Fanciulle e balie. La presenza femminile nell'ospedale in Madri, figlie, balie. Il coretto della...

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12 • ‹ I poveri e gli emarginati si sono imposti come oggetto di ricerca storica solo nella seconda metà del secolo scorso. Gli studi sugli ospedali e le altre istituzioni assistenziali preposte al loro sostegno ne sono stati un seguito ancora oggi fecondo, che ha prodotto risultati di rilievo, oltre che per la storia sociale, sanitaria e della medici- na, anche per la storia dell’infanzia e delle donne. Relativamente all’infanzia, le fonti conservate nel- l’archivio dell’Ospedale degli Innocenti (fig. 1), il brefotrofio sorto in piena epoca rinascimentale, hanno offerto agli studiosi, prevalentmenete sto- rici e demografi, molteplici possibilità di ricerca. Di recente si è scoperta l’eccezionale valenza di questa documentazione anche per la storia delle donne, specie di quelle che vivevano all’interno dell’istituzione. Una storia tutta speciale, vissuta nelle case dei contadini dove le fanciulle veniva- no inviate ad aiutare nei lavori dei campi o tra- scorsa a servizio nelle altolocate famiglie fiorenti- ne o, infine, passata interamente tra le mura degli Innocenti a tessere e a pregare. Le riflessioni che seguono vogliono essere di sprone al proseguimento di ricerche che possano FANCIULLE E BALIE. LA PRESENZA FEMMINILE NELL’OSPEDALE LUCIA SANDRI restituirci questa quotidianità femminile, che rap- presenta un aspetto ancora sconosciuto della vita del brefotrofio. Nel primo paragrafo viene presentato al lettore il fenomeno dell’abbandono dei bambini, caratte- rizzato da una maggioranza di bambine tra i neo- nati affidati alle cure dell’Ospedale. Nel secondo viene delineato, per la prima volta, il modo di vivere delle fanciulle e delle donne adulte all’in- terno dell’istituzione. Nel terzo si parla di una categoria femminile, quella delle “balie di casa”, che prestavano alimento e cure ai bambini al loro arrivo. Un compito, quest’ultimo, che sarà assunto dalle madri nubili, entrate anch’esse nell’orbita assistenziale del brefotrofio. Nel quarto paragrafo si considera la convivenza forzata di balie e fan- ciulle nell’Ospedale e gli sforzi operati dai vari priori per limitare tale promiscuità. Nell’ultimo si riflette ancora su queste due comunità femminili e sul collegamento qui evidenziato tra i luoghi del loro abitare e quello predisposto per deporvi i bambini affidati all’Ospedale, la “pila”, detta anche “finestra ferrata” e in ultimo “presepe” (figg. 2, 3). Introduzione 1

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I poveri e gli emarginati si sono imposti comeoggetto di ricerca storica solo nella seconda metàdel secolo scorso. Gli studi sugli ospedali e lealtre istituzioni assistenziali preposte al lorosostegno ne sono stati un seguito ancora oggifecondo, che ha prodotto risultati di rilievo, oltreche per la storia sociale, sanitaria e della medici-na, anche per la storia dell’infanzia e delle donne.Relativamente all’infanzia, le fonti conservate nel-l’archivio dell’Ospedale degli Innocenti (fig. 1), ilbrefotrofio sorto in piena epoca rinascimentale,hanno offerto agli studiosi, prevalentmenete sto-rici e demografi, molteplici possibilità di ricerca.Di recente si è scoperta l’eccezionale valenza diquesta documentazione anche per la storia delledonne, specie di quelle che vivevano all’internodell’istituzione. Una storia tutta speciale, vissutanelle case dei contadini dove le fanciulle veniva-no inviate ad aiutare nei lavori dei campi o tra-scorsa a servizio nelle altolocate famiglie fiorenti-ne o, infine, passata interamente tra le mura degliInnocenti a tessere e a pregare.Le riflessioni che seguono vogliono essere di

sprone al proseguimento di ricerche che possano

FANCIULLE E BALIE. LA PRESENZA FEMMINILE NELL’OSPEDALE

LUCIA SANDRI

restituirci questa quotidianità femminile, che rap-presenta un aspetto ancora sconosciuto della vitadel brefotrofio. Nel primo paragrafo viene presentato al lettore

il fenomeno dell’abbandono dei bambini, caratte-rizzato da una maggioranza di bambine tra i neo-nati affidati alle cure dell’Ospedale. Nel secondoviene delineato, per la prima volta, il modo divivere delle fanciulle e delle donne adulte all’in-terno dell’istituzione. Nel terzo si parla di unacategoria femminile, quella delle “balie di casa”,che prestavano alimento e cure ai bambini al loroarrivo. Un compito, quest’ultimo, che sarà assuntodalle madri nubili, entrate anch’esse nell’orbitaassistenziale del brefotrofio. Nel quarto paragrafosi considera la convivenza forzata di balie e fan-ciulle nell’Ospedale e gli sforzi operati dai varipriori per limitare tale promiscuità. Nell’ultimo siriflette ancora su queste due comunità femminilie sul collegamento qui evidenziato tra i luoghidel loro abitare e quello predisposto per deporvi ibambini affidati all’Ospedale, la “pila”, dettaanche “finestra ferrata” e in ultimo “presepe”(figg. 2, 3).

Introduzione 1

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FIG. 1. Archivio storico (fine del XVIII secolo),Istituto degli Innocenti.FIG. 2. Loggiato dell’Ospedale degli Innocenti,particolare della finestra ferrata.FIG. 3. Marco della Robbia (attr.), Madonna e sanGiuseppe, Museo degli Innocenti, Firenze.

Gli ospedali per trovatelli sono stati semprecaratterizzati, in ogni tempo e nelle varie realtàsociali in cui operarono, da un numero sovrab-bondante di bambine da allevare e sostenere sinoal matrimonio e, frequentemente, per tutta ladurata della loro esistenza. Nonostante che, allo-ra come oggi, nascessero più maschi che femmi-ne, queste ultime erano consegnate in misuramaggiore alle istituzioni assistenziali. La piùdebole costituzione fisica e la dote da corrispon-dere loro in caso di matrimonio le faceva infattiritenere bocche inutili nell’ambito familiare (fig.4). Il fenomeno di una maggior presenza femmi-nile all’interno dei brefotrofi è stato interpretato,tuttavia, anche come un maggior valore dato allasopravvivenza delle figlie rispetto al passato, affi-date, dal tardo Medioevo in poi, a istituzioni assi-stenziali anziché essere vittime designate d’infan-ticidio. La sproporzionata presenza femminile negli

ospedali, che si facevano carico della cura dei tro-vatelli, finì con lo snaturare anche la finalità assi-stenziale per cui erano sorti, sino a far assumereloro la connotazione di conservatori femminili se

non addirittura quella di veri e propri conventi.Per questo motivo, nel Cinquecento e nelSeicento, le disposizioni tridentine, che contene-vano severe norme da imporre alle comunità reli-giose femminili, trovarono ampia applicazioneanche nei brefotrofi, considerato l’alto numero didonne presenti in essi. Nell’Ospedale degli Innocenti di Firenze, poco

più di un secolo dopo la sua apertura ufficiale,avvenuta nel 1445, le bambine, le fanciulle e ledonne di ogni età presenti in casa, avevano rag-giunto l’entità di 968, di cui ben 400 in età supe-riore ai 25 anni. Una presenza economicamenteopprimente, che indusse Vincenzo Borghini, prioredi notevole spessore culturale e spirituale, a con-vincersi di dover “licenziare” quelle che avevanoraggiunto i 35 anni di età. Nel 1579, fornito loroun po’ di denaro, le lasciò libere di andare dovemeglio credevano. Nonostante il ripetersi di talistrategie, le finanze dell’Ospedale non miglioraro-no e Luca Pitti, priore alla metà del secolo succes-sivo, denunciò non solo la loro inutilità ma ancheil danno sofferto. L’istituzione rimaneva infattiperiodicamente sguarnita di donne esperte e

Una maggioranza di bambine2

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capaci e le fanciulle rimaste, per la loro giovaneetà, erano di scarso sostegno all’andamento dellacasa. Anche il lavoro di incannatura, filatura etessitura di lino, lana e seta e di cucitura e orditu-ra di tele, panni e drappi, risentiva della mancan-za delle più anziane ed esperte. In aggiunta a ciò,poche di loro erano in grado di leggere e scrivere.Sotto il priorato del Pitti, le donne avevano dinuovo raggiunto il numero di 642, al quale nevanno aggiunte altre 39 tra balie e soprabalie.Tale universo femminile era fronteggiato da soli41 uomini adulti, cui spettavano mansioni diretti-ve e di controllo. Per le fanciulle, il destino poteva articolarsi nel

matrimonio e più raramente nella monacazione.In mancanza di questi due esiti, le donne restava-no affidate alla cura dell’Ospedale per tutta lavita.Alla fine del Quattrocento, la situazione si era

aggravata con la sospensione del loro invio pres-so le famiglie più abbienti della città per costituir-si la dote. Ripristinata tale consuetudine nel1572, si dovette però fare i conti con una moltitu-dine di giovani venute a servire in città dalla

campagna, che erano di gran lunga preferite allefanciulle dell’Ospedale. Tuttavia, tra il 1581 e il1584 il priore Niccolò Mazzi riuscì a collocarne aservizio ben 212 e negli anni Trenta del Seicentoun altro priore, Niccolò Pieri Scodellari, aiutatodalla sorella Lucrezia, “priora” delle donne, con-tribuì proficuamente alla sistemazione delle“nocentine” in case onorate. La situazione tuttavia peggiorò nel secolo suc-

cessivo, tanto che nel 1687, epoca in cui il nume-ro delle interne era salito nuovamente a 788, lenocentine cercarono di ribellarsi al loro destino.Le giovani rifiutavano infatti sia l’invio a servizio,a rischio dell’onore, che il duro lavoro ai telai,imposto gradualmente nel corso del Seicento allefanciulle rimaste all’interno dell’istituzione.Qualcosa di simile era avvenuto anchenell’Ospedale di Santa Maria della Scala di Sienaa metà Cinquecento, mentre a Perugia e a Roma imalcontenti sfociati in ribellioni furono più omeno contemporanei all’evento fiorentino.L’accoglienza dei trovatelli, venuto meno ilmodello rinascimentale, tardava dunque a trovareuna nuova connotazione religiosa e culturale.

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Nel 1581, Raffaello Eschini, notaio e procuratoredell’Ospedale, fu incaricato dal priore NiccolòMazzi, il primo successore di don VincenzoBorghini, di redigere una sorta di censimentodella presenza femminile e della loro occupazionenell’Ospedale. Dall’indagine risultarono esserviall’interno ben 700 donne. Tra loro, 586 avevanoun ruolo preciso in vari ambiti lavorativi. Le più numerose erano le “artiere”, le addette

cioè all’attività tessile per la lavorazione di seta,lana e lino. Le incannatrici, in età compresa tra i 7e i 12 anni, raggiungevano il numero di 170, e aseguire vi erano 130 filatrici e 17 tessitrici. Le ordi-trici erano circa una ventina e quattro erano addet-te al lavaggio dei manufatti. Altre 17 giovani eranoimpegnate nella lavorazione dei tappeti mentre seiavevano il privilegio della cura dei “panni” delpriore, il personaggio in cima alla gerarchia istitu-zionale. Le maestre rimaste, dopo l’allontanamentodelle più anziane, operato come si è detto appenadue anni prima, erano solo quattro.Il lavoro delle nocentine, tuttavia, non si esau-

riva tutto nell’attività tessile: 20 fanciulle eranodestinate alla cura dei bambini, 14 si occupavano

dell’arte della spezieria e altrettante imparavanoa leggere e scrivere. Mansioni più professionalizzanti e di controllo

spettavano alle “ministre”, che erano a que-st’epoca, 40 in tutto. Tra loro, le portinaie, lesacrestane, le “speziali”, le “mediche” e le infer-miere ricoprivano ruoli di grande responsabilità.Le portinaie, le più anziane, tra i 50 e i 60 anni,dovevano garantire una presenza continua persorvegliare chi entrava e usciva. Era assolutamen-te negato infatti l’ingresso agli uomini, a menoche non avessero ottenuto il permesso del prioreo appartenessero alla categoria dei medici e deilavoratori dell’Ospedale, chiamati cioè per neces-sità dell’ente. Anche le donne che venivano dafuori, se sospettate di pratiche illecite e pettego-lezzi, erano tenute lontane per salvaguardarel’onore delle fanciulle. Le sacrestane, in numero ditre, avevano tra i 40 e i 45 anni. Spettava loro,oltre alla cura degli arredi e dei paramenti dellachiesa, chiamare le giovani alla messa e sorve-gliare che tutte pregassero per i benefattoridell’Ospedale e per la «salvezza della Città edello Stato» (fig. 5). Quattro tra le ministre erano

FIG. 4. Domenico Ghirlandaio, Adorazione dei Magi,1488, particolare della strage degli Innocenti,Museo degli Innocenti, Firenze.FIG. 5. Francesco Morandini detto “Il Poppi”, LaMadonna in trono col Bambino e angeli adoratadalle Nocentine, 1565-66, particolare, Museo degliInnocenti, Firenze.

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Devozione e lavoro: una regola di vita

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speziali e “mediche” in grado di preparare medi-cinali ed esercitare “l’arte della medicina”, prero-gativa esclusiva, quest’ultima, in quest’epoca, deisoli uomini. Le infermiere, tre in tutto, avevanoinfine il delicato compito di curare gli infermi con“carità e diligenza”. Quarant’anni dopo tale censimento, il priore

Marco Settimanni, educatore e convinto riforma-tore della comunità del brefotrofio, dettò unregolamento a uso delle fanciulle artigiane, cate-goria che, oltre a rappresentare la maggior partedelle fanciulle dimoranti nell’istituzione, costituivauna risorsa economica non indifferente perl’Ospedale1. Grazie a loro si risparmiavano infatticentinaia di scudi per l’acquisto della tela di lino,il filo maggiormente lavorato dalle fanciulle inquesto periodo, di cui si consumavano annual-mente oltre 20.000 braccia.Gli “ordini”, rivolti direttamente alle fanciulle,

danno la possibilità di ricostruire la loro vita quo-tidiana, spesa tra lavoro e devozione sotto laguida di una maestra. Tra i compiti di quest’ulti-ma vi era anche quello di intonare le preghiereda far recitare alle giovani: l’Ave Maria al risve-

glio, il Miserere mei Deus mentre si vestivano e ilPater noster dopo il primo pasto quotidiano. Unacampanella le chiamava in seguito più voltedurante la giornata nel coro, una stanza cioè checonsentiva loro di seguire dall’alto, attraversodelle apposite grate, le funzioni della chiesa sot-tostante (figg. 6, 7). La preghiera era anche unmodo, l’unico, per ritrovarsi ogni tanto tutte insie-me, libere dall’impegno ai fusi e ai telai. A mezzo-giorno si andava nel coro per l’Angelus e poi vi sitornava all’ora nona, le tre circa pomeridiane, e avespro, al tramonto. Il lavoro durava sino all’oradi cena e dopo mangiato si continuava a lavorarenel dormitorio, che fungeva anche da stanza dalavoro, al lume delle lampade a olio. A compieta,l’ultima delle ore canoniche, le fanciulle potevanoandare ancora nel coro a recitare le orazioniprima di coricarsi per la notte.

FIG. 6. Antifonario, Annunciazione, fine XV secolo,c. 153v, Museo degli Innocenti, Firenze.FIG. 7. La Chiesa di Santa Maria degli Innocentivista da uno dei coretti.

1 Marco Settimanni aveva redatto due anni prima ancheun regolamento a uso dei fanciulli maschi, divisi nelle cate-gorie degli scolari, degli apprendisti artigiani (i “bottegai”)e dei chierici.

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FIG. 8. Bernardino Poccetti, La strage degliInnocenti, 1610, particolare con balie che allattano,Istituto degli Innocenti, Firenze.

L’Ospedale degli Innocenti aveva organizzato il“baliatico”, l’allattamento cioè e allevamento deibambini, secondo una prassi comune alla mag-gior parte delle istituzioni ospedaliere toscanededite alla cura dei trovatelli. Esistevano così due categorie di balie: quelle

interne, dette balie di casa (fig. 8), utilizzate perla prima accoglienza dei neonati lasciati nel pre-sepe, e quelle esterne, operanti al loro domicilio eingaggiate per l’intero baliatico, allattamento esvezzamento dei piccoli assistiti. Accolti dalle balie di casa, i bambini venivano

consegnati nel più breve tempo possibile allebalie di fuori, contadine e, per la maggior parte,mogli di lavoratori agricoli alle dipendenzedell’Ospedale. La preponderanza del baliatico incampagna è testimoniata dai dati relativi al prio-rato di Luca Pitti della metà del Seicento, quandoa fronte di una trentina di balie interne che ave-vano la cura di soli 28 lattanti, erano ben 1.091 ibambini dati a balia fuori.Entrambe le categorie di donne dovevano sod-

disfare l’istituzione sotto il profilo economico emorale. Le buone balie dovevano garantire infatti

tutto il proprio latte al trovatello loro affidato. Perquesto motivo erano molto importanti le testimo-nianze dei vicini e, dal XVIII secolo, anche quelledei parroci, attestanti la morte o l’avvenuto svez-zamento dei figli delle donne che si offrivanocome balie all’Ospedale. Il commissario Giovanni Neri Badia, nel 1766,

trasmise una circolare ai parroci perché trovasse-ro balie disposte ad allattare, invitandole a dimo-rare nell’Ospedale come balie interne. Data peròla difficoltà e la reticenza delle maritate ad allon-tanarsi per lunghi periodi dalla famiglia, ci siorientò pian piano verso il reclutamento dellemadri nubili, cui veniva trattenuta una parte delsalario nel caso che avessero affidato il propriofiglio agli Innocenti. Tale prassi tendeva a garanti-re all’istituzione il risarcimento delle spese dibaliatico sostenute per il bambino. Alle medesi-me, inoltre, veniva imposto l’accudimento di unneonato che non fosse il proprio. La prassi di accogliere come balie interne

madri non unite in matrimonio si era consolidataagli Innocenti alla fine del Seicento, epoca in cuisi era manifestata a Firenze e altrove, in Toscana

Le “balie di casa”8

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e fuori, una spiccata sensibilità verso le giovaniillegittimamente gravide.A Firenze, infatti, nel 1679, l’anno della scomu-

nica di papa Innocenzo XI contro chi avesse prati-cato l’aborto, era stata avviata nell’Ospizio dettodella Quarconia, in via dei Cimatori, l’accoglienzasegreta per il parto di giovani incinte senza mari-to. Tale compito, mirato alla salvaguardia del-l’onore delle giovani, era poi stato trasmesso, aiprimi del Settecento, all’Ospizio di Orbatello (fig.9). Quest’ultimo, destinato in origine alla curadelle donne anziane e situato nelle vicinanzedegli Innocenti, in via della Pergola, fu tuttaviainvestito ufficialmente di tale assistenza solo nel1755, in epoca lorenese.Le giovani madri in servizio agli Innocenti pro-

venivano, presumibilmente per motivi di onore, ingran parte da fuori Firenze, specialmente daArezzo, Prato, Pistoia e altre città toscane, sedianch’esse di brefotrofi. Le balie di casa, frequentemente orfane e in

gran parte esercitanti il mestiere di serve, nonerano mai in gran numero e oscillavano tra una edue diecine a seconda delle necessità. Nel 1744,

per esempio, erano in tutto 12 e si prendevanocura di circa 5 bambini a testa.Solo a partire dal 1791 si impose obbligatoria-

mente alle giovani che avevano partorito inOrbatello il passaggio tra le balie di casa del bre-fotrofio per la durata di un anno. Tale norma, che non divenne tuttavia immedia-

tamente sistematica, inaugurò però da subito unrapporto ravvicinato di tipo assistenziale-contrat-tuale a doppio senso tra madri nubili e Ospedale,che si dimostrerà foriero di importanti positivirisultati nell’ambito dell’assistenza alla maternitàe all’infanzia.

2 Si tratta dell’ala della fabbrica, posta a destraguardando la facciata, lungo appunto l’attuale via deiFibbiai.

FIG. 9. Veduta dell’ex Ospizio di Orbatello in viadella Pergola, Firenze.FIG. 10. Bernardino Poccetti, La strage degliInnocenti, 1610, particolare con fanciulle che pre-gano, Istituto degli Innocenti, Firenze.

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La maggiore affluenza, il 10-20% in più inmedia, di bambine affidate all’Ospedale degliInnocenti nel corso dei secoli, fece sì che i varipriori avvicendatisi alla direzione dell’Ospedaledovessero affrontare il problema della sedimenta-zione, generazione dopo generazione, delle pre-senze femminili al proprio interno. Non solo si era dovuto intervenire nell’ambito

del lavoro e del comportamento delle fanciulle,imponendo loro una vita disciplinata e operosa,ma si dovette anche sistemarle al meglio all’in-terno della fabbrica ospedaliera. Fu proprio perquesta presenza in continua crescita che già unsecolo dopo l’apertura ufficiale dell’Ospedale, trail 1545 e il 1546, il priore Luca Alemanni dedicògran parte delle sue energie ad aumentare la“muraglia” dell’Ospedale «dalla parte delledonne»2 (fig. 10). Furono fatte nuove fondamenta per oltre 2.000

braccia nell’ala verso via dei Fibbiai e furonomigliorati gli spazi già a loro disposizione. Vennemodificato il refettorio che fu, significativamente,dotato di un “pergamo”, un pulpito cioè per reci-tare le preghiere e per le letture sacre che accom-

pagnavano i pasti delle donne, a confermarci lavita di tipo religioso da loro vissuta nell’Ospedale.È in quest’epoca, infatti, che si delinea il “con-vento” come un luogo a sé, dedicato alla solapopolazione femminile dell’Ospedale.Successivamente, nel 1572, con il priore donVincenzo Borghini, monaco benedettino e accre-ditato riformatore di comunità religiose, venneattuata la separazione delle fanciulle del conven-to dalle balie. Queste ultime, infatti, seppure benaccette per via del latte, non potevano essere inalcun modo mescolate alle allieve degli Innocenti.Tale promiscuità angosciava non poco il Borghini,impegnato a tradurre nella pratica, nel brefotro-fio, i principi della Controriforma scaturiti dalConcilio di Trento, conclusosi appena otto anniprima. La sistemazione delle donne proseguì nel

1599, al tempo del priore Roberto Antinori, quan-do si provvide a costruire una volta sulla via delRosaio per collegare la fabbrica dell’Ospedaleall’area soprastante la Compagnia di San FilippoBenizzi, che aveva sede al di là della strada. I luo-ghi sopra il “voltone” furono destinati alle fan-

Fanciulle e balie. Una necessaria separazione10

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ciulle tessitrici, che usufruirono da subito di unastanza per i telai. Nel 1619 il priore Marco Settimanni intraprese

per loro anche la costruzione di un nuovo dormi-torio, con letti singoli e corredato da una terrazzasoprastante, cui le giovani operaie potevanoaccedere di tanto in tanto per alleviare la faticadel lavoro3. Maestra e allieve potevano usufruireinoltre, già a quest’epoca, della comodità di poterpassare dal dormitorio alla «stanza delle grate»detta «coro o coretto delle fanciulle», prospicien-te la chiesa maggiore, sia come luogo di medita-zione e di preghiera che per assistervi, non viste,alle funzioni.Nel 1622, sempre il Settimanni, pedagogo ed

educatore, intervenne drasticamente nella siste-mazione delle balie poiché, nonostante gli ordi-ni e le “bacchettate” inferte, le fanciulle conti-nuavano a frequentarle. Il luogo adatto per l’al-loggio delle balie fu trovato sotto la “sala gran-de”, in una cantina sufficientemente illuminata,che portava a una corte già a uso delle balie4.L’intervento rese possibile anche una maggioresorveglianza, limitando l’invio all’esterno di una

gran quantità di generi alimentari, che le balieabilmente sottraevano alla mensadell’Ospedale. Nel corso di tali interventi sidovette anche tener conto delle istruzioniimpartite all’Ospedale dagli Ufficiali di sanitàoperanti in città. L’8 marzo di quello stessoanno, il 1622, mentre a Firenze imperversavauna micidiale epidemia di tifo petecchiale, ilMagistrato di sanità aveva infatti disposto unavisita agli Innocenti. In tale occasione, oltre aoperare un temporaneo trasferimento dei malatinei dormitori dei sani, più grandi e salubri, siordinò di ingrandire le finestre della cantinadestinata alle balie, in considerazione del fatto

3 Il dormitorio avrebbe dovuto occupare l’area soprala Compagnia di San Jacopo, detta del Nicchio, al di làdella volta, costruita per consentire il passaggio su viadel Rosaio, attuale via della Colonna.

4 La corte delle balie è quella che si intravede dall’at-tuale passerella in legno, che unisce il cortile degliuomini a quello delle donne.

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che le donne vi dormivano quattro per letto coni bambini a fianco (fig. 11).In quest’occasione si raccomandò anche di

provvedere quanto prima a terminare il nuovodormitorio per le giovani artigiane, iniziato treanni avanti sopra i locali della Compagnia di SanJacopo detta del Nicchio, situata anch’essa al dilà della via del Rosaio, l’odierna via dellaColonna.Il 4 luglio 1660 iniziarono, sempre in questa

ala dell’edificio, i lavori per il nuovo quartieredelle balie, per separarle definitivamente dal con-vento delle fanciulle. In seguito questo nuovoalloggio fu dotato anche di un proprio Corettoper permettere alle donne di seguire le funzionidella chiesa sottostante di Santa Maria degliInnocenti.Tra la seconda metà del Cinquecento e la

seconda metà del Seicento la comunità femmini-le, in continuo aumento, aveva finito dunque colpermeare con la propria presenza quasi l’interafabbrica dell’Ospedale. La separazione delle fan-ciulle dalle balie, espressione tangibile del proces-so di disciplinamento perseguito dai vari priori

succedutisi al governo dell’istituzione, si era inquesto modo attuata attraverso la ricerca, durataoltre un secolo, di luoghi distinti e separati perospitare le due comunità.Si erano create inoltre ulteriori suddivisioni tra

le giovani dell’Ospedale, tenendo conto del lorostato e delle diverse mansioni cui erano destina-te. Le fanciulle del ramo tessile, tra le quali ancheex serve dette “ritornate”, erano state collocatenell’area nord della fabbrica, negli ambienti rea-lizzati sopra e al di là del voltone di via delRosaio (fig. 12). Le addette alla cura dei bambinierano rimaste invece nell’ala sud dell’edificio, ilconvento, che si era sviluppata dalla metà delCinquecento con la nuova sezione costruita in viadei Fibbiai.Le balie di casa si erano trasferite, nel 1572,

dal convento ai locali sottostanti e, dopo il 1660,erano approdate nell’area situata intorno alla viadel Rosaio, che già ospitava le giovani artigiane.

FIG. 11. Pianta e sezione, del 1780 circa, relativa allaporzione settentrionale del piano terreno sopraele-vato dell’Ospedale degli Innocenti; AOIF, Piantedella fabbrica dello Spedale, chiesa, forni eMonastero delle Cappuccine, Conservatorio diOrbatello, villa della Mattonaia (1742-1815), n.3843, tav. VIII.FIG. 12. Veduta degli ambienti che ospitavano lo«stanzone per le telaia da drappi», oggi parte delMuseo Archeologico Nazionale di Firenze.

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Il graduale spostamento dei quartieri dellebalie dall’area destra a quella sinistradell’Ospedale, posta a nord, aveva avuto comeconseguenza anche la traslazione del luogo nelquale venivano deposti sino dall’origine i bambiniaffidati agli Innocenti. L’antica pila (fig. 13), siste-mata originariamente all’esterno sotto il loggiato,in corrispondenza dell’antica chiesa delle donne,fu spostata infatti proprio nel 1660 – l’anno deltrasloco delle balie nei locali gravitanti intorno alpassaggio su via del Rosaio – all’estrema sinistradel loggiato, dove grazie a una scala interna erapossibile per le donne continuare a monitorarel’arrivo dei neonati, bisognosi di latte e cure.In quest’area, divenuta oltremodo significativa

con lo spostamento del presepe, si susseguironotuttavia modifiche sino ai primi dell’Ottocento,epoca in cui tutto il settore era divenuto sededell’Ospizio di maternità. Nel 1810, sotto il governo francese, la

Commissione amministratrice sopra gli ospedali diFirenze, cui sottostava anche quello degliInnocenti, ordinò la soppressione, alla streguadelle altre comunità religiose, dell’antico convento

delle donne che occupava tutta via dei Fibbiai eparte di via degli Alfani. Nei locali così recuperatitrovò posto nel 1815 un nuovo Ospizio di materni-tà che dal 1877, proprio due anni dopo la chiusuradelle “ruote” in Toscana, passò sotto l’amministra-zione dell’Ospedale generale di Santa MariaNuova5. Insieme al convento venne ordinata anchela soppressione delle chiese delle donne, che allafine del Settecento erano state trasferite in quel-l’area6. L’Ospedale avrebbe dovuto conservareinfatti la sola chiesa maggiore, che dal 5 ottobre1810 divenne “cura d’anime” con valenza però diparrocchia religiosa a uso solo internodell’Ospedale.

5 Nel 1875 fu decisa la chiusura delle “ruote” toscane.I bambini furono affidati da questo momento ai brefotrofiper mezzo di appositi “uffici di consegna” anziché inmodo anonimo come era stato sino ad allora.

6 Dopo la soppressione della chiesa delle donne alla finedel XVIII secolo (vedi lapide in fondo all’attuale salone delBrunelleschi), i luoghi del culto si erano ricostituiti per loronei locali posti al di là del cortile delle donne (fig. 14).

Balie e bambini: un binomio inscindibile

FIG. 13. Giovanni di Francesco del Cervelliera,Eterno, Angeli e i Santi Innocenti con stemmadell’Arte della Seta e pila dei fanciulli, lunettasoprastante l’ingresso della Chiesa di Santa Maria degli Innocenti, particolare.

FIG. 14. Veduta del Cortile delle Donne, Istituto degli Innocenti, Firenze.

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