Ephémera: colei che vive un solo giorno - Espoarte

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AQUAAURAEphémera: colei che vive un solo giorno

Clelia Belgrado VisionQuesT - Piazza Invrea 4r Genovadal mercoledì al sabato 15.30 - 19.30 e su appuntamentoTel. +39 0102468771 - 3356195394 • www.visionquest.it - [email protected]

Presentazione: Giovedì 25 Settembre, 2014 ore 18.30

Dal 25 Settembre al 29 Novembre, 2014

A cura di Alessandro Trabucco

pubblicita rivista ESPOARTE - Ephemere_03.indd 1 11/06/14 17:34

AYANO YAMAMOTOgiugno luglio 2014

L’ARIETE artecontemporaneavia d’azeglio 42 bologna | info 348 9870574

www.galleriaariete.it

collezione permanente arte internazionale 1950–2000

giovedì–domenica

prenotazionitel: +39 0522 [email protected] fratelli cervi 66 – reggio emilia

12.10.2014 – Aprile 2015Ritratto di donneAlessandra Ariatti / Chantal Joffe

4.05 – 31.07.2014SceneJeannette Montgomery Barron

12.10.2014 – 31.01.2015Il corpo figuratoOpere dalla Collezione (1966-2005)mostra collettiva

9.03 – 28.09.2014Cose in corsoMark Manders

6.10.2013 – 31.07.20149’/ UnlimitedBeatrice Pediconi

Costella MARAMOTTI espoarte.indd 1 4/22/14 11:02 AM

LE BELLE EMOZIONI.DA FEBBRAIO A MAGGIO,QUATTRO INCONTRI A TEMA.

In collaborazione con:Tel. 051/[email protected] prenotare: [email protected]

INFO

27 febbraio27 marzo30 aprile29 maggio

Percorsi al CUBO

Lo Spazio Cultura di CUBO, in collaborazione con l’editrice il Mulino,è lieto di promuovere una serie di incontri dedicati alla lett ura e al dibatt ito sul tema “LE BELLE EMOZIONI”. Da febbraio a maggio, ogni ultimo giovedì* del mese, quatt ro appuntamenti durante i quali i partecipanti, prendendo spunto dalla tematica di un libro di riferimento, dialogano con Nicolett a Cavazza, docente nell’Università di Modena e Reggio Emilia.STARE IN GRUPPO, ESSERE ALTRUISTI, SAPER ASPETTARE, NON CI RESTA CHE RIDERE: quatt ro pomeriggi di condivisione che mett ono al centro l’individuo e il suo rapporto con la società, in un momento in cui il nostro Paese sente un gran bisogno di “incontrarsi”.

*Eccett o aprile, in cui l’incontro si terrà mercoledì 30.

I GIOVEDÌ LETTERARI

ore 18.30Spazio Cultura CUBO

Porta Europa - Piazza Vieira de Mello, 3 (Bo)

INGRESSO LIBERO SU PRENOTAZIONE

esec_70x100_GiovediLetterari.indd 1 07/03/14 15.06

In collaborazione con:

Nell’ambito di:

ESTATE ����UNA STAGIONE DI MUSICAE SPETTACOLINEI GIARDINI DI CUBO

MARTEDÌ �.��Dallabanda in concertoRicordando LucioGIOVEDÌ �.��PastisCon Marco e Saverio Lanza, special guest Cristina DonàMARTEDÌ �.��La lingua segreta delle donneRecital musicale di Susanna Parigi GIOVEDÌ ��.��Tableaux VivantsIl suono muove il gesto, il gesto crea l’immagine, l’immagine incarna la musicaMARTEDÌ ��.��La musica raccontata: raccontare ČajkovskijCon Corrado Augias (voce narrante) e Giuseppe Fausto Modugno (pianoforte)GIOVEDÌ ��.��Cristiano Militello ShowCon Cristiano MilitelloMARTEDÌ ��.��La musica raccontata: raccontare BrahmsCon Corrado Augias (voce narrante) e Giuseppe Fausto Modugno (pianoforte)GIOVEDÌ ��.��We love basketSerata degli Oscar della pallacanestro regionalein collaborazione con la Federazione Italiana PallacanestroMARTEDÌ ��.��La musica raccontata: raccontare SchubertCon Corrado Augias (voce narrante) e Giuseppe Fausto Modugno (pianoforte)GIOVEDÌ ��.��Dialoghi sul signor G.Omaggio a Giorgio Gaber

MARTEDÌ ��.��Lett ere in Musica. Quando la musicaè il rifl esso della vitaCon Milena Vukotic (voce recitante),Mario Ancillott i (fl auto),Alessandro Marangoni (pianoforte)GIOVEDÌ ��.��20 in poppaCon Sergio Sgrilli MARTEDÌ ��.��Bianchi, Rossini e Verdi.Omaggio al canto tricoloreCon Elio (voce narrante),Roberto Prosseda (pianoforte)GIOVEDÌ ��.��We love football Serata degli Oscar del calcio giovanilein collaborazione con la Lega Calcio MARTEDÌ ��.��Terrel Staff ord QuartetCon Terrel Staff ord (tromba),Danny Grisset (pianoforte),Darryl Hall (contrabbasso),Roberto Gatt o (batt eria)GIOVEDÌ ��.��Franco oh FrancoCon Franco Neri

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MARTEDÌ �.��Piero Odorici QuartetCon Piero Odorici (sax tenore e soprano), Nico Menci (pianoforte), Aldo Zunino (contrabbasso), Nicola Angelucci (batt eria) GIOVEDÌ �.��Arcipelago Chieti di Ivan GrazianiCon Letizia Fuochi, Federica Fabbri, Oriett a Giunti (Le pazze del fi ume)MARTEDÌ �.��NuFlava International Jazz Workshop EnsemblePresenta Piero Odorici GIOVEDÌ ��.��Ticket e TacCon Anna Meacci e Katia Beni

MARTEDÌ �.��Danilo Rea TrioCon Danilo Rea (pianoforte),Ares Tavolazzi (contrabbasso), Dave King (batt eria)GIOVEDÌ �.��Il grande racconto delle stelleCon Piero Boitani MARTEDÌ ��.��Mina Agossi TrioCon Mina Agossi (voce),Eric Jacot (contrabbasso),Simon Bernier (batt eria) GIOVEDÌ ��.��Il grande raccontodi GerusalemmeCon Franco Cardini

INFO P.zza Vieira de Mello, 3 (BO)[email protected]/cubounipol

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Dal 22 luglioal 4 ott obre 2014

Spazio Arte CUBOPorta Europa

Piazza Vieira de Mello, 3Bologna

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lo L

eviL’UMANITÀ DIPINTA

CON LE PAROLE

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8 | espoarte 85

di livia savorelli

Credo Che sia un artista Chiunque sappia fare bene una Cosa; CuCinare, per esempio*.

#85

In questo numero estivo ci siamo concessi un po’ di svago, esplorando i territori del food d’autore, ricercando accostamenti e contaminazioni con l’arte contemporanea, avvistan-do affinità, sinergie e tangenze. Quello che è emerso è che la creatività, a prescindere dalle modalità con le quale si esprime, si ancora su valori saldi quali la tradizione per intra-prendere quell’inevitabile sperimentazione, che si arricchisce e alimenta dal confronto.Il pensiero di Massimo Bottura, Chef tre Stelle Michelin dell’Osteria Francescana di Mo-dena, riflette, nell’ambito culinario, la tensione verso la ricerca connessa alla pratica crea-tiva: «La mia è una cucina in punta di piedi. Non faccio rivoluzioni e non ne cerco, cerco di evolvermi verso il futuro, di cavalcare il tempo. Le contaminazioni sono per me un punto di partenza e non di arrivo, vanno avvicinate con curiosità e saggezza. Studiate, appro-fondite i vostri interessi, viaggiate, confrontatevi, entrate nelle cucine dei grandi maestri, ma non dimenticate chi siete e da dove venite». Un numero che trova nella contaminazione tra linguaggi la sua cifra stilistica, elemen-to comune espresso – seppur con modalità diverse – dai personaggi che lo animano: Mustafa Sabbagh, Andrea Pallaoro, Bertozzi & Casoni, Nicola Samorì, Perino & Vele e lo stesso cover artist Willy Verginer. Quest’ultimo con l’opera Tra idillico e real-tà – nell’accostamento di situazioni apparentemente contrastanti, ai limiti del paradosso, cifra stilistica dell’artista altoatesino – mette in contrasto, ponendoli sullo stesso piano, l’elemento artificiale rappresentato dai bidoni di petrolio con quello naturale, simboleg-giato dal capriolo. Lo stesso utilizzo del colore, nella variante nero-grigia dei bidoni, che si espande sul volto dell’animale, allude ad un’“aggressione” in atto dell’artificiale sul na-turale: l’inquinamento ai danni dell’uomo. In secondo piano, ed in miniatura, il vivace ed incontaminato paesaggio che si scorge sulla schiena del capriolo, funge visivamente da monito alla tutela di quanto abbiamo di più caro: l’ambiente. Un inno alla salvaguardia del territorio che estendiamo, con gli itinerari proposti nella no-stra summer compilation di eventi dell’estate 2014, alla tutela dell’immenso patrimonio artistico-culturale-paesaggistico italiano. Un viaggio iniziato nelle Dolomiti, con la Bien-nale Gherdëina di Ortisei e Dolomiti contemporanee proseguito a Isola del Garda (BS) con Ecce Pinocchio e poi dal Piemonte alla Liguria, percorrendo gli itinerari della Via del Sale. Dopo una sosta in Toscana a Lucca per Cartasia, ci muoviamo in direzione Came-rano, in provincia di Ancona, dove ci attende Caleidoscopio Festival delle Arti. Il nostro viaggio termina tra Ascoli Piceno, Atri, Castelbasso, Civitella del Tronto, Loreto Aprutino, Pescara e Teramo, dove con ARTE in CENTRO. Cultura contemporanea nei borghi e nelle città scopriamo un territorio unito dai linguaggi del contemporaneo.

*Andy Warhol

espoarte #85

Willy verginer, Tra idillico e realtà, 2014, legno di tiglio, acrilico, ferro, cm 160x60x120

TAMARA FERIOLISOLO SHOW

16 OTTOBRE - 23 NOVEMBRE

INAUGURAZIONE, GIOVEDI 16 OTTOBRE, ORE 19.00

OFFICINE DELL’IMMAGINEVia Atto Vannucci 13 - 20135 MILANO

TTel. [email protected] | www.officinedellimmagine.com

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indice #85

ESPOARTE#85 | Anno XV | Trimestre n.3 2014

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Direttore editorialeLivia Savorelli

PublisherDiego Santamaria

Segreteria di redazioneFrancesca Di GiorgioValeria Barbera

Direttore webMatteo Galbiati

Direttore responsabileSilvia Campese

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Redazionevia Traversa dei Ceramisti 8/b17012 Albissola Marina (SV)Tel. +39 019 [email protected]

Hanno collaborato a questo numeroValeria BarberaIlaria BignottiFrancesca CaputoLuisa CastelliniSilvia ContaElena DolciniIsabella Falbo Laura FantiJack FisherMatteo GalbiatiRoberto LacarbonaraMassimo MarchettiAlberto Mattia MartiniSimone ReboraGabriele SalvaterraLivia SavorelliChiara SerriAlessandro Trabucco

Rubriche

Chiara CanaliLuisa Castellini Roberto FloreaniChristian GhiselliniAlberto Zanchetta Mattia Zappile

18 antineutrale #11 | Gerhard Richter: immagini, nonostante tutto | di Roberto Floreani20 Pensieri albini #18 | di Alberto Zanchetta22 neW Media art | Arte Interattiva: nuove esperienze di interazione con l’arte contemporanea | di Chiara Canali24 GreMlins | Il mostro che viene dal lago. Il cinema indipendente al Lago Film Fest | di Mattia Zappile26 ePPur si Muove #6 | Vedi Napoli poi muori | di Christian Ghisellini28 esercizi di stile - conteMPorary tales | Un’idea che ha fatto era. La poetica ArkiZoic di Duilio Forte | di Luisa Castellini

32 talkin’ | Andrea Pallaoro | Della vertigine tra guardare ed essere | di Silvia Conta

34 Mustafa sabbaGh | Fluttuazioni dark | intervista di Isabella Falbo

40 FocusOlivier Durbano, Naomi Goodsir, Patricia Vincent: Dialoghi tra arte, moda e profumo | di Isabella Falbo

44 fabrizio Plessi | Viaggio, azione ed energia | intervista di Roberto Lacarbonara

50 talkin’ | Villa Croce rinasce. Un riuscito mix di qualità, sinergie e lungimiranza | intervista a Ilaria Bonacossa di Valeria Barbera

52 oPen studios | Perino & Vele | Londra, New York, Berlino, Parigi?... No, Rotondi! | di Matteo Galbiati

Giovani56 Michele Parisi | Dall’opaco | di Gabriele Salvaterra

58 thoMas berra | La verità acceca, la menzogna è un bel crepuscolo | di Alberto Mattia Martini60 silvia celeste calcaGno | Fantasmi impressi a fuoco | di Valeria Barbera62 Giulia Manfredi | La natura della reliquia | di Luisa Castellini

65 Speciale EsordientiesPoarte talent scoutinG | Una scoperta oggi, una certezza domani? | a cura della RedazioneGli esordienti: Caterina Rossato, Nuvola Ravera, Elena Mazzi, Špela Volčič, Fabiano De Martin Tropanin, Pierpaolo Miccolis, Michele Pierpaoli, Francesco Cossu, Francesca Longhini, Viviana Valla, Simona Paladino, Claudio Rivetti, Silvia Inselvini, Paola Pasquaretta, Giulia Zappa, Daniele Pulze, Elena Hamerski, Arjan Shehaj, Arianna Zannoni, Anna Negretti | di AA.VV.

EsprEssioni italianE

RobeRto baRnibRuno benuzzienzo espositoVettoR pisani

31 luglio - 7 ottobre 2014

China art Museum161 shangnan Roadpudong new Districtshanghai

studio VigatoVia santa Marta, 1920121 Milanotel. 02 49437856Cell. 392 [email protected]

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ESPOARTERegistrazione del Tribunale di Savonan. 517 del 15 febbraio 2001

Espoarte è un periodico di arte e cultura contemporanea edito dall’Associazione Culturale Arteam.© Proprietà letteraria riservata. È vietata la riproduzione, anche parziale, di testi pubblicati senza l’autorizzazione scritta della Direzione e dell’Editore.Corrispondenza, comunicati, cartelle stampa, cataloghi e quanto utile alla redazione per la pubblicazione di articoli vanno inviati all’indirizzo di redazione.Le opinioni degli autori impegnano soltanto la loro responsabilità e non rispecchiano necessariamente quelle della direzione della rivista.Tutti i materiali inviati, compresi manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non verranno restituiti.

EditoreAss. Cult. Arteam

Art DirectorElena Borneto

Redazione grafica – Traffico pubblicitàvillaggiodellacomunicazione®[email protected]

Stampato in Italia daBandecchi & Vivaldi s.r.l.Via Papa Giovanni XXIII, 54 56025 Pontedera (PI)

Distribuzione edicoleMEPE Distribuzione LogisticaMessaggerie Periodici Spa

Pubblicità

Direttore CommercialeDiego SantamariaTel. 019 4500659iPhone 347 [email protected]

Gli impaginati delle inserzioni pubblicitarie (mm 195x265 la pagina al vivo, +3 mm rifilo, dimensioni file finito mm 201x271 a 300dpi) vanno spediti via posta all’indirizzo email della redazione grafica/traffico pubblicità:[email protected]

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Abbonamenti ItaliaAnnuale (4 numeri): 20 €Biennale (8 numeri): 36 €Triennale (12 numeri): 48 €

c/c postaleVersamento su C/C Postale n° 40196131 intestato a: Ass. Cult. Arteam, Albissola Marina

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Numeri arretratiEuro 10 a copia (spedizione in piego libri inclusa)Versamento su C/C/P o bonifico anticipato specificando il/i numero/i richiesto/i.Per quantitativi diversi dalla singola copia potete scrivere a: [email protected]

Ufficio [email protected]

78 Willy verGiner | Dalle radici alle fondamenta | di Silvia Conta

84 Summer Compilation Events8 itinerari per scoprire l’arte tra natura, storia e paesaggio | a cura di Valeria Barbera, testi di AA.VV.

95 Art + Food = Culturaa cura e di Livia Savorelli96 Ceretto: tra cantina d’eccellenza, territorio, cucina stellata e... Arte | intervista a Roberta Ceretto, responsabile comunicazione e marketing Ceretto, Alba (CN)98 Mecenatismo e ricerca: storia di una passione contemporanea sul filo della tradizione | intervista a Tiziana Frescobaldi, Direttore Artistico Artisti Marchesi de’ Frescobaldi

100 Caffè Florian: tradizione e contemporaneità per un brand made in Italy | intervista a Silvia Zanella, Marketing e Communication Manager Caffè Florian e Stefano Stipitivich, Direttore Artistico Caffè Florian102 Art&Food Objects104 La creatività ispirata dalla natura: le stagioni di Crippa | intervista a Enrico Crippa, Chef Ristorante Piazza Duomo, Alba (CN)106 Una stella dell’alta cucina, rigorosamente controcorrente | intervista a Cristina Bowerman, Chef Glass Hostaria, Roma108 I colori dell’ispirazione: Colorfood@Expo2015 | intervista a Dan Lev, fotografo israeliano di food ed ideatore di COLORFOOD

110 bertozzi & casoni | Ironiche visioni dell’avventura umana | intervista di Francesca Caputo

116 talkin’ | La ceramica che cambia. Un viaggio nel XX secolo attraverso i suoi protagonisti | intervista a Claudia Casali di Livia Savorelli

120 aurelio aMendola | Tutti gli atelier e i volti di Aurelio Amendola | intervista di Matteo Galbiati

126 nicola saMorì | La bellezza della decadenza | intervista di Matteo Galbiati

132 dossier luoGhi/sPazi | Casa Museo Jorn. Un’opera d’arte totale sulle alture di Albissola Marina | di Livia Savorelli

Nicola Verlato

FulVio Di Piazza

Marco MazzoNi

agostiNo arriVabeNe

istituto italiano di culturalos angeles (usa)

settembre 2014

galleria gioVaNNi boNelli via luigi Porro lambertenghi, 6 - 20159 Milano

[email protected]

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Informativa D.L. 196/2003. I suoi dati daranno trattati da associazione Culturale arteam per dar corso al suo abbo-namento. a tale scopo è indispensabile il conferimento dei dati anagrafici. I suoi dati potranno essere trattati anche per effettuare indagini di mercato, per l’invio di vantaggiose offerte e proposte commerciali e informazioni su eventi culturali. I suoi dati potranno essre comunicati ad altre aziende, le quali potranno adoperarli per le medesime finalità sopra illustrate. L’elenco aggiornato delle aziende a cui saranno comunicati i suoi dati e dei responsabili potrà in qualunque momento essere richiesto al numero 019.4004123. Lei può in ogni momento e gratuitamente esercitare i diritti previsti dall’articolo 7 del D.L. 196/2003 scrivendo a: associazione Culturale arteam - Ufficio privacy - via Cilea 25 - 17012 albissola Marina (sV)

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La cultura è il miglior viatico per la vecchiaiaAristotele

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via Marsala, 4 - 20121 MilanoTel. +39 02 6551681 - Mob. +39 339 6008358 - +39 348 0687073

Orari: lunedì 15.30-19 - martedì / sabato [email protected]

Patrizia Novello, Variazioni sulla velocita di abbandono, 2013, pigmento su olio su tela, cm 140x100

PALAZZO COMUNALEFORTUNAGO (PV)

27 luglio - 14 settembre 2014

Inaugurazione sabato 27 luglio 2014 ore 17.30

Sull’Ombra日影

MOSTRA COLLETTIVA DI ARTISTI GIAPPONESI E ITALIANI CONTEMPORANEI

a cura diMATTEO GALBIATI e RAFFAELLA NOBILI

ArtistiPIETRO COLETTAMARCO GRIMALDI

ASAKO HISHIKIFUKUSHI ITO

PATRIZIA NOVELLOVALDI SPAGNULO

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antineutrale #11

di roberto floreani

Gerhard riChter: immaGini, nonostante tutto

All’affermazione di Hans Ulrich Obrist “Im-magini, nonostante tutto”, riferita al suo lavoro, il grande artista tedesco ultraot-tantenne Gerhard Richter risponde «Il termine bellezza è così squalificato anche perché tanta brutta stupidità viene spac-ciata per bellezza. I modelli propaganda-ti dal cinema, dalla tv e dalle riviste pro-pongono una bellezza falsa e vuota, ed è forse per questo che la bruttezza va tanto di moda. La società si sta anestetizzando» (La Lettura, Corriere della Sera, 4 maggio 2014).Richter è considerato l’artista più influen-te a livello planetario da oltre una decina d’anni, le sue opere raggiungono valuta-zioni di decine di milioni di euro, ha supe-rato gli stili, cimentandosi a livelli inimma-ginabili nella pittura di rappresentazione (riuscendo a privarla della sua caratteristica

oggettiva principale) in quella astratta ed in fotografia. Fino a metà degli anni ’90, ese-gue più di un terzo delle sue opere cono-sciute senza l’impiego di colori, pittura ba-sata sull’assenza emozionale trasmessa dal grigio. Delacroix identificava l’impiego del grigio in pittura come “la noia”; Richter dichiarerà, nel 1975, che il grigio non affer-ma nulla… è l’unico equivalente possibile dell’indifferenza, del non impegno, dell’as-senza di opinione, dell’assenza di forma. Un modo, da parte dell’artista, per evoca-re il livellamento delle differenze, della neu-tralità, dell’assenza di coinvolgimento, an-che emotivo. Ma, nell’intervista di Obrist, Richter, commentando oggi un intero ciclo di opere dedicato alla madre con bambi-no degli anni ‘90, afferma che «la cosa più naturale del mondo è fotografare gli even-ti che ci emozionano. È accettato che si

scattino delle foto, ma dipingerle è quasi un tabù». Richter, nell’analisi sull’impove-rimento del presente, dimentica la funzio-ne dell’arte contemporanea, non si occu-pa della Post-Arte dei Koons, Hirst, Creed, Sehgal e molti altri, del passaggio attraver-so la Bad Painting: sembra ancora pren-dere le distanze, non occuparsene. Come sembra non dar rilievo all’aspetto dell’inat-tualità nell’opera dell’artista, percorso possibile, indipendente dalle tendenze di quei media cui imputa l’anestetizzazione delle coscienze, media che sono però la componente centrale del contempora-neo dominante. Nel suo libro La pratica quotidiana della pittura, pubblicato nel 2003, ci sono infiniti spunti di riflessione che nascono da affermazioni contrastanti, che parlano di una storia che lo ha più vol-te avvicinato, negli anni ’60, al Warhol dei 15 minuti di notorietà, all’impersonalità, al “fuori fuoco” nella rappresentazione – nelle riprese amatoriali ed in pittura per entram-bi –, alla banalizzazione seriale della pub-blicità. Richter, anni dopo, afferma di ar-ricchirsi dipingendo contro la sua volontà, ma di cercare costantemente un rapporto che lo avvicini al meraviglioso. Tesi e anti-tesi, considerazioni e responsabilità, affer-mazioni e negazioni, neutralità e distanze, misurate da una statura artistica evidente, da una grandezza indiscussa, fondamen-tale. La realtà del mondo trasferita nella vita (e nelle parole) di un grande artista, te-stimone del suo tempo e delle sue evidenti contraddizioni.

Gerhard richter, S. mit Kind, 1995, olio su tela, cm 51x56, Hamburger Kunsthalle, © 2014 Gerhard richter.

opera presente nella mostra: “GERHARD RICHTER: Pictures / Series”, Fondazione Beyeler, Basilea, 18 maggio - 7 settembre 2014

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espoarte 85 | 21

a monomania della Hyène de la Salpêtrière [1822-23] meglio nota come La pazza di Théodore Géricault, è stata identificata con la patologia clinica dell’invidia. A dispetto dell’incarnato itterico, il suo sguardo è sanguigno. Il contorno degli occhi esprime – in modo arcigno e ostile – un disagio in-

teriore, che non ha nulla a che vedere con un’irritazione, né con un’allergia o uno sfogo lacrimale. Ancor più ardente è lo Sguardo rosso [1910] di Arnold Schönberg; la vitrea (ep-pur penetrante) pupilla sembra contornata da un eritema che ha in sé qualcosa di anor-male, di perverso. Laddove associavamo la donna con un’alienata mentale, qui ci trovia-mo di fronte al volto rubicondo di un essere più alieno che umano. Altrettanto inumano è il bulbo oculare con cui Jackson Pollock si raffigura in un Autoritratto giovanile [1930-33], molto simile a quello di un rettile o di un felino. Commentando l’opera, Alberto Boatto ha scritto che l’artista «si affaccia sul piccolo rettangolo come sporgendosi sopra un poz-zo o sorgendo da un cunicolo illuminato dai riverberi degli incendi che ardono attorno e ustionano la pelle». Non meno rovente è lo sguardo del pittore: come volesse rinsaldare il connubio tra il genio e la follia.

Géricault aveva ritratto la pazza di tre quarti, evitando di guardarla dritta negli occhi, Schönberg e Pollock non sono invece riusciti a sfuggire alla frontalità dello sguardo, obbligati a scrutarlo in profondità, fino a esserne risucchiati. Avendo scelto di autoritrar-si, Pollock era impossibilitato a distogliere gli occhi da se stesso, e persino Schönberg avrebbe (forse) fatto altrettanto. Il dipinto in questione, che in Italia è stato messo in re-lazione con il colore rosso, in realtà si intitola solo Blick e viene catalogato non già nella serie degli “Autoritratti” ma in quella delle “Visioni”; dello stesso anno è però un Autoritrat-to marrone [1910] che denota analogie assai stringenti con lo Sguardo rosso. «Quando guardo la gente negli occhi», spiegava il compositore, «non colgo che i loro sguardi. Un vero pittore può afferrare d’un sol tratto la persona intera. Io non riesco che ad afferra-re la sua anima». Come in un pozzo: nel [pro]fondo dell’anima si rischia di intravedere la pazzia umana.

pensieri albini #18

per un libro bianco

di alberto zanchetta

Massimo angèi, Amabile demone, 2014, oilo su cartone schoellershammer, cm 35x30

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new media artdi chiara canali

arte interattiVa:nuove esperienze di interazione con l’arte contemporanea

Fin dal 1991, anno di fondazione della East Wing Biennial e della prima mostra in cui esposero artisti come Gilbert and George, Howard Hodgkin e Damien Hirst, il Courtauld Institute of Art di Londra pre-senta ogni due anni la sua mostra di arte contemporanea organizzata dagli studenti del corso.L’edizione del 2014, con la mostra INTE-RACT: Deconstructing Spectatorship, si è concentrata sul ruolo dello spettato-re nel processo di percezione dell’arte, per sollecitare nuove prospettive di visione e fruizione delle opere e dei loro spazi espo-sitivi. Gli artisti, attraverso molteplici livelli di partecipazione, invitano lo spettatore ad interagire direttamente e attivamente con l’arte per superare il ruolo preconcetto di ricezione passiva.Quattro sono i percorsi di indagine esami-nati: il primo riguarda il tema della perce-zione visiva, significativo nelle esperienze di Emilie Pugh, Bridget Riley, Sebastian Brajkovic e Julie Mehretu, ciascuno dei quali manipola la visione del fruitore richie-dendogli di muoversi avanti e indietro nello spazio al fine di decifrare il significato del lavoro.Il secondo livello è quello della rarefazio-ne del campo visivo e della consapevolez-za corporea dello spettatore attraverso la ricerca di Katie Paterson, che necessita una comprensione sensibile dell’importan-za del suono.La creazione di uno spazio di riflessione è evidente nel lavoro di Tina Gonsalves, dove l’immagine del visitatore è rigettata al centro dello spazio espositivo. L’identità costituisce, infine, il punto di convergenza delle opere, includendo la fotografia evo-cativa di Cordelia Donohoe e Liu Bolin.Tra gli autori coinvolti, è presente anche Daniel Rozin, artista che da anni speri-menta l’interattività con installazioni e scul-ture digitali che presentano sensori capaci di rispondere alla presenza dei visitatori. In

molti casi lo spettatore diventa il contenu-to dell’opera e viene invitato a svolgere un ruolo attivo nella creazione del lavoro stes-so. Per esempio, con Mirror No. 12 egli ha creato un gruppo di opere costituite da schermi collegati a videocamere che pro-iettano l’immagine dello spettatore che si trova di fronte ad essi, dopo averla reinter-pretata attraverso un programma di riela-borazione delle linee, che rendono la tex-ture dell’immagine sbozzata e pittorica. Queste tematiche sono state recentemen-te affrontate nel libro Interactive Art and Embodiment: The Implicit Body as Per-formance di Nathaniel Stern che indaga, attraverso numerosi saggi tra cui anche quello di Daniel Rozin, “il modo in cui in-teragiamo” con le opere, il ruolo del corpo nel processo di interazione con il digitale e le modalità per relazionarsi correttamente con l’arte interattiva.

www.eastwingbiennial.orgwww.implicitbody.net

daniel rozin, Mirror No. 12, 2013

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gremlinssabotaggi e mutazioni tra cinema e arte contemporanea

di Mattia zaPPile

il mostro Che Viene dal laGoil cinema indipendente al lago Film Fest

Nato nel 2005, il Lago Film Fest celebra quest’anno la sua decima edizione. Festi-val Internazionale di Cortometraggi, Do-cumentari e Sceneggiature. La mission, e ancor di più lo spazio che si propone di occupare nel mondo delle arti audiovisive, è già tutto nel nome: un evento che supe-ri ogni forma di provincialismo culturale e che riesca a dare forza a quelle realtà che sul suolo nazionale non riescono a trovare adeguate prospettive di valorizza-zione, economica ovviamente, ma non solo. Pur fortemente e orgo-gliosamente legato ai colori e alle atmosfere locali del territorio che lo ospita, il LFF risalta per la sua vocazione internazionale: opere, artisti e spettatori di tutto il mondo convergono ogni anno sul bellis-simo lago di Revine Lago (TV) per una manifestazione che fa dell’in-contro, umano e artistico, e quin-di della contaminazione, tra cultu-re, generi, forme artistiche, il suo punto di forza. Attorno alle acque del Lago, ogni anno, centinaia di opere sono state proiettate, centi-naia di artisti e appassionati d’ar-te hanno condiviso, progettato, realizzato insieme, gettando quei semi che hanno trasformato un paese di 2000 abitanti in uno spa-zio elettrizzato, carico di fermenti creativi e fertile alla creazione. Di questa atmosfera particolarissima è testimonian-za, l’ultima di una lunga serie, il progetto Don’t stay apart. Dal 23 aprile al 6 mag-gio, 30 ragazzi giunti da vari paesi europei, si sono ritrovati sulle rive del Lago dando il via a una jam session di pura creatività. Quello che doveva essere un workshop per realizzare una serie di opere da presentare in occasione del Festival, si è trasforma-to in una piccola comunità stabile di artisti che, stregati dal potere di quel luogo, non

hanno più potuto abbandonarlo, giungen-do ironicamente a proclamare nel loro ma-nifesto la nascita di una nuova nazione in-dipendente fondata sulla libera creazione. I tanti progetti legati al LFF, tra semina-ri, competizioni, incontri e concorsi, fan-no dell’evento un catalizzatore di ener-gie, uno snodo attorno al quale si aprono percorsi di produzione, promozione e sperimentazione.

Molto più che un semplice ciclo di proie-zioni, dal 18 al 26 luglio il Lago Film Fest trasformerà Revine nell’epicentro della produzione indipendente, in una fucina di idee, suggestioni, start up immerse in un’atmosfera surreale e onirica, fatta di specchi d’acqua e stelle, boschi assolati e poi oscuri, diatribe, chiacchiere e risate sulla filosofia dell’arte, sole e bibite ghiac-ciate, e ovviamente film film film.

www.lagofest.org

lago film fest, manifesto edizione 2014Veduta di lago film fest, 2013. Foto: © anna Carmignola

PASSAGGI Arte ContemporaneaGalleria Project Space | Pisa | Italywww.passaggiartecontemporanea.it

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eppur si muove #6

di christian Ghisellini

Vedi napoli poi muori«Non faccio film per guadagnare soldi. Guadagno soldi per fare film».(Walt Disney)

Nel 1949 usciva nelle sale del nostro Pa-ese il primo film italiano interamente rea-lizzato in Technicolor, La rosa di Bagdad di Anton Gino Domeneghini1. La rosa di Bagdad non è stato solo un importante primato tecnico ma anche il primo lungo-metraggio animato italiano.Il progetto in realtà nasce molti anni pri-ma, folgorato dalla visione di Biancaneve e i sette nani (1937) di Walt Disney, Dome-neghini concepisce il progetto di un lun-gometraggio d’animazione tutto italiano. Scrittura i migliori disegnatori in Italia e si lancia nell’avventura. La storia della re-alizzazione del film si intreccia con le vi-cende della guerra e il bombardamento di Milano, nell’ottobre del 1942, distrugge lo studio di Domeneghini. Il lavoro si protrae per sette anni, finché, nel 1947/48, le cen-tinaia di migliaia di disegni prodotti ven-gono fotografati in Inghilterra.

1. anton Gino domeneghini (Darfo, 30 aprile 1897 - Milano, 6 novembre 1966) è stato un produttore cinematografico e regista italiano, responsabile della Compagnia I.M.a. (Idea Metodo arte), una delle maggiori imprese italiane, come creativo in campagne pubblicitarie sino alla fine degli anni '50.

La figura di Domeneghini è emblematica di una capacità imprenditoriale e creativa tutta italiana, in grado, nonostante la limi-tatezza dei mezzi, di competere perfino con lo studio di Walt Disney.L’animazione italiana è sempre stata, dalle sue origini, fortemente ispirata dal regista di Burbank, esempio ulteriore è, nei mesi scorsi, la distribuzione in alcune sale di un documentario dal titolo molto chiaro: Walt Disney e l’Italia - Una storia d’amo-re; il film illustra come intere generazioni d’italiani di cultura ed educazione com-pletamente differenti, perdano ogni diver-sità di fronte all’amore per i cartoni animati di Walt Disney e come da essi siano stati influenzati.Tutto ciò ha prodotto delle conseguen-ze non sempre positive, rendendo la no-stra animazione spesso succube di quel-la americana, e più precisamente di quella disneyana relegando i cartoni animati nel nostro Paese a un prodotto per bambini e famiglie, limitando perciò per anni la po-tenzialità di questo mezzo espressivo.Ora le regole sembrano cambiare per ope-ra di un piccolo gruppo di persone che, grazie a una capacità imprenditoriale e creativa pari a quella di Domeneghini,

sono in grado, nonostante la limitatezza dei mezzi, di creare un piccolo miraco-lo produttivo. Questo piccolo miracolo è L’arte della felicità, un film di animazione realizzato da Alessandro Rak e sceneg-giato dallo stesso regista assieme a Lu-ciano Stella, che ne è anche il produtto-re, fatto da un gruppo di ragazzi tutti con un’età attorno ai 30 anni e tutti napoletani. Un film adulto che parla agli adulti, costato molto poco rispetto agli standard del ge-nere, è già un pezzo di futuro, per come è stato fatto, rivoluzionando completamen-te le normali linee produttive, reinventando tecnica e linguaggio. Non un caso isolato perché anche il prossimo lungometraggio dello studio M.A.D. (Music, Animation, Do-cumentary) la Gatta Cenerentola del regi-sta Ivan Cappiello promette di seguire il solco tracciato in precedenza, reinventan-do, in chiave moderna e adulta, il linguag-gio della fiaba tanto cara a Disney.

Edoardo RomagnoliL’una Luna

17 giugno - 20 settembre 2014

Riccardo Costantini Contemporary - Via della Rocca 6/b – 10123 Torino Tel. 0118141099 – [email protected] - www.rccontemporary.com

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esercizi di stile contemporary talesdi luisa castellini

esercizi di stile contemporary talesdi luisa castellini

Un’idea che ha fatto eraLa poetica ArkiZoic di Duilio Forte

Quando Duilio era bambino l’apriscatole non se ne stava chiuso nel cassetto ma ap-peso al muro. Una delle tante piccole “stranezze” importate dalla Svezia dalla mamma, che lo cresce bilingue, sognatore e architetto. Concreto, ma empatico sostenitore della poetica del non finito (regole 1, 3, 4, 7 del manifesto ArkiZoic). Schivo, ma carismati-co: basta contare i suoi seguaci e stagisti, compreso il manipolo di eletti che guida ogni estate nelle foreste svedesi, un po’ sciamano un po’ capomastro, nella costruzione di una casetta di legno, leggi Stuga. «È il momento più alto di condivisione» ma regia e

pratica operativa non si discutono. «Non sono intransigente ma mi piace l’ordine nelle cose. E nelle mie essere sovrano assoluto». L’apprendimento, modello bottega, passa solo per l’imitazione. «Dopo puoi, devi fare il tuo lavoro, ma almeno prima impari a fare qualcosa». E proprio il suo fare, inesauribile, permette di avvicinare quanto lo muove dal suo avamposto su terra nell’an-no 2014, l’AtelierFORTE, ex tintoria di fine ’800 «riconvertita 3 lustri or sono». Antro e biglietto da visita, perché come i grandi Dvilivs non propone uno sguardo sul mondo ma

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il suo mondo, in uno spaziotempo di installazioni, opere, even-ti. Dove convergono, in ordine sparso e non definitivo (anco-ra regola n. 4): il Medioevo del ferro battuto e del lavoro sodo di bottega o meglio la loro idea, decorazione e fitomorfismo

compresi (regole n. 5 e 6), perché «la decorazione è la pelle dell’architettura e bisogna

superare le censure del Moder-nismo». L’idea di Medioevo è quella che anima Viollet-le-Duc nella ricostruzione della possibile Carcassonne, i Preraffaelliti e l’Arts

and Crafts con il binomio artigianato&pattern. E ancora, convergono nel crogiolo di Forte, la cultu-ra del Nord con la mitologia norrena che, storia vuole, il nostro unisca alla tradizione italiana. Qui dissento e penso, invece, all’operosità calvinista senza falsi pudori su cui si innesta, e qui è la genialità, il darwinismo prima – «per esserci evoluzione deve esistere uno standard e quindi una mutazione» e lui su questa lavora – e la tec-nologia poi. Non ultimo l’organico, elemento costituti-vo, che passa dalla materia (legno su tutti) alla forma:

«il brutto in architettura nasce quando non si segue la logica

naturale» (regola n. 2). Elementi, tutti, che detonano nel termine ArkiZoic: manifesto arti-

colato in 7 regole, stile, architettura, design, oggi parco nei giardini Montanelli a Milano

con il primo animale fantastico twittera-bile già a dimora. Ovviamente si tratta

di uno Sleipnir perché lo spaziotem-po sincretico di Dvilivs ha la propria

divinità, protettrice e guerriera. È l’invincibile cavallo di Odino a

otto zampe: «mi piaceva l’asi-no ma non funzionava»

Sleipnir XXXIII, triennale di Milano. Courtesy: atelierForte, 2014sullo sfondo: Sleipnir Thermarum, Viterbo. Courtesy: atelierForte, 2012

In basso, da sinistra:atelierforte, giardinoduilio forte, Milanoatelierforte, officina, Milano

Nella pagina a fianco, dall’alto:regola arkizoic. Courtesy: atelierForte, 2010duilio forte e Sleipnir Bastu*, atelierForte, Milano. Foto: Manfredo pinzauti, 2010. *Bastu in svedese significa sauna: all’interno di sleipnir è presente una sauna con stufa a legna.

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ironizza. Ogni esemplare, oggi 35 in giro per il mondo, è diverso eppure mantiene la sua identità. Idolo su scala ambientale, feticcio nelle sue altre declinazioni, comprese quelle piccole e funzionali. Del pur vasto bestiario di Duilio, Sleipnir è di certo l’icona. Dotato di un’aura di sacralità antica, primigenia o se vogliamo pagana, che ne schioda le assi di legno dall’immanenza. La pancia cava, misterio-sa, che rammenta un altro cavallo mitico, quel-lo di Troia, è attivata con modalità teurgica dalla sua funzione: può farsi riparo, giaciglio, sauna o contenere altre sculture o oggetti (regola n. 1). Così Sleipnir, nella foresta svedese, alla Triennale e oggi primo abitante dell’ArkiZoic Park promet-te tutto un mondo popolato di altre fiere, estinte

o anche solo sognate e immaginate, «che è poi la stessa cosa: di Sleipnir non esiste una rappresenta-zione unica e quindi potrebbe essere ognuno di quelli che ho costruito». Agli architetti piace il Calvi-no delle città invisibili. A Duilio lavorare alla venuta della sua era ArkiZoic, che in solitario già prefigu-ra in pittura. A noi pensare che questo mondo, tra i molti possibili, possa dunque essere.

www.atelierforte.com

Dall’alto:atelierforte, biblioteca. Courtesy: atelierForte

Manifesto arkizoic. Courtesy: atelierForte, 2009

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talkin’di silvia conta

andrea pallaorodella vertigine tra guardare ed essere

Regista italiano Los Angeles based, Andrea Pallaoro, dopo gli studi al CalArts – California Institute of the Arts, ha attirato l’attenzione internazionale con il suo primo cortometrag-gio, Wunderkammer (2008), a cui è seguito il lungometraggio pluripremiato Medeas* (2013).Abbiamo incontrato Pallaoro alla vigilia delle riprese del suo prossimo film The Whale, per parlare di una poetica in cui cinema d’osservazione, libertà e indipendenza costituiscono le basi di un’indagine dialogica sul rapporto tra realtà, arte, spettatore e intensa poesia.

silvia conta: il tuo cineMa viene definito di tiPo osservativo. coMe si concilia il fatto di osservare con quello di esPriMere qualcosa nello stesso MoMento e con lo stesso Mezzo?Andrea Pallaoro: Il punto di partenza è il cinema che mi interessa come spettatore: non deve impormi letture, soluzioni o giudizi. Nel cinema di osservazione è fondamentale che il film non giudichi i personaggi sul piano morale e spirituale: osserva un personaggio o una situazione senza manipolare lo spettatore, lasciandolo libero di arrivare a conclusioni autonome. Osservazione e espressione si uniscono nel momento in cui la prima avviene mediante il peculiare linguaggio cinematografico che elaboro per ciascun film: puntare il riflettore, con una certa grammatica, su un soggetto è per me espressione perché mi permette di esplorare un qualcosa che mi affascina o sento come importante. L’uso della fotografia e del colore, la composizione dell’immagine, il suono e tutto ciò che fa parte della mise en scene riflettono in modo più coerente ed eloquente possibile la mia visione di quel determinato soggetto, ma senza, appunto, suggerire una chiave di lettura.

coMe lavori sui soGGetti Per GiunGere a questo?Parto da un’immagine, non da una storia: le mie sceneggiature sono una collezione di immagini che poi unisco. Nella maggior parte dei film commerciali, i personaggi sono pri-gionieri della narrativa, il cinema che voglio fare io è il contrario: la storia deve essere la conseguenza delle scelte dei personaggi, quindi essa si sviluppa in base alla loro osser-vazione e al mio desiderio di vedere certe immagini realizzarsi.

coMe riesci a far lavorare Gli attori in questa direzione? Il cinema è collaborazione tra il registra e gli attori, il direttore della fotografia, il produc-tion designer, etc. Questo implica una continua mediazione in cui mi riconosco, esploro

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me stesso e il mondo che mi circonda. Con questa premessa, il mio lavoro con gli attori è completamente bastato su fiducia e rispetto. Voglio portare l’attore a credere ferma-mente che tutto quello che vorrà portare come contributo sarà ben accetto. Perché un attore riesca a trovare la sua strada deve sentire di poter rischiare, buttarsi nel vuoto. Per questo è molto importante che, ancora prima delle riprese, inizi un rapporto di una certa profondità.

ci sono artisti visivi che ritieni ParticolarMente siGnificativi Per la tua Poetica?Per ogni progetto il mio approccio cambia, ma sul piano delle arti visive spiccano quattro artisti che mi hanno ispirato profondamente: Andrew Wyeth, Francis Bacon, i fotografi Saul Leiter e Henry Cartier-Bresson. Anche il teatro e la letteratura sono sempre stati fon-damentali per me, basti pensare ad Euripide per il film Medeas – anche se il mio lavoro non vuole essere un adattamento della tragedia greca, ma solo una fonte di ispirazione – insieme a lui ci sono Kafka, Dante e tanti altri. Tra i contemporanei c’è uno scrittore messicano, Mario Bellatin, che ha un linguaggio personale di grande forza e molto vicino ai miei desideri e alle mie motivazioni. C´è inoltre il teatro contemporaneo, che seguo il più possibile, tra i tanti autori amo molto Castellucci della Socìetas Raffaello Sanzio.

quali sono Gli asPetti iMPrescindibili Per te Per Poter lavorare?Il mio obiettivo principale è la resa di una visione nel modo più onesto possibile e l’ele-mento portante è la libertà di non compromettere questo mio approccio, di non dover, quindi, creare con lo scopo di intrattenere. La sincerità di fondo dell’autore è ciò che se-para il cinema come arte da quello di intrattenimento.

a cosa stai lavorando ora?A breve inizieranno le riprese di The Whale, un film molto complesso che esplora un per-sonaggio femminile e la sua perdita di identità.

Andrea Pallaoro è nato a Trento nel 1982. Vive e lavora a Los Angeles (CA).www.andreapallaoro.com

*Medeas ha ricevuto importanti riconoscimenti nei maggiori eventi internazionali di ambito cinematografico, tra cui il Palm Springs International Film Festival (2014), la 13a Edizione del Festival International du Film de Marrakech (2013), la 70a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, La Biennale di Venezia 2013, Orizzonti.

andrea Pallaoro, Wunderkammer, 2008, still da video. Courtesy: andrea pallaoro

In basso:andrea Pallaoro, Medea, 2013, tre still da video. Courtesy: andrea pallaoro

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MuSTAfA SAbbAgh

intervista di isabella falbo

fluttuaZioni darK

Mustafa Sabbagh (Amman - Giordania) proviene da trascorsi prestigiosi nell’ambito della fotografia di moda dove ha saputo imprimere la sua cifra artistica con shootings pubblicati dalle più autorevoli testate del settore tra cui The Face, Vogue Italia, l’Uomo Vogue, Kult, Zoom on Fashion Trends. Considerato uno dei capisaldi nell’uso della “maschera”, della “pelle nuda” e del corpo vestito in cui l’abito di-viene “habitus” come seconda pelle da abitare, dall’ultimo decennio è fra gli artisti più riconosciuti anche dal mondo dell’arte. Tra i punti salienti della sua metodologia prevale la ricerca di nuove forme in una logica di condivisione e abbattimento di qualsiasi barriera.

isabella falbo: la tua “linGua Madre” è la fotoGrafia in dialoGo con la Moda e stret-taMente connessa a codici PerforMativi. il corPo uMano trasforMato, Mutato e ibri-dato è oGGetto PrivileGiato nei tuoi lavori; la tua MetodoloGia artistica si sviluPPa secondo Modalità PerforMative tra cui lunGhi STylInG Per creare i tuoi soGGet-ti, durante i quali instauri un raPPorto eMotivo con il Modello. in alcuni casi le Presentazioni dei tuoi lavori sono diven-tate “Mostre PerforMative”. oGGi la PER-foRmAnCE ART ha riconquistato un ruolo PrePonderante e diviene Parte inteGran-te della Modalità creativa anche in Pit-tura, scultura e fotoGrafia. che cosa è Per te un atto PerforMativo? quanto i codici della Moda sono Per te Mezzi esPressivi Per fare arte?Mustafa Sabbagh: Nel mio pensiero, ogni atto creativo è un atto performativo. Anzi, due. La migliore performance è quel-la che prende vita in un primo momento dall’interconnessione tra fotografo e sog-getto fotografato, in seguito dall’innesco emotivo in colui che guarda. Diventa una doppia performance, spontanea e non programmata. Non trasformare ma legge-re la sostanza dell’individuo, non mutare ma affermare, ibridare per autenticare. Se la moda è espressione del sé, incarna perfettamente i miei codici; se, invece, viene trat-tata in termini puramente statistici, non è espressione, è solo clonazione.

attraverso la raPPresentazione fotoGrafica – e video – rendi il Mondo reale uno sPa-zio sacro e ultraterreno PoPolato da iconiche sculture viventi attraverso le quali la verità si rivela con la finzione. quanto alieno e alienato divenGono sinoniMi nei tuoi

Mustafa sabbagh, Senza Titolo, 2014, stampa lambda, cm 100x126, tiratura di 5 + 1 copia d’artista. Courtesy: Mustafa sabbagh

Nella pagina a fianco:Mustafa sabbagh, Senza Titolo, particolare, 2014, stampa lambda, cm 80x100, tiratura di 5 + 1 copia d’artista. Courtesy: Mustafa sabbagh

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lavori, in Particolare all’interno di queGli scatti in cui l’individuo – con la fusione di Genere e seGni vestiMentari – diventa “altro”?Il nuovo alieno non è altro che colui che vive senza aspettarsi un consenso collettivo. Alienarsi per liberarsi.Attraverso le mie messe in scena e lo “strumento-abito”, l’individuo proclama esterior-mente ciò che di più profondo e nascosto porta dentro di sé.

hai scelto la Metafisica ferrara coMe tua base da vent’anni, la città estense si carat-terizza Per una luce Particolare e Per le sue sPecifiche atMosfere cuPe e velate, che si rivelano in sintonia con il tuo lavoro dai toni scuri e in cui PrevalGono neri su neri in cui, a volte, solo una siGaretta accesa, una GorGiera o un dettaGlio del corPo nudo diventano un Punto luce. il colore che racchiude tutti Gli altri diviene nel tuo lavoro eleMento siMbolico PrivileGiato Per raPPresentare, in sintesi, le tue verità attraver-so l’iMMaGine. da dove deriva il bisoGno di tutta questa oscurità?Ferrara è il mio “centro di gravità permanente”, Ferrara è un luogo che mi permette di an-dare oltre la fisica, come la metafisica vuole. In una società che si nutre di luoghi comuni, servirmi dell’oscurità diventa una sfida per scardinarli e far emergere significati più profon-di. L’oscuro è ciò che non conosciamo, l’oscuro è la dimensione più intima, quindi la più erotica. Nero non è semplicemente un colore, ma è questo momento storico.

ti definisci “artista classico conteMPoraneo” e consideri coMPito dell’artista avvici-nare l’arte conteMPoranea all’arte antica. dalle tue oPere seMbrano eMerGere sin-tonie con caravaGGio, la Pittura fiaMMinGa e la Pittura del ’600 – Per i soGGetti che

Mustafa sabbagh, Senza Titolo, 2014, stampa lambda, cm 80x100, tiratura di 5 + 1 copia d’artista. Courtesy: Mustafa sabbagh

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eMerGono dal buio, la visione ParticolareGGiata e le nature Morte – così coMe con andres serrano, Per lo stile ritrattistico, una certa dose di sensualità, Provocazio-ne e sacralità, l’elaborazione di un linGuaGGio iconico e siMbolico. attraverso i tuoi ProGetti hai instaurato Precisi dialoGhi con Maestri coMe boldini, zurbarán e Matis-se. altri ancora, tra Passato e Presente, li hai Pensati Per il ProGetto RISEn fRom THE DEAD realizzato Per traffic Gallery. coMe hai sviluPPato questi nuovi dialoGhi? ti va di Guidarci nel tuo viaGGio nel teMPo relativaMente ai sei lavori inediti che Presenti, Per la PriMa volta, a berGaMo e il siGnificato della condivisione del tuo sPazio con un’ar-tista coMe karin andersen?Sacro a mio parere è sensuale, nell’arte chiamata classica si sente tutta la carnalità fatta uomo; se per classico contemporaneo si intende questo, allora si che lo sono. Sono fi-glio di una cultura dove certi capolavori hanno solcato la mia mente (anche in maniera in-conscia), il mio DNA non è acido desossiribonucleico ma tracce di capolavori. Il progetto nato con Roberto Ratti della Traffic Gallery, non è altro che la scansione della mia mente riguardante il mio DNA. Di solito, in quasi tutti i miei solo show, amo contaminarmi e con-dividere parte del progetto con artisti che stimo; in questa occasione, Karin Andersen è mia ospite e ospite della Traffic Gallery.

sarai fra Gli artisti di nIRvAnA, collettiva in ProGraMMa dal ProssiMo ottobre ad aPri-le 2015 al Mudac di losanna ed iMPortante continua ad essere il tuo coinvolGiMento a Più livelli nella Moda (farai Parte della Giuria alla caMera della Moda di bruxel-les Per il concorso dedicato ai suoi studenti). in che direzione sta andando il tuo lavoro?

Mustafa sabbagh, Senza Titolo, 2014, stampa lambda, cm 80x100, tiratura di 5 + 1 copia d’artista. Courtesy: Mustafa sabbagh

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Mustafa Sabbagh nasce ad Amman (Giordania) nel 1961. Vive e lavora a Ferrara. www.mustafasabbagh.com

Eventi in corso:Mustafa Sabbagh. Solo Showa cura di Roberto RattiSpecial Guest: Karin AndersenTraffic Gallery | Contemporary ArtVia San Tomaso 92, Bergamo15 maggio - 15 luglio 2014 www.trafficgallery.org

OSTRALE`014International exhibition of contemporary arts, Dresda 18 luglio - 28 settembre 2014

Maravee Corpus 2014 a cura di Sabrina Zannier Sedi varie, Friuli Venezia Giulia agosto - dicembre 2014

Nirvana Mudac, Losanna (CH) ottobre 2014 - aprile 2015

Gallerie di riferimento:The Format Contemporary Culture Gallery, Milano www.theformatgallery.comTraffic Gallery | Contemporary Art, Bergamo www.trafficgallery.orgMLB Home Gallery, Ferrara www.marialiviabrunelli.comAria Art Gallery, Firenze www.ariaartgallery.comMelepere, Verona www.melepere.com

Riallacciandomi alla tua precedente domanda, non esistono confini tra arte e moda se i progetti sono di questa portata. Nirvana, curata da Marco Costantini, ne è la dimo-strazione, coinvolgendo nomi quali Ruth Hogben, Steven Klein, Nick Knight, Erwin Olaf, Gordon von Steiner, Francesco Vezzoli, Helmut Newton, Jean-Paul Gaultier, Alexander McQueen, Walter Van Beirendonck, Jeff Koons, Vanessa Beecroft, Caro Suerkemper ed altri ancora… Allo stesso modo, l’invito da parte della Camera della Moda di Bruxelles mi stimola a dare il mio piccolo contributo. Onestamente non mi interessa la direzione che prenderà il mio lavoro, seguirò di certo la mia pancia (il mio piccolo cervello).

Dall’alto:Mustafa sabbagh, Senza Titolo, 2014, stampa lambda, cm 80x100, tiratura di 5 + 1 copia d’artista. Courtesy: Mustafa sabbagh

Mustafa sabbagh, Senza Titolo, 2014, stampa lambda, cm 50x50, tiratura di 5 + 1 copia d’artista. Courtesy: Mustafa sabbagh

LUCA GASTALDO

16 settembre 2014ore 19.00

catalogo con testo di Cecilia Maria di Bona

Galleria Bianca Maria Rizzi & Matthias RitterVia Cadolini 2720137 Milano

t. +39 0258314940info@galleriabiancamariarizzi.comwww.galleriabiancamariarizzi.com

Galleria RubinVia Santa Marta, 10

20123 Milanot. +39 0289096921

[email protected]

galleriarubin

40 | espoarte 85 | focus: arte, Moda, ProfuMo

OLIVIER DURBANO, NAOMI GOODSIR, PATRICIA VINCENT:

Dialoghi tra arte, moDa e profumo

FOCUS

di Isabella Falbo

I dialoghi tra moda e profumo rappresentano un intreccio creativo nella formazione dei significati e dei simboli che risale all’antichità, un rapporto inscindibile suggellato in epoca moderna nel 1921 quando Coco Chanel lanciò il suo N°5. All’interno del panorama contempo-raneo in cui l’emancipazione di queste due industrie del sogno e del desiderio spinge sempre di più verso la ricerca artistica, è possibile incontrare nuove realtà basate sulla “relazione inevitabile” tra arte, moda e profumo.

Ho avuto l’occasione di conoscere i creativi Olivier Durbano (Francese. Vive e lavora a Parigi), Naomi Goodsir (Australiana. Vive e la-vora a Grasse – FR), e Patricia Vincent (Rumena. Vive e lavora a Vienna) durante l’evento Esxence – cuore pulsante della profumeria artistica internazionale – che ha presentato la sua sesta edizione lo scorso marzo alla Triennale di Milano, e sono stata affascinata dai loro universi creativi in cui l’utilizzo di questi diversi media fluttua con eleganza e libertà espressiva.

OLIVIER DURBANO

Creation and Art are really near in my mind. Images are inspirations.Imagination through pictures, emotions, beauty...

Francese, architetto di formazione, naso, gioielliere e designer per passione. Alla base della processualità creativa di Olivier Durbano si svela il fascino misterioso delle pietre dure. Attraverso cristallo di rocca, tormalina, ametista, quarzo rosa, giada, turchese, quar-zo citrino, eliotropio, fino alla leggendaria pietra filosofale Durba-no, ha sviluppato in dieci anni Parfums de Pierres Poèms, una collezione di profumi e di gioielli che traducono la simbologia e la forza delle pietre, divenendo mezzi per veicolarla.Da Crystal de Roche la collezione di Durbano è un percorso ori-ginale (e spirituale) verso la relazione tra uomo, natura e universo. I suoi gioielli, come le fragranze realizzate con materiali nobili, di-vengono talismani: protettori contro gli eventi nefasti e per il rag-giungimento della pace interiore (Parfum Amethiste); per aumen-tare il livello di coscienza e scoprire il linguaggio misterioso dei sogni (Parfurm Jade); per avvicinarsi all’immensità e alla poten-za del mare e del cielo (Parfum Turquoise); all’amore universale (Parfum Quartz rose); per ritrovare saggezza, pace e buon umore (Parfum Citrine); che infondono forza e coraggio (Parfum Heliotro-pe), fino ad evocare la dimensione della quiete assoluta connessa alla vera essenza dell’uomo (Parfum Lapis Philosoporum).Coerentemente ai colori forti delle pietre cui ciascuna fragranza è ispirata e alla passione per la pittura, la collezione di Durbano colpisce anche a livello estetico e si presenta come una tavolozza simbolica. Il link tra i profumi, i gioielli ed anche ritratto di olivier durbano

focus: arte, Moda, ProfuMo | espoarte 85 | 41

NAOMI GOODSIR

Just like my accessories, we prefer to see our perfumes as an alternative offer - they aren’t for everyone. Our fragrances are distinctive, comprised of quality raw materials, with the same level of involvement, found in my accessories.

Australiana, vive e lavora a Grasse, Naomi Goodsir ha studiato fashion de-sign a Sydney diventando “milliner”, creatrice di cappelli. Promotrice e so-stenitrice delle arti visive, tra i suoi amici anche Mustafa Sabbagh. Le sue creazioni – già esposte in musei – tra cui cappelli, borse e bracciali appaiono come sculture indossabili e sono pezzi da collezione a tiratura limitata. Ca-ratterizzati da una dimensione atemporale, sono realizzati a mano e su com-missione utilizzando materiali pregiati come il coccodrillo australiano.Nel 2012 come estensione del suo universo creativo Naomi Goodsir ha fondato, insieme a Renaud Coutaudier, Naomi Goodsir Parfums. Il lancio a Pitti Fragranze, Firenze, è stato caratterizzato dalla collaborazione con gli artisti Lemesle & Roubaud ove l’installazione Les trophées de Monsieur Le Nôtre ou la coupe à la Française dialogava con “scent diary”, vero e proprio libro d’artista e i profumi.Cuir Velour, Bois d’Ascèse, Or du Sérail sono le tre fragranze di Naomi Goodsir Parfums, realizzate in collaborazione con i profumieri indipendenti

i foulards che Durbano realizza si racchiude nella “storia” di ogni specifica pietra, con l’obbiettivo di condividere esperienze di vita. Nelle sue creazioni profumeria, fashion design e arte visiva sono solo diversi media per la rea-lizzazione di uno stesso progetto creativo, in cui la pittura è una parte del processo, una sorta di meditazione, dove la bellezza – connessa con le emozioni e la spiritualità – ha un ruolo importante.

www.olivierdurbano.com

olivier durbano, Parfums de Pierres Poèms

ritratto di naomi Goodsir. Foto: Jean Michel sordello

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Julien Rasquinet, Bertrand Duchaufour e Isabelle Doyen. Il rapporto di collaborazione di Naomi Goodsir con questi creativi si caratterizza dalla fiducia e dallo scambio d’idee e di sensibilità comuni, e dalla libertà lascia-ta ai tre autori di esprimere la loro visione dell’universo creativo di Goodsir.Come le sue realizzazioni in ambito di fashion design, Goodsir considera come un’opera d’arte anche la creazione di quell’“invisibile e fragrante accessorio capace di conferire la stessa sicurezza che può trasmettere un segno vestimentario” che è il profumo. Fashion design e profumo hanno sempre dialogato all’interno dell’universo creati-vo di Naomi Goodsir e lo scorso anno, in occasione di AltaRoma – la settimana della moda romana – è stata invitata a presentare le sue creazioni fashion e olfattive. La borsa The Proposition è stata selezionata al MoBA 13, esposizione biennale dal titolo Fetishism in Fashion, curata da Lidewij Edelkoort, giu-gno 2013, Olanda.Tra i progetti futuri, la partecipazione all’evento di arte contemporanea Visions of Scent, Auditorium Parco della Musica, Roma, in cui artisti e profumieri internazio-nali sono stati invitati ad indagare il senso dell’olfatto attraverso il cinema, il teatro e le arti visive.Il prossimo settembre Naomi Goodsir sarà a Firenze in occasione di Pitti Fragranze con un “display” che coinvolgerà nuovamente e naturalmente un artista contemporaneo.

www.naomigoodsir.com

naomi Goodsir, Cuir Velours. Foto: Jean Michel sordello

In basso:lemesle & roubaud, Les trophées de Monsieur Le Nôtre ou

la coupe à la Française. Foto: Naomi Goodsirnaomi Goodsir, The Proposition e The Antenae.

Foto: Leonardo aquilino

focus: arte, Moda, ProfuMo | espoarte 85 | 43

PATRICIA VINCENT

I discovered Tiziana Terenzi by chance, about one year ago. I was researching on perfumery and was intrigued by the story behind their “Fragrances of the Fire”. So, I got curious and was looking forward to smell them, to experience “Tiziana Terenzi”. I immediately fell in love with all four scents that I was able to try (“Gold Rose Oudh”, “XIX March”, “White Fire” and “Ecstasy”). I recognized the art, the true emotions, the authenticity that these perfumes are transporting. They “spoke” to me.

Nominata di recente fra le più importanti fashion designer in Austria per la linea sposa, Patricia Vincent è nata e cresciuta a Bucarest, Romania. Nel 2002 si è trasferita a Vienna dove ha studiato fashion design e sartoria. Ha aperto il suo atelier nel 2006 ed ha scelto la moda come mezzo espressivo privilegiato per raccontare storie, rappresentare visioni e trasmettere sentimenti ed emozioni. Le sue creazioni non seguono le tendenze, e le collezioni delle sue tre linee (PV Traditional; PV Handbags; PV Bridal) si compongono di pezzi unici o a tiratura limitata.Influenzata da tutte le diverse forme d’espressione artistica, la moda di Patri-cia Vincent dialoga in particolare con l’arte del profumo di Tiziana Terenzi la cui forza evocativa – di Gold Rose Oudh in particolare – ha ispirato le sue due ultime collezioni Epic Frames e Maria’s Trousseau, presentate nel contesto artistico del secondo distretto di Vienna lo scorso marzo.La donna di Patricia Vincent è “graziosa ma potente”, libera e poetica, sa apprezzare i prodotti naturali e il valore dell’artigianalità. I profumi di Tiziana Terenzi sono preziosi distillati di attimi, destinati a sprigionarsi in un viaggio che da intimo diviene un’azione di con-divisione e riunificazione con “il tutto”. Punti di vista e sentimenti in comune fra le due creative convivono nelle cre-azioni di Patricia Vincent dove materia-li preziosi dialogano con materie prime pregiate.L’incontro con i profumi di Tiziana Te-renzi proseguirà in una relazione sem-pre più stretta nelle future collezioni di Patricia Vincent, che ha intenzione di integrare ancora di più il profumo crea-tivo firmato Terenzi ai suoi progetti.

www.patriciavincent.com

Patricia vincent, collaborazione con tiziana terenziIn alto: Epic Frames - Capsule Collection No. 2. © Claire Morgan photography

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fAbRiziO PlESSi

intervista di roberto lacarbonara

ViaGGio, aZione ed enerGia

Per chi giunge in Italia dalla frontiera del Brennero, Fabrizio Plessi è il primo nome da incontrare e memorizzare. Il nuovo museo dedica-to al maestro emiliano, di adozione veneziana, sorge sull’autostrada al confine con l’Austria. È la rappresentazione e la mimesi perfetta di un lavoro artistico che coniuga natura e immaginazione, dove le acque e la vegetazione del paesaggio alpino divengono immagine tecnologica e flusso emozionale. Presente nei maggiori musei del mondo, Plessi è il XVII Premio Pascali: un riconoscimento ad un artista che attraversa, con sorpren-dente meraviglia e innovazione linguistica, le suggestioni “primigenie e barbariche” che avevano reso grande l’arte di Pino Pascali.

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roberto lacarbonara: era il 1968 quando Pascali GiunGeva in biennale con la sua ca-rica diroMPente ed è lì che Plessi incontra l’artista Più rivoluzionario di queGli anni. quali le sensazioni di allora e cosa resta di quel MoMento?Fabrizio Plessi: Era un’epoca straordinaria e complessa. Il ‘68 era un tempo combattivo, a volte frustrante. La presenza del giovane Pascali fu immediatamente colta come un faro nell’impenetrabile mondo dell’arte e della cultura italiana. Non c’è dubbio, Pino è stato incredibile, un genio. Io lo frequentai per qualche ora ma questa sua folle energia, questa carica emozionale del suo lavoro, mi restò sempre impressa. Una presenza velocissima, un lampo nella mia vita che ha dato un forte impulso alla mia ricerca, oltre che a tutta la scultura italiana che lui rese per la prima volta dinamica, energetica.

in occasione della Mostra alla fondazione Museo Pino Pascali tornerai a Pochi Metri dalle PozzAnGHERE di Pascali. cosa vuol dire Per un artista raccoGliere, trattenere e dare forMa a ciò che Per natura non ha alcun conteniMento, quale aPPunto l’acqua? avverti una vicinanza a questo lavoro?Sono molti gli artisti che hanno dipinto l’acqua in modo illustrativo, aneddotico, denotativo.

fabrizio Plessi, Liquid Labyrinth, Ludwig Museum - Museum of Contemporary art, Budapest, 31 gennaio - 13 aprile 2014. Foto: tamás Bujnovszky

Nella pagina a fianco:fabrizio Plessi, progetto per Fondazione pino pascali

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Tutti aspetti che io e Pino abbiamo sempre rifiutato. Nel suo caso si trattava, infatti, di portare al centro dell’opera l’acqua vera, la sua inconsistente materialità; nel mio caso l’acqua è un falso ma, direi, più vero del vero, altrettanto immateriale eppure presentissi-ma, irruente. Questo modo di lavorare ci ha sempre portati diritti al cuore delle cose sen-za manipolarle attraverso filtri, diaframmi. E credo che le mie vasche e quelle di Pascali abbiano strane, profonde complicità: si tratta di arrivare all’arte attraverso una specie di tempesta emozionale senza mediazioni.

che ProGetto Presenti alla fondazione Pascali?Per Polignano sto lavorando a un lavoro assoluto, essenziale, minimale. Un’unica grande installazione che abbia come protagonista l’acqua nella sua purezza, nel suo scorrere. Sarà un’opera che scava nell’osso delle sensazioni, una presenza incondizionata, senza decoro, una presenza forte, unica e diretta.Del resto io non sono mai stato un videoartista. Ciò che mi interessa è la luce e il sonoro e tutto è posto in connessione in una specie di un grande teatro wagneriano: per questo mi piace la grandiosità delle cose, la loro spazialità. Il mio lavoro è di un barocco minima-le; qualcuno mi ha definito “aborigeno digitale”. Nella mostra di Polignano questi aspetti verranno fuori e credo farebbero piacere anche a Pino.

«io sono seMPre stato contro la narratività». Mi ha seMPre colPito questa tua dichiarazione.In ogni mio lavoro non c’è mai uno sviluppo narrativo. Negli anni ho prodotto centinaia di

Dall’alto:Plessi Museum, esterno, visione lateralePlessi Museum. Foto: oskar Da riz, archivio autostrada del Brennero s.p.a.

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opere con le acque, i fuochi, le lave, però mai ho sentito l’esigenza di costruire una sto-ria. Credo che le storie non si raccontino; concepisco piuttosto l’arte come un colpo allo stomaco, una presenza che impone un blackout: l’opera è lassù e tu sei a terra colpito dalla sua folgore. L’arte, insomma, è un atto di eroismo da vivere sulla propria pelle e non una storia da tramandare.

Molto sPesso Però Plessi lavora anche Per il teatro, dove l’esiGenza è chiaraMente quella oPPosta, ovvero la narrazione, la testualità, il draMMa. cosa accade quando lavori a ProGetti di questo tiPo?Più o meno ogni due anni, mi prendo una “vacanza” dal mio lavoro espositivo. E mi de-dico alla grande passione che, da sempre, nutro verso il teatro. Generalmente nelle mie opere è sempre assente la figura umana: mancano corpi, perso-ne, visi, gesti, mani. In una scenografia, invece, devi tenere assieme immagine e corpo, gestire e provocare una contaminazione tra movimenti ed emotività differenti.

azione, dinaMica, MutaMento e il continuo viaGGiare. questo è fabrizio Plessi. una vol-ta hai dichiarato: «in casa Mia non c’è un Plessi neanche a Morire, ProPrio non esiste, Perché Penso seMPre all’oPera che farò doMani». Esattamente. Ho bisogno di quel muro bianco e gigantesco, non ho invece bisogno di autocelebrarmi. Il bianco è il futuro e questo è il tempo dell’attesa. E lo spazio è sempre spazio da riempire, energia in divenire. Viaggio moltissimo e mi considero quasi un personaggio ottocentesco, sempre lanciato in un’esplorazione lenta ma costante, ondivaga. Da ogni viaggio porto dietro dei disegni, frammenti, fotografie, reperti che poi rielaboro secondo una poetica evocativa che attra-versa la memoria storica e geografica.

è Per questo che il nuovo Plessi MuseuM sorGe su un’autostrada? Plessi Museum. Foto: oskar Da riz, archivio autostrada del Brennero s.p.a.

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Fabrizio Plessi è nato nel 1940 a Reggio Emilia. Vive e lavora a Venezia.www.plessi.net

Eventi in corso:Fabrizio Plessi. Vincitore XVII edizione Premio Pino Pascali Fondazione Museo Pino Pascali Via Parco del Lauro 119, Polignano a Mare (BA) 5 luglio - 7 settembre 2014www.museopinopascali.it

In permanenza:Plessi MuseumA22, Passo del Brennero (BZ)[email protected]

Galleria di riferimento:Esclusiva per l’Italia - Contini Art Gallery, Venezia

È stato un miracolo! La situazione culturale italiana è davvero vergognosa, per cui se un’autostrada decide di costruire un museo destinato al lavoro di un artista è qualcosa di sorprendente. Il Plessi Museum è pensato come luogo di passaggio, una sosta culturale in cui tutto è dedicato all’acqua e agli alberi. Sorge in mezzo alla foresta, in un unico edificio di pietra e vetro che contiene davvero Plessi, la sua essenza. Ed è incredibile il dialogo che si in-staura tra natura e natura artificiale, un rapporto forte, dinamico, immediato, che spero possa dare conforto a chi viaggia. Va anche detto che si trova in un punto cruciale, nel passaggio tra Germania, Austria ed Italia, in quel punto in cui Goethe diceva si potesse sentire già il sapore del Mediterraneo lasciando alle spalle le ombre delle montagne del nord.

in tutti i tuoi lavori c’è una Genesi costante, ovvero il lavorìo continuo del diseGno e del ProGetto. quando è che un bozzetto diventa oPera?In effetti disegno continuamente, non passa un giorno senza che io non lasci una linea sulle ormai centinaia di libri neri. Tutto il mio pensiero passa per il disegno e addirittura tante volte quel disegno è sufficiente. Io vivo le sensazioni così, le consumo e le attraver-so con il disegno. Una mostra ti permette di costruire ed esporre opere grandiose ma per quanto mi riguarda il mio universo è tutto contenuto là dentro. A volte mi annoia persino realizzare l’“opera”, è quasi una forzatura rispetto al progetto puro e semplice fatto su carta. Ma oggi ho possibilità di fare grandi cose e ne approfitto. E dal disegno poi passo allo spazio!

fabrizio Plessi, Il flusso della ragione, 2012, installazione, palazzo della ragione, padova. Foto: archivio plessi

fabrizio Plessi, Water circles, installazione video 1981, Fondation François shneider, Wattwiller, 1 marzo - 1 giugno 2014. Foto: archivio plessi

Rosanna La SpesaLa luna e Samia3 - 18 luglio 2014inaugurazione: giovedì 3 luglio ore 21.00contributo di: Federica Scarlino, pianoforte - Maria Catharina Smits, soprano

Pozzo Garitta, Albissola Marina (SV)

apertura: tutti i giorni h 18.00 - 19.30 / 20.30 - 23.00

info: +39 335 6436845 - +39 349 [email protected] - www.rosannalaspesa.it

Eventi settimanali:

lunedì 7 luglio 2014, ore 17.45“Parliamo di parole” di Maria Teresa Castellana

giovedì 10 luglio 2014, ore 17.45“La luna e Samia”, libera lettura con Jacopo Marchisio

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talkin’di valeria barbera

Villa CroCe rinasCe. un riuscito mix di qualità, sinergie e lungimiranza

intervista a ilaria bonacossa

Incontro Ilaria Bonacossa a Genova, nella “sua” Villa Croce, il giorno dell’inaugurazione della nuova mostra di Tomás Saraceno, Co-smic Jive. The Spider Sessions – curata da lei e Luca Cerizza – nelle ore frenetiche che precedono un opening molto atteso in città.Due anni fa il Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce rischiava la chiusura per mancanza di fondi. Oggi è sostenuto da una sinergia tra Comune, Fondazione Palazzo Ducale e numerosi sponsor privati che per un biennio si sono impegnati in quest’operazione. Sotto la guida della Bonacossa e del suo gruppo di lavoro, ora il museo è gratuito per tutti, ha un nuovo sito internet e ha all’attivo il MAXTER, una scuola per giovani artisti alla seconda edizione il prossimo settembre, mostre e collaborazioni internazionali. Insomma, sembra ci siano tutti gli elementi per parlare di una buona gestione.

valeria barbera: sono trascorsi due anni dall’inizio del tuo incarico a villa croce, ti senti di fare un Piccolo bilancio di questa esPerienza? Ilaria Bonacossa: Al di là della stanchezza? (ride) È stata una grande fatica, ma anche un’esperienza bellissima. Posso dire che l’esperimento ha funzionato: una gestione “leg-gera” di un museo è possibile. Se c’è la volontà, pur essendo in pochi e dandoti molto da fare, senza una struttura burocratica troppo rigida, le cose si possono fare. Questo in Italia è una bella dimostrazione, perché in troppi si trincerano spesso dietro alla scusa che non ci sono fondi e che non si riescono a fare le cose.

un esPeriMento che ha diMostrato an-che che il Modello di Gestione basa-to su un’assidua collaborazione tra Pubblico e Privato funziona e riscuote interesse...Il modello che abbiamo scelto s’ispira a quello americano… Non abbiamo inven-tato nulla. Contrariamente a quanto si po-trebbe pensare in Italia c’è interesse, si tratta di un modello applicabile, ma a fa-tica perché le sponsorizzazioni non sono detraibili dalle tasse. Spero che l’Art Bo-nus proposto dal Ministro Franceschini sia la svolta per questo settore. Per ora, chi investe in arte e cultura, è solitamente motivato da una passione personale, con questa legge un maggior numero di privati potrebbe interessarsene.

il successo nella Gestione si è accoMPa-Gnato ad un Grande coinvolGiMento a livello di Pubblico?I giovani in città hanno risposto da subito, ma c’è stato un momento all’inizio in cui il “vecchio” pubblico latitava: una parte degli affezionati di Villa Croce è sempre stato più interessato all’arte moderna e non sembrava stimolato dalle mostre dedicate a giovani artisti. Lavorando ad alcuni progetti incentrati sulla collezione storica, siamo riusciti a farli tornare...Abbiamo poi cercato di coinvolgere molti attori diversi nella nostra programmazione, con realtà già molto attive è stato più facile e con altri c’è voluto – e ci sta volendo – più tempo. Ora stiamo lavorando in particolare sulla didattica e siamo finalmente riusciti ad

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Evento in corso: Cosmic Jive: Tomás Saraceno. The Spider Sessionsa cura di Ilaria Bonacossa e Luca CerizzaMuseo d’Arte Contemporanea di Villa Croce via Jacopo Ruffini 3, Genova13 giugno - 7 settembre 2014www.villacroce.org

attivare una convenzione con l’Accademia Ligustica di Belle Arti per coinvolgere gli stu-denti nell’allestimento delle mostre del museo.

in base alla tua esPerienza in questa città, credi che i “ProbleMi” del conteMPoraneo a Genova siano sPecchio di ciò che accade nel contesto nazionale?In Italia c’è ancora una grande illetterarietà per quanto riguarda il contemporaneo: spes-so la gente dice “non capisco, non mi piace, non so”. Questa è sicuramente una cosa su cui si deve lavorare, dovuta probabilmente ad un insegnamento inadeguato. Genova, in questo senso, fa ancora più fatica perché non solo non è contemporanea per quanto riguarda l’arte, ma in generale fa fatica a guardare al futuro. Il rischio, però, è di diventare un museo a cielo aperto con un vero e proprio esodo dei giovani che, invece, dovrebbero essere l’elemento chiave di questo sviluppo.

quale sarà il futuro di villa croce, ora?Il mio contratto è stato rinnovato per un altro anno e mezzo. I primi due anni sono stati frenetici per dare un segno di vita deciso, per dimostrare, anche ai più distratti, che in questo museo accadono molte cose, pur non disponendo di un vero e proprio budget per la comunicazione. L’intenzione per i prossimi mesi è di un programma con meno ini-ziative, ma un po’ più “importanti”.

Nella pagina a fianco:Veduta di villa croce, Genova. Foto: Nuvola raveraritratto di ilaria bonacossa. Foto: Nuvola ravera

Dall’alto:tomás saraceno, Cosmic Jive: Tomás Saraceno: The Spider Sessions, 2014, veduta dell’installazione a Villa Croce, Contemporary art Museum, Genova. Courtesy: pinksummer, andersen’s Contemporary, tanya Bonakdar, esther shipper. Foto: Nuvola ravera

thomas Grünfeld, Homey, 2014, veduta della mostra, Villa Croce, Contemporary art Museum, Genova. Foto: Nuvola ravera

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open studiosdi Matteo Galbiati

londra, neW YorK, berlino, parigi?... no, rotondi!

PERinO & VElE

In occasione di Sistema Irpinia per la Cultura Contemporanea che ci ha portato a Rotondi (AV) in visita al caso unico di via Varco, dove si aprono ben cinque studi di artisti, abbiamo incontrato Perino & Vele che, proprio qui, hanno visto nascere e crescere il loro so-dalizio artistico. Il loro studio ci proietta dalle colline irpine ai più rinomati centri d’arte internazionali: un ambiente suggestivo dove interno ed esterno dialogano. Nel giardino corrono cani, galline razzolano nel curatissimo pol-laio, rane saltano in uno stagno punteg-giato di splendide ninfee: questo lo sfondo all’ordinato ufficio-archivio, anticamera di uno studio che pare un laboratorio alche-mico contemporaneo. Qui, gentili, dispo-nibili e ospitali, ci accolgono per l’intervista il cui appassionato e amichevole dialogo si dilunga ben oltre le parole di questo scrit-to, accompagnando il cielo dalle luci del giorno al buio della sera.

Matteo Galbiati: coMe inizia la vostra storia?Perino & Vele: Ci siamo conosciuti al se-condo anno di liceo artistico a Benevento. Ci legò subito una forte amicizia, alimenta-ta anche dalla stessa condivisione e pas-sione per l’arte: in gita a Venezia fummo gli unici a vedere una bellissima mostra su Duchamp, mentre gli altri si divertivano per la città. Guardavamo con vero interes-se al contemporaneo passandoci riviste, visitando mostre, andando a tutte le inau-gurazioni. Paladino fu la guest star della mostra dell’ultimo anno, ci volevamo far notare a ogni costo: su 100 lavori esposti, 20 erano nostri!

avete avuto subito un traGuardo coMune?Sì, nel 1993 visitammo la Biennale di Ve-nezia, volevamo esporvi. Ci siamo riusciti nel 1999! Siamo poi andati insieme a Mi-lano con due book diversi, non andò be-nissimo. Realizzavamo bassorilievi pittorici in cui era nascosta la cartapesta, nostro materiale privilegiato. Capimmo di doverci concentrare meglio su tale tecnica, era lì il

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nostro punto di forza. Oggi dopo 20 anni la dominiamo e controlliamo.

su cosa si concentra la vostra Poetica?L’importante è proprio la carta: usiamo quella dei quotidiani, ci fa immaginare di mettere sempre le parole nelle nostre ope-re. Maciniamo l’informazione per creare forme, disegni, sculture. Prolunghiamo la vita a giornali che durano un giorno solo. Cataloghiamo la carta per colori, variamo quelli dei quotidiani italiani aggiungendo altra carta stampata. A volte affrontiamo temi complessi e impegnati: nel 2004 ci furono, in Kubark da Alfonso Artiaco a Na-poli, opere sulla tortura, pensate partendo

dal manuale della CIA con le direttive su come estorcere confessioni ai prigionieri. Arrivò l’opera Dick dalla forma evocativa di un cammello. Nel 2005, da Alberto Peola a Torino, le opere riflettevano sui test sugli animali per sperimentare armi chimiche e batteriologiche ad uso militare.

da dove Partite?Sempre dal disegno, per noi resta il prin-cipio di tutto.

quando avete inziato a lavorare nello stesso studio?Abbiamo iniziato subito qui, nel 1994 con due prefabbricati usati per ospitare gli

Perino & vele, Forculae, 2014, cartapesta, vetroresina, ferro zincato, asfalto, pittura nitro, cm 357x342x185 ca. Foto: Fabio Donato

Nella pagina a fianco:ritratto di Perino & velePerino & vele, veduta esterna dello studio, rotondi (aV)

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sfollati del terremoto del 1980. L’abbia-mo costruito noi, vicino alla carrozzeria di mio padre (risponde Luca Vele n.d.r.) dove avevamo la possibilità di sfruttarne le at-trezzature. Tre anni fa l’abbiamo riorganiz-zato aprendo l’entrata privata. L’abbiamo sistemato senza cancellare la sua storia che ci dispiaceva perdere. Gli architetti di Arkit studio ci hanno guidato – e arginato! – dando corpo alle nostre idee. Importan-te è il giardino, progettato sulle nostre esi-genze da Edward Tangredi, un amico pa-esaggista. Un pollaio, un laghetto naturale con pesci, rane e ninfee… è una piccola oasi che, fuori dallo studio, accoglie e ren-de verificabili le opere grandi nella loro di-mensione ambientale.Il vecchio studio si è integrato nel nuovo: lavoriamo sul riciclo, è stata una scelta na-turale fonderli!

resta qualcosa della vostra “dualità”?Perino & Vele è uno! Non sapremmo pro-prio dire cosa lascia trasparire la nostra singolarità, se non il sentirci davvero una sola cosa nel lavoro. Quando sigliamo le opere firmiamo addirittura uno per l’altro: Vele firma Perino e Perino firma Vele. Due

che sono uno!

avete faMa internazionale ePPure ritor-nate a lavorare seMPre qui…Ci troviamo molto bene, abbiamo tutto ciò che ci occorre per seguire al meglio la no-stra ricerca. Non serve stare in una “ca-pitale” per poter lavorare. Questo luogo, lontano dai centri maggiori (una cinquanti-na di chilometri da Napoli), è per noi come una bolla protettiva: ci isola, non ci fa in-fluenzare troppo dal sistema.

qui incontrate qualcuno aldilà dell’oc-casione di SISTEmA IRPInIA?Lo studio è sempre aperto: chiunque può venire, chi ci conosce lo sa. Basta suona-re il campanello, se ci siamo accogliamo non solo critici, artisti, ma anche amici che vengono qui anche per rilassarsi un po’. Se lavoriamo non ci lasciamo distrarre! Gli ospiti si muovono liberi mentre proseguia-mo il lavoro. Nell’attuale studio abbiamo predisposto anche spazi per ospitare, se-condo necessità, qualcuno.

che raPPorto col territorio e con Gli al-tri artisti che qui lavorano?

Perino & vele, vedute dell’interno dello studio, rotondi (aV)

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Perino & Vele: Emiliano Perino è nato a New York (U.S.A.) nel 1973 e Luca Vele a Rotondi (AV) nel 1975.Vivono rispettivamente a San Martino Valle Caudina (AV) e Cervinara (AV) e lavorano a Rotondi (AV).

Eventi in corso:Handle with care a cura di Lorenzo Respi Galleria annamarracontemporanea via Sant’angelo in pescheria 32, Roma 12 giugno - 31 luglio 2014

Gallerie di riferimento: Alfonso Artiaco, Napoliwww.alfonsoartiaco.comAlberto Peola, Torinowww.albertopeola.comannamarracontemporanea, Romawww.annamarracontemporanea.it

Siamo qui da 20 anni, siamo stati tra i pri-mi, qui nasciamo artisticamente. È impor-tante che in un territorio come questo la-vorino altri quattro artisti (Eugenio Giliberti, Umberto Manzo, Lucio e Peppe Perone), cinque se aggiungiamo Luigi Mainolfi che resta legatissimo a questa terra. È positi-va la presenza di tanti studi di artisti, c’è un buon rapporto, ma anche la giusta indipendenza.

questo luoGo vi influenza, condiziona e/o isPira?Diventa selettivo, sei nella condizione di scegliere veramente dove vuoi andare e cosa vedere. Non ti permette di essere vit-tima dell’ipertrofia di mostre, l’essere pre-senzialista ad ogni inaugurazione, evento,

incontro. Possiamo scegliere di restare qui e parlare con l’amico chef, l’architetto, il musicista, il paesaggista… Per noi si è in-fluenzato il luogo: dagli amici che ci dan-no consigli, alla natura circostante che ac-coglie le nostre opere. Molti in Irpinia non ci conoscevano, oggi riceviamo consigli e opinioni anche da gente comune! Questo è uno stimolo umano impagabile e unico.

asPirazioni Per il futuro e ProGetti iMMinenti? Stiamo preparando i “festeggiamenti” del ventennale cui teniamo molto. A metà ot-tobre inauguriamo l’installazione site spe-cific al MADRE di Napoli, poi ci dedichere-mo al nuovo studio che apriremo a New York.

In alto da sinistra:Perino & vele, Don’t break my balls, 2001/2012, pastello, tempera, cartapesta, ferro, pittura nitro, cm 149x77,5x39. Courtesy: Galleria alfonso artiaco, Napoli

Perino & vele, Orcioelefante, Orcioserpente, Orciorinoceronte, 2013, cartapesta, vetroresina, bitume, cm 159x98x94, cm 70x52x83, cm 79x54x107. Courtesy: Galleria alfonso artiaco, Napoli

Perino & vele, veduta esterna dello studio, rotondi (aV)

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GiovaniMichele Parisi

dall’opaCo

di Gabriele salvaterra

C’è un breve racconto di Italo Calvino intitolato Dall’opaco in cui la realtà appare come un formicolio di accadimenti. L’autore si pone in ascolto di una natura fatta di misteri ed epifanie e la registra con pazienza, mostrando tutte le approssimazioni del senso comune e filtrando le teorie di lettura del mondo attraverso la propria soggettività. Così il mondo corrisponde al microcosmo di un golfo mediterraneo bruciato dal sole, i punti cardinali sono sostituiti dalle dimensioni dell’avanti, dell’indietro, del cielo e del mare, e tutta la re-altà si trova contesa tra la luce a cui offre la sua maggiore estensione e il buio presente nelle ombre e nella notte. L’autore dall’opaco osserva e descrive tutto ciò.L’universo pittorico di Michele Parisi assomiglia a questa realtà. Le sue immagini rappre-sentano dettagli dimenticati, riportati alla luce attraverso il mezzo fotografico in un mon-do che “si sfalda discontinuo alla vista e all’udito nella frana dello spazio e del tempo”. Il paesaggio sul quale Parisi rivolge l’attenzione è quello del suo stesso studio, di ambienti abbandonati o della natura osservata come per la prima volta. Le immagini che ne risul-tano, nonostante nascano da questo microcosmo limitato, hanno il respiro della totalità, tendono a porsi sul supporto come nuovo universo in sé concluso e autosufficiente.Il punto d’osservazione non può che essere opaco. È quello della camera oscura, da cui grazie al buio è possibile accogliere e fissare la luce, ma è anche, metaforicamente, quello del proprio luogo di lavoro o della propria mente chiusa nella calotta cranica. Spazi oscuri e cavi che si rapportano in maniera complessa con l’esterno e in cui risulta eviden-te quanto chiarezza e buio siano necessari l’una all’altro per potersi definire. Questa attitudine all’opacità si può riconoscere nelle stesse opere, in cui il dissidio tra oscurità e luminosità viene tematizzato attraverso la scelta di soggetti evanescenti in cui il contrasto chiaroscurale è fondamentale per la rivelazione dell’immagine.L’impiego della fotografia in contesto pittorico trova poi la sua necessità nella pratica fo-tografica delle origini, a cui Parisi guarda come referente in un tempo ciclico eternamente presente. L’eliografia di Niépce, letteralmente disegno di luce, era affiancata senza molte

Michele Parisi, Dalla finestra entrava il mattino, 2014, gelatina fotosensibile, gomma arabica e terra del Garda su carta velina, trittico, cm 165x165. Veduta dell’allestimento presso il MaG, Museo alto Garda. Courtesy: l’artista

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Michele Parisi è nato nel 1983 a Rovereto (TN), vive e lavora ad Arco (TN).www.micheleparisi.it

Evento in corso:Michele Parisi. Dalla finestra entrava il mattinoa cura di Denis Isaia e Federico MazzonelliMAG – Museo Alto Garda Piazza C. Battisti 3/A, Riva del Garda (TN)12 aprile - 2 novembre 2014www.museoaltogarda.it

contraddizioni alla pittura nel tentativo di fissare la realtà. Parisi mira a questo disegno di luce, possibile solo da un incontro tra fotografia e pittura in uno spazio opaco in grado di definirlo per contrasto.La sua ultima serie Dalla finestra entrava il mattino condensa tutto ciò: la finestra come otturatore, la propria stanza come camera oscura, la realtà esterna che la invade, luce accecante controllabile solo dosando attentamente anche l’opacità.Davanti a questi lavori ci si riconosce tutti come piccole camere oscure, nel nostro perce-pire la realtà, nel nostro rapportarci con l’altro. Solo restituendo preziosità all’immagine è possibile comprendere cosa accada nel momento in cui ci affacciamo al reale e stupirci ancora della nostra facoltà di osservazione e memoria.

Dall’alto:Michele Parisi, bozzetto per Dalla finestra entrava il mattino, 2014, gelatina fotosensibile, gomma arabica e terra del Garda su carta velina, cm 165x165. Courtesy: l’artista

Michele Parisi, Dalla finestra entrava il mattino, 2014, gelatina fotosensibile, gomma arabica e terra del Garda su carta velina, trittico, cm 165x165. Veduta dell’allestimento presso il MaG, Museo alto Garda. Courtesy: l’artista

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GiovaniThomas berrala Verità aCCeCa, la menZoGna è un bel CrepusColodi alberto Mattia Martini

Thomas Berra è un bugiardo!Si è lasciato ammaliare, rapire, “si è con-vertito” alla bugia per poter raccontare la verità. Guarda, sogna, viaggia immerso nell’im-maginario per raccontare il reale, con il coraggio di chi sfida la menzogna, diso-rientato dal desiderio incoercibile di veri-dicità. L’uomo vive tra la bugia e la verità, tra l’inganno e la sincerità, l’uno apparen-temente in opposizione all’altra, ma con-cretamente inseparabili e complementari. Nasce da qui, da tale concetto, o più pro-babilmente, da un’analoga esigenza, l’in-tenzione di concretizzare l’immagine “de-predandola” alla favola e quindi alla bugia, in modo che essa possa raccontarci la

cronaca dell’esistenza. Liar è un perso-naggio bugiardo, con chiaro riferimento al mitico Pinocchio di Collodi che, tuttavia, descrive la storia di ogni uomo: colui che si avvale della bugia per provare ad esor-cizzarla, per ardire e superare la paura del-la quotidianità, della vita.Plausibilmente aveva ragione Albert Ca-mus, quando affermava che «La verità, come la luce, acceca. La menzogna, inve-ce, è un bel crepuscolo, che mette in risal-to tutti gli oggetti». L’iridescenza dell’idea, congiunta alla penombra della melanco-nia, sono elementi essenziali per lo spi-rito creativo che Thomas Berra coltiva e fa germogliare nel suo studio; circondato ed avviluppato da pigmenti, fogli sui quali

intrappolare le idee prima che esse si na-scondano per sempre, carte dove il pen-siero si è tradotto definitivamente in im-magine, libri per fantasticare, studiare o per confrontare il proprio estro con quel-lo dei grandi maestri della storia dell’ar-te, pareti dove compaiono i colori, i tratti, le “sindoni” delle tele che si sono susse-guite nel tempo. Un luogo intimo, indivi-dualmente soggettivo, ma anche spalan-cato verso l’esterno, pronto a nutrirsi del mondo, dell’incognita della trasformazio-ne e dell’indagine della contaminazione. Un mondo che non rimane rinchiuso tra le quattro mura, ma che implode straboc-cando dentro Thomas Berra, per poi eva-dere e ricercare la bugia immaginifica nel-la realtà del viaggio. Prende forma proprio da un viaggio l’ultima mostra del giovane artista milanese, esattamente in Marocco presso la città di Tangeri, un territorio ma-gico, affascinante che, com’è stato ricor-dato all’interno del catalogo della mostra, ha attirato ed attratto importanti artisti ed intellettuali di ogni epoca e provenienza. Un lungo soggiorno, una residenza che ha consentito a Berra di entrare a diret-to contatto con i luoghi, con le persone, di lasciarsi affascinare dal mare, dal sole, dai gusti e dai profumi inondanti e perme-anti. Perdersi, abbandonarsi tra le strette

thomas berra, Senza titolo, 2014, acrilico e smalto su tela, cm 250x200

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Thomas Berra è nato nel 1986 a Desio. Vive e lavora a Milano.www.thomasberra.it

Eventi in corso:Casabarata Banca Sistema Corso Monforte 20, Milano 16 aprile - 16 luglio 2014www.bancasistemarte.it

Gallerie di riferimento: De Magistris Arte Contemporanea, Milanowww.demagistrisarte.com Room Galleria, Milanowww.roomgalleria.com Casa d’Arte San Lorenzo, San Miniato (PI)www.arte-sanlorenzo.it

“viuzze”, tra le miriadi di bancarelle e i pic-coli negozi del quartiere di Casa Barata, ha fatto scaturire dalle mani dell’artista, opere dove protagonisti sono gli abitan-ti avvolti all’interno del tradizionale djella-ba, ed ancora gli alberi, il deserto e la terra che diviene essa stessa contenuto e pig-mento ed infine le moschee e le abitazioni.

Spingendosi all’interno dei quartieri più degradati, l’artista ha preso spunto da essi per ricreare l’opera Casabarata, ottenuta assemblando legni e materiali recupera-ti in loco e simbolicamente trasportati in un’altra dimensione: un’icona disperata e troppo spesso dimenticata, misera conse-guenza della bugia umana.

Dall’alto:thomas berra, Casabarata, 2014, Banca sistema arte, veduta della mostra

thomas berra, Senza titolo (Casabarata), 2014, acrilico e smalto su tela, cm 80x60

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GiovaniSilvia Celeste Calcagnofantasmi impressi a fuoCo

di valeria barbera

Figure evanescenti, dai contorni sfocati che emergono dalle superfici, si materia-lizzano come fantasmi inquieti ma docili che popolano sogni non troppo tranquilli. Scene quotidiane impresse a fuoco su su-perfici ceramiche, storie lasciate a metà di personaggi di cui poco ci è dato sapere: Rose, Iris, Carla, Celeste e Blanca, donne molto diverse tra loro, ma tutte accomu-nate da uno stesso volto, quello dell’arti-sta. Silvia Celeste Calcagno, ligure, classe 1974, inizia la sua carriera frequentando l’Accademia di Belle Arti di Genova, diplo-mandosi poco dopo ceramista designer in grès. Il grès, supporto che non lascerà ma che, ad un certo punto, non le basterà più. Nasce così una nuova ricerca, un’indagine intima attorno al proprio corpo e all’esse-re qui e ora, con tutte le infinite possibilità

che il semplice stare al mondo implica. Un viaggio che ha origine dalla feroce bellezza della nostra immagine riflessa nello spec-chio. Lo specchio in questione è quello della fotografia – e poi successivamente anche quello del video – che lieve si uni-sce alla materia, alla terra. Inevitabile tro-vare nelle immagini della Calcagno la eco della Body art anni ‘70, soprattutto per l’utilizzo del mezzo fotografico per docu-mentare, conservare, vedersi insomma. Nella serie Sunday Moods, Rose Album Leaves, la catalogazione delle espressio-ni del viso, raccolte nel corso di due ore di scatti una domenica mattina, ricorda gli esperimenti con la propria immagine di Bruce Nauman: un elenco ossessivo che compone un grande mosaico del sé. Le immagini di Celeste, invece, stampate su

vetrini citologici rimandano, per la presen-za del sangue, alle performance e alle feri-te di Gina Pane, mentre Carla, le cui parti del corpo sono come sezionate e impri-gionate su vetrino anti-Newton, richiama il concetto del corpo come pellicola che registra, dando vita ad un vero proprio at-lante che quasi scientificamente mappa queste non esistenze. L’immaginario della serie Interno 8, invece, sembra spingersi oltre questo orizzonte legato al corpo, fino a lambire la poetica della Narrative Art di Mac Adams. Una storia di cui conosciamo solo i frammenti, il corpo di una donna im-merso in una vasca, le gambe bianche se-gnate: tracce di una battaglia interiore ed intima che però, proprio per questo, riesce ad assumere toni universali... Gli esiti, però, si discostano dai loro ante-cedenti storici perché il risultato fotografi-co giunge solo come tappa finale di una performance che in realtà non ha mai avu-to luogo, come meta di un vero e proprio percorso catartico di trasformazione (e ac-cettazione) dell’artista, vissuto sulla sua pelle, che ne testimonia l’esistenza e la mi-stifica attraverso le vite di tutti quei perso-naggi in potenza che la animano. Sempre

silvia celeste calcagno, Sunday moods, Rose Album leaves, 2014, fotoceramica sperimentale su grés. Courtesy: l’artista

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Silvia Celeste Calcagno è nata nel 1974 a Genova. Vive e lavora ad Albissola.www.silviacalcagno.it

Eventi in corso:Silvia Celeste Calcagno. Mood not me a cura di Luca Beatrice PH Neutro Fotografia - Fine Art via Padre Eugenio Barsanti 46, Pietrasanta (LU) 14 giugno - 4 luglio 2014 www.ph-neutro.com

Silvia Celeste Calcagno. Silvia a cura di Sandro Ristori e Francesca Bogliolo Gama - Galleria Arte Moderna Albenga Palazzo Vecchio - Torre Civica piazza San Michele, Albenga (SV) 18 luglio - 16 agosto 2014 www.gamalbenga.it

Galleria di riferimento: PH Neutro Fotografia - Fine Art, Pietrasanta (LU)

lo stesso volto e lo stesso corpo che tor-nano ossessivi e mai uguali a loro stessi, nelle fotografie, nei video, nelle proiezioni sulla pelle. Una ripetizione che racchiu-de in sé elementi apparentemente inge-nui che sono però frutto di una riflessione matura sul sé, una presa di coscienza che passa attraverso l’utilizzo di un medium come quello fotografico. Un mantra, una preghiera, una cura che ha come obiettivo principale l’accettazione del proprio rifles-so, il raggiungimento di una pace fragile

dopo un lungo tormento. La fotoceramica sperimentale dà cor-po alle immagini e al racconto della pro-pria storia e a quella di queste donne che, pudiche e un po’ maliziose, eteree e allo stesso tempo vitali, si spogliano davanti all’obiettivo. Agganciano il nostro sguar-do, anche in virtù di quel voyeurismo che ci tenta sempre un po’, trascinandoci poi verso gli abissi dell’inconscio, di quel lato poco nobile che a volte si trasforma in vera e propria ombra.

silvia celeste calcagno, Interno 8, 2013, fotoceramica sperimentale su grés. Courtesy: l’artista

silvia celeste calcagno, Carla, 2014, stampa diretta con inchiostri solidificati UV su vetrino anti-Newton. Courtesy: l’artista

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GiovanigiuliA MAnfREDila natura della reliquia

di luisa castellini

Il suo orizzonte è sempre stato quello dell’abbandono. Ancor prima che ne fa-cesse, con le sue mani attente, un prezio-so diorama. Era il 2012 e tutto accadeva con la complicità di un termine archeologi-co, Orizzonte d’abbandono, impiegato per indicare quei reperti che ancora tali non sono, quegli oggetti destinati alla storia ep-pure aggrappati alla vita. Davanti a loro un lungo periodo di oblio, una catarsi neces-saria e forzata, in assenza di respiro e quin-di d’ossigeno, prima della beatificazione, leggi musealizzazione. Con il suo orizzon-te di specchi e di muschio intiepidito dal

Giulia Manfredi è nata nel 1984 a Castelfranco Emilia (MO). Vive e lavora tra Bologna e Berlino. www.giuliamanfredi.it

neon, Giulia Manfredi consumava un rito di passaggio. Portava con sé la nostalgia per quell’idea di casa che negli anni precedenti aveva esplorato non senza una certa osti-nazione. Voleva, Giulia, capire cosa renda uno spazio casa, ma soprattutto verificare quanto accade quando l’essere umano la abbandona. «La natura, allora, si riappro-pria dello spazio sostituendo l’uomo in una simmetria quasi perfetta». Così nella casa che si sorprende isolata al centro di una cava (Cave Canem, 2011, videoproiezio-ne) gli intonaci non sono ancora sfioriti, ma sul punto di. Perché prima c’è l’oblio, uno

Giulia Manfredi, Homesick, 2012, resina, bonsai

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stadio lungo e soffocante, quell’Orizzonte d’abbandono al quale l’artista dona presto un corpo scenico proprio. La mancanza di aria, lo stantio, si comprime nelle carni epossidiche della resina. Questa sublima l’oblio e ne trascende lo status in eterna icona. L’alternativa sarebbe il domani e quindi la decomposizione con l’inevitabi-le dispersione. Nelle piccole bolle d’aria, invece, l’ultimo spasmo di vita: poi la ca-ducità abbassa il capo alla musealizzazio-ne. Nella casa dell’uomo e nel self storage di lusso della sua storia naturale, sociale e culturale, il museo, l’istituzionalizzazione dell’identità si fa esemplare. Da studiare e catalogare ed eventualmente adorare o dimenticare. Tra i due stadi, idillicamente, l’installazione Homesick (2012): due case di resina occupate nelle viscere da un cac-tus e da un bonsai. Il processo è di eviden-te raffreddamento e discernimento. Ma ecco l’imprevisto. Quel voler mostrare ciò che di solito è celato allo sguardo, le radi-ci, per poi disporle ordinatamente nel gia-ciglio dell’eternità, fa compiere al pezzo da museo un tragitto contrario alla sua storia e lo riporta allo stadio di reliquia, per giunta dotata di potentissima aura. Così le piante

– come il basilico che rimanda al tragico amore della Lisabetta da Messina del De-camerone de La testa nel vaso, 2010 – e quei brandelli di corpo che ogni tanto riaf-fiorano nelle installazioni (da Lazarus, 2010 a Senza titolo, 2012). Emanazioni, tutte, di un sacro che richiede separazione, in-toccabilità ed esige il sacrificio dei propri dei. L’elemento naturale, benché incap-sulato nella resina, fatto simulacro nel vi-deo (Vanitas, 2010, Aker, 2012) o simulato tra plastica e pompe (Senza titolo, 2012) non perde la propria identità per ridursi a materia. Resta sempre immagine, prima e collettiva, al pari della casa e del moderno museo, sulla quale innestare i propri espe-rimenti poetici, che nella visione critica

del fare e dell’analizzare trovano un pri-mo conforto. Così la ricostruzione del mo-mento del trapasso, dalla vita al museo, all’eterna accessibilità allo sguardo, di al-cuni coralli (Senza titolo, 2013). Una teca si fa bara: la terra è macchiata del rosso del corallo che bianco, già scheletro, si of-fre nudo alla contemplazione. A trarre in salvo dall’idolatria scientifica un pizzico di ironia. Nell’installazione Keyhole (2013) una piramide riflette e fa proprio uno spet-tatore troppo curioso. Lo sguardo si avvi-cina al buco della serratura ma una luce abbacinante consegnerà un’unica opera a tale avidità. L’immagine di quella stes-sa serratura impressa sulla sua retina negli istanti a seguire.

Giulia Manfredi, Le mandragole, 2014, cera, resina, legno, bonsai

Giulia Manfredi, Keyhole, 2013, legno, specchi, cera, varie

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1. Giulia Zappa2. silvia Inselvini3. elena Mazzi4. Daniele pulze5. Fabiano De Martin topranin6. elena Hamerski7. Francesca Longhini8. paola pasquaretta9. simona paladino10. anna Negretti11. Francesco Cossu12. Špela Volčič13. Claudio rivetti14. pierpaolo Miccolis15. arjan shehaj16. Caterina rossato17. Viviana Valla18. arianna Zannoni19. Nuvola ravera20. Michele pierpaoli

Incandescenti, attraversiamo i muri (Cristina Campo, da Fiaba e Mistero)

Lo Speciale Esordienti – che vi apprestate a leggere e che proseguirà anche nelle prossime uscite – nasce dal fascino che l’universo della creazione giovanile ha sempre suscitato sul nostro team. Lungi da noi tesserci le lodi

ma più di una volta tra le nostre pagine o sulle nostre copertine abbiamo presentato – in tempi non sospetti – il lavoro di alcuni giovanissimi che, poi, si sono rivelati molto più che “promesse” del

panorama artistico.Questo speciale nasce, quindi, come evoluzione naturale del nostro “buon occhio” e dalla volontà di “mappare” quegli artisti – formatisi e operanti principalmente in Italia

– che si trovano in quella particolare fase in cui dallo studio si passa alla pratica, dall’osservazione all’azione. Un momento esaltante in cui tutto sembra possibile e

nel quale, per quanto intricate, le strade da imboccare sono ancora tantissime e le regole dell’art system non

hanno ancora intaccato quell’energia grezza, quella voglia di fare e sperimentare impellente ed irresistibile.

Uno spaccato, che non ha certo la pretesa di essere esaustivo, che vi accompagnerà alla scoperta di una

nuova generazione di creativi, nati tra gli anni ‘80 e i ‘90...

Hanno collaborato a questo Speciale: Valeria Barbera, Ilaria Bignotti, Laura Fanti, Jack Fisher, Matteo Galbiati, Roberto Lacarbonara, Massimo

Marchetti, Alberto Mattia Martini, Simone Rebora, Chiara Serri, Alessandro Trabucco.

Un ringraziamento particolare ad Alberto

Zanchetta.

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Dall’alto:caterina rossato, Esercizio N°7, Analisi di Paesaggio, 2014, assemblaggio di cartoline postali ritagliate, cartoline postali, dimensioni variabili, 4 pezzi di 78nuvola ravera, Erbario Familiare, 2010-13, frame da video, 02’40’

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Dall’alto: elena Mazzi, Articolazioni oltre il linguaggio. La materia, il suo ritmo, le sue declinazioni, installazione di materiali vari, video e performance, 2013-2014. In collaborazione con elisa strinna. Veduta dell’installazione presso la galleria Massimodeluca, Mestre, VeneziaŠpela volčič, 130301/140204, 2013-14, 100 pezzi di pane, cm 380x120, veduta dell’installazione presso la Fondazione Bevilacqua La Masa san Marco, Venezia (2014)

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Dall’alto: fabiano de Martin topranin, Back to the forest - blue eyes, dettaglio, 2014, tiglio, acrilico, cm 85x40x28Pierpaolo Miccolis, Twit, 2013-14, acquerello su carta, cm 18x26

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Dall’alto: Michele Pierpaoli, Prova di sopravvivenza n.2, 2014, tecnica mista su carta, cm 70x50francesco cossu, Settlement, 2013, assemblaggio legno, segatura, materiali di recupero, installazione, dimensioni variabili

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Dall’alto:francesca longhini, Limite, 2013, pigmento e cemento su marmo di Carrara, cm 17x30. Courtesy: Federica Bianconi Collectionviviana valla, Believe me, I’m lying, 2013, tecnica mista su tela, cm 100x120

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Dall’alto:simona Paladino, Fino a che punto, 2014, gesso, matite, calchi, 6 elementi, cm 20x20x20, grafite su parete, installazione, dimensioni ambiente. Veduta dell’installazione: Va tutto bene, Casabianca, Zola predosa (Bo), 2014claudio rivetti, The Puzzle, 2013, video full hd, colore-sonoro, 3’17”

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Dall’alto:silvia inselvini, Mappa, 2013, punteruolo su carta, ø cm 170Paola Pasquaretta, L’orizzonte degli eventi, 2014, stampa inkjet, cm 92x69,5

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In alto:Giulia zappa, 16 Scout (Lightbox), 2014, legno, vetro, negativo, dimensione lightbox cm 20x7x9, dimensione totale cm 20x37x45

a fianco:daniele Pulze, Stima approssimativa della forza necessaria a rompere il bicchiere, 2014, bicchiere, tavolo, glass, table, filo di lana, cannucce, dimensioni variabili

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elena hamerski, Apolide, Costa Ligure+Monte Rosa, 2013, cartine geografiche, poliuretano espanso, terra, spilli, cm 10x20

arjan shehaj, L’infinito, 2013, carboncino su tela, cm 160x160

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Dall’alto:arianna zannoni, Finestre, 2013, stampa fotografica, cm 26x45anna negretti, 2011, scarpette in biadesivo n° 38

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Willy VERginER

intervista di silvia conta

dalle radiCi alle fondamenta

Noto soprattutto per le sculture incentrate sulla figura umana, Willy Verginer ha in-trapreso un nuovo percorso, un filone di ricerca che con radicalità indaga la rela-zione tra uomo, natura e scultura in una giostra dal sapore onirico, ma allo stesso tempo dalla salda personalità visiva e con-cettuale. Elementi naturali, edifici e albe-ri che entrano in relazioni inattese eppure radicate in quella comune matrice costitu-ita dall’inscindibile legame con la Terra e con l’essere umano, visivamente omesso, ma segreto protagonista di ogni elemento. Abbiamo incontrato Willy Verginer, nel suo studio di Ortisei, in occasione di una grande personale al MAC – Museo d’Ar-te Contemporanea di Lissone e della sua partecipazione alla IV Biennale Gherdëi-na di Ortisei.

Cover Artist

Willy verginer, Tra idillico e realtà, dettaglio, 2014, legno di tiglio, acrilico, ferro, cm 160x60x120

Nella pagina a fianco:Willy verginer, La casa cresce, 2013, tiglio, compensato MDF, acrilico, cm 34x26x21

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silvia conta: coMe è nata questa nuova taPPa della tua indaGine?Willy Verginer: Ho iniziato a lavorare a questo nuovo progetto perché, come succede ciclicamente nella mia ricerca, sentivo il bisogno di trovare nuovo ossigeno, qualcosa di diverso dai lavori con la figura a cui ho lavorato a lungo. Non ho abbandonato quel tipo di scultura, ma sentivo il bisogno di percorrere altri sentieri su cui stavo riflettendo da un po’. Come molte delle mie opere, anche questo corpus di lavori è nato d’istinto, dalla voglia di sperimentazione e gioco.

Perché hai scelto di oMettere coMPletaMente la fiGura uMana?Volevo svolgere una ricerca più radicale, lontana da quelle figure cui ho dedicato molti anni. Questo non significa che io abbia abolito la figura umana, anzi in una personale al Musée Ianchelevici di La Louvière (Belgio), che terrò nel marzo 2015, proverò ad esporre sia le figure sia le case. Ora, semplicemente, volevo sviscerare questo nuovo filone in un modo molto puro e “incontaminato”.

quali sono i Punti di contatto tra questi lavori e quelli Precedenti?

Nella pagina a fianco, in senso orario:Willy verginer, Sospesa dal fumo, 2013, diversi tipi di legnoWilly verginer, Da ramo a ramo, 2013, tiglio, bronzo, acrilico, cm 154x104x40Willy verginer, Nido, 2014, tiglio, colore acrilico, cm 50x36x36

Willy verginer, Mediei, 2014, installazione di 6 elementi, diversi tipi di legno, h massima cm 124, h minima cm 73

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La materia, la figurazione, il modo di usare il colore. Nei lavori con le case si rafforza il tema dell’ecologia. Nell’uso dei rami presi direttamente dal bosco, inoltre, vedo tornare alcuni elementi dei miei primi lavori, una serie che avevo esposto anni fa a Bolzano in una mostra curata da Danilo Eccher, in cui si potevano leggere evidenti tracce dell’arte pove-ra. Mi rendo sempre più conto che, nel momento in cui si inizia qualcosa di nuovo, torna-no sempre elementi delle origini, anche se in forma diversa. Credo che, anche in questo, si possa riconoscere un’unitarietà di fondo della ricerca.

nei nuovi lavori hai Mantenuto il colore e il tuo Peculiare Modo di stenderlo sulle suPerfici: Metà scultura lasciata al naturale e l’altra Metà diPinta. da dove deriva questa scelta e il fatto di Mantenerla?Nel nuovo gruppo di lavori, al colore naturale del legno accosto solo (e separatamente) il grigio o il blu. Al mio modo di usare il colore sono arrivato in una mostra di diversi anni fa a Bolzano, in cui le sculture erano poste di fronte ai quadri e mi affascinava il modo in cui i loro colori “illuminavano” le stesse. Ora il colore è diventato uno degli elementi più impor-tanti della mia poetica. In genere, cerco di lasciare del colore proprio della materia la parte

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più “naturale” della figura e dipingo quella più “artificiale”: nei miei lavori il colore non è mai narrativo, ma è un fattore che va posto in relazione diretta con il realismo anatomico, ha il ruolo intrigante e diretto di mettere in discussione l’apparenza.

tra le nuove sculture ci sono edifici sostenuti da alberi, altri rovesciati, sosPesi o aPPesi ad eleMenti che Possono aPParire coMe fuMo o raMi. Molti di questi lavori seM-brano cercare una relazione diversa con lo sPazio risPetto al Modo consueto in cui lo usi…Essendo uno scultore sono molto spesso vincolato dal dover utilizzare delle basi per le opere, ma non mi piacciono e cerco, quindi, di trovare altre soluzioni per inserire sculture e bozzetti nello spazio. Per me è molto importante conoscere le sale espositive e poterle gestire in autonomia: mi piace giocare con il pavimento, con il soffitto, perché non vedo differenza di piani, le stanze allestite si potrebbe anche capovolgere e l’insieme funzione-rebbe comunque.

Perché è la casa l’eleMento centrale dei nuovi lavori?Vedo la casa come una della prime sculture create dall’uomo e trovo che ci sia una forte relazione tra architettura e scultura. La casa, inoltre, è oggi molto importante anche dal punto di vista dell’ecologia, un fattore con cui ci si deve confrontare sempre.

l’eleMento dell’albero è ricorrente sia in forMa scolPita che Mediante l’uso di raMi o cePPi. c’è differenza tra l’inseriMento di eleMenti scultorei o Presi direttaMente dalla natura?La sola differenza è che ho scolpito quelli che, per ragioni puramente legate alle dimen-sioni, non potevano essere presi da un bosco e trasferiti in un museo o una galleria: i la-vori di dimensioni inferiori sono – idealmente – bozzetti, schizzi che potrebbero vedere il loro massimo compimento nella realizzazione con grandi alberi veri.

che raPPorto vorresti avesse lo sPettatore con i tuoi lavori?Willy verginer, The dark side of the bull, 2013, legno di tiglio, acrilico, cm 60x74x21

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Willy Verginer è nato nel 1957 a Bressanone (BZ). Vive e lavora ad Ortisei (BZ).

Eventi in corso:Willy Verginer. BaumHaus a cura di Alberto Zanchetta MAC – Museo d’Arte Contemporanea Lissone Viale Padania 6, Lissone (MB) 21 giugno - 27 luglio 2014 www.comune.lissone.mb.it/museo-arte-contemporanea

IV Biennale Gherdëina a cura di Luca Beatrice Ortisei (BZ) 18 luglio - 1 ottobre 2014 www.biennalegherdeina.it

Eventi futuri:Willy Verginer. Personale Galleria LeRoyer, Montreal (CA) 10 settembre - 30 ottobre 2014 www.galerieleroyer.com

È importante che lo spettatore non rimanga indifferente, può essere colpito in modo posi-tivo o negativo, ma deve provare emozione. Credo che, in questo, giochi un ruolo anche la dimensione delle sculture: quelle grandi inducono ad un rapporto molto diretto, men-tre le sculture più piccole rimangono in una sfera più distante e onirica. In genere queste ultime, sono anche più giocose e propongono soluzioni meno consuete perché non si scontrano con i problemi della statica, che per quelle più grandi è un forte limite.

c’è una diMensione surreale nei tuoi lavori?Le mie opere sono state molto spesso messe in relazione all’approccio surreale, ma io penso che questa associazione ponga troppo l’accento sull’inconscio. Preferisco parlare di una certa dose di assurdo, della ricerca di realtà altre, di qualcosa che non lascia indif-ferenti, che stuzzica e fa pensare.

coMe Procedi quando lavori?Oltre alla pratica quotidiana della scultura, al lavorare con le mani, osservare le varie parti, assemblare, costruire bozzetti, faccio anche molti schizzi e disegni. Ho bisogno di dise-gnare perché il tempo materiale di realizzazione delle sculture è piuttosto lungo, mentre nel disegno si è molto più veloci e diretti. Disegno per buttare giù delle idee, fermarne altre, non è proprio una fase di studio, ma di annotazione dalla quale possono scaturire esiti imprevisti. Da ogni lavoro o da ogni schizzo può nascere altro, è come una valanga, inizia qualcosa di piccolo, una piccola palla di neve, e poi si giunge a ricerche che pos-sono durare mesi o anni.

ritratto di Willy verginer al lavoro

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Dal 2008 la Biennale Gherdëina rende l’arte contemporanea protagonista dell’estate di Ortisei (BZ) coinvolgendo artisti in-ternazionali in una suggestiva esposizione che trova la sua lo-cation ideale nell’area pedonale della cittadina.La manifestazione quest’anno presenterà un progetto, curato da Luca Beatrice, che celebrerà uno dei simboli del luogo: il legno. Abbiamo incontrato Doris Ghetta, direttore artistico della Biennale, per farci raccontare in anteprima quali saranno le novità di questa edizione...

quando nasce la biennale Gherdëina, Giunta quest’anno alla sua quarta edizione e con quali intenti?La Biennale Gherdëina nasce nel 2008 come evento collaterale a Manifesta 7, con l’intento di dare visibilità, durante un evento così importante a livello internazionale, agli artisti del territorio, cresciuti artisticamente in Val Gardena. Per questa prima Bien-nale erano stati infatti invitati Aron Demetz, Lois Anvidalfarei, Markus Delago, Thaddäus Salcher e Isabell Pitscheider. L’edi-zione è stata per certi versi molto movimentata. L’esposizione nello spazio pubblico di Ortisei ha suscitato numerose reazioni, anche molto forti e critiche: dalla Chiesa alla stampa, in tanti si sono scagliati contro questa “appropriazione della piazza”. Ma tutto questo ha fatto sì che ad Ortisei si parlasse di arte come non mai. Paradossalmente sono stati proprio questi fatti a con-vincere un po’ tutti del fatto che un simile evento potesse con-tribuire – come poi è stato – ad una sensibilizzazione del va-sto pubblico verso l’arte contemporanea. Insomma, in qualche modo c’erano i presupposti per continuare quest’esperienza, che vuole essere principalmente basata sul dialogo.

Per la PriMa volta è stato dato, aGli artisti invitati ad esPorre

1. biennale gherdËinala Val Gardena tra arte contemporanea e tradizione

Intervista a Doris Ghetta di Valeria Barbera

8 itinerari per scoprire l’arte tra natUra, storia e paesaGGio

a cura di Valeria Barbera

Per chi anche d’estate vuole programmare delle “vacanze intelligenti”, ma non ha nessuna voglia di rinunciare al sole e all’aria aperta girando per musei e gallerie, abbiamo preparato uno speciale ricco di itinerari di qualità dedicati al contemporaneo e con una partico-lare attenzione al paesaggio.Una piccola mappa di alcuni tra i progetti più interessanti che potrà rivelarsi un’agile guida per chi ama rassegne e festival che fanno dell’ambientazione urbana, rurale o montana che sia uno dei principali punti di forza.Iniziative che coniugano turismo, eccellenze locali, cultura e ovviamente arte e da cui emerge una grande voglia di collaborare e di cre-are reti pubblico-private, un prediligere iniziative organiche rispetto alla dispersione di tanti micro eventi in grado di valorizzare con intel-ligenza le vocazioni locali senza smettere mai di sognare in grande.

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nel centro di ortisei, un vero e ProPrio “liMite”: l’utiliz-zo del leGno. Può raccontarci coMe nasce il ProGetto lEGno/WooD/Holz/lën?Alla quarta edizione, ci è sembrato opportuno in qualche modo tributare il giusto riconoscimento a quel materiale che ha reso famosa la Val Gardena: il luogo dove dimo-rano i veri specialisti del legno. In valle, la scultura lignea ha una tradizione secolare e, nel corso dei decenni, le tecniche di lavorazione si sono progressivamente affinate, fino a raggiungere oggi livelli che permettono un approc-cio completamente nuovo a tale materiale. La Biennale è un’ottima opportunità per far conoscere al mondo queste capacità artigianali. Combinare nuove tecnologie e scelta del legno per la produzione delle opere, oltre a creare un forte collegamento con le radici del luogo, intende anche dare a questo materiale una dignità che va oltre l’artigia-nato e lo lega all’arte contemporanea.

chi sono Gli artisti invitati? coMe si sono raPPortati con il concePt di questa biennale?I cinque artisti invitati dal curatore Luca Beatrice – Chris Gilmour, Sonia Leimer, Willy Verginer, Bruno Walpoth e Velasco Vitali – hanno accolto con entusiasmo la sfi-da di progettare un’opera destinata allo spazio pubblico, con tutte le implicazioni che ne conseguono. È interes-sante notare come due artisti non originari della Val Gar-dena, Sonia Leimer e Chris Gilmour, entrambi non specia-listi del legno, abbiano voluto integrare nei loro lavori dei riferimenti specifici alla tradizione artigianale locale. Per i due artisti locali invece, Bruno Walpoth e Willy Verginer, l’esperienza del legno è di lungo corso: Walpoth installe-rà un grande busto in legno tagliato a metà e svuotato al suo interno mentre Verginer abbandonerà i “suoi” ritratti e paesaggi per realizzare una casa in legno che si regge su radici d’albero. Infine Velasco Vitali, famoso per i suoi bran-chi di cani, spesso inseriti in contesti imprevisti, proporrà una gigantesca mongolfiera in legno e ferro.

Manifestazioni coMe queste aMbiscono a coinvolGere un aMPio Pubblico, coMe si rie-sce a coMbinare un alto livello della ricerca artistica con l’otteniMento di un larGo consenso?Luca Beatrice è stato subito entusiasta della scelta del titolo Lën, parola che in ladino – lingua parlata in Val Gardena – indica appunto il “legno”. L’intento è stato, fin da subito, quello di proporre una mostra di alto livello artistico, ma anche accessibile al turista o a chi non è avvezzo all’arte. Anche grazie alla scelta di titolo e materiale, che contribuisce a rendere più familiare l’approccio con le opere esposte. Il legno porta con sé un valore aggiunto, in virtù del suo incredibile richiamo al passato, alla sua capacità di raccontare storie, attirando lo sguardo, invitando al tatto e suggerendo calore.

IV Biennale GherdëinaLegno/Wood/Holz/Lëna cura di Luca BeatriceArtisti: Chris Gilmour, Sonia Leimer, Willy Verginer, Velasco Vitali e Bruno Walpoth Centro cittadino Ortisei (BZ)18 luglio - 1 ottobre 2014inaugurazione giovedì 17 luglio ore 18,00www.biennalegherdeina.it

chris Gilmour, Vesperbild, 2013, cartone e colla, dimensioni reali

Nella pagina a fianco:bruno Walpoth, White mask, 2013, legno di noce,

cm 83x51x30

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2. Un cantiere di idee a cielo aperto.

la nUoVa staGione di Dolomiti Contemporaneedi Valeria Barbera

3. Ecce Pinocchio12 artisti per Un’isola da faVola

Intervista a anna Lisa GhirarDi di Valeria Barbera

Siamo in una location d’eccezione – Iso-la del Garda – di proprietà della famiglia Cavazza, un luogo magico dove dodici ar-tisti contemporanei sono stati chiamati a rileggere l’intramontabile mito collodiano. Abbiamo condiviso con la curatrice Anna Lisa Ghirardi, stimoli ed obiettivi del pro-getto che unisce arte, istituzioni pubbliche e private e l’Azienda Tassoni...

ECCE PInoCCHIo nasce e si sviluPPa in un contesto davvero sPeciale, un’intera

Nato nel 2010, questo laboratorio a cielo aperto curato da Gianluca D’Incà Levis porta avanti una riflessione legata alla regione Dolomiti-Unesco – intesa come spazio fisico e mentale – grazie alle arti visive, alla loro capacità di dialogare con l’ambiente e leggerlo con nuovi occhi, con l’intento di valorizzare siti a grande potenziale, attual-mente in uno stato di totale o parziale sottoesposizione. La IV stagione di Dolomiti Contemporanee ha un ricco programma che si estende sino a dicembre 2014 e che valica i confini grazie a collaborazioni internazionali. Durante l’estate però il cuore delle attività sarà nelle Dolomiti friulane e bellunesi dove al Nuovo Spazio di Casso sono al-lestite le mostre Cambio di Muta di Denis Riva e Chunga Wacra di Chung-Gabriele-Vivacqua (sino all’11 luglio), le collettive Inner bivouac (18 luglio - 31 agosto) e Il Mete-orite in Giardino 7 (dal 12 settembre) in collaborazione con Fondazione Merz di Torino e Palazzo Riso di Palermo. A Casso è inoltre attiva una residenza per artisti e da qui viene coordinato il Concorso Artistico Interazionale Two calls for Vajont, lanciato quest’an-no con l’obiettivo di selezionare – grazie ad una giuria internazionale – due opere d’arte pubblica, che verranno realizzate sulla Diga del Vajont e nel Nuovo Spazio di Casso. L’altro grande cantiere di dc è costituito dall’ex Villaggio Eni di Borca di Ca-dore che verrà rifunzionalizzato attraverso un pro-gramma culturale ed artistico, che comprenderà residenze, mostre e workshop connessi al valore ambientale, realizzazione di opere d’arte pubblica che saranno realizzate all’interno del complesso, all’esterno e all’interno di alcune delle strutture.

Dolomiti Contemporanee 2014a cura di Gianluca D’Incà LevisNuovo Spazio di Casso, Erto e Casso PNex Villaggio Eni di Borca di Cadore Borca di Cadore (BL)12 giugno - dicembre 2014www.dolomiticontemporanee.netwww.twocalls.net

isola del laGo di Garda: condizione da soGno Per ProGettare una Mostra Ma anche Per visitarla... credi che questa caratteristica Potrebbe suscitare l’in-teresse anche di un Pubblico norMal-Mente non interessato all’arte?Assolutamente sì. Il luogo, incantato, av-volge il visitatore in una dimensione sovran-naturale, tramutandolo in una sorta di per-sonaggio della storia, del nuovo racconto. Ne Le avventure di Pinocchio si entra, e si esce, per molteplici vie; ognuno rilegge la

storia secondo il proprio background e la propria sensibilità. In questo senso anche il visitatore neofita di arte contemporanea non si riconosce come escluso dal conte-sto, ma apre un canale di comunicazione.

coMe si è sviluPPato il ProGetto con i sinGoli artisti? Molti hanno dato vita ad oPere realizzate aPPositaMente Per l’oc-casione che si relazionano con il luoGo e la sua storia... L’idea della mostra è nata un anno prima

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stefano bombardieri, Torno subito, 2013-14, veduta esterna ed interna, ferro, legno, gettoniera, led. Foto: Fabio Cattabiani

della sua apertura; ho contemporanea-mente selezionato artisti che avessero già lavorato sul tema e coinvolto altri, chieden-do loro di meditare sul racconto. Gli artisti hanno, inoltre, colto la provocazione di in-terpretare un personaggio collodiano e sul catalogo della mostra ognuno assume un travestimento.

coMe sono state scelte le location nell’isola, soPrattutto in relazione ai bellissiMi sPazi esterni?Ecce Pinocchio è un progetto che nasce site specific. Per ogni opera, infatti, si è meditata la collocazione più adatta, affin-ché potesse dialogare con il luogo. Pertan-to la scultura Il figlio della terra di Calogero Canalella ci accoglie sull’Isola con le brac-cia aperte e il naso lungo, quasi dicendoci “benvenuti Pinocchi!”. Il grillo Coscienza di Patrizia Fratus spunta, quasi all’improvvi-so, nel nostro percorso attraverso il parco; ci sorprende a testa in giù, perché oggi più che mai la coscienza è instabile, ribaltabile e in balia del vento, elemento naturale a cui tra l’altro la scultura è esposta in molti giorni dell’anno... E anche il suo I(h)o! tro-va perfetta collocazione nella stalla dove un tempo erano ricoverati gli equini. Nei Giardini Esotici del Giglio spicca la grande architettura circense di Fausto Salvi, por-tandoci nella dimensione scenica del rac-conto, amplificata dalla suggestiva sceno-grafia immaginifica dell’isola. Attraverso la Via delle Fate scorgiamo, tra piante seco-lari, la grande balena di Stefano Bombar-dieri arenata nel parco, trasformata in una sorta di attrazione da Paese dei Balocchi: le sue fauci ospitano una gettoniera che svela nel ventre un messaggio per lo spet-tatore. Anche le opere collocate nelle stan-ze della Villa e negli spazi rustici sono sta-te studiate affinché ci sia integrazione con l’ambiente. La Locanda, una casetta in cui i pescatori potevano trascorrere la notte, è stata trasformata nella casina della Fata turchina e ospita l’installazione I bambini sono cattivi di Ettore Greco. Al di fuori della casina, la grande quercia si è reinter-pretata da un tronco di ulivo al quale è im-piccato L’appeso di Francesca Casolani. Sempre di Casolani è l’installazione L’arri-vo dei conigli, collocata nelle cellette dei frati, dove, tra i vecchi mobili della famiglia Cavazza, è stata allestita la cameretta di Pinocchio. La cella con la rustica cucina è invece trasformata nella casa di Geppetto,

il camino della stanza riecheggia quello di-pinto da Collodi e ivi sono accolti i Pinoc-chi di Mirko Baricchi. Le opere di Armida Gandini vanno, invece, cercate e spiate negli spazi rustici vicino alle celle dei frati. Il Paese dei Balocchi, installazione lumino-sa e sonora di Stefano Mazzanti, trova la perfetta collocazione nella cantina, luo-go della paura, ma anche dell’immagina-zione. Anche le opere nelle stanze della Villa dialogano con il loco, dal Penocchio di Francesco De Molfetta, che dorme a fianco del grillo, vicino ai giochi e ai lettini dei bambini, alla Fata di Paolo Schmidlin posta tra i busti di famiglia come una sorta di Lares familiares, sino ai Lucignoli di Li-vio Scarpella che, sorprendendoci, spic-cano tra i tanti oggetti.

Ecce PinocchioDodici artisti contemporanei rileggono Collodi a cura di Anna Lisa Ghirardi

Artisti: Mirko Baricchi, Stefano Bom-bardieri, Calogero Canalella, France-sca Casolani, Francesco De Molfetta, Patrizia Fratus, Armida gandini, Ettore Greco, Stefano Mazzanti, Fausto Salvi, Livio Scarpella, Paolo Schmidlin Isola del Garda (BS)10 maggio - 19 ottobre 2014www.isoladelgarda.com

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4. lUnGo la Via del Salearte contemporanea dalla lanGa al mare

Intervista a siLvana Peira di Livia Savorelli

Per chi ama gli eventi che uniscono risco-perta di territori, storia ed arte contem-poranea – non disdegnando qualche in-cursione enogastronomica di qualità – gli itinerari della Via del Sale. Arte Contem-poranea dalla Langa al mare si prepara-no a soddisfare ogni aspettativa. Quest’an-no l’edizione è tutta al femminile, essendo la continuazione ideale della collettiva 8 sguardi al femminile, a cura di Viviana

Siviero, inaugurata l’8 marzo scorso ne-gli spazi dell’Associazione Il Fondaco di Bra (CN): un percorso, in cui ogni opera si autodefinisce rapportandosi ed interagen-do con gli spazi, per far uscire l’arte dalle gallerie e per educare al nuovo.Parola a Silvana Peira, anima e cuore del-la manifestazione, per entrare a pieno nello spirito dell’iniziativa, giunta quest’anno alla nona edizione.

l’evento Prende il noMe da un’antica strada del coMMercio che Portava dai Monti al Mare. quando e con quali inten-ti nasce la vIA DEl SAlE? L’iniziativa nasce nel 2002 da un progetto di valorizzazione del territorio dell’Alta Lan-ga, proprio sul filo tracciato da una delle antiche vie del sale, con l’artista francese Jean Gaudaire-Thor che ha antiche origini italiane a Saliceto e Aisone e dalla lettura del libro dello scrittore Nico Orengo, Il salto dell’acciuga.L’itinerario intende far scoprire i luoghi di una Langa dal fascino inconsueto, disse-minata di interessanti testimonianze arti-stiche – soprattutto medievali – che lungo strade, valichi e sentieri, per centinaia di anni, ha intessuto la trama di scambi tra il mare ligure e la montagna del Piemonte. Jean Gaudaire Thor, per primo e i 58 artisti delle precedenti 8 edizioni poi (tra i tanti: Gastini, Zorio, Mainolfi, Cragg, Anselmo, De Maria, Giletta, Benedini, Gilardi, Gral, Valentini, Berruti...) hanno costruito un dia-logo ricco e profondo, tra la propria storia umana ed artistica e quella, ancora così tangibile, di queste terre. L’itinerario per i luoghi della Via del Sale desidera legare la storia e la creatività, per avvicinarsi a questi territori lungo i traccia-ti del loro passato e delle loro tradizioni e per proporre, allo stesso tempo, ipotesi di confronto più che mai possibili attraverso la sensibilità del presente.

chi sono le ProtaGoniste della vIA DEl SAlE 2014? Le artiste presenti nel percorso della Via del Sale sono: Gabriella Benedini, Grazio-sa Bertagnin – Gral, Orietta Brombin (già presenti nelle passate edizioni), Alessia Clema, Moira Franco, Milena Racca, Cri-stina Saimandi, Anna Valla e due fotogra-fe: Martina Fornace e Patrizia Scarzella.

Gabriella benedini, Installazione, 2014, Castello dei Del Carretto, saliceto. Foto: Martina Fornace

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L’appuntamento con ZOOart a Cuneo è diventato ormai tradizione: dal 3 al 20 luglio 2014 torna la rassegna che invade pacificamen-te lo spazio pubblico con l’arte. La manifestazione, giunta alla XIII edizione, conferma la sua consolidata formula espositiva all’aperto e serale: gli interventi site specific selezionati dal curatore Fabio Cafagna daranno vita prima nei Giardini Fresia – in passato zoo comu-nale oggi giardino urbano – e poi nel resto della città (con ZOOincittà sino alla fine di agosto), ad un vero e proprio percorso espositivo che indaga la complessa tematica del rapporto tra l’uomo e l’ambiente antropizzato. La ricca programmazione della rassegna, che animerà l’estate di Cuneo, privilegia da sempre la dimensione relazionale e performativa per un coinvolgimento attivo del pubblico e dei cittadini.ZOOart, oltre a portare il contemporaneo in città, valorizza anche il contesto artistico locale grazie a LocalArt, coordinato dal curatore Claudio Cravero, concorso alla terza edizione ideato dalla Fondazione CRC in collaborazione con Art.ur a sostegno degli artisti emer-genti del territorio della provincia di Cuneo che verranno premiati con esposizioni, premi acquisto e borse di studio. E con ZOOart tor-nano anche ZOOincittà, durante il quale verranno presentati i progetti di allestimenti artistici ideati per la città da giovani architetti e designer durante laboratori sul tema “Idee in cantiere”, e ZOObimbi che con i suoi laboratori consentirà ai più piccoli di gio-care con l’arte e con il riciclo creativo degli oggetti.

ZOOart 2014Giardini Fresia, Cuneo 3 - 20 luglio 2014

ZOOincittà Sedi varie centro città, Cuneo 3 luglio - 31 agosto 2014

www.zooart.it

5. arte e partecipazione. torna a cUneo l’estate di zOOartdi Valeria Barbera

In questa nona edizione della manifesta-zione i luoghi toccati sono in parte gli stes-si degli anni passati: Saliceto, Camerana, Levice, Bergolo, Prunetto, Finalborgo. L’itinerario poetico che, dalle dolci colline di Langa si spinge verso il mare, prende il via dall’affascinante Castello di Saliceto dei Del Carretto che ospita in alcune sue stanze l’installazione di libri d’artista di Ga-briella Benedini e l’installazione Women’s Hands di Patrizia Scarzella. Il percorso prosegue, a Camerana Villa, con l’opera di Anna Valla nella Torre del X secolo, mentre nella Chiesa di Sant’Antonio a Camerana Contrada le sculture di Cristina Saiman-di interagiscono con l’installazione interat-tiva, sonora e multimediale di Giuseppe Mercuri. La tappa successiva è Prunetto, con il suo spettacolare Castello Medioe-vale che ospita i lavori di Moira Franco, Orietta Brombin e Martina Fornace.

Poche curve in un paesaggio da mozza-re il fiato e si giunge a Levice, tra case sparse, piccole frazioni e un centro stori-co dove fa da sentinella la Cappella di San Rocco con opere di Graziosa Bertagnin-Gral che presenta sculture in Terra cruda e l’installazione Scambiamoci un segno di Milena Racca. A Bergolo, conosciuto come il paese di pietra per via delle sue abitazioni, realizzate ed esaltate dall’uti-lizzo e dal recupero della pietra di Langa, termina il percorso in Langa con l’esposi-zione di Alessia Clema nella bella Cap-pella di San Sebastiano che ospita l’instal-lazione di volti-sculture realizzati in resina ipossidica. Ma al mare si giunge davvero, non soltanto idealmente, e così Finalborgo (SV), uno dei centri storici più belli d’Italia, accoglie, in una vetrina espositiva del Bor-go, una serie di lavori di alcune artiste pre-senti in Langa.

Via del Sale. Arte Contemporanea dal-la Langa al mare. Nona edizionea cura di Viviana Siviero e Silvana Peira

Artiste: Gabriella Benedini, Grazio-sa Bertagnin – Gral, Orietta Brombin, Alessia Clema, Moira Franco, Milena Racca, Cristina Saimandi, Anna Valla, Martina Fornace e Patrizia Scarzella

Sedi varie: Saliceto, Camerana Villa e Camerana Contrada, Prunetto, Levi-ce, Bergolo (Piemonte) e Finalborgo (Liguria)

29 giugno - 27 luglio 2014

www.ilfondaco.org

zooincittà, edizione 2013, Melting Cuneo. Foto: Marco sasia

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6. Cartasia 2014l’arte della carta a cielo aperto

Intervista a JaqueLine vareLa di Francesca Caputo

A Lucca, dal 28 giugno al 2 agosto, è di scena Cartasia, la Biennale d’arte contempora-nea dedicata al medium della carta e suoi derivati, che celebra il decennale. Fulcro sono le monumentali opere di carta open air, di artisti provenienti da tutto il mondo. Allestite nell’ambiente urbano, coinvolgono il fruitore in un’esplorazione degli spazi pubblici, tra creatività ed ecosostenibilità.Mostre di paper art, eventi, conferenze, in-contri letterari, performance teatrali e musi-cali arricchiscono il Festival.Ne abbiamo parlato con Jaqueline Varela, curatrice delle mostre e membro della giu-ria artistica, insieme a Nicolas Bertoux, di-rettore artistico, Emiliano Galigani, Cynthia Sah e due rappresentanti dell’ordine degli architetti di Lucca.

qual è il concePt e lo sPirito che Guida cartasia alla sua vii edizione?Tema del 2014 è il concetto di Identità li-quide formulato da Zygmunt Bauman, se-condo cui la società moderna è caratteriz-zata da precarietà e insicurezza, causate in parte dalla globalizzazione che ci pone di fronte a molteplici possibilità e alla costante mutazione di obiettivi e scelte.Cartasia ha sempre avuto a cuore valoriz-zazione e riscoperta delle tradizioni. Nasce nel 2004 da un’eccellenza produttiva ter-ritoriale, la carta, che da secoli connota il settore industriale della Piana di Lucca.Pilastri della manifestazione sono sosteni-bilità, ecologia, riciclo. Partendo da queste idee applicate all’arte contemporanea, ab-biamo ampliato il nostro sguardo d’azione, focalizzandoci anche su aspetti come eco-nomia, moda, alimentazione, lifestyle.

una delle idee forti della biennale è il le-GaMe Profondo con lucca, coMe si sviluP-Pa Per il 2014 questo foCuS?Cartasia può contare sul contributo di Re-gione Toscana, Comune di Lucca e sull’ap-poggio della Camera di Commercio e Fon-dazione Cassa di Risparmio, culturalmente attiva sul territorio.Le installazioni monumentali open air, nei luoghi più emblematici e suggestivi di Luc-ca, sono realizzate in città dagli artisti ospi-tati, con materiale cartaceo locale messo a disposizione da due delle aziende più importanti del settore, DS Smith e Smurfit Kappa.In occasione del nostro decennale e dei festeggiamenti per il cinquecentenario delle mura cittadine, saranno esposte installazioni delle passate edizioni intorno alla cerchia muraria.

andrew scott, Black Man Grove, 2012. Foto: Guido Mencari

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7. Arte in CentroUn nUoVo network all’inseGna del contemporaneo Unisce marche e abrUzzo

di Valeria Barbera

Azioni locali e orizzonti globali quelli di ARTE in CENTRO, un progetto dai grandi numeri che coinvolgerà dal 4 luglio al 28 settembre 2014 il territorio che si estende dall’Abruzzo alle Marche: 9 mostre, 20 eventi collaterali, 100 artisti internazionali, 9 curatori, oltre 10 sedi espositive, 2 regioni, 3 province, 7 comuni, 6 enti culturali per un totale di 87 giorni di programma. Il tutto in un unico network. ARTE in CENTRO. cultura contemporanea nei borghi e nelle città nasce dalla volontà di dare vita ad un sistema culturale integrato grazie a Fondazione Malvina Me-negaz per le Arti e le Culture, Fondazione Fortezza Abruzzo, Associazio-ne Culturale Naca Arte, Fondazione Aria, Fondazione dei Musei Civici di Loreto Aprutino e Associazione Arte Contemporanea Picena. Una rete dinamica, con tanto di applicazione web scaricabile, desidera rendere questo territorio un unico polo culturale internazionale all’insegna dei lin-guaggi del contemporaneo. Ascoli Piceno, Teramo, Civitella del Tronto,

Atri, Castelbasso, Loreto Aprutino e Pescara sono i punti di riferimento dell’elemen-to portante dell’iniziativa, percorso espositivo lungo cento chilometri che coinvolgerà grandi maestri come Alberto Di Fabio, Enzo Cucchi, giovani artisti emergenti e cura-tori come Giacinto Di Pietrantonio, Eugenio Viola e Christian Caliandro.Un vero e proprio museo diffuso che superando i confini di regioni, comuni e città, dà vita ad un programma che offre nuove modalità per vivere il contemporaneo quoti-dianamente, spaziando dalle mostre agli incontri con gli artisti, da festival e spetta-coli di teatro e danza a workshop e seminari.

ARTE in CENTROCultura contemporanea nei borghi e nelle città

Sedi varie: Ascoli Piceno, Atri, Castelbasso, Civitella del Tronto,Loreto Aprutino, Pescara e Teramo

4 luglio - 28 settembre 2014www.arteincentro.com

Corollario imprescindibile dell’esibizione a cielo aperto sono le mostre indoor.

chi sono i ProtaGonisti della Mostra oPen air e qual è stato il criterio di selezione?Sono sette: Emily Nelms Perez, Flora Gaetani, Giulia Giovannoni, Kamila Karst, Fabio Arrabito, Giacomo Zaganelli e Lorenzo Bergamini, scelti attraverso un concorso interna-zionale articolato in due fasi.La giuria artistica ha selezionato, tra circa duecento progetti inviati, i trenta che si sono distinti per innovazione, spettacolarità e aderenza all’argomento proposto.Il comitato tecnico ha stabilito quali tra questi coniugassero coerenza estetica e resisten-za all’esposizione prolungata alle intemperie. C’è poi Laura Pirro, vincitrice del concorso nazionale riservato ad accademie e università.

VII Edizione Cartasia – Biennale d’Arte ContemporaneaIdentità LiquideSedi varie, Lucca28 giugno - 2 agosto 2014www.cartasia.it

inés hubacher, Il Teatro della Vita, 2012, preparazione.Foto: Guido Mencari

Mura di castelbasso. Foto: Gino Di paoloPonte del mare, Pescara. Foto: Gino Di paolo

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Siamo nelle Marche, a Camerano, in provincia di Ancona. Un luogo che custodisce nel proprio sottosuolo una vera e propria città sotterranea scavata nell’arenaria, la cui origine – incerta data la totale mancanza di documentazione storica – contribuisce ad alimen-tarne il fascino.Questo suggestivo luogo diventerà per tutta l’estate, ac-compagnando verso l’autunno, un turbinio multicolore di eventi in cui l’arte e la cultura nelle loro accezioni più am-pie – arte dal Seicento al contemporaneo, musica, danza, enogastronomia – diventeranno esperienza quotidiana di vita e i visitatori come dei “Cercatori di libertà”, questo il tema della prima edizione, potranno vivere appieno la mol-teplicità di prospettive e sfaccettature che questo festival vuole offrire interpretando l’idea di respiro, leggerezza, mo-vimento e vita.Tre sono le mostre principali di Caleidoscopio: Un Capola-voro di Carlo Maratti per Camerano. Rebecca ed Eliezer al Pozzo (28 giugno - 18 ottobre), a cura di Vittorio Sgar-bi, con la “restituzione” dell’opera del grande Carlo Maratti alla città dopo il restauro e la sua esposizione nella Chiesa di Santa Faustina; la mostra, a cura di Angelo Monaldi, de-dicata all’artista fabrianese Quirino Ruggeri, ospitata nella suggestiva cornice della Grotta Ricotti e nella Sala Matteucci del Palazzo Comunale (12 luglio - 18 ottobre 2014). Chiude la proposta espositiva la collettiva Se dico Aria (2 agosto - 18 ottobre), a cura di Antonio D’Amico, che nella Chiesa di San Francesco propone le fascinazioni contemporanee, ispirate all’aria, di Marcello Chiarenza, Chris Gilmour, Angela Glajcar, Kaori Miyayama, Medhat Shafik e Gianluca Quaglia.Come dei veri e propri “cercatori di libertà”, gli artisti invitati a Camerano «penetrano nell’aria, lasciandosi invadere da pensie-ri, sensazioni ed emozioni, per dare nuova forma a pesi di mi-sure reali e contrappesi di dimensioni sognate. Sogni e fantasie danno vita a una caleidoscopica gamma di creazioni percepite nell’aria e attraver-so l’aria, avvolgendo lo spettatore in un respiro trascendente, astratto, surreale e contemporaneo».

Caleidoscopio Festival delle ArtiSedi varie, Camerano (AN)28 giugno - 18 ottobre 2014www.caleidoscopiofestival.com

8. Caleidoscopio festival delle Artiarte diffUsa in città

di Livia Savorelli

Dall’alto:Marcello chiarenza, La pesca delle stelle, 2014, installazione site specificGianluca quaglia, Da lontano ma vicino, 2014, carta incisa e filo di cotone, dimensioni variabili

artesilvavia San Rocco 64/6620831 Seregno (MB) Italiawww.artesilva.com

Alessandro TrainaConsequenzetesto in catalogo di Luciano Caramel

settembre - ottobre 2014

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ART + FOOD = CULTURANel segno di Tradizione, Ispirazione e Creatività

a cura di Livia Savorelli

In un mondo dove la contaminazione è all’ordine del giorno può capitare di leggere – e anche assaporare – la ricetta dei Tortelli di zucca di Cuoghi Corsello, l’Art Basel summer salad di Luca Trevisani o ancora il Polpo Ubriaco di Massimo Bartolini (contenute nel libro Personal foodonsale, Fortino Editions 2014); si può vedere una chef stellata come Cristina Bowerman ispirarsi ad un’opera di Maurizio Cattelan per dar vita ad una sua creazione e un tre stelle Michelin, quale Enrico Crippa, realizzare a quattro mani delle opere “degustabili” con Valerio Berruti. Perché – pur cambiando i mezzi e le modalità attraverso i quali la creatività si espri-me – l’origine dell’ispirazione, e quindi della creazione, risiede nel “paesaggio interiore” di ognuno e da una serie di influssi esterni che lo alimentano e condizio-nano. La cucina contemporanea, nell’apoteosi del-la contaminazione, si appropria essa stessa di una progettualità e sperimentazione propria dell’arte.Molti potrebbero essere gli esempi storici dell’uti-lizzo artistico del cibo come “materia prima” o soggetto di un’opera, basti pensare ad artisti come Daniel Spoerri con i suoi Tableaux Pièges, Joseph Beuys con il Food for thought, o ancora Andy Warhol con le Campbell’s Soup o alle espe-

rienze Fluxus di George Maciunas ed Emmett Williams (artisti presenti nella mostra Art is Food. Food is Art. Sostenibilità e Culture, da poco conclusasi al Grattacielo Pirelli – Spazio Eventi di Milano). Non dimentichiamo che lo stesso Beuys, cimentandosi ai fornelli, affermava «non si conserva un ricordo, ma si ricostruisce» e così le sue ricette – come quella del baccalà dissalato nel fiume – diventano il condensato dei ricordi e momenti della sua vita, dei luoghi in cui ha vissuto, arricchito da nuove esperienze.Il detto «noi siamo quello che mangiamo» è vero tanto da un punto di vista chimico quanto sotto il profilo culturale. Ogni piatto rappresenta un affondo in una memoria personale fatta di colori, profumi e sapori, un richiamo alle proprie origini e tradizioni. Un bagaglio di sapere che si accre-sce e varia sulla base delle esperienze che, man mano, maturiamo.Nel nostro Paese, dove la tradizione enogastronomica è consolidata e assai variegata, nella scel-

ta del nostro cibo compiamo, quotidianamente, un’autodefinizione culturale.La cultura nutre il Pianeta e qui ci riagganciamo, par-zialmente, al tema dell’Expo Milano 2015, “Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita”, «come il cibo è energia e carburante per il corpo, così l’arte è energia e carbu-rante per la mente e per l’anima». Percorrendo questo viaggio nei territori dell’Art & Food, ho trovato la mia “Ispirazione”, riportando la storia dei vari interlocutori in un percorso comune che corre lun-go i confini dell’ispirazione, della creatività non dimenti-cando mai tradizione e territorio.

a destra: emmett Williams, Portraits of the artist as fluxus hors d’oeuvres, 1983, collage. opera presente nella mostra: Art is Food. Food is Art. Sostenibilità e Culture, Grattacielo pirelli – spazio eventi, Milano, 23 maggio - 29 giugno 2014per tutte le altre: Ispirazioni da ColoRfooD. Foto: Diego santamaria

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Ricordo quando, nell’ottobre 2012, in occasione di Americans (Jasper Johns, Julian Lethbridge, Ed Ruscha, Kiki Smith, Terry Winters), un evento organizzato dai Ceretto nel Coro della Chiesa della Maddalena ad Alba, Roberta mi raccontava di un progetto che aveva nel cassetto, quello di riunire in un unico volume la storia e le specificità della sua famiglia. Erano le prime idee, le pri-me spinte che avrebbero portato al libro uscito nel mese di maggio – 100% Alba. Ceretto / Crippa. Tra cantina d’eccel-lenza, territorio e cucina stellata, Electa – un intimo diario, per parole chiave, che racconta lungo il filo delle emozioni e se-guendo un personale alfabeto, la storia di un’azienda fortemente radicata nel territo-rio piemontese.Siamo ad Alba, nelle rigogliose Langhe e la storia dei Ceretto ruota intorno ai vini che li hanno resi famosi in tutto il mondo – Barbaresco, Barolo, Blangé, i tesori più preziosi –, a due ristoranti il Piazza Duo-mo e La Piola, ad arte e architettura che si legano tra loro e ad un’instancabile vo-glia di partire dal territorio e dalle sue ec-cellenze per tramandare cultura e senso d’impresa.

cosa ha raPPresentato Per te arrivare alla fine di questo ProGetto? raccontaci coMe hai voluto strutturare il voluMe e con quali intenti... e il Perché del curio-so inizio: a coMe aGnello saMbucano...Il progetto nasce in realtà dalle richieste, sempre più frequenti, di amici appassio-nati di vino e frequentatori del ristorante di metter nero su bianco la storia unica della genesi del progetto Piazza Duomo.Quando ci siamo presentati da Electa nel dicembre del 2012 avevamo idee mol-to confuse su come riuscire a coniugare le due realtà, una famiglia di imprenditori vinicoli con un gran passione per le Lan-ghe che tanto ha fatto per valorizzarle (vini di eccellenza e grandi investimenti nell’ac-quisto di vigne storiche a partire dai Ba-rolo/Barbaresco ma anche per l’Arneis e il Moscato) e un giovane chef di appena 30 anni con grandi promesse ma ancora sconosciuto.Ci è voluto un po’ di tempo prima di

trovare un’idea che si è poi rivelata funzio-nale: raccontare la storia attraverso aned-doti tratti dalle esperienze dei membri della famiglia e di Enrico Crippa. Un volume ricco di spunti che passa dagli ingredienti, fondamentali per lo chef e che sicuramente sono stati un punto di parten-za per ispirare tanti suoi piatti (Crippa lo sostiene sempre che le Langhe sono un caleidoscopio di ingredienti, una vera for-tuna per chi fa il suo lavoro), ma anche un libro che vuole essere un insegnamento per i giovani che desiderano intraprendere l’attività dello chef e per chi ha piacere di conoscere un’esperienza imprenditoriale fondata sul cuore... La mia famiglia da anni inseguiva questo sogno e qui si racconta-no i dietro le quinte, ovvero come Crippa ci è stato presentato, chi sono gli artefici della realizzazione del Piazza Duomo, l’im-portanza fondamentale de La Piola per il Piazza Duomo.L’inizio del libro con Agnello Sambucano

è puramente motivato dall’alfabeto, sareb-be stato forse più consono iniziare proprio con ALBA ovvero la parola chiave che rac-chiude il valore del progetto, valorizzare il territorio e la sua cucina ma anche con-statare come il Piazza Duomo sia ormai un valore per Alba con il turismo di appassio-nati che porta (8.000 all’anno di cui alme-no 6.000 mai stati ad Alba prima).

indaGhiaMo in questo contesto i leGa-Mi che esistono tra l’arte e l’aMbito fooD&WInE. la vostra azienda è un caso

CeReTTO: TRA CANTINA D’eCCeLLeNzA, TeRRITORIO, CUCINA STeLLATA e... ARTe

Intervista a Roberta Ceretto, responsabile comunicazione e marketing Ceretto, Alba (CN)di Livia Savorelli

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eccezionale di questo connubio.

credi che questa forMula, data la “MorfoloGia” del nostro Paese in aMbito culturale ed enoGastronoMi-co, Possa raPPresentare un “Modello di sviluPPo” aPPlicabile anche in altre reGioni?Non so dare risposta a questa domanda. Per noi l’arte, così come il design e l’archi-tettura, sono una passione e nascono dal desiderio di valorizzare, tramite l’ingegno di artisti, il nostro territorio.Non riusciamo a pensare a queste arti se-paratamente dalla produzione del vino, a partire dalle etichette per arrivare alle no-stre innovative cantine e quindi al collezio-nismo di opere. In realtà io credo che l’arte ci aiuti molto a comunicare anche il vino. Chi è appassionato d’arte contempora-nea è una persona curiosa che viaggia molto per scoprire mostre o installazioni a volte nascoste e lontane, così come chi ama il vino, è un viaggiatore instancabile e macina chilometri per incontrare vigna-ioli e degustare i vini. In più c’è la com-ponente di conoscenza profonda, di infor-mazione, il desiderio di indagare e capire come un vino viene fatto o cosa l’artista voleva esprimere con quel lavoro. In en-trambi i campi c’è il privilegio della rivela-zione, spesso tramite una persona che ti svela la chiave di lettura e che ti apre un mondo. Così accade per i Barolo o con le opere dei grandi artisti del nostro secolo,

apparentemente austeri, ma che con la giusta chiave interpretativa riescono ad emozionare e farci crescere.

Per Poter osPitare Gli artisti e PerMet-terGli di vivere un’esPerienza a contat-to con il territorio avete dato vita alla casa dell’artista. quali noMi si sono succeduti neGli ultiMi anni?La casa dell’artista è stata inaugurata solo due anni fa e molti artisti si sono susseguiti. Il primo è stato l’americano James Brown, che ha trascorso circa sei mesi, poi nell’inverno 2012/2013

un secondo americano Cletus Johnson, quindi Kiki Smith anche lei per molti mesi

nel 2013/2014. Spesso, inoltre, abbiamo ospitato cene con artisti, ad esempio a settembre dopo ogni mostra che organizziamo nel Coro della Maddalena di Alba.Altri invece si sono fermati per brevi periodi come Francesco Clemente, Anselm Kiefer (che ha disegnato il letto della casa), Lynn Davies, Donald Baechler, Thomas Noz-kowski o Miquel Barcelò che speriamo di coinvolgere in un futuro progetto nel risto-rante Piazza Duomo.Discorso un po’ a parte per Valerio Berruti, che ha realizzato il cancello d’ingresso del-la cantina Bricco Rocche. Essendo albese o meglio di Verduno, l’opera è stata realiz-zata nel suo studio.

cucina stellata, radicata nei valori del-la tradizione e nelle sPecificità del

territorio, Per il Piazza duoMo diretto dallo chef tre stelle Michelin enrico criPPa e cucina della tradizione Per la Piola. l’arte è caratteristica coMune ad entraMbi i locali...Effettivamente col passare degli anni (nel 2015 festeggiamo il decennale) i ristoranti si sono trasformati in una galleria d’arte. Partendo da La Piola, dove abbiamo scel-to di ripristinare in chiave moderna il “piat-to del buon ricordo” tanto popolare nelle osterie italiane, abbiamo chiesto a nove artisti di realizzare quattro opere ciascuno che poi sono state riprodotte in numero li-mitato sui piatti del ristorante: Donald Bae-chler, James Brown, Robert Indiana, Terry Winters, Philip Taaffe, Kiki Smith, Lynn Da-vis, John Baldessari, Thomas Nozkowski. Inoltre, la sala originale ospita anche due opere di Cletus Johnson e Adam Fuss, per non parlare della meravigliosa sala aperta nel 2013 dove fluttuano due lampadari re-alizzati da Kiki Smith, che tra l’altro giusto il 5 giugno è stata ad Alba a completare il suo lavoro sulla facciata de La Piola che ora ospita un suo splendido cielo stellato.In Piazza Duomo, invece, Francesco Cle-mente ha affrescato nel 2007 la volta della sala principale, mentre la nuova sala (aper-ta nel febbraio scorso) ospita un’opera di Anselm Kiefer. Come accennavo prima, attendiamo di coinvolgere Miquel Barcelò per un suo intervento sulle pareti.

l’oPerare dello chef ha caratteristiche coMuni a quello dell’artista: trovare la

kiki smith e roberta ceretto, Casa dell’artista, 2011. Foto: Bruna Biamino

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MeCeNATISMO e RICeRCA: STORIA DI UNA pASSIONe CONTeMpORANeA SUL FILO DeLLA TRADIzIONe

Intervista a Tiziana Frescobaldi, Direttore Artistico Artisti Marchesi de’ Frescobaldidi Livia Savorelli

Ci spostiamo dal Piemonte alla Toscana, conducendo un ideale viaggio tra le tenute della Marchesi de’ Frescobaldi, situate nelle zone più famose della Regione: Chianti Rufina, Montalcino, Pomino, Colli Fiorentini, Maremma Toscana. Cogliamo l’occasione per farci raccontare da un membro della storica famiglia toscana, Tiziana Frescobaldi, cosa ha portato l’azienda a ricercare nell’arte contem-poranea, e soprattutto nell’opera delle nuove generazioni, un messaggio che rappresentasse un nuovo modo di rapportarsi ad un pre-sente in continua evoluzione...

la Marchesi de’ frescobaldi è una stori-ca azienda toscana che si occuPa di vino da ben 700 anni. quando e coMe è inizia-to il raPPorto con l’arte? e in Particolar Modo, cosa vi ha Portato ad interessarvi all’arte conteMPoranea?Si può far risalire già ai primi del 1300 il le-game della famiglia Frescobaldi con il vino, come testimoniano alcuni documenti an-tichi ritrovati. La storia del mecenatismo della famiglia procede parallelamente nel-la tradizione, con un forte consolidamen-to del rapporto con artisti ed intellettuali dell’epoca, con il ricorso alla ritrattistica per documentare i membri più rappresen-tativi del casato. L’antico mecenatismo si

riconnette con le attuali esperienze nell’ar-te nella volontà dell’azienda di traghettare il percorso di una famiglia di origine aristo-cratica in un’impresa contemporanea at-tenta alle idee del presente. quando, e con che Motivazioni, decidete di dar vita ad ARTISTI PER fRESCoBAlDI, un PreMio Per l’arte conteMPoranea indi-rizzato alle nuove Generazioni, che tro-vano nella fotoGrafia e nel video i Media Prediletti? coMe individuate Gli artisti e coMe viene sviluPPato il leGaMe di IDEnTI-Ty tra l’oPera e l’azienda?Ci siamo chiesti quale potesse essere il modo di veicolare l’immagine dell’azienda,

Giusta isPirazione, la Materia PriMa ide-ale, il suPPorto che concorra alla va-lorizzazione della Portata e la Giusta aMbientazione... Ognuno dei piatti di Crippa è un picco-lo capolavoro artistico dove, al posto dei

colori e dei pennelli, preferisce i vegetali, le carni o i pesci.Spesso mi è capitato di assistere alle cre-azioni di un artista. Non vedo nessuna dif-ferenza con ciò che accade nella cucina di Enrico.

Artisti e chef sono abili osservatori, bulimi-ci di esperienze, oserei dire: traggono co-stantemente ispirazione dal mondo ester-no e tutto ciò che li circonda si trasforma in parte del loro lavoro. La manualità o la concentrazione che pongono nell’atto cre-ativo è identica.

ci Puoi dare qualche anticiPazione sui ProGetti futuri in aMbito artistico?Il più imminente è l’appuntamento, dal 13 settembre a metà novembre, con la mo-stra nel coro della Maddalena dove per il quarto anno la città di Alba ci concede lo spazio per invitare un artista.Quest’anno dopo, 10 artisti per Steven, Americans e Rivers di Ellsworth Kelly, sarà la volta di Anselm Kiefer con un lavoro ispi-rato al fiume Reno, Der Rhein.E sicuramente l’arte sarà una presenza importante nel nuovo ristorante che apri-remo a Barolo nel 2016.

www.ceretto.it

valerio berruti, Ovunque proteggimi, cancellata tenuta di Bricco rocche. Foto: stefania spadoni

elisa sighicelli, Senza titolo (una botte di ferro), opera vincitrice del premio Artisti per Frescobaldi 2013

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rispettando la sua storia. L’arte ci è subito apparsa come una fondamentale chiave di lettura del presente, uno strumento at-tuale ed internazionale per riprendere una tradizione familiare ed attualizzarla, for-nendole un’inclinazione contemporanea. Il mecenatismo prosegue nella costitu-zione di una collezione d’arte contempo-ranea dell’azienda con l’acquisizione, ad ogni edizione, delle tre opere degli artisti selezionati, con la promozione e veicola-zione del lavoro degli artisti stessi, ospitato sulle etichette di prestigiosi vini distribuiti in canali distributivi altrettanto importanti. Inoltre, parte dei ricavati della vendita di queste bottiglie in edizione limitata viene devoluta, ogni anno, per il finanziamento delle attività di un’associazione impegnata nella promozione dell’arte contemporanea (Base, Progetti per l’arte di Firenze per la scorsa edizione).

i lavori deGli artisti selezionati, chiaMati a lavorare sulla sPecificità del territo-rio dal quale oriGinano Gli stessi PreGia-ti vini che saranno chiaMati a “vestire”, concorrono a dar vita ad una lImITED EDI-TIon Preziosa e ricercata, indirizzata ad un Pubblico aPPassionato di vino Ma an-che culturalMente PreParato a recePire il valore aGGiunto dato dalla ProGettua-lità che trova qui iMMediata esPressio-ne... quali eleMenti di tanGenza tra il collezionisMo ProPrio dell’arte con-teMPoranea e quello leGato al Mondo del vino ha riscontrato nella Messa in coMMercio delle 1500 bottiGlie MaGnuM castelGiocondo brunello 2008, risultato della PriMa edizione di ARTISTI PER fRE-SCoBAlDI, Presentate in antePriMa al vi-nitaly 2013?C’è senz’altro un elemento che accomu-na il collezionismo nell’arte e nel vino, una forte passione, che talvolta diventa una ri-cerca di perfezione assoluta. Credo che i collezionisti siano animati da un’osses-sione positiva che trova espressione nel possesso. I collezionisti non si possono fermare, sono quasi “obbligati” ad intra-prendere una continua ricerca verso un tema, un’opera, un autore o anche una bottiglia rara e di grande qualità. In molti casi è la ricerca a dare il senso, la direzione dell’operare quotidiano del collezionista in generale. Nell’arte, come nel vino, la forte passione può diventare contagiosa. Talvol-ta può suscitare desiderio d’emulazione, e

persino diventare un fenomeno di moda. Però, nel tempo, può portare a coltivare se stessi in modo costruttivo e tutt’altro che effimero.

nel febbraio scorso, sono stati annun-ciati i noMi dei tre artisti dell’edizione 2014 del PreMio artisti Per frescobaldi e la vocazione internazionale di quest’an-no, che vede selezionati due artisti tede-schi, Michael sailstorfer e Jorinde voiGt, accanto al nostrano yuri ancarani. qua-li le linee Guida di questa edizione?La seconda edizione del Premio si svol-gerà in Germania, paese di riferimento per l’arte contemporanea e vede protagonista il Castello di Nipozzano, la storica tenuta della famiglia Frescobaldi, in provincia di Firenze. Il 9 ottobre 2014, le tre opere ver-ranno esposte per vari giorni nel prestioso

Schinkel Pavillon di Berlino e una giuria composta da direttori di musei (Letizia Ra-gaglia, Museion, Bolzano; Dirk Luckow, Deichtorhallen, Amburgo; Angelika Nol-lert, Neues Museum, Norimberga) sce-glierà l’opera vincitrice. Durante la stessa serata verrà presentata la collezione limi-tata di Magnum di Montesodi, dedicata ad Artisti per Frescobaldi: 999 Magnum, nu-merate, vestite con le etichette realizzate dagli artisti. Per concludere, se le chiedessi di coMPle-tare questa associazione: arte + vino =......Risponderei: Arte + vino = un sodalizio fe-lice per coniugare due mondi.

www.frescobaldi.itwww.artistiperfrescobaldi.it

edizione limitata di magnum di castelgiocondo brunello con le etichette ispirate alle opere di rä di Martino, elisa sighicelli, Giovanni ozzola, artisti selezionati per Artisti per Frescobaldi 2013.

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CAFFè FLORIAN: TRADIzIONe e CONTeMpORANeITà peR UN bRAND MADe IN ITALy

Intervista a Silvia zanella, Marketing e Communication Manager Caffè Floriane Stefano Stipitivich, Direttore Artistico Caffè Floriandi Livia Savorelli

In uno Speciale dedicato al rapporto Art&Food non poteva mancare una storica location d’eccezione, un nome diventato marchio esportato in tutto il mondo. Per risalire agli esordi del Florian, la più antica “botega da caffè”, dobbiamo veramente cavalcare i secoli giungendo al 29 dicembre 1720, quando Floriano Francesconi inaugurò il locale con il nome “Alla Venezia Trionfante”, divenuto ben presto Florian dal nome che gli avventori gli avevano attribuito riferendosi al suo proprietario. Da quel momento fu realmente storia: Giu-seppe Parini, Silvio Pellico, Niccolò Tommaseo e Daniele Manin, ai suoi tavoli, proclamarono le loro idee di indipendenza e libertà. Let-terati e artisti intrecciarono le loro storie con il locale: Lord Byron, Ugo Foscolo, Goethe, Marcel Proust, Gabriele D’Annunzio, Modigliani e Campigli, solo per citarne alcuni. L’arte e la cultura, di cui le sale del Florian sono così impregnate, non potevano non trovare terreno fertile quando negli anni ‘80 si avvia un percorso di ricerca all’interno dell’arte contemporanea...

il CoRE BuSInESS del caffè florian ruota intorno allo storico locale veneziano, Ma neGli ultiMi anni Molte sono state le scel-te volte al consolidaMento del Marchio sia in aMbito nazionale (aPertura del flo-rian a firenze, a roMa nel Ministero deGli affari esteri e a bordo di costa atlantica di costa crociere) sia in quello internazio-nale (oPeninG all’interno di harrods, lon-dra). sulla base di queste esPerienze, quali risultati il brand ha conseGuito in italia e all’estero? coMe viene recePito all’estero il mADE In ITAly e quale Prodotto della se-lezione GouRmET florian incontra un MaG-Giore riscontro?Silvia Zanella: L’intera attività svolta dal Flo-rian è incentrata e descrivibile attraverso al-cuni valori chiave, tipici del made in Italy, che hanno garantito il successo del marchio. In-

fatti, la cultura e i valori che la nostra azienda è in grado di trasmettere, non solo ai dipen-denti, ma anche ai clienti, sono tra le prin-cipali leve di successo. Per il Florian i valori in questione sono storia, location, prodotti e servizio, arte, cultura ed innovazione.Tutti questi valori hanno contribuito alla cre-azione del concetto di Lifestyle Florian che ci è servito per arrivare allo sviluppo di un brand di successo operante all’interno del panorama della caffetteria, della ristorazio-ne e del retail e che si è facilmente inserito nel settore di mercato “Luxury” permetten-doci di arrivare al possesso di una ben defi-nita identità che ci distingue rispetto ai com-petitors. I prodotti della selezione gourmet che trovano maggiore riscontro sono sicu-ramente caffè e tè. Tutti prodotti di altissima qualità artigianale.

cosa ha Portato alla scelta di aPrire le Porte all’arte conteMPoranea nella sede veneziana? e coMe viene attuata la selezio-ne deGli artisti inseriti nella ProGraMMa-zione di TEmPoRAnEA – lE REAlTà PoSSIBIlI DEl CAffè floRIAn, che seGue la Periodici-tà dell’esPosizione internazionale d’arte della biennale di venezia? Stefano Stipitivich: L’idea della Prima Bien-nale del 1887 nasce proprio al Caffè Florian. Qui infatti ogni sera, nella “Sala del Sena-to” che è la prima entrando a sinistra, si ri-univa il cenacolo d’intellettuali che faceva capo al Sindaco di Venezia Riccardo Selva-tico, poeta e commediografo. Per ricorda-re quest’avvenimento storico ogni anno, in concomitanza con la Biennale Arti Visive o con la Biennale Architettura, chiediamo ad un artista non semplicemente di portare del-le opere al Florian, ma di reinterpretare con la sua arte una o più sale dello storico Caffè, di creare cioè un lavoro site specific. L’ope-ra, poi, viene acquisita dalla società che ge-stisce il Florian ed entra a far parte del fon-do di opere d’arte contemporanea, parte del quale è ora esposto al Florian di Firenze.

Matteo Pugliese, Serenissima Babel, installazione, Caffè Florian, Venezia, fino al 31 agosto 2014. Foto: Yorick photography

Nella pagina a fianco, in senso orario:caffè florian, Venezia. Foto: Marc De tollenaerecaffè florian, Venezia. Foto: archivio Floriancaffè florian, Firenze. Foto: Yorick photography

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Gli artisti che vengono invitati al Florian sono selezionati in maniera autonoma, sulla base di scelte più emozionali che di mercato, da un ristretto gruppo di amanti dell’arte con-temporanea che fanno capo ad Andrea For-milli Fendi, grande collezionista e socio della S.A.C.R.A., proprietaria dello storico Caffè di Piazza San Marco. Io coordino questo grup-po di appassionati e poi pianifico il difficile lavoro di portare gli artisti a confrontarsi con un luogo, come il Florian, intoccabile, quasi museale dal punto di vista architettonico, ma che deve anche continuare nel suo quotidia-no e frenetico lavoro per soddisfare un’esi-gente clientela internazionale.

in concoMitanza, invece, alla 14. Mostra in-ternazionale d’architettura della bienna-le di venezia cosa avete Presentato? ci Può Parlare del ProGetto “unica – un’oPera d’arte conteMPoranea al caffè florian”?Stefano Stipitivich: Quest’anno in conco-mitanza con la Biennale Architettura abbia-mo portato l’installazione di Matteo Pugliese denominata Serenissima Babel. La Sala Ci-nese è stata coperta da pareti bianche dal-le quali escono, come per incanto, centinaia di lettere di alfabeti differenti. Un omaggio a Venezia, città che ha costruito la propria ric-chezza nel rapporto proficuo con popoli ed etnie differenti: armeni, greci, arabi, turchi, al-banesi, slavi, siriani, tedeschi, ebrei in fuga trovarono a Venezia un porto-rifugio dove vi-vere e commerciare. Dalla parete di fondo esce il viso di un giovane, a rappresentare lo spirito del Florian, luogo d’incontro, salotto “buono” di una città, la Serenissima appun-to, Babele multietnica anche oggi di uomini e donne che si ritrovano nel linguaggio inter-nazionale dell’arte.

a firenze, l’aPertura del caffè florian è avvenuta all’inseGna dell’arte... coMe si esPlicita, nella Pratica, il raPPorto tra fooD ed arte conteMPoranea? Silvia Zanella: Lo storico Florian veneziano ha trovato un suo spazio naturale a Firenze con l’apertura di questa nuova e prestigiosa location dove l’esclusiva caffetteria e l’inno-vativa ristorazione sposano l’Arte Contem-poranea. È l’unico locale a Firenze che uni-sce arte, cibo e tradizione nel segno della contemporaneità.Qui sono state permanentemente rese frui-bili alcune delle opere della Collezione d’arte Florian: Mimmo Rotella, Fabrizio Plessi, Ga-etano Pesce, Bruno Ceccobelli, sono alcuni

tra i tanti artisti che, negli anni, hanno creato delle opere esclusive per il Florian di Vene-zia. E ora sono a Firenze a rendere omaggio alla tradizione di stile, eleganza e raffinatezza che hanno fatto del Florian un luogo del mito conosciuto in tutto il mondo. La clientela può ritrovare un ambiente esclusivo e un servizio impeccabile nella classica Caffetteria e nel Ristorante di specialità veneziane e italiane. Ad inizio anno abbiamo promosso un con-corso fotografico “Fotografa Firenze e vieni a Venezia”. L’iniziativa si inserisce nell’ambi-to della programmazione culturale del Caffè Florian, da sempre finalizzata a rendere i caf-fè storici luoghi di promozione artistico-cul-turale, con l’obiettivo di sviluppare un rap-porto di collaborazione tra Venezia e Firenze. Il progetto, è stato patrocinato dal Comune di Firenze, avrà un seguito anche dopo il ter-

mine della mostra organizzata a Venezia: una selezione delle opere fotografiche sarà, infatti, esposta anche al Florian di Firenze.

Il caffè Florian nel mondo:

VENEZIA, Piazza S. Marco 57 FIRENZE, Via del Parione 28/R ROMA, Palazzo della Farnesina LONDON at Harrods, Knightsbridge Third Floor

Info: www.caffeflorian.com

Evento in corso:Matteo Pugliese. Serenissima BabelCaffè FlorianPiazza San Marco, Venezia5 giugno - 31 agosto 2014

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SpeCIALe RISeRvA LA COURT_NIzzA

vIgNAvejA 2010, MICheLe ChIARLO | eTICheTTA UgO NeSpOLO

Dall’amore di Ugo Nespolo per la Barbera La Court dell’azienda Michele Chiarlo e a seguito della profonda amicizia instaurata tra il Maestro e la famiglia Chiarlo, nasce l’idea di realizzare una particolare Riserva

di La Court, vestita da Ugo Nespolo, partendo da una vigna vecchia e facendo

affinare il vino 2 anni in botte e 2 in bottiglia, prima di metterlo in commercio.

Il risultato è una limited edition unica e un vino affascinante per complessità,

eleganza e longevità.www.michelechiarlo.it

ART&FOOD ObjeCTSOggetti da collezione, ma non solo. Eccellenze per amanti del buon vivere, soprattutto. Strizzano l’occhio all’arte, soddisfano le aspettative dei palati più esigenti e motivano la ricerca dei collezionisti. Questa, la nostra selezione per voi...

LA gROLA 2011 LIMITeD eDITION,

ALLegRINI | eTICheTTA

ARThUR DUFF

Allegrini ha da tempo sviluppato un profondo legame con l’arte. Tra le esperienze più recenti, le collaborazioni con Milo Manara e Arthur Duff, che hanno creato un’etichetta Limited Edition per

La Grola, vino simbolo di Allegrini e dell’intera Valpolicella classica,

gettando le prime basi di quella che diventerà, presto, una vera e propria

“collezione d’autore”.http://website.allegrini.it

www.allegrini.it

bARATTOLI D’AUTORe ILLy CAFFè

(2013) | TAzzA ILLy ART COLLeCTION | DeCORO LIU WeI

La collezione Barattoli d’autore è dedicata al poliedrico artista

cinese Liu Wei e si ispira ai suoi visionari paesaggi

che descrivono la continua evoluzione del processo di

urbanizzazione e i cambiamenti strutturali della aree cittadine contemporanee. Un’originale

e consolidata idea studiata per rendere più prezioso il piacere quotidiano del

caffè e per raccontare il mondo con il linguaggio dell’arte,

attraverso il barattolo contenente 250 g di illy caffè

espresso e la tazzina abbinata.www.illy.com

MAgNUM CASTeLgIOCONDO bRUNeLLO DI MONTALCINO 2008,

MARCheSI De’ FReSCObALDI | eTICheTTA eLISA SIghICeLLI

In occasione dell’edizione 2013 del premio Artisti per Frescobaldi, l’azienda vinicola Marchesi de’ Frescobaldi

ha creato un’edizione limitata di bottiglie di Brunello di Montalcino con le etichette ispirate alle opere degli artisti selezionati: Giovanni Ozzola, Elisa Sighicelli e Rä di Martino. In questa pagina l’etichetta della vincitrice di Artisti per Frescobaldi 2013: Elisa Sighicelli, con l’opera

Senza titolo (una botte di ferro), 2012. www.frescobaldi.it

www.artistiperfrescobaldi.it

COgNAC LIMITeD eDITION heNNeSSy

veRy SpeCIAL 2014 by OS geMeOS,

MAISON MOëT heNNeSSy

I fratelli Os Gemeos, grandi nomi della Urban Art, sono stati

chiamati dalla Maison Moët Hennessy – da tempo attiva a

mettere in scena la sua arte del blending combinando differenti elementi per creare

un tutto armonico – a “vestire” l’etichetta del famoso Cognac. Originari di São Paulo, Brasile, Otavio e

Gustavo Pandolfo, alias Os Gemeos, hanno prestato la loro creatività per reinterpretare i codici di Hennessy

attraverso la loro particolare cifra stilistica.www.hennessy.com

Piero Fogliati è il protagonista del terzo appuntamento del 2014 di Surprise, ciclo di mostre organizzato dalla Gam

di Torino, a cura di Maria Teresa Roberto. Il progetto intende mostrare il fermento creativo che ha pervaso il decennio

tra gli anni Sessanta e Settanta in Italia gettando le basi per lo sviluppo di movimenti artistici internazionali.

Galleria Civica D’Arte Moderna e Contemporanea_GAMVia Magenta 31, TorinoInaugurazione 25 giugno ore 18.30Dal 25 giugno al 14 settembre 2014

Piero Fogliati_SurpriseIn collaborazione con:

[email protected]

104 | espoarte 85104 | espoarte 85 | art&food

LA CReATIvITà ISpIRATA DALLA NATURA: Le STAgIONI DI CRIppA

Intervista a enrico Crippa, Chef tre stelle Michelin Ristorante piazza Duomo, Alba (CN)di Livia Savorelli

Enrico Crippa è umile e riservato e soprattutto non ama stare “sotto i riflettori”. Lascia semplicemente che siano i suoi piatti a parlare, quelle magiche armonie di colore e sapore – vere architetture del gusto che seguono le “scansioni della natura” – che lo hanno portato, in pochi anni, a traguardi strepitosi e ad entrare, a pieno titolo, negli annali della cucina.Da quando la sua storia si è intrecciata con la famiglia Ceretto, la sua fonte di ispirazione sono diventate le Langhe, la sua casa il Piaz-za Duomo di Alba, la sua famiglia un’affiatata squadra di lavoro. E pensare che il suo nome fu suggerito a Bruno Ceretto – che voleva creare nelle Langhe un ristorante creativo e di alto profilo che rivisitasse totalmente la cucina tradizionale, partendo dalle sue eccellenze – da un giovane Carlo Cracco «Signor Bruno, se cerca un cuoco di alto livello per il suo progetto albese, io la persona ideale ce l’avrei. Viene pure lui dalla Scuola Marchesi, è appena tornato dal Giappone. Si chiama Enrico Crippa e, mi creda, è molto bravo».E, a partire da questo momento, è stato un susseguirsi di successi: dall’apertura del Piazza Duomo nel 2005, dopo un anno arriva la prima stella Michelin. La seconda giunge nel 2009, seguita dopo soli tre anni dalla terza: è il 14 novembre 2012. Scopriamo con Enrico Crippa i segreti del suo successo...

PartiaMo daGli albori della sua storia, l’incontro MeMorabile con bruno ceret-to nel 2003... Galeotto fu il Palato...Enrico Crippa: L’incontro con Bruno Ce-retto, suggerito da Carlo Cracco come lei ha ricordato, avvenne in un ristorante a Paderno d’Adda, nella Brianza, dove allo-ra lavoravo... Era il nostro primo incontro e, dopo un ricco menù, arrivò la folgorazione: il

croccante di semi di zucca con crema di gorgonzola... Fu proprio quel piatto che convinse Bruno Ceretto che ero la perso-na giusta con cui intraprendere il progetto del Piazza Duomo. Fin da subito, mi fece capire che gli obiettivi dovevano essere ambiziosi, che la materia prima che Alba offriva – pensiamo solo al trinomio Baro-lo, Barbaresco e Tartufo – doveva portare a far diventare, in breve tempo, il Piazza

Duomo roccaforte del turismo enoga-stronomico della zona... Il tem-

po e i riconoscimenti ottenuti hanno premiato la nostra

audacia.

coMe l’ha arricchita ciascuna di queste esPerienze forMative: la scuola di Gual-tiero Marchesi, le esPerienze al fianco di Grandi chef coMe ferran adrià, l’avven-tura di avviare a soli 25 anni un ristoran-te in GiaPPone...Marchesi mi ha trasmesso un nuovo con-cetto della figura dello chef, rispetto alle convinzioni di un tempo: una persona di cultura, conoscitrice delle arti e del lin-guaggio, un manager capace di guidare un team ed avviare un’impresa commer-ciale, un creativo in grado di coniuga-re nella propria arte – ovvero la cucina – stimoli ed influssi di altri mondi, ai quali è giunto attraverso viaggi, studio delle lingue e continue ricerche. Mi ha inoltre trasferito

espoarte 85 | 105 art&food | espoarte 85 | 105

– unitamente alla mia esperienza in Giap-pone – il senso della naturalezza, del co-stante dialogo con la natura.Ferran Adrià, invece, la sregolatezza, men-tre Michel Bras mi ha trasmesso il “culto” del vegetale.Sono debitore a Christian Willer per gli in-segnamenti sul senso del rigore e della ge-rarchia all’interno della cucina.

la Materia PriMa non Passa solo attra-verso la qualità e l’indisPensabile dialo-Go e raPPorto di fiducia con i fornitori, Ma attraverso l’ascolto della natura e delle sue staGioni. la sua filosofia va ben oltre quella del km zERo... sveliaMo uno dei seGreti di criPPa, il suo orto...Avere un orto di proprietà è molto impe-gnativo, anche perché la Natura coman-da! Sta a noi assecondarla e seguirne i ritmi... Così una carota di 3-5 cm può es-sere inserita nel menù per la sua tenerez-za, mentre una di 8-10-15 cm per la sua consistenza carnosa. Insomma, il menù si definisce giorno per giorno, ascoltan-do i racconti della terra, nell’alternarsi delle stagioni e dei giorni.Un segreto: per avere nei vegetali colori lucidi, croccantezza e sapori intensi, non farli mai sostare in frigorifero!

il Piatto Più aPPrezzato dal Pubblico?L’insalata nelle sue variazioni 21...31...41

il suo leGaMe con l’arte...Una volta dialogando con l’artista Vale-rio Berruti, mi trovai ad affermare «la mia

“opera” è più arte della tua. Le mie cre-azioni le puoi vedere ma, soprattutto, sentire, consu-mare...». In occasione dell’evento Paris des Chefs (2012), le nostre creati-vità si sono trovate ad interagire: ho realiz-zato delle mattonelle di zuppe ed impasti, riproducenti le figure chiave della poetica di Valerio, che poi è intervenuto dipingen-dole in diretta. Al termine della nostra per-formance, le “piastrelle” sono state offerte al pubblico, che le ha apprezzate!

chiudiaMo con un dolce, ParliaMo della PAnnA CoTTA mATISSE...Cinque anni fa, passeggiando per Alba, rimasi colpito nel vedere i manifesti elet-torali strappati. Questa visione, del tutto identica a quella che ha ispirato Mimmo Rotella e i suoi “décollage”, mi ispirò una rivisitazione della mia panna cotta, che ri-coprii con ritagli di fogli di frutta frullata ed essiccata... Nacque così quella che sareb-be diventata la Panna Cotta Manifesta. Il caso volle però che una cliente americana,

dopo che il piatto era nel menù da circa un anno, sottolineò la somiglianza a L’Escar-got di Matisse, fu un segno del destino, da allora sul menù trionfa la Panna Cotta Matisse...

www.piazzaduomoalba.it

Da sinistra:Veduta del ristorante Piazza duomo, alba. Foto: Fabrizio Marchesienrico crippa, Panna cotta Matisse. Foto: Fabrizio Marchesi

Nella pagina a fianco, da sinistra:enrico crippa, Porco cinturello, invidie e tartufo. Foto: Fabrizio Marchesiritratto di enrico crippa. Foto: Fabrizio Marchesi

106 | espoarte 85106 | espoarte 85 | art&food

UNA STeLLA DeLL’ALTA CUCINA, RIgOROSAMeNTe CONTROCORReNTe

Intervista a Cristina bowerman, Chef glass hostaria, Romadi Livia Savorelli

L’ho conosciuta durante il primo shooting dell’evento Colorfood all’Antonello Colonna Resort di Labìco, Roma. Il pretesto, per questa intervista, è stato proprio la “fonte artistica” che ha ispirato la sua creazione, una conosciutissima opera di Cattelan, L.O.V.E, che ha influenzato creativi di ogni am-bito dal design al food d’autore.

cos’è la creatività Per cristina boWer-Man? e cosa, nella sua esPerienza Per-sonale, ha deterMinato – risPetto alla sua forMazione Giuridica – l’inGresso nel Mondo del fooD?Creatività significa realizzazione e comple-tamento di quella parte di me che è dif-ficile esprimere diversamente. Ognuno di noi ha una porzione del proprio cervello in-traducibile a parole per cui è più semplice usare colori, sapori, percezioni, linguaggi sensoriali.Sono cresciuta in una famiglia dove mia madre e mia sorella erano considerate le creative e per questo ho sempre messo da parte questa mia sensibilità pensando di non esserne capace sino a quando, un giorno, ho scoperto che non era affatto così! cosa siGnifica essere chef donna in ita-lia? ricordiaMo ai nostri lettori, che nel 2010 ha ricevuto la stella Michelin, uni-ca donna Per quell’anno...Significa lavorare in un campo, quel-lo dell’alta cucina, circondata da uomini

rispetto e ammirazione, è un rapporto an-che poco osmotico, molto parassitario e in qualche modo a senso unico perché pren-do tanto e rendo veramente poco! Sono molto attratta dall’arte contemporanea e dagli artisti estrosi, socialmente impegna-ti e controversi. In tal senso, Cattelan era una scelta ovvia per me. Mi sono divertita e, nello stesso tempo, ho trovato ispira-zione nel fare qualcosa di veramente dif-ferente rispetto alla normalità. Manipolare ingredienti per lavorare sull’arte è molto “inspiring”! ho notato la sua attenzione a ProGet-ti leGati allo STREET fooD. tra Gli altri, l’APERomEo, Presentata all’evento THIS IS fooD di roMa. quale il leGaMe tra cucina stellata e street food?Non c’è legame se non quello di dimo-strare che lo street food non è solo un tra-mezzino confezionato due giorni prima ma anche qualità. In Italia abbiamo una tradi-zione di street food regionale non svilup-patissima rispetto ad altre nazioni. A New

con altri uomini che vedono solo uo-mini. Per for-tuna non tut-ti! La mentalità sta cambian-do e finalmen-te vedere una donna a capo di una cu-cina non suscita più così tanto scalpore. E meno male! Il passo successivo di questa emancipazione sarà quello di “tranquillizzare” inve-stitori e sponsor che siamo in gra-do di farcela a gestire progetti complessi e importanti tanto quanto gli uomini. nel PriMo SHooTInG dell’evento ColoRfo-oD, ha dato vita ad una creazione isPirata alla MonuMentale scultura di Maurizio cattelan, l.o.v.E, collocata in Piazza de-Gli affari a Milano. cosa l’ha isPirata e, in Generale, qual’è il suo raPPorto con l’arte?Il mio rapporto con l’arte è di grande

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York, Los Angeles, Kunming, Bangkok, Londra, Copenaghen ci sono tante manie-re diverse di mangiare street food come piatto tipico o più comunemente estroso e hip, non ha importanza. È una maniera nuova di mangiare sempre con qualità. In Italia, invece (e io parlo di Roma), lo street food è legato alla realtà dei furgoncini, che spesso propinano roba di un livello che va dallo scarso al medio. Per noi chef abituati all’alta cucina, applicare al cibo di strada gli stessi criteri di qualità su cui basiamo il nostro lavoro è automatico: scatenare la nostra creatività in una direzione differente è un challenging divertentissimo!!

neGli ultiMi anni si è assistito ad un au-Mento crescente dell’interesse del Grande Pubblico ad un aMbito Pre-

cedenteMente considerato Più di nicchia, con una

Grande offerta te-levisiva dedicata... lo chef da “fiGu-

ra celata”, che si esPriMeva attraverso

le sue creazioni e i suoi Piatti, è di-ventato a Pieno titolo una fiGura del-lo STAR SySTEm, onniPresente Presenza Mediatica che, con la sua iMMaGine Pri-Ma ancora che con le sue creazioni, in-vade lo scherMo e le case deGli sPetta-tori. cosa ne Pensa e dove, secondo lei, sono rintracciabili le Motivazioni di un tale fenoMeno?Lo Chef è la professione del momento e su questo non ho dubbi. Mi auguro che la prossima professione di punta sia quella

del contadino in versione moderna e dina-mica come esperto che rivaluta e raccon-ta l’agricoltura. Spero che un giorno ci sia un masterchef per esperti contadini e vin-cerà chi produrrà il miglior pomodoro, ov-viamente biologico! Viviamo nella società della TV dove i volti diventano vecchi e già visti dopo 6 mesi o al massimo un anno. Bisogna essere solidi, validi e con spal-le grandi per non lasciarsi travolgere dal successo. Io non sono contraria alle tra-smissioni televisive che parlano di cucina e penso che lo showbiz, attorno alla nostra professione, abbia allargato considerevol-mente la fetta di popolazione a cui rivol-gerci. L’alta cucina, sdoganata come pop e calata nella modernità, ci ha permesso di riempire i nostri ristoranti, sperimentarci avendo un pubblico con cui dialogare e, quindi, disporre di una platea disposta ad ascoltare quello che abbiamo da dire. è uscito nel Mese di MaGGio, un suo nuo-vo libro DA CERIGnolA A SAn fRAnCISCo E RIToRno - lA mIA vITA DA CHEf ConTRo-CoRREnTE. in cosa cristina boWerMan è controcorrente? Grazie di questa domanda che mi dà l’op-portunità di parlare del libro, progetto or-mai giunto alla sua fase finale. Il libro rac-conta la mia vita o meglio usa la mia vita come scusa per parlare d’altro. Si parla delle donne, di ricette, di ricordi, di fami-glia e di come la nostra self-confidence sia fondamentale per il nostro successo in quanto persone e professioniste. È un libro uscito in contemporanea al sito www.cristinabowerman.com in cui il

lettore trova il collegamento con gli step fo-tografici delle 35 ricette pubblicate nel li-bro. Perché controcorrente? Perché a me piace essere me! Non mi piace fare le cose per moda e neanche fare cose scontate! Per questo ho una vita avventurosa che ogni mattina mi butta giù dal letto col pen-siero “chissà cosa succederà oggi?!”

Per chiudere, i seGreti di un Grande chef...Umiltà, curiosità e tanta tanta passione.

www.cristinabowerman.comwww.glass-restaurant.it

Dall’alto:ritratto di cristina bowerman. Foto: Dan Levcristina bowerman, ricciola cured, edemame e alghe. Foto: andrea Federici

Nella pagina a fianco, dall’alto:cristina bowerman, agnello al sumac, lenticchie belughe e chips di patate viola. Foto: andrea Federicishooting dell’evento Colorfood all’antonello Colonna resort di Labìco, roma. Foto: Dan Lev

108 | espoarte 85108 | espoarte 85 | art&food

I COLORI DeLL’ISpIRAzIONe: COLORFOOD@expO2015

Intervista a Dan Lev, fotografo israeliano di food ed ideatore di COLORFOODdi Livia Savorelli

«Come il cibo è energia e carburante per il corpo, così l’arte è energia e carburante per la mente e per l’anima». Quando arte e cibo si fondono sotto l’egida del colore – nutrite dall’ispirazione che si cela dietro l’universo creativo degli chef – il food diventa “materia” per dar vita e forma all’espressione artistica. Dopo il primo shooting tenutosi nel mese di marzo a Labìco, all’Antonello Colonna Resort che lo ha co-prodotto assieme a Food Confidential – abbiamo incontrato Dan Lev in vista della prossima tappa israeliana, nel settembre 2014, viaggiando verso l’Expo 2015, dove il progetto troverà la sua (in)coronazione.

nella tua ventennale attività di foto-Grafo, coMe è avvenuto l’incontro con il food e, soPrattutto, cosa ha innescato lo sGuardo ParticolarMente oriGinale ed unico sulla cucina conteMPoranea che riesci a trasferire nei tuoi STIll lIfE?L’incontro con il food è stato qualcosa di spontaneo ed inevitabile. Prima di tutto, sono e mi sento un cuoco. Amo cucinare e, per coltivare questa passione, una volta alla settimana lavoro come cuoco in un ri-storante a Tel Aviv. Così, naturalmente, du-rante la mia carriera di fotografo, otto anni fa, mi sono imbattuto nella food photogra-phy e sono riuscito a mettere insieme le mie due passioni: il cibo e la fotografia.Quando creo immagini con il cibo, che sia-no artistiche o commerciali, cerco sempre di costruire un linguaggio nuovo e diverso, che trasmetta sensazioni autentiche. Cerco di sfruttare la luce naturale, di allestire set non troppo astratti, di assecondare le for-me e i colori.

quale il raPPorto tra arte & fooD che vuoi esPlorare?Arte e food sono talmente uniti, nel mio modo di lavorare, che non posso prescin-dere dal concetto che gli chef sono artisti, prima di tutto. Un genere astratto di food photography è il territorio neutro dove cuo-co e fotografo possono incontrarsi e avere a che fare con il cibo, in modo diverso ri-spetto all’approccio quotidiano. Il cibo di-venta il mezzo, lo strumento, la materia per creare arte. coMe nasce l’idea di ColoRfooD? e da chi è costituito il teaM che lavora al tuo fianco?Colorfood nasce come risposta ad una mia esigenza personale e artistica. Vole-vo realizzare un progetto non commercia-le, che parlasse un linguaggio universale e che connettesse arte e food per portare in superficie l’ispirazione che si cela dietro l’universo creativo degli chef. E ho scelto

il colore come chiave per avere accesso a questo universo. Per Colorfood lavorano con me diversi food stylists israeliani e, na-turalmente, gli Chef. Ma, senza saperlo, in questo progetto sono tante le persone che giocano un ruolo importante. Tutti coloro che, con entusiasmo, mi supportano con nuove idee e mi ispirano.Da quando abbiamo iniziato a produrre Co-lorfood@Expo2015, con la partecipazione degli chef italiani, anche il team si è interna-zionalizzato e adesso lavora al mio fianco un gruppo di italiani e israeliani. Un connu-bio che funziona benissimo.

coMe è avvenuta la scelta deGli chef nel-le duPlici taPPe, italiana ed israeliana?Non ci sono criteri predefiniti e, come im-postazione, chiunque si candidi è benvenu-to. Perché ogni chef ha la sua cifra stilisti-ca, è unico ed inimitabile. Colorfood vuole mostrare questa diversità, questa varietà di mondi.

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a setteMbre, si terrà il secondo SHooTInG con Gli chef italiani… ci sarà qualche no-vità risPetto al PriMo tenutosi a labìco, all’antonello colonna resort?Prima di tutto, siamo particolarmente feli-ci di invitare gli chef italiani in Israele e per tutti loro è la prima volta. Siamo certi che sarà uno scambio molto interessante. Per questo motivo, a differenza dello shooting all’Antonello Colonna Resort, questa volta faremo incontrare sul set gli chef israeliani con i colleghi italiani. Siamo certi che si cre-erà la stessa atmosfera speciale e che po-tremo produrre la stessa energia positiva.

quali sono le nuove frontiere nell’aMbi-to del fooD DESIGn e nel fooD STylInG che Pensi sia Possibile attraversare?Sai come si dice… The sky is the limit. Ogni volta che le persone creative si incontrano, nascono nuove idee e collaborazioni. Io e il mio team non ce lo chiediamo nemmeno e proviamo ad attraversare le frontiere ogni volta che facciamo una foto.

il viaGGio di ColoRfooD si conclude all’ex-Po Milano 2015. qualche anticiPazione? che MessaGGio intendi Portare con que-sto ProGetto, nell’aMbito del teMa Gene-rale dell’exPo 2015, “nutrire il Pianeta, enerGia Per la vita”?Prima di tutto, ci auguriamo che Expo 2015 sia una tappa fondamentale per Colorfood ma non la conclusione del progetto. Pro-prio perché i valori che promuoviamo sono internazionali, vorremmo fare di Colorfood una mostra in continua evoluzione, che giri il mondo. Quale miglior palcoscenico per cominciare se non Expo 2015, dove tutti i Paesi saranno vicini di casa e tutto il pubbli-co sarà concentrato intorno agli stessi valo-ri? Per questa opportunità vogliamo ringra-ziare il Ministero degli Affari Esteri Israeliano, nella persona del curatore del Padiglione di Israele Elazar Cohen, per averci accolto con entusiasmo, fin dalla prima volta che gli abbiamo presentato Colorfood.L’interpretazione che Colorfood offre del

tema dell’Expo 2015 ha due livelli. Quel-lo più superficiale, è evidente, è il tema del food. Ma ci interessa far emergere l’inter-pretazione più profonda: tutti hanno biso-gno di nutrirsi non solo di cibo ma anche di cultura e, soprattutto, della conoscenza tra “inquilini” dello stesso Pianeta. Come il cibo è energia e carburante per il corpo, così l’arte è energia e carburante per la mente e per l’anima. Sarà interessante cercare di capire se sono più le differenze o le somi-glianze tra i lavori degli chef italiani e israe-liani. Sarà possibile individuare dallo scatto la nazionalità dello chef? O dall’immagine scelta come ispirazione? Quali saranno i valori universali che emergeranno? E qua-li le differenze culturali? Ve lo mostreremo con Colorfood@EXPO2015.

Colorfood@Expo2015un progetto di Dan Lev in collaborazione con Creativity Lab ICPO

Colorshooting:Israelesettembre 2014

In senso orario: dan lev al lavoro per lo shooting di Bonetta Dell’oglio; Dan Lev con Luigi taglienti; materia prima per la creazione di francesco apreda e Francesco apreda, work in progress. Foto: Diego santamaria

Nella pagina a fianco, da sinistra:Colorfood di cristina bowerman; chef: Cristina Bowerman; colore: carne; foto e foto di ispirazione: Dan Lev; styling: Dalit russoShooting, work in progress, all’antonello Colonna resort, Labìco (rM). Foto: Diego santamaria

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bERTOzzi & CASOni

intervista di francesca caPuto

ironiChe Visioni dell’aVVentura umana

Un sodalizio trentennale lega Bertozzi & Casoni nella creazione di sculture in ce-ramica, materiale d’elezione, insieme fra-gile e incorruttibile, che già contiene in sé una contrapposizione, tratto tipico della loro arte.Ironia e cruda lucidità, iperrealismo e astrazione, disastri, scarti e bellezze, se-dimentazioni e decostruzione della monu-mentalità, convivono nelle loro opere per osmosi.Ambivalenza apparente che nella dualità si bilancia ponendo interrogativi sulla nostra società bulimica e complessa, in un ribal-tamento del concetto di transitorio, sve-lando la personale concezione del mondo e del tempo, sospeso in una sorta di non-sense, dove l’intensità, lo sfarzo di colori e composizioni, spalanca alla speranza.Due le mostre da poco inaugurate. Alla Galleria Sperone Westwater di Lugano e a Palazzo Te a Mantova, dove il per-corso espositivo si armonizza con il conte-sto: una scultura richiama gli emblemi dei Gonzaga e le loro costellazioni si relazio-nano alle decorazioni della Sala dei Venti, il cui motivo centrale è proprio l’influsso che le stelle esercitano sull’uomo.

bertozzi & casoni, Regeneration, 2012, ceramica policroma, cm 160x213x190

bertozzi & casoni, ritratto

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francesca caPuto: avete contribuito a ri-Portare d’attualità, nel sisteMa dell’ar-te, la ceraMica, una Materia Molto anti-ca. Perché l’avete scelta?Bertozzi & Casoni: Le potenzialità di que-sto materiale sono davvero tante. Ci risulta particolarmente congeniale e attraente per le sue grandi possibilità plastiche e pittori-che, che di fatto la rendono il materiale più idoneo per una scultura dipinta.Siamo in special modo interessati alla ce-ramica poiché si presenta come una co-stante di tutte le etnie della Terra attraver-so i secoli. Tanto antica, quanto moderna.

ManeGGiate la ceraMica con Padronan-za d’alchiMista, coMbinando saPeri del-la tradizione artiGiana con ricerca tec-nico-forMale e sPeriMentazione d’idee, inventando nuove Possibilità.

Negli anni abbiamo implementato il nostro segno stilistico, affiancando alla maiolica altri materiali ceramici appartenenti ai pro-cessi di produzione industriale: terraglie, grès, porcellane e ceramici avanzati. Oltre alla pittura manuale su ceramica, l’utilizzo della fotoceramica, tecnica di derivazione industriale, ci ha portati ad un’oggettività più calzante e ad un’idea di realismo mi-metico che forse adesso ha anche fatto il suo tempo. La sperimentazione continua.

ParliaMo della Mostra a Palazzo te di Mantova, a quali riflessioni si deve la scelta del titolo?Dove Come Quando: sono parole che ser-vono per interrogarsi, per fare un’analisi su qualsiasi argomento; nel caso specifico, ci fanno riflettere sul momento che attraver-siamo. Per dirla con una metafora siamo

come dei viaggiatori che nel loro percor-so stanno pensando di fare il punto del loro viaggio ma senza chiedersi il perché. La parola d’ordine può essere: “Accetta il mistero”.

nella selezione delle oPere esPoste a Mantova, eMerGe la riflessione attorno a teMi costanti, esPressi con una teoria di soGGetti Poliedrici. quali Gli asPetti cardine della vostra Poetica?Ci piace muovere il nostro percorso nel solco della storia dell’uomo. Gli archetipi e i riferimenti alla storia dell’arte, recente o passata, fanno parte dell’immaginario in cui viviamo.Le allusioni ai temi classici come le vanitas, i memento mori o le nature morte, porta-no l’attenzione non tanto sul monito “ricor-dati che devi morire” – che comunque ci accompagna e ci fa meditare sulla nostra transitorietà e sul bisogno di alcuni di noi di lasciare delle tracce – ma soprattutto sul-le forme e i colori che ci circondano e ali-mentano la nostra visionarietà.Ad esempio, i rifiuti possono diventare un motivo di riflessione sui contenuti plastici e pittorici che queste forme racchiudono e

bertozzi & casoni, Grottesca con fenicottero, 2014, ceramica policroma, cm 84x90x86

espoarte 85 | 113

che, abbandonata la loro prima missione di oggetti d’uso, facciamo rivivere in chia-ve di linguaggio puramente estetico.

attraverso il continuo controbilancia-re, Per ribaltaMenti ironici, contenuti e riflessioni solo aPParenteMente in aM-bivalente contrasto, cosa vi interessa Mostrare?Siamo aperti all’idea che l’opera d’arte debba essere libera e possa essere inter-pretata soggettivamente. L’origine delle nostre idee è di solito provocata da un’im-magine tratta dalla nostra storia personale e poi rielaborata. Questo porta a pensare

che le idee in realtà non esistano e che l’uomo ruoti intorno ai propri dubbi cer-cando, nel fare, di trovare una soluzione o semplicemente di riordinare i propri pen-sieri. Cerchiamo non tanto di raccontare una storia, piuttosto di provocare un cor-tocircuito, in modo che l’opera parli di una cosa e, allo stesso tempo, del suo contra-rio. Nelle DisGrazie, una prima lettura può far pensare al degrado cui la società dei consumi ci sta portando, ma non possia-mo ignorare che i fiori sbocciati dalla zolla deviano il pensiero su una rinascita simbo-lica, su una vita nuova.L’ironia è legata ai nostri dubbi, non ci

bertozzi & casoni, Guitar fish, 2013, ceramica policroma, cm 50x106x50

bertozzi & casoni, Still life, 2014, ceramica policroma, cm 18x34x26

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Bertozzi & Casoni è un duo fondato nel 1980 a Imola da Giampaolo Bertozzi (Borgo Tossignano, Bologna, 1957) e da Stefano Dal Monte Casoni (Lugo di Romagna, Ravenna, 1961). www.bertozziecasoni.it

Eventi in corso: Bertozzi & Casoni. Dove Come Quando a cura di Marco Tonelli Palazzo Te Viale Te 13, Mantova 7 giugno - 20 agosto 2014

Bertozzi & Casoni. Appunti recenti (Contrappunti) Sperone Westwater, Lugano Via Nassa 42, Lugano (Svizzera) 16 aprile - 12 luglio 2014

La ceramica che cambia. La scultura ceramica in Italia dal secondo dopoguerra. Da Fontana a Leoncillo, da Melotti a Ontania cura di Claudia CasaliMuseo Internazionale delle Ceramiche in Faenza viale Baccarini 19, Faenza (RA)28 giugno 2014 - 1 febbraio 2015 Gallerie di riferimento:Sperone Westwater, New York | Lugano www.speronewestwater.comAll Visual Arts, Londra www.allvisualarts.orgBeck & Eggeling, Düsseldorf www.beck-eggeling.deClaudio Poleschi Arte Contemporanea, Lucca www.claudiopoleschi.comGalleria Tega, Milano www.galleriatega.itGalleria Cardi, Pietrasanta

prendiamo troppo sul serio e stiamo in ascolto, disposti a cambiare opinione su qualsiasi tema.

in che Modo avete scelto di aPProcciarvi alle stratificazioni, artistiche e di siGni-ficati, Presenti a Palazzo te?Esporre a Palazzo Te rappresenta per noi un dialogo. Quello che è stato dipinto se-coli fa su questi muri sono le simbologie, le domande che noi uomini ci facciamo e cui rispondiamo con un immaginario fantasti-co e attraente che allontana da noi il pen-siero della morte e del deperibile.Palazzo Te è la dimora storica dove ci ri-sulta più congeniale il mimetismo degli in-ganni visivi: miraggi di un tempo sospeso. È il posto giusto per noi.

quali oPere caratterizzano, invece, la

Mostra BERTozzI & CASonI. APPunTI RECEn-TI (ConTRAPPunTI) alla Galleria sPerone WestWater di luGano?Sono presentate al pubblico undici opere in ceramica policroma, realizzate dal 2002 al 2014.Dei primi anni Duemila è Ossobello, un or-dinato accumulo di ossa. Seguono, tra gli altri, Guitar fish (2013), una testa tranciata di pesce spada contenuta in una custo-dia per chitarra alla cui forma incredibil-mente ben si adatta e dalla quale tenta-no di estrarla colorate farfalle, simbolo di mutazione. E, Disgrazia con orchidee blu (2014), dove splendidi fiori sorgono da una terra oltraggiata e violentata dai rifiuti.

quali i vostri ProGetti futuri?Nell’arte, come nella vita, “del doman non v’è certezza”. bertozzi & casoni, Disgrazia con orchidee blu, 2013,

ceramica policroma, cm 98x81x78

il canto della terraAlessandra Zini | Silvano Scolari | Nestor

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31 maggio | 6 luglio | 2014

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talkin’di livia savorelli

la CeramiCa Che Cambia.un viaggio nel xx secolo attraverso i suoi protagonisti

intervista a claudia casali

La ceramica, come linguaggio della con-temporaneità, ha per molto tempo soffer-to di una condizione di inferiorità rispetto ai media tradizionali, vagando in un incerto limbo tra arte e tradizione artigiana. Que-sta posizione si avvertiva ancora negli anni ‘80 ma, grazie all’utilizzo della ceramica da parte di artisti non ceramisti, questo mate-ria ha potuto liberarsi da vecchi preconcetti, suscitando finalmente l’interesse di critica e mercato. Dialoghiamo con la Direttrice del MIC di Fa-enza, Claudia Casali, alla vigilia dell’ope-ning di una vastissima rassegna, che traccia la storia del medium ceramico nel XX seco-lo con qualche incursione in quello succes-sivo, con gli autori più contemporanei.

livia savorelli: lA CERAmICA CHE CAmBIA è il titolo della Mostra che occuPerà le sale del Mic dal 28 GiuGno al 1 febbraio 2015. coMe è caMbiata, a Partire dal secondo doPoGuerra, la scultura ceraMica in ita-lia? la Mostra di arturo Martini, da voi realizzata nell’autunno 2013, ha di fatto aPerto la strada a queste riflessioni?Claudia Casali: La Ceramica che cambia parte proprio dalle riflessioni sorte dalla mo-stra di Arturo Martini, artista straordinario, precursore di poetiche poi adottate dagli artisti del secondo dopoguerra. Il percorso espositivo si apre con tre opere, grandi e magnifiche, di Martini: l’Aviatore, La Veglia e la Zingara, per raccontare come in cin-quant’anni si siano succeduti codici e stili, filosofie e ricerche davvero straordinarie. Se non ci fosse stato il diktat di Martini contro la statuaria, forse non avremmo avuto l’ec-cezionale varietà poetica che la mostra do-cumenta attraverso 80 protagonisti e 120 opere. Con il Comitato Scientifico (com-posto da C. Casali, C. Chilosi, M.V. Marini Clarelli, L. Ficacci, F. Gualdoni, N. Stringa, ndr) abbiamo scelto di esporre scultori che

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hanno contribuito a questo cambiamen-to, mentre a catalogo sono documenta-ti diversi altri artisti. La scelta è discutibile, non ha nessuna pretesa di completezza o esaustività, ma vuole essere un punto di partenza importante, per una riflessione su un linguaggio e una materia fondamen-tali per la storia dell’arte italiana. Gli artisti hanno variato negli anni i loro approcci alla materia, passando talvolta dalla figurazione espressiva al neocubismo, dal picassismo all’informale, dall’astrattismo al concettua-le o alle vene più pop. Questi sono gli ar-gomenti che la mostra affronta, in un dialo-go corale tra tanti protagonisti, che danno voce al mondo vario della ceramica. Non è tanto un percorso cronologico ma tematico e poetico, per sottolineare una ecceziona-le varietà legata ai grandi percorsi dell’ar-te contemporanea. L’approccio di Leoncil-lo alla materia è completamente differente da quello di Ontani, per citare due opposti; mentre in Paladino si rintracciano l’espres-sività di Martini accanto alla forza impattan-te di Valentini.

tra le ProPoste anche l’oPera di asGer Jorn, artista danese il cui noMe è forte-Mente leGato alla storia di albissola Ma-rina e di cui ricorre il centenario della nascita...La mostra documenta la presenza di alcu-ni artisti stranieri attivi in Italia o che hanno fatto dei centri ceramici italiani loro luoghi di azione. Fontana, Matta, Carl, Elde, Tso-lakos, Jorn sono i nomi presenti in mostra. Jorn non è stato fondamentale solo per la Liguria ma per tutto il movimento informale italiano. Ha avuto rapporti con molti artisti, tra cui Baj, Dangelo, Fabbri, Broggini, Ga-relli, per citarne alcuni. Ad Albisola organiz-za nel 1954 l’Incontro Internazionale della Ceramica, dove per la prima volta parteci-pano artisti di provenienza dai vari gruppi CoBra, Surrealimo, Nuclearismo. E il testo di Cecilia Chilosi a catalogo enuclea perfet-tamente l’importanza di questo evento nel panorama artistico italiano. Scrive: «All’In-contro, promosso con la collaborazione di Tullio Mazzotti e della sua fabbrica prendo-no parte, lavorando in un clima di collabora-zione e di esaltante confronto, i rappresen-tanti delle maggiori avanguardie europee: oltre allo stesso Jorn, Fontana, Baj, Appel, Corneille, Matta e Scanavino. Nella speri-mentazione della terra, riallacciandosi alle correnti vitalistiche del futurismo, gli artisti

vengono intensificando il proprio coinvolgi-mento gestuale e segnico, trovando nuo-ve possibilità espressive nella materia, di-venuta essa stessa il luogo dell’esperienza estetico-esistenziale». Il danese Jorn trova nelle alture albisolesi la dimensione perfet-ta per la sua esistenza, creando una casa-museo che rappresenti il perfetto connubio arte-vita (un po’ come lo è stato per Ontani in tempi recenti). Jorn porta in Italia l’inter-nazionalità dell’informale e delle sue tante declinazioni e qui trova un terreno fertile di grande creatività.

in Merito a leoncillo, un artista Per Mol-to teMPo riMasto escluso dai riflettori e solo recenteMente ricordato, cosa Può dirci?Leoncillo è uno dei grandi Maestri indiscus-si (e non a caso abbiamo scelto una sua opera notissima, La dattilografa, come im-magine della mostra). Come ho più volte sottolineato, Fontana è il grande precursore dell’informale, Leoncillo ne è il vero protago-nista. Il suo percorso si evolve dall’adesio-ne al vero con gli esordi drammatici e ba-rocchi degli anni ’30, per passare alla fase

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Evento in corso:La ceramica che cambia. La scultura ceramica in Italia dal secondo dopoguerra. Da Fontana a Leoncillo, da Melotti a Ontania cura di Claudia CasaliMuseo Internazionale delle Ceramiche in Faenza viale Baccarini 19, Faenza (RA)28 giugno 2014 - 1 febbraio 2015www.micfaenza.org

neocubista, per giungere infine all’esito as-soluto informale, colto nella dimensione po-etica della terra in simbiosi con la vita, per ricercare e riaffermare il proprio io. Per cita-re il suo Piccolo Diario «la creta diviene ma-teria “nostra” per gli atti che compiamo su essa e con essa, atti che nascono da una reazione del nostro essere, che crescono dalla furia, dalla dolcezza, dalla disperazio-ne motivati dal nostro essere vivi, da quello che sentiamo e vediamo». Nell’iter artistico di Leoncillo ritroviamo gran parte dei per-corsi di tanti protagonisti di questa mostra, che partono da una dimensione figurativo-pittorica e giungono all’informale.

quali tra le oPere storiche Presenti in Mostra Può essere seGnalata Per la sua forza ed attualità?Ho citato prima la Zingara di Martini, mo-dernissima e stravagante per l’epoca e per la sua composizione; le Sfere di Fontana raccontano una svolta epocale, così come Incontro d’Inverno di Leoncillo o l’Angelo di Valentini; il Pegaso di Petucco definisce ap-pieno l’influenza picassiana degli anni ’50 e la scelta pittorica di tanti artisti, tuttora at-tuata, come per la Manimula di Echaurren; le figure totemiche di Matta ci raccontano un mondo di incontri di origini e civiltà di-verse; il TrumeauAlato di Ontani è un’opera eccezionale che racconta una modalità dif-ferente di approccio alla ceramica. È diffi-cile scegliere un pezzo significativo: come sempre accade, tutti i pezzi in mostra han-no una loro forza e una ragione.

tra i noMi deGli artisti coinvolti sPicca

anche il duo bertozzi & casoni, con oPe-re deGli esordi. in questo sPecifico caso, che ruolo il mEDIum ceraMico ha rivestito nella ricerca deGli artisti daGli anni ‘80 ad oGGi?Bertozzi & Casoni sono presenti con un’opera che racconta la loro origine, il loro punto di partenza. Negli anni ‘80 sono molti gli influssi che contribuiscono ad arricchi-re il mondo della ceramica. Azioni perfor-mative, pop art, ritorno alla figurazione e al pittorico, ma anche desinenze concettuali. L’avvicinamento con l’arte contemporanea si avverte, così come poetiche filosofiche e socio-politiche. Penso ad Alfonso Leoni, un grande protagonista fuori dal coro che ha fatto della provocazione il suo manifesto, ma anche a Marano, Bonaldi, Laveri (che coniuga ceramica e linguaggio cinemato-grafico e teatrale). La generazione oggi di quarantenni vive l’eredità di quel momento e con grande capacità riesce a mescola-re situazioni e contesti differenti, all’insegna dei linguaggi contemporanei. Quella ge-nerazione oggi è molto viva e attiva e sarà fonte di grandi sorprese (penso ad Andrea Salvatori, Paolo Polloniato, Silvia Calcagno, Nero, Mattia Vernocchi, etc.).

la Mostra Pone l’accento anche sulle nuove Generazioni?Ci fermiamo al XX secolo e ai giovani arti-sti che nel 2000 avevano già espresso un significativo percorso, frutto di un’attenta ricerca (in questo Bertozzi & Casoni sono i più giovani). È ancora presto, forse, per raccontare il panorama del XXI secolo, non crede?

bertozzi & casoni, Il pesce del cuore, 1982, maiolica, pinacoteca Comunale, Faenza

pag. 116:arturo Martini, Zingara, 1933-35, grès, cm 204x50x50, collezione privata

pag. 117:luigi ontani, TrumeauAlato, maiolica policroma, cm 243x83x65, collezione dell’artista

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AuREliO AMEnDOlA

intervista di Matteo Galbiati

tutti Gli atelier e i Volti di aurelio amendola

Aurelio Amendola (1938), nella recente mostra a La Triennale di Milano, ha presentato una ricca raccolta – dagli Anni ’70 ad oggi – di scatti che l’hanno reso celebre fotografo d’arte. Amendola ha ritratto, incrociando e conoscendo, a volte stringendo con loro intensi legami di amicizia, i maggiori artisti del panorama internazionale, personalità di cui è stato grande e acuto interprete. Colti spesso nel luogo di lavoro, nel tempio intimo e riservato dello studio, sono stati resi dalle sue foto in modo personalissimo: di ciascuno emergono carattere, attitudini e animo, oltre ogni parvenza fisica che un semplice ritratto comunemente registra. Incontrato nelle sale della sua mo-stra a Milano, tra volti di celebri artisti e grandi opere (sono sorprendenti gli scatti alla Pietà Rondanini di Michelangelo), ci ha concesso un lungo, appassionato e intenso dialogo.

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Matteo Galbiati: con la foto racconta l’arte, descrive oPere e Poesia deGli artisti. coMe si raPPorta al lavoro di “altri”? su cosa si basa il suo aPProccio?Aurelio Amendola: Ho avuto modo, nel tempo, di lavorare con i più grandi artisti della sto-ria recente. Per me è stato ed è un grande onore. Ho amato fin da subito la scultura: mi affascina guardarla, leggerla, scrutarla. Le mie prime esperienze le feci con uno degli scul-tori più rappresentativi del XX scorso: Marino Marini. Ho iniziato con lui. Nei primi approcci ero molto intimidito: da giovani si ha un po’ di timore ad affrontare quei maestri che sono mostri sacri. Il mio approccio è stato di grande rispetto: davanti alle opere ho cercato – e cerco ancora – di entrare in simbiosi con loro, di farle mie senza danneggiare mai né l’ope-ra, né l’artista vero.

cosa intende Per artista vero?Gli artisti hanno realizzato cose mirabili, io mi limito a registrarle. Ho sempre voluto fare un passo indietro rispetto la loro presenza. Chi fotografa queste cose non deve mai essere da-vanti. Una brutta foto di scultura, rende brutta la scultura stessa. Il rapporto con gli artisti si basa sul rispetto del loro lavoro. Mi aiuta molto contare sulla loro fiducia e stima.

quando e coMe è nata la sua Passione Per la fotoGrafia?Sono autodidatta. Come molti altri della mia generazione ho imparato da solo, a piccoli passi, facendo esperienza. Non c’erano scuole blasonate di fotografia e tutto si apprende-va sul campo. Sono legatissimo – ma lo saprai avendo parlato con altri fotografi della mia età – alla manualità tecnica: amo il bianco e nero e stampare ancora da solo. Sviluppare le fotografie è un atto che vivo con la stessa passione del pittore mentre dipinge. La mia fortu-na è stata di poter scegliere. Ho iniziato a 22 anni con i soliti servizi di allora… Nel 1964 arri-va il mio primo studio. La svolta avvenne quando, chiamato dal critico Gian Lorenzo Mellini,

In queste pagine:ritratti di aurelio amendola scattati durante la personale In Atelier. Aurelio Amendola: fotografie 1970-2014 presso La triennale di Milano, 7 maggio - 8 giugno 2014.Nella pagina a fianco, sullo sfondo: aurelio amendola, serie Alberto Burri, Città di Castello, 1976

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feci delle foto al Pulpito di Giovanni Pisano per un catalogo di Electa. Marino Marini le vide e mi chiamò a realizzare quelle del suo volume. Lì iniziò il mio viaggio. E sono partito subito!

che caratteristica fondaMentale deve avere una foto d’arte?Se una foto è bella, non ci sono questioni. Per me deve essere intelligente, ci deve essere una luce speciale, ci vuole un’interpretazione, un taglio peculiare. Non basta la bellezza fine a se stessa. Nello studio di un artista devo incontrare la sua poesia, è un ambiente parti-colarissimo e recettivo… Anche se oggi, rispetto ad una volta, vedo solo freddi capannoni industriali.

dall’antico al conteMPoraneo, coMe Muta il suo sGuardo?Sarà banale, ma devo muovermi in modi diversi. Per l’antico, che è stato tanto ripreso, sfrutto molto le potenzialità della luce… Il rischio è di vedere solo delle cartoline! La luce deve diventare creativa. Per il contemporaneo, soprattutto se lavoro negli studi, non pen-so ad un’espressione a priori, quando vivo l’incontro so che cambia tutto. Allora cerco di seguire e cogliere quello che sento. Voglio ritrarre gli artisti nel loro studio, lì dove vivo un binomio fondamentale: la loro personalità e il loro ambiente.

la Mostra in triennale ha Presentato scatti dal 1970 al 2014: coMe è caMbiata – se lo è – la sua ricerca?Ciò che è importante è l’espressione. Inizialmente ero timido davanti ai grandi artisti, con loro ero attento e più cauto. Con altri, invece, siamo cresciuti assieme: con Paladino, Kou-nellis, Chia… Ho girato il mondo, li ho seguiti sempre. È stato più semplice fotografarli. Le mie foto, a prescindere da tutto, cambiano in base agli artisti che ho davanti. Per ognuno c’è un modo unico, ognuno ha le sue caratteristiche irripetibili.

dove finisce il lavoro “narrativo” e dove eMerGe la sua ricerca e iMPronta artistica?Gli altri leggono poeticamente le mie opere. Credo di esprimermi meglio nelle serie, nel-le sequenze: qui posso muovere un vero e proprio racconto (come per Burri e la sua Combustione). In queste Sequenze opero in modo continuativo, il senso del mio vedere

aurelio amendola, Renato Guttuso, Velate, 1973

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si concentra sul fatto gestuale dell’artista. Le foto in successione diventano una storia. Mi avvicino un po’ al concetto di happening, sono presente e seguo l’artista mentre compie il gesto creativo. Lo riprendo, ne partecipo, il mio viene sempre dopo. Non posso pianificare, progettare, trovare soluzioni se non adattarmi a cogliere le suggestioni dell’altro.

la Mostra a Milano è stata curata dalle studentesse dello iulM, col suPPorto di vincen-zo trione, che esPerienza ha avuto?Mi sono fatto guidare dalle scelte e dalle idee del professor Trione: ho avuto la fortuna di affidare tutto a lui e a venti brave studentesse. Ho contato poco, mi sono lasciato comple-tamente guidare da loro. Sono felice di vedere come hanno lavorato e a quali scelte e so-luzioni sono arrivati. Sono state meravigliose: sono venute due volte nel mio studio, hanno fatto un’ottima ricerca, assistite da mia figlia Francesca, per individuare i lavori da esporre. Ognuna si è espressa in un ambito ben definito, dividendosi con competenza i compiti e i ruoli. Hanno dimostrato grande professionalità. Mi sono divertito a lasciarmi guidare.aurelio amendola, Agenore Fabbri, Milano, 1972

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Aurelio Amendola è nato nel 1938 a Pistoia, dove vive e lavora.www.aurelioamendola.it

che raPPorto ha con Gli artisti della nuova Generazione?Ammetto di non avere grandi contatti coi giovani. Me ne dispiace, ma non ho occasioni, modo e tempo. Mi trovo meglio con gli artisti della mia generazione… Anche se non vuol dire che io disconosca l’avanzare di una generazione nuova!

quali sono i ProGetti cui sta lavorando?Ho tre progetti importanti che mi stanno impegnando da tempo e a cui tengo in modo parti-colare. Sono lavori con l’editore Franco Maria Ricci: un libro fotografico su Giuseppe Mara-niello, dove ritorna il mio rapporto con l’artista e le sue opere; un volume dedicato alla Basi-lica di San Pietro in Vaticano e l’altro all’Hermitage di San Pietroburgo. negli ultimi due casi, ho libera facoltà di interpretare come voglio questi luoghi simbolo di storia e arte. Mi hanno concesso di dare la mia visione… In fondo ad una certa età ce lo si può permettere!

aurelio amendola, Emilio Vedova, Venezia, 1987

aurelio amendola, Aldo Mondino, parigi, 1973

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niCOlA SAMORì

intervista di Matteo Galbiati

la belleZZa della deCadenZaTorno, dopo un po’ tempo, con grande passione ad intrecciare un dialogo con uno de-gli artisti che in assoluto mi ha sempre toccato e coinvolto per quella sua caratteristica sensibilità e forza, calate in una pittura potente ed energica e, al contempo, tanto fragile e delicata. Nicola Samorì (Forlì, 1977) ha contribuito certamente – e continua a farlo con una ricerca che non si stanca mai di inseguire il fuoco sacro dell’Arte – a far maturare la saggezza della tradizione pittorica italiana nella sua espressione nuova e contempora-nea. Un giovane maestro, la cui bravura resta sempre piegata alla dedizione del lavoro e alla concentrazione sulla sua meditazione artistica. Un artista alla maniera antica, una mente illuminata che riverbera negli esiti della sua arte che non si accontenta mai di un formalismo raggiunto.Nonostante le risposte risentano di uno spazio determinato, la loro densità e ricchezza ri-specchia fedelmente la pienezza di spirito e l’intelligenza del pensiero del giovane artista ravennate.

nicola samorì, Il Pasto, 2012, olio su rame, cm 100x100

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Matteo Galbiati: è Passato un Po’ di teM-Po dall’ultiMo nostro incontro, la tua ricerca è caMbiata, Modificata Pur riMa-nendo tanto fedele a se stessa. ci rias-suMi i recenti sviluPPi delle tue oPere?Nicola Samorì: Non penso mai al passag-gio da una forma all’altra come ad uno svi-luppo. La pratica dell’arte non ha, ai miei occhi, niente di evoluzionistico e si riassu-me piuttosto in un salto alla corda, fatto di sollevamenti e di ritorni sul posto. Le oscillazioni registrate hanno a che fare con una naturale ricerca d’ossigeno. Dopo essere entrato nel Museo abbattendo ogni distanza fra me e l’opera intercettata, ho preferito definire dei filtri che hanno pro-gressivamente alimentato la distanza fra me e la citazione più esplicita. Dalla nostra ultima conversazione si sono susseguiti molti assalti alla forma: costru-zione dell’immagine e sconvolgimento re-pentino della stessa; apertura della pellico-

la pittorica; ingresso fisico nelle sostanze dense del quadro; riduzione del tracciato pittorico a pura espressione plastica attra-verso l’occultamento monocromatico del soggetto.In principio c’è sempre un’immagine pulita e composta, risultato di epoche e di arti-sti che vivevano nella convinzione del loro agire. Io la osservo, la corteggio, la replico e la uccido.

novità iMPortante – anche se il valore Materico nella tua Pittura è seMPre sta-to inneGabile – è il ritorno alla scultu-ra. quando hai iniziato a sviluPPare un vero e ProPrio interesse Plastico Per le tue iMMaGini?È corretto parlare di “ritorno” alla scultu-ra poiché è come scultore che nasco. Alla pittura sono arrivato sfidando un problema, quello del modellato per via del colore, che non mi corrispondeva istintivamente (a dif-

nicola samorì, Il male della pietra, 2014, onice, cm 50x31x31,5

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ferenza del modellato plastico). Quest’at-trito nel tempo è diventato una pratica di assoluta fluidità e la scultura, per molte ra-gioni, si è limitata ed essere la scaturigine occulta del mio dipingere, a tal punto che nessuno oggi pensa a me come ad uno scultore.

quali differenze e analoGie vivono i diPin-ti e le sculture? Vivono una contaminazione virale e pro-cessi di reciprocità evidenti: la pittura si stacca con ostinazione dal sonno bidi-mensionale cercando di farsi volume, mentre la scultura ambisce a fare tabula rasa dell’immagine scacciando i rilievi dal piano e scavando i volumi da dentro.

Mi ha seMPre affascinato l’asPetto sof-ferto delle tue iMMaGini, ferite e seGna-

te nella loro Pelle, scure e oMbrose che riPortano ad un silenzio Meditativo… quale sGuardo ci conseGnano?Forse lo sguardo miope di chi è prigioniero della propria testa, di chi non riesce a met-tere a fuoco il flusso dei giorni e preferisce invocare una visione. Occorrono dei riti espiatori per governare gli istinti più bassi e l’arte è in grado di me-tabolizzarli con una sorprendente efficacia; forse per questa ragione è nell’oscurità che abitano le mie forme. Non m’interes-sa tuttavia esporre l’inconscio, sarebbe da dilettanti; preferisco pensare il mio lavoro come qualcosa che si stacca dall’autore, che conquista la sua indipendenza e che può esistere al di fuori della biografia.

la tua ricerca affonda le sue radici an-che nell’huMus fertile della lettera-

nicola samorì, INTUS: cristalli di crisi, veduta della mostra, Museo d’arte Contemporanea, Lissone (MB), 10 maggio - 15 giugno 2014

Nella pagina a fianco:nicola samorì, Pittore, 2013, olio su tavola, cm 31x21 circa

nicola samorì, Lienzo, 2014, olio su tavolo, cm 70x200x73

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Nicola Samorì è nato nel 1977 a Forlì. Vive e lavora a Bagnacavallo (RA).www.nicolasamori.com

Eventi in corso:Le immagini guardano ma non vedonoAna Cristea Gallery, New York12 giugno - 14 luglio 2014

Eventi futuri:Nicola SamorìTRAFO Museum, Szczecin (PL)29 novembre 2014 - gennaio 2015

Gallerie di riferimento: Galleria Emilio Mazzoli, Modenawww.galleriamazzoli.comChristian Ehrentraut Gallery, Berlinowww.christianehrentraut.comAna Cristea Gallery, New Yorkwww.anacristeagallery.com

tura, della filosofia oltre che, natu-ralMente, nell’arte dei Grandi Maestri. quali sono i tuoi Modelli, i tuoi Punti di riferiMento?Una moltitudine in crescita costante. Ne-gli anni hanno esercitato su di me la loro influenza i primitivi, gli Egizi, i Romani, il Barocco, numerosi pensatori francesi e il carico di informazioni visive che popola la rete. Faccio prima ad elencare le espres-sioni o gli artisti che non hanno mai solle-vato il mio interesse, come l’arte indiana, il Domenichino, Roy Lichtenstein, Ardengo Soffici oppure Ottone Rosai.

hai vissuto un’esPerienza in GerMania. cosa ha raPPresentato Per te? cosa hai cercato, cosa hai ottenuto?Il mio confronto con la Germania è tut-tora fertile e molti dei miei progetti han-no luogo in terra tedesca dove non cer-cavo, e non cerco, nulla. Ho solo reagito a situazioni che si sono venute a creare spontaneamente. In Germania sono entrato in contatto con alcuni dei migliori pittori della mia genera-zione, mi sono confrontato con loro sen-za il fardello di una crescita imperfetta nel mercato dell’arte italiano e ho notato, con sollievo, che nessuno sembra avere sensi

di colpa nell’imbastire una mostra di sola pittura in luoghi di ricerca.

cosa siGnifica, Per un artista, avere lo sGuardo lontano dal ProPrio aMbiente? coMe ha influito sul tuo lavoro?Non molto per chi, come me, è calato con agio nel proprio incubo: si cerca uno stu-dio, si popola di feticci e s’inizia ad allevar-li, a Bagnacavallo come a Berlino. Poi, non essendo io del tutto impermea-bile, ho notato dopo qualche mese che alcuni vizi appartenenti al mood berline-se iniziavano ad infestare le mie tele: indizi geometrici, qualche acidità, ma niente di rilevante.

desideri e aMbizioni? coMe vuoi che cre-sca la tua oPera? cosa ti asPetteresti Per lei?Vorrei forgiare idoli indimenticabili che in-gannino il tempo anziché testimoniarlo, im-magini che rimbalzano nella mente dell’os-servatore senza trovare una via d’uscita.

sei seMPre iMPeGnato con Grande dedi-zione alle tue oPere. a quali ProGetti stai lavorando? cosa ti sta iMPeGnando?Lavoro a trasformare l’arte in una bestia indomabile.

nicola samorì, ritratto fotografico

via cesare balbo 320136 milano

ph +39 02 58 31 63 16

[email protected]

opening hours:monday to friday

10.00 am – 5.00 pm

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dossier luoghi/spazidi livia savorelli | Foto di dieGo santaMaria

Casa museo Jornun’opera d’arte totale sulle alture di albissola marina

Siamo ad Albissola Marina, in provincia di Savona, esattamente nel quartiere dei Bruciati, dove il 3 maggio scorso – in occasione delle celebrazioni del centenario della nascita di uno dei più grandi protagonisti dell’arte di avanguardia del Nove-cento Asger Jorn (1914-1973) – è stata restituita alla cittadinanza “Villa Jorn”, divenuta Casa Museo Jorn: un gioiello architettonico, immerso nella vegeta-zione, che trasuda della personalità dell’artista danese che ha intrecciato la vita con Albissola, eleggendola a sua dimora.Il resto appartiene alla storia: Jorn acquistò nel 1957 una casa colonica in stato di abbandono e con annesso terreno sulle alture albissolesi e, grazie all’ami-co e collaboratore Umberto Gambetta (detto Berto), la trasformò in un’opera d’arte totale, plasmandola con il suo immaginario fantastico. Secondo l’artista, l’arte visiva e l’architettura dovevano interagire con il fruitore dell’opera, così come l’arte pubblica e quella decorativa dovevano modificare la percezione dello spazio, influendo positivamente sulla vita. Jorn, di fatto, decise ogni intervento all’interno della casa: i pannelli in ceramica, i piatti e le sculture così come i dipinti murari. Nel giardino, agli angoli e sui muretti, fissò sculture antropomorfe con lo scopo di proteggere la casa e far dialogare le energie della natura con quelle umane. Berto, oltre ad aiutare fisicamente l’artista nell’installazione delle opere, si

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occupava dell’orto, del frutteto e della vi-gna e realizzò, insieme al nipote Angelo, la sistemazione del giardino, con la costru-zione di muretti di contenimento delle ter-razze dove venivano inglobati elementi na-turali come pietre, conchiglie, vasi, scarti di lavorazione del vetro, del marmo e delle fornaci, piatti e sculture di Jorn e dei suoi amici artisti. Si venne così a delineare, con gli anni, un’architettura spontanea dove Jorn viveva con la sua famiglia rispettando i ritmi della natura, degli animali e dei suoi bambini, alternando momenti di relax e fe-sta con parenti ed amici all’intensa attività intellettuale ed artistica. Ed è così che in questo magico luogo, natura, architettura, arti decorative e plastiche dialogano e si compenetrano in un’unica entità dalle mille fascinazioni.La Casa Museo Jorn è divisa in due edi-fici – la Casa e lo Studio – separati da una grande vasca di raccolta delle acque piovane, per l’irrigazione dei campi circo-stanti, che ricorda l’origine contadina del luogo. Nell’edificio principale, al pian ter-reno, ci sono la cucina (in cui lavandino, credenza e colori delle pareti sono origina-li) e la veranda (un onirico spazio di incon-tro composto da un patchwork di piastrel-le colorate, utilizzate a ricomporre forme animali e vegetali e da altre figure umanoi-di in pietre e ceramica che testimoniano i contatti di Jorn con l’Art Brut di Dubuffet e con l’arte Nucleare). Dalla veranda si ac-cede al primo piano, dove troviamo subito il salotto (dalle cui finestre, nelle giornate più limpide, si può scorgere la costa del-la Corsica) – stanza che presenta un’im-portante composizione di piatti in cerami-ca (realizzati alle Ceramiche San Giorgio) e di piastrelle colorate – dal quale si acce-de alle camere da letto, entrambe carat-terizzate da due importanti dipinti murali. Altro locale importante, annesso alla casa, la cantina/dispensa dove venivano con-servati i generi alimentari e i vini rossi pie-montesi (Barolo, Barbera, Dolcetto) tanto amati da Jorn. La sua passione per il buon bere lo portò ad elaborare un’etichetta (in quattro colori: giallo, verde, blu e bianco) per quella che lui stesso amava definire “Cantina Jorn”.Lo Studio, invece, è un edificio composto al piano terra da quello che veniva chia-mato, da Jorn e Berto, “Museo” – perché ospitava la collezione di ceramiche artisti-che e artigianali (alcune delle quali ancora

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esposte nella casa ed altre conservate nell’Exhibi-tion Centre di Albissola Marina) e fungeva da ca-mera da letto per Berto e la moglie o per gli ospiti che giungevano dall’Italia o dall’estero – e da quella che era la cucina di Teresa, moglie di Berto. Al pri-mo piano, invece, l’Atelier di Jorn, dove dipinge-va e dove, a chiusura di importanti lavori, teneva la “festa della capra”, e il Pensatoio, dove si rifugiava per studiare e riflettere.Nel 1973, poco prima della morte, Jorn lasciò in eredità la casa e la sua collezione d’arte al Comune di Albissola Marina – affinché venisse creato un mu-seo per la sua opera e un luogo di residenza per gli artisti – lasciando l’usufrutto della stessa, fino alla sua morte, a Teresa Gambetta, moglie di Umber-to. Dopo i primi interventi d’emergenza, iniziati nel 2003 e seguiti dallo Studio Archipaes & Partners, volti a preservare il sito dal degrado e per la sua messa in sicurezza, il nucleo più corposo degli in-terventi di recupero, che ha interessato gli anni dal 2008 al 2011, è stato volto a garantire ai visitatori la fruizione del complesso, senza alterarne l’aspet-to originario. Gli stessi, in particolare, hanno portato

a realizzare nella casa un museo permanente dell’opera di Jorn e a convertire l’edificio, noto come Atelier, in un’area accoglienza ed espositiva. Dal gennaio 2013 fino all’aprile 2014 sono, invece, state restaurate le opere d’arte interne e quelle del giardino, con interventi mirati a garantire le condizioni microclimatiche ed ambientali dei locali per la loro preservazione.Per chi si trovasse a transitare in Liguria o per chi ama le gite fuori porta – tra arte, sole e mare – la vi-sita a questo gioiello sarà una tappa obbligata tra le mete dell’estate 2014, approfittando anche della vasta offerta degli eventi del centenario che si dislocano da Albissola Marina a Savona.

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CASA MUSEO JORNvia D’Annunzio 8, Albissola Marina (SV)Info: www.museodiffusoalbisola.it

Gli eventi del centenario:

Jorn Collection a cura di Luca Bochicchio e Sandro Ricaldone17 maggio – 7 settembre 2014MuDA // Exhibition Centre Via dell’Oratorio 32, Albissola Marina (SV)

“Caro Asger… La casa è pronta” Berto a cura di Luca BochicchioCasa Museo Jorn Via D’Annunzio 8, Albissola Marina (SV)(località Bruciati)

Asger Jorn e il contesto internazionale a cura di Luca Bochicchio, Leo Lecci, Sandro Ricaldone e Paola Valenti7 giugno – 7 settembre 2014Museo d’Arte di Palazzo Gavotti p.za Chabrol 2, Savona