murato sul primo pilastro della navata nord della basilica di san giovanni in laterano, raffigura Bonifacio VIII che si mostra dalla loggia delle Benedizioni affiancato da matteo ros-so orsini e da un chierico che reca un lungo cartiglio sul quale si leggono le parole «bonifa / ciUS eP(iScoPUS) Ser / VUS Ser / VorUM dei / ad PerPe /tUaM rei / MeMoriaM». la scena, riprodotta integralmente in un disegno cinque-centesco degli Instrumenta translationis di giacomo grimaldi (milano, Bi-blioteca ambrosiana, ms. f 227 inf., ff. 8v-9r),46 si trovava in origine nella loggia delle Benedizioni, inserita in un ciclo che comprendeva il Battesimo di Costantino e la Fondazione della basilica lateranense.47 l’affresco tradizio-nalmente letto come Bonifacio VIII che indice il Giubileo,48 è stato pure in-terpretato come la presa di possesso del laterano da parte dello stesso49 e più recentemente posto in relazione con il rituale dei processi contro i ne-mici della chiesa.50

secondo l’ipotesi della maddalo nell’affresco, attestazione figurativa della presa di possesso del laterano, avvenuta il 13 gennaio del 1295, è possibile ri-conoscere Pietro del morrone nella figura barbuta che appena si intravede sul-la destra 51 e che non si ritrova nel disegno del grimaldi. In esso infatti il perso-naggio non compare ma è stato comunque riconosciuto nella figura tonsurata e glabra, tra i personaggi sulla loggia a destra,52 dietro quella coronata identi-ficata con carlo II d’angiò.53 Papa caetani, attento com’era alla politica delle immagini, potrebbe aver inserito l’effigie di Pietro per visualizzare una sorta di avallo, una ‘legittimazione’ da parte del predecessore della sua elezione così controversa e impopolare.54 la figura defilata nell’affresco del laterano ben si

46 sul disegno cfr. la scheda n. 112 di m. torquati, in toMei 2009, pp. 270-271 (con biblio-grafia precedente).

47 cfr. Maddalo 1983 (2).48 cfr. frUgoni 1950, pp. 1-125; frUgoni 2000 (con bibliografia precedente).49 cfr. Maddalo 1983 (1), pp. 621-632; Maddalo 1983 (2), pp. 129-150; Maddalo 2009,

pp. 97-107 (con bibliografia precedente). 50 cfr. ParaVicini bagliani 2000, pp. 459-483; ParaVicini bagliani 2005, pp. 377-428.51 cfr. Maddalo 1983 (2), pp. 145-147.52 si veda la scheda di s. maddalo in righetti toSti-croce 2000, p. 171; già gandolfo 1999,

pp. 219-228, pur non esprimendosi sull’identità della figura tonsurata dell’affresco la individua in quella accanto al personaggio coronato.

53 cfr. Maddalo 1983 (2), p. 143.54 cfr. Maddalo 1983 (2), pp. 145-146.

iconografie MUtanti 13

presta a questa interpretazione, pur dovendo tener conto del fatto che forse in origine il personaggio non era poi così nascosto come lo si per-cepisce a causa del taglio del brano e delle sue condizioni conservative non proprio ottimali.

mantenendo questa chiave di lettura Pietro del morrone sarebbe pure riconoscibile nel personaggio sotto l’umbraculum tra le figure che si allontanano nella miniatura con l’Incoronazione di Bonifacio VIII nel De Coronatione dello stefane-schi [città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, vat. lat. 4933, f. 7v (fig. 10)].55

le immagini in questione con-ducono nella roma della seconda metà degli anni novanta del due-cento, di fronte ai momenti cruciali dell’ascesa di Bonifacio VIII e sul loro significato politico molto è stato scritto. anche se non è possibile confu-tare o meno la presenza di Pietro del morrone in questi contesti figurati-vi sulla base esclusiva delle affinità, più o meno stringenti, con le descri-zioni ‘fisionomiche’ dell’eremita, è alquanto improbabile riconoscerlo sia nel personaggio giovanile e tonsurato del disegno del grimaldi, Pietro all’epoca era ultraottantenne, sia in quello laico e con berretta nera del-la miniatura.56

secondo le fonti celestino dopo l’abdicazione lascia castelnuovo e atten-de a napoli l’elezione del successore, rende visita al neo eletto Bonifacio e gli esplicita il desiderio di fare ritorno all’eremo di sant’onofrio. la risposta di Bonifacio è negativa, il papa vuole che Pietro vada con lui ‘nella campagna ro-mana’, gli consente di lasciare la città ma accompagnato e alla volta di roma. È durante il viaggio che Pietro decide di fuggire diretto all’eremo, che rag-giunge intorno alla metà del gennaio 1295.57 nel frattempo Bonifacio giunge

55 cfr. Maddalo 1983 (2), p. 146; Maddalo 1997, p. 120.56 già notato da V. Pace, scheda VII.2.1, in fagiolo – Madonna 1984, p. 321.57 cfr. SePPelt 1921, p. 81; Van ortroy 1897, pp. 422-423, ParaVicini bagliani 2006, pp. 70

nota 69, 74, 77-78, 92 note 1, 17.

fig. 9. - Bonifacio VIII benedicente, roma, san giovanni in laterano (dalla loggia del-

le Benedizioni) (da toMei 1996).

14 Stefania Paone

a roma per la solenne inco-ronazione che si svolge il 23 gennaio lungo il portico di san Pietro quindi attraversa la città a cavallo e rientra in laterano.

nel murale lateranense riconoscibilissimo è invece il cardinale matteo rosso orsi-ni, il cui ritratto coincide con quello presente nella già cita-ta miniatura con l’Incorona-zione di Bonifacio.58 È pro-babile che dall’altra parte sia presente un’individualità ben precisa ma, pur non potendo

escludere un inserimento di fantasia dell’effigie del papa abdicante, sembra difficilmente giustificabile la sua presenza.

le accuse contro Bonifacio VIII, mosse sin dal 1297 da parte dei colon-na, riprese nel 1302-1303 da guglielmo di nogaret e ancora nel 1310 su isti-gazione di filippo il bello, trovano nell’eccezionale evento delle dimissioni di celestino un punto fermo per invalidare l’elezione del caetani: Bonifacio avrebbe indotto celestino V ad abbandonare il pontificato con l’inganno. al contempo si dibatte sulla possibilità del pontefice di dimettersi.

l’atteggiamento di Bonifacio è di estrema fermezza e già tre giorni dopo la sua elezione sospende tutti i vescovi nominati da celestino e revoca alcune concessioni da lui fatte; l’8 aprile 1295 con la bolla Olim Celestinus fa mette-re per iscritto le ragioni del suo gesto affermando che gli atti del predecesso-re sono irregolari e che lo stesso gli aveva chiesto di correggerli.59 ancora il 18 agosto revoca la Perdonanza indetta da celestino a memoria della sua in-coronazione nella basilica di collemaggio.60 dopo la morte di celestino, av-venuta il 3 maggio 1296 e sulla quale di lì a poco aleggerà il sospetto di un intervento diretto di Bonifacio, il papa organizza la difesa e si rivolge al te-ologo egidio romano perché scriva un trattato sulla legittimità delle dimis-sioni di celestino.

58 cfr. Maddalo 1983 (2), p. 141.59 cfr. ParaVicini bagliani 2006, pp. 98-99, 148-152.60 cfr. frUgoni 1950 (1979), p. 73 sgg.; PaSztor 1987, pp. 61-78.

fig. 10. - Incoronazione di Bonifacio VIII, Jacopo stefaneschi, De Coronatione, città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, vat.lat. 4933, f. 7v

(da toMei 2000).

iconografie MUtanti 15

Per queste ragioni la scelta di raffigurare Pietro del morrone appare non collimante con la politica di Bonifacio, soprattutto tenendo conto della data-zione alta dell’affresco, riferito al 1297 o comunque collocato tra la fine del XIII secolo e il 1304 della morte di papa caetani.61 Per Bonifacio celestino, ‘tornato Pietro’, è una figura scomoda; i gesti compiuti dal papa nei confron-ti del predecessore si fondano sull’esclusione e la negazione, in primis il rifiu-to di accordargli di far ritorno alla vita eremitica e l’inseguimento dello stes-so Pietro, fino al ‘sequestro’ e alla morte nella rocca di fumone.

È forse possibile cogliere un riflesso della posizione assunta da Bonifa-cio nei confronti di celestino nell’Opus metricum di Jacopo stefaneschi, de-voto sostenitore di papa caetani. l’opera ‘confezionata’ dal cardinale intor-no al 1315 comprende testi redatti in momenti diversi: il De electione scritto subito dopo la rinuncia al papato di celestino V, il De coronatione che risale al 1298-1299 in cui si celebra l’ascesa al soglio pontificio di Bonifacio VIII, il De canonicatione dedicato alla canonizzazione di celestino come San Pietro confessore e composto intorno al 1315, sicuramente finito nel 1319, quando il cardinale ne invia copia al monastero celestino di santo spirito di sulmona.62

l’assemblaggio dei testi risale dunque agli anni avignonesi, una nuova stesura dell’Opus Metricum nella quale centotrentasei versi sono dedicati alla Vita seriosa di Pietro. I tempi sono cambiati, altri eventi si sono susseguiti: il pontificato di Bonifacio, la sua morte e successiva demonizzazione, la po-litica di filippo IV il Bello, le sue pressioni per la canonizzazione di Pietro come martire, proprio in chiave antibonifaciana, il processo di beatificazio-ne e infine la santificazione di Pietro come confessor.

nel De electione l’ascesa al soglio pontificio di celestino è tratteggia-ta come un evento quasi miracoloso, verificatosi per mezzo dell’opera dello spirito santo, ma del pontefice virtuosissimo si segnala l’inadeguatezza, per sua stessa ammissione, al ruolo affidatogli, ammissione che diviene libera ri-nuncia al pontificato quando decide ‘legittimamente’ di abdicare. ed è dif-ficile non leggere tra le righe la volontà del cardinale di narrare l’abdicazio-ne in questi termini per rendere pacifica, anche se a posteriori, l’elezione di Bonifacio VIII.

Il De coronatione inizia con la consegna degli atti del processo per la ca-nonizzazione a papa clemente V, lo stefaneschi si dilunga a descrivere, da cerimoniologo qual è, i riti della canonizzazione, riprende con cura i mira-coli che la bolla elenca, addirittura ne aggiunge due. Per descrivere la vita di

61 cfr. toMei 1997, pp. 239-246.62 cfr. de VincentiiS 2009, pp. 7-15 (con bibliografia precedente).

16 Stefania Paone

Pietro si serve dell’Autobiografia ma l’uso che ne fa non è proprio limpido; camuffa e omette episodi, ne rilegge alcuni che mirano a non mettere in ri-salto il ruolo giocato dal futuro Bonifacio VIII quando, per esempio, lo ‘tra-sforma’ in un non precisato personaggio che avrebbe consigliato a celesti-no di abdicare.63

un dettaglio curioso si ricava anche dal processo verbale dell’ultimo con-cistoro che si riunisce prima della canonizzazione di Pietro. In esso si trova la rassegna dei miracoli e una sorta di votazione su ciascuno per appello no-minale di tutti i cardinali riuniti. lo stefaneschi esprime il suo parere dub-bioso o decisamente contrario per ben tredici miracoli su diciassette,64 assu-mendo una posizione diametralmente opposta a quella degli altri prelati e del papa stesso.

Vincenzo licitra,65 in particolare, ha posto l’accento sulla ‘non convin-zione’ e sulla superficialità dello stefaneschi nel trattare la figura di Pietro del morrone, una sorta di operazione ‘di facciata’, strumentale e necessaria nel momento in cui clemente V ad avignone santificava il papa dimissiona-rio anche se esclusivamente come confessore; d’altra parte non è possibile escludere che il cardinale nutrisse una personale ammirazione per l’eremita e un’autentica devozione nei confronti del santo.66

nell’ambito della stessa committenza si inserisce il celeberrimo trittico per la basilica di san Pietro, riferito a giotto, conservato nella Pinacoteca va-ticana e identificato con l’opera fatta realizzare per l’altare maggiore e citata nel necrologio dello stefaneschi.67

sul verso, lo scomparto centrale mostra il prelato in ginocchio, rivolto verso il Cristo benedicente, è abbigliato da canonico68 ma con il cappello car-dinalizio ben in vista sul pavimento; sul recto (figg. 11-12) domina San Pie-tro in trono presso il quale in basso a sinistra è ritratto lo stefaneschi in abiti cardinalizi nell’atto di offrire il modellino del trittico, alle sue spalle si rico-nosce San Giorgio stante chiara allusione al titolo di san giorgio in Velabro conferito allo stefaneschi da Bonifacio VIII nel 1295.

simmetrici dall’altra parte altri due personaggi. chi sono?

63 cfr. SePPelt 1921, pp. 74-75 citato da frUgoni 1954, pp. 96-97.64 cfr. frUgoni 1950, pp. 416-417.65 cfr. licitra 1989; licitra 1990; frUgoni 1950, pp. 406-408, 417.66 lo stefaneschi in una lettera accenna ad altri componimenti redatti in onore di san Pietro

confessore cfr. frUgoni 1954, p. 120 e nota 3.67 sul trittico cfr. la scheda n. 9 di a. tomei, in toMei 2009, pp. 167-169 (con bibliografia

precedente).68 cfr. goSebrUch 1961, pp. 114-115.

iconografie MUtanti 17

da qualche decennio si è soliti riconoscere nella figura in ginocchio celestino V o meglio san Pietro ce-lestino che offre il volume dell’Opus metricum e, alle sue spalle, in piedi clemente I o clemente V. secondo altre ipotesi sarebbero identificabili con san nicola di myra e papa nic-colò I oppure con sant’agostino e papa gregorio I; si è pure proposto di riconoscere nel santo in piedi le-one magno o silvestro o celestino I.69 come è già stato notato 70 la figu-ra in ginocchio non è un papa, per-ché indossa la mitra, non la tiara, è privo di pallio, accessorio che invece caratterizza l’abbigliamento del san-to in piedi, questo sì più che proba-bilmente un pontefice.

l’aureola e la barba canuta della figura sono gli elementi, certo generi-ci, che potrebbero far pensare a san Pietro del morrone, l’eremita perso-nalmente incontrato da Jacopo stefa-neschi, raffigurato con la stessa effi-gie da vegliardo nelle miniature delle opere redatte dal cardinale nelle qua-li però, come si è detto, si celebra il santo confessore, ma non si spendono mol-te parole sul papa.

altri dettagli dell’abbigliamento sono problematici: la mitra, il mantello nero, la sopravveste bianca e al di sotto le maniche aderenti di un abito di

69 Per le diverse identificazioni cfr. goSebrUch 1958, p. 290 (celestino V e clemente I); id. 1961, p.114 sgg.; ladner 1970, II, pp. 277-282 (celestino V, celestino I); bologna 1969, pp. 213-219 (ni-cola di myra e nicola I); redig de caMPoS 1973, nn. 3-4, pp. 153-174: 160-174 (celestino V e sil-vestro I); gardner 1974, p. 87 (sant’agostino e gregorio I); ciardi dUPrè del Poggetto 1981, pp. 122-125 (celestino V e celestino I); dyKManS 1981, pp. 65-66, 79-84; Maddalo 1983, p. 147; KeM-PerS 1987, pp. 87-88 (celestino V e clemente I); Ungarelli 1988, pp. 121-154 (celestino V e cele-stino I); andaloro 2006, pp. 25, 37 (Pietro del morrone e celestino I); KeSSler 2009, p. 90 (cele-stino V e celestino I); la scheda n. 9 di a. tomei, in toMei 2009 (celestino V e clemente I), p. 167.

70 cfr. gardner 1974, p. 87.

fig. 11. - San Pietro in trono, San Giorgio, il cardinale Stefaneschi, santo papa e San Pietro Celestino (?), roma, Pinacoteca Vaticana (dalla Basilica Vaticana), tavola centrale del

recto (foto musei Vaticani).

18 Stefania Paone

colore scuro, forse un saio. In merito va detto che non si conosce l’abbigliamento del-la prima comunità celestinia-na 71 e soprattutto non si ricava dalle fonti nessuna descrizio-ne precisa dell’abito indossato da Pietro del morrone prima e dopo l’elezione a pontefi-ce. I testi agiografici attestano che negli anni dell’eremitag-gio vestiva di pelli e che in se-guito dispose che i confratelli non si curassero di ricercatez-ze nell’abbigliamento e che in-dossassero ruvidi panni.72

Probabilmente il colore originario era una specie di grigio, come confermerebbe

indirettamente la modifica del colore nero dell’abito dei monaci di monte-cassino quando, nel 1294, fu loro imposta la riforma celestina e l’adozione dell’abito dei morronesi «qui habitus erat coloris camellini vilissimi».73

le costituzioni generali dell’ordine di cui disponiamo per ricavare infor-mazioni utili sull’argomento risalgono al cinquecento e fissano alcuni det-tagli dell’abito: tunica bianca, cingolo di cuoio o di lino, scapolare con cap-puccio nero, cocolla nera. In effetti diverse testimonianze figurative, dalla seconda metà del Quattrocento in poi, mostrano celestino V e i celestini con questo abbigliamento.74

Il problema è la mancanza di informazioni relative ad epoche precedenti; il marino nel seicento attesta che «ne’ tempi passati e si conserva nei monasteri di francia un uso di portare sotto l’altre vesti un’habito di color taneto o voglia

71 cfr. Marinangeli 2000, pp. 202-204 (con bibliografia precedente).72 cfr. SePPelt 1921, p. 329; Van ortroy 1897, p. 410.73 dell’oMo 2010, pp. 263-284, il passo è contenuto nel ms. cod. casin. 441, p. 48 citato da

gattola 1733, pp. 470-471.74 tra le opere abruzzesi che mostrano il santo pontefice con l’abito bianco si segnalano la

vetrata del XV secolo proveniente dalla chiesa di san flaviano e le tele seicentesche del monaco celestino Karl ruthards in origine a collemaggio tutte al museo nazionale d’abruzzo a l’aqui-la (cfr. Moretti 1968) e ancora l’affresco con la Crocifissione nel refettorio di collemaggio, ope-ra del tardo XV.

fig. 12. - San Giorgio, il cardinale Stefaneschi, san-to papa e San Pietro Celestino (?), roma, Pinaco-teca vaticana (dalla Basilica Vaticana), particolare

(foto musei Vaticani).

iconografie MUtanti 19

dirsi camelino che si dice in memoria de primo habito, che usò il santo ne’ ro-mitorij», secondo lo stesso scrittore l’abito più antico dei celestini era appun-to quello ‘benedettino’ o dei ‘monaci grigi’.75 certo nelle miniature dei codici stefaneschi e nelle altre opere trecentesche citate il morronese indossa esclu-sivamente un saio con cappuccio di colore indefinito tra il grigio e il marrone.

Più rare immagini trecentesche di cui si dirà, la miniatura a f. 3r raffi-gurante ‘celestino V papa angelico’ (firenze, Biblioteca riccardiana, cod. 1222B, fig. 19) e quella raffigurante san Pietro celestino a f. 111r della Bibbia di matteo de Planisio (città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana,Vat. lat. 3550, fig. 18) mostrano il santo pontefice con l’abito bianco al di sotto del quale se ne vede chiaramente un altro di colore scuro, probabilmente l’anti-co saio dell’eremita-monaco.

a riguardo il trittico stefaneschi potrebbe costituire la preziosa testimo-nianza del più ‘moderno’ abito bianco con le maniche del saio che emergono al di sotto e ciò che appare come una cappa nera potrebbe invece essere una cocolla sui generis, perché mai descritta o raffigurata aperta sul davanti. ma al momento non è possibile andare oltre nel campo delle congetture sartoriali.

I dubbi che avvolgono il trittico stefaneschi riguardano anche la data-zione e questioni più strettamente stilistiche. l’ipotesi di collocare l’opera in-torno al 1300 ha avuto poco seguito, mentre più condivisa è quella a dopo il 1320, con oscillazioni che vanno dalla metà del secolo agli anni trenta.76

com’è stato acclarato il malcontento per il trasferimento della sede pon-tificia ad avignone accompagna il lungo soggiorno francese dello stefane-schi, iniziato nel 1308 e conclusosi con la morte. Proprio il desiderio del ri-torno del papa a roma è generalmente considerato la base ideologica del trittico nel quale l’associazione tra san Pietro apostolo e san Pietro del mor-rone, anche per ragioni onomastiche, appare immediata. Va ribadito però che nella figura in ginocchio mancano, forse volutamente, dettagli riferibi-li allo status di pontefice e la presenza della mitra 77 potrebbe essere testimo-nianza della dignità sacerdotale e vescovile che celestino di certo non per-de dopo l’abdicazione.

I pochi riferimenti cronologici ricavabili dal dipinto sono il 1291, anno in cui lo stefaneschi risulta canonico di san Pietro e il 1295, anno del confe-

75 Marino 1630, pp. 81-82, 120. 76 sul trittico cfr. KeSSler 2009, pp. 90-94 e la scheda n. 9 di a. tomei, in toMei 2009, pp. 167-

169 (con bibliografia precedente).77 una delle insegne, insieme al manto e all’anello, che Pietro del morrone riceve nell’eremo

di sant’onofrio prima dell’incoronazione, secondo la testimonianza dello stefaneschi cfr. frUgo-ni 1954, p. 89.

20 Stefania Paone

rimento del titolo cardinalizio di san giorgio in Velabro, mentre l’ante quem più plausibile rimane il 1341 della morte. gli argomenti iconografici sin qui esposti rendono più plausibile una datazione più bassa che non quella gene-ralmente condivisa tra il 1313 e il 1320, gli stessi anni che vedono il cardina-le impegnato nella nuova redazione dell’Opus metricum nella quale come si diceva più spazio è dedicato a san Pietro confessore che non alle vicende di papa celestino V.

Il santo celebrato nell’opera letteraria non è di certo in contraddizione con l’immagine dipinta, dovendo considerare anche la diversità del medium e della destinazione privata dell’opera letteraria curiale e quella pubblica del trittico. ma l’emblematico collegamento visivo tra i due pontefici, l’aposto-lo e il dimissionario, sempre che di questi si tratti, appare decisamente meno scomodo per uno stefaneschi ormai anziano, non più preoccupato di difen-dere la memoria di Bonifacio VIII.

ma se si dà per buona la presenza di san Pietro del morrone, alle sue spalle chi mai potrebbe trovarsi? sono diversi i santi pontefici autorevoli e molti di iconografia incerta, anch’essi raffigurati nel corso del medioevo con e senza barba, più o meno anziani. gregorio I, leone magno e silvestro sa-rebbero sicuramente appropriati se ciò che dovevano testimoniare è il ruolo di successori di Pietro nella chiesa delle origini.

le ragioni della presenza o meno di questo o quel pontefice potrebbero trovarsi nell’allusione o nel riferimento cronologico ad uno dei pontefici con-temporanei dello stefaneschi, dopo il trasferimento della curia ad avignone, clemente V (1305-1314), giovanni XXII (1316-1334), Benedetto XII (1334-1342). l’identificazione con san clemente per allusione onomastica a cle-mente V, colui che aveva canonizzato Pietro del morrone,78 non sembra però praticabile a causa della prevalente linea antibonifaciana e filofrancese da lui assunta con il trasferimento della curia ad avignone.

dopo la sua morte e il periodo di vacanza i cardinali italiani vedono va-nificare la speranza del ritorno a roma con il pontificato di giovanni XII; al 1329 risale infatti il secondo testamento dello stefaneschi nel quale si pre-cisa la volontà del cardinale malato di tornare a roma almeno da morto, fa-cendosi tumulare nella «basilica principis apostolorum de urbe, cuius licet indignus sum canonicus, iuxta altare beati Jacobi et iuxta sepulturam ubi do-mina mater mea sepulta est in capella inibi, deo dante, costruenda ad hono-rem beatorum laurentii martiris et georgii».79

78 cfr. KeMPerS 1987, p. 88.79 citato in frUgoni 1950, p. 423.

iconografie MUtanti 21

sarebbe interessante legare il trittico a questo contesto quanto meno sul piano cronologico, visto che la cappella dei santi lorenzo e giorgio, co-struenda nel 1329 e sicuramente esistente alla morte del cardinale, contene-va una tavola che al momento non è possibile identificare con il trittico, ge-neralmente riconosciuto come l’opera fatta realizzare per l’altare maggiore e citata nel necrologio del cardinale.80

una datazione più bassa, a mio avviso, almeno la fine del terzo decen-nio del trecento se non oltre, è confermata anche dal dato stilistico che si fonda su una gamma cromatica brillante e preziosa, sul trattamento line-aristico di certi brani segnati da un raffinato goticismo, ai quali si aggiun-gono i dati di realismo nei ‘ritratti’ del committente e il più ricco intaglio della carpenteria originaria, attestata dal modellino del trittico raffigura-to sul recto.

comunque sia i due santi in questione, simmetrici a san giorgio e allo stefaneschi, continuano ad essere in incognito. forse per svelarne l’identità la traccia da seguire è quella già indicata da alcuni studiosi come gardner e Kempers: guardare all’organizzazione dello spazio liturgico della basilica ed in particolare al ruolo svolto dai canonici, alla fondazione e alla storia della loro istituzione, alla quale lo stefaneschi orgogliosamente apparteneva. no-nostante già moltissimo sia stato scritto sul clero romano e in particolare su quello delle basiliche vaticana e lateranense,81 la storia dell’istituzione cano-nicale e le figure autorevoli chiamate in causa come ispiratrici della sua ori-gine, da sant’agostino 82 a gregorio magno,83 sono ancora questioni nebulo-se e di difficile decifrazione.

iMMagini altre di San Pietro celeStino

le raffigurazioni di san Pietro celestino sono relativamente diffuse, com’è ovvio, in abruzzo e molise: dipinti, qualche scultura lignea e in pie-tra, monete lo ritraggono generalmente come santo papa benedicente, privo di barba, con il piviale rosso e la tiara.84

80 la critica si è già soffermata su questi dati ma ha generalmente escluso che la tavola sia quella della cappella citata nel testamento anche per ragioni iconografiche e di dimensioni della tavola cfr. la scheda n. 9 di a. tomei, in toMei 2009, pp. 167-169 (con bibliografia precedente).

81 cfr. rezza – Stocchi 2008 (con bibliografia precedente).82 cfr. gardner 1974, p. 87.83 cfr. di carPegna falconieri 2002, p. 74 sgg.84 Infra note 4, 74. tra le opere abruzzesi più antiche ma comunque non anteriori al primo

Quattrocento: scultura in pietra del museo civico di sulmona (cfr. colangelo – Mattiocco – tU-

22 Stefania Paone

Quest’ultimo elemento mostra alcune varianti nella foggia che prevede una o due corone o più eccezionalmente il triregno, attributo con il quale per primo si era fatto ritrarre Bonifacio VIII.85 ma la tiara è più facilmente riconoscibile come quella del papa dimissionario quando non è posta sul suo capo, ma sospesa al di sopra di esso o posta a lato. In alcune immagini più tarde è stretta nella mani del santo insieme al piviale a memoria della rinun-cia al pontificato e in accordo con le fonti, secondo le quali celestino, dopo aver letto la bolla di abdicazione, si spoglia dei paramenti pontificali.86 e in merito si ricordi sia l’affresco nella chiesa di sant’antonio a ferentino, data-bile alla seconda metà del XV secolo, nel quale il santo ha l’abito nero e in mano piviale e tiara, sia i murali attribuiti a saturnino gatti, in santa maria di collemaggio, raffiguranti il santo con il saio marrone che schiaccia il pi-viale sotto i piedi e regge con la destra la tiara. la testimonianza più raffina-ta di questa iconografia è quella contenuta in un codice avignonese del 1383-1396 (avignone, Bibliothèque municipale, ms. 727) 87 nel quale la miniatura all’incipit del f. 1r ritrae celestino vestito del solo saio marrone che abban-dona sul trono i paramenti pontificali, triregno, guanti bianchi, calzature de-corate e casula rossa (fig. 13).

e in un luogo sin dall’origine celestino la chiesa di santa maria del mor-rone, fondata nel 1259 presso l’abbazia di santo spirito di sulmona 88 e poi inglobata nella cosiddetta Badia morronese, si trova un affresco che raffigura un santo tonsurato e privo di barba, munito di palma del martirio, nell’atto di donare un libro aperto ad un nugolo di figure, di dimensioni inferiori, per lo più tonsurate e abbigliate con un saio di colore bruno simile a quello indossa-to dal santo (fig. 15). l’immagine è interpretabile come San Pietro martire che dà la regola ai confratelli. l’iscrizione sul libro, ora non più leggibile, riportava un passo del salmo XXXIII «venite filii audite me timorem dni docebo vobis [...]», ricalcando l’incipit dell’autobiografia «Venite et audite me et narrabo

teri 2000), il coro ligneo in santa giusta a l’aquila (cfr. Paone 2010 (2), p. 164), la scultura in pie-tra raffigurante il santo con il modellino della città dell’aquila in origine sulla facciata di collemag-gio e la vetrata in origine nella chiesa di san flaviano, entrambe al museo nazionale d’abruzzo a l’aquila (cfr. Moretti 1968). Per la riproduzione delle monete con l’effigie di celestino, coniate tra il 1381 e il 1438 si veda cleMenti 1999, pp. 430-440, fig. 14 a p. 440.

85 cfr. ParaVicini bagliani 1994, pp. 325-326.86 nella Vita si descrive il momento dell’abdicazione, avvenuta nella festa di santa lucia: ce-

lestino legge la rinuncia ai cardinali riuniti in concistoro, scende dal trono e depone mitra anello e manto per terra e in terra si mette a sedere. cfr. ParaVicini bagliani 2006, pp. 68-70.

87 cfr. Manzari 2006, p. 270, fig. 141 (con bibliografia precedente). 88 cfr. Morizio 2008, p. 270.

iconografie MUtanti 23

vobis omnibus qui time-tis deum [...]».89 l’affresco piuttosto grossolano, databi-le a non prima della metà del trecento, costituisce eviden-temente un documento figu-rativo per la congregazione che vuole ricordare l’eremita nel suo ruolo di fondatore e di santo martire.

sull’eccezionalità dell’ele-zione del pio eremita si con-centrarono le aspettative di esponenti diversi in partico-lare gli spirituali francesca-ni, capeggiati da angelo cla-reno, i quali videro in Pietro del morrone la possibilità del riconoscimento delle loro istanze. nel 1294 celestino V infatti aveva accolto i Pauperes Eremite come gruppo autonomo e li aveva posti sotto la protezione dell’ordine dei celestini.90 un evento illustrato in una miniatura di un codice che contiene l’Historia de septem Tribulationibus Ordinis del clareno (roma, Biblioteca nazionale centrale, cod. Vitt. em. 1167, f. 57v). la miniatura mostra celestino V con i paramenti da pontefice, affiancato da due cardinali, nell’atto di benedire un piccolo gruppo di spiri-tuali in ginocchio, tonsurati e con il saio.91

non a caso l’immagine di celestino V si ritrova nell’ambito dell’illustra-zione delle serie di profezie papali, conosciute come Genus nequam, quelle più antiche risalenti alla fine del XIII secolo, Ascende calve della prima metà del XIV secolo e Vaticinia Pontificum degli inizi del secolo successivo, diffu-se anche nel cinque e seicento.92 È ormai acclarato che la serie latina più an-tica deriva da un originale perduto bizantino, conosciuto in occidente come Oracula Leonis, contenente vaticini relativi agli imperatori bizantini, credu-

89 licitra 1992, p. 22.90 cfr. PoteStà 1990 (con bibliografia precedente).91 cfr. frUgoni 1954, tav. 5 e Ungarelli 1988.92 la bibliografia è ingente, da ultimo PoteStà 2010, in part. pp. 131-138 (con bibliografia

precedente).

fig. 13. - Celestino abbandona le insegne pontificali, Costituzioni celestine, avignone, Bibliothèque mu-

nicipale, ms. 727, f. 1r (da Manzari 2006).

24 Stefania Paone

ti del tempo di leone VI (886-912) ma i cui esemplari conosciuti risalgono a non prima del XVI secolo.93

non è qui possibile approfondire un argomento così vasto, ma per quel che attiene alla questione che stiamo trattando va rilevato che l’immagine dell’uomo con la falce e la rosa presente negli Oracula Leonis, come raffi-gurazione del cattivo sovrano, viene riproposta nell’ambito delle illustrazio-ni delle profezie latine Genus nequam e poi in quelle successive, a livello te-stuale e poi figurativo, con significato positivo in riferimento ai pontefici e non più agli imperatori.94

Il pontefice ritratto con falce e rosa assume però un’identità ben precisa, quella di celestino V in alcuni esemplari come nel codice 1222B (firenze, Biblio-teca riccardiana) del primo decennio del trecento.95 Il disegno piuttosto rozzo a f. 3r (fig. 19) mostra una figura scalza, con capelli e barba canuti, abbigliata con una veste bianca lunga fino al polpaccio, al di sotto della quale se ne vede un’al-tra di colore scuro. È priva di aureola e degli attributi papali, si mostra a braccia aperte, reca con la sinistra un ramo con cinque rose e con la destra la falce; un an-gelo tunicato plana sulla sua spalla sinistra. Il testo che precede il disegno recita

Vide iterum alienum modum existentis falcem magnam et rosam manu quod est manna96 vel hoc interpretatur; idest: quid est hec? erit miraculum magnum quam fert. [...]. tres tres annos in mundo vives. senes valde in infernum duabus tribolatio-nibus in medio. Papa celestinus.

la profezia raffigurerebbe celestino come papa ‘unto’ 97 colmando un’aspet-tativa, quella di un pontefice virtuoso, fortemente sostenuta anche dalle cor-renti del francescanesimo estremista che volevano identificarlo proprio con celestino. aspettativa in parte dipendente dalle riletture tardo duecentesche dei testi gioachimiti secondo le quali l’avvento della ‘età terza’, quella dello spi-rito santo, coincide con la salita sul soglio pontificio dell’eremita molisano.98

93 cfr. rehberg 1991; PoteStà 2010, in part. pp. 131-138 (con bibliografia precedente).94 cfr. PoteStà 2010, p. 143 sgg. e figg. 33-35; amsterdam, university library, cod. amstelo-

damensis graecus VI e 8, oracula leonis; f. 4v; cambridge, corpus christi college, ms 404, ge-nus nequam, f. 89v e oxford, Bodleian library, ms. douce 88, f. 141v.

95 cfr. PoteStà 2010, p. 143 sgg.96 PoteStà 2010, pp. 145-148. si tratta di una modifica testuale importante rispetto al testo

greco che in parte viene riproposto: la rosa che negli Oracula Leonis è falciata dal cattivo impera-tore diviene ‘manna’, ‘sta dunque per avvenire un grande miracolo’.

97 PoteStà 2010, p. 150. l’autore cita anche il disegno a f. 6r che mostra una figura barbuta e nuda che esce da una specie di grotta interpretata come la grotta del pio eremita Pietro del mor-rone futuro celestino.

98 cfr. ManSelli 1988, pp. 9-16; ParaVicini bagliani 1996, pp. 35-40, 47-48.

iconografie MUtanti 25

negli esemplari successivi del genere Genus nequam i vaticini si stabiliz-zano come gallerie di pontefici e il quinto, contando dal primo che è papa niccolo III, è perciò identificabile con celestino V. nelle miniature di al-cuni codici (lunel, Bibliothèque municipale, fonds louis médard, ms. 7, f. 8; Yale, university library, t.e. marston 225, f. 17r; monreale, Bibliote-ca comunale, ms XXXV. f.17) 99 l’iscrizione con il nome o altri dati testua-li confermano il riconoscimento di celestino V, mancano però più specifici dettagli iconografici sul personaggio: egli appare semplicemente tonsurato e barbato, ma non è caratterizzato da un abito ben preciso.

ciò accade verosimilmente perché, come si è detto, l’iconografia deri-va dalla serie imperiale e subisce degli adattamenti, perdendo alcuni ele-menti dell’originale bizantino, come le teste mozzate, mantenendone altri come la falce e la rosa, nonché l’angelo, caricati necessariamente di altri significati.

la miniatura del ms. 1222B (fig. 19) in particolare mostra ben in eviden-za cinque rose di colore rosso 100 che potrebbero contenere un’allusione alla Passione di cristo confermata anche dalla posizione delle braccia della figu-ra ritratta che ricordano cristo sulla croce; anche il numero cinque caratte-rizza l’immagine in senso cristologico con possibili accostamenti all’albero di Jesse.101 se l’angelicità del papa è simboleggiata dall’angelo, quest’ultimo insieme all’attributo della falce potrebbe altresì visualizzare più esplicitamen-te, come notato da ungarelli, un passo dell’apocalisse (14, 14-20) nel quale si descrive un angelo seduto su una nube il quale

[...] aveva sul capo una corona d’oro e in mano una falce affilata. un altro ange-lo uscì dal tempio, gridando a gran voce [...] ‘getta la tua falce e mieti; è giunta l’ora di mietere, perché la messe della terra è matura’. allora colui che era seduto sulla nuvola gettò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta. [...]

99 su questi mss. si veda PoteStà 2010, passim (con bibliografia precedente).100 se la rosa bianca è simbolo di purezza, spesso associata alla Vergine, quella rossa è sim-

bolo del martirio dei santi e della Passione di cristo. essa potrebbe contenere un riferimen-to indiretto alla rosa d’oro che i pontefici donavano durante la IV domenica di Quaresima. In quell’occasione il papa cavalcava dal laterano alla basilica di santa croce tenendo con la sini-stra la rosa. l’attributo deriva dall’albero di Jesse e simboleggia cristo e la gerusalemme cele-ste. cfr. hall 1974, p. 354; la scheda Rosa d’oro di a.m. ferrari in caSSanelli – gUerrieri 2004, pp. 1230-1232.

101 Il cinque nel testo biblico è il numero delle tavole che mosè riceve sul monte sinai e quel-lo delle pietre raccolte da david per sconfiggere golia. esso è anche un numero esoterico, riassu-me l’uomo e l’uomo per eccellenza è cristo, crocifisso e segnato da cinque piaghe. cfr. beigbeder 1988, pp. 221-224.

26 Stefania Paone

come si diceva non stupisce trovare immagini di celestino a l’aquila, nella città della sua in-coronazione, in particolare dalla seconda metà del trecento in poi quando si intensifica l’interesse per la storia dell’ordine da parte di alcuni esponenti di spicco della congregazione.102

un’inedita scultura in pietra 103 (fig. 14), collocabile tra fine del tre- cento e primi decenni del secolo successivo, si trova nella chiesa di san Pietro di coppito a l’aquila.104 la figura barbata e benedicente, as-sisa su un trono corredato di pro-tomi leonine, sembra identificabile con san Pietro apostolo per le chia-vi che stringe con la sinistra. la tia-ra munita di una sola corona è posta sul capo della figura da un piccolo angelo in volo che spunta dal coro-namento gattonato dell’edicola, un inserimento che appare sui gene-ris mai presente nelle raffigurazio-ni dell’apostolo e che invece sem-bra più plausibilmente alludere a

celestino V. l’identificazione con san Pietro celestino appare la più proba-bile anche per la titolazione della chiesa nella quale è pure presente un affre-sco votivo che lo raffigura privo di barba e benedicente, con tiara sul capo e piviale rosso al di sotto del quale si intravede il saio.105 alcuni dettagli sono degni di nota, in particolare la presenza dell’angelo che potrebbe contene-re un rimando al tema del ‘papa angelico’ o dell’‘ultimo papa’ e alla sua raf-

102 soprattutto con Jean Bassand cfr. bartoli 1993, pp. 117-131.103 cfr. Paone c.d.s.104 cfr. la scheda di V. fraticelli e m. d’attanasio, in d’alberto 2011, pp. 79-84 (con biblio-

grafia precedente).105 l’affresco ripropone lo stesso soggetto di quello sottostante e si trova nei pressi dell’absi-

diola sinistra.

fig. 14. - Celestino V, l’aquila, san Pietro di coppito (s. Paone).

iconografie MUtanti 27

figurazione così com’è atte-stata in numerosi manoscritti di epoche diverse, come le già menzionate serie profeti-che con le gallerie dei papi, nelle quali uno o due angeli sono ritratti nell’atto di porre la tiara sulla testa del papa in trono o in piedi.106 a sottoli-neare l’auctoritas concorrono l’impostazione della figura e le protomi leonine della se-duta del trono e soprattutto le chiavi che la figura stringe con la destra impugnandole a mo’ di scettro, una soluzione che ha importanti precedenti di epoca bonifaciana come il san Pietro vatica-no (città del Vaticano, san Pietro), il busto di Bonifacio VIII (città del Va-ticano, appartamenti papali) entrambi di arnolfo di cambio e gli affreschi della tour ferrand a Pernes-les-fontaines.107

ad un ambito strettamente celestiniano dev’essere ricondotta anche la Bibbia in tre volumi (città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Bib-bia, ms. vat. lat. 3550) il cui colophon riporta l’anno 1362 e il nome del com-mittente Matteo de Planisio.108 In questo codice, o meglio nel I volume, l’uni-co che contiene una decorazione di pennello, compaiono alcune immagini di san Pietro celestino.

a f. 1v (fig. 16), contenente l’epistola di san girolamo a Paolino, s. gi-rolamo (Iniziale f) e un altro santo sono posti all’interno dei rispettivi stu-dioli, presso di loro un chierico nell’atto di prendere da girolamo il volume che dona all’altro santo. dal centro della scena spunta un angelo che sroto-la un cartiglio vergato e lungo il bordo inferiore compare una figura di dor-miente con libri aperti sparsi accanto. negli altri tre riquadri sono raffigu-rati gli altri dottori della chiesa,109 all’interno dei rispettivi studioli: in alto a

106 si veda in particolare Millet 2002, p. 197 sgg., fig. 3 a p. 28; fig. 45 a p. 233. 107 sulle sculture arnolfiane cfr. toMei 2006 (con bibliografia precedente); sugli affreschi di

Pernes cfr. cUrzi 2007.108 sulla decorazione miniata del manoscritto cfr. la scheda n. 134 redatta da g. corso, in to-

Mei 2009, pp. 300-302 (con bibliografia precedente).109 cfr. Morganti 1994.

fig. 15. - San Pietro martire dà la regola ai confratelli, sulmona, badia morronese (s. Paone).

28 Stefania Paone

destra sant’agostino e nel bas de page san gregorio papa e sant’ambrogio, riconoscibile dal flagello che reca in mano, ciascuno accompagnato da un santo tonsurato intento a scrivere presso uno scrittoio, da un angelo e da un dormiente con libro. ad arricchire inusualmente la carta al centro del bordo destro si trova l’immagine di un pontefice in trono, circondato dal collegio

fig. 16. - Epistola di San Girolamo, Bibbia, città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vati-cana, ms. vat. lat. 3550, f. 1r (da bräM 2007).

iconografie MUtanti 29

cardinalizio, identificato con Bonifacio VIII dal nome «bo ni fa // ci PP» che compare vergato sul codice aperto che reca in grembo.110

al centro del bas de page la trinità, figura dalla testa bifronte con volto di anzia-no e di giovane e la colomba dello spirito santo, è accom-pagnata dalla Vergine e da un riconoscibilissimo san Pietro celestino con il saio e la tia-ra sospesa sulla testa. un fra-te in ginocchio, verosimilmen-te il committente-donatore matteo de Planisio, è ritratto due volte, presso san Pietro celestino con il volume chiuso della Bibbia e ai piedi della Vergine nell’atto di porgere il volume aperto alla trinità.

ancora a f. 5v, con l’incipit del genesi (fig. 17), dieci riquadri con scene della creazione si dispongono ai lati dell’unica colonna di scrittura mentre altre due scene occupano i margini superiore e inferiore. esse mostrano raf-figurazioni di non facile interpretazione: in alto la trinità consegna due volu-mi aperti a due santi, quello di sinistra con barba canuta e abbigliato con un mantello rosa, quello di destra, glabro, tonsurato e con il saio, posto all’inter-no di una struttura con delle grate è verosimilmente san Pietro del morro-ne; ancora lungo il bordo ricompaiono cinque figure di dormienti con volu-mi. Il riquadro simmetrico al centro del bas de page raffigura la trinità, nella mandorla sorretta da angeli, fiancheggiata da un monaco in ginocchio, più che probabilmente il committente matteo e dai progenitori, in basso un fiu-miciattolo con i pesci e gli animali del creato.

ed è sicuramente san Pietro celestino la figura che compare nel bas de page della f. 111r (fig. 18) tra due scene con Storie di Giosuè (Gli abitanti di Gabaon si prostrano ai piedi di Giosuè; Giosuè fa degli abitanti di Gabaon ta-gliatori di legna). l’iconografia è ormai quella consueta: senza barba, in abi-to bianco con saio sottostante, piviale rosso e tiara in mano.

110 Magrini 2005, p. 7.

fig. 17. - Storie della creazione, Bibbia, città del Va-ticano, Biblioteca apostolica Vaticana, ms. vat. lat.

3550, f. 5v, particolare (da bräM 2007).

30 Stefania Paone

l’effigie del santo morronese appare dunque ben riconoscibile ma non è altrettanto agevole individuare i soggetti delle altre miniature e capire il pro-gramma decorativo della Bibbia nel suo complesso individuandone significati e motivazioni. la presenza di Bonifacio VIII nella decorazione miniata di una Bibbia commissionata da un membro della comunità celestiniana è infatti al-quanto inusuale: la contrapposizione tra Bonifacio e celestino alla metà del trecento è cosa ormai acquisita da tempo, soprattutto per i celestini che vide-ro in papa caetani il persecutore, se non l’assassino, del loro padre fondatore. Vicende alle quali alluderebbe proprio l’immagine di san Pietro del morrone all’interno dell’edifico con le grate nella miniatura a f. 5v, all’incipit del gene-si (fig. 17), edificio riconosciuto come la ‘prigione’ nella quale fu rinchiuso ce-lestino per volere del successore Bonifacio VIII.111 Questa plausibile ipotesi di lettura, sicuramente la più immediata, non è la sola e forse altri dettagli della decorazione spingono a qualche nuova considerazione.

l’accostamento tra il riquadro con Bonifacio VIII in trono e le raffigu-razioni dei dottori della chiesa potrebbe rimandare, forse solo per associa-zione, alla bolla del 20 dicembre del 1295 con la quale papa caetani fissa a quattro il numero dei dottori della chiesa latina e porta le feste degli apo-stoli, degli evangelisti e dei dottori al rango di feste doppie.112 seguendo la suggestione dei passi della bolla è forse possibile interpretare la decorazione del f. 1v come una sorta di elogio del sapere, in tal caso le figure dei dormien-ti con i libri potrebbero simboleggiare le sacre scritture, i cui enigmi sono stati chiariti dalla sapienza dei dottori della chiesa. a riguardo già girola-mo parla della sapienza di dio come nascosta e avvolta nel mistero. «I pro-

111 Magrini 2005, p. 8.112 cfr. ParaVicini bagliani 2006, pp. 109-110, nota 43; cfr. delorMe 1925; boaSe 1933,

pp. 231-232.

fig. 18. - San Pietro Celestino, Bibbia, città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, ms. vat. lat. 3550, f. 111r, particolare (da bräM 2007).

iconografie MUtanti 31

feti – così recita la lettera cinquan-tatre indirizzata a Paolino – erano chiamati veggenti perché a loro era dato di vederlo, mentre gli altri non lo vedevano [...]. toglimi il velo da-gli occhi dice davide e contemple-rò le meraviglie della tua legge. la legge è infatti spirituale ed è neces-sario che venga tolto il velo che la nasconde per poterla capire e per contemplare la gloria di dio a viso scoperto».113

libri aperti e dormienti che pure ritornano nell’incipit del gene-si, nella miniatura a f. 5v, che vede la trinità consegnare libri aperti a un santo con il mantello rosa, forse san matteo 114 e a san Pietro cele-stino (fig. 17). la presenza dell’apo-stolo matteo, per ragioni onomasti-che, conduce fino al committente matteo de Planisio, il quale signi-ficativamente è ritratto esattamente al di sotto dell’apostolo nel riquadr-do al centro del bas-en-page. l’edifi-cio in cui si trova san Pietro celestino invece più che la prigione in cui forse finì i suoi giorni il papa abdicante potrebbe alludere alla stretta cella eremi-tica, luogo reale e ideale del santo-eremita, pure raffigurata nell’Opus metri-cum (fig. 2).

altri significati saranno sicuramente meglio spiegabili indagando la fi-gura di matteo de Planisio, abate generale dell’ordine celestino nei trien-ni 1351-1354, 1360-1363, 1369-1372, figura controversa contro la quale vie-ne pure scagliata la scomunica nel 1367.115 Interessante sarebbe identificare matteo anche nella figura di monaco che reca in mano la lettera m e che

113 Per il testo integrale della lettera a Paolino cfr. San girolaMo 1989, pp. 336-375; sulla vita di girolamo nelle fonti medievali cfr. claUSi 2000.

114 cfr. bräM 2007, i, tav. III. Il santo potrebbe essere l’evangelista, evocato nel colophon cfr. la scheda n. 134 di g. corso in toMei 2009, p. 302.

115 cfr. Magrini 2005, passim.

fig. 19. - Celestino ‘papa angelico’, firenze, Biblioteca riccardiana, cod. 1222B, f. 3r

(da PoteStà 2010).

32 Stefania Paone

appare munita di cappello cardinalizio sospeso sulla testa o posto accanto (ff. 58r, 67v). desiderio o aspettativa del cardinalato da parte di un ambi-zioso e potente abate quale era il committente dell’opera oppure, più proba-bilmente, com’è stato già proposto, rimando alla rinuncia del cardinalato da parte del beato roberto di salle? 116 In questo caso un altro cappello sospe-so, ancora una volta simbolo di umiltà e rinuncia, che non può non ricorda-re la tiara sospesa del più famoso celestino V.

Il repertorio iconografico sin qui proposto si delinea fortemente frammen-tario. le immagini relative all’eremita-papa si spiegano ad evidenza solo fa-cendo riferimento ad una committenza quasi esclusivamente celestiniana, se si eccettua il trittico stefaneschi. esse hanno generalmente carattere isolato e ico-nico, la loro diffusione sembra piuttosto limitata e destinata a una ristretta cer-chia di fruitori come confermano anche le miniature e i disegni nei manoscrit-ti. risultano invece totalmente mancanti cicli relativi al personaggio storico e raffigurazioni degli eventi di cui fu protagonista e mancano sorprendentemente anche descrizioni o testimonianze scritte relative a pitture o opere devozionali a lui dedicate, nonostante la proliferazione di testi agiografici, laudi e l’intensa devozione di cui fu oggetto il santo, almeno nei territori in cui visse.

l’eccezionalità dell’elezione pontificia di un esponente del mondo eremi-tico, l’unicum della sua abdicazione e la brevitas del pontificato hanno evi-dentemente contribuito a rendere sfuggente l’immagine del personaggio for-se non solo agli occhi di noi moderni.

bibliografia

andaloro 2006 = M. andaloro, La pittura medievale a Roma 312-1431. Atlante, I, milano, Jaca Book, 2006.

antonini 1988-1993 = o. antonini, Architettura religiosa aquilana, l’aquila, edizioni del gallo cedrone, 1988-1993, 2 voll.

aVagliano – caPezzali 1994-1996 = Regesti Celestini di Ludovico Zanotti, a cura di f. avaglia-no e W. capezzali, l’aquila, deputazione di storia Patria negli abruzzi, 1994-1996.

bartoli 1993 = M. bartoli, È mai esistita un’osservanza celestina?, in Celestino V e le sue im-magini del Medioevo, atti del VI convegno storico internazionale (l’aquila, 1991), a cura di W. capezzali, l’aquila, centro celestiniano, 1993, pp. 117-131.

beigbeder 1988 = o. beigbeder, Lessico dei simboli medievali, milano, Jaca Book, 1988.

116 Ivi, p. 8. roberto da salle seguace di Pietro del morrone, nel 1294 rinuncia al cardinalato, muore nel 1341 e le spoglie, oggetto di grande devozione, vengono traslate nel monastero di san-to spirito di sulmona. È stato proclamato beato e gli si attribuiscono numerosi miracoli post mor-tem, cfr. Meaolo 1973.

iconografie MUtanti 33

belloSi 1980 = l. belloSi, La barba di San Francesco: (nuove proposte per il “problema di As-sisi”), «Prospettiva», 22, 1980, pp. 11-34.

boaSe 1933 = t. boaSe, Boniface VIII, london, constable, 1933.bologna 1969 = f. bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli 1266-1414 e un riesame dell’arte nell’età fridericiana, roma, ugo Bozzi editore, 1969. bologna 1983 = f. bologna, La perdonanza di Celestino V nelle art figurative e la porta santa del 1397 a Collemaggio, in f. bologna – a. cleMenti – g. Marinangeli, La Perdonanza Ce-lestiniana a L’Aquila, atti della giornata di studio (l’aquila, 1983), l’aquila, ente Provincia-le per il turismo, 1983, pp. 43-63.bräM 2007 = a. bräM, Neapolitanische Bilderbibeln des Trecento: Anjou-Buchmalerei von Ro-bert dem Weisen bis zu Johanna I, Wiesbaden, reichert, 2007, 2 voll.caSSanelli – gUerrieri 2004 = Iconografia e arte Cristiana, a cura di r. cassanelli e e. guer-rieri, cinisello Balsamo, edizioni san Paolo, 2004.Celebrazioni Celestiniane 1954 = Celebrazioni celestiniane. Mostra di cimeli e documenti, ca-talogo della mostra (l’aquila 1954), roma, tip. del senato del dott. giovanni Bardi, 1954. celidonio 1896 = g. celidonio, Vita di S. Pietro del Morrone Celestino papa V, sulmona, ti-pografia angeletti, 1896. ciardi dUPrè del Poggetto 1981 = M.g. ciardi dUPrè del Poggetto, Il maestro del Codice di San Giorgio e il cardinal Jacopo Stefaneschi, firenze, editrice edam, 1981. claUSi 2000 = b. claUSi, ridar voce all’antico padre: l’edizione erasmiana delle lettere di Ge-rolamo, soveria mannelli, rubbettino, 2000.cleMenti 1988 = a. cleMenti, Tra monasteri cistercensi e celestini, la transumanza, in Celesti-no V papa angelico, atti del II convegno celestiniano (l’aquila, 1987), a cura di W. capezza-li, l’aquila, centro celestiniano, 1988, pp. 233-256.cleMenti 1999 = a. cleMenti, Il contributo dei monasteri alla ripresa della transumanza, in La civiltà della transumanza. Storia, cultura e valorizzazione dei tratturi e del mondo pastorale in Abruzzo, Molise, Puglia, Campania e Basilicata, a cura di e. Petrocelli, Isernia, cosmo Ian-none, 1999, pp. 430-440. colangelo – Mattiocco – tUteri 2000 = Museo Civico di Sulmona, a cura di a. colangelo, e. mattiocco, r. tuteri, Viterbo, Betagamma, 2000.colaPietra 1984 = r. colaPietra, Spiritualità, coscienza civile e mentalità collettiva nella Sto-ria dell’Aquila, l’aquila, deputazione abruzzese di storia patria, 1984 (rist. anast., lancia-no, rivista abruzzese, 2009).condello 1989 = e. condello, I codici stefaneschi: libri e committenza di un cardinale avigno-nese, «archivio della società romana di storia Patria», 112, 1989, pp. 195-218.cUrzi 2007 = g. cUrzi, Le pitture della Tour Ferrande a Pernes-les-Fontaines: la legittimazio-ne del potere, in Medioevo: la Chiesa e il Palazzo, atti del convegno (Parma, 2005), a cura di a.c. Quintavalle, milano, electa, 2007, pp. 432-447.d’alberto 2011 = Prima e dopo il sisma. Vicende conservative dell’arte medievale in Abruzzo, catalogo della mostra (chieti, 2011) a cura di c. d’alberto, teramo, edizioni d’errico, 2011.de VincentiiS 2009 = a. de VincentiiS, Scrivere contro la storia: il cardinale Iacopo Stefane-schi (1260 ca. - 1341) e i suoi opuscoli metrici, in Frammenti di memoria: Giotto, Roma e Boni-facio VIII, a cura di m. andaloro, s. maddalo, m. miglio, roma, Istituto storico Italiano per il medio evo, 2009, pp. 7-15.

34 Stefania Paone

dell’oMo 2010 = M. dell’oMo, Montecassino e Celestino V. L’unico carisma, le diverse prospet-tive monastiche e il colophon del manoscritto Casin. 68, «Benedictina», lVII, 2010, pp. 263-284.

delorMe 1925 = f.-M. delorMe, Bulle de Boniface VIII élevant au rite double les Apôtre, des Evangéliste et des quatre docteurs de l’Église latine (20 septembre 1295), «la france franciscai-ne», VIII, 1925, pp. 451-454.

di carPegna falconieri 2002 = t. di carPegna falconieri, Il clero di Roma nel Medioevo: istituzioni e politica cittadina: secoli 8-13, roma, Viella, 2002.

dyKManS 1981 = M. dyKManS, Le cérémonial papal. De Rome en Avignon ou Cérémonial de Jacques Stefaneschi, II, Bruxelles-rome, Institut Historique Belge de rome, 1981.

fagiolo – Madonna 1984 = Roma, 1300-1875. L’arte degli anni santi, a cura di m. fagiolo e m. l. madonna, milano, mondadori, 1984.

frUgoni 1950 = a. frUgoni, La figura e l’opera del cardinale Jacopo Stefaneschi (1270c-1343), «rendiconti dell’accademia nazionale dei lincei», s. VIII, V, fascc. 7-10, 1950, pp. 397-424.

frUgoni 1950 (1979) = a. frUgoni, Il Giubileo di Bonifacio VIII, «Bullettino dell’Istituto sto-rico Italiano per il medio evo e archivio muratoriano», 62, 1950, pp. 1-125 (riedito in a. frU-goni, Incontri nel Medio Evo, Bologna, Il mulino, 1979, pp. 73-177).

frUgoni 1954 = a. frUgoni, Celestiniana, Istituto storico Italiano per il medio evo, roma, 1954 (ed. roma, 1991, a cura di c. gennaro).

frUgoni 2000 = c. frUgoni, Due papi per un giubileo: Celestino V, Bonifacio VIII e il primo Anno santo, milano, rizzoli, 2000.

gandolfo 1999 = f. gandolfo, Bonifacio VIII, il Giubileo del 1300 e la Loggia delle Benedizio-ni al Laterano, in Romei e Giubilei. Il Pellegrinaggio medievale a San Pietro (350-1350), catalo-go della mostra (roma, 1999-2000), a cura di m. d’onofrio, milano, electa, 1999, pp. 219-228.

gardner 1974 = J. gardner, The Stefaneschi Alterpiece. A reconsideration, «Journal of the Warburg and courtauld Institute», 37, 1974, pp. 57-103.

gattola 1733 = e. gattola, Historia abbatiae Cassinensis per saeculorum seriem distributa, II, Venetiis, I coleti, 1733.

golinelli 1989 = P. golinelli, Monachesimo e santità, in San Pietro del Morrone Celestino V nel Medioevo monastico, atti del III convegno storico internazionale (l’aquila, 1988), a cura di W. capezzali, l’aquila, centro celestiniano, 1989, pp. 45-66.

golinelli 2007 = P. golinelli, Celestino V: il papa contadino, milano, mursia, 2007.

goSebrUch 1958 = M. goSebrUch, Giotto’s römischer Stefaneschi Altar und die Fresken des sogennanten ‘Maestro delle Vele’ in der Unterkirche S. Francesco zu Assisi, «Kunstchronik», 11, 1958, pp. 288-291.

goSebrUch 1961 = M. goSebrUch, Giottos Stefaneschi-Altarwerk aus Alt-St. Peter in Rom, in Miscellanea Bibliothecae Hertzianae, zu ehren von l. Bruhns, f. graf Wolff metternich, l. schudt, münchen, schroll, 1961, pp. 104-130.

grUndMann 1977 = h. grUndMann, Ausegewählte Ausfsäize, in Monumenta Germaniae Hi-storica Scriften, 25, II, Joachim von Fiore, stuttgart, 1977.

hall 1974 = J. hall, Dizionario dei soggetti e dei simboli dell’arte, milano, longanesi, 1974.

Kaftal 1965 = g. Kaftal, Iconography of the Saints in Central and South Italian Schools of Painting, firenze, sansoni, 1965.

iconografie MUtanti 35

Kaftal 1985 = g. Kaftal, Iconography of the Saints in the Painting of North West Italy, fi-renze, le lettere, 1985. KeMPerS 1987 = b. KeMPerS, Jacopo Stefaneschi, patron and liturgist: a new hypothesis regar-ding the date, iconography, autorship and function of his altarpiece for old Saint Peter’s, «mede-delingen van het nederlands Instituut te rome», n.s. 12, 47, 1987, pp. 3-113.KeSSler 2009 = h. KeSSler, Giotto e Roma, in Giotto e il Trecento. “Il più sovrano maestro stato in dipintura”, catalogo della mostra (roma, 2009), a cura di a. tomei, I saggi, milano, skira, 2009, pp. 85-99.ladner 1970 = g. ladner, Die Papstbildnisse des Altertums und Mittelalters, II, città del Va-ticano, Pontificio Istituto di archeologia cristiana, 1970.licitra 1989 = V. licitra, Considerazioni sull’Opus metricum del card. Jacopo Caetani Stefa-neschi, in S. Pietro del Morrone Celestino V nel medioevo monastico, atti del III convegno sto-rico internazionale (l’aquila, 1988), a cura di W. capezzali, l’aquila, centro celestiniano, 1989, pp. 185-201.licitra 1990 = V. licitra, Jacopo Stefaneschi e la cosiddetta ‘autobiografia’ di Pietro Celestino, in Celestino V e i suoi tempi, atti del IV convegno storico internazionale (l’aquila, 1989), a cura di W. capezzali, l’aquila, centro celestiniano, 1990, pp. 147-168.licitra 1992 = V. licitra, L’ “Autobiografia” di Celestino V. Edizione critica e traduzione, Iser-nia, Istituto molisano di studi e ricerche, 1992.lUcherini 2007 = V. lUcherini, Le due corone, in La Croce. Iconografia e interpretazione (seco-li I-inizio XVI), atti del convegno internazionale (napoli, 1999) a cura di B. ulianich, II, na-poli, elio de rosa editore, pp. 149-159.Maddalo 1983 (1) = S. Maddalo, Alcune considerazioni sulla topografia del complesso late-ranense allo scadere del secolo XII: il Patriarchio nell’anno del giubileo, in Roma Anno 1300, atti del convegno (roma, 1980), a cura di a.m. romanini, roma, l’erma di Bretschneider, 1983, pp. 621-632. Maddalo 1983 (2) = S. Maddalo, Bonifacio VIII e Jacopo Stefaneschi: ipotesi di lettura dell’af-fresco della loggia lateranense, «studi romani», 31, 1983, 2, pp. 129-150.Maddalo 1997 = S. Maddalo, Tracce di un mito tra Trecento e Quattrocento. Roma miniata, Roma affrescata, in La Storia dei Giubilei, I 1300-1423, firenze, giunti, 1997, pp. 118-133. Maddalo 2009 = S. Maddalo, Alla luce dell’indagine diagnostica: qualche riflessione sul fram-mento della Loggia lateranense, in Frammenti di memoria: Giotto, Roma e Bonifacio VIII, a cura di m. andaloro, s. maddalo, m. miglio, roma, Istituto storico Italiano per il medio evo, 2009, pp. 97-107. Magrini 2005 = S. Magrini, La Bibbia di Matheus de Planisio (Vat. Lat. 3550, I-III): documen-ti e modelli per lo studio della produzione scritturale in età angioina, «codices manuscripti», 50-51, 2005, pp. 1-16.ManSelli 1988 = r. ManSelli, Il “Pastor Angelicus”: una speranza una delusione ed il loro signi-ficato, in Indulgenza nel medioevo e perdonanza di papa Celestino, atti del convegno storico inter-nazionale (l’aquila, 1984), a cura di a. clementi, l’aquila, centro celestiniano, 1988, pp. 9-16.Manzari 2006 = f. Manzari, La miniatura ad Avignone al tempo dei Papi (1309-1409), mo-dena, Panini, 2006. Marchetti et alii 1963 = g. Marchetti longhi – m.c. celletti – m.l. caSanoVa, Cele-stino V, in Bibliotheca Sanctorum, III, roma, società grafica romana, 1963, coll. 1100-1109.

36 Stefania Paone

Marinangeli 1983 = g. Marinangeli, La Perdonanza, in f. bologna – a. cleMenti – g. Marinangeli, La Perdonanza Celestiniana a L’Aquila, atti della giornata di studio (l’aqui-la, 1983), l’aquila, ente Provinciale per il turismo, 1983, pp. 27-41.

Marinangeli 2000 = g. Marinangeli, n. 31. Celestini, in La sostanza dell’effimero. Gli abi-ti degli ordini religiosi in Occidente, catalogo della mostra (roma, 2000), a cura di g. rocca, roma, edizioni Paoline, 2000, pp. 202-204. Marini 1993 = M. Marini, Celestino V visto da Pierre d’Ailly, in Celestino e le sue immagi-ni nel Medioevo, atti del convegno (l’aquila, 1991), a cura di W. capezzali, l’aquila, centro celestiniano, 1993, pp. 83-116.Marini 1994 = a. Marini, Gli atti del processo di canonizzazione. Fonti parallele, in Celestino tra Storia e mito, atti del VII convegno celestiniano (l’aquila, 1992) e Celestino V tra mona-chesimo e santita: le fonti (l’aquila, 1993), a cura di W. capezzali, l’aquila, amministrazio-ne provinciale, 1994 (convegni celestiniani, 7-8), pp. 121-137.Marino 1630 = l. Marino, Vita et miracoli di san Pietro Celestino Papa V, milano, per gio. Battista malatesta stampator regio camerale, 1630.Matthiae – gandolfo 1988 = g. Matthiae, Pittura romana del Medioevo (secc. XI-XIV). Ag-giornamento scientifico, a cura di f. gandolfo, roma, fratelli Palombi editori, 1988, 2 voll.Meaolo 1973 = g. Meaolo, Arpa di cielo. Il beato Roberto da Salle, monaco celestino, salle, comitato pro santificazione b. roberto da salle, 1973.Millet 2002 = h. Millet, “Il libro delle immagini dei papi”. Storia di un testo profetico me-dievale, roma, Viella, 2002.Morganti 1994 = l. Morganti, Dottori della chiesa, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, IV, roma, Istituto della enciclopedia Italiana, 1994, pp. 716-719. Moretti 1968 = M. Moretti, Museo Nazionale d’Abruzzo in L’Aquila, l’aquila, l.u. Japa-dre, 1968.Morizio 2008 = a. Morizio, Eremitismo e monachesimo in Italia tra XIII e XIV secolo: i ‘Ce-lestini’ di fra Pietro del Morrone Storia e documenti (metà sec. XIII-1320), tesi di dottorato in storia del cristianesimo e delle chiese, università degli studi di Padova, ciclo XIX, 2008.orofino 2000 = Affreschi in Val Comino e nel Cassinate, a cura di g. orofino, cassino, ed. dell’università degli studi di cassino, 2000.PanSa 1899 = g. PanSa, Opere d’arte già esistenti in Aquila ed oggi distrutte, «rassegna abruz-zese di storia ed arte», III, 1899, 9, pp. 269-270.Paoli 2004 = U. Paoli, Fonti per la Storia della Congregazione Celestina nell’Archivio Segreto Vaticano, cesena, Pubblicazioni del centro storico benedettino italiano, 2004.Paone 2009 = S. Paone, L’Aquila magnifica citade. Pittura gotica e tardogotica a L’Aquila e nel suo territorio, roma, campisano editore, 2009.Paone 2010 (1) = S. Paone, Il Trecento angioino: la via degli Abruzzi e i rapporti con Napoli capitale, in S. Paone – a. toMei, La pittura medievale nell’Abruzzo aquilano, cinisello Balsa-mo, silvana editoriale, 2010, pp. 71-109.Paone 2010 (2) = S. Paone, Pittura e scultura lignea: dal trittico di Alba Fucens a Giovanni da Sulmona, in S. Paone – a. toMei, La pittura medievale nell’Abruzzo aquilano, cinisello Balsa-mo, silvana editoriale, 2010, pp. 153-165.Paone 2010 (3) = S. Paone, Un Volto Santo di Lucca a L’Aquila, «studi medievali e moder-ni», XIV, 2010, 2, pp. 233-245.

iconografie MUtanti 37

Paone c.d.s = S. Paone, Citazione e riuso nella scultura del Quattrocento a L’Aquila. La fonta-na della Rivera e la facciata di Collemaggio, c.d.s.

ParaVicini bagliani 1994 = a. ParaVicini bagliani, Il corpo del papa, torino, einaudi, 1994.

ParaVicini bagliani 1996 = a. ParaVicini bagliani, Il trono di Pietro. L’universalità del papa-to da Alessandro III a Bonifacio VIII, roma, la nuova Italia scientifica, 1996.

ParaVicini bagliani 2000 = a. ParaVicini bagliani, Bonifacio VIII, l’affresco di Giotto e i pro-cessi contro i nemici della Chiesa. Postilla al Giubileo del 1300, «mèlanges de l’École française de rome. moyen age», 112, 2000, pp. 459-483.

ParaVicini bagliani 2005 = a. ParaVicini bagliani, Bonifacio VIII, la loggia della giustizia al La-terano e i processi di scomunica, «rivista di storia della chiesa in Italia», lIX, 2005, pp. 377-428.

ParaVicini bagliani 2006 = a. ParaVicini bagliani, Bonifacio VIII, milano, rcs Quotidia-ni, 2006.

PaSztor 1987 = e. PaSztor, Celestino e Bonifacio VIII, in Indulgenza nel medioevo e perdo-nanza di papa Celestino, atti del convegno (l’aquila, 1984), a cura di a. clementi, l’aquila, centro celestiniano, 1987, pp. 61-78.

Piccirilli 1900 = P. Piccirilli, L’abbazia di S. Spirito di Sulmona e l’eremo di Pietro Celestino sul Monte Marrone, lanciano, r. carabba, 1900.

PoteStà 1990 = g.l. PoteStà, Angelo Clareno. Dai poveri eremiti ai fraticelli, roma, Istituto storico per il medio evo, 1990.

PoteStà 2010 = g.l. PoteStà, L’Uomo con la falce e la rosa. Dagli Oracula Leonis ai Vaticinia Pontificum della Biblioteca Estense, in Profezie illustrate gioachimite alla corte degli Estensi, a cura di g.l. Potestà, modena, franco cosimo Panini, 2010, pp. 131-179.

redig de caMPoS 1973 = d. redig de caMPoS, Il restauro del Polittico Stefaneschi, «mitteilun-gen des kunsthistorischen Institutes in florenz», XVII, 1973, nn. 3-4, pp. 153-174.

rehberg 1991 = a. rehberg, Ein Orakel-Kommentar vom Ende des 13. Jahrhunderts und die Entstehungsumstände der Papstvatizinien, «Quellen und forschungen aus italienischen archi-ven und Bibliotheken», 71, 1991, pp. 449-773.

rezza – Stocchi 2008 = d. rezza – M. Stocchi, Il Capitolo di San Pietro in Vaticano dal-le origini al 20. Secolo, I. La storia e le persone, città del Vaticano, edizioni capitolo Vatica-no, 2008.

righetti toSti-croce 2000 = Bonifacio VIII e il suo tempo. Anno 1300 il primo Giubileo, ca-talogo della mostra (roma, 2000), a cura di m. righetti tosti-croce, milano, electa, 2000.

roMano 1992 = S. roMano, Eclissi di Roma. Pittura murale a Roma e nel Lazio da Bonifacio VIII a Martino V (1295-1431), roma, argos, 1992.

San girolaMo 1989 = San girolaMo, Lettere, traduzione a cura di r. Palla, milano, rizzoli, 1989.

SePPelt 1921 = f.X. SePPelt, Monumenta Coelestiniana. Quellen zur Geschichte des Paptes Coelestin V, Paderbon, f. schöningh, 1921.

SPeciale 1997 = l. SPeciale, Montecassino. Il classicismo e l’arte della Riforma, in Desiderio di Montecassino e la Riforma Gregoriana, a cura di f. avagliano, montecassino, Pubblicazio-ni cassinesi, 1997, pp. 107-146.

SPeciale – torriero nardone 1997 = l. SPeciale, g. torriero nardone, Sicut nunc cerni-tur satis pulcherrimam construxit: la basilica e gli affreschi desideri ani di S. Benedetto a Capua,

38 Stefania Paone

in Desiderio di Montecassino e la Riforma Gregoriana, a cura di f. avagliano, montecassino, Pubblicazioni cassinesi, 1997 pp. 147-188.

Strinati 2007 = t. Strinati, Casaluce. Un ciclo trecentesco in terra angioina, milano, skira, 2007.SUSi 1994 = f. SUSi, La Vita C: nuovi problemi, in Celestino tra Storia e mito, atti del VII con-vegno celestiniano (l’aquila, 1992) e Celestino V tra monachesimo e santita: le fonti, atti dell’VIII convegno celestiniano (l’aquila, 1993), a cura di W. capezzali, l’aquila, ammini-strazione provinciale, 1994 (convegni celestiniani, 7-8), pp. 139-163.telera 1689 = c. telera, Historie Sagre degli Huomini Illustri per Santità della Congregazione de Celestini dell’Ordine di San Benedetto, napoli, tip. gennaro fasulo, 1689. toMei 1996 = a. toMei, Roma, Napoli, Avignone. Arte di corte, arte di curia 1300-1377, a cura di a. tomei, torino, seat, 1996.toMei 1997 = a. toMei, Giotto a Roma intorno al primo Giubileo, in La storia dei giubilei, I. 1300-1423, firenze, giunti, 1997, pp. 238-255.toMei 2006 = a. toMei, Arnolfo di Cambio, firenze, giunti, 2006.toMei 2009 = Giotto e il Trecento. “Il più sovrano maestro stato in dipintura”, catalogo della mostra (roma, 2009), a cura di a. tomei, Le opere, milano, skira, 2009.toMei 2010 = a. toMei, Dagli Svevi agli Angioini: declinazioni locali tra modelli romani e arte d’Oltralpe, in S. Paone – a. toMei, La pittura medievale nell’Abruzzo aquilano, cinisello Bal-samo, silvana editoriale, 2010, pp. 35-69.Ungarelli 1991 = P. Ungarelli, L’eremitismo nell’iconografia del XIII secolo, in “Magisterium et Exemplum”: Celestino V e le sue fonti più antiche, atti del V convegno storico internazio-nale (l’aquila, 1990), a cura di W. capezzali, l’aquila, centro celestiniano, sezione storica, 1991 (convegni celestiniani, 5), pp. 77-118.Ungarelli 1988 = P. Ungarelli, Celestino V e il papa angelico nell’iconografia, in Celestino V papa angelico, atti del II convegno celestiniano (l’aquila, 1987), a cura di W. capezzali, l’aquila, centro celestiniano, 1988, pp. 121-154.Van ortroy 1897 = f. Van ortroy, S. Pierre Célestin et ses premiers biographes, «analecta Bollandiana», XVI, 1897, pp. 365-487. Vian 1988 = P. Vian, “Predicare populo in habitu heremitico”. Ascesi e contatto col mondo ne-gli Atti del processo di canonizzazione di Pietro del Morrone, in Celestino V papa evangelico, atti del convegno storico internazionale (l’aquila, 1987), a cura di W. capezzali, l’aquila, cen-tro celestiniano, 1988, pp. 165-202.

abStract

the images of Pietro del morrone, Pope celestine V for only four months in 1294 and S. Petrus confessor in 1313 were affected by the controversial events that saw him as a protagonist. the author, through the sources and the figurative texts, reconstructs the oldest iconographies of the pious hermit. from the Abruzzo aqui-lano to 13th century rome, the works of art reflect the different moments of his bi-ography: the Benedictine origins, the controversial relationships with his successor, Boniface VIII, the expectations of the ‘angelic pope’, the wish of the order of cele-stini to celebrate their founder.