Economia e Gestione delle Imprese

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Economia e Gestione delle Imprese Prof. ssa Paola Olimpia Achard A. A. 2007/2008 B V L G A R I Gruppo di lavoro: Eleonora Iagnemma Marina Mastrangioli Maria Panzera Francesco Vitale Veronica Vivio Andrea Zecchino 1. Il Gruppo Bulgari 1.1 Storia 1.2 Risultati economici e prospettive 1.3 Struttura societaria 2. Il settore lusso 2.1 Definizione del settore 2.2 Analisi del settore 3. Strategia di diversificazione 3.1 Portafoglio prodotti 3.2 Concetto di portabilità 3.3 Bulgari Hotels & Resorts 3.4 Analisi di business 4. Strategie di marketing 4.1 Brand Identity e posizionamento 4.2 Politica di distribuzione 4.3 Politiche di comunicazione 5. Ferragamo: “sulla strada” di Bulgari

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Economia e Gestione delle Imprese Prof. ssa Paola Olimpia Achard A. A. 2007/2008

B V L G A R I Gruppo di lavoro: Eleonora Iagnemma Marina Mastrangioli Maria Panzera Francesco Vitale Veronica Vivio Andrea Zecchino 1. Il Gruppo Bulgari 1.1 Storia 1.2 Risultati economici e prospettive 1.3 Struttura societaria 2. Il settore lusso 2.1 Definizione del settore 2.2 Analisi del settore 3. Strategia di diversificazione 3.1 Portafoglio prodotti 3.2 Concetto di portabilità 3.3 Bulgari Hotels & Resorts 3.4 Analisi di business 4. Strategie di marketing 4.1 Brand Identity e posizionamento 4.2 Politica di distribuzione 4.3 Politiche di comunicazione 5. Ferragamo: “sulla strada” di Bulgari

1. Il Gruppo Bulgari 1.1 Storia I Bulgari discendono da un’antica famiglia di argentieri greci dell’Epiro il cui capostipite, Sotirio, eseguiva preziosi lavori in argento secondo le tradizioni orafe della Grecia classica. Nella metà del XIX secolo Sotirio si trasferisce in Italia e nel 1884 apre il primo punto vendita a Roma in Via Sistina, poi sostituito nel 1905 dal negozio in Via Condotti che ancora oggi è il centro di gravità di tutti i negozi Bulgari. Nel frattempo, Sotirio viene affiancato nella gestione delle attività dai due figli Giorgio e Costantino, che decreteranno negli anni ’40 il distacco dalle rigide regole della scuola orafa francese per inventare uno stile ispirato al classicismo greco-romano, al Rinascimento Italiano e alla scuola orafa romana del XIX secolo, contribuendo a dare alla produzione una fisionomia precisa ed originale. Al primo, Giorgio, viene affidata la gestione commerciale dell’azienda, al secondo, Costantino, lo studio dell’arte orafa antica. Negli anni ’50-‘60 lo stile audace e innovativo di Bulgari raccoglie sempre più consensi e successo fra i protagonisti del mondo del cinema e del jet-set. L’impeccabile realizzazione a mano, la finezza compositiva e l’inconfondibile design fanno di gioielli come collane, bracciali, anelli, spille, orecchini e oggetti d’arredo in argento, dei veri e propri cult-object. Il marchio acquista così una fama internazionale che negli anni ’70 incoraggia il Gruppo ad avviare la prima fase di espansione all’estero con l’apertura di negozi a New York, Ginevra, Montecarlo e Parigi. Nel 1977 Bulgari segna un’importante tappa nel mondo dell’orologeria lanciando il primo orologio BVLGARI BVLGARI, divenuto ormai un classico, e fondando in Svizzera nel 1980 la società Bulgari Time per gestire la creazione e produzione degli orologi. Nel 1984 Paolo Bulgari diviene Presidente dell’Azienda, mentre Nicola Bulgari e Francesco Trapani sono nominati, rispettivamente, Vicepresidente e Amministratore Delegato. Inizia così un’epoca di forte crescita e di grandi sfide che porta alla realizzazione, negli anni ’90, di accessori, pelletteria, foulard, cravatte, occhiali. In particolare nel 1993 Bulgari sceglie di diversificare il proprio portafoglio prodotti entrando nel mercato dei profumi con l’Eau Parfumée au Thé Vert, cui seguiranno altre fragranze di successo prodotte dalla società Bulgari Parfums, con sede in Svizzera. Il 1995 segna un’altra tappa fondamentale per il Gruppo, che viene quotato

alla Borsa di Milano ed è attualmente trattato anche presso il segmento IRS della Borsa di Londra. Nel 1996 prosegue la diversificazione con la prima collezione in seta, affiancata l’anno successivo da un’ampia gamma di accessori. L’anno 2000 inaugura una strategia di verticalizzazione del Gruppo più accentuata con l’acquisizione dei marchi di alta orologeria Daniel Roth e Gérald Genta. Il 2000 vede anche la nascita del Fondo chiuso Opera con cui Bulgari, assieme ad altri partner, investe nei servizi e nei beni di lusso espressione dello stile di vita italiano. Gli anni 2002 e 2003 sono molto impegnativi a causa della forte incertezza del contesto economico e la strategia del Gruppo si concentra sul controllo dei costi e sul miglioramento dell’efficienza e dei processi di produzione investendo nel contempo anche nel lancio di nuovi prodotti. Il 2002 vede inoltre la prosecuzione del processo di integrazione verticale con l’acquisizione del 50% di Crova, marchio storico dell’alta gioielleria. Inoltre, nello stesso anno, nasce Bulgari Hotel&Resorts, la joint venture tra Bulgari e Luxury Group, la divisione alberghi di lusso della Marriot International. Così con l’apertura del primo hotel a Milano, Bulgari rafforza ulteriormente il brand declinando il concetto di lusso contemporaneo in location prestigiose e dal design esclusivo. Il 2004 è un anno di intensa attività sul fronte del lancio di nuovi prodotti e dell’avvio di partnership ed iniziative strategiche per lo sviluppo del business e la valorizzazione del brand: per sviluppare ulteriormente la produzione di gioielli in diamanti viene creata infatti una società partecipata al 50% da Bulgari International Corporation e per il restante 50% da LLD Diamonds Ltd., società controllata interamente dal Gruppo Leviev, il più grande produttore di diamanti tagliati al mondo. Sul fronte della gioielleria e coerentemente con il processo di verticalizzazione intrapreso, nello stesso anno il Gruppo completa l’acquisizione di Crova al 100%. Nel corso del 2005 il proseguimento della strategia di integrazione verticale porta a tre ulteriori acquisizioni: nel settore dell’orologeria entrano a far parte del Gruppo Bulgari le due aziende elvetiche Cadrans Design (acquisita al 50%), produttrice di quadranti per orologi di alta gamma, e Prestige d’Or (acquisita al 51%), specializzata nella produzione di bracciali in acciaio e metalli preziosi. Nel settore degli accessori, Bulgari acquisisce inoltre il 100% dell’azienda individuale toscana Pacini, poi ridenominata Bulgari Accessori s.r.l., attiva nella produzione di borse in pellami e tessuti pregiati. Anche nel 2005 sono numerosi i lanci di prodotto in tutte le categorie merceologiche con una particolare attenzione per l’alta gioielleria, valorizzata da una nuova collezione di straordinari pezzi unici in diamanti, realizzata anche grazie all’accordo con il

Gruppo Leviev, e presentata a Milano durante la settimana della moda registrando grandi consensi da parte del pubblico e della stampa internazionale. Il 2005 vede risultati di vendita soddisfacenti in tutti i settori e particolarmente lusinghieri in quello relativamente più recente degli accessori: per valorizzare al meglio questo business, vengono inaugurati in Giappone i primi di una serie di punti vendita in tutto il mondo ad essi interamente dedicati. I positivi risultati riportati nel 2007 hanno consolidato ancor più la leadership internazionale del marchio Bulgari con brillanti prospettive anche per il 2008. Dire Bulgari infatti, significa riassumere in una sola parola il concetto d’alta gioielleria plasmato sui nuovi diktat del gusto contemporaneo. 1.2 Risultati e prospettive economiche Attualmente l’impresa, terzo gioielliere al mondo dopo Cartier e Tiffany , ha conseguito brillanti risultati economici, facendo registrare, così, un fatturato di 759 milioni di Euro con un utile netto di 92 milioni di Euro. L’ analisi economica dei risultati di un’ impresa come Bulgari, presente in diverse aree di business collocate in più paesi del mondo, può essere facilitata attraverso una suddivisione dei ricavi in base alle aree geografiche, alla tipologia di prodotto e al canale di vendita. I dati relativi alla ripartizione dei ricavi per aree geografiche confermano il prestigio del gruppo sia a livello internazionale, in particolar modo in Giappone, dove si registra il 22% dei ricavi totali, sia sul mercato nazionale in cui la contrazione della domanda dovuta alla riduzione del flusso turistico è stata bilanciata da un incremento delle vendite alla clientela locale. Le buone performance sono da attribuire a tutte le categorie merceologiche che costituiscono il portafoglio prodotti del Gruppo e in particolar modo si può sottolineare l’andamento positivo del segmento dei gioielli, ritenuto da sempre il core business di Bulgari, e la forte ripresa degli orologi. Per quanto riguarda i canali di vendita, invece, le vendite attraverso i negozi a gestione diretta hanno mostrato una crescita molto aggressiva e superiore a quella ottenuta attraverso i distributori terzi. Ricavi per tipologia di prodotto Nel primo semestre 2007 le vendite sono aumentate in tutti i settori merceologici in cui opera il Gruppo, ad eccezione dei profumi sostanzialmente stabili rispetto allo stesso periodo del 2006. Nei gioielli, principale categoria di prodotto per Bulgari, la crescita è stata del 18%, proseguendo il costante trend positivo degli ultimi anni. Nello stesso semestre, gli orologi hanno confermato la forte crescita già evidenziata nell’ultimo trimestre del 2006, segnando un +12,8% rispetto ai primi

tre mesi del 2006. I positivi dati di vendita delle novità introdotte nei primi mesi del 2006, quali il “Carbon Gold” e il “Titanium”, oltre alla grande accoglienza riservata al nuovo modello da donna di “Assioma D” presentato a Basilea, sono i principali fattori a sostegno della crescita di questa categoria merceologica che lasciano ben sperare per le vendite anche dei prossimi mesi dell’anno. Cala invece, la vendita degli accessori per effetto della debolezza del mercato giapponese, in cui si concentra una parte molto importante del business di questa categoria, ma, nonostante questo andamento, l‘azienda non intende modificare le sue scelte rivolte a investire in questo business ancora relativamente nuovo per il Gruppo. Complessivamente la Divisione JWA (Jewels-Watches-Accessories; Gioielli- Orologi-Accessori) nei primi sei mesi del 2007 è cresciuta del 15% rispetto all’ anno precedente. Anche la Divisione Profumi ha evidenziato risultati positivi, consolidando la grande crescita avvenuta nel 2006, che sfruttava il notevole successo del lancio della fragranza “Aqua”e riportando una robusta crescita, particolarmente brillante, se si considera l’ assenza di lancio di rilievo di nuovi prodotti nella prima parte del 2007. Dopo l’inaugurazione avvenuta nel maggio del 2004, prosegue sempre con grande successo l’ attività dell’ albergo di Milano, il primo a marchio BVLGARI, gestito in partnership con il gruppo Marriott, attraverso la società Bulgari Hotels and Resorts Milano S.r.l. Gioielli 41% Royalties 2% Profumi 18% Accessori 7% Orologi 32% Ricavi per area geografica Nel primo semestre del 2007, di grande soddisfazione, è stata la robusta crescita delle vendite negli Stati Uniti, sostenuta dalla riapertura del flagship store della Fifth Avenue a New York, chiuso nel 2005 per una completa ristrutturazione. Inoltre prosegue con successo la scelta strategica del Gruppo di gestire direttamente la distribuzione dei profumi nel mercato americano, precedentemente gestita da terzi. Anche l’Europa ha mostrato un andamento delle vendite particolarmente positivo, specialmente nei negozi di proprietà, che beneficiano del recupero del traffico turistico, fattore che potrebbe essere un segnale positivo anche per il futuro. Particolarmente positive sono risultate le vendite in Spagna, in Gran Bretagna e in Francia, anche grazie al nuovo negozio di Place Vendome, ma va evidenziata una generale crescita in tutti i paesi europei, dove spicca in particolar modo la performance dell’Italia. Sempre importante la crescita in Giappone, mercato particolarmente

importante per questo settore, accompagnata dall’andamento positivo del resto dell’Asia che ha mostrato per il settore del lusso, particolarmente per le produzioni a marchio Bulgari, chiari segnali di vitalità con crescita esuberante. Italia 14% Europa (esclusa Italia) 25% Giappone 22% Medio Oriente 6% Estremo Oriente 19% America 14% Ricavi per canale di vendita Il numero complessivo dei negozi Bulgari, situati nelle più esclusive shopping areas del mondo, é pari a 232, di cui 136 in proprietà. Il tipo di distribuzione scelto da un’impresa come Bulgari è fondamentale in quanto, non solo costituisce una leva per incrementare i ricavi, ma è un vero e proprio strumento di comunicazione poiché alimenta la notorietà del marchio di lusso e contribuisce a diffondere una determinata immagine dell’ impresa. Infatti, il diretto coinvolgimento di Bulgari nella gestione distributiva che garantisce un immediato ed efficace controllo delle operazioni di vendita e la strategia distributiva focalizzata su nuove importanti aperture e sull'ampliamento e rinnovamento di negozi già esistenti in prestigiose location a livello mondiale, ha già contribuito alle ottime performance registrate in Europa e negli Stati Uniti, mostrando anche delle buone aspettative per l’ area geografica orientale.

2. Settore lusso 2.1 Definizione Il termine lusso deriva dalla voce latina “luxus” che significa letteralmente “eccesso”, “intemperanza”, “dissolutezza”, ma anche “fasto” e “magnificenza”. Già osservando questa varietà di significati si può evincere l’ambiguità che accompagna il concetto di lusso, sospeso tra un estremo a valenza negativa di suntuosità eccessiva, sregolata e superflua, ed uno dal carattere positivo di magnificenza e desiderabilità. Il lusso è stato definito in passato con tratti del tutti particolari: elitario, poiché offriva pezzi unici a prezzi proibitivi, locale, perché basato su imprese legate al territorio ed inoltre caratterizzato da segmenti di offerta specialistici, gioielli ed orologi. La produzione di oggetti di lusso si configura adesso come produzione in serie, capace di far fronte a milioni di ordini. Il mercato dei beni di lusso ha registrato nell’ultimo ventennio una serie di cambiamenti radicali. In primo luogo è mutato il paradigma sociale ed

economico all’interno del quale si inseriscono i comportamenti d’acquisto e d’uso dei beni di lusso: a partire dalla fine degli anni ‘70 infatti la componente ostentativa ed emulativa che guidava la domanda di questa tipologia di prodotti ha ceduto il passo ad un nuovo significato di lusso che da specialistico si è trasformato in generalistico (“tutto per tutti”), da locale a globale (“tutto da per tutto”) e da elitario è divenuto democratico, grazie alla convinzione diffusasi tra gli operatori del settore che non solo i più facoltosi possono apprezzare un prodotto di qualità superiore. Il lusso odierno è dunque sempre più “finalizzato ad accrescere il proprio piacere e benessere personale e non, come voleva una consolidata prassi, a comunicare agli altri la ricchezza o lo status sociale” (Fabris, 1998). L’acquisto di un bene di lusso non è più dettato dai bisogni “ostentativi” bensì dalla volontà di autorealizzarsi, di trattarsi bene e concedersi il meglio. La comunicazione che si intende rivolgere agli altri tramite il consumo dei beni di lusso, è un messaggio di buon gusto e capacità di scelta. Il prezzo nella nuova concezione di lusso è un fattore necessario, ma non sufficiente, perché questo deve essere accompagnato dalla qualità, dall’estetica, dalla rarità e dalla cultura. Chi acquista un bene di lusso sarà sicuramente una persona esigente e di classe, ma soprattutto ha una forte propensione a spendere, di conseguenza i prezzi hanno uno scarso significato nelle decisioni di acquisto, ciò che conta sono la qualità, il design e la moda/immagine. Secondo un’analisi condotta da Pambianco Strategie d’Impresa, i fattori che hanno determinato il successo del made in Italy nei beni di lusso sono così distribuiti: Immagine del paese e dell'azienda 24% Design 22% Qualità 21% Servizio 18% Prezzo 15% Il concetto di lusso quindi fa riferimento a beni esclusivi di altissima qualità, caratterizzati da marchi prestigiosi di fama internazionale, di prezzo molto elevato e spesso supportati da storie e tradizioni affascinanti, rappresentativi di valori senza tempo, come l’eleganza, l’equilibrio nelle forme, l’esclusività delle materie prime. Tutti fattori questi che caratterizzano la storia di Bulgari e delle sue creazioni. È bene evidenziare che il lusso individua segmenti più o meno ampi di mercato: dall’abbigliamento alla gioielleria, dalla pelletteria agli accessori e agli altri articoli preziosi. Nel grafico che segue vengono riportate le quote di mercato per ogni categoria di prodotto:

Abbigliamento 35% Pelletteria, scarpe ed accessori 18% Gioielli, orologi 19% Profumi e prodotti cosmetici 25% Altri 3% Ecco perché la molteplicità dei prodotti fa sì che lo studio dei confini settoriali per quanto riguarda l’industria dei beni di lusso, presenti delle caratteristiche atipiche rispetto all’analisi di altri settori, focalizzati per lo più su una sola categoria merceologica. Volendo applicare la teoria dell’omogeneità di Volpato (1986) al settore luxury si può procedere analizzando i singoli criteri di omogeneità: 1. Omogeneità nel tipo di bisogno soddisfatto dai prodotti. I beni appartenenti al settore luxury vengono acquistati più per il loro valore immateriale, emotivo e simbolico, che per il loro effettivo valore funzionale. Quindi il bisogno soddisfatto da questi beni è generalmente un bisogno di immagine e di status: possedere un gioiello Bulgari esprime inequivocabilmente la propri appartenenza a un gruppo che si colloca ai più alti livelli della scala sociale. 2. Omogeneità nella tecnologia utilizzata nella produzione Non si può certo affermare che i beni di lusso presentino tecnologie produttive uguali o simili ma ciò che crea omogeneità nel settore luxury è l’artigianalità nel processo produttivo. La fabbricazione dei prodotti è nella maggior parte dei casi portata avanti da manodopera specializzata con skills difficilmente riproducibili. Questa caratteristica obbliga le imprese a limitare quantitativamente la produzione in modo da mantenere elevato il livello qualitativo. 3. Omogeneità nei tipi di materiali utilizzati Anche per quanto riguarda i materiali è difficile stabilire quali tipologie non rientrino nella produzione dei beni di lusso, malgrado questo è possibile individuare un minimo comune denominatore che accomuna tutte le materie prime impiegate: esse presentano caratteristiche di elevata qualità, spesso hanno un costo rilevante, che rappresenta gran parte del costo finale del bene, inoltre sono materiali preziosi e a volte difficilmente reperibili in natura, come accade ad esempio per le pietre preziose utilizzate da Bulgari nelle sue collezioni. 4. Omogeneità nel tipo di struttura commerciale La distribuzione selettiva rappresenta per le imprese operanti in questo settore uno dei fattori chiave nel processo generativo del valore. Il controllo della fase di commercializzazione rappresenta infatti una strategia vincente per costruire un’ immagine di prestigio, per questo la tendenza dominante nelle aziende e nei gruppi del settore, si basa sull’apertura di punti vendita monomarca, di proprietà o in franchising, in cui la comunicazione

dell’immagine del marchio passi attraverso un ambiente elegante e raffinato e risorse umane competenti e formate. 2.2 Analisi di settore Dopo alcuni anni di assestamento post 11 settembre, a partire dal 2005, si è registrata una forte ripresa del mercato mondiale del lusso. La crisi che aveva raggiunto il culmine nel 2003 ha lasciato il segno, ma ora le aziende hanno ritrovato l’ottimismo grazie soprattutto alle ottime performance del Giappone e del Far East, dove ogni anno milioni di nuovi consumatori si affacciano sul mercato. Il mercato del lusso si conferma ampio e solido, la crescita è diffusa su un ampio panel di brand; ad essere coinvolti sono sia i nuovi che i vecchi mercati e tutte le categorie prodotto contribuiscono ai risultati positivi, con un contributo più che proporzionale degli accessori ed una ripresa dei fenomeni di super-luxury (gioielli e orologeria di alta gamma). Per il futuro la progressiva crescita della ricchezza disponibile e il peso crescente dei nuovi mercati, creano le premesse per una buona crescita di lungo periodo. Sono infatti mercati come Russia, Cina e India ad essere nel mirino delle aziende del lusso. In Russia 5 milioni di persone (cioè il 3% della popolazione) genera già oggi un mercato che vale 2,5 miliardi di euro, di cui 2 solo a Mosca. La previsione è di un crescita a ritmo del 20% annuo per i prossimi 5 anni. Il consumatore russo è opulento ed ama ostentare status e ricchezza, non s’accontenta del solo logo, ma lo vuole arricchito da materiali e lavorazioni preziose. In Cina già 10 milioni di persone (1,1% della popolazione) possono accostarsi a questi consumi, ma con un potere d’acquisto più ridotto e, sul fronte dei prodotti di lusso, con una sensibilità e raffinatezza ancora da costruire. Il mercato cinese vale circa 2 miliardi di euro, in crescita del 50-70% annuo. Esso rappresenterà uno dei mercati di riferimento per i prossimi 10-15 anni. Leggermente diverso l’approccio indiano al consumo di lusso. Gli indiani, infatti sono tradizionalmente e culturalmente più abituati al lusso. Il mercato locale indiano vale 1 miliardo di euro, contro i 500 milioni del mercato internazionale. Con i suoi tessuti preziosi, i ricami, il primato nel consumo dell’oro e delle pietre preziose, l’India è più difficile da attrarre per i marchi internazionali. Questo nonostante ultimamente ci sia una maggiore apertura dovuta ad una nuova legislazione interna e ad una maggiore predisposizione dei consumatori alle novità occidentali. Gli USA, l’Europa e il Giappone sono ancora ai primi posti, rispettivamente con i 20, 11 e 7 milioni di dollari generati dai rispettivi consumatori più abbienti,

e rimarranno i mercati core per le aziende di lusso. Le strategie delle aziende valutano tutti questi aspetti e monitorano e sviluppano i mercati emergenti cercando di consolidare al contempo i mercati core. Il Giappone è oggi la vera gallina dalle uova d’oro per le aziende di lusso, in grado di alimentare sia il mercato locale che la crescita dei mercati storici grazie ai flussi turistici. Nel mercato giapponese coesistono target di mercato assai diversi tra loro: dal consumatore sempre più giovane, brand e fashion oriented, fino a quello maturo, educato al lusso e alla qualità di tipo occidentale. Questa variegazione fa sì che ci sia spazio per tutte le categorie di prodotto e stili. In Europa è successo qualcosa di diverso. L’attenzione ai flussi turistici propri del continente, ha fatto perdere di vista il consumatore locale, sempre più difficilmente fidelizzabile ed attraibile. Negli USA continua ad esserci grande attenzione da parte dei marchi di lusso e dei “departement store di fascia alta” per il consumatore locale. Stiamo parlando dei baby-boomers, generazione costituita dagli over 50 che accumula circa il 50% del potere di spesa del mercato. È una categoria di consumatori forte ma che sta invecchiando, quindi impone delle scelte strategiche diverse per coloro che hanno puntato tutto su di loro. Un target emergente e significativo è rappresentato dalle working women: 25- 45 anni con un reddito disponibile che consente ampio accesso ai beni di lusso e consumi concentrati in categorie di prodotto ben definite: abbigliamento formale, accessori, trattamenti di bellezza, ristoranti, vacanze e servizi finanziari.

3. Strategia di diversificazione Scegliere i settori ed i mercati in cui l'impresa dovrà competere significa stabilire con quali competitors misurarsi e delineare i confini dell'attività dell'impresa. Tale scelta precede la definizione della strategia di business e caratterizza le definizioni della vision e della mission di un'impresa. Si comprende allora come le scelte di diversificazione non interessino soltanto la componente dimensionale di un’impresa ma corrispondono a precisi indirizzi strategici. In prima approssimazione possiamo definire la diversificazione come un aggiunta di nuove attività a quelle che un’impresa già svolge e viene spesso trattata a proposito dei processi di crescita delle imprese. La crescita di un’impresa è il modo in cui essa acquisisce, mantiene e

sviluppa il proprio vantaggio competitivo. Possiamo allora vedere la diversificazione come la scelta strategica di innovare il rapporto prodotto/mercato. Essa viene realizzata aumentando il numero di attività produttive intraprese e modificandone la specie, ampliando il portafoglio prodotti o occupando posizioni in mercati diversi da quelli attuali. Le motivazioni che possono spingere un’impresa a diversificare possono essere sia di natura offensiva che di natura difensiva anche se nella maggior parte dei casi il movente sembra essere di natura offensiva. L’analisi per l’intervento in nuovo mercato si attua in relazione a quattro diverse prospettive: 1. Power market view, per il proprio effetto anticompetitivo; 2. Risk view, per ridurre il rischio totale d’impresa; 3. Agency view, per studiare la relazione di agenzia che lega gli azionisti al top management; 4. Resource based view, per il fatto che l’impresa va osservata in un’ottica di crescita continua e non di ricerca di un equilibrio. Una delle manifestazioni più evidenti emerge con riferimento alla numerosità degli attori protagonisti e alla natura delle strategie di sviluppo; la grande disponibilità finanziaria precedente la contrazione dei consumi post “11 Settembre” ha da un lato permesso l’ingresso sul mercato anche di imprese di piccole e medie dimensioni, contribuendo a frazionare ulteriormente il panorama degli operatori, e dall’altro ha consentito ai grandi gruppi di avviare un profondo processo di diversificazione sia di tipo verticale (presenza di diverse linee sotto la medesima insegna) sia di tipo orizzontale (che attraverso operazioni di acquisizione si è tradotta in category extension anche molto distanti dai relativi core business) incidendo notevolmente sullo sviluppo di mercati globali soprattutto in Europa, Usa e Giappone. Con la congiuntura cambia profondamente il panorama e se il boom delle operazioni di acquisizione negli anni 1999-2000 era stato favorito da una situazione di mercato estremamente positiva, sono invece le difficoltà a contrassegnare le operazioni straordinarie di vendita e le fusioni che prendono avvio a partire dal 2002 e che testimoniano sia l’incapacità delle piccole e medie imprese di fronteggiare la crisi sia la difficoltà di alcuni grandi gruppi di integrare e gestire i marchi e le aziende acquisite. In questa ultima fase il numero degli attori protagonisti si riduce, le imprese si focalizzano con maggiore intensità rispetto al passato sul proprio core business e ridisegnano le strategie di crescita facendo leva sulla comunicazione e sul controllo della rete di vendita, conferendo nuova enfasi all’interpretazione ed

alla soddisfazione delle esigenze dei consumatori. Dal 1970 l’azienda inizia un processo di internazionalizzazione attraverso investimenti “market seeking” finalizzati ad entrare in mercati esteri (apertura di punti vendita a New York, Montecarlo, Parigi e Ginevra) caratterizzati da buone prospettive di redditività e di consolidamento in termini di immagine. In questi anni prende avvio anche l’importante strategia di diversificazione che porta Bulgari ad estendere il proprio business in molti settori del sistema moda. Bulgari entra nel settore orologeria nel 1977, offrendo modelli maschili e femminili che applicano i criteri più rigorosi dell’orologeria svizzera ad uno stile contemporaneo e innovativo. Nel 1990 si affaccia brillantemente nel business dei profumi proponendo dieci linee di fragranze, completate dalla rispettiva collezione per il bagno. Nel 1997 diversifica negli accessori in seta e pelle oltre ad una linea di occhiali da vista e da sole. Completa il panorama una linea di penne, portachiavi e oggetti regalo. 3.1 Portafoglio prodotti Il portafoglio prodotti di Bulgari comprende diversi business interdipendenti per la medesima funzione d'uso (ricerca dello status rappresentato dall'oggetto) e per la stessa clientela (uomini e donne di ceto sociale elevato e reddito alto). Le competenze distintive, coltivate e migliorate nel corso degli anni, si concretizzano in una conoscenza del mercato del lusso, e permettono all'azienda di muoversi all'interno dei settori componendo un'offerta al mercato numerosa e differenziata, attraverso una strategia di specializzazione selettiva, volta ad occupare gli spazi in cui focalizzare l'attenzione in maniera particolare. Gioielli Il settore della gioielleria sicuramente rappresenta il core-business di Bulgari, sia perchè è stato il punto di partenza su cui è cresciuta l'azienda e da cui sono partite tutte le successive diversificazioni, sia perchè a tutt'oggi i ricavi del business costituiscono per oltre il 40% dell'intero fatturato. Sin dagli albori, riprendendo la tradizione francese, le creazioni di Bulgari hanno saputo conquistare gradualmente le attenzioni dei clienti, attraverso la massima cura di quei valori fondamentali e distintivi del prodotto Bulgari (non solo nel settore gioielleria), ovvero la ricerca della qualità, del design e anche, e soprattutto dell'innovatività, nella sperimentazione di materiali, colori e forme nuove di grande richiamo. A partire dagli inizi del '900, l'azienda ha lanciato una grande varietà di gioielli, interpretando anche le evoluzioni storiche del mercato (basti pensare agli anni '50 con la grande diffusione dei diamanti) rivolgendosi sempre più fortemente alla clientela più facoltosa fino ad accorgersi, intorno agli anni '80, delle opportunità nascoste in un segmento ancora non esplorato del mercato del

lusso: quello dei gioielli di costo "medio", in forte crescita e in cui l'azienda non esitò a penetrare con grande decisione, cercando di riposizionarsi leggermente, costruendo un'immagine di "un'azienda non rivolta solo ai ricchi, ma a chi coltiva un proprio gusto", come lo stesso Gianni Bulgari, amministratore delegato dell'epoca, dichiarava evidenziando ancora una volta la tendenza dell'azienda alla ricerca non del semplice "lusso", ma ad un qualcosa di costruito per soddisfare le esigenze ed il gusto del cliente. Iniziava così una sorta di "demistificazione" del gioiello, destinato fino ad allora a rimanere custodito per essere indossato solo in occasioni particolari, per lasciare il posto a una nuova idea di un gioiello da indossare in qualsiasi circostanza. Nasceva dunque il concetto di "portabilità", tanto caro a Bulgari. Nuovi designers vengono selezionati in tutto il mondo, e cosa molto particolare, vengono assunti molti professionisti esperti di settori totalmente diversi (automobilismo, mobili, ecc.) che però, proprio grazie alla capacità di importare qualcosa di "diverso" nella gioielleria, riescono a creare le collezioni più importanti, come "Parentesi" (1982), che diede vita ad una nuova forma di gioiello, detto "modulare" per la tecnica di realizzazione "a moduli", ovvero attraverso una particolare rifinitura con microfusioni; "Naturalia" (1991), caratterizzata da motivi naturalistici di ogni genere (animali stilizzati, fiori, ecc.); "Chandra" (1993), rivoluzionaria collezione in porcellana bianca che ha riscosso notevolissimo successo. Ogni collezione è caratterizzata da una politica di assortimento volta ad ampliare lunghezza e profondità dell’offerta, stimolando il portafoglio in direzione di un cross-selling sempre più accentuato. Orologi I primi esemplari che ci sono pervenuti risalgono agli anni Venti. L'inizio del successo di Bulgari nel campo dell'orologeria risale però alla fine degli anni Quaranta, quando l'azienda lanciò un particolare nuovo prodotto, a metà fra un bracciale e un orologio, che per la sua particolare natura (spire d'oro a forma di serpente ad avvolgersi intorno al braccio), colpì il mercato, accompagnando l'azienda negli anni Cinquanta e Sessanta nella produzione di diverse varianti e evoluzioni del modello. Tuttavia, la vera prima importante collezione viene lanciata solo sul finire degli anni Settanta e riscuote tale successo da spingere l'azienda a fondare in Svizzera la Bulgari Time, società dedita esclusivamente a controllare la produzione di tutti gli orologi Bulgari. Grazie anche alla collaborazione con Girard Perregaux, una tra le più prestigiose ditte di orologeria elvetica, fu lanciato nel

1977 il celebre Bvlgari-Bvlgari, il cui successo, superiore di gran lunga alle aspettative, generò la consapevolezza nei vertici aziendali di aver aperto in maniera definitiva un nuovo mercato. Dopo aver prodotto numerose varianti, anche utilizzando competenze specifiche della gioielleria (ad esempio, la produzione di serie limitate con preziosi cinturini in oro), nel 1994 Bulgari va ad abbracciare un altro segmento del mercato, avvicinandosi alla clientela più "sportiva" e giovane con il modello Scuba, destinato ad un pubblico raffinato ed esigente (già fidelizzato alla casa), ma che è alla ricerca di un orologio informale e allo stesso tempo caratterizzato da un design di altà qualità. Arrivati ad oggi, anche in questo campo, come nel settore della gioielleria, Bulgari è riuscita a non compromettere gli alti standard qualitativi nel processo di ampliamento del proprio mercato. Attualmente, i concorrenti principali sul mercato sono Cartier e Richemont, da cui Bulgari si differenzia per la capacità di lanciare spesso per prima prodotti innovativi, anche nell'aspetto tecnologico, a differenza delle altre aziende che concentrano il loro lavoro soprattutto sul lato estetico e puramente esteriore del prodotto. Profumi e cosmetici Il desiderio dell'azienda di estendere ancora di più la risonanza del proprio marchio si concretizza nel 1990 con la creazione della "Bulgari Parfums" a Neuchatel, in Svizzera. Questa mossa si inseriva nell'obiettivo dichiarato di creare a livello mondiale una diffusa consapevolezza del nome "Bulgari". E infatti, la produzione e l'ampia distribuzione in tutto il mondo dei profumi non ha alterato la filosofia di altissima qualità ed esclusività, anzi, al contrario, ne ha garantito la disponibilità a un pubblico più vasto, e in certe occasioni anche nuovo, che ora si avvicinava sulla scia dell'attrazione verso un oggetto meno formale e più quotidiano. Il packaging dei prodotti (ad esempio in soffici scatole di cartone) rappresenta soluzioni che, unite alla forza di richiamo del marchio, incuriosiscono ed attraggono i potenziali clienti. L'offerta conta più di 10 linee di prodotto e procura il 20% dei ricavi totali dell'azienda. Accessori Recentemente, Bulgari ha diversificato ulteriormente, producendo attraverso la Bulgari Accessori S.r.l., una serie di accessori volti ad ampliare il proprio portafoglio prodotti. Occhiali da vista e da sole, oggetti regalo (penne, portachiavi, ecc.), borse in pelle e altri accessori in seta rappresentano business fortemente correlati, uniti dal denominatore comune della ricerca di esclusività da parte del cliente.

A tal proposito, vi è una piccola divergenza di idee tra i vertici aziendali: l'amm. delegato Francesco Trapani punta molto su questa frazione di mercato, programmando importanti investimenti (tra cui anche l'apertura in futuro di punti vendita dedicati) e ponendo una notevole fiducia basata su una domanda specifica in forte crescita, in particolare nel mercato orientale. Invece, la proprietà storica dell'azienda è convinta che Bulgari debba restare un "purista" della gioielleria, senza allargare troppo la sua influenza e rischiare che, a lungo termine, buoni profitti si trasformino in un ritorno negativo di immagine e un eccessivo allungamento verso il basso del portafoglio prodotti. 3.2 Concetto di portabilità In un mercato fortemente differenziato come quello del lusso, è di fondamentale importanza attribuire al prodotto fattori che ne aumentino il valore riconosciuto dal mercato rispetto a quello attribuito ai concorrenti. Fonte di competitività non è però soltanto il lavoro di differenziazione tangibile, ma ben più importante è quello operato sulle componenti intangibili, non meno determinanti. A tal proposito, come abbiamo visto, Bulgari si avvale della forza comunicatrice del suo marchio, ma si spinge ancora oltre, creando una vera e propria identità del prodotto attraverso un minuzioso e attento lavoro su ogni particolare dell'oggetto, anche il più marginale ed apparentemente insignificante, con l'obiettivo di far riconoscere al cliente lo stile Bulgari in maniera inconfondibile. Infatti non è soltanto il marchio a garantire l'assoluta e inconfutabile qualità del prodotto, ma è anche, e soprattutto, il prodotto stesso a consolidare le basi che il nome Bulgari rappresenta. Ciò che rende peculiare il lavoro dell'azienda è la capacità di riuscire a far percepire pienamente al cliente il valore della propria creazione. Paolo Bulgari, nipote del fondatore Sotirio, ha introdotto il concetto di quella che lui stesso definisce "portabilità": il vero valore aggiunto del prodotto Bulgari è la capacità di riuscire a produrre nel cliente la consapevolezza di indossare un qualcosa di unico. Ma l'esteriorità, la visione puramente esterna dell'oggetto, è in secondo piano rispetto al valore che esso assume per il cliente, non in quanto consumatore, ma in quanto persona fisica. L'importanza delle sensazioni che il gioiello trasmette è ben più importante del valore dei materiali. Per Bulgari il lusso non deve essere "fine a se stesso" ma deve saper coniugare la raffinatezza e la preziosità dei materiali alle esigenze intime del cliente. Ad esempio, per una donna che indossa una collana, un peso non adeguato

del gioiello può essere sinonimo di scomodità o, viceversa, di fragilità. Meticoloso è anche lo studio per il perfezionamento dei materiali: a tal proposito, i laboratori specializzati hanno riproposto intorno agli anni '80 una tecnica di taglio delle pietre detta "en cabochon" che invece di sfaccettare il gioiello, come era abitudine in precedenza, permette di ottenere una gemma rotonda, liscia e levigata, che oltre ad essere piacevole al tatto, dona al gioiello anche maggiore lucentezza. Il concetto di "portabilità" esprime dunque la ricerca della massima soddisfazione di colui che acquista il prodotto, e tutto ciò si traduce nella fidelizzazione della clientela più esigente, che come anche dimostrato da indagini statistiche commissionate dall'azienda, si dichiara disposta a preferire in futuro nuovamente prodotti dello stesso marchio, in una tendenza più marcata rispetto a quella verificata in studi analoghi promossi dalle aziende concorrenti. Questa visione pone le sue radici nella natura familiare dell'azienda, permettendole di coniugare la logica del mercato ad un sistema di valori molto radicato. Infatti, notevole attenzione viene anche posta nella selezione dei manager (non a caso gli amministratori delegati vengono scelti all'interno del ramo familiare), che devono anche essere in grado di saper cogliere, interpretare e portare avanti questa filosofia aziendale. 3.3 Bulgari Hotels & Resorts Le grandi firme della moda e del lusso interpretano da anni al meglio il concetto di brand, e così come il brand assume oggi una connotazione più legata all’esperienza del cliente che al prodotto, le grandi firme non si accontentano più di firmare abiti, profumi o gioielli. Il risultato è una nuova idea di business: il grand hotel resort extra lusso firmato dagli stilisti. Il modello è semplice: associare al brand l’esperienza di vita all’interno di queste strutture che rispecchiano fedelmente il gusto e le caratteristiche dello stilista di riferimento. Così il concetto stesso di grand hotel evolve: dalla grande catena alberghiera fredda e impersonale al più caldo universo sensoriale dove l’obiettivo è il benessere fisico e mentale e non più il mero soggiorno. Apripista di questa tendenza è stata Krizia, con un resort sulla costa a sud di Barbuda, nel Mar dei Caraibi: il K Club. In questo caso l’interior design è stato creato dalla stilista in persona, a testimonianza dell’importanza di creare una continuità stilistica con la griffe. E la formula sembra funzionare, dal momento che in seguito altri stilisti come Versace, Blumarine, Ferragamo e Alberta Ferretti hanno sostenuto ingenti investimenti per realizzare strutture simili. I Versace per esempio hanno firmato Palazzo Versace, sulla costa australiana del

Queensland, 205 camere in stile classico con terme private. Altri nomi sono rimasti in Italia: Alberta Ferretti a Ravenna, Anna Molinari (Blumarine) a Carpi e Ferragamo a Firenze, ad un passo dal Ponte Vecchio. Ma il progetto più ambizioso è quello di Bulgari. La scelta di operare nel business degli alberghi di lusso si è rivelata strategica in termini di brand recognition per Bulgari, che ha affrontato questa nuova sfida unendo il valore del proprio marchio alle conoscenze del settore alberghiero portate dalla partner Marriot International (che gestisce tra gli altri la catena Ritz Carlton). Le motivazioni che guidano questo progetto - originariamente intrapreso per portare all’apertura di sette hotel di lusso nelle maggiori città del mondo – sono principalmente legate allo sviluppo del marchio, e mirano ad aumentarne la visibilità all’interno dei marketing chiave. Da non sottovalutare l’importanza legata al marketing relazionale che l’operazione riveste: la creazione di una catena alberghiera che porta il proprio nome, costituisce un fattore strategico di assoluta rilevanza in termini di contatto con il cliente: la creazione di una sorta di “macchina per pubbliche relazioni”. Nel voler perseguire l’eccellenza, Bulgari ha puntato su un carattere di forte “italianità” che viene proposto tanto nell’arredamento quanto nella scelta di una cucina esclusivamente italiana. La struttura della joint venture prevede una pari rappresentanza nel consiglio di amministrazione, delegando però la gestione in via esclusiva a Marriot. Il primo Hotel Bulgari viene inaugurato a Milano nel Maggio 2004. L’hotel a cinque stelle lusso sorge in Via Privata Fratelli Gabba, nella zona milanese di maggior prestigio sia da un punto di vista culturale che commerciale, grazie alla vicinanza con Via Montenapoleone, Via della Spiga, il Teatro alla Scala e il quartiere di Brera. Disegnato dallo studio di architettura Citterio & Partners, l’hotel è caratterizzato dallo stile contemporaneo di Bulgari, contraddistinto da un’inconfondibile identità nel design e nel servizio. Un progetto che in modo inusitato unisce in osmosi e in perfetta sinergia la dimensione architettonica e microurbanistica con la metodologia paziente e accurata dell’industrial design. Il risultato è una sorta di ‘total design’, come affermano i progettisti, in cui il rimando tra particolare e generale appare continuo e dialettico, dove ogni componente impiegata, arredo e materiali, colori e accessori, finiture e dettagli, è parte di una regia complessiva, attentamente governata. D’altra parte il procedere nel progetto ‘a sistema’ è uno degli aspetti che caratterizza la densa produzione che Antonio Citterio e Patricia Viel hanno definito nel tempo, forse per la prima volta in modo così intenso e complesso in

questo progetto che unisce, strettamente, architettura e design. Uno spazio che indubbiamente rappresenta, o meglio inventa, in forma architettonica e in successione di atmosfere declinate per interni, l’aggressività e l’esclusività del marchio Bulgari. L’intento perseguito con successo è stato quello di riuscire a mantenere la dimensione d’insieme, la percezione degli spazi e l’accurata palette cromatica, nei binari di una contemporaneità e di un rigore cui non si voleva rinunciare, senza scivolare nella seduzione del ‘lusso’. Quello che si rivela dell’intero intervento più che un ‘lusso’ ostentato è piuttosto una ‘percezione di valore’. Un ‘valore’ declinato per materiali e loro impiego, per immagine d’insieme, per spazi e percorsi, e, soprattutto, per alto grado di comfort, che in ogni ambiente dell’hotel è comunicato con evidenza, quasi come un motivo guida del processo compositivo globale. Un senso di ‘valore’ che stupisce e insieme rassicura, destinato a durare nel tempo più che a consumarsi nelle stagioni delle ‘mode’; un ‘valore’ sottolineato certo dai materiali (pietre e marmi, metalli e vetri, trame e texture metalliche e leggere), dai dettagli (dalle maniglie ai rubinetti, alle placche di bronzo degli interruttori), dai colori e dalle luci (studiate con cura da Metis Lighting), quasi a definire un rigoroso ‘abbecedario’ di riferimento cui attingere con metodo. Il secondo degli Hotels&Resorts di Bulgari viene inaugurato a Bali nel Settembre del 2006. Il resort è la prima applicazione in chiave esotica del concept presentato dal gioielliere romano nel 2004, in occasione dell’apertura del city-hotel di Milano. Il nuovo progetto (ancora opera di Antonio Citterio and Partners) condivide con coerenza l’approccio progettuale chiaramente contemporaneo dell’albergo milanese, calandosi con rispetto e curiosità in un contesto, quello di Bali, ricco di tesori architettonici e di una cultura carica di tradizioni e rituali legati alla religione indù. Disegno rigoroso e dettagliato, predominanza dei toni scuri e raffinata ricerca nella lavorazione dei materiali si combinano con la necessità di riconfigurare il progetto del resort di lusso, in continuo confronto con la complessità del contesto. Privacy e ricercatezza sono le caratteristiche del nuovissimo complesso composto da 58 eleganti ville affacciate su un costone di roccia a 150 metri di altezza, dove lo stile architettonico dell’isola si fonde con il design

contemporaneo. Affacciato sull’Oceano Indiano Bulgari Resort è sospeso a 150 metri di altezza su un costone di roccia ed è composto da 58 elegantissime Villas grandi dai 300 ai 500 metri quadrati, con patio, piscina privata e una terrazza affacciata sul mare. Unica nel suo genere è Villa Bulgari, che con i suoi 1.300 metri quadrati è il non plus ultra del lusso: ingresso privato, tre stanze da letto, salone bar, sala video, sala da pranzo, dependance per il personale, ampio spazio per la meditazione e una grande terrazza. L’arredamento è una fusione fra architettura tipica balinese e design contemporaneo, in uno stile perfettamente integrato con l'ambiente circostante. Nelle ville è stato fatto largo uso di pietre locali, legni esotici e tessuti raffinati realizzati in esclusiva per Bulgari, ad arredare pezzi di antiquariato balinese che affiancano tutti i confort della tecnologia moderna. Gli spazi comuni sono composti da due ristoranti realizzati in un ambiente di grande atmosfera, sono stati infatti progettati intorno a un grande lago ornamentale e alla piscina. Uno è specializzato nei sapori della cucina indonesiana moderna, l’altro, aperto solo la sera, propone piatti rivisitati della cucina del nord Italia. Una grande Spa, con stanze panoramiche fronte oceano si sviluppa intorno a un grande padiglione costruito secondo lo stile tipico delle case Joglo dell’isola di Java e offre due Spa suite con giardino esterno. 3.4 Analisi di business Nel voler definire alcuni dei diversi business in cui Bulgari è impegnata, è possibile far riferimento alla matrice di Abell, un valido strumento che permette di mettere a fuoco l’effettivo ambito competitivo. Tale matrice si compone di tre dimensioni: ? ? La funzione d’uso, ovvero i bisogni che il prodotto / servizio intende soddisfare; ? ? La tecnologia, cioè la modalità o l’attività con cui vengono soddisfatti tali bisogni; ? ? I gruppi di clienti, ossia il target di clientela a cui i prodotti sono rivolti. Nel caso di Bulgari si prendono di seguito in esame quei business che risultano essere più rilevanti o perché caratterizzanti l’azienda o perché assumono un ruolo determinante sia sotto il profilo strategico che in termini di fatturato.

4. Strategie di marketing “Posso resistere a tutto, eccetto che alle tentazioni” , in questo aforisma di Oscar Wilde è contenuta molta dell’essenza del fenomeno del lusso: l’acquisto di questi prodotti prescinde infatti dei bisogni tangibili e si pone nell’ambito dei vaghi desideri. Il compito del marketing è quello di dare corpo a questi

desideri trasformandoli in esigenze imprescindibili. In tutti i casi in cui la persona è impegnata in una scelta, attraverso la quale si mira ad ottenere piacere, è fortemente motivata dal desiderio profondo di rispondere ad una necessità esistenziale: riservandosi dei momenti di piena soddisfazione. Il marketing deve dunque modificare la realtà creando dei bisogni dove questi non esistono. La creazione di bisogni è resa possibile da una politica di marketing internazionale mirata alla realizzazione di prodotti con caratteristiche uniche arricchiti da una precisa identificazione di marca che ne amplifica il valore. L’affermazione del marchio a livello internazionale rappresenta per Bulgari, impresa del lusso, la leva competitiva fondamentale su cui incentrare le strategie e le politiche operative. La marca pur continuando a svolgere le funzioni che tradizionalmente la caratterizzano (garanzia, personalizzazione, orientamento, ecc) si focalizza sulla relazione con il consumatore, diventando un ponte fra il mondo delle merci e quello dell’individuo. Questa evoluzione è ben rappresentata dal concetto di ciclo di vita di una marca. Secondo tale modello, nelle prime fasi la brand identity è sostanzialmente basata sulla percezione del prodotto nelle sue caratteristiche fisiche e il nucleo centrale della marca risulta costituito pertanto dagli attributi, dai benefici e dalla funzione d’uso. Il processo di costruzione della marca poi include anche la personalità, i valori e le esperienze. Nelle fasi successive del ciclo di vita, infatti, la relazione fra marca e prodotto si inverte e la prima assume una funzione sempre più autonoma dal secondo, acquisendo valenze immateriali e simboliche: la marca moderna abbandona l’universo del commercio per entrare in quello della comunicazione (A. Semprini, 2003) e costruire intorno ad un prodotto o ad un servizio un mondo possibile in cui il consumatore, entrando in contatto con la cultura, il simbolismo e il carattere di questa, ha la possibilità di rappresentare se stesso e identificarsi con i valori che predilige. La necessità di instaurare con il consumatore una relazione di apprendimento stabile, duratura e interattiva determina il passaggio dalla fase della personalità di marca a quella dell’esperienza di marca (brand experience). L’obiettivo di ancorare con più intensità le politiche di branding alla rappresentazione di tali esperienze porta a ricercare nuove modalità di comunicazione. Il ricorso ai tradizionali mezzi di comunicazione, in quanto strumenti passivi e monodirezionali, non è più sufficiente per dare vita ad una relazione che leghi in un rapporto privilegiato ed esclusivo il consumatore alla marca. Se l’immagine di una marca non è più legata al singolo prodotto ma ad un concept, diventa fondamentale che di essa venga data una giusta rappresentazione all’interno del punto vendita attraverso spazi, ambientazioni e

strutture che l’assenza di una rete diretta difficilmente renderebbe possibile; il successo dei nuovi format che segnano l’ingresso dei produttori nel mondo del retailing è dato proprio dall’attitudine che questi hanno di supportare la costruzione di tale concept e di favorirne la traduzione in termini estetici e visivi. È per tale motivo che c’è chi parla di una vera e propria “rivoluzione del punto vendita” per enfatizzare i cambiamenti che su scala internazionale hanno investito le attività distributive dell’azienda: il punto vendita, infatti, si presenta attualmente non solo come strumento fondamentale per entrare in contatto con il consumatore ma, con la stessa intensità, viene utilizzato come canale privilegiato di comunicazione ed interazione. Se, fino ad oggi, le potenzialità comunicative del punto vendita sono state circoscritte alla trasmissione di informazioni relative all’offerta commerciale (il prodotto, i suoi benefici, i servizi ad esso collegati), i grandi mutamenti che interessano le dinamiche competitive così come i comportamenti di consumo, hanno spinto l’impresa a scoprire e sfruttare le rilevanti opportunità che lo spazio di vendita offre per trasmettere all’esterno l’identità, la personalità e il mondo dei valori insiti nella marca. La valenza comunicativa del punto vendita accresce la sua importanza in una realtà in cui il prodotto è offerto congiuntamente ad uno stile di vita, ad un insieme di valori e alla filosofia dell’impresa. L’evoluzione del ruolo del punto vendita segue una direttrice fondamentale che modifica progressivamente l’originaria funzione logistica dei luoghi di vendita trasformando gli stessi in canali privilegiati di comunicazione ed interazione con i consumatori. Le considerazioni fin qui svolte trovano espressione nella nascita e nella rapida diffusione del flagship store, l’ultima originale formula che arricchisce il panorama distributivo e che consente da una parte di connotare l’atto di acquisto di un contenuto esperienziale, assecondando così le istanze di cambiamento provenienti dalle abitudini di acquisto del consumatore moderno, e dall’altra di supportare le politiche di marca dei produttori. In tal senso lo spazio di vendita si deve arricchire di nuove leve di valore che possano consentire di dare rappresentazione dell’esperienza di marca; il ricorso all’intrattenimento, alla tematizzazione e alla spettacolarizzazione dell’atto di acquisto permette al consumatore di sentirsi appagato anche di quei bisogni, legati all’autogratificazione, al desiderio di fuga dalla routine e alle emozioni, che in passato solo parzialmente trovavano realizzazione negli spazi di vendita. Il punto vendita, quindi, acquisisce una funzionalità strategica partecipando alla costruzione della brand identità attraverso la combinazione di modalità “hard”(location, layout interno ed esterno, atmosfera) che caratterizzano il ricorso agli elementi della struttura fisica del punto vendita con modalità “soft”

(intrattenimento, servizi, interazione) che prevedono, invece, la realizzazione di attività di diversa natura. Le considerazioni fin qui svolte al livello teorico trovano espressione compiuta proprio nel settore dei beni di lusso in cui si osserva un orientamento generale dei grandi players verso forme di maggior controllo della rete di vendita attraverso l’apertura di negozi monomarca (flagship stores e show-room) sempre più considerati strumenti efficaci di comunicazione per il consolidamento e lo sviluppo dell’immagine della marca. Per quanto riguarda Bulgari, il suo successo è riconducibile alla capacità di aver saputo interpretare nel tempo l’evoluzione e i cambiamenti degli stili di vita; lo stile di Bulgari è una sintesi di equilibrio e armonia tra il classicismo e la modernità espressa dalla ricerca continua di design e di materiali innovativi e dal richiamo costante all’arte e all’architettura classica. Al posizionamento attuale del marchio che vuole essere percepito come “contemporary italian jeweler” hanno contribuito in maniera rilevante non solo la superiorità qualitativa dei prodotti e il prestigio di un marchio storico ma anche l’accurata pianificazione di strategie di marketing focalizzate sulla comunicazione e sulla distribuzione. 4.1 Brand Identity e posizionamento Il brand è un nome, simbolo, disegno, o una combinazione di tali elementi con cui si identificano prodotti o servizi di uno o più venditori, al fine di differenziarli dalla concorrenza. La complessità raggiunta dai mercati negli anni ‘90 ha reso inadeguata la definizione tradizionale, sia perché troppo simile alla definizione giuridica di marchio focalizzata sugli aspetti distintivi, sia perché non prende in considerazione le valenze funzionali e simboliche della marca. La marca deve allora essere vista come una variabile multi-dimensionale, che contiene non solo gli aspetti distintivi ma anche la storia dell’impresa, l’esperienza maturata dai consumatori verso il brand, il livello di notorietà, le aspettative dei potenziali acquirenti e l’identità del consumatore e dei clienti a cui l’azienda fa riferimento. Attraverso il brand i beni perdono la loro essenza di merce generica per acquisire uno status superiore di prodotti di marca. Il marchio, per le aziende operanti nel settore del lusso, assume rilevanza strategica più che in ogni altro settore: il principale punto di forza di queste imprese è proprio il brand, la cui immagine di prestigio nasce dalla tradizione legata a produzioni di qualità e si consolida attraverso importanti investimenti in operazioni di marketing e di ampliamento della rete distributiva. Le scelte operate da Bulgari nel corso del tempo, hanno permesso a questa azienda di poter disporre di un marchio noto a livello internazionale come sinonimo di qualità, esclusività, eleganza e stile, marchio che nel tempo divenuto simbolo del made in Italy. Andy Warhol diceva che visitare Bulgari in

via Condotti a Roma era come visitare la migliore esposizione di arte contemporanea. Un biglietto da visita questo, che qualifica e conferma la notorietà del marchio italiano nel mondo. Qual è dunque l’immagine che Bulgari ha saputo costruirsi nel corso della sua storia? Cosa rende i gioielli Bulgari così attraenti? Con l’acquisto di un gioiello Bulgari si soddisfa il desiderio di un oggetto unico, prezioso ed esclusivo. Ogni creazione Bulgari è permeata da uno spirito di eccellenza. Lo stile è da sempre caratterizzato da un’ eccezionale creatività, attenzione ai dettagli e ricerca della qualità assoluta, che si esplica nella proposta di diverse linee estetiche, tutte caratterizzate da un design accattivante ed inconfondibile. Uno stile frutto di un perfetto equilibrio fra classicismo e modernità, fra materiali e colori, accostato a un senso del volume, all’amore per le forme lineari e simmetriche e a dettagli ispirati all’arte e all’architettura. I gioielli Bulgari sono preziosi soprattutto perché materializzano emozioni: il gioiello infatti fa parte di quella categoria di prodotti nell’acquisto dei quali il consumatore raggiunge un elevato coinvolgimento, accompagnato da una forte componente emotiva e sociale. L’acquirente cerca non solo qualità intrinseca ma anche una valenza simbolica che dia emozione, gratificazione e comunichi il suo modo di essere e di vivere. Bulgari non vende solo un oggetto di valore ma contemporaneamente desideri, suggestioni e sogni. Nel caso di Bulgari non è tanto la preziosità del gioiello a giustificare il prezzo o il desiderio di possederlo. La vera “molla” per l’acquisto sono i valori intangibili che ruotano attorno all’oggetto. Il marchio attrae perché oltre a certificare qualità assicura una sorta di accettazione sociale. Con l’ acquisto di un gioiello si soddisfano principalmente due bisogni: il bisogno funzionale, che riguarda la funzione d’uso dell’oggetto ossia quella di ornamento, a cui lo stile unico e raffinato di Bulgari sa far fronte, ma anche un bisogno socio-psicologico strettamente connesso al significato che il bene assume sul piano dell’autogratificazione e della considerazione sociale. La gestione strategica delle marche del lusso La gestione strategica della marca nelle imprese di lusso (Luxury Brand) si caratterizzata per alcune peculiarità; queste ultime derivano in primo luogo dal modo con cui la marca di lusso viene considerata e definita. Le Luxury Brand si caratterizzino per cinque caratteristiche principali: a) devono evocare esclusività, b) possedere una ben nota brand identity, c) godere di una elevata notorietà, d) generare una elevata

qualità percepita, ed e) ottenere elevati livelli di customer loyalty. La brand strategy delle marche di lusso con un nucleo di produzioni di natura non prettamente industriale risulta sottoposto a vincoli precisi oltrepassati i quali la natura luxury è compromessa ed il brand, anziché aumentare di valore ne perde. In particolare i vincoli cui far riferimento sono di natura dimensionale (relativi al fatturato, ai pezzi prodotti e venduti ed al numero di punti vendita) e connessi con lo sfruttamento del marchio, specie attraverso concessioni di licenze a produttori di beni afferenti a categorie merceologiche diverse da quelle di origine e/o verso settori affini (in questo caso si corrono rischi di brand stretching e di annacquamento del brand). La forza dei brand di lusso è sostenuta dal grado di notorietà che essi raggiungono ma decade a causa di livelli di vendita eccessivi; per tale motivo le imprese di lusso di successo devono sapere trovare il punto di equilibrio tra giusta diffusione del proprio brand ed eccessiva sovraesposizione. Questa ricerca di equilibrio è spesso il frutto di una avversione delle imprese del lusso nei confronti di approcci manageriali di stampo mass-marketing. In questo senso i titolari ed i responsabili dei brand del lusso possiedono infatti una naturale capacità di rappresentarsi il mercato e, rifiutando le tradizionali definizioni di marketing (marketing dei beni di largo consumo e di reazione alla domanda), sviluppano un marketing finalizzato alla creazione di customer loyalty, basato su una brand image senza tempo, artigianale, di qualità e legata al territorio ed alla propria tradizione. I luxury brands più prestigiosi ricercano nelle innovazioni strategiche vantaggi competitivi difficilmente imitabili, adottando soprattutto strategie di diversificazione, attraverso le quali il lusso è diventato un ambito competitivo che attraversa trasversalmente molti settori merceologici, dalla gioielleria all’abbigliamento e dall’orologeria ai cosmetici. I grandi colossi del lusso sfruttano dunque da una parte una risorsa chiave quale la brand equità al fine di incrementare e sviluppare il loro patrimonio economico e di immagine e dall’altra tentano l’entrata in nuovi segmenti di mercato attraverso l’acquisizione di griffe di prestigio. Il fenomeno della brand extension fa riferimento proprio all’ utilizzo di un marchio già noto in altri business spesso correlati a quelli di origine. Come già è emerso dalla storia dell‘ azienda è a partire degli anni ’90 che Bulgari inizia a rivolgere la propria attenzione ai business quali occhiali e profumi. Accanto ad attività legate alla brand extension tuttavia le imprese produttrici dei luxury goods hanno percorso la via del controllo più serrato della filiera produttiva impegnandosi nell’acquisizione di aziende e laboratori artigianali

capaci di offrire produzioni di elevato livello qualitativo. Alcuni esempi emblematici possono essere nel caso di Bulgari le acquisizioni di Crova e Gerald Genta, l’una azienda piemontese attiva nel settore della gioielleria artigianale, l’altra leader nella produzione di orologi svizzeri di alta gamma, famosa per i sofisticati meccanismi e per un particolare design. Nella tabella seguente si riportano alcuni modelli di brand extension perseguiti e le posizioni raggiunte da alcune imprese operanti nel mondo della moda.

Legenda: * sta ad indicare il business originario ? ?indica un business in cui l’impresa è entrata diversificando la produzione ? ?indica un business in cui l’impresa è entrata diversificando la produzione e ha guadagnato una posizione di leadership rispetto ai concorrenti Strategia di posizionamento Il posizionamento può essere definito come la collocazione ideale che il prodotto ha nella mente del cliente e costituisce il beneficio primario che rende il prodotto preferibile rispetto a quello dei concorrenti. Esso permette infatti di formulare un’offerta di valore che costituisce la motivazione profonda che spinge un determinato gruppo di clienti ad acquistare un certo prodotto. In tal senso l’impresa può ottenere un prezzo più elevato dal mercato target quale premio per il differenziale di valore che viene offerto. Al posizionamento attuale del marchio Bulgari, che vuole essere percepito come “contemporary italian jeweler” hanno contribuito in maniera rilevante la superiorità qualitativa dei prodotti e il prestigio di un marchio storico. Di seguito è riportata una mappa percettiva, una rappresentazione basata

sull’identificazione di alcune variabili che sintetizzano la percezione dei clienti in merito a un determinato brand. Si fa quindi riferimento all’effetto combinato che gli attributi hanno su dimensioni rilevanti della percezione.

4.2 Politiche di distribuzione La società opera attraverso 232 negozi situati nelle più esclusive shopping area del mondo e una qualificata rete di distributori presenti in Europa, Usa, e Oriente. Bulgari, come molte altre società del mercato del lusso, nell’evoluzione delle strategie distributive, ha seguito il percorso che porta oggi a focalizzare l’attenzione sull’apertura di flagship store. Il flagship store risponde all’obiettivo dell’impresa di dare rappresentazione alla marca nella sua interezza, al di là del veicolo rappresentato dal prodotto e coinvolgendo il punto vendita per comunicare i valori e gli stili che essa rappresenta. Si tratta dei “negozi bandiera”, spazi di vendita molto ampi, localizzati nelle aree più prestigiose della città e con un bacino di utenza molto esteso che offrono un ampio assortimento di prodotti e un livello multidimensionale dei servizi che permette di avvalorare il tempo speso dal consumatore nel punto vendita.

Il flagship store consente, infatti, di conciliare al meglio la dimensione del branding e quella dell’intrattenimento, rappresentando il punto d’incontro fra la necessità di diffondere i valori distintivi della marca e quella di valorizzare la dimensione esperienziale dello shopping. Il primo flagship store può essere considerato lo storico negozio di Via Condotti aperto nel 1905 e più volte ristrutturato per arrivare alla configurazione attuale in cui convivono una parte antica arredata in stile eclettico che si ispira alla planimetria del centro storico di una piccola città medioevale ed una parte contemporanea in cui sono riassunti gli elementi stilistico-decorativi che rappresentano il marchio Bulgari. Bulgari attribuisce preminente valenza strategica al flagship store per dare rappresentazione globale ai valori della marca; la pianificazione relativa all’apertura e alla diffusione di tali format è naturalmente condizionata dalla presenza di alcuni requisiti fondamentali identificabili nella location, nell’ampiezza della superficie di vendita e nella necessità di rappresentare in maniera completa tutto l’assortimento. La progettazione di un flagship store funzionale per un brand del lusso ruota attorno a sei caratteristiche peculiari: la location, il layout interno, il layout esterno, l’ambientazione, l’intrattenimento e l’interazione con il cliente. La location. Il tentativo di assecondare la ricerca di un’esperienza da parte del consumatore non può che prendere le mosse dalle scelte che definiscono la localizzazione del flagship store. Per Bulgari, infatti, nell’identificazione della location ottimale svolge un ruolo rilevante sia la necessità di garantire coerenza con il posizionamento e con l’immagine esclusiva dello stile contemporaneo della marca sia la necessità di enfatizzare, attraverso la scelta di determinati luoghi, il contenuto simbolico dell’atto di acquisto. Layout interno. La necessità di sostenere l’identità del marchio e supportare la diffusione di un’immagine coerente motivano una sostanziale omogeneità delle scelte relative al layout interno; in tutti i flagship del gruppo è, infatti, possibile riscontrare standardizzazione di forme, colori e materiali utilizzati. Con riferimento in particolare al layout delle attrezzature, una delle soluzioni realizzate recentemente è stata ispirata dalla necessità di affiancare agli spazi progettati per gli acquisti veloci, tipica modalità di fruizione dei turisti internazionali, la presenza di aree riservate, adatte ad una fruizione lenta e meditata che invece viene ricercata prevalentemente dalla clientela locale che vive l’atto di acquisto come un’esperienza da assaporare anche nel momento del contatto con il prodotto. Layout esterno. L’esigenza di standardizzazione si riscontra anche nelle scelte relative al layout esterno dove però è necessario distinguere fra struttura architettonica dei punti vendita ed elementi quali la soglia e le vetrine. Infatti, i

vincoli imposti dalle specificità delle singole localizzazioni non sempre permettono la riproduzione del medesimo stile architettonico e l’utilizzo degli stessi materiali per la realizzazione delle facciate dei punti vendita che tuttavia sono rese riconoscibili grazie al ricorso ai colori identificativi del marchio. Per il layout delle vetrine invece è massima l’attenzione alla diffusione di un’immagine globale del marchio coerente in tutte le parti del mondo. Nelle vetrine dei flagship store viene data rappresentazione a tutte le categorie merceologiche presenti nel portafoglio prodotti dell’azienda con l’unica eccezione dei profumi, il loro allestimento, che predilige focalizzare l’attenzione del consumatore su pochi prodotti e lasciare spazio all’ambientazione scenografica, è affidato al personale interno all’azienda che, con cadenza bisettimanale, riceve linee guida vincolanti ed uniformi per la composizione delle vetrine. Ambientazione. Attraverso l’utilizzo di luci colori e suoni, l’atmosfera che si respira all’interno dei flagship store è quella di un ambiente caldo, rilassante e tranquillo; come se il consumatore varcata la soglia del punto vendita dovesse lasciar fuori la confusione, i rumori del traffico, lo stress individuale per immergersi in una esperienza esclusiva e indimenticabile. Intrattenimento. La dimensione dell’intrattenimento trova particolare espressione soprattutto nei flagship store di Roma, New York, Los Angeles e Osaka che si differenziano dagli altri soprattutto per le dimensioni della superficie di vendita e per il forte impatto visivo degli elementi stilistici e architettonici delle facciate. In questi punti vendita, l’offerta di entertainment si concretizza nell’organizzazione di eventi generalmente legati al lancio di un nuovo prodotto o di una nuova collezione in cui la presentazione di un libro si alterna all’organizzazione di mostre e vernissage o alla predisposizione nelle vetrine esterne di megaschermi con spot relativi all’evento. Inoltre per i flagship store di Los Angeles e Osaka l’intrattenimento è parte integrante dell’offerta commerciale; mentre nel primo le pareti sono dedicate all’esposizione permanente di opere di arte contemporanea e sono presenti ampi ed eleganti spazi dedicati al ristoro, mentre negli 850 mq2 del flagship di Osaka sono presenti videowall e vetrine interne che oltre a focalizzare l’attenzione sui prodotti della collezione svolgono anche la funzione di orientare il consumatore all’interno di grandi superfici aperte.

Interazione. Indubbiamente per Bulgari sono le interazioni fra cliente e personale di vendita ad assumere un’importanza strategica nel processo di comunicazione della brand identity. La tradizionale attenzione al cliente si è, infatti, tradotta nel corso degli anni nell’individuazione delle regole, delle procedure e dei canali necessari alla trasmissione della cultura materiale e immateriale legata alla capacità di rendere un servizio con stile. L’addetto alla vendita è da sempre interpretato come un consulente personale che costruisce con il cliente un approccio relazionale fondato sulla capacità di ascolto, di comprensione dei bisogni e di coinvolgimento. Gli investimenti relativi al training del personale di vendita così come quelli in comunicazione interna rispondono all’esigenza di incrementare la motivazione, il senso di appartenenza e l’attenzione verso il cliente.