I capitelli provenienti dallo scavo della chiesa abbaziale e qualche considerazione sull'uso dei...

26
1 I capitelli provenienti dallo scavo della chiesa abbaziale e qualche considerazione sull’uso dei marmi scolpiti a San Vincenzo al Volturno. Archidio Mariani 1 La produzione scultorea restituita dallo scavo di San Vincenzo Maggiore (fig. 1) rivela aspetti di notevole interesse e denota una notevole affinità di motivi con il repertorio decorativo proprio di altri manufatti artistici prodotti all’interno del monastero; un’affinità, questa, particolarmente evidente in rapporto alle testimonianze pittoriche e che rivela l’esistenza di una koiné nelle forme che caratterizzarono l’evoluzione architettonica e decorativa della cittadella monastica. Fig. 1 Gli elementi plastici altomedievali portati alla luce nell’ultima campagna di scavo non sono moltissimi. Ciò che stupisce è, in qualche misura, proprio la loro esiguità, sebbene sia assai probabile che molti pezzi scultorei abbiano trovato riutilizzo nella chiesa del XII secolo, costruita al di là del fiume Volturno, in posizione opposta e quasi parallela a quella della fabbrica altomedievale. Lo scarno corpus scultoreo altomedievale recuperato tra il 2000 e il 2002 è stato rapidamente presentato in un lavoro di Francesca Sogliani 2 . Lo studio affrontato in questa sede ha come oggetto un gruppo di quattro capitelli pertinenti a quest’insieme; si

Transcript of I capitelli provenienti dallo scavo della chiesa abbaziale e qualche considerazione sull'uso dei...

1

I capitelli provenienti dallo scavo della chiesa abbaziale ��� e qualche considerazione sull’uso dei marmi scolpiti a San Vincenzo al Volturno.

Archidio Mariani1

La produzione scultorea restituita dallo scavo di San Vincenzo Maggiore (fig. 1) rivela aspetti di notevole interesse e denota una notevole affinità di motivi con il repertorio decorativo proprio di altri manufatti artistici prodotti all’interno del monastero; un’affinità, questa, particolarmente evidente in rapporto alle testimonianze pittoriche e che rivela l’esistenza di una koiné nelle forme che caratterizzarono l’evoluzione architettonica e decorativa della cittadella monastica.

Fig. 1

Gli elementi plastici altomedievali portati alla luce nell’ultima campagna di scavo non sono moltissimi. Ciò che stupisce è, in qualche misura, proprio la loro esiguità, sebbene sia assai probabile che molti pezzi scultorei abbiano trovato riutilizzo nella chiesa del XII secolo, costruita al di là del fiume Volturno, in posizione opposta e quasi parallela a quella della fabbrica altomedievale.

Lo scarno corpus scultoreo altomedievale recuperato tra il 2000 e il 2002 è stato rapidamente presentato in un lavoro di Francesca Sogliani2. Lo studio affrontato in questa sede ha come oggetto un gruppo di quattro capitelli pertinenti a quest’insieme; si

2

tratta di una testimonianza quantitativamente modesta, dalla quale tuttavia si può desumere qualche elemento dell’arredo scultoreo che doveva caratterizzare la basilica altomedievale e formulare qualche considerazione circa le scelte formali che ne guidarono la realizzazione.

La basilica avviata per volontà dell’abate Giosuè negli ultimi decenni del IX secolo era un vasto edificio a tre navate, lungo circa 63,50 metri, largo quasi 29 metri, con un’altezza, presumibilmente, di oltre 20 metri e preceduto da un grande atrio con quadriportico. La fabbrica comprendeva una grande cripta semianulare che si sviluppava al di sotto dell’abside centrale, i pavimenti erano coperti di marmi policromi e le pareti abbellite con scenografici pannelli ad affresco che imitavano i rivestimenti a marmi simili a quelli delle residenze longobarde italomeridionali3.

Tra la fine del X e l’XI secolo, la chiesa conobbe diverse trasformazioni architettoniche delle quali è tuttora possibile riconoscere una traccia. È assai probabile che, nelle sue diverse fasi di vita, quest’imponente struttura fosse dotata di una decorazione plastica conforme alle sue caratteristiche architettoniche.

L’ultima grande campagna di scavo, condotta tra il 2000 e il 2002 dall’UNISOB di Napoli, ha considerevolmente esteso le nostre conoscenze sulla storia del complesso monastico e riportato alla luce una modesta quantità di elementi scultorei, alcuni dei quali provenienti dall’area del San Vincenzo Maggiore.

Questo gruppo di capitelli ha permesso di ipotizzare, per le loro affinità retoriche, l’esistenza di un’officina lapicida operante tra la metà dell’VIII secolo e la sua fine. In questo periodo vengono da un lato rafforzati le convincenti interdipendenze tra l’ambiente vulturnense e gli ambiti extraregionali, dall’altro si tratteggiano inequivocabili correlazioni, nei programmi e negli schemi stilistici, tra la realizzazione scultorea locale e quella conosciuta nell’ambito centro-meridionale dell’Italia. I modelli proposti, dal punto di stilistico, mostrano esplicite suggestioni che includono testimonianze di un repertorio classico con nuove suggestioni formali conosciute attraverso le relazioni commerciali e politiche e sia tramite la conoscenza diretta di prodotti artigianali in avorio, in vetro ed in metallo. L’evoluzione nel corso dell’VIII secolo rivela un progressivo avvicinamento delle plastiche dell’abbazia ai modi e ai modelli carolingi diffusi in tutto il territorio italiano; nella scultura ricorrono e prevalgono motivi decorativi copiosamente già utilizzati che esprimono il coinvolgimento del monastero in quel reciproco avvicendamento di conoscenze e di stimoli, conseguiti dalla contiguità con il mondo longobardo da un lato e da un’attecchita consuetudine di stampo classico dall’altro4.

Tra i reperti rinvenuti, per lo più in frammenti, spicca un gruppo di quattro capitelli: due del tipo detto “a stampella”, un esemplare di derivazione corinzia e un capitello cubico.

Il primo dei pezzi in esame (RP 4892, catalogo n. 1) è un capitello a stampella (fig. 2) in pietra calcarea che mostra sulla parte frontale un motivo composto da un fiore a sei petali lanceolati ricavato entro un esagono iscritto all’interno di un cerchio; gli spazi alle

3

due estremità sono occupati da due foglie ornate con gigli stilizzati; l’abaco è costituito da due listelli. Nella parte laterale del capitello si distingue una piccola croce greca inclusa in un cerchio dal quale si sprigiona una spirale, i margini superiori sono riempiti da foglie gigliate (fig. 3).

Fig. 2 Fig. 3

Un parallelo di particolare interesse per gli ornati di questo capitello è offerto dalla

decorazione a stucco con dischi in rilievo ornati da un motivo floreale presente in una delle cornici della basilica di S. Prassede di Roma, una delle quali presenta quasi in negativo lo schema decorativo utilizzato sul lato lungo del capitello vulturnense. Nello stucco romano emerge come un fiore a sei petali lanceolati intervallati da piccole foglie; i petali derivano dalla convergenza di due piani inclinati, le foglioline, invece, si stagliano sul fondo degli spazi triangolari di risulta; tale decorazione in stucco attribuita al papato di Pasquale I (817-824)5 (fig. 4).

Fig. 4

4

Il motivo decorativo del capitello a stampella ricompare in uno dei pannelli affrescati del corridoio semianulare della cripta della basilica maggiore6 (fig. 5), e ancora impresso a stampo su alcune tegole7 (fig. 6), come aveva già osservato la Sogliani8; il motivo del fiore ad otto petali è riproposto anche negli oggetti di oreficeria, come il pendente bronzeo rivestito in argento (fig. 7), ritrovato in una zona dello scavo del monastero, identificato come il loggiato9.

Fig. 5 Fig. 6

Fig. 7

Alla fabbrica altomedievale deve probabilmente essere riferito un altro capitello a

stampella (fig. 8), ritrovato da Pantoni e attualmente conservato nel lapidario dell’abbazia di Montecassino; il pezzo è realizzato in calcare tenero bianco appenninico; su uno dei due lati lunghi presenta un reticolato regolare che crea delle cavità triangolari

5

sghembe, ordinate su sei filari, mentre sull’altra faccia frontale il reticolo è romboidale, interrotto, nella sua parte centrale da sei piccoli spazi che ne alterano l’uniformità. Le due facce laterale presentano delle scanalature continue e allungate che si allargano verso l’abaco con terminazioni convesse, ciascuna guarnita da un anello con al centro un puntino, questo stesso motivo orna anche gli angoli delle scanalature arrotondate; l’abaco è sagomato con una triplice modanatura concava10.

La datazione proposta è dell’inizio o prima metà del IX secolo11, Pantoni preferisce una data non successiva alla seconda metà del IX secolo12, anche se poi associa questo capitello ad una serie di manufatti somiglianti analogamente decorati di produzione campana, Capua, Benevento, Sant’Agata dei Goti e Sant’Angelo in Formis, tutti datati all’XI e XII secolo13. È, in effetti, possibile che questi capitelli siano stati riutilizzati; in ogni caso, è opinione comune che nessuno di questi sia stato scolpito prima della metà del XI secolo14.

Fig. 8

Per l’esemplare vulturnense la data al IX secolo, suggerita da Mitchell, è confortata

dal luogo del ritrovamento, sul Colle della Torre. Lo studioso pensa che la realizzazione del manufatto possa riferirsi nel momento della costruzione della conduttura per l’acqua che doveva raggiungere la moderna abbazia, quindi, verosimilmente, in contesti che furono trascurati dopo il sacco saraceno dell’881. Al IX secolo rimanda anche la forma della modanatura dell’abaco, assai simile a quella che distingue i capitelli a stampella del palazzo reale ad Ingelheim: è da credere che i capitelli presenti in ambito campano rappresentano una rinascita di questo tipo15. L’insieme di queste relazioni rivela i segni

6

di un’unica temperie culturale, in grado di generare formule decorative adattabili a contesti e tecniche artistiche molto diverse.

Il capitello di derivazione corinzia (RP 4784, catalogo n. 2) (fig. 9), si presenta con un’austera semplificazione del prototipo classico dal quale deriva. Esso è stato rinvenuto in un cattivo stato di conservazione, ma un recente restauro ha permesso l’identificazione della parte mancante consentendone la ricomposizione16. Il motivo decorativo è costituito, nella parte inferiore centrale, da una palmetta dominata da un gallone rettangolare a quattro listelli, dai quali partono le spire angolari. L’abaco è costituito da tre listelli lisci. Agli angoli inferiori sono disposte otto foglie a palmetta con la punta leggermente inarcata.

Fig. 9

Per questo capitello non esistono paralleli immediati, ma il pezzo sicuramente è avvicinabile alla serie di capitelli ritrovati recentemente a Gaeta, oggi conservati nel Museo cittadino, allestito all’interno del Centro Storico e Culturale; la cui datazione è compresa nell’arco cronologico che va dalla fine del VIII agli inizi del IX secolo. Uno dei capitelli recuperati a Gaeta, quello che ha maggiori somiglianze con il capitello vulturnense, presenta nel calato otto foglie d’acqua, quattro con incavi pendenti e

7

contrapposti e quattro lanceolate con l’estremità lievemente ad aggetto nella sistemazione d’angolo; dalla foglia centrale nascono le volute angolari a fettuccia che circoscrivono gli spigoli del capitello17 (fig. 10).

Fig. 10

Il capitello cubico (RP 5028, catalogo n. 3) è in calcare appenninico bianco e si

presenta con un doppio registro di foglie d’acanto a punta ripiegata, caulicoli e rosette sporgenti sotto l’abaco, quest’ultimo segnato da una duplice modanatura. Le foglie d’acanto sono cesellate con venature profonde, contigue al calato, presentando una sagoma approssimativamente cilindrica (figg. 11-12).

Fig. 11 Fig. 12

Il pezzo trova riscontro in esemplari italosettentrionali di fine VIII e inizi IX secolo18.

Un primo esempio comparabile è identificabile in un capitello proveniente da Santa Maria d’Aurona, e conservato a Milano, nel Civico Museo d’Arte Antica all’interno del Castello Sforzesco. La resa bidimensionale lo avvicina notevolmente a quello rinvenuto

8

a San Vincenzo al Volturno. Esso mostra un collarino liscio circolare, al di sopra del quale si distinguono due caulicoli con stelo a torciglione che si sprigionano da un elemento vegetale stilizzato anch’esso incorniciato da un listello a torciglione, al centro, vi è una decorazione a piccole foglie appuntite che sorreggono un calice. Chiude la composizione un elemento fitomorfo stilizzato in corrispondenza delle estremità laterali inferiori del capitello, la datazione è ascrivibile cronologicamente al IX secolo19 (fig. 13).

Fig. 13

Un ulteriore confronto è offerto da un capitello ritrovato in Santa Giulia a Brescia;

questo piccolo capitello di colonnetta, in pietra calcarea, databile intorno alla fine del IX secolo, costituisce un’evidente imitazione del capitello corinzio20. Rispetto all’esempio vulturnense il rilievo ha forme più stilizzate. L’abaco dell’esemplare bresciano non è più visibile, forse a causa di una rilavorazione successiva. Al centro di ogni faccia, per tutta l’altezza del calato, vi è una decorazione a sette foglie da cui dipartono le lineari volute angolari. Al di sotto, di esse, sono presenti quattro foglie lisce dalla punta lievemente arcuata e con nervatura mediana stentatamente abbozzata; il collarino è costituito da una leggera modanatura rotonda21 (fig. 14).

Il capitello cubico trova puntuali raffronti in un altro capitello ubicato nella navata sinistra della chiesa dei SS. Quattro Coronati a Roma; quest’ultimo presenta otto foglie nervate e dritte, situate su ogni faccia al centro ed altre due nella parte angolare, che nascono dalla foglia centrale, sono affiancate da spire piccole interne poste sopra, la marcata volumetricità del calato caratterizza la decorazione, tale da indicare come datazione la metà del IX secolo22 (fig. 15). Nonostante il divario cronologico, un parallelo stilistico può essere individuato in un capitello attualmente conservato presso il Museo del Sannio a Benevento23 e con un altro, di età pressappoco contemporanea, presente nel museo di Gaeta24.

9

Fig. 14 Fig. 15

L’ultimo manufatto scultoreo medievale emerso dallo scavo del San Vincenzo Maggiore è ancora un capitello a stampella (RP 5141, catalogo n. 4) (fig. 16). Si tratta di un pezzo in pietra calcarea, di origine probabilmente locale, rinvenuto in condizione molto lacunosa nella estremità superiore. Esso mostra, sulla faccia frontale, una decorazione a treccia di tre nastri viminei; la parte laterale è decorata da occhielli ogivali rinchiusi da una fascia trisolcata (fig. 17), mentre l’altra faccia frontale conserva un motivo a stuoia, con al centro bottoni circolari (fig. 18).

Fig. 16 Fig. 17

Fig. 18

10

Il pezzo trova un confronto piuttosto stringente in un capitello ritrovato nella basilica di S. Giovanni in Laterano a Roma25, soprattutto per il motivo di riempimento delle facce anteriori con nastro vimineo con quattro occhielli ad ogiva (fig. 19); una decorazione a nastro pressoché identica si ritrova in un capitello della navata sinistra della basilica dei SS. Quattro Coronati in Roma, che presenta sulla fronte una decorazione a treccia di tre nastri viminei a tre elementi, la tipologia del capitello risulta ampiamente avvalorare la datazione al IX secolo26 (fig. 20). Per quanto riguarda la decorazione della faccia minore, essa trova un parallelo della decorazione similare di uno dei già ricordati capitelli di Gaeta27 (fig. 21).

Fig. 19 Fig. 20

Fig. 21

I manufatti scultorei sinora considerati sono tutti riallacciabili alla fase costruttiva di IX secolo, all’interno della quale non è difficile osservare una certa comunanza di linguaggio. In questo periodo, uno stesso repertorio di motivi sostanzialmente affine sembra in effetti accomunare la produzione artistica realizzata nelle officine dell’abbazia.

11

Ipotesi di utilizzo all’interno della basilica

I capitelli utilizzati per sostenere il colonnato navale della basilica maggiore, sono sicuramente tutti di età classica, tanto più il mancato ritrovamento di frammenti di capitelli di esecuzione medievale di dimensioni soddisfacenti ad essere collocati sulle colonne delle navate rende ammissibile la supposizione che essi apparissero completamente di fattura antica28.

Si chiarisce che quello che appare importante era principalmente la vanteria di spoglie antiche nelle colonne e nei capitelli, ciò nondimeno è probabile che al committente e ai suoi costruttori non si mostrasse indifferente il proposito di manifestare un significato raffigurativo e concettuale tramite il riutilizzo di elementi architettonici classici.

Il capitello di derivazione corinzia considerando le sue misure trova il suo utilizzo solitamente in unione con pilastrini a sostegno di epistili nelle pergule oppure a sorreggere archi di ciborio, ma potrebbe anche far parte di una bifora, di una iconostasi o di un pulpito, la varietà di utilizzo è molto ampia.

Il capitello cubico è troncato a metà, con uno spessore di rimanenza di 7,5 cm, presentandosi con la parte posteriore opportunamente levigata, questa condizione raffigura una sua credibile rilavorazione valida al riutilizzo dell’elemento scultoreo, consuetudine non inusuale nell’edificio di Santa Restituta, dove è stato ritrovato, visto la buona quantità di materiali classici e medievali riusati per la sistemazione del pavimento in opus sectile.

I due capitelli a stampella, presumibilmente costruiti per essere usati per raccordare le colonne con gli archi soprastanti, ma nulla vieta di pensare che possono essere stati utilizzati in un’iconostasi, come fa considerare il ritrovamento in un precedente capitello a stampella, di dimensioni simili, con la decorazione di un pesce sulla sua faccia frontale29 (fig. 22).

Fig. 22

12

Conclusioni

L’esigua testimonianza di materiale scultoreo ritrovato nella recente campagna di scavi suggerisce di formulare tre tipi di considerazioni. La prima che tutti i pezzi siano databili al IX secolo, tramite confronti stilistici e quasi tutti composti di calcare appenninico bianco, la seconda, presumibilmente, parte dell’arredo scultoreo fu smontato e rimesso nella nuova costruzione romanica di XII secolo, l’ultima, si lega alla prima, la scarsità quantitativa dei ritrovamenti, che fa supporre ad un loro uso limitato sostituito da altre tipo di decorazione, soprattutto pittoriche, ma verosimilmente molte delle strutture del corredo chiesastico potevano essere in legno, ciò spiegherebbe l’assenza di frammenti di plutei e transenne all’interno della basilica maggiore.

Di più difficile spiegazione è l’assoluta mancanza di pezzi riferibili alla ricostruzione dell’XI secolo, che rinvigorì il cantiere vulturnense, forse l’unica plausibile risposta a tale quesito fu estrema razionalizzazione nell’uso dei esemplari della rinascita carolingia, riutilizzati due secoli dopo con massima cura tale da non rendere necessario eseguire ex-novo nessun nuovo elemento scultoreo.

Come già notato dal Mitchell, dagli studi svolti sulla scultura altomedievale a San Vincenzo, i frammenti scultorei rappresentano una minoranza rispetto ad altre tipologie di reperti, nonostante i pochi pezzi rinvenuti siano ben modellati nella loro esecuzione, ciò significa che la comunità monastica, comunque, aveva artigiani capaci di appagare le necessità di scultura decorativa dell’abbazia, inoltre, lo stesso studioso dà come interpretazione al fenomeno dello scarso impiego scultoreo con la predilezione da parte dei monaci delle decorazioni pittoriche, egli sostiene che potenzialmente ogni stanza nel monastero doveva essere affrescata, adducendo come prova che, i sedili del refettorio e della cosiddetta Sala delle Assemblee siano affrescati così come i pannelli marmorei, che ricoprono le mura del vestibolo, imitano, addirittura, le venature zizaganti del marmo stesso, ed ancora cronologicamente prima, nella decorazione ad affresco dell’altare (fig. 23), nella cosiddetta chiesa di San Vincenzo Minore30.

Fig. 23 Fig. 24

13

L’altare trova un parallelismo iconografico con la parte interna dell’altare di Ratchis che un recente studio ha ipotizzato la diversa cromia (fig. 24) che doveva ricoprire le facce interna ed esterna del tavolo liturgico, adottando un’originale soluzione pittorica ed estetica, avvicinando ancor di più l’effetto visivo ad appianamenti di ambito artistico diverso, come l’oreficeria e le vetrate31.

Una delle motivazioni essenziali di questa consuetudine può essere la volontà di avere più superfici uniformemente intonacate possibili, se un arredo doveva essere affrescato avrebbe avuto, nell’insieme pittorico monastico, più significato, e per di più, avrebbe eliminato i costi di trasporto e di lavorazione della pietra stessa32.

Le scelte dell’abate Giosuè, nel versante dell’architettura e della decorazione musiva e pittorica, dopo gli scavi effettuati, sono note, presumibilmente non concesse particolare considerazione alla plastica ornamentale nell’edificio di culto della cui committenza egli ne fu l’ispiratore, egli volle, infatti, che si adoperassero abbondantemente spolia, confermato dalla grande varietà di elementi architettonici ritrovati a San Vincenzo Maggiore, tali linee guida furono ancora seguite dagli altri abati che ne continuarono l’opera.

I marmi e le colonne impiegati per le occorrenze di riuso furono richiesti dall’abate Giosuè, che agli inizi del secolo IX, aspirava ad abbattere un tempio nell’area di Capua per riutilizzarne i materiali nella sua nuova chiesa, il placet è sollecitato all’imperatore Luigi il Pio33, e presumibile che tali marmi arrivassero non solo da Capua anche da Isernia e Venafro, città di antica origine e più vicine all’abbazia stessa34.

I ritrovamenti sono avvenuti in zone in cui la profondità di interro ha consentito che le attività agricole non sbreccassero questi importanti reperti, la loro deposizione spiegherebbe anche il lavoro di spoliazione avvenuta secondo criteri certamente non estetici ma solo funzionali, così si chiarirebbe anche il ritrovamento del capitello a stampella (RP 5141), ritrovato poco meno della sua metà, l’altra parte sicuramente riutilizzata all’interno della chiesa nuova, facendo si che sia avvenuta una appropriazione congetturata degli arredi scultorei essenziali a terminare la nuova abbazia.

L’abbazia di San Vincenzo al Volturno evidenzia indubbiamente una delle più concrete esplicitazioni della cultura del riutilizzo di spolia antichi ma allo stesso tempo, documenta il permanere della tradizione scultorea longobarda grazie, verosimilmente, ad una fervida attività di maestranze che operano attivamente affinché il contemporaneo gareggiasse con l’antico.

Non è neppure innegabile che in età carolingia le arti e l’architettura si rinvigoriscono prendendo spunti dall’arte dei primi cristiani, tanto è che “il ritorno a forme decorative

14

più coerenti al modello paleocristiano assume un preciso valore simbolico ed ideologico”35, è in questa angolazione che le circostanze di collocazione, riadoperate nella chiesa, offrono l’opportunità di uno spunto inequivocabilmente concettuale che ha accompagnato la preferenza di certuni pezzi e la precisa sistemazione architettonica, ciò acconsente di capire anche il livello di coscienza del riuso e la sua utilizzazione espositiva da parte dei monaci.

É sicuramente un ostacolo quello di avere poche testimonianze complete di quell’arredo scultoreo che con tutta probabilità era inserito in quel contesto armonioso che doveva essere la chiesa grande. Le vicissitudini affrontate dal cenobio si devono imputare sicuramente alle razzie saracene dell’881 ma ancor più alle attività di spoglio del XII secolo, le quali hanno quasi completamente cancellato le attestazioni decorative delle epoche precedenti. La logica conseguenza di questo è la quasi totalità di mancanza di fonti relative all’apparato scultoreo voluto dagli abati del IX secolo.

É indubbio che la produzione plastica di San Vincenzo paga pegno alla questione della creazione scultorea tra VIII e IX secolo che è stata sempre influenzata dall’opportunità o meno di riconoscere come “longobardi” le soluzioni stilistiche che di volta in volta venivano ottenute attraverso la programmazione di concetti e schemi già presenti nei repertori delle aree a loro assoggettate, comprovate dalla presenza nei territori di linguaggi extraregionali e di repertori locali insieme, permeati da elementi bizantini ed islamici, soprattutto nelle espressioni legate alla plastica astratta geometrica; i risultati finali devono, indubbiamente, molto alla perizia degli artefici longobardi maturata nelle pratiche legate all’oreficeria ed alla lavorazione dei metalli. Gran parte della scultura cosiddetta longobarda, in contesti come quello del ducato beneventano, ha dunque mutuato, senza farle prevalere, queste esperienze tipiche della civiltà “barbariche”, traducendole nella pietra e nello stucco e mescolandole con repertori, modelli e stimoli tipicamente mediterranei.

Pur mostrandosi limitati, questi documenti ritrovati provano l’esistenza nella cittadella monastica di San Vincenzo al Volturno di un’officina capace di sviluppare tipologie decorative adattabili a diverse tecniche d’esecuzione, applicate alla scultura, alla pittura, all’oreficeria, capaci di unire la tradizione classica con il rinnovato vigore dato dal nuovo fervido interesse carolingio.

Post scriptum

Il presente lavoro, terminato agli inizi del 2008, non ha tenuto conto della recente pubblicazione di L. Catalano (La produzione scultorea medievale nell’abbazia di San Vincenzo al Volturno: studio preliminare per la restituzione dell’arredo della chiesa del San Vincenzo Maggiore, in Quaderni della ricerca scientifica, Serie Culturali 13, edizione dell’Università Suor Orsola Benincasa, Napoli 2008) a causa dei tempi ristretti

15

dell’edizione di questo articolo, l’autore se ne scusa e se tale ricerca avrà un prosieguo ne terrà debitamente conto36.

Catalogo

Numero di catalogo: 1; Definizione: Capitello a stampella; Numero Inventario: RN 4892; Materiale: Pietra bianca calcarea appenninica; Dimensioni: altezza cm 21; lunghezza superiore cm 48; lunghezza inferiore cm 21,50; spessore cm 24; Stato di conservazione: buono; Collocazione attuale: Lapidarium del Deposito Reperti di S. Vincenzo al Volturno, in Castel S. Vincenzo (IS); Ubicazione ritrovamento: Ambiente “CA”, a ridosso dell’abside verso Nord, probabilmente con funzione di pastoforo (US 374); Datazione: metà del IX secolo; Confronti: 1. Pani Ermini, 1974, p. 132-133, fig. 79; 2. Tagliaferri 198137, pp. 245-246 e p. 254. Bibliografia: Sogliani 2003, p. 100 e p. 99, fig. 5 (un errore di stampa ne ha invertito i numeri di RP). Numero di catalogo: 2; Definizione: Capitello cubico; Inventario: RN 4964; Materiale: Marmo; Dimensioni: altezza cm 14,50; larghezza cm 18, spessore cm 7.50; Stato di conservazione: frammentario; Collocazione attuale: Lapidarium del Deposito Reperti di S. Vincenzo al Volturno in Castel S. Vincenzo (IS); Ubicazione ritrovamento: Cappella di Santa Restituta (US 273); Note: La parte retrostante si mostra levigata, verosimilmente a causa di un riuso. Datazione: prima metà del IX secolo; Confronti: 1. Panazza – Tagliaferri 1966, nn. 111 e 180; 2. Melucco Vaccaro 1974, n. 179; 3. Pani Ermini 1974a, p. 147, fig. 241a; 4. Pani Ermini 1974b38, n. 52; 5. Whitehouse 197939, p. 267, fig. 3; 6. Ciarrocchi, 2006, p. 381, fig. 3, n. 3. Bibliografia: Sogliani 2003, p. 98-100, p. 99, fig. 4. Numero di catalogo: 3; Definizione: Capitello di derivazione corinzia; Inventario: RN 5028;

16

Materiale: Calcare appenninico bianco; Dimensioni: altezza cm 20; larghezza superiore cm 26; diametro inferiore cm 14; Stato di conservazione: buono; Collocazione attuale: Lapidarium del Deposito Reperti di S. Vincenzo al Volturno, in Castel S. Vincenzo (IS); Ubicazione ritrovamento: Ritrovato a ridosso della basilica maggiore verso Nord, pendici del Colle della Torre (US 467); Datazione: prima metà del IX secolo; Confronti: 1. Panazza – Tagliaferri 1966, p. 103, nn. 115, 116; 2. Melucco Vaccaro, 1974, p. 179; 3. Rotili, 1974, p. 34, tav. XII a; 4. Ravaglia 2000, p. 258; 5. Panazza 2000, p. 524; 6. Ciarrocchi, 2006, p. 381 fig. 3, n. 4. Bibliografia: Sogliani 2003, p. 98 e p. 99, fig. 3. Numero di catalogo: 4; Definizione: Capitello a stampella; Inventario: RN 5141; Materiale: Calcare appenninico bianco; Dimensioni: altezza cm 19; lunghezza superiore cm 33.5; lunghezza inferiore cm 17.5; spessore superiore 28.5 cm; spessore inferiore 20 cm; Collocazione attuale: Lapidarium del Deposito Reperti di S. Vincenzo al Volturno, in Castel S. Vincenzo (IS); Ubicazione ritrovamento: Navata maggiore della basilica di San Vincenzo Maggiore (US 437); Stato di conservazione: integro; Datazione: prima metà del IX secolo; Confronti: 1. Melucco Vaccaro, 1974, p. 122, fig. 75; 2. Pani Ermini, 1974a, p. 102, fig. 46a; 3. Pani Ermini, 1974b, n. 29 e n. 123; 4. Ciarrocchi, 2006, p. 379 e p. 381, fig. 3, n. 2. Bibliografia: Sogliani 2003, p. 100 e p. 99, fig. 6.

17

Referenze immagini

Fig. 1: Planimetria di San Vincenzo Maggiore, rielaborazione, in: F. Marazzi et alii, San Vincenzo al Volturno: scavi 2000-2002. Rapporto preliminare, in: Archeologia Medievale, 29, Firenze, 2002, p. 210.

Fig. 2: Capitello a stampella (RP 4892), vista frontale, in: F. Sogliani, Nuovi dati sull’arredo scultoreo altomedievale del monastero di San Vincenzo al Volturno, in: III Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di, R. Fiorillo – P. Peduto, Castello di Salerno, complesso di Santa Sofia, Salerno 2-5 ottobre 2003, Firenze, 2003, p. 99.

Fig. 3: Capitello a stampella (RP 4892), vista laterale, foto Lucinia Speciale.

Fig. 4: Decorazione a stucco in S. Prassede, in: L. Pani Ermini, Corpus della scultura altomedievale, VII. La diocesi di Roma, tomo III. La IV Regione ecclesiastica, Spoleto, 1974, pag. 133, tav. XXX.

Fig. 5: Pannello ricostruttivo della decorazione di Giosuè a San Vincenzo Maggiore, in: R. Hodges – J. Mitchell, La Basilica di Giosuè a San Vincenzo al Volturno, Monteroduni, 1995, p. 80.

Fig. 6: Tegola con decorazione stellare, in: R. Hodges – J. Mitchell, La Basilica di Giosuè a San Vincenzo al Volturno, Monteroduni, 1995, p. 81.

Fig. 7: Pendente bronzeo rivestito in argento, in: F. Marazzi, San Vincenzo al Volturno: introduzione ad un cantiere di archeologia medievale, Isernia, 2002, p. 30.

Fig. 8: Capitello a stampella decorato ad alveoli, Abbazia di Montecassino, foto Lucinia Speciale.

Fig. 9: Capitello di derivazione corinzia (RP 4964), in: F. Sogliani, Nuovi dati sull’arredo scultoreo altomedievale del monastero di San Vincenzo al Volturno, in; III Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di, R. Fiorillo – P. Peduto, Castello di Salerno, complesso di Santa Sofia, Salerno 2-5 ottobre 2003, Firenze, 2003, p. 99.

Fig. 10: Capitello a stampella, vista laterale, in: B. Ciarrocchi, Arredo scultoreo altomedievale e medievale a Gaeta: nuovo contributo su alcuni frammenti inediti degli edifici religiosi, in: IV Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di, R. Francovich – M. Valenti, Abbazia di san Galgano, Chiusdino, Siena 26-30 settembre 2006, Firenze, 2006, p. 381, fig. 3, n. 3.

18

Fig. 11: Capitello cubico (RP 5028), vista frontale, in: F. Sogliani, Nuovi dati sull’arredo scultoreo altomedievale del monastero di San Vincenzo al Volturno, in: III Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di, R. Fiorillo – P. Peduto, Castello di Salerno, complesso di Santa Sofia, Salerno 2-5 ottobre 2003, Firenze, 2003, p. 99.

Fig. 12: Capitello cubico (RP 5028) vista laterale, in: F. Sogliani, Nuovi dati sull’arredo scultoreo altomedievale del monastero di San Vincenzo al Volturno, in: III Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di,R. Fiorillo – P. Peduto, Castello di Salerno, complesso di Santa Sofia, Salerno 2-5 ottobre 2003, Firenze, 2003, p. 99.

Fig. 13: Capitello cubico, conservato nel Civico Museo d’Arte Antica di Milano, in: Il futuro dei Longobardi, catalogo mostra, (Brescia, Museo di Santa Giulia, 18 giugno - 10 dicembre 2000), a cura di, C. Bertelli – G. P. Brogiolo, Milano, 2005, p. 506.

Fig. 14: Capitello cubico, da Santa Giulia a Brescia, in: Il futuro dei Longobardi, catalogo mostra, (Brescia, Museo di Santa Giulia, 18 giugno - 10 dicembre 2000), a cura di, C. Bertelli – G. P. Brogiolo, Milano 2005, p. 255.

Fig. 15: Capitello cubico, conservato nei SS. Quattro Coronati a Roma, in: L. Pani Ermini, Corpus della scultura altomedievale, VII. La diocesi di Roma, tomo III. La IV Regione ecclesiastica, Spoleto 1974, pag. 179, tav. LXIV.

Fig. 16: Capitello a stampella (RP 5141) vista frontale, in: F. Sogliani, Nuovi dati sull’arredo scultoreo altomedievale del monastero di San Vincenzo al Volturno, in: III Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di, R. Fiorillo – P. Peduto, Castello di Salerno, complesso di Santa Sofia, Salerno 2-5 ottobre 2003, Firenze, 2003, p. 99.

Fig. 17: Capitello a stampella (RP 5141) vista laterale, foto Lucinia Speciale.

Fig. 18: Capitello a stampella (RP 5141) vista frontale, foto Lucinia Speciale.

Fig. 19: Capitello a stampella, conservato nella chiesa dei SS. Quattro Coronati a Roma, in: L. Pani Ermini, Corpus della scultura altomedievale, VII. La diocesi di Roma, tomo III. La IV Regione ecclesiastica, Spoleto 1974, pag. 102, tav. 46a.

Fig. 20: Capitello a stampella, conservato in S. Giovanni in Laterano a Roma, da: L. Pani Ermini, Corpus della scultura altomedievale, VII. La diocesi di Roma, tomo III. La IV Regione ecclesiastica, Spoleto 1974, pag. 122, tav. XXX, fig. 30.

Fig. 21: Capitello a stampella, vista laterale, da: B. Ciarrocchi, Arredo scultoreo altomedievale e medievale a Gaeta: nuovo contributo su alcuni frammenti inediti degli

19

edifici religiosi, in: IV Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di, R. Francovich – M. Valenti, Abbazia di san Galgano, Chiusdino, Siena 26-30 settembre 2006, Firenze, 2006, p. 381, fig. 3, n. 2.

Fig. 22: Capitello a stampella, da: F. Marazzi, San Vincenzo al Volturno: la vita quotidiana di un monastero altomedievale vista attraverso i suoi reperti, Ripalimosani, 2006, p. 38.

Fig. 23: Ricostruzione dell’altare del San Vincenzo Minore, in: F. Marazzi e S. Gai, (a cura di) Il cammino di Carlo Magno, Quaderni della ricerca scientifica dell’Università degli studi Suor Orsola Benincasa, Napoli, 2005, p. 235.

Fig. 24: Ipotesi di ricostruzione cromatica dell’altare di Ratchis, in L. Chinellato – M.T. Costantini, in: L’altare di Ratchis l’originale finitura policroma: prospetto frontale e posteriore, in: Forum Iulii, XXVIII, Cividale del Friuli, 2004, pp. 146-147.

20

Note

1 Questo lavoro ripropone il testo di una tesina elaborata per il corso in Archeologia e Storia dell’Arte Tardoantica e Altomedievale della Scuola di Specializzazione in Archeologia “Dinu Adamesteanu” dell’Università di Lecce (AA. 2003/2004), sotto la direzione della prof.ssa Lucinia Speciale. Desidero rivolgere un sincero ringraziamento e autentica gratitudine alla stessa per avermi spronato a tale ricerca, per l’affidamento di questo lavoro, per averlo visionato costantemente per i proficui e utili suggerimenti e le stimolanti discussioni. Dedico, inoltre, questo mio lavoro a tutte le persone che, negli anni 2000-2004, hanno lavorato a San Vincenzo al Volturno, in modo particolare a Simona Carracillo e Valentina Di Meo. La collaborazione di chi scrive, con la Missione Archeologica di San Vincenzo al Volturno, inizia nel giugno del 2000, nel 2002 gli è affidata, in aggiunta, la mansione di coordinamento logistico e della parte organizzativa e didattica per gli studenti impegnati in stage di studi e scavo, partecipa, inoltre, ad altri scavi e survey, sempre coadiuvati dall’UNISOB. 2 F. Sogliani, Nuovi dati sull’arredo scultoreo altomedievale del monastero di San Vincenzo al Volturno, in: III Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di, R. Fiorillo, P. Peduto, Castello di Salerno, complesso di Santa Sofia, Salerno 2-5 ottobre, Firenze, 2003, pp. 99-102.

3 J. Mitchell – A. Claridge, Roman and Early Medieval sculpture, in:, San Vincenzo al Volturno 3: the finds from the 1980-1986 excavations, a cura di, J. Mitchell - I.L Hansen, Spoleto, 2001, pp. 83-121.

4 Cfr. F. Dell’Acqua, “Nisit ipse Daedalus [...] nisi Beseleel secundus”. L’attività artistica presso il monastero di San Vincenzo al Volturno in età carolingia, in: Monasteri in Europa occidentale (secoli VIII-IX): topografia e strutture, a cura di, F. De Rubeis – F. Marazzi, Atti del Convegno Internazionale, Museo Archeologico di Castel San Vincenzo, 23-26 settembre 2004, Città di Castello, 2008, pp. 289-308.

5 L. Pani Ermini, Corpus della scultura altomedievale, VII. La Diocesi di Roma, Tomo III. La IV Regione ecclesiastica, Spoleto, 1974a, pp. 132-133.

6 R. Hodges – J. Mitchell, La Basilica di Giosuè a San Vincenzo al Volturno, Monteroduni, 1995, pp. 80-82.

7 J. Mitchell – A. Claridge, Roman, cit., pp. 83-84.

8 Sogliani, cit, p 100.

9 F. Marazzi, San Vincenzo al Volturno: introduzione ad un cantiere di archeologia medievale, Isernia, 2002, p. 30.

10 Mitchell - Claridge, Roman, cit., p. 187. In cui gli autori presentano il rilievo delle diverse facce.

11 Ibidem, p. 164.

12 A. Pantoni, Le chiese e gli edifici del monastero di san Vincenzo al Volturno, Montecassino, 1980, pp. 188-190.

13 L. R. Cielo, La decorazione a incavi geometrizzanti nell’area longobarda meridionale, in: “Napoli Nobilissima”, XVII, Napoli, 1978, pp. 174-186.

14 Mitchell - Claridge, cit., p. 165.

15 Ibidem, p. 165.

21

16 Il restauro è stato effettuato da Luigi De Turris (allora responsabile del Laboratorio di Restauro, oggi in Màthema Soc. Coop.), che ringrazio per la professionalità e competenza dimostrata e per la profonda amicizia e stima nata dalla comune esperienza vulturnense.

17 B. Ciarrocchi, Arredo scultoreo altomedievale e medievale a Gaeta: nuovo contributo su alcuni frammenti inediti degli edifici religiosi, in: IV Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di, R. Francovich – M. Valenti, Abbazia di san Galgano, Chiusdino, Siena 26-30 settembre 2006, Firenze, 2006, p. 379 e p. 381.

18 P. Panazza – A. Tagliaferri, Corpus della scultura altomedievale, III. La Diocesi di Brescia, Spoleto, 1966, pp. 105 e 112, nn. 111, 180.

19 F. Ravaglia, Scultura da Santa Maria d’Aurona, schede, in: Il futuro dei Longobardi. L’Italia e la costruzione dell’Europa di Carlo Magno, a cura di, C. Bertelli - G. P. Brogiolo, Milano, 2000, p. 258.

20 Panazza - Tagliaferri, cit., p. 103, n. 115

21 P. Panazza, Arredo liturgico da San Salvatore, schede, in: Il futuro dei Longobardi. L’Italia e la costruzione dell’Europa di Carlo Magno, a cura di, C. Bertelli – G. P. Brogiolo, Milano, 2000, p. 524.

22 A. Melucco Vaccaro, Corpus della scultura altomedievale. VII. La Diocesi di Roma, tomo III. La II Regione ecclesiastica, Spoleto, 1974, p. 179.

23 M. Rotili, Corpus della scultura altomedievale, V. La diocesi di Benevento, Spoleto, 1974, p. 34.

24 Ciarrocchi, cit., p. 379 e p. 381.

25 Melucco Vaccaro, cit. p. 122.

26 Pani Ermini, cit., p. 102.

27 Ciarrocchi, cit., p. 379 e p. 381.

28 A. Castellani, San Vincenzo al Volturno: il riuso degli spolia classici nell’architettura altomedievale, in: I Beni Culturali nel Molise: il Medioevo, a cura di, G. De Benedittis, Isernia, 2004, p. 306.

29 F. Marazzi, San Vincenzo al Volturno: la vita quotidiana di un monastero altomedievale vista attraverso i suoi reperti, Ripalimosani, 2006, p. 38.

30 J. Michell, The painted altar, in, San Vincenzo al Volturno 1: the 1980-1986 excavations: part 1, a cura di, R. Hodges, (Archaeological Monographs of the British School at Rome, 7), Rome – London 1993, pp. 135-139, tavv. 9.1- 9.4 e L. Speciale, La decorazione pittorica degli edifici monastici di San Vincenzo al Volturno fra IX e XI secolo: problemi di restauro e di storia dell’arte, in: Kronos, 10, Lecce, 2006, pp. 78-79.

31 L. Chinellato – M.T. Costantini, L’altare di Ratchis l’originaria finitura policroma: prospetto frontale e posteriore, in: Forum Iulii, XXVIII, Cividale del Friuli, 2004, pp. 133-156.

32 Mitchell - Claridge, cit., p. 139.

33 P. Pensabene, Nota sul reimpiego e il recupero dell’antico in Puglia e Campania tra V e IX secolo, in:, Incontri di popoli e culture tra V e IX secolo, a cura di, M. Rotili, Napoli, 1998, p. 196.

22

34 Castellani, cit., p. 308.

35 A.Guiglia Guidobaldi – P. Pensabene, Il recupero dell’antico in età carolingia: la decorazione scultorea absidale delle chiese di Roma, in: Atti della Pontificia Accademia di Roma di Archeologia, Serie III, Rendiconti, vol. LXXVII, a.a. 2005- 06, Roma, 2006, p. 74.

36 Una sola precisazione va fatta, nella pubblicazione citata, la testina marmorea (RN 4835) non è stata ritrovata all’interna dell’area di scavo, come riportato a pag. 32, bensì nella terra di riporto alle spalle dell’abside centrale di San Vincenzo Maggiore.

37 A. Tagliaferri, Cividale prima di Cesare. Da Castrum a Forum, Pordenone 1981.

38 L. Pani Ermini, Corpus della scultura altomedievale. La diocesi di Roma. La raccolta dei Fori imperiali, VII/2, Spoleto, 1974b.

39 D. Whitehouse, Le mura di S. Stefano. Prima relazione provvisoria, in “Archeologia Medievale”, VI, Firenze, 1979, pp. 263-268.

23

Indice bibliografico

- Ciarrocchi, 2006. B. Ciarrocchi, Arredo scultoreo altomedievale e medievale a Gaeta: nuovo contributo su alcuni frammenti inediti degli edifici religiosi, in: IV Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di, R. Francovich – M. Valenti, Abbazia di san Galgano, Chiusdino, Siena 26- 30 settembre 2006, Firenze.

- Castellani, 2004. A. Castellani, San Vincenzo al Volturno: il riuso degli spolia classici nell’architettura altomedievale, in: I Beni Culturali nel Molise: il Medioevo, a cura di, G. De Benedittis, Isernia.

- Cielo, 1978. L. R. Cielo, La decorazione a incavi geometrizzanti nell’area longobarda meridionale, in: Napoli Nobilissima, XVII.

- Chinellato – Costantini, 2004. L. Chinellato – M.T. Costantini, L’altare di Ratchis l’originaria finitura policroma: prospetto frontale e superiore, in: Forum Iulii, XXVIII, Cividale del Friuli, pp. 133-156.

- Dell’Acqua, 2008. F. Dell’Acqua, “Nisit ipse Daedalus [...] nisi Beseleel secundus”. L’attività artistica presso il monastero di San Vincenzo al Volturno in età carolingia, in: Monasteri in Europa occidentale (secoli VIII-IX): topografia e strutture, a cura di F. De Rubeis – F. Marazzi, Atti del Convegno Internazionale, Museo Archeologico di Castel San Vincenzo, 23-26 settembre 2004, Città di Castello, pp. 289-308.

24

Guiglia Guidobaldi – Pensabene, 2006. A. Guiglia Guidobaldi – P. Pensabene, Il recupero

dell’antico in età carolingia: la decorazione scultorea absidale delle chiese di Roma, in: Atti della Pontificia Accademia di Roma di Archeologia, Serie III, Rendiconti, vol. LXXVII, a.a. 2005-06, Roma.

- Hodges - Mitchell, 1995. R. Hodges, J. Mitchell, La Basilica di Giosuè a San Vincenzo al Volturno, Monteroduni.

- Marazzi, 2002. F. Marazzi, San Vincenzo al Volturno: introduzione ad un cantiere di archeologia medievale, Isernia.

- Marazzi, 2006. F. Marazzi, San Vincenzo al Volturno: la vita quotidiana di un monastero altomedievale vista attraverso i suoi reperti, Ripalimosani.

- Melucco Vaccaro, 1974. A. Melucco Vaccaro, Corpus della scultura altomedievale. VII. La Diocesi di Roma, tomo III. La II Regione ecclesiastica, Spoleto.

- Mitchell, 1993. J. Mitchell, The painted altar, in:, San Vincenzo al Volturno 1: the 1980-1986 excavations: part 1, a cura di, R. Hodges, (Archaeological Monographs of the British School at Rome, 7), Rome – London.

- Mitchell - Claridge, 2001. J. Mitchell – A. Claridge, Roman and Early Medieval sculpture, in: San Vincenzo al Volturno 3: the finds from the 1980-1986 excavations, a

25

cura di, J. Mitchell - I.L Hansen, Spoleto.

- Panazza - Tagliaferri, 1966. P. Panazza - A. Tagliaferri, Corpus della scultura altomedievale, III. La Diocesi di Brescia, Spoleto.

- Panazza, 2000. P. Panazza, Arredo liturgico da San Salvatore, schede, in: Il futuro dei Longobardi. L’Italia e la costruzione dell’Europa di Carlo Magno, a cura di, C. Bertelli – G. P. Brogiolo, Milano.

- Pani Ermini, 1974a. L. Pani Ermini, Corpus della scultura altomedievale, VII. La Diocesi di Roma, Tomo III. La IV Regione ecclesiastica, Spoleto.

- Pani Ermini, 1974b. L. Pani Ermini, Corpus della scultura altomedievale. La diocesi di Roma. La raccolta dei Fori imperiali, VII/2, Spoleto.

- Pantoni 1980. A. Pantoni, Le chiese e gli edifici del monastero di san Vincenzo al Volturno, Montecassino.

- Pensabene, 1998. P. Pensabene, Nota sul reimpiego e il recupero dell’antico in Puglia e Campania tra V e IX secolo, in:, Incontri di popoli e culture tra V e IX secolo, a cura di, M. Rotili Napoli.

- Ravaglia, 2000. F. Ravaglia, Scultura da Santa Maria d’Aurona, schede, in: Il futuro dei Longobardi. L’Italia e la costruzione dell’Europa di Carlo Magno, a cura di, C. Bertelli – G. P. Brogiolo, Milano.

26

- Rotili, 1974. M. Rotili, Corpus della scultura altomedievale, V. La diocesi di Benevento, Spoleto.

- Speciale 2006. L. Speciale, La decorazione pittorica degli edifici monastici di San Vincenzo al Volturno fra IX e XI secolo: problemi di restauro e di storia dell’arte, in: Kronos, 10, Lecce.

- Tagliaferri, 1981. A. Tagliaferri, Cividale prima di Cesare. Da Castrum a Forum, Pordenone.

- Sogliani, 2003. F. Sogliani, Nuovi dati sull’arredo scultoreo altomedievale del monastero di San Vincenzo al Volturno, in: III Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di, R. Fiorillo – P. Peduto, Castello di Salerno, complesso di Santa Sofia, Salerno 2-5 ottobre, Firenze.

- Whitehouse, 1979. D. Whitehouse, Le mura di S. Stefano. Prima relazione provvisoria, in: Archeologia Medievale, VI, pp. 263-268.