Governance e performance delle imprese italiane di servizi pubblici locali quotate: un’analisi...

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Governance e performance delle imprese italiane di servizi pubblici locali quotate: un’analisi empirica * 1. Introduzione Nel presente contributo indaghiamo circa la possibile relazione tra corporate governance e performance delle imprese italiane di servizi pubblici locali quotate alla Borsa Valori di Milano. L’oggetto di analisi, in particolare, è costituito da quelle imprese presenti nel listino della Borsa Valori ininterrottamente dal 1 gennaio 2001 al 1 gennaio 2006; l’orizzonte temporale di riferimento è individuato, pertanto, nel periodo 2000-05. Nello studio, le variabili identificate come proxy di corporate governance vengono derivate da alcuni tra i dettami contenuti nella versione 2002 del Codice di Autodisciplina per le società quotate (Codice Preda); per quanto riguarda le performance, analizziamo l’andamento di fatturato, risultato operativo, utile netto, ROI, ROE e ROS. Il contributo si sviluppa come segue: offriamo inizialmente un sintetico quadro evolutivo attinente agli studi in materia di corporate governance. Analizziamo successivamente le peculiarità che, nel contesto delineato, attualmente caratterizzano il comparto dei servizi pubblici locali italiani. Studiamo infine la relazione tra le menzionate variabili di corporate governance e performance, commentando talune tra le più rilevanti evidenze empiriche prodotte sia con riferimento alla complessiva popolazione indagata che alle singole imprese in essa presenti. 2. Corporate governance: cenni teorici e recenti evoluzioni L’espressione «corporate governance» è oggigiorno passibile di diverse interpretazioni teoriche. In una prospettiva di matrice prevalentemente economica e giuridica, ad esempio, a detta espressione viene solitamente associato quel filone di studi volto ad approfondire le modalità con cui gli azionisti ed i creditori di un’impresa possono essere efficacemente tutelati nei loro molteplici rapporti con la struttura aziendale. In una prospettiva aziendalistica, che nel presente contributo assumiamo a base delle successive argomentazioni, la corporate governance identifica solitamente la specifica area in cui viene delineato l’orientamento strategico di fondo dell’impresa. Detta area, pertanto, coinvolge, in senso stretto, esclusivamente i proprietari del capitale di pieno rischio dell’impresa, in particolare il soggetto economico; in un senso più ampio, l’orientamento strategico, dunque l’area della corporate governance, chiama in causa anche i portatori d’interesse più rilevanti per l’impresa, siano essi interni (ad esempio particolari categorie di lavoratori dipendenti), oppure esterni (ad esempio taluni creditori di grande importanza istituzionale e finanziaria) ( 1 ). ( * ) Di Gianpaolo Abatecola, Dottore di Ricerca in Economia e Organizzazione delle Imprese, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, e Sara Poggesi, Dottoressa di Ricerca in Economia e Gestione delle Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche presso la stessa Università. Pur essendo il lavoro frutto di riflessioni comuni, il paragrafo 2 è attribuibile a Gianpaolo Abatecola, il paragrafo 3 a Sara Poggesi. I restanti paragrafi sono attribuibili ad entrambi gli autori. ( 1 ) Su tale prospettiva si veda, amplius, Cafferata (2005). Dalla richiamata accezione sembra evidente, peraltro, che l’identificazione concettuale degli organi societari direttamente preposti all’attività di corporate governance sia da contestualizzarsi alle differenti tipologie d’impresa contemplate dalla giurisprudenza commerciale. Nelle società per azioni italiane, ad esempio, la corporate governance è svolta segnatamente dall’assemblea dei soci e dal 1

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Governance e performance delle imprese italiane di servizi pubblici

locali quotate: un’analisi empirica *

1. Introduzione

Nel presente contributo indaghiamo circa la possibile relazione tra corporate governance e performance delle imprese italiane di servizi pubblici locali quotate alla Borsa Valori di Milano. L’oggetto di analisi, in particolare, è costituito da quelle imprese presenti nel listino della Borsa Valori ininterrottamente dal 1 gennaio 2001 al 1 gennaio 2006; l’orizzonte temporale di riferimento è individuato, pertanto, nel periodo 2000-05.

Nello studio, le variabili identificate come proxy di corporate governance vengono derivate da alcuni tra i dettami contenuti nella versione 2002 del Codice di Autodisciplina per le società quotate (Codice Preda); per quanto riguarda le performance, analizziamo l’andamento di fatturato, risultato operativo, utile netto, ROI, ROE e ROS.

Il contributo si sviluppa come segue: offriamo inizialmente un sintetico quadro evolutivo attinente agli studi in materia di corporate governance. Analizziamo successivamente le peculiarità che, nel contesto delineato, attualmente caratterizzano il comparto dei servizi pubblici locali italiani. Studiamo infine la relazione tra le menzionate variabili di corporate governance e performance, commentando talune tra le più rilevanti evidenze empiriche prodotte sia con riferimento alla complessiva popolazione indagata che alle singole imprese in essa presenti.

2. Corporate governance: cenni teorici e recenti evoluzioni

L’espressione «corporate governance» è oggigiorno passibile di diverse interpretazioni

teoriche. In una prospettiva di matrice prevalentemente economica e giuridica, ad esempio, a detta espressione viene solitamente associato quel filone di studi volto ad approfondire le modalità con cui gli azionisti ed i creditori di un’impresa possono essere efficacemente tutelati nei loro molteplici rapporti con la struttura aziendale.

In una prospettiva aziendalistica, che nel presente contributo assumiamo a base delle successive argomentazioni, la corporate governance identifica solitamente la specifica area in cui viene delineato l’orientamento strategico di fondo dell’impresa. Detta area, pertanto, coinvolge, in senso stretto, esclusivamente i proprietari del capitale di pieno rischio dell’impresa, in particolare il soggetto economico; in un senso più ampio, l’orientamento strategico, dunque l’area della corporate governance, chiama in causa anche i portatori d’interesse più rilevanti per l’impresa, siano essi interni (ad esempio particolari categorie di lavoratori dipendenti), oppure esterni (ad esempio taluni creditori di grande importanza istituzionale e finanziaria) (1). (*) Di Gianpaolo Abatecola, Dottore di Ricerca in Economia e Organizzazione delle Imprese, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, e Sara Poggesi, Dottoressa di Ricerca in Economia e Gestione delle Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche presso la stessa Università. Pur essendo il lavoro frutto di riflessioni comuni, il paragrafo 2 è attribuibile a Gianpaolo Abatecola, il paragrafo 3 a Sara Poggesi. I restanti paragrafi sono attribuibili ad entrambi gli autori. (1) Su tale prospettiva si veda, amplius, Cafferata (2005). Dalla richiamata accezione sembra evidente, peraltro, che l’identificazione concettuale degli organi societari direttamente preposti all’attività di corporate governance sia da contestualizzarsi alle differenti tipologie d’impresa contemplate dalla giurisprudenza commerciale. Nelle società per azioni italiane, ad esempio, la corporate governance è svolta segnatamente dall’assemblea dei soci e dal

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Dalle considerazioni svolte consegue che un «sistema di corporate governance» può essere sostanzialmente considerato come quell’insieme di norme che concorrono alla disciplina della struttura, della composizione e dell’attività dei menzionati organi societari, nonché dei diritti legali riconosciuti agli azionisti e creditori dell’impresa. Generalmente, quanto più dette norme garantiscono un’equilibrata e significativa tutela legale dei richiamati portatori d’interesse, tanto più la qualità del sistema è ritenuta elevata nel suo complesso.

La corporate governance ha, negli ultimi anni, ricevuto attenzione sempre più rilevante nel dibattito accademico nazionale ed internazionale, coinvolgendo, in particolare, gli studiosi di discipline aziendali, economiche e giuridiche. In verità, nonostante alcune delle questioni sul tema fossero già state sollevate, tempo addietro, dal seminale lavoro di Adolph Bearle e Gardiner Means (1932), fino all’inizio degli anni Ottanta la corporate governance non sembrava aver trovato rilevanza prominente nella letteratura.

Nell’ultimo ventennio, tuttavia, l’importanza scientifica del tema sembra essere cresciuta notevolmente a causa di alcuni eventi. Tra essi è doveroso menzionare almeno l’importante processo di privatizzazione avvenuto in alcuni paesi dell’America Latina, dell’Europa Occidentale e dell’Asia, nonché le numerose operazioni di fusione e di takeover ostili che hanno interessato le imprese statunitensi ed europee (2). Al riguardo, diversi interrogativi sono stati sollevati in merito all’orientamento strategico delle imprese neonate ed al complesso monitoraggio delle sottese operazioni di gestione.

Ciò premesso, sebbene i precitati fattori abbiano giustificato l’accresciuta importanza delle tematiche di corporate governance, l’attualità e la rilevanza dell’argomento sembra essere stata definitivamente evidenziata dalle note frodi contabili che, recentemente, hanno sconvolto i mercati finanziari internazionali. Due realtà, in proposito, sono risultate drammaticamente evidenti: l’appropriazione indebita di rilevanti risorse aziendali da parte di alcuni amministratori e dirigenti delle imprese coinvolte e, parallelamente, l’ingente danno economico causato agli investitori.

Da queste ultime considerazioni sembra emergere il motivo per il quale, secondo una prospettiva generalmente condivisa dalla letteratura anglosassone sul tema, «corporate governance deals with the way in which suppliers of finance to corporations assure themselves of getting a return on their investment» (Shleifer, Vishny, 1997: 737) (3). In tale prospettiva, in particolare, l’obiettivo di un sistema di corporate governance sembra convergere con quello, più generale, della massimizzazione del valore per gli azionisti, che nei paesi anglosassoni, come noto, è stata negli ultimi venti anni sovente esplicitata quale fine principale dell’impresa (4). Quest’ultimo fine, tuttavia, non è unanimemente condiviso dagli studiosi di management, in particolar modo da coloro che non sono di matrice anglosassone (5). Da ciò consegue che una delle problematiche più attuali nel dibattito consiglio di amministrazione per quanto fattivamente attiene alle funzioni deliberative ad essi demandate; dal collegio sindacale per quanto concerne, peraltro, il controllo interno delle attività specificamente poste in essere dai precitati organi. (2) Tra gli altri eventi di maggior rilievo segnaliamo la conclusione di taluni processi di unificazione economica, quali l’Unione Europea, che, almeno apparentemente avrebbe dovuto comportare una maggiore integrazione con riferimento al mercato internazionale dei capitali; infine, la crisi macroeconomica che ha investito aree geografiche quali Russia, Asia Orientale e Brasile. In proposito si vedano, amplius, Becht, Bolton, Röell (2002). (3) Al riguardo, i recenti contributi degli studiosi anglosassoni si sono focalizzati sul legame, ritenuto essenziale, tra la corporate governance e la più generale teoria dell’impresa, segnatamente in termini di costi di agenzia (per tutti, Jensen, Meckling, 1976), costi di transazione (per tutti, Williamson, 1985), nonché diritti di proprietà (ad esempio, Zingales, 1998). Un denominatore comune dei precitati filoni di ricerca può essere individuato in un seminale lavoro di Coase (1937). (4) In proposito, si veda, per tutti, Rappaport (1986). (5) Sul punto, ad esempio, si veda Golinelli (1996).

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internazionale verta proprio sull’individuazione dello specifico obiettivo della corporate governance, in particolare di quali interessi e quali stakeholder aziendali debbano essere tutelati dai sottesi sistemi (6).

In Italia, negli ultimi anni, sono state poste in essere diverse riforme normative miranti al miglioramento dell’efficacia del sistema di corporate governance nelle società per azioni (S.p.A.) (7). Nel 1998, in particolare, la disciplina attinente ad alcuni aspetti relativi alle S.p.A. quotate, quali la protezione degli azionisti di minoranza e le operazioni di takeover, è stata riformata dalla Legge Draghi.

Nel 1999 è stata emanata la prima versione del Codice Preda (8). L’obiettivo formale di detto Codice è di migliorare l’accountability delle società quotate attraverso l’introduzione di standard di best practice, in linea con la prassi internazionale, nella definizione delle strutture di governance (9).

Nel gennaio 2003 la disciplina delle strutture di governance per le società di capitali e le cooperative è stata significativamente riformata dal D.Lgs. n. 6/2003. Dal gennaio 2004, di conseguenza, le società per azioni possono scegliere l’adozione di tre differenti strutture di governance. Il sistema latino tradizionale, che prevede la nota struttura «assemblea dei soci – Consiglio di Amministrazione (C.d.A.) – collegio sindacale», viene tenuto come modello di base. Per quanto concerne i nuovi modelli, il primo riflette principalmente quello tedesco, prevedendo, segnatamente, un «consiglio di gestione» ed un «consiglio di sorveglianza»; il secondo si ispira sostanzialmente a quello anglosassone, prevedendo, in particolare, un C.d.A. ed un «comitato per il controllo sulla gestione» (10).

Il 28 dicembre 2005, infine, è stata approvata dal nostro Parlamento la legge n. 262 «Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari». La legge, in particolare, costituisce un passaggio formale di un processo di riforma che mira al rafforzamento dei meccanismi nazionali di tutela del risparmio ed è stata avviata a seguito delle note frodi contabili che, anche nel nostro paese, hanno determinato gravi danni agli investitori, nonché minato il clima di fiducia nel mercato finanziario italiano (11).

Delineata, nel quadro introduttivo sinteticamente svolto, la tematica in argomento, essa viene approfondita, con particolare riferimento al comparto dei servizi pubblici locali, nelle pagine che seguono.

3. Il comparto dei servizi pubblici locali italiani: profili caratteristici

Il comparto dei servizi pubblici, segnatamente quello dei servizi pubblici locali, vive, in questi ultimi anni, una rinnovata attenzione. Le motivazioni sono molteplici; fra queste si ricordano almeno:

1. la sempre più forte consapevolezza dell’influenza positiva, sulla competitività del

territorio, di un efficace ed efficiente sistema di servizi pubblici; 2. il riconoscimento del peso economico-finanziario del comparto pubblico nell’economia

nazionale; (6) In proposito, ad esempio, si vedano Holmström (1999) e Gilson (2005), nonché i contributi della letteratura nota come «law and finance» (per tutti, La Porta et al., 1998). (7) Più in generale, sui cambiamenti avvenuti nel ventesimo secolo nel sistema italiano di corporate governance si veda, ad esempio, Ferrarini (2005). (8) Tale edizione è stata ampliata e rivisita, dapprima, nel luglio 2002 e, successivamente, nel marzo 2006. (9) Il primo Codice europeo di questo tipo è il Cadbury Code, introdotto nel Regno Unito nel 1992. (10) Attualmente, in vero, il modello latino tradizionale è ancora largamente prevalente nelle S.p.A. italiane. (11) Nel 2002, a seguito dei casi Enron e Worldcom, una dinamica identica aveva portato negli Stati Uniti all’emanazione della legge nota come Sarbanes Oxley Act.

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3. le profonde evoluzioni gestionali, organizzative e legislative che stanno caratterizzando il settore in esame.

Sotto il primo profilo si sottolinea come, da un lato, servizi pubblici a tariffe basse o più

basse di quelle di altri paesi/aree e/o di qualità più elevata favoriscano l’ottenimento di risultati positivi per il sistema delle imprese di un paese e/o di una sua aerea (si pensi ai costi dell’energia elettrica e del gas naturale e alla loro incidenza sui costi di produzione, oppure all’impatto positivo derivante da un’efficiente e capillare rete di telecomunicazione); dall’altro lato si evidenzia come servizi in grado di rispondere, in quantità, qualità e tariffe, ai bisogni della collettività, possano influenzare - e di fatto influenzino - la vita di una comunità (si pensi all’importanza per il cittadino dell’efficienza e dell’efficacia del servizio di trasporto urbano, del servizio di raccolta rifiuti, ecc.) (Borgonovi, 2001).

Sotto il secondo profilo si rileva come la dinamica di crescita del comparto pubblico appaia, in questi ultimi anni, più accentuata rispetto a quella degli altri settori (Confservizi, 2004). Nel periodo 1998-2002, infatti, la produzione ed il fatturato dei servizi pubblici hanno registrato un aumento della loro quota sull’economia nazionale e sull’industria rispettivamente dal 3,9% al 4,3% e dal 9% al 10,3%. Analoga considerazione può essere formulata con riferimento all’andamento degli investimenti; questi sono incrementati del 34% nei servizi pubblici, con una dinamica più accentuata in quelli locali (+44%) rispetto ai nazionali (+31%), contro il +20% registrato dall’industria.

Sotto il terzo profilo, sul quale ci concentriamo nel proseguo del lavoro, si evidenzia come nell’ultimo ventennio sia profondamente mutata la «filosofia» di gestione dei servizi pubblici: la perdita di legittimazione dell’operato dell’impresa pubblica, locale e nazionale; la crisi della finanza pubblica; la nuova «consapevolezza» degli utenti-clienti-cittadini; le spinte dell’Unione Europea; lo sviluppo tecnologico rappresentano, infatti, alcuni dei fattori che hanno innescato un profondo processo di mutamento, non ancora giunto a conclusione, volto a orientare la gestione dei servizi verso logiche manageriali, perseguendo in primis obiettivi di efficienza e riduzione del deficit (12).

Ciò premesso, con riferimento particolare al comparto dei servizi pubblici locali – ed assumendo una prospettiva storica dell’evoluzione «gestionale»– si rileva un sostanziale «immobilismo» per circa 90 anni, durante i quali, in virtù della legge 103 del 1903, l’Ente locale gestisce direttamente i servizi locali attraverso l’azienda municipalizzata (13), pensata come «organo» dell’Ente locale (Cafferata, 1993), nonché braccio operativo dello stesso, che in questo riconosce il proprio e più importante cliente (Vaccà, 2004). Con la legge 142 del 1990, tuttavia, si innesca un processo di riorganizzazione dei servizi locali che si muove lungo la direttrice dell’aziendalizzazione, attraverso, tra l’altro, l’introduzione di forme di gestione aventi carattere imprenditoriale tese a operare secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità (14). In realtà, è doveroso rilevare che i timori di «perdita di controllo» da parte dell’Ente locale erano talmente rilevanti che:

(12) In proposito, ad esempio, si vedano, Fazioli (1995); Testa (2001); Gilardoni, Lorenzoni (2003); Grandinetti, Massarutto (2003); Grossi, Mussari (2004); Vaccà (2004); Borgonovi (2005). (13) Questo modello ha prodotto risultati sia positivi sia negativi; fra i primi si ricorda almeno il controllo pubblico di monopoli. Fra i secondi l’autoreferenzialità, le influenze politiche ed infine la scarsa attenzione all’efficienza ed economicità di gestione. In proposito, Grandinetti, Massarutto (2003). (14) La legge n.142 riconosce agli Enti locali la possibilità di costituire, fra l’altro, l’azienda speciale e la S.p.A. a capitale pubblico maggioritario. L’azienda speciale presenta maggiore autonomia gestionale, amministrativa, organizzativa e contabile rispetto all’azienda municipalizzata, ma opera sempre sotto gli stringenti vincoli dell’operatore pubblico; la S.p.A., di contro, è dotata di personalità giuridica di diritto privato e, quindi, di una maggiore flessibilità gestionale. In merito alle S.p.A. a capitale pubblico maggioritario si ricorda che tale vincolo è stato, poi, eliminato dalla legge 489/1992 per giungere in seguito alla possibilità per gli Enti locali di

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1. la gestione in economia ha rappresentato, per tutti gli anni Novanta, una delle forme di

gestione più diffuse, soprattutto nel Mezzogiorno, anche per alcuni servizi a rilevanza imprenditoriale, come acquedotti e smaltimento rifiuti (Ministero dell’Interno, 1999);

2. la trasformazione delle aziende municipalizzate in società di capitali è avvenuta con estrema lentezza: si è passati da 22 società nel 1995 a sole 90 nel 1998 (Confservizi, 2001) (15);

3. l’ente locale ha mantenuto (e mantiene, tendenzialmente, tutt’oggi) nelle S.p.A. la proprietà del capitale (Confservizi, 2001, 2004).

Dalla seconda metà degli anni Novanta, su spinta di direttive promosse dall’Unione

europea viene avviato, nel comparto in analisi, un secondo processo di riforma finalizzato a:

1) accelerare il processo di liberalizzazione dei servizi pubblici locali, introducendo la concorrenza «per» il mercato;

2) sostenere la privatizzazione (formale e sostanziale) delle aziende pubbliche locali. Tale disegno diviene effettivo con l’approvazione dell’art. 35 della legge n. 488 del 2001

(Legge Finanziaria per il 2002) che prevede, fra l’altro, l’obbligatorietà della trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi in società di capitali; l’introduzione della concorrenza per il mercato, conferendo la titolarità di ogni servizio pubblico locale di rilevanza industriale mediante gara con procedura ad evidenza pubblica; l’obbligo di separazione della proprietà delle reti, in capo all’Ente locale, dall’attività di erogazione del servizio ed, eventualmente, dalla gestione delle reti stesse, configurando così un sistema di offerta reticolare.

L’obiettivo che ci si prefigge di raggiungere è quello di separare il ruolo dell’Ente locale da quello delle aziende erogatrici di servizi pubblici. Il primo, infatti, dovrebbe abbandonare la gestione diretta e assumere il ruolo di programmazione, governo, regolazione ossia guida e coordinamento strategico (steering) della rete i cui nodi possono essere costituiti da organizzazioni private, non profit e/o pubbliche, tutte indirizzate alla soddisfazione del bisogno pubblico; le seconde dovrebbero gestire, in modo autonomo e indipendente, il servizio pubblico (16).

Analizzando, infine, i dati relativi agli ultimi anni, si rileva come il percorso di innovazione gestionale ed organizzativo previsto dal legislatore non abbia trovato facile applicazione nel contesto locale. In proposito, ad esempio, potrebbe assumere una qualche significatività l’evidenza che, così come spesso accade a livello nazionale, alla privatizzazione formale non segue la privatizzazione «sostanziale»: se, infatti, le società di

costituire o di partecipare anche a società a responsabilità limitata (legge 127/1997). La legge 142, infine, lascia intendere che la gestione in economia è da considerarsi una forma organizzativa residuale per la scarsa flessibilità organizzativa ed i problemi connessi alla responsabilizzazione del personale. (15) Più rilevante è, negli anni Novanta, la trasformazione delle aziende municipalizzate in aziende speciali. (16) L’indipendenza e l’autonomia sono garantite, in questa fase, dalla modalità di affidamento del servizio: la gara ad evidenza pubblica. Di recente, le disposizioni dell’art. 35 sono state modificate dall’art. 14 del decreto collegato alla Finanziaria 2004. Secondo il nuovo dettato legislativo la titolarità del servizio a rilevanza economica può essere conferita: a) a società di capitale individuata mediante gara con procedura ad evidenza pubblica, che coincide con la precedente modalità obbligatoria; b) a società a capitale misto, nella quale il socio privato è scelto mediante gare con procedura ad evidenza pubblica; c) a società a capitale totalmente pubblico, a condizione che le amministrazioni pubbliche esercitino su di essa un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società effettui la maggior parte della propria attività con gli enti pubblici che la controllano.

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capitali sono censite, nel 2005, in 870 unità (e di queste 9 sono quotate in Borsa), le S.p.A. di cui gli Enti locali sono unici proprietari sono prevalenti (Confservizi, 2004, 2005).

Alla luce del quadro tratteggiato, diversi interrogativi vengono sollevati in merito alla reale influenza del processo di privatizzazione sulla corporate governance delle imprese italiane di servizi pubblici locali, con la sottesa dubbia significatività in termini di miglioramento delle performance aziendali (17).

4. L’analisi: aspetti metodologici

Negli ultimi anni studi di natura esplorativa sono stati prodotti per verificare l’ipotesi che l’adozione da parte delle imprese di determinate misure di corporate governance possa avere una qualche influenza sul miglioramento delle performance aziendali (18).

L’indagine quali-quantitativa svolta nel presente contributo costituisce un tentativo d’inserimento nella direzione precitata. L’indagine, in particolare, si è posta come obiettivo di studiare, nel periodo 2000-05, la relazione fra il sistema di corporate governance implementato e le performance prodotte da quelle aziende italiane di servizi pubblici locali che, trasformate in S.p.A. e collocate sul mercato azionario, sono presenti nel listino della Borsa di Milano ininterrottamente dal 1 gennaio 2001 al 1 gennaio 2006. Al riguardo, la popolazione è composta da: ACEA Roma, ACSM Como, AEM Milano, AEM Torino e AMGA Genova. In proposito, l’oggetto iniziale dello studio comprendeva tutte le aziende ex municipalizzate quotate in Borsa nel periodo di riferimento, dunque anche Acegas-Aps Trieste, Hera Bologna e ASM Brescia, ammesse alla quotazione in diverse date. Nel corso dell’indagine abbiamo riscontrato, tuttavia, come la disomogeneità di quotazione di dette aziende rispetto alle restanti cinque, con la sottesa differenza temporale nell’adesione al Codice Preda, sembrasse condizionare in maniera non irrilevante la complessiva significatività dell’analisi. Abbiamo scelto, pertanto, di ridurre la popolazione attraverso il criterio limitante della continuità di quotazione in Borsa nel periodo considerato.

Ciò detto, nella tabella seguente illustriamo la popolazione indagata, indicando gli anni della trasformazione in S.p.A., quelli della quotazione in Borsa nonchè l’azionista di maggioranza.

Tab. 1 – La popolazione analizzata

Azienda Anno di

trasformazione in S.p.A.

Data di quotazione in Borsa

Azionista di maggioranza (al 1 gennaio 2006)

ACEA Roma 1998 16/07/1999 Comune di Roma (51%) ACSM Como 1997 27/10/1999 Comune di Como (51%) AEM Milano 1996 22/07/1998 Comune di Milano (43%) AEM Torino 1997 01/12/2000 Comune di Torino (69%) AMGA Genova 1996 21/10/1996 Comune di Genova (51%) Fonte: nostra elaborazione su dati di Borsa Italiana S.p.A., vari anni.

La ratio con cui l’indagine si è svolta è la seguente. Per quanto concerne il sistema di corporate governance abbiamo preso come riferimento l’edizione 2002 del Codice Preda. Da taluni articoli di detto Codice, in particolare, abbiamo scelto delle variabili specifiche di cui

(17) Per una disamina dei temi trattati, nonché di altri studi attinenti alla governance della aziende, sia concesso rimandare, ad esempio, al volume curato da Abatecola e Poggesi (2006). (18) In proposito, ad esempio, si vedano Alves, Mendes (2001); La Porta et al. (2002); Bhojraj, Sengupta (2003); Gillian, Starks (2003); Gompers et al. (2003); Felicio, Rodrigues, (2005).

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abbiamo verificato l’eventuale adozione, negli anni, da parte della popolazione, con la sottesa valutazione: a) dell’andamento medio negli anni; b) degli eventuali scostamenti tra le singole società.

Ciò detto, esplicitiamo l’assunto di base dell’analisi, da cui è derivato, peraltro, il criterio utilizzato nel giudizio specifico di sintesi: premesso che la normativa del Codice Preda rimane ad oggi ad adesione volontaria, tale adesione è comunque vigorosamente raccomandata da Borsa Italiana alle società quotate; da ciò, pertanto, abbiamo derivato l’idea che nella verifica del grado di adesione ai principi di detto Codice possa sostanziarsi un elemento di valutazione formale circa la qualità di un sistema di corporate governance. In altri termini, più le società hanno aderito nel periodo ai principi del Codice, più il loro sistema di corporate governance è stato giudicato positivo. Nella tabella che segue illustriamo sinteticamente le variabili indagate, che nell’analisi abbiamo desunto dalle relazioni di corporate governance redatte dalle società nel periodo considerato.

Tab 2 – Le variabili di corporate governance

Variabile Articolo Codice Titolo Descrizione

1 1.1 Numero e cadenza delle riunioni annue del C.d.A.

Il Codice raccomanda che il C.d.A. si riunisca, annualmente, a cadenza regolare. Il numero delle riunioni dovrebbe essere tale da garantire l’efficace ed efficiente espletamento della funzione di governance del C.d.A.

2 1.2 Delega dell’approvazione delle operazioni con parti correlate

Il Codice raccomanda che, anche in presenza di una carica formale di Amministratore Delegato (A.D.), l’esame e l’approvazione di tali operazioni rimanga compito esclusivo del C.d.A.

3 2.1 Numero ed autorevolezza degli amministratori non esecutivi

Il Codice ne raccomanda un numero e autorevolezza tali da garantire che il loro giudizio possa avere un peso significativo nell’assunzione delle decisioni consiliari.

4 3.2 Numero degli amministratori indipendenti

Il Codice ne raccomanda un numero adeguato in relazione al numero degli amministratori complessivi e significativo per la sua rappresentatività.

5 4 Separazione tra la carica di

Presidente e A.D; informativa sui compiti del Presidente

Il Codice sostiene la preferibilità della separazione formale tra le due cariche. Qualora il Presidente abbia deleghe operative, si raccomanda una dettagliata esplicitazione di queste nella relazione di corporate governance.

6 7 Comitato per la proposta di nomina degli amministratori

Il Codice raccomanda la costituzione del comitato, la cui struttura dovrebbe essere composta in maggioranza da amministratori non esecutivi.

7 8.1 Comitato per la remunerazioneIl Codice raccomanda la costituzione del comitato, la cui struttura deve essere composta in maggioranza da amministratori non esecutivi..

8 8.2 Compensi del C.d.A. Il Codice ritiene preferibile che almeno parte dei compensi del C.d.A. venga ancorata ai risultati economici prodotti dall’azienda.

9 10 Comitato per il controllo interno

Il Codice raccomanda la costituzione del comitato, la cui struttura deve essere composta in maggioranza da amministratori indipendenti e i cui compiti debbono essere adeguatamente dettagliati.

10 11.3 Esperti indipendenti Il Codice raccomanda l’assistenza di esperti indipendenti per operazioni rilevanti e non ripetitive.

11 12 Investor Relations Il Codice raccomanda l’identificazione di un responsabile e, se del caso, la costituzione di una struttura aziendale incaricata di questa funzione.

Fonte: nostra elaborazione su Codice Preda, 2002.

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Per quanto concerne invece le performance abbiamo preso in considerazione le seguenti variabili: fatturato, risultato operativo, utile di periodo, ROI, ROE e ROS. Di dette variabili abbiamo valutato nel periodo considerato: a) l’andamento medio; b) gli scostamenti tra le singole società. Abbiamo espresso, infine, talune considerazioni derivanti dal confronto, sia a livello di popolazione, sia a livello di singola impresa, delle variabili di corporate governance e di performance illustrate. 4.1. Risultati

Per quanto riguarda le variabili di corporate governance, l’analisi svolta ha prodotto i seguenti risultati (19): Variabile 1): nel periodo considerato, dalle relazioni di corporate governance è emersa una lacuna generale in merito alla cadenza con cui le riunioni dei C.d.A. si tengono. E’ risultato chiaramente definito, invece, il numero annuale delle riunioni stesse. In proposito, dal 2000 al 2005 i C.d.A. delle cinque società si sono riuniti in media 13,63 volte, passando da 14 volte nel 2000 a 11,2 nel 2005 (20). In particolare, negli ultimi due anni, il numero medio di riunioni è risultato inferiore alla media di periodo ed il tasso medio di variazione, per la popolazione, della variabile indagata è risultato negativo (-1,94%) (21). Variabile 2): a partire dal 2002, in tutte le società il C.d.A. è risultato il solo responsabile delle operazioni con parti correlate (22). Segnaliamo, inoltre, come, per quanto concerne gli anni precedenti il 2002, ACSM e AMGA facciano esplicito riferimento all'aspetto in questione, anticipando, pertanto, i dettami successivamente forniti dal Codice Preda. Variabili 3-4-5): nel periodo 2000-05 il numero medio degli amministratori presenti nel C.d.A. delle cinque società analizzate è stato pari, in valore assoluto, a 8,17, passando da 7,8 del 2000 a 8,4 del 2005. In particolare, per la popolazione il tasso medio di variazione di periodo della variabile indagata è risultato del 2,27% (23).

Per quanto riguarda il ruolo degli amministratori non esecutivi, segnaliamo, quale limitazione all’analisi svolta, l’assenza di giudizio circa «il grado di autorevolezza» di tali figure. Ciò detto, il rapporto medio fra detti amministratori e membri dei C.d.A è risultato del 82,46%, passando dall’81,43% del 2000 all’80,54% del 2005. Nella popolazione, pur essendo il tasso medio di variazione negativo (-0,05%), le aziende analizzate sembrano

(19) Alcuni dati di sintesi attinenti all’analisi svolta sono illustrati nelle tabelle in Appendice del contributo. (20) Riguardo a detta variabile, un’indagine significativa sembra essere quella che confronta il numero medio di riunioni annue effettivamente svolte nel periodo considerato e l’equivalente previsto annualmente dalla normativa statutaria. In questo modo è possibile identificare 2 classi di aziende, caratterizzate la prima dall’assenza di indicazioni sul numero minimo di riunioni del C.d.A. (ACSM, AEM Torino e AEM Milano), la seconda dall’indicazione della cadenza delle riunioni (mensile per AMGA, trimestrale per ACEA). Con riferimento a quest’ultima categoria, il rapporto medio tra le variabili è 2,09: AMGA ha rapporto pari a 1,01, ACEA pari a 3,17. (21) Al riguardo, la società che presenta il tasso medio di variazione più elevato è risultata ACSM (3,65%); quella con il tasso medio più basso è AEM Milano (-8,89%). (22) Soltanto in tre società, tuttavia, sono state esplicitate con dettaglio dette operazioni: AMGA, AEM Milano e AEM Torino. (23) In proposito, AEM Torino presenta il tasso medio di variazione più elevato (8%) mentre ACEA il più ridotto (-2%).

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rispettare i dettami del Codice in quanto, in media, il valore della variabile indagata è risultato elevato (24).

Il numero degli amministratori non esecutivi, inoltre, è risultato sostanzialmente legato alla sussistenza o meno della separazione dei ruoli tra Presidente e A.D; infatti, nelle società in cui i due soggetti sono emersi distinti, i membri esecutivi del C.d.A. sono stati pari a due. Nell’altro caso il membro esecutivo è risultato unico. Analizzando, quindi, detta variabile si è rilevato che: a) solo nel 40% del campione le due cariche sono state ricoperte da due figure distinte, così come auspicato nel Codice (25); b) le eventuali deleghe operative attribuite dal C.d.A. al Presidente - sia che egli abbia svolto anche le funzioni dell’A.D., sia che egli abbia costituito una figura separata - sono risultate esaustivamente documentate.

Infine, con riferimento agli amministratori indipendenti, nel periodo 2000-2005 il rapporto medio tra detti amministratori e membri non esecutivi del C.d.A. è risultato pari al 71,77%, passando dal 74,89% del 2000 al 73,65% del 2005. Il tasso medio di variazione della variabile indagata è, per la popolazione, risultato positivo (3,02%) ed essendo i valori analizzati elevati si può concludere che le aziende abbiano rispettato i dettami del Codice (26).

Variabile 6): si segnala, in merito, come nessuna società abbia attivato tale Comitato (27). Variabile 7): in proposito si rileva come tale Comitato sia attivo, dal 31/12/2001, nel 60% delle società analizzate e la maggioranza degli amministratori in esso presenti sia costituita da membri non esecutivi, così come raccomandato dal Codice (28). Variabile 8): in merito si osserva come tutte le società abbiano ancorato parte dei compensi del/degli amministratori ai risultati aziendali. Variabile 9): dal 31/12/2002 tutte le società analizzate hanno attivato, al proprio interno, il Comitato in analisi e la maggioranza degli amministratori in esso presenti è costituita da membri indipendenti, così come raccomandato dal Codice (29). Segnaliamo, infine, come le funzioni specifiche di tale Comitato siano adeguatamente evidenziate nelle relazioni di corporate governance. Variabile 10): su questo aspetto si sottolinea come le relazioni delle cinque società siano risultate del tutto lacunose.

(24) In particolare, la società che presenta il tasso medio di variazione del rapporto (amministratori non esecutivi)/(membri del C.d.A.) più elevato è AEM Torino (1,43%); quella che presenta il tasso più ridotto è AEM Milano (-1,81%). (25) In tale fattispecie rientrano ACEA e AMGA. (26) Nello specifico, ACSM presenta il tasso medio di variazione del rapporto (amministratori indipendenti/amministratori non esecutivi) più elevato (10%), AEM Milano il più ridotto (-2,90%). (27) Alcune società motivano tale mancata attivazione. Ad esempio, AEM Torino lega l’assenza del Comitato alla circostanza per cui l’azionista di maggioranza, il Comune di Torino, ha il diritto ad esprimere la maggioranza degli amministratori ed il Presidente del Consiglio. (28) Al 31/12/2005 le aziende che non hanno attivato il Comitato sono: AEM Torino e AMGA. In ACEA e AEM Milano il Comitato è operativo dal 2000, in ACSM dal 2001. (29) In particolare, detto Comitato è operativo in AEM Torino, ACEA, AMGA e AEM Milano dal 2000; in ACSM dal 2002.

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Variabile 11): in proposito si rileva come dal 31/12/2001 detta funzione sia attiva in tutte le società analizzate (30).

Ciò detto per quanto riguarda la corporate governance, con riferimento alle performance nel periodo considerato il fatturato medio è risultato pari ad € 774.181.000, muovendosi da € 371.974.000 del 2000 a € 1.308.232.000 del 2005. Il tasso medio di variazione del fatturato è stato, per la popolazione, pari al 28%. Al riguardo in AEM Torino e AEM Milano detta variabile ha assunto il valore più elevato (rispettivamente 38% e 37%), in ACSM Como quello più ridotto (19%).

Il risultato operativo medio è stato pari al € 98.233.000, muovendosi da € 61.056.000 nel 2000 a € 165.043.000 nel 2005, con un tasso medio di variazione pari al 32% per la popolazione. Al riguardo, il tasso medio di variazione più elevato è stato prodotto da ACEA Roma (76%), quello più ridotto da ACSM Como (10%).

L’utile netto medio è stato pari ad € 54.545.000, passando da un valore di € 32.320.000 nel 2000 a € 92.592.000 nel 2005, con un tasso medio di variazione, per la popolazione, pari al 17%. Il tasso medio di variazione più elevato è stato detenuto da AEM Milano (42%), quello più ridotto da ACEA (-10%).

Il ROI medio si è attestato al 9,09%, passando da un valore di 9,95% nel 2000 al 10,42% nel 2005. Per la popolazione, il tasso medio di variazione è pari al 9%. Al riguardo, detto tasso ha assunto il valore maggiore in ACEA (35%), quello minore in ACSM Como (2%).

Il ROE medio si è attestato al 7,03%, passando da un valore di 5,34% nel 2000 al 9,18% nel 2005. Il tasso medio di variazione è pari, per la popolazione, al -1%. Al riguardo, detto tasso ha assunto il valore maggiore in AEM Milano (31%), quello minore in ACEA Roma (-63%).

Il ROS medio è pari al 12,06%, passando da un valore di 13,55% nel 2000 ad 11,29% nel 2005. Il tasso medio di variazione di questa variabile è pari al 3% per la popolazione. Al riguardo, detto tasso ha assunto valore maggiore in ACEA (39%), quello minore in AEM Torino e ACSM Como (entrambi -8%).

In sintesi, a livello di popolazione l’andamento di ROI, ROE e ROS risulta altalenante in tutto il periodo considerato (31). Sembra non inutile segnalare, infine, come l’unico anno in cui una società della popolazione abbia presentato risultati negativi sia il 2002. In tale anno, in particolare, ACEA, a seguito di rilevanti operazioni di gestione straordinaria presenta un risultato operativo pari a € -43.261.000 ed un utile netto pari a € -107.985.000. Tali performance influenzano significativamente la media dei tassi di variazione delle variabili indagate, a livello di popolazione, tra il 2002 ed il 2003. Esse, infine, sembrano avere un peso specifico non limitato anche per quanto concerne il complesso dell’andamento generale delle variabili indagate nell’intero periodo di riferimento.

(30) Al riguardo si evidenzia come tale funzione sia stata attivata da ACSM e AMGA nel 2000; ACEA, AEM Milano e AEM Torino l’hanno attivata nel 2001. (31) Nell’analisi, per altalenante abbiamo inteso qualsiasi andamento diverso dai seguenti: a) sempre crescente; b) sempre decrescente; c) decrescente fino ad un dato anno e poi crescente; d) crescente fino a un dato anno e poi decrescente. Si noti, infine, come nel 2005 il valore del ROI risulti superiore a quello medio, il valore del ROE e ROS inferiore.

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5. Discussione e considerazioni conclusive

Per quanto concerne il rapporto tra corporate governance e performance, dai risultati dell’analisi svolta maturano talune considerazioni sia a livello di singola impresa sia a livello di intera popolazione.

In ACEA Roma, per quanto concerne le variabili di corporate governance nel periodo considerato si nota come il rapporto tra amministratori non esecutivi e totale degli amministratori presenti nel C.d.A. della società sia pari, in media, al 78,15% e non scenda in nessun anno al di sotto del 78%. Il rapporto tra amministratori indipendenti e amministratori non esecutivi è pari al 100% in tutti gli anni analizzati. Le cariche di Presidente e A.D. nel C.d.A. sono sempre distinte. La maggior parte delle variabili dummy assume valore 1 sin dal 2000 (32). Per quanto concerne le performance, considerando come proxy l’andamento di ROI, ROE e ROS, si rileva come esso sia decrescente per tutte e tre le variabili nel periodo 2000-02 e crescente nel successivo 2002-05 (33).

In ACSM Como, per quanto concerne le variabili di corporate governance si rileva che il rapporto tra amministratori non esecutivi e totale degli amministratori presenti nel C.d.A. della società risulta, in tutti gli anni analizzati, pari al 90%. Il rapporto tra amministratori indipendenti e amministratori non esecutivi ha un andamento altalenante ed è pari, in valor medio, soltanto al 14,81% Il Presidente del C.d.A. e l’A.D. convergono sempre in un'unica carica. La figura delle Investor relations è attiva dal 2000, il Comitato di Remunerazione dal 2001 ed il Comitato per il Controllo interno dal 2002. L’andamento di ROI, ROE e ROS risulta altalenante in tutto il periodo considerato (34).

In AEM Milano, per quanto concerne le variabili di corporate governance si rileva che il rapporto tra amministratori non esecutivi e totale degli amministratori presenti nel C.d.A. della società risulta, in media, elevato (85,58%) pur registrando, proprio nell’ultimo anno considerato, il valore minore (78%). Il rapporto tra amministratori indipendenti e amministratori non esecutivi presenta un andamento altalenante con una media di periodo del 66,27% e valori, negli ultimi quattro anni, inferiori a detta media. Il Presidente del C.d.A. e l’A.D. convergono sempre in un’unica figura. Il Comitato di Remunerazione e quello per il Controllo interno sono attivi dal 2000 mentre dal 2001 è operativa la figura delle Investor Relations. L’andamento di ROI, ROE e ROS risulta altalenante in tutto il periodo considerato (35).

In AEM Torino, per quanto concerne le variabili di corporate governance si rileva che il rapporto tra amministratori non esecutivi e totale degli amministratori presenti nel C.d.A. della società risulta, in media, elevato (84,76%), non scendendo peraltro mai al di sotto dell’80%. Il rapporto tra amministratori indipendenti e amministratori non esecutivi è pari al 100% in tutti gli anni analizzati. Il Presidente del C.d.A. e l’A.D. convergono sempre in un’unica figura. Il Comitato di Remunerazione non è mai stato attivato, mentre il Comitato per il Controllo interno e la figura delle Investor Relations sono attivi, rispettivamente da

(32) In particolare, come variabili dummy sono state considerate le seguenti: a) eventuale separazione tra la figura del Presidente e quella dell’A.D.; b) eventuale esistenza del Comitato di Remunerazione; c) possibile attivazione del Comitato di Controllo Interno; d) eventuale presenza della figura delle Investor Relations; e) formale informativa circa gli advisor aziendali; f) eventuale ancoraggio dei compensi di almeno uno dei membri del C.d.A. ai risultati aziendali. (33) Si noti, infine, come tutti e tre gli indicatori nel 2005 si assestino ad un valore superiore a quello medio. (34) Si noti, infine, come tutti e tre gli indicatori nel 2005 si assestino ad un valore inferiore a quello medio. (35) Si noti, infine, come nel 2005 il valore del ROI e del ROE risulti superiore a quello medio, il valore del ROS inferiore.

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2000 e da 2001. L’andamento di ROI, ROE e ROS risulta altalenante in tutto il periodo considerato (36).

In AMGA Genova, infine, per quanto concerne le variabili di corporate governance si rileva come il rapporto tra amministratori non esecutivi e totale degli amministratori presenti nel C.d.A. della società nel periodo considerato risulti, in media, elevato (73,81%), rimanendo peraltro sempre al di sopra del 71%. Il rapporto medio tra amministratori indipendenti e amministratori non esecutivi è pari al 77,78%, attestandosi, tuttavia – nel 2002 e nel 2003 – al 60%. Le cariche di Presidente e A.D. nel C.d.A. sono sempre distinte. In merito alle variabili dummy si osserva che il Comitato di Remunerazione non è mai stato attivato mentre sia il Comitato per il Controllo interno sia la figura delle Investor Relations sono attivi dal 2000. L’andamento di ROI, ROE e ROS risulta altalenante in tutto il periodo considerato.

L’analisi svolta, in conclusione, sembra delineare la sostanziale assenza di un andamento correlato, sia in senso positivo sia negativo, tra le variabili di corporate governance e di performance analizzate. Al riguardo, l’analisi evidenzia come, da un lato, il sistema di corporate governance della popolazione si possa considerare nel periodo 2000-05 almeno non peggiorato; dall’altro, come le performance della popolazione denotino un andamento sostanzialmente altalenante con riferimento particolare agli indicatori ROI, ROE e ROS. Eccezion fatta, come illustrato, per ACEA, l’analisi del pari fornisce identica evidenza anche a livello di singole imprese nella popolazione. (36) Si noti, infine, come nel 2005 il valore del ROI e del ROE risulti superiore a quello medio, il valore del ROS inferiore.

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Appendice Nelle tabelle che seguono vengono illustrati alcuni dati di sintesi attinenti alle variabili di corporate governance e di performance della popolazione indagata. Tab 3 – Corporate governance. Dati di sintesi medi della popolazione(37)

Variabile 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Media

(2000-05)

Riunioni C.d.A. 14 14,2 14,4 15,8 12,2 11,2 13,63Д annuo (38) 0 1,14% 5,02% 12,61% -17,06% -11,43% -1,94%Membri C.d.A. 7,8 8,2 8,2 8,2 8,2 8,4 8,17Д annuo 0 8,86% 0 0 0 2,50% 2,27%Amministratori non esecutivi 6,4 7 6,8 6,8 6,8 6,8 6,77Non esecutivi/C.d.A. 81,43% 85,34% 82,48% 82,48% 82,48% 80,54% 82,46%Д annuo 0 5,29% -3,33% 0 0 -2,22% -0,05%Amministratori indipendenti 4,4 5,0 4,4 4,4 4,4 4,6 4,53Indipendenti/Non esecutivi 74,89% 75,56% 67,87% 67,87% 70,79% 73,65% 71,77%Д annuo 0 0,67% 9,43% 0 -1,67% 6,67% 3,02%Separazione Presidente/A.D. 40% 40% 40% 40% 40% 40% 40%Comitato Remunerazione 40% 60% 60% 60% 60% 60% 56,67%Compensi C.d.A. (39) 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100,00Comitato Controllo Interno 80% 80% 100% 100% 100% 100% 93%Investor Relations 40% 100% 100% 100% 100% 100% 90%Informativa Advisor 0 0 0 0 0 0 0

Fonte: nostra elaborazione su relazioni di Corporate Governance delle imprese, vari anni. Tab 4 – Corporate performance. Dati di sintesi medi della popolazione (40)

Variabile 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Media

(2000-05)

Fatturato 371974 568912 631393 793080 971494 1308232 774181Д annuo 43% 18% 29% 21% 28% 28%Risultato.operativo 61056 78497 53429 104702 126670 165043 98233Д annuo 20% 1% 102% 18% 17% 32%Utile netto 32320 39553 10767 82764 69274 92592 54545Д annuo 12% -49% 84% 18% 19% 17%ROI 9,95% 9,09% 6,26% 9,09% 9,76% 10,42% 9,09%Д annuo -7% -18% 79% -6% -1% 9%ROE 5,34% 5,84% 3,73% 10,10% 8,01% 9,18% 7,03%Д annuo 5% -54% 72% -32% 5% -1%ROS 13,55% 11,84% 11,65% 12,38% 11,63% 11,29% 12,06%Д annuo -10% -14% 81% -17% -26% 3%

Fonte: nostra elaborazione su dati tratti da «Dossier dell’Azionista», Il Sole 24 Ore, vari anni.

(37) I numeri decimali delle tabelle in appendice sono arrotondati a due dopo la virgola. (38) Il Д annuo (tasso di variazione annuo) è calcolato nella maniera seguente:

Д =1

1

−−

Xi

XiXi . Il Д nell’ultima colonna delle tabelle corrisponde alla media dei Д annui.

(39) Tale variabile assume valore pari a 1 se il compenso di almeno uno dei membri del C.d.A. è ufficialmente ancorato ai risultati aziendali. (40) I dati relativi a fatturato, risultato operativo e utile netto sono espressi in migliaia di euro.

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