Fraioli WAC 2007 Domus Aurea

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workshop di archeologia classica

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Periodico annuale

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RedazioneEmanuele Papi (segretario), Paolo Carafa, Fausto Longo

Segreteria di redazioneMaria Teresa D’Alessio (segretaria),

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worksho pdi archeologia classica

Paesaggi, costruzioni, reperti

Annuario internazionalediretto da Andrea Carandini

e Emanuele Greco

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SOMMARIO

Andrea Carandini, Riccardo Francovich

Andrea Carandini, Archeologia e libero pensieroAndrea Carandini, Michele Minardi, La casa privata di Servio Tullio e la sua

FortunaAngelo Amoroso, Il tempio di Tellus e il quartiere della praefectura UrbanaFabiola Fraioli, La domus Aurea: continuità e trasformazioni tra Palatino, Velia,

Oppio, Celio ed Esquilino

recensioni

J. C. Carter, Discovering the Greek Countryside at Metaponto, «Jerome Lectures23rd ser.» (Emanuele Greco)

J. W. Stamper, The Architecture of Roman Temples. The Republic to the Middle Empire (Simone Foresta)

discussioni

Emanuele Greco, Andrea Carandini, Archeologia, storia, storie: rapporto problematico e possibile?

Andrea Carandini, I problemi del Palatino

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LA DOMUS AUREA :CONTINUITÀ E TRASFORMAZIONI

TRA PALATINO, VELIA , OPPIO,CELIO ED ESQUILINO*

Fabiola Fraioli

Premessa

’incendio del 64 d.C. costituisce una grande cesura nell’assetto topografico del-l’area compresa tra Palatino, Velia, Oppio e Celio. Le fiamme, partite dal Circo

Massimo1 e giunte «apud imas Esquilias»,2 avevano preparato il terreno per un nuovointervento urbanistico, che non fosse soggetto ai limiti imposti dagli impianti ediliziprecedenti,3 come si era probabilmente verificato per la domus Transitoria. All’indo-mani della catastrofe l’area in esame fu interessata dalla costruzione del sontuosocomplesso residenziale di Nerone, la domus Aurea.

* Ringrazio il Prof. Andrea Carandini, che ha seguito la ricerca con grande attenzione e disponibilità.1 Tac. Ann. 15.38.2. 2 Tac. Ann. 15.40.1.3 Tacito informa che delle quattordici Regiones augustee solo quattro restarono intatte, tre erano state

rase al suolo, mentre nelle altre sette rimanevano solo poche tracce di costruzioni diroccate e semiarse (Tac.Ann. 15.40.1).

L’incendio del 64 d.C. e la successiva costru-zione della domus Aurea hanno costituito im-portanti episodi di discontinuità nell’assettotopografico dell’area compresa tra Palatino,Velia, Oppio, Celio ed Esquilino. Attraversol’analisi comparata dei dati archeologici edelle notizie desunte dalle fonti letterarie, siè cercato di ricostruire il quadro d’insiemedel complesso neroniano, costituito da tresettori principali: il Palatino, gli horti del-l’Esquilino e il nucleo centrale, compreso traSacra via e Valle del Colosseo. Ne risulta uncomplesso esteso per circa 220 ettari, di cui iprimi due settori appartenevano al demanioimperiale già prima di Nerone, mentre il ter-zo includeva le costruzioni, menzionate dagliantichi, con cui l’imperatore aveva congiun-to il Palatino agli horti di Mecenate.

The fire of 64 A.D. and the subsequent con-struction of the domus Aurea were importantepisodes of historical discontinuity in thetopographic layout of the area between thePalatine, Velia, Oppio, Celio and Esquiline.By comparative analysis of the archaeologi-cal data and the information gathered fromliterary sources, we sought to reconstruct thepicture of the entire Neronian complex, con-sisting of three main sectors: the Palatine,the Esquiline horti and the central nucleus,the area between the Sacra via and the Valledel Colosseo. The complex extended for ap-proximately 220 hectares, of which the firsttwo sectors had already belonged to the im-perial domain before Nero, while the thirdincluded buildings mentioned in ancientsources, by means of which the emperor hadconnected the Palatine with the horti ofMecenate.

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1. La topografia della domus Aurea attraverso le fonti letterarie1Nerone aveva realizzato una domus che si estendeva dal Palatino all’Esquilino, e l’aveva definita, in un primo momento, transitoria.2 Le costruzioni, distrutte dall’in-cendio del 64 d.C. e riedificate con il nuovo nome di domus Aurea, avevano congiuntoil Palatino ai giardini di Mecenate.3 Dall’alto della turris Mecenatiana l’imperatore ave-va contemplato l’incendio e affascinato dallo spettacolo avrebbe cantato la presa diTroia in abiti scenici.4 La dimora si componeva di un vestibulum così ampio da poteraccogliere in proporzione una statua colossale alta 120 piedi raffigurante lo stesso Ne-rone,5 era dotata di porticus triplices miliariae e di uno stagnum, così ampio da sembra-re un mare circondato da edifici grandi come una città. Tuttavia la dimora suscitavameraviglia non tanto per il lusso con cui era adornata, quanto per i campi, gli specchid’acqua e le distese solitarie di boschi, spianate e prospettive, progettati dai magistri etmachinatores Severo e Celere.6 Ville con campi, vigneti e pascoli, e boschi pieni di ognigenere di animali domestici e selvatici erano posti alle spalle7 del complesso residen-ziale.8 Sappiamo che gli atria Regis risplendevano lì dove si ergevano il colossus9 e i peg-mata celsa;10 gli stagna Neronis si trovavano in corrispondenza della valle dell’Anfitea-tro Flavio. L’area delle Terme di Tito era occupata da un superbo parco, realizzato inseguito ad espropriazioni di privati.11 Il complesso terminava in corrispondenza delTempio del Divo Claudio.12

2. La topografia tradizionaleLa ricostruzione dei limiti della domus Aurea proposta da van Essen,13 basata sulla re-visione dell’ipotesi di Hülsen,14 costituisce ancora oggi un indispensabile punto di ri-

1 Per la raccolta delle fonti sulla dimora neroniana si vedano: Profumo 1905, pp. 423-440; van Essen1954, pp. 1-3; Lugli 1955, pp. 209-214. 2 Suet. Nero 31.1.

3 Tac. Ann. 15.39.1. Tra gli horti dell’Esquilino quelli di Mecenate erano i più vicini al centro della città,compresi per una parte all’interno del circuito murario (cfr. infra).

4 Suet. Nero 38.6; Cass. Dio 62.18.1; Tac. Ann. 15.39.3.5 Suet. Nero 31. L’opera era stata commissionata a Zenodoro (Plin. N.H. 34.45).6 Tac. Ann. 15.42.7 Il termine utilizzato da Svetonio (Nero 31.1) è ‘insuper’, che può avere sia una connotazione spaziale (al

di sopra) sia quantitativa (in aggiunta, inoltre).8 Suet., Nero 31.1. Il paesaggio rurale a cui fanno riferimento Svetonio e Tacito ben si addice alla zona

dell’Esquilino, che sappiamo essere occupata da horti sin dalla tarda età repubblicana. L’identificazione po-trebbe trovare conferma nel fatto che nel passo di Svetonio, la cui descrizione della domus Aurea sembra se-guire una progressione topografica da W verso E, la menzione del paesaggio rustico avviene dopo quelladi tutti i nuclei architettonici della dimora neroniana.

9 Martial. De spect. 2. Sembra esserci, dunque, una coincidenza tra il vestibulum menzionato da Sveto-nio (Nero 31.1) e gli atria di Marziale, entrambi posti in relazione con il colossus. È probabile tuttavia che iltermine atria indichi genericamente la dimora neroniana. Per la distinzione tra vestibolo e atrio si veda Ca-randini 1986, p. 272.

10 Si ipotizza che il termine pegmata o impalcature faccia riferimento all’anfiteatro flavio (Cassatella,Panella 1995, p. 51); oppure ai ponteggi per i lavori stradali lungo il Sacro Clivo effettuati in età flavia (Ca-randini 1986, p. 272).

11 La notizia delle espropriazioni private riferita da Marziale (De spect. 2) all’area delle Terme di Tito, èconfermata in maniera più generale da Tacito (Ann. 15.52.1).

12 Martial. De spect. 2. L’autore indica la porticus Claudia come «ultima pars aulae deficientis erat».13 van Essen 1954, con bibliografia precedente.14 Jordan, Hülsen 1907, i, 3, pp. 273-276. In precedenza già Schneider aveva avanzato un’ipotesi di deli-

mitazione della domus Aurea (Schneider 1896, tav. 9).

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la domus aurea: continuità e trasformazioni 87ferimento. Secondo l’autore la residenza avrebbe incluso i portici adiacenti la via Sa-cra, il percorso del cd. vicus ad Carinas, la sommità della Velia. Verso NE, la dimoraavrebbe inglobato l’altura di S. Pietro in Vincoli, sino all’area delle Sette Sale, conesclusione della porticus Liviae. Il limite avrebbe seguito il circuito delle mura, scen-dendo nella valle tra Oppio e Celio, fino ad includere quasi completamente quest’ul-timo e tutto il Palatino. Da tale ricostruzione risulta un complesso esteso per circa 80ha. Gli autori che in seguito si sono interessati della topografia della domus Aurea nonsi sono discostati nelle grandi linee da quella ricostruzione.1 Una planimetria com-plessiva delle strutture attribuite al palazzo neroniano è stata pubblicata nel volumea cura di C. Panella a seguito delle fondamentali scoperte pertinenti la domus Aureaavvenute nell’area della meta Sudans.2 Da ultimo R. Mar propone come pertinente alpalazzo neroniano solo una parte del Palatino, escludendo la fascia sud-occidentale,occupata dal santuario della Magna Mater, e quella settentrionale del monte. L’auto-re esclude gran parte della collina della Velia, ma ritiene di pertinenza della comples-so l’altura di S. Pietro in Vincoli, la porticus Liviae e l’area delle Sette Sale. Il Celio nesarebbe escluso, ad eccezione del Claudium e delle sue immediate pertinenze, fino alvicus Capitis Africae.3

3. Per una nuova definizione dei limiti della domus Aurea

3. 1. I nuclei del progetto: il quadro topografico (Figg. 1; 1. 1.)

3. 1. 1. Palatino

I primi palazzi imperiali di concezione colossale e unitaria sul Palatino sembrano es-sere di età neroniana.

La domus Tiberiana è una piattaforma rettangolare di 400 × 450 piedi realizzata nel-la parte nord-occidentale del Palatino,4 che sorreggeva la residenza vera e propria.Quest’ultima, ricostruita come un’area di 300 × 300 piedi, era circondata da giardinipensili ed era accessibile attraverso scalinate poste sui lati orientale e settentrionaledella platea.5 Verso S il complesso aveva rispettato il santuario di Victoria e della Ma-gna Mater6 e la Casa di Augusto;7 a N-E un salto di quota considerevole lo separava dalcomplesso identificato con la domus Gai.8 La messa in opera del basamento avvenneprobabilmente durante i primi anni del regno di Nerone,9 in una zona che fino a quel

1 Ward Perkins 1956; Cassatella 1995. 2 Panella 1996, fig. 152.3 Mar 2005, pp. 113-136.4 Nel centro del basamento si trovava un criptoportico di 100 × 150 piedi. Prolungando gli assi dei

quattro lati della struttura ipogea è stato possibile suddividere la terrazza in rettangoli di 100 × 150 piedi ein quadrati di 150 piedi di lato (Krause 1987; Idem 1990; Idem 1994).

5 Krause 1987; Idem 1990; Idem 1994; Idem 2002. Un’altra ipotesi identifica la piattaforma della domusTiberiana con il basamento del templum novum Divi Augusti (Cecamore 2002, pp. 202-205).

6 Coletti 2004, pp. 417-420.7 Il muro di limite SE della domus Tiberiana risulta arretrato di 2,60 m, perché condizionato dal limite N

della Casa di Livia (Krause 2002, p. 85). 8 Hurst 1988; Idem 1995.9 Non vi sono indizi cronologici sicuri per datare la prima fase del basamento all’età neroniana piutto-

sto che a quella di Claudio. L’editore del monumento ritiene però significativa l’assenza di fonti relative al-le costruzioni di Claudio sul Palatino e il passo di Plinio (N.H. 36.15.111: Bis vidimus urbem totam cingi domibusprincipum Gai et Neronis) nel quale vengono menzionati i due grandi palazzi imperiali di Roma, ovvero quel-lo di Caio e quello di Nerone (Krause 1994, pp. 30-31).

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momento aveva ospitato abitazioni della aristocrazia romana.1 Dopo l’incendio del 64d.C. il palazzo venne ricostruito sulla medesima piattaforma.2

Scoperte recenti presso la pendice settentrionale del Palatino lasciano presuppor-re la presenza di un collegamento diretto tra la domus Tiberiana e la Sacra via, attra-verso un percorso che, raggiunta la Nova via, doveva costeggiare il lato orientale del-l’atrium Vestae.3 L’accesso a tale percorso dal Clivo Sacro era segnato da una porta-arcomonumentale, di cui sono state rinvenute le tracce, identificato con l’‘arcus in summaSacra via’ rappresentato sul rilievo degli Haterii, erede della più antica porta Mugonia.4

1 Al di sotto della piattaforma sono stati rinvenuti i resti di abitazioni tardo-repubblicane, delle quali ladomus Tiberiana conserva l’orientamento.

2 Le due fasi del primo impianto del basamento sono state individuate nel settore 9 (Krause 1994, p. 28).3 Il percorso è documentato da un’interruzione delle fondazioni del portico neroniano lungo il lato S

della Sacra via (Carandini 2004, pp. 20, 35-36). Si tratta del c.d. clivo Palatino A4 nella ricostruzione di A.Carandini (Carandini 2004, pp. 77-79, fig. 8).

4 Carandini 2004, pp. 19-20, 35-36. Sull’identificazione tra la porta Mugonia e l’arcus in summa Sacra viarappresentato nel rilievo degli Haterii si veda Coarelli 1983, p. 34, nota 23; Coarelli 1993.

Fig. 1. 1. Planimetria ricostruttiva della domus Aurea. Particolare.

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Esiste poi un secondo nucleo palaziale, di cui si conoscono pochi elementi rinvenutisotto il successivo complesso flavio, del quale in parte condizionarono lo sviluppo. a)Sotto l’aula Regia di età domizianea sono state individuate le fondazioni di due am-bienti sovrapposti, i cui assi risultano coincidenti con quello dell’aula flavia. Sulla ba-se dell’uguaglianza dell’orientamento e della posizione è stata presupposta anche unacoincidenza funzionale delle tre aule.1 b) Sotto il triclinio di epoca domizianea si èconservato il ninfeo noto con il nome di Bagni di Livia, tradizionalmente attribuitoalla domus Transitoria.2 Mentre una costruzione circolare, che mette fuori uso il sud-detto ninfeo, inserita in un più vasto complesso, viene tradizionalmente attribuita al-la domus Aurea.3 c) Due aule simmetriche, precedenti di analoghi ambienti del palaz-zo flavio, sono state identificate nella zona tra il peristilio inferiore e quello superiore.4

Contiguo alla Casa di Augusto, questo secondo nucleo ne rappresenta l’amplia-mento in forma monumentale. Prolungando gli assi delle strutture rimaste abbiamocercato di ricostruire un possibile schema dei limiti e della partizione interna di que-sto palazzo neroniano (Fig. 1. 1.). È interessante constatare che tali suddivisioni ver-ranno ricalcate in buona misura dalle ripartizioni del palazzo domizianeo. È verosi-mile che l’edificio flavio sia stato condizionato dal precedente complesso neronianoin modo maggiore di quanto i resti conservati lasciano pensare.5

Come nel periodo successivo, il palazzo poteva avere uno dei suoi accessi principalinella strada che dall’arco di Tito sale al Palatino, tradizionalmente nota con il nomedi clivo Palatino.6 Alcune fondazioni in cementizio, con orientamento N/S,7 lascianointuire il percorso del clivo nella fase successiva all’incendio. Abbiamo ipotizzato cheesso conducesse, piegando a SE, verso uno degli ambienti principali del palazzo – laproto-aula regia – che aveva forse le medesime funzioni dell’aula Regia domizianea.Da qui il percorso poteva raggiungere anche la scalinata occidentale della c.d. domusTiberiana.8

Rimane incerta la sistemazione dell’angolo nord-orientale del Palatino, nell’area del-la Vigna Barberini, dove gli scavi condotti dall’École française hanno messo in luce iresti di una ricca domus edificata all’incirca nel 30 a.C., e la cui distruzione viene data-ta dagli scavatori negli anni ’60 del i sec. d.C.9 In seguito l’edificio non venne ripristi-nato, anzi fu soggetto a spoliazioni del materiale edilizio e decorativo.10 L’area fu col-mata e livellata probabilmente già negli ultimi anni del regno di Nerone, tra il 65 e il

1 Giuliani 1982, pp. 246-254. 2 Carettoni 1949; Cassatella 1998, con bibliografia.3 L’ipotesi avanzata da Carettoni è stata generalmente accolta (Carettoni 1949; Cassatella 1990; Idem

1990a; Idem 1995a, pp. 63-64; Idem 1998). Un’altra ricostruzione assegna il ninfeo alla domus Aurea e l’edificiorotondo all’epoca di Vespasiano: Cecamore 1994-95, pp. 9-10; Eadem 2002, pp. 219-230.

4 Una sintesi in Cassatella 1995a.5 La continuità è stata rilevata oltre che per l’aula Regia, anche per le strutture sotto il ninfeo flavio

(Giuliani 1982, pp. 246-254; Cassatella 1998).6 Si tratta del c.d. clivo Palatino B nella ricostruzione di A. Carandini (Carandini 2004, fig. 8). Sul

percorso si veda inoltre Cassatella 1993. 7 Santangeli Valenzani, Volpe 1986, pp. 418-419.8 La recente ricostruzione del c.d. clivo Palatino proposta da R. Mar per l’epoca in esame prevede per

esso un percorso rettilineo, in evidente contrasto con l’orientamento delle strutture neroniane. Il tracciatorisulta inoltre troppo avanzato verso S, tanto da lasciare poco spazio per lo sviluppo del nucleo palazialeorientale (Mar 2005, tav. 4). 9 Morel 2001; Morel, Villedieu 2002; Villedieu 2006, pp. 58-59.

10 Villedieu 2006, pp. 58-59.

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la domus aurea: continuità e trasformazioni 9168 d.C.1 Non è escluso che la mancata ricostruzione della domus e le successive operazioni di sistemazione della zona siano legate al progetto neroniano della domusAurea e che, verosimilmente, la residenza imperiale avesse occupato, non sappiamoin che forme, anche questa parte del Palatino.2

Risulta problematico cogliere il rapporto tra i due palazzi imperiali e i poli cultualipresenti sul colle (il Santuario di Victoria e della Magna Mater, con le memorie romu-lee, il Tempio di Apollo Palatino e della Fortuna Respiciens), che al pari del Santuariodi Vesta, alle pendici settentrionali, continuarono ad essere frequentati anche nel cor-so dell’età neroniana.3

È verosimile che il palazzo imperiale possa aver avuto con essi un rapporto privi-legiato, anche attraverso passaggi e collegamenti esclusivi, come era accaduto per laCasa di Augusto e il Tempio di Apollo Palatino.

3. 1. 2. Sacra via, Velia e Valle del ColosseoIn base ai dati archeologici e alle notizie desunte dalle fonti letterarie (cfr. infra), è possibile ricostruire a grandi linee il progetto neroniano relativo alle valli tra Palatinoe Velia e tra Oppio e Celio. La Sacra via viene ingrandita e regolarizzata mediante larealizzazione di portici, come mostrano resti di fondazioni attribuite ad età neronia-na rinvenuti lungo il percorso, nel tratto che dalla Regia (di Brown) conduce al Vesti-bolo o Atrio del corpo palaziale centrale della domus Aurea, collegandola al Foro.4 Nelmedesimo quadro progettuale va probabilmente inserita la restituzione del Santuariodi Vesta, distrutto nel 64 d.C.5 Si è già detto dell’accesso monumentale al Palatino lungo il lato S della Sacra via, segnato da un arco-porta monumentale. Ipotizziamoche un percorso simmetrico venisse realizzato anche sul versante N della Sacra via,una sorta di razionalizzazione del precedente ‘vicus ad Carinas’.6 Tale percorso avreb-be permesso un collegamento diretto tra la Sacra via e la zona delle Carinae; da qui sipoteva poi proseguire fino al Fagutal (S. Pietro in Vincoli) e all’Esquilino. L’interven-to neroniano lungo la Sacra via dovette riguardare anche il Tempio di Giove Statore,7 distrutto dall’incendio8 e sicuramente ricostruito, essendo menzionato ancora nei Cataloghi Regionari.9 Ipotizziamo un suo inserimento nel portico stradale, ad W del‘vicus ad Carinas’, in una posizione che ricalca quella del successivo Tempio del divo

1 La datazione si basa sul rinvenimento di un tesoretto monetale, smarrito durante i lavori di livella-mento delle strutture della domus (Desnier, Rossi 2006).

2 La zona potrebbe essere stata destinata, nell’epoca esaminata, a spazio aperto o giardino.3 È ipotizzabile che le aree sacre fossero escluse dall’ambito dei palazzi imperiali veri e propri, mante-

nendosi al margine di essi. I santuari sopra citati si trovano infatti sui limiti del Palatino, così come la Casadelle Vestali e il Tempio di Vesta. Essi potevano essere frequentati attraverso viabilità esterne ai palazzi, come nel caso di Victoria e della Magna Mater, di Apollo Palatino e della Fortuna Respiciens.

4 van Deman 1923; van Deman, Glay 1925; Piranomonte, Capodiferro 1988; Medri 1996, pp. 168-172.5 Tac. Ann. 15.41. Sulle recenti indagini nel Santuario di Vesta si vedano: Carandini 2004; Filippi 2004;

Eadem 2006. L’intervento appare confermato anche da emissioni monetali successive al 64 d.C., con raffi-gurazione del Tempio di Vesta (Perassi 2002).

6 Il percorso sembra archeologicamente attestato solo per l’epoca flavia (Piranomonte-Capodiferro1988).

7 Circa la dibattuta identificazione del Tempio di Giove Statore (Ziolkowski 1992) accettiamo la pro-posta di identificazione di Coarelli e Carandini (Coarelli 1986; Carandini 2004).

8 Tac. Ann. 15.41. 9 Valentini Zucchetti 1940.

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92 fabiola fraioliRomolo, identificato con la sua versione di età tardo-antica.1 Come nei periodi regioe repubblicano, il tempio era vicino alla porta Mugonia ora trasformata in arcus in sum-ma Sacra via e al corrispettivo accesso alla Velia.

Anche l’aedes Penatium, se si accetta la localizzazione proposta da F. Coarelli,2 potrebbe essere stata soggetta ad interventi nell’ambito della costruzione del porticoneroniano.

Per la sistemazione della Sacra via e delle sue adiacenze si rese necessaria la rego-larizzazione delle pendici settentrionali del Palatino e di quelle meridionali della Ve-lia.3 Rimane ancora in situ un imponente muraglione, realizzato contro terra, postoa S dell’attuale via dei Fori Imperiali, all’altezza di Villa Rivaldi, interpretato come so-struzione della collina,4 dunque come limite settentrionale dell’intervento neronia-no. Il muro di sostruzione appare funzionale alla realizzazione dei portici e del Vesti-bolo del corpo palaziale centrale. Immediatamente a S di tale struttura un tracciatostradale, proveniente dal compitum Acilii e diretto verso il c.d. vicus ad Carinas, assicu-rava il collegamento E-W lungo il versante settentrionale del Vestibolo e dei portici.5Un edificio residenziale è stato rinvenuto sulla sommità della Velia, immediatamentea N della Basilica di Massenzio, nel corso dei lavori per l’apertura di via dei Fori Im-periali.6 La domus, quanto a destinazione d’uso, non presenta soluzione di continuitàdalla metà del i sec. d.C. fino alla tarda antichità.7 In essa, come nella casa conserva-ta sotto la basilica di S. Pietro in Vincoli, Colini ravvisava i resti della domus Transito-ria.8 Se l’ipotesi di identificare la struttura con la domus di Pompeo Magno, poi confi-scata da Antonio, cogliesse nel segno,9 ne risulterebbe che il monumento era stato giàacquisito nelle proprietà imperiali. Sappiamo infatti che nella casa di Pompeo abita-rono successivamente Tiberio e i Gordiani.10

Il Vestibolo del palazzo centrale della domus Aurea si ergeva nel luogo successiva-mente occupato dal Tempio di Venere e Roma. Immetteva in un corpo più avanzatoverso la valle dell’Anfiteatro rispetto al tempio di età adrianea, che costituiva la resi-denza vera e propria. Nel vestibulum era accolta, come si è detto, la statua colossale diNerone realizzata da Zenodoro.11 Strutture databili ad età neroniana sono state rin-tracciate in diversi settori del Tempio di Venere e Roma, in particolare sul lato meri-dionale dell’edificio, lungo la strada che dal Colosseo conduce all’Arco di Tito, nellametà orientale e nell’angolo nord-occidentale del podio del tempio.12

Diversi ritrovamenti effettuati, a più riprese, nell’attuale piazza del Colosseo e nel-le sue adiacenze, sono stati messi in relazione con la domus Aurea.13 Tuttavia i resti più

1 Coarelli 1986, pp. 9-10. 2 Coarelli 1986, pp. 16-22; Palombi 1999, con bibliografia.3 La collina subirà ulteriori tagli con la costruzione del templum Pacis e della Basilica di Massenzio. Gli

interventi per la realizzazione di via dei Fori Imperiali hanno asportato un ulteriore tratto dell’altura (Ter-renato 1992). La parte superstite è quella occupata dal palazzo e dal giardino Rivaldi. Per una sintesi del dibattito sulla identificazione della Velia si veda Coarelli 1999a. 4 Colini 1983.

5 Amici 2005, p. 22. 6 Colini 1983, p. 142; Pisani Sartorio 1983; Guidobaldi 1995.7 Dubbi sulla datazione in Amici 2005, pp. 72-73, nota 22, che considera l’edificio non anteriore all’età

traianea. 8 Colini 1983.9 Coarelli 1986, p. 31, nota 147. 10 Eck 1995; Jolivet 1995.11 Suet. Nero 31; Plin. N.H. 34.45. Sul Colosso si veda Lega 1993, con bibliografia; Bergmann 1994; En-

soli 2000; Eadem 2007. 12 Panella 1985, pp. 109-110, fig. 8.13 Platner, Asbhy 1929, p. 169; Colini 1944, pp. 157-158; van Essen 1954, pp. 382-384 e bibliografia ivi

citata; Schingo 2003, pp. 80-81.

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consistenti sono tornati in luce nel corso degli scavi condotti nell’area della meta Su-dans.1 I ritrovamenti, databili stratigraficamente tra l’incendio del 64 d.C. e la realiz-zazione della Meta di età flavia, hanno chiarito la natura di questo corpo centrale. Iresti sono stati attribuiti all’avancorpo sostruttivo del vestibolo e al palazzo prospi-ciente gli stagna Neronis.2 Il lago, posto dove oggi si erge il Colosseo,3 sarebbe statodunque inserito all’interno di un monumentale complesso quadrangolare, dotato diportici e terrazze.4

Abbiamo ricostruito per il vestibulum un’articolazione in moduli di 150 × 150 piedi.La struttura, ampia circa 600 × 300 piedi,5 risulterebbe pertanto divisibile in otto qua-drati, con un rapporto tra larghezza e lunghezza di 1:2 (Fig. 2). Schemi compositividel tutto simili sono stati ricostruiti per lo stagnum,6 nella c.d. domus Tiberiana7 e nelpadiglione dell’Oppio.8

Svetonio menziona, quali parti della domus Aurea, le porticus triplices miliariae.9L’identificazione e l’interpretazione di tali portici sono molto dibattute.10 Non è da

1 Panella 1990; Eadem 1996; Eadem 2006. 2 Panella 1995, p. 54.3 Mart. De Spect. 2. 4 Medri 1996, pp. 180-188.5 Secondo la ricostruzione di M. Medri (Medri 1996, pp. 172-180). 6 Medri 1996, p. 85.7 Krause 1987, pp. 782-783. 8 Carandini 1989.9 Suet. Nero 31.1.10 Una sintesi in Papi 1995. Sul significato della porticus triplex si veda Gros 2001, pp. 106-107.

Fig. 2. Suddivisione del vestibulum (in grigio) in moduli di 150 piedi.

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escludere che le suddette porticus possano corrispondere a tre distinte aree porticate appartenenti al complesso centrale della domus Aurea: i colonnati che delimitavano ilvestibolo, i portici del palazzo prospiciente lo stagnum e i portici che circondavano lostesso stagnum. La somma delle lunghezze di questi tre settori risulta pari a circa unmiglio.

La realizzazione del vestibulum del palazzo e dello stagno aveva creato molteplicicambiamenti nell’assetto viario della valle del Colosseo. Il vestibolo aveva interrottol’antico tracciato della Sacra via verso le Carinae, individuato nelle adiacenze del com-pitum Acilium.1 Lo stagno invece impediva il percorso dei due assi stradali provenien-ti dall’Esquilino (attuale via Labicana) e dal Laterano (odierna via dei SS. Quattro Co-ronati).2 Abbiamo pertanto ipotizzato che venisse realizzato un percorso stradale che circondava lo stagno e che continuava ad assicurare i collegamenti interrotti.3

Secondo la nostra ricostruzione, il progetto si è avvalso di due differenti assi, divergenti l’uno dall’altro di circa 4 gradi. Uno è stato adottato per la realizzazione del nucleo Sacra via-portici, l’altro per quello del vestibolo del palazzo e dello stagno. Ladivergenza dei due assi aveva probabilmente lo scopo di adattare i diversi corpi di fab-

1 Si veda da ultimo il contributo di A. Amoroso nel presente volume.2 Sulla viabilità confluente nella valle dell’Anfiteatro si veda da ultimo Panella, Zeggio 2004.3 La traccia di tale viabilità potrebbe essere individuata nella fogna ad angolo retto rinvenuta nella valle

del Colosseo (Medri 1996, p. 184, nota 88).

Fig. 3. Schema del progetto neroniano con evidenziati gli assi di simmetriadivergenti tra il settore Sacra via-portici e vestibulum-stagnum.

In grigio pieno: raddrizzamento dei due nuclei su un medesimo asse.

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la domus aurea: continuità e trasformazioni 95brica alla situazione geomorfologica, caratterizzata da salti di quota considerevoli, edi evitare interferenze tra lo stagno e il basamento del Claudium (Fig. 3). Il corpo tra-pezoidale ricostruito da M. Medri lungo la facciata del vestibolo, sulla base della strut-tura documentata da M. Barosso tra la Basilica di Massenzio e il Tempio di Venere eRoma,1 potrebbe aver avuto la funzione di raccordare i due complessi con orienta-mento divergente. Va notato tuttavia che: a) la struttura è stata rinvenuta solo nellaparte settentrionale, nello spazio tra Tempio di Venere e Roma e Basilica di Massen-zio, come rilevato dalla stessa Medri; b) probabilmente il cambiamento di asse, di soli4 gradi, non era percepibile ad occhio nel punto di inizio della divergenza (coincidentecon il limite W del vestibolo) e dunque non vi sarebbe stato bisogno del corpo trape-zoidale ricostruito sulla facciata del vestibolo; c) tale avancorpo avrebbe interrotto ilcollegamento tra Sacra via e c.d. Clivo Palatino, ostacolando l’accesso più agevole permezzi carrabili ai palazzi del Palatino. La struttura potrebbe essere interpretata, in-vece, come un elemento funzionale, forse una rampa per accedere ad un livello piùelevato: in questo punto infatti il terreno presentava una discreta pendenza da N a S.2

3. 1. 3. Oppio

Il progetto neroniano aveva previsto la realizzazione di un ampio palazzo alle pendi-ci dell’Oppio. Si tratta del noto monumento dalla planimetria articolata, nel quale èstato riconosciuto il nucleo palaziale del complesso neroniano sull’Oppio.3 Il palazzodoveva estendersi verso N, ed occupare buona parte della pendice del colle, probabil-mente con giardini.4 L’orientamento secondo gli assi cardinali del padiglione,5 lo rendono prospiciente alla valle Labicana. Anche in questo caso la realizzazione del palazzo aveva previsto lo sbancamento della costa tufacea della collina, nonché la distruzione e l’interro di strutture precedenti, solo in parte riutilizzate per la nuovacostruzione.

L’attribuzione della grande cisterna delle Sette Sale al progetto della domus Aurea ècontroversa.6 Sebbene l’orientamento della struttura ricalchi quello del palazzosull’Oppio,7 i resti attualmente noti della cisterna non sembrano anteriori agli inizidel ii sec. d.C., per cui risultano contemporanei all’impianto delle terme traianee.8

Crediamo debba escludersi una attribuzione delle strutture rinvenute sotto S. Pie-tro in Vincoli alla domus Aurea. Le indagini condotte tra il 1957 e il 1959 nella basilicahanno messo in luce una ricca domus, che non sembra presentare soluzioni di conti-nuità quanto a destinazione d’uso, dall’età repubblicana o forse già arcaica, sino allarealizzazione della basilica cristiana.9 La fase che qui interessa viene ricondotta ad età

1 Medri 1996, pp. 176-178. 2 Medri 1996, p. 178, nota 56.3 Per le diverse fasi della struttura e per le varie ipotesi sulla sua destinazione d’uso, rimandiamo alla

bibliografia raccolta in Fabbrini 1995.4 Fabbrini 1983; una sintesi con aggiornamenti in Fabbrini 1995.5 Sul significato dell’orientamento del palazzo dell’Oppio si veda Voisin 1987.6 Luciani, Sperduti 1993, p. 106; Cassatella 1995, p. 49.7 La grande conserva d’acqua potrebbe derivare il suo orientamento da una possibile relazione con le

Terme di Tito (Luciani, Sperduti 1993, p. 106).8 Sulla cisterna si vedano Cozza 1974-75 e de Fine Licht 1983.9 Colini 1966. I risultati delle indagini sono stati rivisti recentemente in Bartolozzi Casti 1997-98 e

in Coarelli 2001.

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96 fabiola fraiolineroniana1 o più genericamente al i sec. d.C.2 La datazione ipotizzata da Colini, ba-sata sulla tecnica edilizia e sul riscontro dell’impiego di materiale di risulta nelle mu-rature, si è consolidata nella tradizione degli studi.3 Sembra piuttosto di ravvisare nelcomplesso di S. Pietro in Vincoli, una delle numerose dimore di alto livello che dove-vano caratterizzare la zona.

Ipotizziamo che il santuario di Iside della Regio III augustea venisse escluso dallareggia neroniana, pur rimanendone ai margini orientali.4

3. 1. 4. Celio

Nel progetto della domus Aurea venne incluso il Claudium, il tempio dedicato da Agrip-pina all’imperatore divinizzato.5 Gli interventi neroniani sul monumento riguarda-rono, per quel che è dato constatare, il lato settentrionale del basamento, con la rea-lizzazione di opere sostruttive probabilmente in relazione con i lavori di allestimentodello stagnum, e la trasformazione del lato orientale in ninfeo monumentale. Il nin-feo, per il suo orientamento verso NE, guardava la valle Labicana ed era visibile dalpalazzo dell’Oppio, ma non dal settore occidentale della domus Aurea, tra il Palatino eil complesso del vestibolo. La struttura era dotata di due accessi monumentali, comelasciano presupporre i due corpi avanzati rispetto al basamento, posti sui lati setten-trionale e occidentale. Era pertanto accessibile dallo stagnum e dalla valle tra Palatinoe Celio (via di S. Gregorio).

Il ninfeo del Claudium veniva alimentato dagli archi neroniani dell’aqua Claudia provenienti dalla zona denominata ad Spem Veterem, presso Porta Maggiore.6 È ve-rosimile ipotizzare che l’acquedotto fosse anche funzionale all’alimentazione dellostagnum.

Ad E del Claudium, presso via Marco Aurelio-via dei Querceti, scavi degli anni ’30hanno individuato un edificio monumentale con andamento curvilineo, identificatoda Colini con un portico.7 Per la realizzazione di questa struttura venne promosso unpoderoso intervento edilizio con un innalzamento di livello, l’obliterazione di un edi-ficio con tabernae,8 forse con destinazione commerciale, e l’interruzione di un per-corso stradale (vicus Statae Matris).9 Colini propone una datazione ad età neroniana,

1 Colini 1966. 2 Bartolozzi Casti 1997-98.3 Buzzetti, Colini 1963-64; Colini 1966; Idem 1983. Da ultimo F. Coarelli ha ribadito l’attribuzione del-

la struttura alla domus Aurea, avanzando l’ipotesi che le colonne doriche che dividono le navate della chiesadi S. Pietro in Vincoli potessero decorare in origine il peristilio rinvenuto sotto la basilica (Coarelli 2001).Di parere contrario D. Palombi che, sulla base della sua ricostruzione topografica, ipotizza di identificarvila domus di Pompeo presso le Carine (Palombi 1997, p. 141).

4 De Vos 1996a; Eadem 1997.5 Per il monumento rimandiamo all’ampia bibliografia ad esso relativa, raccolta in Buzzetti 1993.6 L’acquedotto celimontano venne realizzato prolungando l’acqua Claudia, che entrava nell’Urbe nel-

la zona di Porta Maggiore. L’arrivo dell’acquedotto al basamento del Claudium è documentato dal fram-mento n. 4 della Forma Urbis Severiana. Dal punto di arrivo venivano alimentate diverse zone di Roma: ilPalatino, l’Aventino, il Trastevere e lo stesso Celio. Si ritiene in genere che l’opera sia stata realizzata dopol’incendio del 64 d.C. per portare acqua al grande ninfeo, ma secondo altri l’acquedotto rientrava in un pianodi distribuzione previsto già da Claudio (Evans 1983; Mari 1993, pp. 100-101). In base a tale ipotesi la prose-cuzione dell’acquedotto fino al Palatino, ritenuta opera flavia (Pavolini 1993, p. 36), sarebbe solo una rico-struzione successiva. 7 Colini 1944, pp. 290-291, tav. xvi.

8 Colini ipotizza che si possa trattare di un mercato (Colini 1944, pp. 290-291).9 Colini 1944, pp. 44, 78, 288.

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la domus aurea: continuità e trasformazioni 97pur non specificandone la motivazione. Secondo Pavolini l’ipotesi cronologica di Colini deriverebbe dalla constatazione dell’incisività dell’intervento, tipica dello stileneroniano.1 Già nella prima metà del ii sec. d.C. (età adrianea) l’edificio curvo vennedistrutto e il livello dell’area nuovamente rialzato. Venne ripristinato, ma con mag-giori dimensioni, il c.d. vicus Statae Matris e ricostruiti gli edifici ai lati del tracciato.Le poche notizie note sull’edificio curvo rendono problematica una sua ricostruzio-ne planimetrica.

La struttura potrebbe essere interpretata come fontana monumentale, di forma se-micircolare. In base ai confronti noti è verosimile che fosse dotata di un avancorpo ret-tangolare.2 Il ninfeo poteva affacciarsi su un percorso stradale che dal vicus Capitis Afri-cae conduceva al percorso antico ricalcato dall’attuale via dei SS. Quattro Coronati.

3. 1. 5. Gli horti dell’Esquilino

Alla fine dell’età repubblicana e nei primi anni dell’Impero la maggior parte del pia-noro esquilino era occupata da horti privati, di proprietà delle famiglie più abbienti.Si trattava di ville urbane poste al margine della città, circondate da ampi parchi in cuiarchitettura e natura si integravano. In molti casi le fonti letterarie ed epigrafiche citramandano i nomi dei proprietari. La posizione dei diversi horti dell’Esquilino è notanelle linee generali.3 Essi erano esterni al circuito murario, ad eccezione degli hortiLolliani, localizzabili nell’area della Stazione Termini,4 e di parte degli horti di Mece-nate.5 Questi ultimi furono i primi ad essere edificati.

La proprietà di C. Cilnius Maecenas6 si estendeva in un’area a cavallo delle mura, co-me dimostra il c.d. Auditorium, che si sovrappone ad un tratto della cinta difensiva.7Ad un primo nucleo dei giardini, interno alla cinta repubblicana, si aggiunsero hortiNovi,8 in seguito alla bonifica del comune sepulchrum dell’Esquilino.9 Il tratto internoalla città doveva trovare i suoi limiti, verso W e SW in due monumenti pubblici, la por-ticus Liviae10 e il santuario di Iside della Regio III augustea, riconosciuto nelle struttu-re rinvenute tra le vie Guicciardini, Mecenate, Botta e Villari.11 Faceva parte del com-plesso architettonico, conservato solo in parte, la turris Maecenatiana,12 da cui Neroneassistette al propagarsi dell’incendio del 64 d.C.13 Alla morte di Mecenate tutti i suoibeni passarono, per via testamentaria, in possesso di Augusto,14 e quindi nel demanioimperiale.

Adiacenti alla proprietà di Mecenate,15 verso E, si trovavano gli horti Lamiani. Essivengono fatti risalire a L. Aelius Lamia, console nel 3 d.C.16 La proprietà viene asso-ciata agli horti Maiani, di cui rimane sconosciuto il fondatore, in un’iscrizione men-zionante un procurator Hortorum Maianorum et Lamianorum,17 il quale controllava en-

1 Pavolini 1994-1995, p. 72. 2 Gros 2001, pp. 468-495. 3 Grimal 1990.4 Grimal 1990, pp. 152-153. 5 Bell 1998.6 Häuber 1996, con precedente bibliografia. 7 De Vos 1996.8 Hor. Sat. 1.8.7. 9 Hor. Sat. 1.8.10.10 Fatta costruire da Augusto nel 14 a.C. in onore della moglie Livia, la porticus occupò il luogo dove era

sorta la casa di Vedio Pollione (Suet. Aug. 29.4; Cass. Dio 54.23.1-6). 11 De Vos 1997.12 Colini 1979. Per un’ipotesi di identificazione della torre di Mecenate si veda il contributo di A. Ca-

randini e M. Minardi in questo volume. 13 Suet. Nero, 31.38.14 Cass. Dio 55.97. 15 Fil. Aless. De legatione ad Gaium, 2, p. 597.16 Cima di Puolo 1996. 17 cil, vi 8668.

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98 fabiola fraiolitrambe le proprietà. Gli horti Lamiani furono acquisiti nelle proprietà imperiali al tem-po di Caligola, che riunì in un’unica proprietà gli horti Lamiani e quelli di Mecenate.1Più incerto il periodo di acquisizione nel demanio imperiale degli horti Maiani, forseannessi sotto Claudio,2 certamente di proprietà imperiale al tempo di Nerone. Que-st’ultimo aveva ordinato un ritratto di dimensioni colossali su di una tela di 120 piedie l’aveva sistemato negli horti Maiani, quando fu colpito da un fulmine e bruciò conla parte più bella del giardino.3 Agli horti Lamani/Maiani vengono generalmente at-tribuite le strutture rinvenute nell’area compresa tra via Merulana, via Conte Verde,via Galileo e via Bixio.4

Probabilmente ad E della via Labicana, fino a Porta Maggiore, si estendevano glihorti Tauriani, proprietà della famiglia degli Statilii Tauri.5 Nei pressi di Porta Maggio-re è stato infatti rinvenuto il colombario degli schiavi e liberti della gens. Il limite N del-la proprietà può essere individuato grazie al ritrovamento di due cippi terminali in tra-vertino,6 di cui uno rinvenuto ancora in situ «demolendosi il muro di cinta dell’ortoannesso alla chiesa di S. Eusebio, nel punto ove è attraversato dalla via Principe Um-berto».7 I cippi definivano il confine tra gli horti in esame e gli horti Calyclan(i), limiteche andrebbe dunque cercato nell’area compresa tra le attuali vie Cappellini, Mamia-ni, Principe Amedeo e Giolitti.8 Nello stesso isolato furono rinvenuti anche tratti dicondutture con iscrizione T. Statili Tauri.9 Nel 53 d.C. la proprietà venne acquisita neldemanio imperiale in seguito al suicidio di Statilio Tauro, accusato da Agrippina di pra-ticare arti magiche, al fine di impossessarsi della sua vasta proprietà.10

Gli horti Calyclan(i), il cui proprietario risulta sconosciuto, sono documentati esclu-sivamente dai cippi sopra menzionati.11 Ipotizziamo che la proprietà potesse esten-dersi, verso NW, fino al macellum Liviae, da cui risulterebbe separata dall’asse strada-le che costeggia il macellum e si dirige verso N. Gli horti avrebbero occupato gran partedell’area dell’attuale Stazione Termini, mentre il limite NE potrebbe essere indivi-duato in un ulteriore tracciato viario, in buona parte parallelo all’attuale via Marsala,che si dirigeva verso Porta Tiburtina. Non conosciamo il momento in cui furono ac-quisiti dal demanio imperiale.

Gli horti Torquatiani erano probabilmente di proprietà di D. Giunio Torquato, con-sole nel 53 d.C. Possono essere localizzati nei pressi di Porta Maggiore grazie a duepassi di Frontino che li posizionano ad Spem Veterem.12 I beni di Torquato furono con-fiscati nel 64 d.C., dopo che lo stesso Nerone lo costrinse al suicidio.13

Nerone aveva donato degli horti a L. Anneus Seneca.14 Giovenale15 ricorda l’occu-pazione militare della proprietà da parte di Nerone all’epoca della congiura dei Piso-ni contestualmente alla casa di Cassius Longinus e alle aedes Lateranorum. Sulla base di

1 Suet. Gaius, 59; Fil. Aless. De legatione ad Gaium, 2, p. 597.2 L’ipotesi si basa sulla mancata citazione di Filone Alessandrino insieme agli horti Lamiani e Mecenatia-

ni, e il ricordo della proprietà in un’iscrizione funeraria di un servo di Claudio: cil, vi 6152 (Rizzo 1983).3 Plin. N.H. 35.51. 4 Cima Di Puolo 1996, con bibliografia. 5 Grimal 1936.6 cil vi 29771=ils 5998. 7 Lanciani 1874, p. 57; Visconti 1875, p. 153.8 Grimal 1936, p. 265; Mancioli 1983, p. 201; Chioffi 1996; Guastella 2001. 9 cil, xv 7542.10 Tac. Ann. 12.59. Successivamente la proprietà venne suddivisa tra due potenti liberti, di Claudio e

Nerone, rispettivamente Pallante ed Epafrodite.11 A cui va aggiunto un terzo cippo (29771) rinvenuto nel 1951 in via Giolitti, a m 6,20 dall’angolo con

via A. Cappellini (Guastella 2001). 12 Front. de aquis, 1.5; 65.13 Tac. Ann. 15.35. 14 Tac. Ann. 14.52-55. 15 Iuv. Sat. 10.15-17.

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la domus aurea: continuità e trasformazioni 99questo passo gli horti vengono localizzati nell’area della basilica di S. Giovanni in Laterano.1

Dunque nell’arco di pochi decenni dopo la creazione degli horti Maecenatis quasitutto l’Esquilino era stato occupato da vasti giardini. Ben presto tali proprietà, in se-guito a lasciti e confische, entrarono a far parte del patrimonio imperiale, tanto chealla fine della dinastia giulio-claudia, si era venuta a creare un’ampia proprietà impe-riale che occupava gran parte dell’Esquilino, dalla zona della stazione Termini fino aPorta Maggiore e al Laterano (Fig. 1).2

3. 2. I limiti del progetto della domus Aurea (Fig. 1)

Il termine domus Aurea, inteso in accezione ampia, viene spesso utilizzato come sino-nimo del complesso della residenza imperiale neroniana. Nell’accezione antica, de-sumibile dalle fonti letterarie, esso indicava esclusivamente quella serie di fabbricheche avevano permesso il collegamento tra il Palatino e i giardini dell’Esquilino, già diproprietà imperiale prima dell’avvento al potere di Nerone.

3. 2. 1. Dal Palatino alla Velia (tratto A-B)

Ipotizziamo che tutto il Palatino fosse compreso nei limiti della reggia neroniana. Ilcolle infatti era sede della residenza imperiale già dall’età augustea e simbolo del po-tere centrale fin dalle origini della città.3 I limiti potevano seguire il tracciato dell’at-tuale via di S. Gregorio e circondare l’intero colle, fino all’area di S. Maria Antiqua. Èprobabile che anche questo settore fosse di proprietà imperiale, se l’identificazionedelle strutture rinvenute sotto S. Maria Antiqua con la domus Gai coglie nel segno.4

I limiti del progetto inglobavano i portici che su entrambi i lati delimitavano la Sa-cra via innalzata, allargata e monumentalizzata. Essi vengono considerati tradizio-nalmente quale ingresso monumentale al palazzo dal Foro. La domus Aurea, sul latosettentrionale della via, inglobava probabilmente parte della sommità della Velia e del-le Carinae, se nella domus sotto Villa Rivaldi5 va riconosciuta la casa di Pompeo, con-fiscata da Antonio e abitata da Tiberio e successivamente anche dai Gordiani, dunqueaccolta nelle proprietà imperiali.6 Il limite N della domus Aurea potrebbe essere indi-viduato nel tracciato identificato con la ‘scorciatoia per le Carine’.7 Ne rimaneva pro-babilmente esclusa l’area dove sorgeva il santuario di Tellus.8

3. 2. 2. Dalla Velia all’Oppio (tratti B-C-G-H)

Tacito racconta che la domus Aurea aveva collegato il Palatino agli horti di Mecenate,inglobando pertanto una grande parte dell’Oppio.9 Uno dei limiti della residenza ne-

1 Papi 1996.2 Le ragioni della concentrazione della gran parte della Regio V augustea nelle mani dell’imperatore so-

no analizzate in Grimal 1990, pp. 155-157. 3 Carandini 2006.4 Hurst 1995, con bibliografia. 5 Pisani Sartorio 1983.6 La datazione alla metà del I sec. d.C. è stata fino ad ora ritenuta prova sufficiente per ipotizzare l’ap-

partenenza dell’edificio al palazzo neroniano (Pisani Sartorio 1983, p. 166).7 Capanna, Amoroso 2006.8 Coarelli 1999; si veda inoltre il contributo di A. Amoroso in questo volume.9 Tac. Ann. 15.39.1.

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100 fabiola fraiolironiana poteva corrispondere all’asse stradale oggi ricalcato da via della Polveriera(vicus Cyprius), tra le più importanti direttrici della zona. Proseguendo verso NE, ipo-tizziamo che la dimora avesse risparmiato la porticus Liviae,1 edificio a carattere pub-blico, che continuò ad essere utilizzato anche dopo la costruzione della domus Aurea,2come attesta la sua menzione nei Cataloghi Regionari.3 Verosimilmente il confinedella domus Aurea passava lungo l’asse viario prospiciente il limite S della porticus, notodai frammenti della Forma Urbis severiana:4 il clivus Orbius/Sceleratus.5 Successiva-mente i limiti dovevano coincidere con il confine occidentale dei giardini di Mecena-te6 fino ad attestarsi su un asse viario con orientamento N-S, che dalla cima dell’Op-pio si dirigeva verso il tracciato oggi ricalcato dalla via Labicana, proseguendo finoalle propaggini del Celio.

3. 2. 3. Dall’Oppio al Celio (tratto H-A)

Marziale7 riferisce che la domus Aurea terminava in corrispondenza del portico di Claudio,8 dunque, verosimilmente non tutto il Celio era compreso nell’ambito dellaresidenza, ma soltanto la sua porzione settentrionale. Dalla attuale via dei SS. Quat-tro Coronati, il limite poteva aver seguito un tratto delle mura9 e dirigersi verso ilClaudium sull’asse di un percorso stradale ad andamento E-W (attuale via Annia). Verosi milmente l’area della metà S del clivus Capitis Africae doveva esserne esclusa,come accertato nelle indagini archeologiche qui effettuate.10 Le strutture attribuibi-li ai rifacimenti neroniani individuate nel corso degli scavi sono pertinenti a opere di terrazzamento. Gli editori ricostruiscono per questa fase un paesaggio ‘desolato’, incui non erano stati rimossi gli strati di distruzione dovuti all’incendio. Non è esclusoperò che le opere di contenimento e la mancanza di costruzioni possano essere indi-zio di una sistemazione a gradoni della pendice del Celio a sostegno di ampie zonesistemate a parco,11 almeno nel tratto più settentrionale del clivus, verso la valle del-lo stagnum.

Sulla base del citato passo di Marziale proponiamo di individuare il limite della residenza lungo la viabilità che circonda il Claudium, compresa tuttavia la zona a S delmonumento, destinata probabilmente al culto imperiale (collegium Numinis Domino-rum),12 in cui giungeva l’acquedotto.

Una più precisa definizione dei limiti potrebbe derivare dall’individuazione del sitodel macellum Magnum, eretto da Nerone nel 59 d.C.13 nella Regio II augustea.14 Sembra

1 L’edificio, costruito da Augusto e dedicato da Tiberio nel 7 a.C., si trovava ad W di S. Martino ai Montie immediatamente a S dell’attuale via in Selci (Panella 1999).

2 Di questo parere era van Essen 1954, p. 4, in contrapposizione con l’ipotesi di Lanciani, secondo il qua-le la dimora imperiale si estendeva su un miglio quadrato dal Palatino fino all’area della Stazione Termini.

3 Valentini Zucchetti 1940. 4 Rodríguez Almeida 1981.5 Capanna, Amoroso 2006, pp. 104-106. 6 Cfr. infra.7 Martial. De spect. 2. 8 Buzzetti 1993.9 Che le mura non costituissero più una netta separazione tra un dentro e un fuori, lo dimostra, ad

esempio, il caso dell’Auditorium di Mecenate, costruito sopra un tratto dell’antica cinta muraria. Tuttavia èverosimile pensare che alcuni tratti del circuito fossero ancora in posto.

10 Pavolini 1993, pp. 283-286. 11 Colini 1944, pp. 412-413.12 cil, vi 10251; Buzzetti 1993. 13 Cass. Dio. 62.18.3.14 Valentini Zucchetti 1940. Il monumento viene identificato da alcuni con una rappresentazione

monetale su dupondi neroniani (si veda Perassi 2002 che riassume la questione). Diverse le opinioni sul-

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la domus aurea: continuità e trasformazioni 101infatti poco probabile che la dimora comprendesse un edificio di servizio come ilMacellum.

3. 2. 4. Gli horti dell’Esquilino (tratti C-D-E-F-G)

È verosimile ipotizzare che tutta l’area occupata dagli horti esquilini venisse integra-ta nello spazio di pertinenza del palazzo neroniano. Ricordiamo in proposito i passidi Tacito1 e Svetonio,2 che testimoniano la presenza di ampie zone occupate da giar-dini, campi e prospettive naturali. Con la costruzione della domus Aurea e già primadell’incendio con la domus Transitoria – come denuncia lo stesso nome – Nerone ave-va inteso collegare le proprietà del Palatino con quelle dell’Esquilino.3

I confini dei giardini imperiali potevano dunque seguire, a partire dalla porticus Li-viae e dal complesso in cui è stata riconosciuta la casa di Seiano4 – già degli horti diMecenate, ora inglobati nel complesso del palazzo esquilino – un tratto del suppostoclivus Orbius5 fino alla porta Esquilina. Da qui essi potevano proseguire verso N, lun-go la viabilità esterna all’agger, escludendo il macellum Liviae. Potevano successiva-mente seguitare lungo il tracciato trasversale che dall’agger si dirigeva verso la portaTiburtina, per inglobare verosimilmente il territorio compreso entro le successiveMura Aureliane, giungendo fino all’area lateranense.

4. Osservazioni sul progetto neroniano

In base alla nostra ricostruzione, la domus Aurea avrebbe occupato una superficie com-plessiva di circa 220 ettari (Fig. 1). Di questi 23 erano pertinenti al Palatino, 149 al-l’Esquilino e 49 alla zona intermedia tra Sacra via, Oppio, Valle del Colosseo e partedel Celio. Le precedenti ricostruzioni avevano ipotizzato una superficie di circa 80 ha,6100 ha7 e 66 ha.8 La residenza risulta costituita dunque da tre settori diversi con ca-ratteristiche proprie, sia dal punto di vista strutturale che funzionale.9

All’indomani dell’incendio del 64 d.C., Nerone aveva intrapreso un progetto urba-nistico di ampio respiro maturato probabilmente diversi anni prima. La stessa domusTransitoria rappresenta un primo tentativo di collegamento delle due aree di proprie-tà imperiale. Verosimilmente il progetto della domus Transitoria era stato adattato al-la realtà urbanistica preesistente, che ne condizionava l’articolazione. Diversamentela costruzione della domus Aurea, a seguito dei danni provocati dall’incendio, era sta-ta concepita come occasione per la ripianificazione urbanistica di un intero settoredella città. In questa prospettiva l’ampiezza delle zone espropriate per la realizzazio-ne della residenza neroniana, più volte sottolineata dagli autori antichi, va almeno inparte ridimensionata.10 Il vestibulum infatti potrebbe essere stato edificato su possedi-

l’attribuzione al monumento del frammento della Forma Urbis severiana n. 42. Per esso sono state propostediverse ipotesi di localizzazione, per la cui disamina si rimanda a Pavolini 2006.

1 Tac. Ann. 15.42. 2 Suet. Nero 31.1. 3 Suet. Nero 31.1.4 Si veda il contributo di A. Carandini e M. Minardi in questo volume.5 Il percorso stradale, precedente alla costruzione delle terme di Traiano, è visibile per un tratto nel

frammento 10lm della Forma Urbis marmorea (Rodriguéz Almeida 1981). Sull’identificazione del clivus Or-bius si veda Capanna, Amoroso 2006, pp. 104-106. 6 van Essen 1954.

7 Ward Perkins 1956. 8 Mar 2005.9 Un tentativo di definire la funzionalità dei diversi settori della domus Aurea è in Moormann 1998.10 L’impresa della domus Aurea venne realizzata nell’arco di soli quattro anni.

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102 fabiola fraiolimenti dei Domitii Ahenobarbi, alla cui famiglia apparteneva il padre di Nerone, Cn. Domitius Ahenobarbus, console del 32 d.C.1 e il Claudium era in costruzione quando Nerone lo trasformò in ninfeo monumentale.2 I nuovi espropri sarebbero pertantoavvenuti nelle fasce lungo la Sacra via occupate da domus (ca 2 ha), alle pendici dell’Oppio, come ricorda anche il passo di Marziale, nella valle del Colosseo e alla pendice settentrionale del Celiolo (complessivamente ca 35 ha). Il resto della residen-za era già di proprietà imperiale.

Si trattava di un progetto dalle caratteristiche eterogenee, che costituisce l’estre-mizzazione di quel processo di osmosi tra domus urbane e villae, che a Roma avevaavuto inizio a partire dalla tarda età repubblicana.3 È possibile che Nerone non sia sta-to l’autore dell’incendio, ma senza di esso la domus Aurea come la conosciamo non sa-rebbe esistita. Nerone, sul modello delle residenze ellenistiche e delle villae rurali emarittime, volle realizzare una reggia all’interno di un tessuto urbano preesistente,fittamente abitato. Soltanto Adriano, circa cinquanta anni dopo, intraprenderà unprogetto simile, ma costruirà la sua residenza nel suburbio di Roma, a circa 20 migliadi distanza dall’Urbe.

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2 Suet. Vesp. 9. 3 Carandini 1990, pp. 9-15; Papi 1998; Idem 1999, pp. 205-207.

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composto, in carattere dante monotype,impresso e rilegato in italia dallaaccademia editoriale ®, pisa · roma

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Dicembre 2007

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