Dell’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore.

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dità dell’argomentazione. Viceversa, l’art. 1255 c.c. evidenzia l’ulteriore ele- mento rappresentato dall’interesse alla conservazione della garanzia personale che assiste il rapporto principale. In presenza di questo elemento il legislatore riconosce che l’effetto estintivo possa non prodursi e, per- tanto, lascia in vita il rapporto di garanzia. Sulla base del combinato disposto delle argomentazioni desumibili dagli artt. 1254 e 1255 c.c. si può quindi ritenere che l’estinzione del rapporto di garanzia, altrimenti derivante dall’estinzione del rapporto principale, possa essere paralizzata allorché il terzo dimostri di avere interesse alla conserva- zione della garanzia personale preesistente. In questo caso, non potendosi ammettere la sopravvivenza di un rapporto di garanzia “sganciato” dal rap- porto principale, si dovrà allora ammettere che anche il rapporto principale resta in vita. In proposito si è infatti sostenuto che il principio di accessorietà possa funzionare anche “a rovescio”, nel senso che la conservazione del rap- porto di garanzia consente la sopravvivenza anche del rapporto principale 15 . Sezione V Dell’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore Art. 1256 – Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea [1] L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. [2] Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla. commento di Guido Smorto Sommario: 1. I rapporti tra impossibilità estintiva e impossibilità liberatoria. Qualifica- zione della fattispecie. - 2. Le teorie oggettivistiche. L’obiettività e l’assolutezza dell’impedimento liberatorio. - 3. Le teorie soggettivistiche. Lo sforzo debitorio. - 15 Cfr. PERLINGIERI P., ivi, 428. Art. 1256 Libro IV - Titolo I: Delle obbligazioni in generale 672

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dità dell’argomentazione. Viceversa, l’art. 1255 c.c. evidenzia l’ulteriore ele-mento rappresentato dall’interesse alla conservazione della garanziapersonale che assiste il rapporto principale. In presenza di questo elementoil legislatore riconosce che l’effetto estintivo possa non prodursi e, per-tanto, lascia in vita il rapporto di garanzia.

Sulla base del combinato disposto delle argomentazioni desumibili dagliartt. 1254 e 1255 c.c. si può quindi ritenere che l’estinzione del rapporto digaranzia, altrimenti derivante dall’estinzione del rapporto principale, possaessere paralizzata allorché il terzo dimostri di avere interesse alla conserva-zione della garanzia personale preesistente. In questo caso, non potendosiammettere la sopravvivenza di un rapporto di garanzia “sganciato” dal rap-porto principale, si dovrà allora ammettere che anche il rapporto principaleresta in vita. In proposito si è infatti sostenuto che il principio di accessorietàpossa funzionare anche “a rovescio”, nel senso che la conservazione del rap-porto di garanzia consente la sopravvivenza anche del rapporto principale15.

Sezione V

Dell’impossibilità sopravvenuta per causanon imputabile al debitore

Art. 1256 – Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea

[1] L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al

debitore, la prestazione diventa impossibile.

[2] Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura,

non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione

si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo

dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere

ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più

interesse a conseguirla.

commento di Guido Smorto

Sommario: 1. I rapporti tra impossibilità estintiva e impossibilità liberatoria. Qualifica-zione della fattispecie. - 2. Le teorie oggettivistiche. L’obiettività e l’assolutezzadell’impedimento liberatorio. - 3. Le teorie soggettivistiche. Lo sforzo debitorio. -

15 Cfr. PERLINGIERI P., ivi, 428.

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4. Alcune precisazioni sulla contrapposizione tra teorie soggettivistiche e teorieoggettivistiche. - 5. L’imputabilità della causa dell’impossibilità. - 6. L’identifica-zione degli impedimenti. La giurisprudenza in tema di impossibilità sopravvenutadella prestazione. - 7. L’impossibilità temporanea. - 8. L’impossibilità della presta-zione nelle compilazioni modello. Cenni.

1. I rapporti tra impossibilità estintiva e impossibilità liberatoria. Qualifi-cazione della fattispecie

L’art. 1256 c.c. disciplina l’estinzione dell’obbligazione nel caso in cui laprestazione, originariamente possibile, sia divenuta impossibile dopo il sor-gere dell’obbligazione per causa non imputabile al debitore.

Dell’impossibilità sopravveniente si occupa anche l’art. 1218 c.c. sotto ildiverso profilo dell’esonero del debitore dalla responsabilità derivante dal-l’inadempimento o dal ritardo nell’esecuzione della prestazione1. Anche inquesto caso l’impossibilità della prestazione deve derivare da causa nonimputabile al debitore.

L’impossibilità (derivante da causa non imputabile) viene, dunque, inconsiderazione nelle due norme menzionate sotto profili diversi: come libe-razione del debitore dalle conseguenze dannose provocate dall’inadempi-mento (art. 1218 c.c.) e come causa di estinzione del rapporto obbligatorio(art. 1256 c.c.), così determinando una duplice serie di effetti 2.

Dalla lettura congiunta delle disposizioni menzionate si ricava che ildebitore è liberato solo quando la prestazione sia divenuta impossibile (enon, quindi, in presenza di una semplice difficoltà di esecuzione). Tuttavia,nel caso in cui la prestazione sia divenuta impossibile e tale impossibilitàsia imputabile al debitore, il debitore non è liberato ed è tenuto a risarcire ildanno derivante dall’inadempimento.

Pertanto, l’estinzione dell’obbligazione si verifica quando sia stato accer-tato, in primo luogo, che l’ostacolo all’adempimento sia tale da determinare

1 Sottolinea l’intreccio tra i due effetti, osservando che «nelle vicende del rapporto obbli-gatorio il sopravvenire di un impedimento che tolga al debitore la possibilità di eseguire laprestazione dovuta può apparire rilevante sotto un duplice aspetto, e cioè, da un lato, comecausa di esonero del debitore da responsabilità per inadempimento o per inesattezza oritardo nell’adempimento, dall’altro come causa di estinzione dell’obbligazione», OSTI, Impos-

sibilità sopravveniente, in Noviss. Dig. it., VIII, Torino, 1962, 287.2 Così COTTINO, L’impossibilità sopravvenuta della prestazione e la responsabilità del

debitore. Problemi generali, Milano, 1955, 7. I due effetti possono prodursi però indipenden-temente l’uno dall’altro. Per una riflessione sul punto v. PERLINGIERI P., Dei modi di estin-

zione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, in Comm. Scialoja-Branca, sub artt.1230-1259 c.c., Bologna Roma, 1975, 444 ss.

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l’impossibilità della prestazione e, in secondo luogo, che tale impossibilitànon sia imputabile al debitore.

L’impossibilità, inoltre, deve essere sopravvenuta: l’impossibilità origina-ria comporta, infatti, non già l’estinzione dell’obbligazione ma la sua nullitàab origine 3.

L’impossibilità sopravvenuta della prestazione è contemplata, inoltre,nell’ambito della disciplina dei contratti come causa di risoluzione, aseguito del verificarsi della liberazione di una delle parti per impossibilitàsopravvenuta della prestazione. In questi casi il debitore liberato non puòrichiedere la controprestazione e, ove questa sia già stata effettuata, deverestituire quanto eventualmente ricevuto in base alle norme sulla ripeti-zione dell’indebito (art. 1463 c.c.)4.

Le dispute sul significato della norma in commento si sono concen-trate principalmente su due aspetti: la nozione di impossibilità e quella dicausa imputabile.

Il primo – la nozione di impossibilità – riguarda l’individuazione dellosforzo debitorio richiesto: attraverso la determinazione di ciò che è impos-sibile e di ciò che non lo è si stabilisce, infatti, quali impedimenti siano daritenersi superabili e quali, invece, siano insuperabili e – come tali – deter-minino l’estinzione dell’obbligazione.

Il secondo – la nozione di causa non imputabile – riguarda un momentodiverso e anteriore all’insorgere dell’impedimento, ossia la riconducibilitàdella causa che tale impedimento ha determinato al debitore.

I due aspetti devono essere affrontati separatamente, anche se presen-tano molte sovrapposizioni. Con riferimento ad entrambi, infatti, si registrala contrapposizione tra teorie oggettivistiche e teorie soggettivistiche, dandovita ad una molteplicità di analisi ricostruttive: l’adesione ad una delle dueconcezioni con riferimento a ciascuno dei due diversi profili non comporta,infatti, l’adesione alla medesima posizione con riferimento all’altro.

Quanto all’inquadramento teorico della disciplina, generalmente l’impos-sibilità sopravvenuta della prestazione è classificata tra i fatti estintivi delrapporto obbligatorio. Del resto, questa è la collocazione che alla disciplinain commento si riserva nel codice civile. In particolare, la maggior parte deicommentatori inquadra l’impossibilità sopravvenuta della prestazione tra i

3 DI PRISCO, Altri modi di estinzione, in Tratt. Rescigno, IX, Torino, 1984, 436.4 Sempre nella disciplina dei contratti, infine, si trovano numerose norme che stabili-

scono modalità settoriali di imputazione degli impedimenti verificatisi dopo la conclusionedel contratto.

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modi di estinzione dell’obbligazione non satisfattivi, posto che con l’estin-guersi dell’obbligazione l’interesse del creditore è rimasto insoddisfatto5.

Non sono, tuttavia, mancate prese di posizioni differenti: v’è, ad esempio,chi ha negato la qualifica di fattispecie estintiva dell’impossibilità sopravve-nuta, affermando trattarsi piuttosto di vicenda relativa ad un elemento essen-ziale del rapporto: l’estinzione non sarebbe effetto dell’impossibilità quantopiuttosto significherebbe essa stessa estinzione, determinata dal modificarsidi un elemento essenziale del rapporto obbligatorio6; altri Autori hanno,invece, affermato che l’impossibilità sopravvenuta non sia causa estintiva delrapporto obbligatorio ma limite della responsabilità del debitore7.

In senso contrario è stato osservato che l’essere la prestazione un ele-mento essenziale del rapporto non esclude che una vicenda ad esso relativapossa definirsi come fattispecie estintiva del suddetto rapporto; e che glieffetti dell’impossibilità sopravvenuta non si esauriscono nella liberazionedel debitore, ma riguardano anche il momento estintivo dell’obbligazione8.

L’orientamento largamente prevalente in dottrina e giurisprudenzarimane, dunque, quello che qualifica l’impossibilità sopravvenuta della pre-stazione tra i modi di estinzione dell’obbligazione non satisfattivi.

2. Le teorie oggettivistiche. L’obiettività e l’assolutezza dell’impedi-mento liberatorio

Sulla nozione di impossibilità si contendono il campo due posizioni prin-cipali, seppure con importanti sfumature che analizzeremo più avanti (v.infra il commento al § 4).

Un primo orientamento identifica l’impossibilità in senso rigorosamenteoggettivo: l’effetto estintivo può verificarsi solamente quando l’evento soprav-venuto costituisca impedimento assoluto e oggettivo, che sia tale da non poteressere superato con nessuno sforzo umano. Mentre è irrilevante, in base a que-sta lettura, verificare quale sia l’impegno debitorio impiegato per superarel’impedimento al fine di verificarne la conformità al canone di diligenza9.

5 Considera questa convergenza di posizioni più apparente che reale, oltre che frutto discarsa attenzione al problema, PERLINGIERI P., op. cit., 444.

6 ALLARA, Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio, Torino, 1948-1952, 50 ss.7 BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, III, Milano, 1948, 259 ss.8 Per entrambi i rilievi si rinvia a COTTINO, op. cit., 7 ss.9 Così, OSTI, Revisione critica della teoria sulla impossibilità della prestazione, in Riv.

dir. civ., 1918, I, 469. Sul punto v. anche ID., Deviazioni dottrinali in tema di responsabilità

per inadempimento delle obbligazioni, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1954, 594.

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Sul piano storico, la lettura oggettivistica dell’impossibilità trova il pro-prio antecedente nel code civil (cfr. art. 1302) 10 e, prima ancora, nellanozione di impossibilità di stampo naturalistico tramandataci dalle fontiromane, la quale identificava l’impossibilità nell’evento cui resisti non

potest, in base al principio secondo cui non vi possono essere debiti se nonv’è qualcosa di dovuto.

Nel nostro ordinamento ritroviamo la divisione tra tesi oggettivistiche esoggettivistiche già sotto il codice abrogato.

Il codice civile del 1865 – com’è noto – non contempla, nel capo relativoai «modi con cui si estinguono le obbligazioni», una sezione dedicata all’im-possibilità sopravvenuta, ma piuttosto alla «perdita della cosa dovuta», allaquale sono equiparati il perimento e la messa fuori commercio della cosaoggetto dell’obbligazione (art. 1298). Mentre gli artt. 1224, 1225, 1226 disci-plinano, nel capo relativo agli effetti delle obbligazioni, la diligenza dovutanell’adempimento attraverso il riferimento al buon padre di famiglia (art.1224), l’esonero da responsabilità per danni da inadempimento o ritardo nel-l’esecuzione della prestazione in caso di «causa estranea non imputabile»(art. 1225) e l’ipotesi del caso fortuito e della forza maggiore (art. 1226)11.

Con riferimento alle disposizioni del codice previgente, i fautori della tesioggettivistica distinguevano nettamente l’art. 1224 dagli artt. 1225 e 1226.

10 «Lorsque le corps certain et déterminé qui était l’objet de l’obligation vient à périr,

est mis hors du commerce, ou se perd de manière qu’on en ignore absolument l’existence,

l’obligation est éteinte si la chose a péri ou a été perdue sans la faute du débiteur et avant

qu’il fût en demeure».«Lors même que le débiteur est en demeure, et s’il ne s’est pas chargé des cas fortuits,

l’obligation est éteinte dans le cas où la chose fût également périe chez le créancier si elle

lui eût été livrée».«Le débiteur est tenu de prouver le cas fortuit qu’il allègue».«De quelque manière que la chose volée ait péri ou ait été perdue, sa perte ne dispense

pas celui qui l’a soustraite, de la restitution du prix».11 Art. 1224 c.c. 1865: «La diligenza che si deve impiegare nell’adempimento dell’obbliga-

zione, abbia questa per oggetto l’utilità di una delle parti o d’ambedue, è sempre quella di unbuon padre di famiglia, salvo il caso di deposito accennato nell’art. 1843. Questa regola peraltro si deve applicare con maggiore o minor rigore, secondo le norme contenute per certicasi in questo codice».

Art. 1125 c.c. 1865: «Il debitore sarà condannato al risarcimento dei danni, tanto per l’ina-dempimento dell’obbligazione quanto pel ritardo dell’esecuzione, ove non provi che l’inadem-pimento o il ritardo sia derivato da una causa a lui non imputabile, ancorché non sia per suaparte intervenuta mala fede».

Art. 1226 c.c. 1865: «il debitore non è tenuto a verun risarcimento del danno, quando inconseguenza di una forza maggiore o di caso fortuito fu impedito di dare o di fare ciò a cui siera obbligato, od ha fatto ciò che gli era vietato».

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«L’art. 1224 dà norma alla diligenza che si deve impiegare nell’adempi-mento dell’obbligazione; gli artt. 1225 e 1226 regolano la responsabilitàper inadempienza e l’esclusione della medesima per effetto del fortuito odella forza maggiore che abbia impedito la prestazione. L’art. 1224 pre-scrive come deve essere eseguita la prestazione, gli artt. 1225 e 1226 se efino a che punto è tenuto il debitore ad eseguirla e quindi a rispondereper non averla eseguita» 12.

Del resto – si aggiunge – anche i casi di impossibilità espressamentecontemplati dal legislatore riguardano impedimenti obiettivi e assoluti:all’estinzione dell’obbligazione per smarrimento della cosa, il codiceaffianca il perimento e la collocazione fuori commercio della cosa oggettodell’obbligazione (cfr. art. 1298 c.c. 1865). Si tratta – osserva Osti – di casi incui gli impedimenti considerati sono obiettivi e assoluti: o perché l’impossi-bilità presa in esame è di stampo naturalistico (il perimento della cosaoggetto della prestazione) o perché dovuta a factum principis (la soprav-venuta qualità di extra commercium della res)13.

Oltre ad avere improntato fortemente il dibattito sotto il vigore delcodice del 1865, le tesi di Osti hanno esercitato una profonda influenza suiredattori del codice civile del 1942, tanto negli articoli dedicati alla respon-sabilità del debitore, quanto in quelli sull’impossibilità estintiva14.

Con il codice del 1942 l’impossibilità della prestazione entra tra gli ele-menti del giudizio di responsabilità, in luogo della «causa estranea» previ-sta dall’art. 1225 c.c. 1865. La stessa Relazione del Ministro Guardasi-

gilli chiarisce come il riferimento abbia il significato di limitare al soloimpedimento obiettivamente collegabile alla prestazione, e non a impedi-menti collegati alla persona del debitore o alla sua economia, l’efficaciaestintiva (n. 571), eliminando così le incertezze connesse alla formula-zione del codice del 1865.

In base a questa lettura, la diligenza non gioca alcun ruolo nell’estin-zione dell’obbligazione per impossibilità sopravvenuta, posto che sola-mente la sopravvenuta impossibilità oggettiva e assoluta della presta-zione, derivante da causa non imputabile al debitore, determinal’estinzione dell’obbligazione.

12 OSTI, Revisione critica della teoria sulla impossibilità della prestazione, cit., 605.13 Sul carattere oggettivo dell’impossibilità derivante da smarrimento si rinvia al com-

mento dell’art. 1257 c.c.14 Sul punto v. CAGNASSO, Impossibilità sopravvenuta della prestazione. I) Diritto civile,

in Enc. Giur., XVI, Roma, 1989, 2.

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Il riferimento alla diligenza contenuto nell’art. 1176 c.c. riguarderebbe,invece, solamente l’adempimento dell’obbligo, come del resto emerge dallacollocazione sistematica della norma 15 e dalla rubrica stessa dell’articolo(«Diligenza nell’adempimento»).

Riproducendo il ragionamento esposto poco sopra con riferimento agliarticoli del codice abrogato, l’art. 1176 c.c. si incaricherebbe esclusiva-mente di indicare in che modo il debitore debba adempiere. Esso è, per-tanto, norma di riferimento per valutare l’esattezza o l’inesattezza della pre-stazione dovuta, ma non anche a quali condizioni l’obbligazione si estingueper impossibilità.

Seguendo questa impostazione, l’impossibilità deve essere, dunque, asso-luta e oggettiva16. Le due espressioni si trovano quasi sempre menzionatecongiuntamente in dottrina e soprattutto in giurisprudenza.

Comunemente per impossibilità obiettiva si intende fare riferimentoall’impedimento che rende l’esecuzione della prestazione impossibile perqualsiasi debitore, in contrapposizione a quei casi in cui l’impedimento siatale esclusivamente per la persona del debitore, rimanendo invece possibileper altri soggetti. In altre parole a determinare il carattere obiettivo o menodell’impossibilità sarebbe la diretta attinenza dell’impossibilità alla presta-zione in sé e per sé considerata e non alle condizioni personali o patrimo-niali del debitore17.

È assoluta l’impossibilità non superabile con le forze umane, secondo ilnoto brocardo obligatio in eum casum incidit a quo incipere non potuit.

I due requisiti dell’impossibilità – assolutezza e obiettività – si trovanoriprodotti in modo costante nella giurisprudenza, la quale sembra usarlicome endiadi senza distinguere in modo analitico il significato da attribuirea ciascuna delle due aggettivazioni. Altre volte il riferimento giurispruden-ziale è alternativamente all’uno o all’altro dei due requisiti, senza che peròla scelta lessicale sembri il frutto di una consapevole presa di posizionequanto alle soluzioni accolte, se non quello di rigettare una nozione diimpossibilità che si attesti sul piano della semplice difficoltà di adempie-re 18. Alla confusione sul carattere obiettivo e/o assoluto dell’impossibilità

15 La norma è contenuta in apertura del Libro IV nel Capo II («Dell’adempimento delleobbligazioni»), Sezione I («Dell’adempimento in generale»).

16 A queste due connotazioni si aggiunge, talvolta, che tale impossibilità debba esseretotale e definitiva: BRECCIA, Le obbligazioni, in Tratt. Iudica-Zatti, Milano, 1992, 743.

17 In giurisprudenza v. Cass., 13.8.1990, n. 8249, in Mass. Giur. it., 1990, 982. In dottrinacfr. OSTI, Impossibilità sopravveniente, cit., 288.

18 Così già COTTINO, op. cit., 25, in particolare nt. 47.

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sembra affiancarsi quello tra impossibilità e imputabilità della causa del-l’impossibilità 19.

3. Le teorie soggettivistiche. Lo sforzo debitorio

Un secondo orientamento, opposto al primo, declina invece l’impossibi-lità in chiave soggettiva: l’imputazione o meno al debitore della sopravve-nienza deve essere stabilita in relazione all’impegno richiesto al debitoreper superare tale impedimento. Il parametro di valutazione diviene qui larispondenza allo “sforzo diligente” dovuto dal debitore.

La lettura soggettiva dell’impossibilità sorge nell’alveo della dottrina tedesca20.Sotto l’impero del codice del 1865 questa teoria è sostenuta principal-

mente attraverso una lettura congiunta delle disposizioni sopra esaminate,con un ragionamento speculare a quello proposto nel paragrafo precedente:se, nonostante lo sforzo diligente del buon padre di famiglia richiesto al debi-tore ex art. 1224, non vi sia adempimento, la prestazione è da reputarsiimpossibile e si determina l’estinzione dell’obbligazione per caso fortuito oforza maggiore (artt. 1225 e 1226) 21. Sul piano interpretativo, la valorizza-zione della diligenza nel giudizio sulla liberazione del debitore veniva, dun-que, fondata sulla nozione di diligenza di cui all’art. 1224 c.c. 1865.

Prima dell’entrata in vigore del codice del 1942, la concezione soggettivi-stica era, almeno sul piano declamatorio22, quella dominante in dottrina: laresponsabilità contrattuale era saldamente ancorata alla nozione di colpa,con il limite del caso fortuito, inteso appunto come assenza di colpa 23.

Nonostante l’art. 1218 c.c. sia stato – come detto – chiaramente influen-zato dalle teorie oggettistiche di Osti, e faccia esclusivo richiamo al man-cato adempimento in sé e per sé considerato senza alcun riferimento alla

19 Così CABELLA PISU, La nozione di impossibilità come limite della responsabilità del

debitore, in Trattato della responsabilità contrattuale, diretto da Visintini, Padova, 2009, 218.20 HARTMANN, Die Obligation, Deichert, Erlangen, 1875, 241 ss. Nella dottrina italiana, in

chiave critica, v. MOSCO L., Impossibilità sopravvenuta della prestazione, in Enc. Dir., XX,Milano, 1970, 405 ss.

21 BARASSI, op. cit., 259 ss.22 Rimane da verificare quale fosse il peso effettivo di questa impostazione sul piano delle

regole operative: secondo OSTI, Impossibilità sopravveniente, cit., 291, ad esempio, l’ade-sione diffusa ad una nozione soggettiva dell’impossibilità costituiva solamente un tributo for-male alla tradizionale nozione di colpa, cui non corrispondeva un coerente sviluppo in chiaveautenticamente soggettiva della disciplina delle obbligazioni.

23 Cfr., tra gli altri, BARASSI, op. cit., 259 ss.; COVIELLO N., Del caso fortuito in rapporto

alla estinzione delle obbligazioni, Lanciano, 1895; CHIRONI, La colpa nel diritto civile

odierno, Torino, 1903.

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diligenza, la lettura soggettiva dell’impossibilità continua a ricevere impor-tanti adesioni anche sotto l’impero del nuovo codice24.

Con l’entrata in vigore del codice del 1942 la valorizzazione della colpaquale elemento di imputazione si fonda sul nuovo art. 1176 c.c. (il qualericalca il contenuto dell’art. 1224 c.c. 1865), inteso come norma di caratteregenerale, e sul criterio della diligenza del buon padre di famiglia che talenorma impone nell’adempimento dell’obbligazione.

Le diverse teorie soggettivistiche identificano, pertanto, l’impossibilitàcon la situazione impeditiva dell’adempimento che non sia superabile népossa essere prevenuta dal debitore con la diligenza richiesta nell’adempi-mento dell’obbligazione.

La dimensione soggettiva dell’impossibilità viene ancorata all’individua-zione di un “dovere di sforzo” richiesto al debitore, oltre il quale questidebba ritenersi liberato. Pertanto non si dà luogo a impossibilità quandol’evento sopravvenuto sia tale da poter essere superato, ovvero avrebbepotuto essere prevenuto attraverso lo sforzo diligente del debitore 25.

In altre parole, tutte le letture che si muovono all’interno del solcoappena tracciato mettono al centro dell’analisi lo sforzo richiesto al debi-tore nel superamento degli ostacoli che si frappongono all’adempimentodella prestazione e lo ragguagliano alla normale diligenza richiesta al debi-tore per superare l’impedimento sopravvenuto; in tal modo identificandol’impossibilità estintiva con il superamento dello sforzo diligente dovuto,per cui è impossibile la prestazione che non può essere eseguita attraversol’impegno diligente richiesto al debitore.

Sul piano del contemperamento degli interessi in gioco – si osserva –una lettura troppo rigorosa delle sopravvenienze impedienti comporte-rebbe un sacrificio eccessivo della posizione del debitore e non risponde-rebbe a un’equilibrata disciplina del rapporto obbligatorio26.

Come detto, negli Autori che aderiscono a queste tesi è centrale la valo-rizzazione della portata applicativa dell’art. 1176 c.c. e l’inclusione della

24 All’indomani dell’adozione del nuovo codice, aderiscono, seppure con sfumaturediverse, a questa impostazione, BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1953, 107ss.; TORRENTE, Manuale di diritto privato, Milano, 1952, 331; MESSINEO, Manuale di diritto

civile e commerciale, II, Milano, 1950, 235; CANDIAN, Nozioni istituzionali di diritto privato,Milano, 1953, 165; BARBERO, Sistema istituzionale del diritto privato, II, Torino, 1951, 47 ss.

25 BIANCA C.M., Diritto civile, IV, L’obbligazione, rist. emendata, Milano, 1991, 528. Peruna formulazione del medesimo principio sotto il codice abrogato cfr. COVIELLO N., op. cit.,12; BARASSI, op. cit., 1042.

26 BIANCA C.M., op. cit., 531.

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regola di diligenza nella determinazione della nozione di impedimentoavente efficacia estintiva dell’obbligazione.

Talvolta questa lettura si spinge a ipotizzare la molteplicità dei para-metri di giudizio sull’impossibilità estintiva, ad esempio attraverso il ridi-mensionamento della portata applicativa dell’art. 1218 c.c., riferito allesole ipotesi in cui sia preciso obbligo del debitore impedire che la presta-zione divenga impossibile (tipicamente le obbligazioni di consegnare orestituire, ovvero di trasferire, una cosa certa e determinata), con esclu-sione delle ipotesi in cui obbligo del debitore sia quello di porre in essereuna certa attività 27.

Oltre che nella lettura congiunta degli artt. 1176 e 1256 c.c., le teorie sog-gettivistiche troverebbero ulteriore conferma nella disposizione sull’impos-sibilità derivante da smarrimento (art. 1257 c.c.). Si osserva, a tal proposito,come il codice civile consideri impossibile la prestazione avente ad oggettola cosa smarrita indipendentemente dalla prova del suo effettivo perimento(cfr. art. 1257 c.c.), e a prescindere dal fatto che altri soggetti, diversi daldebitore, potrebbero adempiere la prestazione (ad esempio, colui che haritrovato la cosa smarrita)28. Anche in giurisprudenza – si osserva infine –ipotesi di impedimenti soggettivi vengono ampiamente riconosciuti, comenel caso del furto della cosa dedotta in obbligazione o di impedimenti rela-tivi alla persona del debitore, soprattutto nelle prestazioni di lavoro 29.

All’impossibilità costruita sulla nozione di diligenza, secondo cui nonsarebbe imputabile il fatto che non può essere evitato nonostante la dili-genza del buon padre di famiglia30, si contrappone la semplice difficoltà di

27 Così GIORGIANNI, L’inadempimento. Corso di diritto civile, 3a ed., Milano, 1975, 230 ss.In queste ipotesi – afferma l’Autore – il debitore è tenuto soprattutto ad impedire il peri-mento, la sottrazione o l’avaria della cosa, cioè elementi che renderebbero impossibile la con-segna e la restituzione della cosa integra. In senso critico v. DI MAJO, Obbligazioni in gene-

rale, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna, 1985, 461, il quale osserva che, ove si accedesse adun’interpretazione del genere, tanto varrebbe dire che l’art. 1218 c.c. regola e disciplina solouna delle forme attraverso le quali può manifestarsi la responsabilità debitoria. Lo stesso Ostisembrerebbe affermare che alle obbligazioni di diligenza sia applicabile l’art. 1176 c.c. Sulpunto si rimanda alle osservazioni di CASTRONOVO, L’impossibilità per inadempimento da

Osti a Mengoni, in Europa dir. priv., 2008, 4 ss., il quale individua nell’accoglimento delledistinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato uno degli aspetti più impor-tanti che separa il pensiero di Osti da quello di Mengoni. Sull’inerenza del risultato della pre-stazione al concetto di adempimento v., ad esempio, con riferimento all’impossibilità soprav-venuta della prestazione, MENGONI, L’oggetto della obbligazione, in Jus, 1952, 177.

28 BIANCA C.M., op. cit., 532.29 Sul punto v. infra il commento al § 6.30 Tale posizione è espressa da SACCO, «Diligenza del buon padre di famiglia» e fatto

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adempiere, consistente in quell’ostacolo che il debitore è tenuto a superarecon l’impiego della diligenza dovuta.

Il problema delle letture soggettivizzanti dell’impossibilità risiede pro-prio nell’individuazione della linea di demarcazione tra questa e la sem-plice difficultas praestandi, nell’ingiustificata marginalizzazione del riferi-mento normativo di cui all’art. 1218 c.c., nell’identificazione delladiligenza quale unico limite all’obbligazione in una prospettiva unificanteche vede nell’inadempimento una particolare ipotesi di illecito stretta-mente legato agli illeciti estranei al rapporto obbligatorio per il tramitedella medesima nozione di colpa31.

4. Alcune precisazioni sulla contrapposizione tra teorie soggettivistiche eteorie oggettivistiche

I due orientamenti descritti si collocano all’interno di uno spettro carat-terizzato da prese di posizione che potremmo definire intermedie, le qualiin vario modo attenuano le conclusioni descritte finora.

La maggior parte degli orientamenti emersi tanto nella dottrina quantonella giurisprudenza più recenti tendono, infatti, a ridimensionare, seppurein grado differente, gli estremi delle due tesi di fondo fin qui illustrate.

Del resto, la netta contrapposizione di teorie oggettivistiche e soggetti-vistiche che si registra sotto l’impero del codice del 1865 e nei decenniimmediatamente successivi all’entrata in vigore del codice vigente sembraessere legata alla temperie economica, politica e culturale di un’epocaoggi forse tramontata. Com’è stato autorevolmente osservato, sullosfondo si stagliavano i mutamenti della realtà industriale e la disputasulle responsabilità del padrone di industria per i casi di sciopero e diguerra. In quel clima il rigore di certe letture oggettivizzanti era probabil-mente la risposta polemica ad un’interpretazione, a quel tempo domi-nante, troppo scopertamente soggettivistica e moralistica della responsa-bilità debitoria, la quale aveva le sue radici nel diritto comune, e reagiva,

imputabile al debitore, nota a T. Torino, 22.1.1951, in Foro padano 1951, I, 923, in adesionealla sentenza annotata.

31 Per questa concezione, che rintraccia nella colpa il fondamento comune a responsabi-lità contrattuale ed extracontrattuale, si rinvia a CHIRONI, op. cit.; RODOTÀ, Diligenza (diritto

civile), in Enc. Dir., XII, 1964, Milano, 543, il quale opportunamente rimarca che la buonafede costituisce il criterio in base al quale si determina il contenuto della prestazione, mentrela diligenza è criterio di valutazione del comportamento del debitore, tenuto alla prestazionegià individuata.

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sul piano dogmatico, ad un appiattimento della responsabilità contrat-tuale su quella extracontrattuale32.

Da qui l’opportunità per il giurista di oggi di non lasciarsi condizionaretroppo dai termini di una polemica i cui elementi sono storicamente datatie cercare la risposta più sul terreno prammatico della combinazione deidiversi elementi in gioco che non su quello delle grandi opzioni definitoriedell’obbligazione33.

Da un esame delle diverse posizioni emerse in dottrina e da una ricogni-zione della giurisprudenza emerge che l’adesione alle due tesi menzionate –oggettivistica pura e soggettivistica pura – trova sempre qualche forma diattenuazione. Si potrebbe dire che, almeno nell’elaborazione attuale, le dueteorie costituiscano essenzialmente degli idealtipi, funzionali più a descri-vere i due poli all’interno dei quali si articola un dibattito, che non prese diposizione effettive sul piano operativo.

Del resto, è oramai largamente prevalente una nozione relativa diimpossibilità 34.

Talvolta tale risultato viene raggiunto attraverso il ricorso ai principi dibuona fede e correttezza ovvero all’inesigibilità della condotta35; altre voltesi fa appello alle diverse declinazioni della nozione di colpa, al concretointeresse dell’ordinamento nel singolo rapporto obbligatorio o al regola-mento di interessi divisato dalle parti, ove l’obbligazione abbia la sua fontenel contratto. Sul piano descrittivo, poi, la relativizzazione della nozione diimpossibilità viene suffragata dall’analisi della prassi giurisprudenziale.

Attraverso le diverse strade si cerca, per un verso, di attenuare il rigoredelle posizioni oggettivistiche pure e, per altro verso, di evitare di attribuireefficacia estintiva alla semplice difficoltà di adempiere.

In primo luogo, a campeggiare nelle riflessioni della dottrina è ilrichiamo alla necessaria flessibilità che deve ispirare qualsiasi valutazionecirca il ricorrere dell’impossibilità estintiva. La nozione di impossibilità – siosserva – «non è rigida, immodificabile, rigorosamente determinata, ma ela-stica, relativa, dipendente innanzitutto dalla logica del diritto positivo e

32 Sul punto v. i rilievi di DI MAJO, op. cit., 456 ss.33 DI MAJO, ivi, 458 ss., spec. 469.34 MENGONI, Responsabilità contrattuale (diritto vigente), in Enc. Dir., XXXIX, Milano,

1988, 1078 ss.; ID., La responsabilità contrattuale, in Jus, 1986, 87 ss. È stato osservato, inol-tre, che le due forme di impossibilità – soggettiva e oggettiva – coincidono nel caso di presta-zione strettamente personale. Così, BIANCA C.M., op. cit., 533.

35 MENGONI, Responsabilità contrattuale (diritto vigente), cit., 1089.

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dalle considerazioni di politica legislativa» 36 le quali spingono a privilegiarein taluni casi l’interesse del debitore, in altri quello del creditore, in altriancora interessi superindividuali.

Accanto alla flessibilità, un secondo richiamo ricorrente nell’elaborazionetanto dottrinaria quanto giurisprudenziale è quello alla concretezza. Il riferi-mento riguarda, alternativamente o cumulativamente, l’impegno richiesto aldebitore con riferimento al particolare tipo di rapporto obbligatorio ovveroal singolo concreto rapporto obbligatorio37: nel primo caso la valutazione èpur sempre effettuata in base al “tipo” di rapporto obbligatorio in questione;nel secondo caso, invece, si attribuisce rilevanza all’assetto dato dalle partiai propri interessi nell’esercizio dell’autonomia privata e, in conseguenza, siconsiderano impossibili quegli impedimenti superabili solamente attraversol’impiego di mezzi esorbitanti l’impegno assunto volontariamente dal debitoree come tali estranei al rischio assunto contrattualmente38.

Da qui il rigetto di una prospettiva generalizzante e l’esigenza di verifi-care in concreto lo specifico regolamento di interessi su cui l’impossibilitàsi inserisce; da qui, ancora, il carattere puramente descrittivo di qualsiasiclassificazione di carattere generale.

Altre volte la dottrina utilizza istituti come la buona fede o l’inesigibilitàallo scopo di delimitare lo sforzo debitorio richiesto pur nel rispetto diun’impostazione di tipo oggettivistico dell’impossibilità.

La nozione di inesigibilità, cui fa riferimento autorevole dottrina39, sorgesulla scia della lettura del § 275 BGB (Unzumutbarkeit) e trova un riferi-mento normativo nel nostro ordinamento negli artt. 1175 e 1375 c.c. e nellanozione di buona fede, intesa talvolta nella prospettiva dell’interpretazionedel vincolo obbligatorio, altre volte in funzione integrativa.

36 PERLINGIERI P., op. cit., 440.37 Alla natura tipica del rapporto fa riferimento anche OSTI, almeno nelle ultime rielabo-

razioni del proprio pensiero: cfr. OSTI, Impossibilità sopravveniente, cit., 289. BETTI, op. cit.,48, afferma che l’impossibilità vada sempre intesa con riferimento al particolare tipo di rap-porto obbligatorio di cui la prestazione forma lo specifico oggetto.

38 Afferma MENGONI, La responsabilità contrattuale, cit., 115, che: «Il problema dell’im-possibilità della prestazione si pone soltanto per le obbligazioni derivanti da negozio o da rap-porti assimilati al contratto e la gestione di affari, non per le obbligazioni derivanti da delittoo da altri fatti, quali il pagamento dell’indebito o l’arricchimento senza giusta causa, le qualihanno per oggetto, direttamente o indirettamente, pagamento di somme di denaro (...). Per-ciò in un medesimo tipo di rapporto l’intensità del vincolo obbligatorio, cioè la misura del-l’impegno assunto dal debitore per soddisfare l’interesse del creditore, può essere diversa aseconda delle circostanze individuali in cui la promessa è stata fatta».

39 MENGONI, Obbligazioni «di risultato» e obbligazioni «di mezzi», in Riv. dir. comm.,1954, I, 281 ss.; ID., La responsabilità contrattuale, cit., 116.

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In base a questa interpretazione, nessuno può essere tenuto ad adem-piere quando, in base ad una valutazione di buona fede ed equità, lo sforzoo il sacrificio richiesti siano eccessivi 40.

L’ancoraggio della nozione di impossibilità al principio di buona fedeconsente di superare una lettura troppo rigorosa della stessa e di definire illimite della responsabilità in relazione al singolo concreto rapporto obbliga-torio nell’alveo del quale sorge; consente, in altre parole, di definire l’impos-sibilità della prestazione in base agli ordinari mezzi previsti dal regola-mento contrattuale secondo la rappresentazione delle parti o in base ad unavalutazione di normalità in relazione al tipo dell’obbligazione e alle con-crete circostanze41.

Altre volte, il ridimensionamento dell’assolutezza dell’impossibilità èfrutto del bilanciamento degli interessi in gioco: la nozione di impossibilità– si osserva – non può essere letta in modo tale da mettere in pericolo beniprimari come la vita e l’integrità fisica42 ovvero da imporre la commissionedi illeciti 43, la violazione di doveri professionali o comportare conseguenzerovinose sul piano economico per il debitore. Lo stesso Osti sottolinea comela vita, l’integrità fisica e la libertà personale del debitore non possanocomunque essere messe a repentaglio. E che pertanto un adempimento chesia ancora possibile mettendo a rischio una di queste cose è da considerarsigiuridicamente impossibile. Rimane ferma la possibilità che il debitoreassuma rischi simili. In questo caso è però da accertare che l’accordo con-cluso non sia in contrasto con l’ordine pubblico e il buon costume44.

Sulla stessa linea si colloca chi, pur accogliendo una nozione oggettivadi impossibilità, afferma che lo sforzo richiesto al debitore nell’adempi-mento non possa in alcun modo comportare il sacrificio di attributi della

40 Cfr. per tutti, MENGONI, Obbligazioni «di risultato» e obbligazioni «di mezzi», cit., 281ss. DI MAJO, op. cit., 275 ss.

41 MENGONI, Responsabilità contrattuale (diritto vigente), cit., 1084. Rigetta la nozione diinesigibilità secondo buona fede affermando che una tale dottrina approda a risultati simili aduna valutazione in chiave soggettiva dell’impossibilità COTTINO, op. cit., 137 ss.

42 PERLINGIERI P., op. cit., 452 ss., il quale inquadra la tematica nell’ambito di una letturacostituzionalmente orientata degli interessi in gioco.

43 Nel caso in cui il debitore non riesca ad adempiere un’obbligazione se non violan-done un’altra occorre verificare le cause di tale impossibilità. Pertanto, ove questa situa-zione di fatto sia dovuta all’assunzione di impegni che sapeva, o avrebbe dovuto sapere, dinon essere in grado di mantenere, il debitore è comunque responsabile. Così DE MAURO,Dell’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore, in Comm. Schle-

singer, Milano, 2011, 95.44 OSTI, Impossibilità sopravveniente, cit., 289.

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personalità o il compimento di attività illecite45 e che sia sempre necessariauna «valutazione secondo logica, normalità e umanità dello sforzo richiestoal debitore» 46.

Tutte queste costruzioni sono accomunate dall’esigenza di emancipare lanozione di impossibilità da una lettura in chiave strettamente naturalisticain modo da affermare l’impossibilità anche quando la prestazione sarebbeastrattamente eseguibile, ma tale esecuzione determinerebbe il sacrificio divalori e interessi ritenuti preminenti rispetto all’esecuzione.

Più in generale, si registra nell’evoluzione del dibattito un progressivo sco-stamento della nozione di impossibilità assoluta dal diffuso convincimentosecondo cui sia impossibile solamente ciò che natura dari vel fieri non

potest e una crescente tendenza a commisurare piuttosto la possibilità al con-tenuto del rapporto obbligatorio rispetto allo sforzo richiesto al debitore.

Né varrebbe osservare, in senso contrario, che in tal modo si abbandonail rigore insito nella nozione di impossibilità a favore di una sua rilettura inchiave di diligenza. Come osserva Cottino, l’impossibilità non può cheessere una nozione giuridica, la quale pertanto non si esaurisce nella impos-sibilità in senso naturalistico. E anche il noto brocardo ad impossibilia

nemo tenetur non rimanda a dati di natura quanto piuttosto a scelte precisedi politica legislativa47.

A margine di questa panoramica, occorre osservare che la distanza inconcreto tra le due soluzioni estreme (oggettivistica e soggettivistica insenso puro) dipende in larga misura dalla nozione di colpa accolta. Affer-mare la rilevanza della colpa nella determinazione della impossibilitàdella prestazione, in adesione a posizioni soggettivistiche, può produrrerisultati non troppo distanti da quelli cui si giunge in applicazione delleposizioni oggettivistiche quando la nozione di colpa accolta si allontanida una sua lettura in chiave di diligenza media per adottare standard piùrigorosi, fino a ricomprendervi qualsiasi attività in astratto possibile (c.d.diligentia diligentissimi)48.

45 COTTINO, op. cit., 137 ss.46 COTTINO, ivi, 149.47 COTTINO, ivi, 141.48 Sul punto v. le riflessioni di CABELLA PISU, op. cit., 222, e la bibliografia ivi richiamata.

Per una descrizione della progressiva tendenza degli ordinamenti giuridici a oggettivare lostandard richiesto ai fini dell’affermazione della colpa e per una considerazione di questa ten-denza nella prospettiva dell’analisi economica del diritto, sia consentito rinviare a SMORTO, Il

criterio di imputazione della responsabilità civile. Colpa e responsabilità civile in civil lawe common law, in Europa dir. priv., 2008, 423 ss.

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In conclusione, possiamo osservare che tutte le proposte interpretativepassate in rassegna si allontanano, per un verso, da una lettura eccessiva-mente rigida dell’impedimento sopravvenuto costruito sulla falsariga del-l’impedimento naturalistico e, per altro verso, si sforzano di distinguerel’impossibilità dalla difficoltà superabile cui una lettura pienamente sogget-tivizzante dell’impossibilità condurrebbe.

Al centro delle costruzioni dottrinarie più moderne e convincenti sta,dunque, la ricerca di una misura di sforzo esigibile dal debitore in base adun certo standard tipico-sociale e correlativamente l’individuazione degliimpedimenti estintivi dell’obbligazione in base a criteri di oggettività e amassime di esperienza49.

5. L’imputabilità della causa dell’impossibilità

Il dibattito sull’impossibilità estintiva trova nella definizione della “causanon imputabile al debitore” uno degli elementi di maggior rilievo.

Anche sull’imputabilità della causa che ha determinato l’impossibilità sicontendono il campo fautori delle concezioni oggettiva e soggettiva.

Come detto in precedenza, l’adesione a posizioni oggettivistiche conriguardo alla nozione di impossibilità non comporta l’adesione a posizionianaloghe con riguardo al diverso profilo della causa che ha determinatotale impossibilità.

Così, lo stesso Osti ammette limpidamente che causa non imputabilesignifichi causa non derivante da colpa del debitore. In questo contesto –afferma l’Autore – la colpa va valutata alla stregua della diligenza del buonpadre di famiglia, indicato dall’art. 1176 c.c. come criterio di valutazione delcomportamento del debitore50.

Diametralmente opposta è la posizione di chi, proprio facendo leva suuna lettura oggettiva della causa non imputabile, pone in dubbio la neces-sità di attribuire carattere oggettivo all’impossibilità 51.

Anche in questo caso, come già con riferimento alla definizione dell’im-

49 DI MAJO, op. cit., 458.50 OSTI, Impossibilità sopravveniente, cit., 297. In senso critico v. le considerazioni di

CASTRONOVO, op. cit., 8, il quale afferma come l’imputazione dell’impossibilità non possa rite-nersi ascrivibile esclusivamente a colpa. Sul punto v. già ID., Problema e sistema nella

responsabilità da prodotto, Milano, 1979, 505. Sulla stessa scia si colloca MENGONI, Responsa-

bilità contrattuale (diritto vigente), cit., 1091 ss.51 VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, in Comm. Schlesinger, 2a ed., Milano,

2006, 325.

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possibilità, le teorie soggettivistiche fanno perno sulla nozione di diligenza.Ma mentre la rilevanza della diligenza richiesta nella definizione dellanozione di impossibilità riguarda lo sforzo debitorio richiesto per superaregli ostacoli all’adempimento, in tema di causa non imputabile la diligenzariguarda le cause che hanno dato luogo all’impedimento52.

Se la natura soggettiva della causa dell’impossibilità trova accoglimento,per comune ammissione, nella stessa Relazione del Guardasigilli al codice

del 1942 (n. 571), la natura oggettiva della causa impediente viene general-mente argomentata attraverso il richiamo a forza maggiore e caso fortuitoovvero attraverso il ricorso alla nozione di causa estranea.

Nonostante il mutamento lessicale intervenuto tra i due codici, infatti, èfrequente il riferimento a caso fortuito e forza maggiore al fine di ricavaredalle norme che fanno ricorso a tali nozioni – tipicamente le obbligazioni dicustodia – una regola di carattere generale. Si pensi alla responsabilità divettori (art. 1693 c.c.), albergatori (art. 1785 c.c.), depositari (art. 1787 c.c.),banche (art. 1839 c.c.). Per queste categorie di obbligazioni l’impossibilitàestintiva è collegata espressamente al caso fortuito o comunque ad eventiesterni alla sfera di controllo del debitore stesso, e pertanto sganciata daqualsiasi riferimento alla colpevolezza del debitore. Dalla ricognizione delledisposizioni sulle obbligazioni aventi ad oggetto la custodia (o l’interitus

rei) si ricaverebbe una regola di carattere più ampio, che estende talerigore anche al di fuori dei confini originariamente assegnati, includendoanche le obbligazioni di attività, in sintonia con i bisogni di un’economiaindustriale e post-industriale53.

Nella stessa prospettiva si muovono coloro i quali, anche in questo casoin linea di continuità con il codice previgente54, fanno riferimento alla sferapersonale ed economica del debitore. Seguendo questa ricostruzione, per-ché l’impedimento sopravvenuto abbia efficacia liberatoria, la causa che hadato luogo all’impossibilità deve essere esterna alla sfera del debitore55.

52 Afferma MENGONI, Obbligazioni «di risultato» e obbligazioni «di mezzi», cit., 202, chela funzione principale della diligenza consiste nella conservazione della possibilità di adem-piere. Rintraccia nella presa di posizione mengoniana le tesi di Hartmann, CASTRONOVO, L’im-

possibilità per inadempimento da Osti a Mengoni, cit., 9.53 Sul punto v. le riflessioni di DI MAJO, op. cit., 474; CASTRONOVO, Problema e sistema

nella responsabilità da prodotto, cit., 518. Da ultimo v. D’AMICO, La responsabilità exrecepto e la distinzione tra obbligazioni «di mezzi» e «di risultato», Napoli, 1999.

54 Il codice del 1865 prevedeva la «causa estranea» non imputabile al fine di definire icasi di impossibilità non imputabile (art. 1225).

55 Il riferimento alla sfera di controllo del debitore è stato applicato talora alla sola figura

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Causa non imputabile è così l’evento estraneo alla sfera del debitore cheimpedisca la materiale esecuzione della prestazione56.

In senso contrario alla correttezza di un simile criterio, è stato obiettatoche il fatto causativo dell’impossibilità possa anche provenire dal fatto dellostesso debitore senza che questo comporti necessariamente l’imputabilitàdella causa57 e che tale criterio sia legislativamente previsto solo per alcunespecifiche disposizioni (ad esempio, quelle relative ai casi di receptum),senza che possa divenire criterio normativo di portata generale58.

Molto frequente in dottrina e in giurisprudenza è, poi, il riferimento allaprevedibilità e all’inevitabilità della causa dell’impossibilità 59. La rilevanzadella prevedibilità della sopravvenienza impediente è argomentata in basealla circostanza che il debitore avrebbe potuto prevedere l’evento e, per-tanto, attivarsi per evitarlo o comunque per attenuarne le conseguenze, siacon riferimento alla prestazione in sé, sia agli impedimenti che riguardino lapersona del debitore. In altri casi il riferimento è all’ipotesi in cui l’impedi-mento, anche se prevedibile, non sia “resistibile”.

I due piani spesso si sovrappongono, posto che, attraverso il riferi-mento al caso fortuito e alla forza maggiore, si intendono richiamare tuttequelle cause ritenute imprevedibili o che, seppure prevedibili, non sianocomunque evitabili 60.

Anche in giurisprudenza l’imputabilità della causa è spesso ricondotta alsuo carattere imprevedibile o inevitabile 61, anche tenuto conto della mag-

dell’imprenditore. Cfr. TRIMARCHI P., Sul significato economico dei criteri di responsabilità

contrattuale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1970, 521. Altre volte al debitore, indipendente-mente dalla sua qualità di imprenditore. Così, ad esempio, VISINTINI, La responsabilità con-

trattuale, Napoli, 1979, 345 ss.56 Da ultimo, v. DE MAURO, op. cit., 37.57 PERLINGIERI P., op. cit., 459, ntt. 6-7.58 Sul punto v. CABELLA PISU, La causa non imputabile, in Trattato della responsabilità

contrattuale, diretto da Visintini, cit., 232.59 PAGLIANTINI, Prevedibilità del fatto impeditivo, equilibrio subiettivo delle impugna-

zioni e recesso del contraente deluso: note e spunti in tema di risoluzione per impossibi-

lità sopravvenuta, in Riv. dir. privato, 2007, 503.60 Cfr. CANDIAN, Caso fortuito e forza maggiore (diritto civile), in Noviss. Dig. it., II,

Torino, 1958, 988, cui si rinvia per una panoramica delle diverse posizioni in ordine al signifi-cato delle due espressioni. Afferma che «dovrebbe essere rivalutata, sfruttando anche l’indi-cazione del nuovo testo dell’art. 1785, la distinzione tra caso fortuito e forza maggiore: ilprimo definito dal concetto di inevitabilità dell’evento dannoso (casus = non culpa), laseconda, invece, definita dal concetto di causa estranea ai rischi tipici creati dall’organizza-zione d’impresa del debitore», MENGONI, La responsabilità contrattuale, cit., 126.

61 Così, ad esempio, in materia di furto e rapina. Generalmente la giurisprudenza è più

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giore o minore complessità dell’organizzazione aziendale dell’obbligato62. Lastessa giurisprudenza, infatti, fa riferimento a caso fortuito e forza mag-giore per designare quegli eventi irresistibili (vis cui resisti non potest) edestranei alla sfera di controllo del debitore: eventi bellici, eventi atmosfericidi particolare intensità, factum principis. Non mancano casi in cui anchecircostanze relative alla persona del debitore vengono ricondotte dalla giu-risprudenza al caso fortuito o alla forza maggiore, soprattutto nella materiadel diritto del lavoro (si pensi, ad esempio, alla malattia ovvero all’arrestodel prestatore di lavoro)63.

La giurisprudenza, dunque, utilizza spesso il criterio dell’estraneità allasfera di controllo dell’obbligato, ovvero richiama le nozioni di caso fortuitoe forza maggiore per stabilire l’imputabilità della causa. Secondo taluniosservatori, tuttavia, tali richiami si arrestano al piano declamatorio, men-tre la vera ragione del decidere si ricava da una verifica caso per caso deifatti di causa, dalla ricostruzione dell’operazione economica all’internodella quale l’obbligazione sorge e dal modo in cui i rischi sono stati ripartititra i soggetti dell’obbligazione64.

Il riferimento alla sfera di estraneità del debitore viene fatto discendere,oltre che dalla lettura appena offerta delle norme del nostro codice civile,dall’applicazione dei criteri di efficienza. La tesi dell’economic analysis of

law, almeno nella sua formulazione più generale, è nota. Solo quando unsoggetto subisce interamente le conseguenze positive e negative del pro-prio agire, senza che queste ricadano su altri, terrà nel giusto conto tutti glieffetti delle proprie azioni: effettuerà, cioè, un calcolo circa il proprio torna-conto personale consistente in un’analisi costi-benefici. E poiché l’effi-cienza allocativa generale si raggiunge solo bilanciando tutti i costi e tutti i

generosa nell’escludere la responsabilità in caso di rapina. Cfr., tra le altre, Cass., 29.7.2004,n. 14470, in Mass. Giur. it., 2004, 1135, nella quale la non imputabilità è argomentata in basealle cautele adottate (installazione di un campanello all’ingresso). Al contrario, nel furto laliberazione dell’obbligato ex recepto richiede la prova rigorosa che l’evento fosse imprevedi-bile e/o inevitabile. Sul punto v., ad esempio, Cass., 6.7.2001, n. 7226, in Giust. civ., 2002,2256; Cass., 11.11.2003, n. 16950, in Danno e resp., 2004, 678; Cass., 6.7.2006, n. 15364, inArch. giur. circolaz., 2007, 10, 1079. In senso favorevole all’obbligato cfr. Cass., 12.4.2006, n.8629, in Contr., 2007, 46, in cui il servizio di sorveglianza e la chiusura con serramenti metal-lici sono state ritenute misure sufficienti ad escludere la responsabilità dell’autofficina per ilfurto di un’auto di pregio.

62 Per un’applicazione di questa distinzione in tema di parcheggi attrezzati v. Cass.,26.2.2004, n. 3863, in Foro it., 2004, I, 2132; Cass., 15.11.2002, n. 16079, ivi, 2003, I, 1526; Cass.,11.11.2003, n. 16950, in Danno e resp., 2004, 678.

63 Sul punto v. infra il commento al § 6.64 CABELLA PISU, La causa non imputabile, cit., 247 ss.

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benefici, gli incentivi individuali sono socialmente efficienti solo se com-portano la piena internalizzazione di costi e benefici per il singolo 65.

Il riferimento alla sfera di controllo del debitore sembra essere accolto,inoltre, a livello sovranazionale, anche dalle compilazioni modello66.

Un ulteriore aspetto di rilievo, strettamente legato al precedente,riguarda l’onere della prova. Ove sia posto a carico del debitore l’onere diprovare la causa specifica dell’impedimento, gli si accolla, infatti, il rischiodella causa ignota: la mancata individuazione delle cause dell’impossibilitàimpedisce all’obbligato di provare che essa sia dovuta a caso fortuito oforza maggiore, e in questo caso la prova della diligenza non è di per sé suf-ficiente a mandare esente da responsabilità l’obbligato67.

6. L’identificazione degli impedimenti. La giurisprudenza in tema diimpossibilità sopravvenuta della prestazione

Al momento di passare dalle premesse teoriche illustrate fin qui allacasistica, tuttavia, non sempre è facile arrivare a conclusioni condivise. Fre-quentissimo appare il richiamo al “concreto rapporto” e al regolamentodegli interessi voluto dalle parti quando l’obbligazione abbia natura pattizia.Qualsiasi classificazione degli eventi è giudicata, pertanto, avente valorepuramente descrittivo: solo la corretta valutazione degli interessi dedotti inobbligazione può condurre all’individuazione del criterio di soluzione, datala varietà – e la connessa difficoltà di individuazione – degli aspetti che con-corrono a definire l’obbligazione.

La nozione di impossibilità finisce, pertanto, per assumere inevitabil-mente un’elasticità che le consente di adattarsi alle diverse circostanze68.

Con questa premessa, si procederà ad una disamina della giurispru-denza con riguardo a singoli tipi di obbligazioni o impedimenti per verifi-care l’eventuale sussistenza di una posizione condivisa.

Per far questo, è necessario andare oltre le declamazioni di principio,

65 Per l’applicazione di questa teoria alla materia dell’inadempimento sia consentito rin-viare a SMORTO, Il danno da inadempimento, Padova, 2005, 165 ss.

66 Sul punto v. infra il commento al § 8.67 Per un’applicazione di tale principio in giurisprudenza v. Cass., 6.2.2007, n. 2550, in

Obbl. e contr., 2007, 292, con nota Rubino; Cass., 28.7.2005, n. 15818, in CED Cass., rv. 584359entrambe in materia di incendi; Cass., 16.5.1996, n. 4557, in Mass. Giur. it., 1996, 429, sulfurto di automezzi custoditi presso un’autofficina; Cass., 4.6.1993, n. 6242, ivi, 1993, 623 sullamancata consegna di merci. In dottrina v. GALGANO, La responsabilità contrattuale: i contra-

sti giurisprudenziali, in Contratto e impresa, 1989, 33 ss.68 PERLINGIERI P., op. cit., 447 ss.

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le quali ricalcano alla lettera l’enunciazione contenuta nell’art. 1218 c.c. eabbracciano, con una giurisprudenza «più realista del re» 69, la versionepiù rigorosa e meno colpevolista delle disposizioni in commento. Pas-sando dalla lettura delle massime ad un’analisi più approfondita della giu-risprudenza si scopre che, lungi dal trovare adesione ad alcuna delleopzioni ricostruttive proposte in dottrina, la tendenza della giurispru-denza è quella di adeguarsi in modo empirico e concreto alla natura delrapporto e alle altre circostanze rilevanti del caso concreto; e che leenunciazioni generali contenute nelle massime rivestono spesso un carat-tere puramente didascalico70.

“Eventi naturali”. Gli eventi naturali rappresentano l’ipotesi primigenia diimpossibilità, tanto sotto il profilo della non imputabilità della causa quantosotto quello dell’impossibilità della prestazione. È frequente in giurispru-denza il richiamo, in funzione estintiva dell’obbligazione, alla forza mag-giore, ossia a eventi naturali irresistibili (vis cui resisti non potest). Fannoeccezione le ipotesi in cui contenuto principale dell’obbligazione sia pro-prio quello di prevenire i rischi connessi a tali eventi. Si pensi, a tal propo-sito, alla responsabilità delle banche per preziosi depositati dai propri clien-ti 71 o al rimessaggio dei natanti 72.

Factum principis. All’impossibilità naturale viene spesso affiancatal’impossibilità giuridica, frutto di un provvedimento dell’autorità (legislati-vo, giudiziario, amministrativo) che incide sull’esecuzione dell’obbliga-zione. Casi frequenti in giurisprudenza sono la modifica di piani regolatori,le variazioni sulla commerciabilità di un certo bene o in una certa area geo-grafica a causa della messa fuori commercio di determinati prodotti 73

ovvero di embarghi nei confronti di determinati paesi.Ferma restando l’impossibilità della prestazione, il discorso qui si sposta

spesso sull’imputabilità della causa sotto il profilo della prevedibilità dell’in-sorgere dell’impedimento. Così, ad esempio, è giudicato responsabile ildebitore che abbia assunto l’impegno di ristrutturare un immobile e conse-gnarlo al creditore senza tener conto dei tempi tecnici normalmente neces-sari per l’ottenimento del rilascio dell’autorizzazione ad eseguire i lavori da

69 L’osservazione è di DI MAJO, op. cit., 478.70 Così, DI MAJO, ivi, 479.71 A. Firenze, 16.11.1971, in Foro padano, 1972, I, 317.72 Cass., 1.6.2004, n. 10484, in Giur. it., 2005, n. 939, con nota di PELLEGRINO, Ormeggio (e

parcheggio) tra deposito e locazione; in Corriere giur., 2005, n. 237, con nota di GENOVESI,Contratto di ormeggio e responsabilità dell’ormeggiatore.

73 Cass., 24.4.1982, n. 2548, in Riv. dir. comm., 1983, II, 391.

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parte della pubblica amministrazione74. Mentre normalmente le innovazionilegislative non sono reputate prevedibili, anche quando la precedente nor-mativa renda una determinata scelta del legislatore altamente probabile75. Ènecessario, inoltre, che il debitore non abbia contribuito al factum princi-

pis impeditivo 76 e anzi abbia fatto quanto in suo potere per ottenerne larevoca o l’annullamento77.

In altri casi, il problema è quello di valutare le conseguenze giuridichedell’inerzia dell’obbligato, in particolare con riguardo al ritardo nell’effet-tuare l’adempimento pur restando entro i termini78.

Perché abbia efficacia estintiva il factum principis deve, comunque,riguardare il bene in sé considerato e non semplicemente comprometterealcune forme di utilizzazione79.

“Obbligazioni negative”. La giurisprudenza ha generalmente affermatol’incompatibilità della disciplina sull’impossibilità sopravvenuta della pre-stazione con il regime delle obbligazioni negative, argomentando tale con-clusione sulla base della disciplina sull’inadempimento delle stesse (art.1222 c.c.)80.

Di segno favorevole alla configurabilità dell’impossibilità sopravvenutanelle obbligazioni negative, al contrario, è la dottrina che afferma come dal-l’art. 1222 c.c. possa desumersi, al più, l’inapplicabilità alle obbligazioninegative della disciplina sulla mora, ma non di quella sull’inadempimento eafferma, di conseguenza, la piena compatibilità in linea di principio delledue discipline, salvo ammettere la difficoltà che in concreto una simile ipo-tesi possa verificarsi81.

“Obbligazioni generiche”. Solitamente si afferma la non configurabilità diun’impossibilità della prestazione nel caso di obbligazioni generiche. Ciò,com’è noto, è dovuto alla constatazione secondo cui nelle obbligazioni di

74 Cass., 23.6.1967, n. 1555, in Foro padano, 1968, I, 195. Cfr. anche Cass., 7.1.1970, n. 26,in Giust. civ., 1970, I, 391.

75 Cass., 14.11.1957, n. 4391, in Riv. dir. agr., 1958, II, 35.76 Per un caso di vendita di immobile privo di licenza per difformità rispetto al progetto

approvato v. Cass., 1.12.1977, n. 5231, in Mass. Giur. it., 1977, 1142.77 Cass., 20.8.2003, n. 12235, in Contr., 2004, 389; Cass., 8.11.2002, n. 15712, in Notariato,

2003, 7; Cass., 23.2.2000, n. 2059, in Danno e resp., 2000, 752.78 Cass., 26.8.2002, n. 12477, in Gius, 2003, 181.79 Cass., 9.11.1994, n. 9304, in Contr., 1995, 166.80 Cass., 7.3.2003, n. 3412, in Banca dati Pluris; Cass., 10.5.1951, n. 1094, in Giur. it.,

1952, I, 1, 686 ss.81 COVIELLO L. JR., L’impossibilità della prestazione e l’obbligazione negativa, in Giur.

it., 1952, I, 1, 685.

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genere, e in particolare in quelle traslative, l’obbligo gravante sul debitoreconsiste, fino al momento dell’individuazione, nel consegnare una certaquantità di merce. Finché il genere esiste in natura non sarà pertanto possi-bile invocare l’impossibilità anche quando una certa merce sia andatadistrutta o smarrita 82. A sostegno di tale tesi si richiama il principio dellaconservazione dei rapporti giuridici e la sicurezza dei traffici. Così è respon-sabile il debitore anche quando provi di non essere stato nell’impossibilitàdi reperire la merce nelle forme stabilite 83. Tale distinzione deriverebbe,come è noto, dal principio genus numquam perit, da cui discende l’obbligoper il debitore di reperire altrimenti sul mercato cose dello stesso genere inmodo da poter adempiere. Il debitore – si afferma – deve rivolgersi al mer-cato e non alla propria disponibilità 84.

Dal carattere assoluto dell’impossibilità discenderebbe l’esclusiva appli-cabilità dell’art. 1256 c.c. alle sole prestazioni aventi ad oggetto la consegnadi cose determinate o comunque appartenenti ad un genere limitato 85. Men-tre tale norma non potrebbe essere invocata per le prestazioni aventi adoggetto somme di danaro e comunque cose generiche86.

“Obbligazioni pecuniarie”. Con riferimento alle obbligazioni pecuniarie87

la giurisprudenza è costante nel negare che possa darsi il caso di impossibi-lità in senso tecnico della prestazione, dato il carattere fungibile del dena-ro 88: così il mancato pagamento di quanto dovuto non può considerarsiincolpevole anche quando l’inadempimento sia frutto, ad esempio, dellamancata erogazione di finanziamenti sui quali il debitore aveva fatto affida-mento 89. In questi casi, come in altri analoghi, la giurisprudenza affermal’obbligo del debitore di reperire in altro modo il denaro necessario perl’adempimento.

Sia per le obbligazioni pecuniarie che per quelle generiche, a mitigare il

82 Cfr. Cass., 15.3.1944, n. 169, in Riv. dir. comm., 1945, II, 93.83 Si pensi alla casistica in tema di commercio del petrolio in presenza di un’interruzione

dell’estrazione o del divieto di esportazione relativi a singoli paesi. Cfr. sul punto Cass.,29.6.1981, n. 4249, in Foro it., 1981, I, 2133.

84 MENGONI, La responsabilità contrattuale (diritto vigente), cit., 1072.85 Sull’equiparazione del genus limitatum alle cose determinate v. Cass., 4.4.1987, n.

3267, in Mass. Giur. it., 1987, 528 (c.d. bottigliette canadesi).86 Cass., 16.3.1987, n. 2691, in Mass. Giur. it., 1987, 415; Cass., 17.6.1980, n. 3844, in Arch.

civ., 1980, 905.87 Critica la riconduzione delle obbligazioni pecuniarie a quelle generiche DI MAJO, Obbli-

gazioni pecuniarie, in Enc. Dir., XXIX, Milano, 1979, 222.88 Cass., 25.2.1992, n. 2339, in Giust. civ., 1992, I, 1745.89 Cass., 20.5.2004, n. 9645, in Contr., 2004, 1137.

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rigore delle posizioni fin qui illustrate è intervenuta una giurisprudenza cheha letto l’inesauribilità del genus in relazione alla materiale procurabilità eraggiungibilità della merce90 e ha attribuito efficacia estintiva anche a sin-goli impedimenti sopravvenuti (divieto di commercio o di importazione/esportazione, requisizioni ecc.)91 ovvero, con riferimento specifico alleobbligazioni pecuniarie, ai pagamento in valuta estera92. Carattere liberato-rio è stato, inoltre, riconosciuto al sequestro conservativo, a quello preven-tivo (ex artt. 316 e 321 c.p.p.)93 e alla requisizione di una determinata cate-goria di prodotti 94.

In ogni caso, a temperare la rigidità delle posizioni più rigorose anche aldi fuori delle eccezioni ora menzionate, interviene la disciplina sull’ecces-siva onerosità sopravvenuta nei casi in cui si registri un’alterazione signifi-cativa del sinallagma.

“Obbligazioni soggettivamente complesse”. L’assenza di una disciplinadell’impossibilità nelle obbligazioni soggettivamente complesse è probabil-mente dovuta alla concezione oggettiva dell’impossibilità: poiché l’impossi-bilità attiene alla prestazione in sé, l’effetto estintivo non potrebbe che ope-rare con riferimento alla totalità dei condebitori (si pensi, ad esempio, alperimento della cosa o comunque all’impossibilità che cada sull’oggettodella prestazione)95.

Il problema si pone, al contrario, ove si ammetta la rilevanza di impedi-menti relativi a singoli debitori.

È da ritenere che l’impossibilità sopravvenuta riguardante uno solo deidebitori non comporti l’estinzione nel caso di obbligazioni solidali e che ilsolvens conservi il diritto di regresso anche nei confronti del coobbligatoimpossibilitato. Mentre nel caso di obbligazione parziaria, questa si estin-gue per la parte dovuta dall’obbligato impossibilitato96.

In tema di obbligazioni alternative o facoltative operano le regole pre-scritte agli artt. 1288, 1289, 1290 c.c. Pertanto, mentre nell’obbligazione

90 Cass., 20.1.1955, n. 152, in Mass. Giur. it., 1955, 37.91 Cfr. Cass., 24.4.1982, n. 2548, in Riv. dir. comm., 1983, II, 391, relativa al sequestro su

tutto il territorio nazionale della farina di colza.92 T. Milano, 19.9.1977, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 1978, 124.93 Cass., 24.4.1982, 2548, in Riv. dir. comm., 1983, II, 391. Non così, invece, per il seque-

stro probatorio. Sul punto cfr. Cass., 17.1.2001, n. 567, in Urbanistica e app., 2001, 404.94 Cass., 8.8.1951, n. 2447, in Rep. Foro it., 1951, Requisizioni, n. 33.95 Sul punto v. GNANI, L’estinzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione

nell’obbligazione soggettivamente complessa, in Riv. dir. civ., 2002, II, 41 ss.96 DE MAURO, op. cit., 149.

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alternativa l’impossibilità non imputabile rende l’obbligazione semplice, nelcaso di obbligazione facoltativa l’obbligazione si estingue97.

“Rapporti di lavoro”. Alcuni impedimenti del rapporto di lavoro sonoregolati in modo tipico dal legislatore: così, ad esempio, l’infortunio, lamalattia, la gravidanza o, in passato, il servizio di leva (cfr. artt. 2110 e 2111c.c.), attribuiscono una certa efficacia estintiva anche ad impedimenti dinatura puramente soggettiva, con l’effetto di sottrarre, almeno in parte, talimaterie alla disciplina generale delle obbligazioni98.

Con riferimento allo sciopero, vale il principio generale secondo cui l’at-tività dell’ausiliario ricade nella sfera di rischio del debitore, il quale, in baseall’art. 1228 c.c., risponde dell’opera dei terzi di cui si avvale. Il principio ispi-ratore della norma è impedire che l’affidamento del creditore nell’adempi-mento dell’obbligazione possa essere frustrato per ragioni connesse all’orga-nizzazione del debitore. In altre parole, le scelte logistiche e organizzative deldebitore sono ininfluenti per il creditore. Il debitore non può, pertanto,andare esente da responsabilità facendo leva sul comportamento dei propriausiliari. Una parziale eccezione è costituita dal caso dello sciopero99. La giu-risprudenza, in linea con questa impostazione, afferma l’impossibilità dellaprestazione quando lo sciopero sia tale da essere reputato estraneo alla sferadi controllo del debitore. Questo avviene quando si tratti di sciopero nazio-nale, mentre la responsabilità del debitore è riaffermata in caso di scioperoaziendale, salvo che lo stesso sia da reputarsi illecito100.

7. L’impossibilità temporanea

L’impossibilità sopravvenuta della prestazione estingue l’obbligazioneove tale impossibilità sia definitiva.

Se l’impossibilità è solo temporanea, il 2° co. dell’art. 1256 c.c. dispone

97 In giurisprudenza v. Cass., 4.11.2000, n. 14426, in Mass. Giur. it., 2000. 1274.98 Cass., 7.4.2003, n. 5413, in Gius, 2003, 1854; Cass., 4.7.2001, n. 9037, in Mass. Giur.

it., 2001, 776. Sul rapporto tra disciplina generale delle obbligazioni e rapporto di lavoro sirinvia a MENGONI, Note sull’impossibilità sopravvenuta della prestazione di lavoro, inScritti giuridici in onore di Antonio Scialoja per il suo XLV anno d’insegnamento, IV,Bologna, 1953, 261 ss.

99 In realtà la giurisprudenza non è sempre stata concorde nel ritenere che lo scioperodei dipendenti fosse inquadrabile entro l’art. 1228 c.c.

100 Cass., 2.5.2006, n. 10139, in CED Cass., rv. 590200. In passato la giurisprudenza è entratanel merito dello sciopero al fine di verificare la prevedibilità e/o evitabilità dello sciopero, adesempio valutando se le pretese dei lavoratori fossero giustificate sul piano economico: Cass.,18.12.1952, n. 3236, in Foro it., 1953, I, 500; Cass., 18.6.1953, n. 1841, ivi, 1954, I, 34.

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che il debitore non è responsabile del ritardo fin tanto che la condizione diimpossibilità perdura.

Il primo effetto dell’impossibilità temporanea è, dunque, l’esonero daresponsabilità per eventuali danni derivanti dal ritardo nell’adempimento101.

Ove poi l’impossibilità temporanea si trasformi in definitiva si produ-cono gli effetti estintivi di cui al 1° co.

Nel momento in cui la prestazione torni, invece, ad essere possibile, l’ob-bligazione segue le originarie modalità, essendo rimasta immutata.

Tuttavia, «in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’ogget-to», anche la semplice impossibilità temporanea può determinare l’estinzionedell’obbligazione ove perduri fino al punto in cui il creditore abbia perso inte-resse alla prestazione o il debitore non possa più essere ritenuto obbligato.

Secondo alcuni Autori, il 2° co. dell’art. 1256 c.c. prevedrebbe due ipo-tesi distinte: solamente la prima, che riguarda l’estinzione dell’obbligazionefino a quando il debitore non possa più adempiere la prestazione, costitui-rebbe un caso di impossibilità; mentre la seconda ipotesi contemplata dalladisposizione in esame, ossia il caso in cui venga meno l’interesse del credi-tore all’adempimento, non sarebbe un’ipotesi di impossibilità vera e pro-pria, dovendosi parlare piuttosto di inutilità della prestazione102.

In senso difforme si esprime chi sottolinea come una valutazione delgenere debba sempre avere un contenuto teleologico-funzionale alloscopo di verificare, nella valutazione della persistenza dell’obbligazione,tanto l’utilità residua per il creditore quanto la posizione in concreto rive-stita dal debitore103.

Di una tautologia parla, invece, chi ritiene che sia il venir meno dell’inte-resse creditorio a determinare l’estinzione dell’obbligazione: l’affermazionesecondo cui l’obbligazione si estingue allorquando il debitore non può piùessere ritenuto obbligato ad eseguire la prestazione null’altro sarebbe senon una grossolana petizione di principio104.

Nel senso di valorizzare principalmente l’interesse del creditore è anchela giurisprudenza, la quale ha affermato l’obbligo del debitore di adempierenon appena cessata l’impossibilità, senza che questi possa far valere un pro-

101 Cass., 6.2.1979, n. 794, in Mass. Giur. it., 1979, 212.102 MOSCO L., op. cit., 435.103 PERLINGIERI P., op. cit., 501, il quale sottolinea l’inscindibilità della valutazione dei due

profili debitorio e creditorio.104 MENGONI, Note sull’impossibilità sopravvenuta della prestazione di lavoro, cit.,

274, nt. 23.

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prio interesse di segno diverso, se non sotto il differente profilo dell’ecces-siva onerosità sopravvenuta105.

In giurisprudenza si afferma che la valutazione della temporaneità del-l’impedimento non possa effettuarsi sulla base di un semplice dato tempo-rale, ben potendo un impedimento di ore considerarsi definitivo e uno dimesi considerarsi temporaneo a seconda del concreto rapporto obbligato-rio. Né esistono impedimenti tipicamente temporanei e impedimenti intrin-secamente definitivi 106.

In ogni caso, la valutazione della temporaneità o definitività dell’impedimentocostituisce un giudizio di fatto, come tale non censurabile in Cassazione107.

Sembra, inoltre, da rigettare la soluzione di chi, anche sulla scorta dellaRelazione ministeriale (n. 577), ritiene temporaneo – e come tale privo diefficacia estintiva dell’obbligazione – l’impedimento per il quale sia prevedi-bile il superamento in futuro, senza agganciare tale valutazione a un’attentaconsiderazione degli interessi di creditore e debitore 108. Del resto, è lastessa norma a richiamare alla concretezza del singolo rapporto obbligato-rio, dove menziona il titolo dell’obbligazione e la natura dell’oggetto. La giu-risprudenza, tuttavia, sembra fare frequente riferimento alla prevedibilitàdell’impedimento (ad esempio, per non avere effettuato le verifiche tecni-che necessarie ad accertare il rischio geologico)109.

Quanto al raggio di azione della disposizione in commento, taluno haritenuto che non potesse darsi l’eventualità di un’impossibilità temporaneacon riferimento alle obbligazioni di durata o periodiche, riferendosi piutto-sto la norma alle sole obbligazioni ad esecuzione istantanea, e in partico-lare a quelle in cui la prestazione sarebbe unica e continuativa 110.

105 Così, Cass., 18.2.1986, n. 956, in Mass. Giur. it., 1986, 176; Cass., 6.2.1979, n. 794, ivi,1979, 212; Cass., 19.6.1958, n. 2125, in Banca dati Pluris. Altre volte il riferimento è ad entrambii parametri. Così, ad esempio, P. Napoli-Cicciano, 15.1.1992, in Arch. locazioni, 1992, 647. Inogni caso, è onere del debitore provare eventualmente il venir meno dell’interesse del credi-tore all’adempimento. Sul punto v. Cass., 18.2.1986, n. 956, in Mass. Giur. it., 1986, 176.

106 Una menzione a parte richiede l’impossibilità temporanea in tema di rapporti di lavoro,con riferimento ai quali occorre operare la valutazione dell’interesse del creditore in base ai para-metri utilizzati dalla l. n. 604/1966. Cass., 30.3.1994, n. 3118, in Mass. Giur. it., 1994, 270; Cass.,28.2.1992, in Riv. it. dir. lav., 1993, II, 351, con nota di POSO, Sull’impossibilità temporanea della

prestazione per factum principis, come giustificato motivo di licenziamento.107 Cass., 10.7.1957, n. 2752, in Mass. Giur. it., 1957, 610.108 La posizione è di MOSCO L., op. cit., 435. In senso critico, PERLINGIERI P., op. cit., 497.109 Cass., 29.3.2001, n. 4463, in Contr., 2001, 1134, con nota di ADDANTE, In tema di equo

compenso a favore dell’appaltatore.110 TORRENTE, Sull’impossibilità temporanea del lavoratore, in Scritti giuridici in onore

di Francesco Carnelutti, III, Diritto privato, Padova, 1950, 623 ss.

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Contro questa lettura è stato giustamente opposto che, anche in questocaso, è pur sempre la valutazione degli interessi del creditore e del debitorenel singolo concreto rapporto obbligatorio a venire in rilievo e che, anchenelle ipotesi di prestazioni periodiche, è unicamente in base a questa valu-tazione che può considerarsi o meno estinta l’obbligazione; mentre la let-tura proposta sarebbe il frutto di una valutazione atomistica dell’obbliga-zione che manca di cogliere il profilo unitario dell’interesse 111. Lagiurisprudenza ha, invece, affermato la non configurabilità dell’impossibi-lità temporanea estintiva per le obbligazioni per cui non è fissato un ter-mine di adempimento112.

L’art. 1256 c.c. non disciplina gli effetti sul rapporto contrattuale all’in-terno del quale si inserisce l’obbligazione temporaneamente impossibile.Tuttavia si ritiene che, mentre nel caso in cui l’obbligazione sia definitiva-mente impossibile, ove questa sia parte di un regolamento contrattuale, ilcontratto si scioglie automaticamente 113. Nel caso di prestazione contrat-tuale temporaneamente impossibile, l’art. 1256 c.c. impone una proroga delrapporto sinallagmatico 114. Nello stesso periodo, non è dovuta neppure lacontroprestazione e, ove essa venisse richiesta, sarebbe possibile opporrel’eccezione di inadempimento115.

8. L’impossibilità della prestazione nelle compilazioni modello. Cenni

La nozione di sforzo debitorio sembra essere al centro dell’individua-zione delle sopravvenienze liberatorie nelle compilazioni modello.

Così i Principles of European Contract Law, i quali affiancano alleipotesi dell’impossibilità e dell’illiceità della prestazione il caso in cui «laprestazione implicherebbe per il debitore uno sforzo o un costo irragione-vole» (art. 9:102).

Anche in materia di contratti del commercio internazionale, i PrincipiUnidroit stabiliscono che anche l’onere irragionevole, seppure non costitui-

111 MENGONI, Note sull’impossibilità sopravvenuta della prestazione di lavoro, cit., 277;PERLINGIERI P., op. cit., 504 ss.

112 Cass., 2.10.2008, n. 24534, in Nuova giur. comm., 2009, 1, 521, con nota di DONADIO,L’inusuale nesso tra mancata previsione del termine di adempimento e permanente possi-

bilità della prestazione.113 Cass., 20.12.2007, n. 26958, in Nuova giur. comm., 2008, 5, 1, 531, con nota di NARDI,

Contratto di viaggio “tutto compreso” e irrealizzabilità della sua funzione concreta.114 Sul punto cfr. Cass., 27.9.1999, n. 10690, in Contr., 2000, 113, con nota di CARNEVALI,

Contratti di durata e impossibilità temporanea di esecuzione.115 Così ROPPO, Il contratto, in Tratt. Iudica-Zatti, Milano, 2001, 1007.

Art. 1256Guido Smorto

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sca vera e propria impossibilità, può liberare il debitore in applicazione delprincipio di buona fede (art. 7.2.2 e relativo commento)116.

Sembra, invece, ricalcare l’impostazione del nostro art. 1256 c.c. l’art. 79della Convenzione di Vienna117.

Art. 1257 – Smarrimento di cosa determinata

[1] La prestazione che ha per oggetto una cosa determinata si considera

divenuta impossibile anche quando la cosa è smarrita senza che possa

esserne provato il perimento.

[2] In caso di successivo ritrovamento della cosa, si applicano le disposi-

zioni del secondo comma dell’articolo precedente.

commento di Guido Smorto

Sommario: 1. Premessa. - 2. Cenni storici. Lo smarrimento della cosa fino al codicedel 1865. - 3. Lo smarrimento della cosa nel codice civile del 1942. - 4. Inquadra-mento teorico della fattispecie. - 5. Smarrimento della cosa e impossibilità tempo-ranea. - 6. Disposizioni codicistiche e casistica giurisprudenziale.

1. Premessa

La disposizione in commento equipara, al 1° co., lo smarrimento della cosaoggetto della prestazione all’impossibilità liberatoria, anche nell’ipotesi in cuinon possa provarsene il perimento1. Al 2° co. disciplina l’ipotesi del succes-sivo ritrovamento della cosa attraverso il rinvio al 2° co. dell’art. 1256 c.c.

Sebbene l’articolo in commento non ne faccia espressa menzione, lo smar-rimento costituisce causa estintiva solo ove sia dovuto a causa non imputa-

116 La norma fa riferimento all’ipotesi in cui «l’adempimento o, ove occorrente, l’esecu-zione forzata siano irragionevolmente gravosi o costosi». Occorre menzionare, a questo pro-posito, anche la disciplina dell’hardship (artt. 6.2.2 e 6.2.3).

117 Il 1° co. dell’art. 79 recita: «Una parte non è responsabile dell’inadempienza di unoqualsiasi dei suoi obblighi se prova che tale inadempienza è dovuta ad un impedimento indi-pendente dalla sua volontà e che non ci si poteva ragionevolmente attendere che essa loprendesse in considerazione al momento della conclusione del contratto, che lo prevedesse olo superasse, o che ne prevedesse o ne superasse le conseguenze».

1 La “cosa” oggetto di regolamentazione nella norma in commento sembra rimandare al“bene” di cui all’art. 810 c.c. Sulla scelta lessicale del nostro legislatore si rimanda a PUGLIATTI,Beni e cose in senso giuridico, Milano, 1962, 27.

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bile al debitore. Quando lo smarrimento sia dovuto a causa imputabile, al con-trario, si applica la disciplina sull’inadempimento delle obbligazioni2.

La norma non incide sugli aspetti sostanziali della disciplina dell’impos-sibilità, limitandosi a stabilire una presunzione relativa: lo smarrimentototale e definitivo della cosa è equiparato all’impossibilità della prestazione@«la prestazione (...) si considera divenuta impossibile»#. Pertanto, al debi-tore non è richiesta, al fine di ottenere la liberazione, la prova del peri-mento della cosa, essendo sufficiente provare che essa sia andata smarritaper causa a sé non imputabile.

La disposizione, con la parziale eccezione dei casi di furto, è sostanzial-mente priva di riscontri in giurisprudenza e la sua importanza è maggiormentelegata alle dispute dottrinarie relative alla natura (soggettiva o oggettiva) del-l’impossibilità derivante da smarrimento e alle refluenze di un tale inquadra-mento sulla qualificazione dell’impossibilità sopravvenuta in generale3.

2. Cenni storici. Lo smarrimento della cosa fino al codice del 1865

Le origini della previsione di una disposizione autonoma relativa allosmarrimento vengono solitamente rintracciate nella tradizione e, in partico-lare, nel diritto romano.

Le fonti romane, probabilmente in ragione della centralità che nell’econo-mia dell’epoca rivestivano i beni materiali, attribuiscono notevole rilievo alperimento della cosa oggetto dell’obbligazione (interitus rei); ipotesi allaquale vengono comunemente accostati lo smarrimento (amissio rei)4 e la cir-costanza che la cosa fosse posta extra commercium. Talvolta, addirittura, èil concetto stesso di amissio rei ad indicare in modo generico la perdita delladisponibilità materiale della cosa, senza distinguere l’ipotesi del perimento daquella dello smarrimento della cosa5. L’accostamento dell’ipotesi del peri-

2 Lo afferma la Relazione del Guardasigilli, n. 152. In dottrina v. PERLINGIERI P., Dei

modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, in Comm. Scialoja-

Branca, sub artt. 1230-1259 c.c., Bologna Roma, 1975, 514; DI PRISCO, Altri modi di estin-

zione, in Tratt. Rescigno, IX, Torino, 1984, 448; MIGLIETTA, Smarrimento di una cosa, inDigesto civ., XVIII, Torino, 1998, 556. Sul significato da attribuire a tale espressione si rinviaal commento dell’art. 1256 c.c.

3 Sull’impossibilità temporanea si rinvia al commento dell’art. 1256 c.c.4 All’amissio rei vengono ricondotte, tra le altre ipotesi, il furto, la rapina, gli atti di pira-

teria (vis piratarum), la fuga dei servi (fugae servorum).5 A questa conclusione, sulla base di una ricognizione delle fonti romane, giunge OSTI,

Revisione critica della teoria sulla impossibilità della prestazione, in Riv. dir. civ., 1918,229, nt. 1.

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mento della cosa a quella del suo smarrimento e della collocazione fuori com-mercio è, dunque, il frutto di una tradizione che risalirebbe al diritto romano.

Al contrario, nelle fonti romane manca la considerazione unitaria del-l’impossibilità sopravvenuta come fenomeno generale del diritto delle obbli-gazioni con efficacia estintiva. Né si può rintracciare una netta distinzionetra impossibilità originaria e impossibilità sopravvenuta, le quali sonoinvece considerate in modo indifferenziato, come condicio juris dell’obbli-gazione in tema di possibilità dell’oggetto6.

Un’impostazione almeno in parte analoga si ritrova nel diritto comune,anche se perimento e smarrimento della cosa oggetto della prestazionedeterminano effetti differenti: mentre l’interitus rei comporta semprel’estinzione dell’obbligazione, l’amissio rei ha efficacia estintiva solamenteper i contratti bonae fidei, ma non anche per i contratti stricti juris 7.

È solamente con Pothier che, parallelamente alla scomparsa della distin-zione tra i due tipi di contratti, smarrimento e perimento vengono trattati inmodo indifferenziato e lo smarrimento diviene causa di estinzione dell’ob-bligazione al pari del perimento della cosa oggetto di obbligazione 8.

La ricostruzione di Pothier è accolta dal code civil (art. 1302) e, con for-mulazione pressoché identica, dal codice civile del 1865.

L’art. 1298 c.c. 1865 dispone, al 1° co., che: «Quando una determinatacosa che formava l’oggetto della obbligazione perisce, od è posta fuori com-mercio, o si smarrisce in modo che se ne ignori assolutamente l’esistenza,l’obbligazione si estingue, se la cosa è perita o posta fuori di commercio osmarrita senza colpa del debitore, e prima che questi fosse in mora».

La somiglianza tra codice napoleonico e codice civile italiano riguardatanto la formulazione della norma9 quanto la collocazione sistematica: in

6 VENULEIO, D. de verb. obl. (XLV, 1).7 DONELLO, Commentaria de jure civili, XVI, cap. I, § IV, in ID., Operae Omniae,

Lucae, 1762-1777.8 POTHIER, Trattato delle obbligazioni, III, n. 656, 315, in ID., Opere complete, I, Livorno, 1841.9 Art. 1302 del code civil: «1. Lorsque le corps certain et déterminé qui était l’objet de

l’obligation vient à périr, est mis hors du commerce, ou se perd de manière qu’on en

ignore absolument l’existence, l’obligation est éteinte si la chose a péri ou a été perdue sans

la faute du débiteur et avant qu’il fût en demeure.

2. Lors même que le débiteur est en demeure, et s’il ne s’est pas chargé des cas fortuits,

l’obligation est éteinte dans le cas où la chose fût également périe chez le créancier si elle

lui eût été livrée.

3. Le débiteur est tenu de prouver le cas fortuit qu’il allègue.

4. De quelque manière que la chose volée ait péri ou ait été perdue, sa perte ne

dispense pas celui qui l’a soustraite, de la restitution du prix».

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entrambi i codici il capitolo dedicato all’estinzione delle obbligazioni noncontempla, infatti, una sezione relativa all’impossibilità della prestazionecome causa estintiva, ma solamente alla perdita della cosa dovuta. E inentrambi i codici lo smarrimento della cosa viene parificato al perimento.

3. Lo smarrimento della cosa nel codice civile del 1942

La diversa sistematica accolta nel codice del 1942, nel quale fa ingressol’impossibilità come causa generale di estinzione delle obbligazioni, è fruttodell’influenza della rielaborazione dottrinaria tedesca, la quale, sulla scortadi una rilettura in chiave sistematizzante delle fonti romane in materia dideposito, riconduce perimento e smarrimento nell’alveo delle cause diestinzione delle obbligazioni10.

Tuttavia, probabilmente in omaggio alla tradizione appena descritta,viene mantenuta una disposizione apposita con riferimento allo smarri-mento della cosa oggetto della prestazione. L’art. 1257 c.c. equiparaespressamente lo smarrimento della cosa determinata oggetto della pre-stazione all’impossibilità, indipendentemente dal fatto che dello smarri-mento possa darsi prova.

Il 1° co. dell’articolo in commento sancisce, dunque, l’estinzione dell’ob-bligazione «anche quando la cosa è smarrita senza che possa esserne pro-vato il perimento».

È scomparso, pertanto, il riferimento, contenuto all’art. 1298 c.c. 1865,alla necessità che della res si ignori assolutamente l’esistenza.

La dottrina, a tal proposito, afferma che l’effetto estintivo si produce siaquando «si ignori assolutamente l’esistenza della cosa», sia quando «riman-ga incerta la sorte della cosa smarrita e non sia possibile dimostrarne ilperimento» 11. Del resto – si osserva – «si può dire che di una cosa non puòessere provato il perimento solo quando se ne ignora assolutamente l’esi-stenza, altrimenti si saprebbe che la cosa esiste, cioè si potrebbe provare ilnon-perimento» 12.

10 MOMMSEN, Die Unmöglichkeit der Leistung, Schwetschke, Braunschweig, 1853, 32.11 DI PRISCO, op. cit., 448.12 OSTI, Impossibilità sopravveniente, in Noviss. Dig. it., VIII, Torino, 1962, 295.

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4. Inquadramento teorico della fattispecie

Sulla qualificazione della disposizione la dottrina è divisa.Già sotto l’impero del codice del 1865 si registra un acceso dibattito tra

assertori del carattere soggettivo e fautori della nozione oggettiva dellosmarrimento della cosa come causa di estinzione dell’obbligazione.

Con la novella viene eliminato il riferimento, contenuto nell’art. 1298 c.c.1865, alla cosa smarrita «in modo che se ne ignori assolutamente l’esisten-za», ed introdotto il riferimento alla cosa smarrita «senza che possa esserneprovato il perimento». Nonostante la riformulazione della fattispecie, ildibattito è proseguito sotto l’impero del codice del 1942 in termini presso-ché identici13.

Merita di essere sottolineato, in primo luogo, come la considerazione inchiave obiettiva o subiettiva dello smarrimento della cosa non dipendedalla posizione assunta dai diversi Autori con riferimento all’impossibilitàdella prestazione. Così in dottrina non è infrequente incontrare afferma-zioni secondo cui, pur aderendo ad una lettura obiettiva dell’impossibilitàestintiva, si rileva che lo smarrimento costituisca eccezione alla regolagenerale, riconoscendo in via eccezionale efficacia estintiva dell’obbliga-zione ad un impedimento di natura soggettiva14. Più frequentemente, tutta-via, la norma è stata vista dai fautori del carattere soggettivo dell’impossibi-lità liberatoria come un’ulteriore conferma delle proprie posizioni15.

La tesi più diffusa nella dottrina italiana è quella della natura soggettivadell’impedimento derivante dallo smarrimento della cosa. Tale tesi conti-nua a essere maggioritaria anche dopo l’avvento del codice del 1942, nono-stante il mutamento lessicale intervenuto.

Derivando tale conclusione direttamente dal diritto romano e dal dirittointermedio16, si afferma che lo smarrimento costituisce un’ipotesi di sem-plice difficultas, non sussistendo nel caso in questione un vero e proprio

13 BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1953, 50; COTTINO, L’impossibilità

sopravvenuta della prestazione e la responsabilità del debitore. Problemi generali, Milano,1955, 31; GIORGIANNI, L’inadempimento. Corso di diritto civile, 3a ed., Milano, 1975, 211.Secondo taluni Autori l’effetto estintivo opera sia nel caso in cui si ignori assolutamente l’esi-stenza della cosa sia nel caso in cui rimanga incerta la sorte della cosa smarrita e non sia pos-sibile dimostrare il perimento. Così, MIGLIETTA, op. cit., 556; DI PRISCO, op. cit., 448.

14 Cfr. CROME, Teoria fondamentale delle obbligazioni, Milano, 1908, 119 ss.15 Così, ad esempio, BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, III, L’attuazione,

Milano, 1948, 278 ss., afferma il carattere subiettivo dell’impossibilità derivante dallo smarri-mento della cosa, in linea con la concezione generale dell’impossibilità intesa come impedi-mento di carattere soggettivo.

16 V. supra ntt. 5 e 6.

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impedimentum naturae. Nella tradizionale contrapposizione tra interitus

rei e amissio rei, solamente la prima costituisce un caso di impossibilitàobiettiva della prestazione, mentre la seconda, lungi dal configurare unaimpossibilità vera e propria, sarebbe una semplice difficultas 17.

A dimostrazione che lo smarrimento costituirebbe un impedimento dicarattere soggettivo si sottolinea solitamente come vi sia un’incertezza sullapersistente esistenza della cosa: poiché lo smarrimento determina l’estin-zione dell’obbligazione anche senza che il debitore abbia provato il peri-mento della cosa, ciò dimostrerebbe il carattere soggettivo dell’impedi-mento liberatorio 18. L’ignoranza sulla cosa da parte del debitore nonesclude, infatti, che un terzo possa sapere ove la cosa si trovi. In altreparole, poiché l’incertezza sulla cosa riguarda la sola persona del debitore,ben potendo altri conoscerne la sorte, l’impedimento in questione ha naturasoggettiva.

Ciò sarebbe tanto più vero, in considerazione del fatto che il terzo che inipotesi conosca la sorte della cosa andata smarrita potrebbe essere un sog-getto legittimato a disporne (ad esempio, un acquirente in base all’art. 1153c.c.) o anch’egli tenuto ad adempiere, in base al medesimo titolo (ad esem-pio, un debitore solidale) o a titolo diverso (ad esempio, un prestatore digaranzia)19.

Di contrario avviso è – com’è noto – Osti, il quale premette che la naturaeventualmente subiettiva dell’impedimento derivante da smarrimento nonintaccherebbe la natura oggettiva dell’impossibilità estintiva in generale,ben potendo ogni principio subire eccezioni20. E tuttavia rigetta con forza laconclusione secondo cui l’art. 1257 c.c. sia eccezione alla regola generale dicui alla disposizione precedente, rinvenendo anche qui nella sopravve-nienza impediente assoluta ed obiettiva la sola causa di estinzione dell’ob-bligazione21.

17 La natura soggettiva dell’impossibilità derivante dallo smarrimento è sostenuta, tra glialtri, da BETTI, op. cit., 50; COTTINO, op. cit., 31. In prospettiva diversa, anche la dottrina tede-sca afferma il carattere subiettivo dell’impossibilità consistente nello smarrimento della res

certa. Sul punto cfr. MOMMSEN, op. cit., 47 ss.18 BARASSI, Se e quando lo sciopero sia forza maggiore, Appendice a BAUDRY LACANTINE-

RIE, WAHL, Contratto di locazione, II, 2, Milano, 1912, 526; ID., La teoria generale delle obbli-

gazioni, cit., 278 ss., per la formulazione del medesimo argomento sotto l’impero del nuovocodice civile del 1942.

19 Così PERLINGIERI P., op. cit., 516.20 OSTI, Impossibilità sopravveniente, cit., 295.21 La tesi della natura obiettiva dell’impedimento derivante dallo smarrimento della cosa

è affermata, sotto il codice previgente, anche da Polacco, il quale definisce l’impossibilità

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Il più autorevole sostenitore della nozione oggettiva dell’impossibilitàrigetta, dunque, la visione secondo cui lo smarrimento possa costituireun’eccezione rispetto al principio generale e offre una lettura dell’art. 1298c.c. 1865, e successivamente dell’art. 1257 c.c., coerente con la nozioneobiettiva di impossibilità.

L’equivoco in cui sarebbero incorsi i diversi Autori che, partendo daposizioni antitetiche quanto alla natura dell’impossibilità estintiva, hannoconcluso nel senso della natura subiettiva dell’impedimento derivante dallosmarrimento, sarebbe frutto – ad avviso di Osti – di una lettura dellasopravvenienza impediente che identifica l’impedimento assoluto con l’im-possibilità naturale (intesa come impossibilità di carattere fisico o mate-riale) e di una confusione di fondo tra condizioni di esistenza e condizionidi esercizio dei rapporti obbligatori: se l’esistenza di un diritto è condizio-nata alla sussistenza di determinati requisiti, l’esercizio del diritto è condi-zionato alla certezza circa la sussistenza di questi requisiti 22.

Né – prosegue l’Autore – l’analisi storica fornirebbe sostegno alla naturasoggettiva dell’impedimento. Se si va oltre la generale nozione di smarrimentoper verificare quali siano gli eventi che sono all’origine dello stesso nelle fontiromane, se ne deriva facilmente la natura assoluta ed oggettiva dell’impedi-mento rilevante. Il fatto – osserva Osti – che l’elaborazione teorica che haripreso le fonti romane in chiave sintetica, faccia riferimento riassuntivamenteallo smarrimento, ossia alla perdita della disponibilità materiale della cosa,non muta il carattere assoluto e oggettivo dell’impedimento. Tale caratteredell’impedimento non sarebbe, pertanto, determinato dal grado di incertezzasul destino della cosa quanto piuttosto dalle cause che hanno determinato losmarrimento23: si pensi, ad esempio, al furto o alla rapina24.

L’impedimento frutto dello smarrimento, prosegue Osti a sostegno della pro-pria posizione, attiene alla cosa in sé e per sé considerata e non alle condizionipersonali del creditore. L’astratta possibilità che vi sia un ignoto terzo il qualepossa eseguire la prestazione, senza avere la concreta certezza che questo terzo

come l’impedimento di carattere generale di fronte al quale qualsiasi debitore si troverebbenell’impossibilità di adempiere la prestazione. POLACCO, Le obbligazioni nel diritto civile ita-

liano, Roma, 1915, 367.22 OSTI, Revisione critica della teoria sulla impossibilità della prestazione, cit., 320.23 Coerentemente con queste premesse, la proposta interpretativa formulata da Osti sotto

l’impero del codice previgente tendeva a superare il dato letterale dell’art. 1298 c.c. nellaparte in cui richiede l’ignoranza del debitore circa l’esistenza della cosa nel caso in cui la per-dita sia determinata da un sopruso di terzi. Cfr. OSTI, ivi, 319.

24 OSTI, ivi, 317.

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esista davvero, significa che l’impedimento attiene alla cosa che della presta-zione dovrebbe costituire oggetto e non alla persona del debitore25.

Sotto il profilo dogmatico, infine, Osti ritiene che l’obbligazione di resti-tuzione trovi il proprio fondamento nell’arricchimento ingiustificato e neteorizza la natura ex lege anche quando, come nei casi in esame, essa abbiala propria fonte all’interno di un rapporto contrattuale26.

5. Smarrimento della cosa e impossibilità temporanea

In caso di ritrovamento della cosa successivamente allo smarrimento siapplicano le disposizioni dell’art. 1256, 2° co., c.c. Pertanto il debitore vaesente da responsabilità per il ritardo nell’adempimento e non deve risarcirei danni di mora27. Mentre la consegna della cosa ritrovata è dovuta ove, in rela-zione al titolo dell’obbligazione o al suo oggetto, vi sia ancora il dovere deldebitore di eseguire la prestazione o un interesse del creditore a riceverla28.

Pertanto, nel caso in cui l’impossibilità perduri fino a quando, in rela-zione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore nonpossa più essere ritenuto obbligato all’esecuzione della prestazione, ovveroil creditore non abbia più interesse a conseguirla, l’obbligazione si estin-gue29. In questi casi l’impossibilità temporanea si trasforma in impossibilitàdefinitiva determinando la liberazione del debitore.

L’impossibilità diviene altresì definitiva quando la cosa smarrita si trovipresso terzi che l’hanno acquisita legittimamente30.

Quando la cosa ritrovata sia deteriorata o sia andata parzialmente distruttasi applica l’art. 1258, 2° co., c.c. 31. Il debitore, pertanto, si libera eseguendo la

25 OSTI, Impossibilità sopravveniente, cit., 295 ss., il quale osserva, inoltre, come nelleobbligazioni di custodia, in cui il debitore detiene una cosa sulla quale il creditore ha unpotere giuridico preminente, lo smarrimento della cosa dovuto a cause non imputabili allostesso, e la conseguente fine della detenzione da parte del debitore, determina l’estinzionedell’obbligazione per il venir meno della causa.

26 Sul punto v. le riflessioni critiche di CASTRONOVO, L’impossibilità per inadempimento

da Osti a Mengoni, in Europa dir. priv., 2008, 16 ss.27 MOSCO L., Impossibilità sopravvenuta della prestazione, in Enc. Dir., XX, Milano,

1970, 435.28 Per una disamina delle posizioni emerse nell’interpretazione dei due requisiti si rinvia

al commento dell’art. 1256 c.c.29 Sul significato di questa espressione si rinvia al commento dell’art. 1256 c.c.30 PERLINGIERI P., op. cit., 517, il quale parla, a questo proposito, di ineseguibilità, intesa

come impedimento relativo al solo debitore, in contrapposizione all’impossibilità che puòavere origine anche in un impedimento del creditore.

31 BRECCIA, Le obbligazioni, in Tratt. Iudica-Zatti, Milano, 1992, 746

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prestazione per la parte rimasta possibile. È necessario, perché ciò sia pos-sibile, che la prestazione sia comunque in grado di soddisfare l’interesse cre-ditorio. Ove l’esecuzione della prestazione parzialmente possibile non arre-chi al creditore utilità alcuna, ovvero sia addirittura dannosa32, si verte nelcampo dell’impossibilità totale della prestazione33.

Secondo parte della dottrina può parlarsi di impossibilità temporaneasolo quando sia prevedibile che l’impedimento, sebbene attualmente insor-montabile, possa venire meno con il decorso del tempo34. Altri Autori affer-mano, al contrario, che l’applicazione dei principi in tema di impossibilitàtemporanea operi anche quando non si versi nell’ipotesi di prevedibilità ori-ginaria di rimozione dell’ostacolo. In questi casi, infatti, sussisterebbeun’esigenza equitativa per cui la legge, in caso di ritrovamento tempestivo,consente di considerare l’obbligazione come mai estinta35.

Secondo la lettura della dottrina maggioritaria l’estensione della disci-plina dell’impossibilità temporanea al ritrovamento della cosa smarrita hacarattere eccezionale e si giustifica per ragioni equitative36.

6. Disposizioni codicistiche e casistica giurisprudenziale

Con l’eccezione del caso di furto e rapina, la fattispecie è sostanzial-mente priva di riscontri in giurisprudenza.

La giurisprudenza richiede, ai fini dell’efficacia estintiva del furto, laprova di aver impiegato le cautele utili a prevenire il furto 37, mentre taleprova è ritenuta superflua nel caso in cui la sottrazione della cosa sia avve-nuta attraverso l’uso della violenza o della minaccia, come nel caso di rapi-na38. La dottrina affianca a queste ipotesi quelle dell’estorsione e della riten-zione attuata con la forza39.

Occorre, inoltre, che si tratti di cosa determinata, anche se la giurispru-

32 PERLINGIERI P., op. cit., 519.33 DE MAURO, Dell’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore, in

Comm. Schlesinger, Milano, 2011, 167.34 Così, ad esempio, MOSCO L., op. cit., 435.35 DI PRISCO, op. cit., 448.36 PERLINGIERI P., op. cit., 517 e la dottrina ivi richiamata.37 Cass., 9.3.1968, n. 787, in Mass. Giur. it., 1968, 271.38 Cass., 7.3.1981, n. 1288, in Arch. giur. circolaz., 1981, 252.39 PERLINGIERI P., op. cit., 515.

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denza ha ammesso che, anche nel caso di cosa appartenente a genere limi-tato, lo smarrimento produca un effetto estintivo dell’obbligazione40.

Quanto alle altre disposizioni del codice civile, gli artt. 132 e 452 c.c.equiparano il deterioramento e la distruzione dei registri dello stato civile alloro smarrimento. L’equiparazione dello smarrimento al furto o alla distru-zione opera anche in tema di polizze assicurative (art. 1889 c.c.) e di titoli dicredito (artt. 2006, 2016, 2026 c.c.).

Art. 1258 – Impossibilità parziale

[1] Se la prestazione è divenuta impossibile solo in parte, il debitore si

libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rima-

sta possibile.

[2] La stessa disposizione si applica quando, essendo dovuta una cosa

determinata, questa ha subìto un deterioramento, o quando residua

alcunché dal perimento totale della cosa.

commento di Guido Smorto

Sommario: 1. La nozione di impossibilità parziale. - 2. L’impossibilità parziale nelcodice del 1865. - 3. Concezione quantitativa e qualitativa dell’impossibilità par-ziale. - 4. Rapporti tra impossibilità parziale e adempimento parziale. - 5.Impossibilità parziale e contratto a prestazioni corrispettive. - 6. L’interesse delcreditore alla prestazione parziale. - 7. Il deterioramento e il perimento dellacosa.

1. La nozione di impossibilità parziale

L’impossibilità parziale consiste in una riduzione dell’oggetto della pre-stazione per effetto della quale la prestazione è possibile solo in parte. Neconsegue che il debitore andrà esente da responsabilità per la parte dellaprestazione divenuta impossibile.

L’oggetto della prestazione deve essere divisibile. In caso di prestazioneindivisibile l’impossibilità parziale produce gli stessi effetti dell’impossibi-

40 Cass., 15.11.1955, n. 3740, in Giust. civ., 1956, I, 217.

Art. 1258Guido Smorto

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lità totale1. La divisibilità non è valutata rispetto alla res. Occorre piuttostoverificare se la prestazione sia suscettibile di frazionamento in parti qualita-tivamente corrispondenti alla prestazione intera, seppure quantitativa-mente differenti2.

La prestazione residua deve possedere le medesime caratteristiche diquella originaria ed essere idonea a soddisfare, seppure parzialmente, l’inte-resse del creditore 3. Mentre in presenza di eventi che determinano unamodifica delle qualità essenziali della prestazione si verifica un aliud pro

alio con conseguente estinzione dell’obbligazione originaria4.È possibile che, pur in presenza di un oggetto divisibile, il creditore non

abbia più alcun interesse alla prestazione e che il suo rifiuto di ricevere laprestazione sia considerato giustificabile. In tal caso non si determinano glieffetti della mora ex art. 1206 c.c. Ciò accade, ad esempio, quando l’impos-sibilità parziale, pur facendo residuare in astratto la possibilità di un adem-pimento della parte residua, abbia determinato un’alterazione significativadel bene oggetto della prestazione sul piano qualitativo5.

L’impossibilità deve essere, inoltre, definitiva6.Il debitore non deve essere in mora e l’impossibilità non deve essere impu-

tabile al debitore. Solo in questo caso il debitore si libera dall’obbligazione ese-guendo la parte rimasta possibile. In caso contrario, l’adempimento “inesatto”non ha alcuna efficacia liberatoria e riprendono vigore i principi generali, secondocui il creditore può rifiutare la prestazione difforme da quella dovuta7.

In sintesi, l’impossibilità parziale deve avere gli stessi connotati dell’im-

1 Da ultimo, v. DE MAURO, Dell’impossibilità sopravvenuta per causa non imputa-

bile al debitore, in Comm. Schlesinger, Milano, 2011, 172. L’obbligazione è indivisibile«quando la prestazione ha per oggetto una cosa o un fatto che non è suscettibile di divi-sione per sua natura o per il modo in cui è stato considerato dalle parti contraenti»(art. 1316 c.c.).

2 In giurisprudenza v. Cass., 21.10.1983, n. 6193, in CED Cass., rv. 430979. In dottrina, cfr.DE MAURO, op. cit., 173.

3 Cass., 17.6.1968, n. 1981, in Foro it., 1968, I, 2507.4 DE MAURO, op. cit., 174.5 PERLINGIERI P., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, in

Comm. Scialoja-Branca, sub artt. 1230-1259 c.c., Bologna Roma, 1975, 519.6 Impossibilità parziale e impossibilità temporanea sono due fenomeni distinti e regolati

da disposizioni differenti. I due fenomeni possono presentarsi separatamente o congiunta-mente, non escludendosi reciprocamente: l’impossibilità parziale può essere definitiva o tem-poranea (e, viceversa, l’impossibilità temporanea può essere parziale o totale). Cfr. MENGONI,Note sull’impossibilità sopravvenuta della prestazione di lavoro, in Scritti giuridici in

onore di Antonio Scialoja per il suo XLV anno d’insegnamento, IV, Bologna, 1953, 275.7 GIORGIANNI, L’inadempimento. Corso di diritto civile, 3a ed., Milano, 1975, 45.

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possibilità totale8, distinguendosi le due fattispecie solo per la misura del-l’impossibilità e non sul piano ontologico9.

2. L’impossibilità parziale nel codice del 1865

Nel codice del 1865 l’ipotesi dell’impossibilità parziale era regolata nellaSezione I («Del pagamento in genere») del Capo IV sui modi di estinzionedelle obbligazioni («Dei modi con cui si estinguono le obbligazioni»).

La sedes materiae della norma si comprende ove si rifletta sull’assenzanel codice del 1865 di una disciplina unitaria dell’impossibilità sopravve-nuta come causa di estinzione delle obbligazioni.

Stabilisce l’art. 1247 c.c. 1865 che: «Il debitore di una cosa certa e deter-minata viene liberato rimettendola nello stato in cui si trova al tempo dellaconsegna, purché i deterioramenti sopraggiunti non provengano da fatto ocolpa di lui o delle persone di cui egli deve rispondere, ed egli non fosse inmora prima dei seguiti deterioramenti».

La norma attribuiva, dunque, efficacia liberatoria alla rimessione dellacosa nelle condizioni in cui la stessa si trovava al tempo dell’adempimento,a condizione che il deterioramento non fosse dovuto a colpa del debitoreovvero lo stesso non versasse in mora.

Con la previsione, nel codice vigente, di una disciplina unitaria dell’im-pedimento sopravvenuto come causa di estinzione delle obbligazioni, l’ipo-tesi dell’impossibilità è stata coerentemente ricompresa al suo interno.

3. Concezione quantitativa e qualitativa dell’impossibilità parziale

Sulla definizione di impossibilità parziale si contendono il campo duediverse concezioni.

Secondo un primo orientamento tale nozione si basa su un riscontro ditipo puramente quantitativo. Ogni parte dell’obbligazione deve presentare lemedesime caratteristiche dell’intero pur essendo un minus di questo10.

In base ad un secondo orientamento il dato quantitativo, ossia la consi-derazione della diminuzione quantitativa dell’oggetto della prestazione,

8 OSTI, Impossibilità sopravveniente, in Noviss. Dig. it., VIII, Torino, 1962, 288; GIOR-GIANNI, op. cit., 44. Secondo BIANCA C.M., Diritto civile, IV, L’obbligazione, rist. emendata,Milano, 1991, 539, «l’impossibilità totale rende completamente irrealizzabile l’interesse credi-torio; quella parziale preclude in parte la realizzazione di un tale interesse».

9 DI PRISCO, Altri modi di estinzione, in Tratt. Rescigno, IX, Torino, 1984, 449.10 BIANCA C.M., op. cit., 539. Di una diminuzione della quantità oggettiva della prestazione

parla MENGONI, op. cit., 275.

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costituirebbe solamente un indice di una valutazione più complessa, che sifonda sulla considerazione complessiva degli interessi in gioco, tanto delcreditore quanto del debitore. Seguendo questa seconda ricostruzione, a farpremio su una valutazione puramente quantitativa sarebbe, dunque, unavalutazione di tipo funzionale-teleologico11.

4. Rapporti tra impossibilità parziale e adempimento parziale

Sotto il diverso profilo dell’adempimento, l’art. 1181 c.c. dispone che: «Ilcreditore può rifiutare un adempimento parziale anche se la prestazione èdivisibile, salvo che la legge o gli usi dispongano diversamente».

Sul rapporto tra le due norme la dottrina è divisa.Secondo un primo orientamento, l’art. 1258 c.c. sarebbe da intendersi come

specificazione della norma sull’adempimento parziale: dalla lettura congiuntadelle due norme discenderebbe che il creditore può rifiutare l’adempimentoparziale. Tuttavia il debitore si libera prestando quanto residuato, ove la pre-stazione sia divenuta in parte impossibile per causa a lui non imputabile12.

In senso contrario, si afferma che l’art. 1258 c.c. sarebbe, invece, dispo-sizione di carattere derogatorio rispetto alla disciplina dell’art. 1181 c.c. Inquesta prospettiva, all’art. 1258 c.c. il codice riconoscerebbe al debitore, inconsiderazione dell’assenza di colpa, la possibilità di liberarsi attraversol’esecuzione parziale della prestazione, ponendo così un limite alla facoltàche l’art. 1181 c.c. riconosce al creditore13.

In ogni caso – si osserva in dottrina – l’applicazione del principio di cuiall’art. 1181 c.c. deve essere coordinata con l’art. 1175 c.c. Pertanto sarebbecontrario a buona fede il rifiuto del creditore quando la prestazione offertadal debitore sia sostanzialmente conforme a quella pattuita e presenti sola-mente elementi di difformità secondari rispetto a quanto pattuito14.

5. Impossibilità parziale e contratto a prestazioni corrispettive

L’impossibilità parziale nei contratti a prestazioni corrispettive è rego-lata all’art. 1464 c.c., il quale dispone che: «Quando la prestazione di unaparte è divenuta solo parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto a una

11 SGROI, L’impossibilità parziale della prestazione nei contratti sinallagmatici, inGiust. civ., 1953, I, 718.

12 PERLINGIERI P., op. cit., 518.13 MENGONI, op. cit., 276.14 Così DE MAURO, op. cit., 172.

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corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può ancherecedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabileall’adempimento parziale».

La parte creditrice della prestazione divenuta parzialmente impossibileha diritto ad una corrispondente riduzione della prestazione cui la stessa èobbligata. Inoltre può recedere dal contratto ove, per effetto della sopravve-nienza parzialmente impediente, non abbia un interesse apprezzabile ad unadempimento solo parziale.

Nel rapporto tra art. 1258 c.c. e art. 1464 c.c., il secondo appare di granlunga più importante e pertanto, secondo autorevole dottrina, il rapportoregola-eccezione, che vedrebbe la seconda disposizione come derogarispetto alla prima, andrebbe invertito, considerato che l’ipotesi dell’impos-sibilità parziale trova applicazione quasi esclusiva in tema di contratti a pre-stazioni corrispettive. Secondo questa ricostruzione, la legittimità del-l’adempimento inesatto, stabilita in via eccezionale dall’articolo incommento, cesserebbe di operare nei contratti a prestazioni corrispettive,per i quali rivivrebbe la disposizione di portata generale secondo cui il cre-ditore può rifiutare l’adempimento parziale indipendentemente dall’imputa-bilità al debitore della parziale impossibilità 15.

6. L’interesse del creditore alla prestazione parziale

Sebbene l’articolo in commento non faccia alcuna menzione dellafacoltà del creditore di rifiutare la prestazione parziale, l’art. 1464 c.c. rico-nosce al creditore, nell’ambito di un contratto sinallagmatico, la possibilitàdi rifiutare la prestazione inesatta qualora non abbia un interesse apprezza-bile all’adempimento parziale.

La norma impone, dunque, una valutazione del residuo interesse del cre-ditore all’adempimento parziale, mentre non si opera alcuna menzione del-l’interesse debitorio.

È dibattuto se la valutazione dell’interesse creditorio sia rimessa inmodo insindacabile allo stesso creditore ovvero al giudice.

La giurisprudenza si è espressa soprattutto in tema di locazioni, in spe-cial modo all’indomani del secondo conflitto mondiale, nei tanti casi didanneggiamenti all’immobile oggetto di locazione. In alcune ipotesi, lagiurisprudenza ha affermato che spetta esclusivamente al giudice stabi-lire, in presenza di un contrasto tra le parti, se l’impossibilità sopravve-

15 GIORGIANNI, op. cit., 44 s.

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nuta sia da considerarsi parziale o totale e quindi produca o meno l’estin-zione del contratto; e questo indipendentemente dall’affermazione adopera del conduttore di un proprio persistente interesse alla prosecuzionedel rapporto16. In tema di locazioni, ad esempio, il giudice ha il compitodi verificare se la distruzione parziale dell’immobile abbia determinatoun’alterazione della sua destinazione a soddisfare l’utilità dedotta in con-tratto, nel qual caso parificando – quanto ad effetti – l’impossibilità par-ziale all’impossibilità totale17.

In senso adesivo, è stato osservato in dottrina che rimettere la valuta-zione al creditore avrebbe senso solo ove si versasse in ipotesi di sopravve-nuta inutilità della prestazione. Mentre, trattandosi di impossibilità dellaprestazione, l’oggettività del criterio sarebbe imposta dalla natura dellavalutazione da effettuare. Oltretutto – si osserva – una lettura di segnodiverso potrebbe determinare risultati paradossali18 e si presterebbe a scopiemulativi19.

Altra parte della giurisprudenza rimette, invece, la valutazione in que-stione al solo creditore20.

Nel caso di impossibilità parziale della prestazione è solo la parte credi-trice a potersi avvalere dei rimedi di cui all’art. 1464 c.c. e della facoltà direcedere dal contratto nel caso difetti un interesse apprezzabile all’adempi-mento parziale21.

16 Sul punto v. Cass., 11.2.1947, n. 170, in Foro it., 1947, I, 450; in senso adesivo in dottrinav. MOSCO L., Impossibilità sopravvenuta della prestazione, in Enc. Dir., XX, Milano, 1970, 436.

17 Cass., 17.6.1968, n. 1981, in Foro it., 1968, I, 2507.18 MOSCO L., op. cit., 436, il quale menziona il caso in cui, in applicazione del criterio sog-

gettivo, il locatore sarebbe tenuto, per adempiere esattamente la propria obbligazione, adeffettuare lavori straordinari di riparazione di un immobile a seguito della rovina dell’immo-bile con riferimento ad un’obbligazione che sarebbe già estinta per impossibilità, ove oggetti-vamente considerata. Osserva PERLINGIERI P., op. cit., 519, nt. 6, con riferimento alle posizionidi Mosco L. e della giurisprudenza citata, che la meritevolezza dell’interesse del creditorevada valutata in relazione alla legislazione vincolistica e ancor più alle norme costituzionali.

19 COTTINO, L’impossibilità sopravvenuta della prestazione e la responsabilità del debi-

tore. Problemi generali, Milano, 1955, 77.20 Cass., 17.7.1987, n. 6299, in Mass. Giur. it., 1987, 1008; Cass., 19.9.1975, n. 3066, ivi,

1975, 879; Cass., 8.3.1960, n. 430, ivi, 1960, 110. In dottrina v. DI PRISCO, op. cit., 451. In sensocritico verso quella giurisprudenza che afferma l’insindacabilità della scelta del creditoreGIORGIANNI, op. cit., 48.

21 Cass., 14.3.1997, n. 2274, in Mass. Giur. it., 1997, 209. La controversia riguardava il pre-liminare di vendita di un immobile da costruirsi a cura del promittente venditore. Ladomanda di risoluzione era stata avanzata dal promittente venditore per il sopravvenire diostacoli urbanistici. I giudici hanno rigettato la domanda ed accolto la domanda di risolu-zione della controparte.

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Anche con riferimento all’art. 1455 c.c., la facoltà del creditore di rifiu-tare l’adempimento parziale è sottoposta, secondo opinione diffusa, ad ungiudizio di buona fede e correttezza22.

Un’ipotesi particolare di impossibilità parziale è prevista in materia diappalto dall’art. 1672 c.c., secondo cui in caso di impossibilità sopravvenutail committente deve pagare la parte dell’opera già compiuta, nei limiti in cuiè per lui utile, in proporzione al prezzo pattuito per l’opera intera.

7. Il deterioramento e il perimento della cosa

Il 2° co. dell’articolo in commento disciplina l’ipotesi del deterioramentodella res e quella del suo perimento «quando residua alcunché».

La dottrina interpreta questo 2° co. come un’estensione della disciplinadell’impossibilità parziale a due ipotesi – quella del deterioramento e quelladel perimento della cosa – sostanzialmente differenti dall’impossibilità par-ziale in senso stretto. Tanto il deterioramento della cosa quanto il suo peri-mento – si osserva – non costituiscono ipotesi vere e proprie di impossibi-lità parziale e la previsione normativa va letta come un’equiparazionequanto agli effetti di fattispecie tra loro diverse. Nelle due ipotesi conside-rate, infatti, non siamo in presenza di un fenomeno di modificazione quan-titativa, ma piuttosto qualitativa della cosa23.

Anche con riferimento a questa disposizione si è, pertanto, sostenuto ilcarattere eccezionale di un adempimento inesatto (stavolta sotto il profiloqualitativo) con efficacia liberatoria24.

La ragione della disposizione risiederebbe in ciò: che il creditore che hasubito il pregiudizio derivante dall’impossibilità sopravvenuta della presta-zione possa trovare un ristoro, seppure parziale, nell’ottenimento di quelloche residua dalla prestazione estinta. Così letta, la norma condividerebbe lamedesima ratio dell’art. 1259 c.c. 25.

Se una simile conclusione appare ampiamente condivisa per quel cheriguarda il deterioramento della cosa, diversamente potrebbe, invece, opi-narsi con riguardo al perimento della cosa «quando residua alcunché»:una simile ipotesi potrebbe far pensare ad una modificazione quantitativadella cosa.

22 DE MAURO, op. cit., 172.23 GIORGIANNI, op. cit., 50; PERLINGIERI P., op. cit., 520. Di segno contrario la posizione di

CROME, Teorie fondamentali delle obbligazioni nel diritto francese, Milano, 1908, 120 ss.24 GIORGIANNI, op. cit., 50.25 Così MOSCO L., op. cit., 436. GIORGIANNI, op. cit., 46.

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Secondo la lettura più accettata26, tuttavia, «alcunché» non può essereconsiderata una parte in senso proprio della cosa, posto che la cosa deveessere totalmente perita e che i resti devono costituire qualcosa didiverso dal punto di vista economico rispetto all’oggetto originario del-l’obbligazione27.

Quanto al deterioramento della cosa, è necessario che questo superi ilimiti entro i quali può parlarsi di esatto adempimento e che pertanto si siaverificata una vera e propria modificazione della cosa, tale da rendere l’ese-cuzione della prestazione rimasta possibile un aliud pro alio 28.

Tuttavia si ritiene che la cosa debba comunque rappresentare una partedel tutto originario e mantenere la stessa funzione economica originaria.

Parte della dottrina ha sottolineato la necessità di valutare la persi-stenza di un interesse del creditore alla prestazione dell’id quod superest 29.Il rischio è quello che, altrimenti, il creditore possa vedersi costretto adaccettare la cosa deteriorata o distrutta per evitare di incorrere nella disci-plina della mora del creditore. Il creditore, infatti, potrebbe non avere alcuninteresse residuo a conseguire la prestazione residua, anche in ipotesi in cuinon fosse a sua volta obbligato ad una controprestazione: ad esempio, per-ché incorrerebbe in spese di manutenzione o in forme di responsabilità perdanni. In questo senso – si osserva – sul creditore grava il rischio dell’im-possibilità sopravvenuta ma non anche il rischio delle sue conseguenzedannose. In applicazione dei generali principi di correttezza dovrebbe per-tanto tenersi nel conto anche la persistenza di un interesse del creditoreall’adempimento e impedire che il debitore possa attraverso l’adempimentogravare il creditore di cose prive di qualsiasi utilità residua, imponendoglimagari di incorrere in spese30.

Quanto all’ambito di applicazione della norma, comunemente si ritieneche essa operi con riferimento alle obbligazioni aventi ad oggetto l’aliena-zione di cose o la consegna di cosa determinata. Mentre con riguardo alleobbligazioni generiche e a quelle di fare il debitore è tenuto a prestare beni

26 PERLINGIERI P., op. cit., 519; SGROI, op. cit., 719.27 MOSCO L., op. cit., 436.28 PERLINGIERI P., op. cit., 519; SGROI, op. cit., 719. Afferma MENGONI, op. cit., 277, che una

modificazione qualitativa tale da alterare il bene dovuto determina il venir meno del presup-posto del diritto del creditore ad un adempimento liberatorio, poiché in questo caso opere-rebbe l’art. 1197 c.c. che consente al creditore di recedere dal contratto.

29 PERLINGIERI P., op. cit., 520 s.30 Ibidem.

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o servizi che, seppure qualitativamente diversi, non alterino l’identità eco-nomico-sociale della prestazione31.

L’impossibilità parziale va, infine, distinta dal danneggiamento, che –anche se grave – non libera il debitore. La differenza tra le due ipotesi varicavata dal rapporto tra parte distrutta e parte efficiente32.

Art. 1259 – Subingresso del creditore nei diritti del debitore

[1] Se la prestazione che ha per oggetto una cosa determinata è divenuta

impossibile, in tutto o in parte, il creditore subentra nei diritti spettanti

al debitore in dipendenza del fatto che ha causato l’impossibilità, e può

esigere dal debitore la prestazione di quanto questi abbia conseguito a

titolo di risarcimento.

commento di Guido Smorto

Sommario: 1. Premessa. - 2. Qualificazione giuridica del subingresso del creditore. -3. L’oggetto della prestazione. - 4. Il rapporto tra subingresso del creditore elesione aquiliana del credito. - 5. Il subingresso del creditore nei contratti a pre-stazioni corrispettive.

1. Premessa

L’articolo in commento disciplina l’ipotesi in cui l’impossibilità della pre-stazione sia dovuta al fatto di un terzo estraneo al rapporto obbligatorio.

Il creditore che subisce le conseguenze negative dell’impossibilità hadiritto a quanto in funzione di “surrogato” è entrato, o possa comunqueentrare, nel patrimonio del debitore per effetto dell’impossibilità 1.

L’ambito di applicazione della norma è oramai estremamente ridottoper effetto del principio consensualistico, accolto nel nostro codice civile,

31 BIANCA C.M., op. cit., 540, porta ad esempio il debitore, il quale si sia obbligato a ese-guire una costruzione impiegando i prodotti di una data impresa. In caso di fallimento dell’im-presa – prosegue l’Autore – l’obbligazione dovrà essere eseguita utilizzando prodotti di altremarche con caratteristiche corrispondenti.

32 DI PRISCO, op. cit., 451.

1 BRECCIA, Le obbligazioni, in Tratt. Iudica-Zatti, Milano, 1992, 748.

Art. 1259Guido Smorto

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e per il riconoscimento, consolidato in giurisprudenza, della tutela aqui-liana del credito2.

La ratio della norma è generalmente individuata nel generale principio diarricchimento senza causa ex art. 2041 c.c.3 e talvolta nell’art. 1259 c.c. è statoindividuato il fondamento normativo del principio secondo cui nessuno puòtrattenere il profitto conseguito mediante lesione di un diritto altrui4.

Il legislatore del 1942 ha optato per il subingresso ex lege del creditorenei diritti del debitore, in luogo della cessione obbligatoria di diritti e azionispettanti al debitore, così confermando la soluzione recepita già nel codicedel 18655. La strada della cessione obbligatoria è quella accolta dal codicefrancese e percorsa inizialmente con il Progetto del 1936 (cfr. art. 90). Laragione della scelta è individuata nella stessa Relazione al codice nella piùenergica tutela che il subingresso comporta rispetto ad un’opzione definita,invece, a «lento funzionamento» (nn. 790 ss.).

È necessario che il terzo sia del tutto estraneo alla sfera economica deldebitore, posto che, in caso contrario, opererebbe la responsabilità deldebitore per fatto doloso o colposo dei propri ausiliari ex art. 1228 c.c. 6.

Secondo l’interpretazione più diffusa, l’impossibilità può essere causatanon solamente da fatto illecito del terzo, ma anche da fatti per i quali ilterzo è responsabile ad altro titolo7. Non deve trattarsi, dunque, necessaria-mente di un fatto illecito del terzo che sia fonte di risarcimento in sensostretto, essendo necessario piuttosto che i diritti nascenti dalla sopravve-nuta impossibilità siano “rappresentativi” della prestazione8.

2 Sul punto v. infra il commento al § 4.3 BUSNELLI, La lesione del credito da parte di terzi, Milano, 1964, 201. Sotto l’impero del

codice del 1865, v. GORLA, Del rischio e pericolo nelle obbligazioni, Padova, 1934, 204. Di unaratio di tipo equitativo, consistente nel fatto che corrisponde ad equità «che il terzo, colpitoda un fatto che di fronte a lui raffigurasi come fortuito, liberatorio del suo debitore, trovi unrimedio nella diversa qualificazione – colposa – che il medesimo fatto riveste a favore del suostesso debitore e nella relativa conseguenza giuridica (diritto al risarcimento, a questo spet-tante)», parla DE CUPIS, Il danno. Teoria generale della responsabilità civile, II, 3a ed.,Milano, 1979, 47. In giurisprudenza Cass., 15.11.1955, n. 3740, in Riv. dir. comm., 1956, II, 208.

4 Per una riflessione critica sull’individuazione della ratio della norma v. SACCO, L’arric-

chimento ottenuto mediante fatto ingiusto, Torino, 1959, 158 ss.5 L’art. 1299 c.c. 1865 dispone che: «Allorché la cosa è perita, posta fuori commercio o

smarrita senza colpa del debitore, i diritti e le azioni che gli spettavano riguardo alla mede-sima, passano al suo creditore».

6 Cfr. DE MAURO, Dell’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore,in Comm. Schlesinger, Milano, 2011, 184.

7 Cfr. SACCO, op. cit., 165.8 Afferma BRECCIA, op. cit., 748, che il subingresso nelle pretese di carattere risarcito-

Art. 1259 Libro IV - Titolo I: Delle obbligazioni in generale

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Ove questo si verifichi, il creditore subentra nei diritti del debitore. Siparla, a tal proposito, di commodum repraesentationis vel subrogationis 9.Il diritto del creditore consiste nell’ottenere quanto entrato nel patrimoniodel debitore in qualità di “surrogato” della prestazione rimasta ineseguita10.

In applicazione di tale norma, il creditore può esercitare direttamente idiritti spettanti al debitore nei confronti del terzo ovvero, ove il debitoreabbia già conseguito quanto di propria spettanza a seguito della sopravve-nuta impossibilità della prestazione, può pretendere dal debitore quantoottenuto.

2. Qualificazione giuridica del subingresso del creditore

Quanto al fondamento della disposizione, parte della giurisprudenza edella dottrina afferma trattarsi di surrogazione legale ex art. 1203, n. 5, c.c.Pertanto, il creditore dovrà provare l’esistenza delle condizioni dell’azione,la sussistenza del credito, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione, latitolarità di azioni da parte del debitore nei confronti del terzo11.

Secondo un’ulteriore prospettazione il “subingresso”, lungi dal configu-rare un’azione surrogatoria 12 o una successione nei diritti del creditore,esprimerebbe soltanto una determinazione per relazione del contenutodella pretesa originaria del creditore, posto che esso non presupponel’esistenza in vita del rapporto obbligatorio originario, né richiede che visia un diritto in senso stretto nei confronti del titolare del diritto eserci-tato in via sostitutiva13.

Strettamente legata alla qualificazione dell’istituto in commento è lariflessione sul carattere automatico o meno del subentro del creditore.

Ove si aderisse alla tesi del pieno automatismo, ne discenderebbe che la

rio costituisce «l’ipotesi esemplare» della disposizione in commento, potendo aversi subin-gresso, ad esempio, nel diritto verso l’istituto assicuratore presso il quale la cosa è stataassicurata.

9 BUSNELLI, op. cit., 185; PERLINGIERI P., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi

dall’adempimento, in Comm. Scialoja-Branca, sub artt. 1230-1259 c.c., Bologna Roma, 1975, 523.10 PERLINGIERI P., op. cit., 523.11 In giurisprudenza v. Cass., 19.6.1958, n. 1697, in Banca dati Pluris. In dottrina, da

ultimo v. DE MAURO, op. cit., 186.12 Cass., 19.6.1958, n. 1697, cit.13 PERLINGIERI P., op. cit., 531. In senso critico rispetto alla configurazione come azione

surrogatoria si osserva come una simile azione presupponga l’esistenza del credito per ilquale si agisce e che una tale circostanza non sempre si verifica nel caso in esame. Sul puntov. MOSCO L., Impossibilità sopravvenuta della prestazione, in Enc. Dir., XX, Milano, 1970,434.

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prestazione effettuata dal terzo nei confronti del debitore originario sarebberesa ad un soggetto non legittimato (salvo poi attribuire al pagamento, in viaeccezionale, efficacia liberatoria)14. Diversamente, ove si opti per il caratterenon automatico del meccanismo descritto dalla norma, e quindi per la neces-sità di un “atto di acquisizione” che il creditore dovrebbe compiere per eser-citare il proprio diritto al subingresso, il terzo potrebbe prestare quanto dovutoal debitore originario con efficacia liberatoria, almeno fino al momento in cuiil creditore non eserciti il proprio diritto al subingresso15.

La distinzione, comunque, riveste un’importanza limitata, in considera-zione del fatto che qualsiasi automatismo in tema di diritti di credito nonpuò non distinguere la titolarità del diritto dal suo eventuale esercizio.

3. L’oggetto della prestazione

Nel definire le obbligazioni che ricadono nel raggio d’azione della normain esame, si contendono il campo due opzioni interpretative.

Ad una prima lettura che, a partire dal dato letterale, verifica in rela-zione al tipo e all’oggetto del rapporto obbligatorio il presupposto di appli-cabilità della stessa, limitando l’ambito di applicazione della norma alle soleobbligazioni aventi ad oggetto una cosa determinata 16, se ne contrapponeuna seconda che, nel tentativo di generalizzare il principio espresso dalladisposizione in commento, ne individua il raggio di azione in tutte quelleipotesi in cui il risarcimento sia “rappresentativo” della mancata presta-zione, indipendentemente dal tipo di obbligazione in questione17.

In ogni caso, va rilevato che il principio consensualistico (art. 1376 c.c.)ha – come osservato in apertura – ridotto notevolmente i margini di appli-cazione della norma soprattutto con riferimento alle ipotesi espressamenteammesse dal codice, ossia le prestazioni che hanno per oggetto una cosadeterminata.

14 FEDELE, Il problema della responsabilità del terzo per pregiudizio del credito, Milano,1954, 251.

15 Afferma l’automatismo BUSNELLI, op. cit., 199. Di «automatismo relativo» parla, invece,PERLINGIERI P., op. cit., 532.

16 Afferma SACCO, op. cit., 167, che «la formulazione della legge pregiudica l’estensioneall’obbligo di consegnare una cosa indeterminata fungibile, e con ciò esclude a fortiori lapossibilità di un’estensione alle obbligazioni non aventi ad oggetto una cosa» e limita, per-tanto, ai soli crediti de re certa il principio del subingresso del creditore.

17 A favore dell’applicazione analogica della norma anche ad obbligazioni aventi oggettidiversi dalla prestazione di cosa determinata si dichiara OSTI, Impossibilità sopravveniente, inNoviss. Dig. it., VIII, Torino, 1962, 300. In modo più ampio, v. PERLINGIERI P., op. cit., 521 ss.

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Del resto, tale norma nasce quando era ancora vigente il principio del-l’efficacia obbligatoria dei contratti 18. Mentre, in un sistema nel qualevige, al contrario, il principio del consenso traslativo, la norma non puòtrovare applicazione nelle ipotesi di obbligazioni di consegnare una cosadeterminata, se non in un ristretto numero di ipotesi. Il creditore, infatti,in virtù del principio invocato, è già proprietario del bene oggetto del cre-dito che avrebbe dovuto essergli consegnato. Pertanto su costui grava ilrischio del perimento non imputabile della res. Come tale, egli è anchetitolare dei diritti e dei doveri derivanti dall’impossibilità sopravvenutadella consegna19.

Le uniche ipotesi di obbligazioni aventi ad oggetto una cosa determinatanelle quali potrebbe darsi il caso di un subingresso del creditore nei dirittidel debitore sono quelle in cui vi siano delle obbligazioni di trasferire unacosa determinata (si pensi agli obblighi del mandatario senza rappresen-tanza nei confronti del mandante relativamente all’acquisto di beni immo-bili) ovvero in cui l’efficacia traslativa sia differita nel tempo20.

Con riferimento alle altre obbligazioni, parte della dottrina che si è pro-nunciata sul punto ha ritenuto la norma in commento passibile di interpre-tazione analogica ed ha esteso anche ad altre categorie di obbligazioni ladisciplina del subingresso21.

Aderendo a questa posizione, si osserva che il tenore letterale dellanorma, infatti, non costituisce elemento decisivo, posto che è la stessaRelazione al Re a fare riferimento alla giurisprudenza e alla valutazionedelle circostanze del caso concreto per l’estensione della norma anche«all’infuori delle prestazioni di cose determinate» 22.

Innanzitutto, la norma è stata ritenuta applicabile alle ipotesi di obbliga-zioni aventi ad oggetto un genus limitatum nel caso in cui l’intero genus

sia andato integralmente perito o sia comunque divenuto impossibile per ilcreditore reperirlo23.

18 Sul punto si rimanda alle riflessioni di PERLINGIERI P., op. cit., 524.19 OSTI, op. cit., 300; BUSNELLI, op. cit., 187.20 Di «assenza dell’istantaneità» della relativa vicenda costitutiva, traslativa ecc. parla

PERLINGIERI P., op. cit., 524.21 PERLINGIERI P., ivi, 523.22 Relazione al Re, n. 557: «Si è evitata una espressa generalizzazione dell’art. 1299 del

codice del 1865, che avrebbe potuto dare luogo a seri inconvenienti, lasciando alla giurispru-denza di applicare secondo le circostanze, all’infuori delle prestazioni di cose determinate, lostesso principio che sta alla base del predetto art. 1299».

23 In giurisprudenza v. Cass., 24.6.1972, n. 2135, in Foro it., 1973, I, 99; Cass., 15.11.1955,

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Più complessa è la soluzione con riferimento alle obbligazioni aventiad oggetto una cosa generica e indeterminata ovvero un facere o un non

facere. Sul punto dottrina 24 e giurisprudenza 25 sembrano schierate insenso contrario.

Alla tesi negativa si contrappone chi, individuando nella presenza di«elementi rappresentativi» della prestazione mancata l’elemento decisivo alfine di stabilire l’applicabilità della disposizione in commento, affermal’estensibilità in linea di principio anche alla prestazione di fare o di nonfare. Anche se – si ammette – la possibilità della sussistenza nel patrimoniodi tali elementi rappresentativi è di difficile configurazione in questo tipo diobbligazioni, non si può escludere che il debitore abbia diritto ad un’inden-nità che sia «la rappresentazione, il surrogato della prestazione di fare o dinon fare nei confronti del debitore» 26.

Dubbia è, inoltre, l’applicabilità della norma alle ipotesi in cui oggettodell’obbligazione sia il godimento di un bene (ad esempio, nel comoda-to)27. Anche in questo caso si fronteggia l’opinione negativa di chi ritienela norma applicabile ai soli casi in cui la «prestazione che ha ad oggettocose determinate» riguardi le sole ipotesi nelle quali al creditore siadovuta la proprietà della cosa28, a chi ritiene estensibile la norma anchealle ipotesi in cui oggetto dell’obbligazione sia un diritto personale digodimento29.

n. 3740, in Riv. dir. comm., 1956, II, 208. In dottrina v. DI PRISCO, Altri modi di estinzione, inTratt. Rescigno, IX, Torino, 1984, 453.

24 Cfr. SACCO, op. cit., 167. Ritiene la norma passibile di interpretazione analogica conriferimento alle obbligazioni di dare aventi ad oggetto un genere limitato, mentre si esprimein senso contrario con riguardo alle obbligazioni aventi ad oggetto un fare, BRECCIA, op. cit.,749. Sul punto v. anche BUSNELLI, op. cit., 190 ss.

25 T. Milano, 24.2.1982, in Lavoro 80, 1982, 325. La questione riguardava il pagamento diretribuzioni a dipendenti che non avevano potuto svolgere le proprie mansioni a causa diun’agitazione sindacale. Nel rigettare la richiesta di subingresso del datore di lavoro per l’im-porto delle retribuzioni, formulata nei confronti dei responsabili dell’agitazione, il tribunaleha argomentato in base alla non estensibilità dell’art. 1259 c.c. alle obbligazioni di fare.

26 PERLINGIERI P., op. cit., 526.27 In tema di comodato v. P. Viareggio, 9.7.1962, in Giur. it., 1965, I, 2, 360.28 BUSNELLI, op. cit., 189; LUMINOSO, La tutela aquiliana dei diritti personali di godi-

mento, Milano, 1972, 290.29 SACCO, op. cit., 168; PERLINGIERI P., op. cit., 526.

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4. Il rapporto tra subingresso del creditore e lesione aquiliana del credito

Strettamente connesso con la questione appena trattata è il tema deirapporti tra subingresso del creditore nei diritti del debitore e tutela in viaextracontrattuale della lesione del credito ad opera di terzi.

Prima dell’apertura della giurisprudenza di legittimità alla tutela in viaaquiliana del diritto di credito, la disputa sul contenuto dell’articolo in com-mento si intrecciava con le interpretazioni offerte con riferimento all’ingiu-stizia del danno ex art. 2043 c.c., creando più di un elemento di confusionedel dibattito.

Coloro i quali avversavano la tutela extracontrattuale del diritto di cre-dito individuavano nell’art. 1259 c.c. la disposizione che offriva risposta alleesigenze di tutela che una simile lettura dell’art. 2043 c.c. mancava di offrire.La norma veniva, dunque, invocata come argomento a favore della tesi del-l’esclusione di una tutela aquiliana del credito: l’esistenza di una disposi-zione che prevede il subingresso del creditore nei diritti del debitore prove-rebbe, seguendo questa linea argomentativa, l’inesistenza nel nostroordinamento di un’azione diretta del creditore nei confronti dei terzi. Diver-samente opinando, la norma in commento sarebbe sostanzialmente inutile30.

La stessa Corte di Cassazione, del resto, aveva affermato in precedenzache la disposizione avesse la funzione di «ovviare agli inconvenienti dellamancanza di un’azione diretta, a titolo extracontrattuale, a favore del credi-tore verso il terzo, autore del fatto doloso o colposo, dal quale sia statocagionato l’inadempimento contrattuale del debitore» 31.

Altri Autori, al contrario, tracciavano una netta distinzione tra le due fat-tispecie, distinguendo tra commodum repraesentationis vel subrogationis

ed il diverso fenomeno della risarcibilità del danno del creditore per fattodel terzo32.

Una volta che la tutela aquiliana del credito è divenuta un punto fermonella giurisprudenza di legittimità 33, la questione dei rapporti tra subin-gresso ex art. 1259 c.c. e tutela aquiliana del credito si è spostata sui mar-gini di residua applicabilità della disposizione in commento.

30 Secondo DE CUPIS, op. cit., 81, «la natura del rimedio, consistente nel subingresso in undiritto sorto a favore di un altro soggetto, conferma che il creditore è privo di un originario edautonomo diritto a risarcimento verso il terzo»; FEDELE, op. cit., 202 ss. Per una riflessionecritica sul punto v. BUSNELLI, op. cit., 181 ss.

31 Cass., 15.11.1955, n. 3740, in Riv. dir. comm., 1956, II, 217.32 BUSNELLI, op. cit., 181 ss.; SACCO, op. cit., 160 ss.33 Cass., S.U., 26.1.1971, n. 174, in Foro it., 1971, I, 343.

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La distinzione – si osserva – opera già nei presupposti delle due azioni:mentre l’art. 2043 c.c. presuppone l’illecito aquiliano, la disposizione inesame riguarda in modo più ampio qualsiasi ipotesi di impossibilità soprav-venuta non imputabile al debitore (fatto del terzo, caso fortuito, factum

principis) 34. Ciò che davvero conta, in questa prospettiva, è esclusiva-mente che vi sia un’impossibilità sopravvenuta della prestazione e che, pereffetto di ciò, il debitore ottenga (o abbia ottenuto) un quid che costituiscasurrogato dell’utilità derivante dalla prestazione divenuta impossibile. Né ènecessario che dall’avverarsi della circostanza impediente discenda undiritto al risarcimento in senso stretto, dovendosi includere anche tutti queidiritti “rappresentativi” della prestazione divenuta impossibile (ad esempio,il diritto ad un’indennità di spettanza del debitore)35.

Un ulteriore elemento di differenziazione è stato talvolta individuatonelle obbligazioni oggetto di tutela, ove si reputi che la tutela ex art. 1259c.c. non contempli al proprio interno anche le obbligazioni aventi adoggetto un facere.

Un’altra importante differenza riguarda, infine, la commisurazione delquantum spettante al creditore. Tale aspetto è strettamente collegato aquello relativo alla funzione della norma ed al suo inquadramento siste-matico, posto che il limite del danno subito dal creditore viene in rilievoin relazione all’attribuzione o meno di una funzione indennitaria allanorma in commento36.

Il subingresso del creditore nei diritti del debitore è limitato all’entità deldanno subito dal creditore stesso. Pertanto la misura di quanto il creditorepotrà conseguire per essere indennizzato del danno subito deve essere sta-bilita in relazione a quanto spettante al debitore per effetto dell’impossibi-lità sopravvenuta ed al pregiudizio effettivo37.

In ambito extracontrattuale la pretesa risarcitoria è unicamente com-misurata al danno subito dal creditore per effetto del comportamento delterzo; danno che potrebbe eventualmente essere inferiore a quello deldebitore. Secondo l’opinione dominante, in applicazione dell’art. 1259 c.c.la pretesa del creditore non può comunque eccedere il danno subito dallostesso, anche quando tale danno sia inferiore a quanto spettante al debi-

34 SACCO, op. cit., 165 ss.; BUSNELLI, op. cit., 194. Si pensi, ad esempio, all’indennità diespropriazione.

35 PERLINGIERI P., op. cit., 528 ss.36 SACCO, op. cit., 161.37 Cass., 19.6.1958, n. 1697, cit.; Cass., 15.11.1955, n. 3740, in Riv. dir. comm., 1956, II, 208.

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tore originario per effetto dell’impedimento estintivo 38. Nel caso in cuiquanto ottenuto, oltre che compensare la prestazione divenuta impossi-bile, abbia anche una funzione di ristoro del danno sofferto in proprio daldebitore, creditore e debitore devono ripartire la somma in proporzioneai propri interessi39.

5. Il subingresso del creditore nei contratti a prestazioni corrispettive

È dibattuta l’applicabilità della norma ai contratti a prestazioni corri-spettive.

In linea generale, il creditore pregiudicato dall’impossibilità sopravve-nuta della prestazione è liberato dall’obbligo di effettuare la contropresta-zione e, ove abbia già adempiuto, può ripetere quanto prestato40.

Tuttavia è possibile che egli conservi un interesse specifico ad agire ex

art. 1259 c.c., diverso da quello preso in considerazione dalle norme sulloscioglimento dei contratti a prestazioni corrispettive, e che pertanto abbiaun interesse ad esercitare i diritti in questione. La scelta del subingressoin luogo della ripetizione di quanto prestato può operare, ad esempio, nelcaso in cui la ripetizione della stessa si presenti difficile o addiritturaimpossibile.

In questi casi il creditore dovrà non solamente dimostrare che l’obbliga-zione è divenuta impossibile in dipendenza del fatto del terzo e provare ildanno subito, ma anche allegare l’adempimento della controprestazione ovequesta sia esigibile alla data dell’esercizio del proprio diritto. Non è, per-tanto, possibile agire contemporaneamente per il subingresso ex art. 1259c.c. e rifiutare la controprestazione a causa dell’inadempimento della pre-stazione dovuta al creditore e divenuta impossibile. Le due strade si pon-gono, pertanto, in alternativa.

38 Cfr. PERLINGIERI P., op. cit., 528.39 PERLINGIERI P., ivi, 539.40 Art. 1463 c.c.: «Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la soprav-

venuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve resti-tuire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito».

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