Caratterizzazione drammatica e vocale del personaggio della Regina della Notte dal "Flauto Magico"...

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Scuola di Scienze Umanistiche Dipartimento di Lingue e Culture Moderne Corso di Laurea Triennale in Lingue e Culture Moderne Curriculum Lingue e Letterature Straniere TESI DI LAUREA Caratterizzazione drammatica e vocale del personaggio della Regina della Notte dal “Flauto Magico” di Mozart Relatore Prof. Raffaele Mellace Candidato Andrea Gatto ANNO ACCADEMICO 2012/13

Transcript of Caratterizzazione drammatica e vocale del personaggio della Regina della Notte dal "Flauto Magico"...

Scuola di Scienze Umanistiche

Dipartimento di Lingue e Culture Moderne

Corso di Laurea Triennale in Lingue e Culture Moderne

Curriculum Lingue e Letterature Straniere

TESI DI LAUREA

Caratterizzazione drammatica e vocale del personaggio della

Regina della Notte dal “Flauto Magico” di Mozart

Relatore

Prof. Raffaele Mellace

Candidato

Andrea Gatto

ANNO ACCADEMICO 2012/13

INDICE

Introduzione

La Zauberflöte di W.A. Mozart............................................................................................................................p.1

Capitolo 1: Le fonti letterarie

Thamos re d'Egitto e Lulu o il Flauto Magico...................................................................................................p.3

1.1 Mirza e Thamos, König in Ägypten....................................................................................................p.3

1.2 La fata Perifirime e Lulu oder die Zauberflöte..................................................................................p.4

Capitolo 2: Caratteristiche drammatiche

Il ruolo della Regina della notte nell'opera.…..............................................................................................................p.9

2.1 Le tre apparizioni della Regina.….................................................................................................p.9

2.1.1 Atto I, Scena VI: «Oh non temere, figlio mio!».......................................................p.9

2.1.2 Atto II, Scena VIII: «La vendetta dell'Inferno ribolle nel mio cuore»...............p.11

2.1.3 Atto II, Scena XXX: «E ora zitti, zitti, zitti, zitti!»................................................p.12

Capitolo 3: Dopo Mozart

I seguiti di Goethe e di Winter..................................................................................................................................p.16

3.1 Il frammento di Goethe...............................................................................................................p.16

3.2 Il Labirinto di Schikaneder.............................................................................................................p.18

Capitolo 4: Caratteristiche Vocali

Ovvero ciò che rende così interessante il personaggio sia per lo spettatore che per l'interprete.........................................p.20

4.1 «Oh zittre nicht, mein lieben Sohn!»..........................................................................................p.20

4.2 «Der Hölle Rache kocht in meinem Hertzen»..........................................................................p.22

Capitolo 5: Interpreti

Le voci della Regina..................................................................................................................................................p.25

Bibliografia

Fonti....................................................................................................................................................................... .p.27

Programmi di Sala...................................................................................................................................................p.27

Letteratura Critica...................................................................................................................................................p.28

Videografia..............................................................................................................................................................p.28

Discografia...............................................................................................................................................................p.28

- Introduzione -

- La Zauberflöte di W.A. Mozart -

«Oggi, venerdì 30 settembre 1791, gli attori del privilegiato teatro regio imperiale auf derWieden hanno l'onore di eseguire per la prima volta

Il Flauto Magicogrande opera in due atti di Emanuel Schikaneder»1

Singspiel2 e primo3 (e unico) esperimento di Zauberoper4 di un ormai prossimo alla

morte Mozart, la Zauberflöte vide la scena venerdì 30 settembre 1791, solo un paio di

mesi prima della prematura dipartita del compositore, avvenuta il 5 dicembre di

quell'anno.

Il libretto, dell'impresario e attore Emanuel Schikaneder, narra del percorso iniziatico

di un giovane principe «in uno splendido abito da caccia giavanese»5 di nome Tamino,

al quale la «Regina notturna astrifiammante»6 chiede di salvare la sua bellissima figlia

Pamina – di cui il principe si innamora istantaneamente una volta mostratogliene il

ritratto – dal potere di un “malvagio” che gliel'ha sottratta «un bel giorno di maggio

[mentre] sedeva tutta sola nel salubre boschetto di cipressi»7. Il principe, munito di un

magico flauto donatogli dalle Dame della Regina, parte quindi al salvataggio della

fanciulla in pericolo accompagnato da uno strano personaggio, tutto ricoperto di penne

e piume come un uccello, al quale sono dati invece dei magici campanelli d'argento.

Giunto al palazzo scopre che in realtà il “perfido” sacerdote Sarastro aveva sì rapito la

bella Pamina, ma solo per sottrarla all'influsso malevolo della madre che si scopre

quindi essere la vera “cattiva” della situazione. I due giovani, comunque, se vogliono

sposarsi rimanendo sotto la protezione virilmente benefica e pura della luce del Tempio

1 H. Abert, Mozart, Milano, Il Saggiatore, 1985, p.646.Dalla locandina originale, conservata nel Mozarteum di Salisburgo.

2 Opera, in lingua tedesca, che alterna momenti cantati con momenti solo recitati.3 «Sembra che Mozart abbia esitato ad accettare la proposta per timore di un fiasco, dato che, ancora, non si era

cimentato a comporre un'“opera magica”». A. Einstein, Mozart, Milano, G. Ricordi &Co. Editori, 1951, p.465.4 Letteralmente: “opera magica”, cioè di argomento fantastico.5 M. Beghelli (a cura di), Tutti i libretti di Mozart, Garzanti Editore, 1990 p.599.6 Id. p.602.7 Id. p.608.

1

della Saggezza, devono superare diverse prove prima di poter essere accolti nella

cerchia degli Iniziati al Tempio del culto di Iside e Osiride. La Regina della notte, però,

non demordendo, cerca di utilizzare l'influenza che ha sulla figlia per convincerla ad

uccidere il suo mortale nemico donandole un pugnale. Con questo, la povera fanciulla,

a causa del conflitto interno che l'attanaglia, si sarebbe suicidata se non fosse stata

fermata in tempo. Andate a buon fine tutte le prove, la Regina cerca di risolvere la

questione personalmente insieme alla sua cerchia, alla quale si è aggiunto il nero

Monostatos, ex carceriere della giovane Pamina, che decide di aiutare la «Grande

Regina della notte»8 a perseguire i suoi piani di vendetta a patto che la promessa sposa

del principe venga data in nozze a lui. I loro piani vanno comunque in fumo quando

«tosto l'intera scena si trasforma in un sole»9 e, assistendo alla consacrazione della figlia

e del genero al lucente e sacro mondo luminoso di Sarastro, precipitano «nella notte

eterna»10 quando «i raggi del sole dissipano la notte [e] annullano il potere carpito con

la frode dagli ipocriti»11 sancendo così la fine dell'opera.

La Regina della notte è uno dei personaggi più intriganti e interessanti che mi è mai

capitato di incontrare. Subdola, perfida, cinica e pianificatrice, sa esattamente cosa

vuole e come ottenerlo.

Il mio primo incontro con questo personaggio è nato un pomeriggio di molti anni fa,

quando a una trasmissione pomeridiana per ragazzi fu trasmessa la seconda Aria della

Regina della notte. Era la prima volta che sentivo qualcosa di così bello. Ricordo che

rimasi ammaliato dai quei gorgheggi in sovracuto, i quali non mi hanno più lasciato da

allora. Dall'aria specifica, tramite un percorso à rebours, sono poi venuto a conoscenza

di un'altra aria sempre dello stesso personaggio fin poi a scoprire ed innamorarmi del

Flauto Magico, il quale mi ha spalancato le porte all'opera di Mozart fino alla musica

classica più in generale, che già parzialmente conoscevo, ma che così ho saputo

apprezzare ancora di più.

8 Id. p.659.9 Ibid.10 Ibid.11 Id. p.660.

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Capitolo 1: Le fonti letterarie

- Thamos re d'Egitto e Lulu o il flauto magico -

Innumerevoli sono le fonti e gli spunti da cui ha attinto il Flauto Magico ma è giusto

almeno parlare di Thamos, König in Ägypten e soprattutto di Lulu oder die Zauberflöte, opere

determinanti per la concezione e la caratterizzazione del personaggio della Regina della

notte.

1.1 Mirza e Thamos, König in Ägypten

Meno importante per il nostro personaggio ma di indole più simile alla Regina che la

buona fata Perifirime del Lulu è Mirza, «Istitutrice delle Vergini del Sole»12, ingranaggio

di vitale importanza per lo svolgimento della trama del dramma eroico Thamos, Re

d'Egitto del barone Tobias Philipp von Gebler e musicato da Mozart13.

Pianificatrice della congiura a danno del faraone Thamos14, figlio di Ramesses,

usurpatore del trono di Menes creduto morto, ma che in realtà si è spacciato per anni

per il sacerdote Sethos, Mirza è sicuramente più affine al carattere subdolo della Regina

della notte. Da lei dipendono le Vergini del Sole, tra le quali ci sono la bella Myris e la

nobile Sais. L'istitutrice cercherà in tutti i modi di far diventare Myris la favorita del

Faraone sebbene sia il regnante che Sais si amino a vicenda all'oscuro l'uno dei

sentimenti dell'altra, tutto questo per organizzare una congiura ai danni del sovrano e

poter combinare un matrimonio tra Sais e il proprio nipote Pheron. Solo alla fine il

popolo d'Egitto scoprirà che Sais è in realtà la principessa Tharsis, scampata in fasce

alla morte durante la congiura per l'uccisione del padre, che si scopre essere in realtà

12 T.P. von Gebler, Thamos, re d'Egitto, La Spezia, Agorà Edizioni, 2001, p.2.13 K.345/336, datata intorno al 1779.14 Thutmosis, da come si deduce dall'introduzione del capitolo sul Thamos dal Tutti i libretti di Mozart di Beghelli a

pag. 271. Il fatto che lì sia citato come Thetmos (semplificato in Thamos «per maggiore facilità di pronuncia») non devedestare meraviglia, adottando l'antica lingua egizia una scrittura consonantica. Non ci è dato quindi sapere diquali vocali fossero provvisti il nomi propri dei vari regnanti, i quali per quanto ne possiamo saperepotrebbero avere avuto appellativi molto diversi da quelli con cui siamo abituati a chiamarli oggi.«To put it differently, the Egyptian scribes ignored the vowels in writing»: “Per dirla in un altro modo, gliscribi egizi ignoravano le vocali durante la scrittura”. A. Gardiner, Egyptian Grammar, Oxford, Griffith Istitute,1927, p.9.

3

l'attuale sacerdote del tempio Sethos, il quale successivamente benedirà l'unione della

figlia con il suo amato Thamos, rendendolo erede legittimo di quel trono che Ramesses

aveva preso con la forza.

In questo personaggio troviamo tutto il lato malvagio, subdolo e aggressivo della

Regina della notte. Mirza, non solo sta progettando di soverchiare il regno, ma ci vuole

mettere a capo suo nipote con un freddo e calcolato piano progettato nei più minimi

dettagli durato quasi vent'anni.

«Tu, che sei uomo, regna o muori!»15, questo è l'ammonimento della donna al primo

tentennamento di Pheron, risonante di odio e potere come l'ordine della Regina alla

figlia durante la Scena VIII del II Atto della Zauberflöte: «Kein Wort!»16,«Non una

parola». La frase è completamente diversa ma il senso intrinseco è il medesimo: è lei

che comanda, è lei che ha progettato tutto e Pheron o Pamina che sia, sono soltanto

delle pedine in mano sua, fanno parte della cerchia dei loro affetti, certo, ma nessuno è

indispensabile, soprattutto se l'obiettivo finale è la vendetta, e il raggiungimento del

potere è la vetta da raggiungere.

Allo smascheramento dei propri piani, Mirza, come la madre di Pamina, tenta il tutto

per tutto, perseguendo la vendetta mossa dall'impeto della furia durante l'unione dei

due protagonisti:

([Mirza] afferra la spada di un soldato, Ferone17 sguaina la proprio, entrambi vengonotrattenuti)MIRZA: Ah, neppure questa vendetta! Allora vi colgano tutte le mie maledizioni! Maledizioni più nere di quelle che possono sputare le fauci dell'inferno18.

Soltanto che invece di sprofondare nell'oscurità, preferisce una morte più dignitosa

per mano propria con la spada che aveva appena sottratto alle guardie piuttosto che

diventare prigioniera dell'erede del regnate che lei aveva ucciso con le sue stesse mani.

1.2 La fata Perifirime e Lulu oder die Zauberflöte

Fonte primaria del personaggio della Regina della notte, come del resto della trama

dell'opera stessa, è la favola tedesca Lulu, oder die Zauberflöte19 scritta da August Jacob

15 BEGHELLI, Tutti i libretti di Mozart cit., p.283.16 Id. p.683.17 Pheron nella traduzione nel libro di Beghelli.18 Id. p.327.19 A.J. Liebeskind ( a cura di C. Miglio), Lulu, o il flauto magico, Promezia (Ro), Donzelli Editore, 2000.

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Liebeskind e inclusa da Christhoph Martin Wieland nella sua raccolta di favole

Djinnistan.

In questa favola si narra del principe Lulu che viene incaricato dalla «Fata Raggiante»20

Perifirime di riportarle una bacchetta di fuoco dorata21 sottrattale dal perfido mago

Dilsenghuin22. Come premio egli otterrà il meglio di quanto la fata possieda. Il principe,

grazie ai doni della fata (un flauto magico, che appunto da il nome sia alla favola che

all'opera di Mozart, e un anello che lo può tramutare in vecchio a suo piacimento) e alla

sua astuzia riesce a recuperare la bacchetta e a salvare una giovane fanciulla – di cui

Lulu si innamora perdutamente e dalla quale è piacevolmente riamato a sua volta –

rinchiusa dal mago insieme alle sue ancelle la quale si scopre poi essere la figlia della

regina delle fate Perifirime quindi la ricompensa promessa per la riuscita dell'impresa.

Il personaggio di Perifirime, Fata Raggiante e Regina delle Fate è sicuramente una

delle fonti, anche se diametralmente opposto come indole, del personaggio della

Regina della notte.

Già, solo che l'appellativo di Fata Raggiante23, guadagnatosi grazie ai poteri che le

fanno assumere a suo piacimento innumerevoli forme tra cui la preferita è appunto

quella di «luce radiosa più abbagliante della più chiara luce del sole»24, la ricollega

all'aggettivo «astrifiammante»25 utilizzato da Schikaneder. Tale aggettivo accompagna il

personaggio, soprattutto tramite le battute di servile riverenza di Papageno, per tutta

l'opera. Le figure delle due donne sono però agli antipodi. Perifirime, è descritta come

una fata

tutta vestita di luce [...][dai cui]occhi spandevano in ogni dove fiotti di luce rossastra,come se il sole del mattino, tre volte più brillante di quando sorge dal mare in unagiornata serena, stesse sospeso accecante davanti alla [fronte del principe]”26.

La Regina di Mozart è invece descritta come «Regina notturna»27 oppure si parla

dell'impossibilità dell'occhio umano di «guardare attraverso il suo velo intessuto di

20 Id. p.9.21 In realtà nella traduzione italiana si parla di acciarino, ma delle questioni linguistiche dell'oggetto magico il cui

furto è al centro della storia si parlerà in seguito in questo capitolo.22 “Antenato” di Sarastro, poi confluito per goffaggine e caratteristiche nel personaggio di Monostatos.23 “Strahlende Fee”: fata raggiante, che irradia, splendente.24 Ibid.25 “Sternflammende”: fiammante, brillante, luminosa di e come stelle.26 Id. p.12.27 BEGHELLI, Tutto il teatro di Mozart, cit., p.602.

5

nero»28. Si tratta quindi di colori ed emozioni perfettamente speculari alla figura della

fata, i quali, però, essendo riferiti alla «Große Königin der Nacht»29 non vengono

comunque connotati subito come negativi ma risultano perfettamente coerenti col

personaggio di questa Dea Stellifera associata alle tenebre e alla notte.

Nel primo contatto tra il principe e la fata troviamo un parallelismo con l'incontro di

Tamino con l'Astrifiammante. In entrambi, la figura viene vista come madre sofferente

in cerca di aiuto. Nel Lulu si scoprirà solo alla fine che ella è la madre di Sidi, fanciulla

amata dal principe e prigioniera del mago, anche se lei appella sin da subito il ragazzo

come «figlio mio»30 più volte ispirando «affetto filiale»31 con un solo sguardo

provocando un «brivido divino»32 e suscitando comunque una sorta di timore

reverenziale; la Regina della notte invece si presenta, sin dalla sua prima apparizione

con l'aria n°4, come madre sofferente e con il primo verso dell'aria «Oh zittre nicht,

mein lieber Sohn»33, si rivolge al giovane Tamino già col titolo di «figliolo», cercando in

maniera particolarmente subdola di suscitare un sentimento di pena e di empatia per la

vicenda che sta per esporgli, come se la «madre oppressa»34 di cui il giovane è chiamato

ad «allevïar le pene»35 fosse anche la sua stessa madre. Solo a metà dell'opera rivelerà

invece il suo reale volto.

Le due donne sono entrambe semi divinità o così la loro potenza e il loro rango

fanno in modo che gli altri le vedano: Perifirime, come detto, provoca un «brivido

divino» e un timore reverenziale in Lulu, soprattutto grazie a tutte le voci che giravano

nel popolo su di lei e sull'isolamento nel suo castello desolato – tutti fatti che trovano

giustificazione alla fine della favola – mentre la sua controparte mozartiana, non

venendo mai chiamata ad esempio “fata” è forse più vicina ad essere una vera divinità

sia per caratteristiche che per appellativi, dato che spesso viene chiamata «Göttin»36 e

possiede (o quantomeno possedeva) poteri sovrumani non del tutto derivanti dal

28 Id. p.603.29 “Grande Regina della notte”. Id. 659.30 LIEBESKIND , Lulu oder die Zauberflöte, cit., p.13.31 Ibid. 32 Ibid.33 «Oh non tremar, mio caro figliolo». BEGHELLI, Tutti i libretti di Mozart, cit., p.603.34 E. Schikaneder, Il Flauto Magico, Milano, Ricordi Music Publishing S.p.a., 2006, p.20.35 Ibid.36 “Dea”. Oppure «Göttin der Nacht»: “dea della notte” per esempio da Tamino nell'Atto I. BEGHELLI, Tutti i

libretti di Mozart, cit., p. 603.

6

cerchio solare, ora in possesso del suo nemico Sarastro, dal quale dipendeva la maggior

parte del suo potere.

Parlando di oggetti magici, qui giungiamo ad un altro punto di contatto: l'artefatto

magico, fonte di potere dei due personaggi. La regina delle fate possedeva infatti una

«bacchetta di fuoco dorata»37 mentre la Regina della notte possedeva un Cerchio Solare

– fonte del potere suo e del marito prima della morte di quest'ultimo – prima che il

“cattivo” della situazione, da una parte Sarastro e dall'altra il mago Dilsenghuin, se ne

impadronisse. Anche in questo punto le indoli dei due personaggi, una benefica e una

malevola, cambiano le sorti dei due talismani. La bacchetta di Perifirime le è stata infatti

sottratta con l'inganno dal mago, mentre il «cerchio del sole che tutto distrugge»38

dell'Astrifiammante è in lecito possesso del sacerdote del tempio di Iside e Osiride

perché lascito testamentario del marito della donna al saggio, circostanza diventata poi

la causa della furia omicida della Regina.

Anche i sentimenti delle due donne nei confronti delle loro nemesi sono in contrasto.

Perifirime lascia libero il mago e il nano suo figlio di scappare, dopo una scenetta

comica in cui il mago trasformato in uccello sbatte ovunque in preda al panico

accompagnato dal figlio mutato anch'egli in un rapace notturno, non serbando quindi

rancore per il nemico anche se, ritornando al suo castello con la sua «carrozza di

nuvole»39, gli distrugge l'abitazione «costruita dagli spiriti per durare in eterno, che

[...]crollò con grande fragore, lanciando al proprio posto un enorme mucchio di

polvere e sabbia»40. Il personaggio di Schikaneder, invece, vive per la sua ira,

alimentando e fomentando la sua sete di vendetta preparandosi per quando potrà

trovarsi faccia a faccia con il suo nemico, pronto a perire sotto le proprie grinfie o sotto

quelle della figlia, sentimenti ben testimoniati dalla celeberrima aria «Der Hölle Rache

37 «vergolderter Feuerstabt» : Verga di fuoco placcata d'oro. Nella traduzione consultata si parla di «acciarinod'oro» anche se non si capisce il perché di questa scelta linguistica. La fata è legata agli elementi caldi come laluce, il calore e il sole quindi una bacchetta in suo possesso sarebbe potuta tranquillamente essere infuocatadato che il popolo evitava il suo sguardo, immersa di luce com'era, per non rimanere accecati o privi di senno.Con il fatto che l'oggetto magico in questione facesse scaturire scintille e che le parole “bacchetta infuocata” e“accendino” in tedesco siano nomi composti della parola “fuoco” Feuer è da escludere che potessero trarre ininganno una distratta traduttrice perché nel testo, la bacchetta/acciarino è spesso nominata Stabt (ted.mod.Stab: verga, bastone, bacchetta) quindi si deve presupporre che si tratti di una infelice scelta linguistica che haprivato la nostra regina delle fate della sua “classica” bacchetta magica.

38 BEGHELLI, cit., p. 637.39 LIEBESKIND, cit., p.55.40 Id. p.57.

7

kockt in meinem Hertzen»41, che descrive proprio i sentimenti di odio e vendetta che

ella prova nei confronti di Sarastro.

Il finale delle due storie vede due donne che in comune non hanno più nulla. Una,

rappresentante del bene, vola via sulla sua carrozza di nuvole suonando il flauto magico

e distruggendo la dimora del nemico mentre l'altra, rappresentante del male, si

introduce sì nel Tempio del Sacerdote del Sole ma, rimanendone accecata, viene

rispedita nella «notte eterna»42 alla quale apparteneva per indole perdendo così

definitivamente quella figlia alla quale non era stata in grado di dimostrare l'affetto che

una madre, benché rappresentante del lato più oscuro delle forze male, avrebbe dovuto

darle per diritto.

41 «La vendetta dell'inferno ribolle nel mio cuore». BEGHELLI, Tutti i libretti di Mozart, cit., p. 638.42 Id., p.659.

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Capitolo 2: Caratteristiche drammatiche

- Il ruolo della Regina della notte nell'opera -

Personaggio indispensabile all'intreccio dell'intera opera, la Regina della notte ne è

senza dubbio anche uno dei più complessi ed enigmatici.

Se mettiamo a confronto la prima con la seconda comparsa di questo personaggio (da

ricordare è il fatto che la si incontra solo tre volte in tutta l'opera), ci troviamo davanti a

due Regine che sembrerebbero non avere nulla a che fare l'una con l'altra.

2.1 Le tre apparizioni della Regina

2.1.1 Atto I, Scena VI: «Oh non temere, figlio mio! »

La prima apparizione “fisica” di questo così misterioso ed etereo personaggio

l'abbiamo durante l'atto I tra le scene V e VI:

LE TRE DAMIGELLE: (Tuono) Ella giunge!I monti si squarciano e la scena si trasforma in una splendida sala. Scena sestaLa Regina siede su un trono, adorno di stelle trasparenti43.

La teatralità di questo ingresso è lampante, tutto è studiato per impressionare il

principe: le montagne che si spostano a ritmo di un'introduzione maestosa come ad

indicare che anche la terra si piega al suo volere mettendo lo spettatore in soggezione

rispetto a questo personaggio già avvolto dalla sua aura di mistero. Dall'alto del suo

trono, ella, sempre con ponderatezza e senza scomporsi, chiede al principe Tamino di

non temere questa sibillina apparizione perché lei ha bisogno di aiuto, soltanto egli, con

il suo cuore puro, saggio e devoto potrà aiutarla. Molto brevemente, ma molto

passionalmente con l'inizio dell'Aria vera e propria, espone l'accaduto: la figlia è stata

rapita e solo il principe potrà essere il suo salvatore.

Si tratta di una ingiunzione che non concede replica: alcuni commentatori sottolineanoche risponderebbe naturalmente al ruolo regale di chi la emette»44

In pratica è lei la regina ed è lei che decide. Quest'ordine è incontestabile, dato che la

43 BEGHELLI, Tutti i libretti di Mozart, cit., p.609.44 F. Alfieri, Mozart, Firenze, Milano, Luni Editrice, 2006, p.57.

9

sorgente di tale comando in un lampo viene subito ringhiottita nel nulla dal quale è

arrivata.

Questo momento è ricco di melodrammaticità nel senso più sfacciato del termine.

Tutto è ingigantito, tutto è così pieno di pathos che è impossibile non inginocchiarsi ai

piedi di questa apparizione siderea e non provare empatia per lei. Con molta teatralità

descrive la scena del rapimento: «Ancor vedo il suo tremare» ella dice, «I suoi palpiti,

impauriti/ I suoi sforzi atterriti» aggiunge. «Ah Aiutatemi!»45 mima poi per

suggestionare il principe, inscenando così una pantomima volta commuovere lo

spettatore, particolarmente convincente per giunta46. Chi potrebbe mai sospettare di

una donna che racconta in maniera così straziante con quale crudeltà le è stata

strappata la figlia dalle braccia?

Questa madre affranta dal dolore sta chiedendo sostegno ad un completo sconosciuto

perché il suo «aiuto era [stato] troppo debole»47 per salvare la figlia e non sa cos'altro

fare. Stiamo parlando di uno sconosciuto che durante l'apice della sua virilità è svenuto

di fronte al pericolo, di un estraneo che sarebbe morto non fosse stato per l'intervento

delle sue dame. Quale tipo di aiuto avrebbe potuto darle? L'unica cosa che avrebbe

potuto fare sarebbe stato introdursi nel regno di Sarastro senza destare troppi

sospetti48, null'altro. Nulla di più serve alla Regina. Già da qui si potrebbe capire come

ella non sia proprio dal lato giusto del cielo. Se non è riuscita lei a impedire il rapimento

della figlia, con tutti i suoi poteri magici, certo ridotti rispetto a quando insieme al

marito aveva il «cerchio solare» ma ancora abbastanza forti da renderla in grado di

poter apparire dal nulla spostando delle montagne e palesandosi nella sua sala del trono

fino ad arrivare di fronte a Tamino, per quale motivo dovrebbe affidare tutto nelle

mani di un principe così poco valoroso e assolutamente inaffidabile?

Solo che questo ragionamento dovrebbe confutare a priori quella teoria che molti

studiosi hanno sostenuto per anni, benché sia ormai ampiamente surclassata,

45 BEGHELLI, Tutti i libretti di Mozart, cit., p.609.46 Anche se Mila dice che «Questo non ci autorizza affatto a considerarla indifferente o simulatrice»,

giustificando il momento come un «mettere tra virgolette melodiche le parole di Pamina» (Mila, Lettura delFlauto Magico, Torino, Einaudi, 2006, p.96-7), questa battuta potrebbe tranquillamente essere sia una strategiateatrale per non dover inscenare il rapimento sia una simulazione per incantare lo spettatore e il principe. Unacosa non esclude l'altra.

47 Ibid.48 Esattamente come è successo in Lulu, dato che la fata non poteva andare di persona a recuperare bacchetta e

figlia.

10

riguardante il fatto che la stesura dell'intreccio sia cambiata in corso d'opera per

l'apparizione nei teatri di uno spettacolo analogamente ispirato alla favola Lulu di

Liebeskind ma molto più aderente al testo originale, intitolato Kaspar, der Fagottist, oder:

Die Zauberzither49, andato in scena l'8 giugno 1791 nel bel mezzo della composizione

della Zauberflöte di Mozart. Per molto tempo si è creduto che il voltafaccia della Regina

fosse dovuto al confronto con quest'opera, ma l'ipotesi è stata ampiamente contestata

dalla critica moderna.

2.1.2 Atto II, Scena VIII: «La vendetta dell'Inferno ribolle nel mio cuore »

La seconda apparizione l'abbiamo invece nella Scena VIII del II Atto. La Regina,

«penetrata nascostamente nel Tempio»50 insieme alle sue dame, sembrerebbe star

andando personalmente al salvataggio della figlia, liberandola oltretutto dal nero

Monostatos che era tornato dopo la punizione per avere almeno un bacio – o forse di

più – dalla giovane Pamina.

La scena inizia con la donna che scaccia il capo degli schiavi dal giaciglio della figlia

che nel mentre si sveglia. Dopo una lunga discussione – spesso e volentieri eliminata

dalle messe in scena teatrali ma importantissima per poter comprendere a fondo questo

personaggio – la donna palesa il motivo della sua visita: con Tamino unito agli Iniziati

del tempio di Iside e Osiride, sarà la sua «Unglückliche Tochter»51 a compiere la

missione di uccidere Sarastro; ma al primo tentennamento della ragazza, con l'Aria

n°14 Der Hölle Rache, le intima di ucciderlo oppure non sarà mai più considerata sua

figlia.

Della madre affranta dell'Atto precedente non è rimasto nulla. La donna, colma di

collera, ha perso di vista l'idea della figlia rapita, se mai l'ha avuta veramente, ed è

concentrata solamente sul suo sentimento di vendetta verso il virile potere della Luce,

completamente incurante, se non addirittura compiaciuta, dell'ardua scelta di fronte alla

quale sta mettendo la figlia. Questo è il tipo di astio che l'accompagna per tutto il resto

dell'opera. Si potrebbe pensare che la malvagità della Regina della notte sia

semplicemente una propria “difesa” contro il torto subìto dal marito. Ella ha sì subìto

un torto di stampo maschilista dal marito, il quale ha preferito Sarastro nella consegna

49 “Kaspar, il Fagottista, o: la Cetra Magica”.50 BEGHELLI, Tutti i libretti di Mozart, cit., p.633.51 “Figlia sfortunata”, “Figlia Infelice”. Id, p.637.

11

del Cerchio, poiché questi «lo saprà amministrare da uomo come [il marito ha fatto]

sino ad oggi»52: bisogna però dire anche che durante la stessa battuta in cui la Regina

racconta le ultime parole del marito c'è un momento in cui la sua personalità e la sua

malvagità si palesano in maniera inequivocabile:

REGINA: […] «Donna! La mia ultima ora è giunta - tutti i tesori che ho posseduto sonotuoi e di tua figlia.» - «E il Cerchio del Sole che tutto distrugge», - lo interruppiprecipitosamente, - «È destinato agli iniziati», rispose53.

Mentre sta raccontando a sua figlia le ultime parole del marito morente, ha il coraggio

di dire a Pamina che ha avuto l'ardire di chiedere a suo padre sul letto di morte che fine

farà il Cerchio del Sole, interrompendo quelle che sarebbero potute essere le sue ultime

parole. Da questa battuta s'intuisce come la Regina non abbia mai avuto un momento

in cui non sia stata malvagia, nemmeno in passato. Persino in un momento di tale

pathos, è riuscita a pensare alla propria sete di potere. Non le è mai interessato nulla di

questo ipotetico “Re del Giorno” come non le è mai interessato nulla della figlia, come

si vedrà meglio nel finale: il suo unico scopo è sempre stato la scalata al potere.

L'assenza dell'amuleto del marito rende il suo potere sul mondo una sovranità monca,

una «sovranità notturna ormai priva della complementare potenzialità del giorno; che

era dominio del marito»54 e questo la rende una divinità, se così la vogliamo chiamare,

molto più debole rispetto a quando il Re del Giorno era vivo al suo fianco. Insieme

probabilmente dominavano sulla terra come due divinità, probabilmente una positiva e

una negativa come in molte mitologie, avendo dedotto la malignità intrinseca della

Regina. Un mistero rimane come mai da due individui così potenti sia nata Pamina, che

di sovrannaturale, non ha nulla, ma soprattutto come abbia fatto un ipotetico Re del

Sole così buono e amico di Sarastro a sposare una donna tanto malvagia senza

avvedersi di tale malvagità.

2.1.3 Atto II, Scena XXX: «E ora zitti, zitti, zitti, zitti! »

La terza apparizione l'abbiamo durante il finale – in quello che viene chiamato

“Quintetto della Congiura” – ed è lampante come la Regina non provi sentimenti

d'amore, se mai ne abbia mai provati, per la figlia. In quel momento il quintetto

52 Ibid.53 Ibid.54 E. Schikaneder, Il Flauto Magico, Milano, Ricordi Music Publishing S.p.a., 2006, p.xxx.

12

malvagio dell'opera – formato da lei, le tre dame e Monostatos che si è unito alla sua

causa dopo essere stato colto sul fatto da Sarastro mentre ricattava Pamina – è intento

ad intrufolarsi nel Tempio, per sferrare un attacco al Sacerdote di Iside e Osiride. Il

momento in cui dimostra l'effettivo disinteresse per la figlia, o quantomeno il fatto che

la vendetta le abbia ottenebrato la mente più di quanto essa non lo fosse già, è quando

Monostatos le ricorda la promessa fatta:

MONOSTATOS: Però, Regina! Mantieni la parola! Sii leale! Tua figlia deve essere mia sposa!-REGINA: Io mantengo la parola! È mia volontà: Pamina sarà tua sposa!TRE DAMIGELLE: Sua figlia sarà tua sposa».55

Se qualcuno avesse avuto ancora qualche briciolo di speranza di poter vedere il lato

materno della Regina della notte oppure una sua redenzione, ora l'ha perduta per

sempre. Questa donna si è appena alleata con il seviziatore della figlia,

concedendogliela in sposa per giunta. In questo momento tutto l'istinto materno che

poteva aver avuto è stato cancellato da quel «È mia volontà:/Pamina sarà tua sposa!».

Non è più recuperabile, se mai lo fosse stata e gli unici posti ormai adatti e che si

meritano lei e la sua cerchia sono «la notte eterna»56 e la botola nel quale sprofondano

all'apparire del sole, simbolo del potere luminoso di Sarastro.

2.2 Il nome dell'Astrifiammante

Sulla questione del nome della Regina della notte, non ci sarebbe stato nulla da dire se

gli scrittori sull'argomento avessero seguito un percorso filologico della storia del Flauto

Magico invece di uno prettamente musicale.

Il modo in cui la Regina è citata nella sua maniera più estesa nel libretto si può

rinvenire, per esempio, nell'Atto I Scena II quando Papageno dice:

Sehen? Die sternflammende Königin sehen? Welcher Sterbliche kann sich rühmen, sie jegesehen zu haben? Welches Menschen Auge würde durch ihren schwarzdurchwebtenSchleier blicken können?57

Non molto in realtà si è dibattuto sul nome della donna però in troppi hanno

commesso errori sull'argomento, soprattutto studiosi italiani. Spesso e volentieri la

55 BEGHELLI, Tutti i libretti di Mozart, cit., p.659.56 Ibid.57 «Vedere? Vedere la Regina astrifiammante? Quale mortale può vantarsi di averla mai vista? Quale occhio

umano potrebbe guardare attraverso il suo velo intessuto di nero?» Id. p.603.

13

donna viene appellata come Astrifiammante, parola utilizzata assolutamente con il

valore di nome proprio del personaggio. Così succede per diversi studiosi, per citarne

solo alcuni si pensi a Musto58 o anche solo a Mila59. Anche nei libretti d'opera l'errore è

ricorrente, ad iniziare dalla prima stampa in italiano del 1794 per la rappresentazione di

Dresda tradotto da Giovanni de Gamerra fino ad arrivare alle edizioni più recenti,

come per esempio il libretto di sala del Teatro Carlo Felice di Genova, stampato nel

2012.

L'errore, o l'infelice scelta dei traduttori, potrebbe essere nato direttamente dal

libretto di de Gamerra ed essersi trascinato per inerzia, insinuandosi come un tarlo in

tutti i traduttori italiani che lo hanno preso come punto di riferimento. Essendo il

primo libretto non in tedesco ad essere scritto, il testo non è sempre perfettamente

aderente all'originale di Schikaneder ma probabilmente alla filologia, a una manciata di

anni dalla “prima” di un'opera non si era particolarmente interessati; l'importante era

dare al pubblico ciò che voleva, cioè un'opera che, sebbene nata tedesca, avesse la

musicalità che solo la lingua italiana poteva dare e che caratterizzava e dominava il

mondo dell'opera coeva. Si potrebbe parlare più semplicemente d'un “nomignolo”

insinuatosi dagli albori dell'opera: infatti l'aggettivo è spesso citato all'interno della

locuzione «Astrifiammante Regina della notte», che però con quell'ostinato maiuscolo,

rappresentante in italiano un nome proprio, non rispecchia dunque per nulla quello che

in tedesco è chiaramente un aggettivo. Inoltre in tedesco le maiuscole vengono

utilizzate solo per i nomi, comuni o propri, mentre la parola “sternflammende” è

assolutamente in carattere minuscolo, e quindi potrebbe essere persino un verbo o un

avverbio, ma assolutamente non un nome, né proprio né comune.

Dirò subito che trovo ridicolo il termine «Astrifiammante», usato spesso addirittura comenome proprio, il quale, universalmente accolto nei testi italiani, dovrebbe tradurrel'aggettivo sternflammende che accompagna alcune volte il sostantivo Königin (regina) eche significa “scintillante di stelle”60.

In realtà la regina un nome proprio lo possiede, ed è proprio il librettista a svelarcelo.

Schikaneder ha scritto un seguito del Flauto Magico dopo la morte di Mozart, sull'onda

del successo che aveva avuto con il primo con il nome di Der Zauberflöte zweyter Theil.

58 R.Musto, E. Napolitano, Una favola per la ragione, Napoli, Bibliopolis, 2006, p.81.59 MILA, Lettura del Flauto Magico, cit.,p.85.60 M.Soresina, Mozart come Dante, Bergamo, Moretti & Vitali Editori, 2011, p.53.

14

Das Labyrinth oder Der Kampf mit den Elementen61. In questo contesto, in più momenti

teatrali e canori, la Regina della notte viene chiamata e si appella lei stessa parlando di

sé in terza persona con un nome proprio: Luna.

Questo, fuor da ogni dubbio, conclude la discussione sul nome dell'Astrifiammante.

61 La seconda parte del Flauto Magico. Il Labirinto oppure la Battaglia con gli Elementi.«L'opera [Das Labyrinth oder Der Kampf mit den Elementen] ebbe un grandissimo successo, tanto che Schikanederpensava di darle ancora un altro seguito». Mila, Lettura del Flauto Magico, cit. p.15.Su questo argomento troviamo discrepanza nelle fonti, infatti Kunze riporta che « […] se [Das Labyrinth] diPeter von Winter fallì non fu perché all'autore mancasse il mestiere, ma per il fatto che la sua composizione(peraltro mediocre) entrò in una concorrenza disperata con quella di Mozart». S.Kunze, Il teatro di Mozart,Venezia, Marsilio, 1990, p.684.»

15

Capitolo 3: Dopo Mozart...

- I seguiti di Goethe e di Winter -

Forse non tutti sono a conoscenza del fatto che non uno, ma almeno due seguiti della

Zauberflöte di Mozart sono stati scritti. Il primo, più celebre, soprattutto per il nome

dell'autore, è di Johann Wolfgang von Goethe e solo questo è bastato per far

pubblicare e tradurre anche in tempi recenti quel poco di libretto scritto per esteso e il

canovaccio che lo segue; ovviamente, il libretto essendo incompiuto, mai è stato

musicato né messo in scena. Il secondo, meno celebre ma sicuramente più significativo

per l'originalità della storia è invece quello musicato da Peter von Winter, scritto niente

meno che dal librettista della prima Zauberflöte e andato in scena pochi anni dopo la

morte di Mozart; si potrebbe quindi quasi parlare di seguito “ufficiale” della Zauberflöte.

3.1 Il frammento di Goethe

[...] nelle rappresentazioni, nessun testo salva l'opera se la musica non è riuscita: piuttosto,si scarica sui poeti l'onere del fallimento.62

Goethe è sempre stato un grande estimatore di Mozart e questo, poco tempo dopo la

dipartita dell'amico, lo ha portato a pensare di scrivere un proprio seguito del Flauto

Magico. Propose in una lettera, datata 24 gennaio 1796, la messa in musica della sua idea

al maestro di cappella e compositore Paul Wranizky63 che però, non convinto, non

accettò il lavoro. Il testo, iniziato a scrivere ben prima della lettera al musicista, non

aveva la prerogativa di essere nulla di originale, anzi, voleva costituire appositamente

una continuazione della storia, ripresa esattamente da dove era stata lasciata, seguendo

semplicemente le tracce del libretto di Schikaneder, essendo stato scritto

principalmente per diletto personale dell'autore e per dimostrare l'antica ammirazione

che egli nutriva per l'opera mozartiana anche se sono rimasti comunque alcuni rimandi

massonici anche in quest'opera, come l'adesione di Sarastro all'ordine dei Muratori.

62 Goethe-Sciller, Briefwechsel, p.335, cit. in: J.W.Goethe, Il Flauto Magico, Palermo, Edizioni Novecento, 1986, p.9.63 Wranizky aveva già musicato Oberon, König der Elfen nel 1789. All'interno del cast compariva nientemeno che la

futura prima Regina della notte, Josepha Hofer, cognata di Mozart.

16

Il filo della storia è riannodato poco dopo la fine dell'ultimo atto del Flauto Magico. Il

seguito si apre con il trionfo della Regina della notte che è riuscita a rapire, tramite

Monostatos, il nipote appena nato rinchiudendolo in un sarcofago magico, che dovrà

essere sempre in movimento per poter mantenere il bambino in vita. Alla fine del

frammento, alla liberazione del pargolo dal sarcofago, questo fuoriesce sotto forma di

Genius il quale volerà via senza dare troppe spiegazioni.

Qui la Regina, viene rappresentata sin dall'inizio come solitaria e chiusa in sé stessa:

O Divina! Che abiti nelle grotte,racchiusa in te stessa,Presto regnerai nelle altissime sfere del cielo64

anche se da alcune frasi successive di Monostatos si può intuire come i due siano in

qualche modo uniti, dato che egli la invoca dicendo:

Ascolta il tuo amico! Ascolta il tuo futuro compagno!Cosa ti impedisce, potenza suprema,Cosa ti distoglie, Regina della notte,Dall'abbracciarmi qui adesso!65

La malvagità, benché ti circondi di alleati, non di amici, tende a farti rimanere solo,

infatti la Regina, nell'ambito dello stesso discorso rispondendo all'invocazione di

Monostatos dice:

(fra le nuvole) Chi mi chiama?Chi osa parlare con me?Chi è il temerario che turba codesta quiete?Non sento nulla, tanto sono sola!Il mondo ammutolisce intorno a me.Così dev'essere66.

In queste righe, sembra quasi che dopo aver chiesto chi abbia avuto l'ardire di

disturbare il suo riposo, la Regina parli con se stessa, dispiacendosi della sua solitudine

ma con l'ultimo verso, invece, è come se riprendesse coscienza di sé, capendo in che

posizione si trovi e accettando a malincuore il destino che si è costruita.

La malvagità di questa Regina della notte è molto futile, non sta facendo qualcosa per

64 «O Göttin! Die du in den Grüften/ Verschlossen mit dir selber wohnest,/Bald in den höchstenHimmelsüften» . GOETHE, Il Flauto Magico, cit., p.26-27.

65 «Höre deinen Freund! Höre deinenkünftigen Gatten!/ Wwärtige Macht,/Was hält dich ab, o Königin delNacht,/In diesem Augenblick uns hier zu überschatten». Ibid.

66 «(in der Wolken)./ Wer ruft mich an?/Wer wagt's, mit mir zu sprechen?/ Ich höre nichts - so bin ich dennallein! Die Welt verstummt um mich - so soll es sein.». Ibid.

17

uno scopo, per distruggere qualcuno, ma per pura e semplice cattiveria. Non trarrebbe

nessun beneficio dal rapimento o dalla morte del nipote. Perché mai dovrebbe

interessarle la sofferenza della figlia e del genero? È cattiva, questo è vero, ma nella sua

cattiveria ha sempre dimostrato una certa pianificazione e la ricerca di certo fine, che

qui non si trova. La Regina di Schikaneder è una regina egoista ed egocentrica, la

sofferenza altrui non le interessa se è fine a sé stessa, il discorso è un altro: la Regina

“originale” non si pone limiti, non si cura del fatto che le sue azioni possano far

soffrire gli altri ma l'importante è che esse devono avere un rendiconto personale. Si sta

parlando di sentimenti come quello di vendetta che ella provava per Sarastro: ella lo

voleva morto ma solo perché così avrebbe pareggiato un conto e nondimeno avrebbe

recuperato il potere venutole a mancare con la morte del marito. Non è mai stata

interessata alla sofferenza altrui in sé e per sé, se priva di rendiconto personale.

3.2 Il Labirinto di Schikaneder

Ben diverso è il discorso che si può fare per Der Zauberflöte zweyter Theil. Das Labyrinth

oder Der Kampf mit den Elementen67 scritto da Schikaneder e musicato da Winter. La

prima di questo singspiel ebbe luogo al teatro auf der Wieden il 12 giugno 1798 e vide

recitarvi il librettista stesso ancora come Papageno e Josepha Hofer sempre come

Regina della notte, qui finalmente battezzata Luna.

Il racconto viene ripreso poco dopo la conclusione dell'opera di Mozart. Un nuovo

spasimante di Pamina, Tipheus vecchio amico della Regina, va a chiederla in sposa alla

madre che gli comunica che è già sposata e che insieme combatteranno per riaverla. La

Regina e le sue Dame allora, che stanno tramando vendetta fuori dal palazzo di Tamino

durante i festeggiamenti del matrimonio della novella coppia reale, decidono per

separarli di trasformare due delle sue Dame in Amore e Venere, la terza in un Paggio;

per aiutarle invece la Regina stessa chiede agli Dei della Vendetta di mutarla in una

Sacerdotessa di Osiride per poterli spiare meglio. Il piano sarebbe andato a buon fine e

le Damigelle sarebbero riuscite a sedurre i nuovi regnanti grazie ad una pozione magica

se non si fosse messo in mezzo Sarastro. Dopo che gli sposi hanno dovuto affrontare

la prova del Labirinto, Pamina viene finalmente rapita dalla madre e portata nel suo

67 La seconda parte del Flauto Magico. Il Labirinto o la Lotta con gli Elementi.

18

regno celeste, ma poco dopo viene riportata sulla terra dal flauto magico. Si scatena

allora una guerra tra gli eserciti di Tipheus e Sarastro, il quale alla fine decide che siano i

due eroi a scontrarsi per l'amore della fanciulla. Con Tamino vincitore, l'opera si

conclude con la caduta dello sconfitto nelle fauci di un vulcano ardente mentre Luna e

i suoi seguaci vengono condannati a vivere in eterno incatenati ad una montagna.

Ovviamente qui della madre afflitta della prima parte della Zauberflöte non rimane

assolutamente nulla. Tutto è incentrato sulla sua vendetta, termine molto ricorrente in

tutta l'opera, e sul fatto di dover combinare il matrimonio della figlia con Tipheus.

Finalmente qui la Regina acquisisce un nome proprio, Luna, che viene ripetuto

costantemente per tutta l'opera anche quando non sarebbe necessario, forse per venire

incontro alla curiosità degli spettatori dell'epoca che si erano chiesti come mai la Regina

fosse l'unico personaggio principale senza nome, spogliandola così di

quell'imperscrutabile velo intessuto di nero attraverso il quale nessun mortale avrebbe

potuto rivolgere lo sguardo.

Winter ha cercato di rimanere fedele alle peculiarità sia teatrali che musicali dei

personaggi, infatti, nello specifico caso di Luna, possiamo trovare delle caratteristiche

ricorrenti. Uno dei punti focali del personaggio sono l'utilizzo della parola “vendetta” e

soventi invocazioni e preghiere, colme d'odio e rancore, agli dei della vendetta. Di arie

di coloratura ve n'è solo una: Ha, wohl mir hör es Natur, preceduta da un recitativo

accompagnato. Quest'aria racchiude tutto quello che Winter pensava fosse tipico della

Regina di Mozart, per cercare di non fare sentire agli spettatori della sua opera la

mancanza del musicista deceduto. Si ritrovano i famosi virtuosismi acrobatici che però

ricorrono meno alla glacialità del picchiettato di crome che invece rimane isolato. Deve

aver invece ispirato Winter la lunga successione di Fa in salti di ottava nella seconda

parte dell'Aria n°14 perché le parti di Luna sono colme di questi momenti vertiginosi.

Il famoso fa sovracuto, sempre contrapposto al fa basso di Sarastro, rimane invece

poco evidenziato all'apice di un arpeggio di sincopi in Fa maggiore preceduta da una

scaletta discendente di due ottave partendo dal do sopra il rigo.

19

Capitolo 4: Caratteristiche Vocali

- Ovvero ciò che rende così interessante il personaggio sia per lo spettatore che per l'interprete-

Peculiarità del personaggio, oltre l'indiscussa malvagità, è anche la sua parte vocale.

Il soprano richiesto per questo ruolo deve essere un tipo di cantante particolarmente

capace, perché non solo deve andare in contro ad una parte musicalmente molto

complessa, ma deve unirvi anche una discreta espressione vocale e corporea.

Questo pezzo è stato scritto per quello che viene chiamato un “soprano di

coloratura”. La coloratura implica una grande agilità e di norma un registro

particolarmente acuto, al quale non corrisponde un’analoga estensione verso il registro

grave. Caso particolare è la Regina della notte perché non solo la sua estensione supera

in acuto l'estensione del soprano medio, arrivando fino al temibile Fa5 ma, come se

non bastasse, troviamo anche alcuni Re3: vengono così richieste note raramente

toccate da un normale soprano d'agilità.

Un personaggio così singolare, musicalmente parlando, è stato cucito su misura per

un soprano altrettanto singolare: Maria Josepha Hofer, cognata di Mozart che fu anche

il primo Oberon dell'opera Oberon, König der Elfen del già citato Wranizky.

4.1 «Oh zittre nicht, mein lieben Sohn! »

Questo momento musicale, dotato di organico relativamente ridotto (archi e pochi

fiati aggiunti) e iniziante con un recitativo che da solitamente il nome a questo pezzo 68,

richiede sia una grande espressione drammatica che un'abilità e precisione vocali non

indifferenti.

Il primo momento del recitativo è affidato all'orchestra, che con un ostinato di crome

dei bassi sostiene le sincopi incalzanti degli altri archi, accompagnando il cambio di

scena che necessitava l'apertura, a mo' di sipario, delle montagne retrostanti per far

spazio alla sala del trono della Regina. Quest'introduzione così importante in Allegro

68 Più raramente si può trovare indicato come «Zum Leiden bin ich auserkoren»», «Al dolore sono stata eletta»con il nome della sola aria.

20

Maestoso vuole probabilmente ricreare il movimento del ricco macchinario scenico,

tipico dello “Zauberstück”69, che necessitava probabilmente di un certo tempo per

svelare completamente la scenografia successiva. Dopo un'intensa introduzione

musicale che va ad arricchirsi di colori di battuta in battuta abbiamo finalmente il

recitativo.

“Recitativo” viene espressamente designato nello spartito, e recitativo è, ma sorretto daun nutrito discorso orchestrale e sottoposto a un processo di crescente intensificazionemelodica e armonica70.

Si parla quindi di “Recitativo Obbligato” o “Recitativo Accompagnato”, perché il

Singspiel, essendo nato come genere popolare, aboliva il troppo serioso “Recitativo

Secco” accompagnato al massimo solamente da un basso perché «la presenza di

discorsi recitati toglieva ogni ragione d'essere per la forma sbrigativa del recitativo

secco»71.

Dopo l'Introduzione e il Recitativo in cui la Regina cerca d'ingraziarsi il principe

riempiendolo di complimenti, il Larghetto successivo dà inizio all'aria vera e propria in

cui la Regina spiega il motivo della sua visita. Nulla farebbe presagirebbe l'articolato e

glaciale volteggio pirotecnico della seconda parte: per adesso il discorso è solamente di

tono drammatico, rispecchiandosi in musica nella tonalità di Sol minore. Il discorso

procede molto pacatamente, finché non si arriva ai punti più drammatici del Larghetto: il

primo quando con rabbia viene descritto il «Bösewicht»72 che ha rapito la sua adorata

figliola in cui i violini si gonfiano, prendendo la rincorsa per fare eco alle note che

hanno avuto il coraggio di nominare quel malvagio per poi ridiscendere in caduta libera

insieme a tutti gli archi quasi ad accompagnare il «malvagio [che] fuggì portandola via»73

e sostenendo musicalmente il racconto della donna; il secondo, quando ella con

melodrammaticità rievoca le grida della figlia «Ach helft! Ach helf»74 in cui tutto

l'organico si accompagna al “dolore” della madre, amplificandone l'enfasi con due

accordi colmi di pathos a orchestra piena.

69 Cioè il teatro meraviglioso, teatro magico. È un tipo di messa in scena teatrale molto in voga nel XVII eXVIII secolo in cui i cambi di scena erano “magici”» a vista, con l'aiuto di complessi meccanismi scenici.

70 MILA, Lettura del Flauto Magico, cit., p.94.71 Ibid.72 “Cattivo”, “Malvagio”.73 BEGHELLI, Tutti i libretti di Mozart, cit., p.609.74 «Ah, Aiutatemi!». Ibid.

21

Con i versi successivi, la musica sembra quasi descrivere la perdita di speranze della

Regina, quando ad un tratto, con l'Allegro Moderato, è come se avesse avuto

un'illuminazione: «Du, du, du wirst sie zu befreien gehen»75. L'orchestra si riprende

d'animo nella tonalità di Sib maggiore, tonica della tonalità fondamentale di Mib

maggiore dell'opera, con dei salti di ottava in ritmo puntato seguiti da terzine

ascendenti di biscrome che rimbalzano poi nell'ottava inferiore a quella d'arrivo. Con

l'animo risollevato, l'aria può riprendere con spirito allegro accompagnato dall'ostinato

di crome dei bassi spesso insieme agli altri archi. La coloratura può così avere inizio.

Chi accusa le Arie della Regina di frivolezza per l'ostentazione di abilità vocale della

cantante non potrebbe essere più in errore. Il famoso Fa sovracuto viene finalmente

toccato all'apice di un furioso susseguirsi di sedicesimi che sfumano in picchiettati di

crome per raggiungere il tanto agognato traguardo. In questo caso, a differenza che

nell'altra aria, i sedicesimi di coloratura, strategicamente posizionati sulla “a” di “So sei

sie dann”76, sono sintomo di due tipi di felicità: una fittizia, funzionale a convincere il

principe Tamino d'aver ritrovato le speranze di riabbracciare la figlia, e una vera perché

questo giovane sta avvicinando la Regina a un passo dal compiere la sua vendetta

contro Sarastro. La conclusione è abbastanza sbrigativa: dopo aver promesso la mano

della figlia al ragazzo con delle lunghe minime di portamento fino alla tonica,

l'orchestra, rievocando le scalette di terzine di sedicesimi dell'Allegro Moderato, corre

verso la fine in una discesa vertiginosa di biscrome che si risolvono sulla tonica per

poter concludere con un ribattuto di salti di seconda finendo all'unisono su un pieno

Sib.

4.2 «Der Hölle Rache kocht in meinem Hertzen »

Questa è sicuramente la più celebre delle Aria della Regina della notte, anzi, se non si

specifica di quale aria si stia parlando, dicendo “l'aria della Regina della notte” di solito

si intende proprio questa.

L'aria precedente iniziava sì in maniera maestosa, ma molto pacatamente. Qui, «la

vendetta dell'Inferno» ribolle nel suo cuore e la Regina non ha tempo da perdere. Dopo

neppure una battuta e mezza di tremolo di archi, il canto viene introdotto da un

75 “Tu, tu, tu andrai a liberarla”.76 “Quindi sarà [per sempre tua]”.

22

arpeggio dei bassi portato alla tonica da una fruscio di biscrome. Mentre i bassi

continuano ostinati le loro crome ribattute, l'aria prende forma. La voce viene

riecheggiata e infiorettata dai violini primi che poi andranno a ribattere le note del

soprano. Il picchiettato della voce viene poi sostenuto e amplificato da tutta l'orchestra

che – prima offrendosi come sostegno alla cantante, poi riecheggiandola – riprende

ostinata sulle sue crome puntate mentre la melodia vocale si arricchisce, slanciandosi

nota su nota per avvicinarsi sempre di più al fatidico momento che decreterà il favore o

lo sfavore del pubblico. All'arrivo sulle terribili quartine il soprano viene lasciato quasi

solo, sostenuto solo dai flauti e dall'oboe che completando l'accordo riportano la

cantante alla frase che aveva interrotto iniziando il passo d'agilità. Tutti questi fronzoli

non sono semplici sfoggi di bravura, qui si vede la vera personalità della Regina della

notte. È una donna assetata di vendetta ed è quasi in preda ad una crisi d'isterismo, il

picchiettato che la porta al celebre Fa5 è la manifestazione della sua collera più cupa

che, fredda come il ghiaccio, sferza l'aria quasi cercando di squarciare il cielo notturno.

Come se non bastasse, la ventata di crome picchiettate si ripete, toccando in totale non

una bensì quattro volte quel Fa che è all'apice più estremo delle possibilità canore

umane. Il momento di passaggio tra la prima parte dell'aria e la seconda non è meno

violento del primo segmento. Una ventata di sedicesimi dei violini, travolge

l'ascoltatore come un tornado fino a farlo ritrovare nel secondo momento dell'aria, più

calmo, in verità, ma più angosciante. La Regina ribatte ostinatamente per ventitré volte

un fa medio saltandolo di ottava al termine di ogni periodo mentre, intanto, minaccia di

ripudiare la figlia e di sciogliere tutti i loro legami naturali: Pamina sarà ripudiata e

abbandonata per sempre se non segue gli ordini della madre; sulla parola “Bande”77

abbiamo un nuovo momento virtuosistico seguito da un picchiettato meno vertiginoso.

L'infinita successione di terzine accompagnate sul battere dall'orchestra tutta rispecchia

l'animo angosciato della madre e la perversa meticolosità con cui ha pianificato tutta la

sua rivalsa verso il mondo della luce che non merita il potere solare che il marito

ingiustamente non le ha voluto lasciare. Gli arpeggi di Re minore finali, sempre in

picchiettato che in quest'aria è sinonimo di cieca rabbia e furore, sono anticipati e

rievocati poi dai violini primi per poi essere sostenuti semplicemente dai flauti fino ad

77 “Legame”, in questo caso il legame naturale che lega madre e figlia.

23

arrivare alla maledizione finale. La Regina, al termine dell'Aria è quasi sola. Ogni sua

frase inizia come se fosse stata abbandonata dall'orchestra, che dopo ogni periodo la

riecheggia, con l'aggiunta dei timpani, come fossero tuoni in lontananza provenienti da

un temporale in avvicinamento. Quel terribile “Hört!”78 rivolto agli dei della vendetta

appoggiato prima su due semiminime legate e perforanti poi su una sola è reso più vivo

dalle tremolanti scale di sedicesimi dei violini primi e secondi che, abbandonati poi

dalla sezione più acuta, marciano a pari passo con viole, flauti e oboi, salendo

cromaticamente ripiombando poi sull'ottava sottostante terminando su un severo

accordo di Re minore, come a rimarcare il terribile giuramento fatto dalla Regina

contro la propria figlia.

78 “Udite!”.

24

Capitolo 5: Interpreti

- Le voci della Regina -

Come si è ampiamente discusso prima, per questo ruolo c'è bisogno di bravura ed

espressività teatrale non indifferenti.

I soprani classici che hanno spiccato in tale senso moltissimi sono sicuramente da

ricordare ma qui verranno semplicemente citati solamente Luciana Serra, Diana

Damrau e Lyubov Petrova.

Le interpretazioni di Luciana Serra e di Diana

Damrau79, sono quasi complementari. Entrambi dotati

di innegabile talento, non c'è dubbio però che i due

soprani in questa interpretazione si completino a

vicenda. La Serra, sicuramente con un maggiore

bagaglio di esperienza, ha una tecnica più precisa e

quadrata: durante la coloratura non si limita a volteggiare

da una nota all'altra ma riesce rendere limpida e cristallina

ogni singola nota, anche le più agili e veloci. Diana Damrau

dalla sua invece ha la recitazione ed ovviamente la

possibilità di una migliore interpretazione del testo, in

quanto tedesca. La presenza scenica di questo soprano,

soprattutto quella mimica e facciale è impressionante, tanto che lo spettatore si sente

quasi in soggezione come se fosse lui la figlia alla quale si

stia obbligando di uccidere qualcuno.

Una voce a parte invece è Lyubov Petrova, la quale ha

recitato nel film The magic Flute di Kenneth Branagh del

2006 ambientato durante una fittizia Seconda Guerra

Mondiale. La sua interpretazione della Regina, anche se

79 Si fa riferimento soprattutto, ma non solo, alle messe in scena della Zauberflöte per Luciana Serra a quella del1991 al Metropolitan di New York, per Diana Damrau a quella del 2003 alla Royal Opera House di Londra.

25

Diana Damrau,Royal Opera House, Londra, 2003

Luciana Serra,Metropolitan Opera House, New York, 1991

Lyubov Petrova“The Magic Flute”, 2006

sicuramente aiutata dall'attrezzatura di scena, rende in maniera eccellente l'ira del

personaggio, un'ira che sta sfociando in una crisi d'isterismo che però in questo film ha

un'altra fonte, cioè l'abbandono da parte dell'amato Sarastro invece che il possesso del

cerchio solare. Nella seconda aria del film si parla anche di Sarastro che l'ha sfidata e

che l'ha violata, aggiungendo alla scena il ricordo della donna, giustificando così il

momento d'ira rappresentato dagli acuti della coloratura.

Una citazione più breve, ma più interessante è quella

dedicata a Francesco Divito, sopranista che intende evocare

con sua vocalità l'arte dei cantanti castrati dell’epoca barocca.

La particolarità della sua voce rende le arie della Regina della

notte molto più gelide e fredde, incarnando magnificamente

la superba glacialità quasi sovrannaturale che questo

personaggio emana.

Più particolare, benché nata come cantante classica è invece Patrizia Dioguardi,

soprano italiano che alcuni anni fa è andato a cercare fortuna in Canada. Non

sentendosi completa cantando solo opera, ha deciso di dedicarsi al Rock facendo

principalmente cover di musica classica riscuotendo un e discreto successo.

Ho cambiato il titolo [dell'Aria Der Hölle Rache] a "Rage"(Furia) e il testo, perché quello che m'interessa è la musica e ilsentimento/emozione centrale dell'aria [...] Infatti il videostesso usa questa emozione di Furia per esprimere il miopunto di vista contro una società sempre più fredda, corrotta,avara, corretta politicamente ma falsa... Io vesto come unacontadina povera ed esprimo la mia rabbia contro un mondoche ha perso contatto con le sue radici e i valori umani. Ilpersonaggio della contadina è il più potente perché la suarabbia è vera e pura80.

Senza il benché minimo senso del ritmo o dell'intonazione,

l'ultima della lista ed in questo caso davvero per importanza, è il

soprano Florence Foster Jenkins, divento famoso all'inizio del XX

secolo scorso proprio per la sua completa incapacità canora. Il

suo cavallo di battaglia era appunto l'Aria della Regina della notte.

Questo può farci capire quanto quest'aria possa influenzare le menti proprio per la sua

ipnotica difficoltà, fino a diventare una vera e propria ossessione per le persone.

80 Mi racconta in una mail personale.

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Patrizia, Soprano Rockfoto di repertorio

Florence Foster Jenkins

Francesco Divito,Castello di Margam, Galles, 2007

Bibliografia

Fonti

Partiture:

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Winter, Peter von, Der Zauberfloete zweiter Theil: Das Labyrinth, oder der Kampf mit den Elementen. Eine große Oper vonPeter Winter. Clavierauszug von Johann Henneberg , Bonn, Simrock, s.d., esemplare custodito presso la BayerischeStaatsbibliothek di Monaco, segnatura 2 Mus. pr. 1247.

Winter, Peter von, Schikaneder, Emanuel, Martin, Hans, Henneberg, Johann B. Das Labyrinth (Zauberflöte II.Teil) Oper in 2 Aufzügen: Historisches Aufführungsmaterial der Bayerischen Staatsoper , Handschrift, 1978, esemplarecustodito presso la Bayerische Staatsbibliothek di Monaco, segnatura St.th. 2305-1.

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Libretti:

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Programmi di Sala:

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Idem, Die Zauberflöte, Programma di Sala, Teatro alla Scala, Milano, Stagione d'Opera 2010/2011.Idem, Die Zauberflöte, Programma di Sala, Teatro Carlo Felice, Genova, Stagione d'Opera 2011/2012.

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Letteratura Critica:

Abert, Hermann, Mozart, la maturità 1783-1791, Milano, Il Saggiatore, 1985.Alfieri, Fabrizio, Mozart, Il viaggio iniziatico nel Flauto Magico, Milano, Luni Edistrice, 2006.Borio Almo, Erica, Melos e Pathos: musica, scrittura e sentimento, Firenze, MEF Firenze Atheneum, 2003.Bramani, Lidia, Mozart, massone e rivoluzionario, Milano, Bruno Mondadori, 2005.Brusotti, Roberto, L'eros, la morte e il drammatico nella musica di Mozart, Genova, Il Nuovo Melograno srl, 1997.Dent, Edward J., (a cura di Paolo Isotta) Il teatro di Mozart, Milano, Rusconi, 1981.Einstein, Alfred, Mozart, il carattere e l'opera, Milano, G.Ricordi & c. Editori.Kunze, Stefan, Il teatro di mozart: dalla finta semplice al Flauto Magico, Venezia, Marsilio, 1990.Lo Bue, Salvatore, Lettura del Flauto Magico, Palermo, Centro Internazionale Studi di Estetica, n° 43 Aprile 1995.Mila, Massimo, Lettura del Flauto Magico, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2006.Musto, Renato, Napolitano, Ernesto, Una favola per la ragione: miti e storia nel Flauto Magico di Mozart, Napoli,

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Articoli:

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Buch, David J., Fairy-Tale Literature and “Die Zauberflöte”, Acta Musicologica, LXIV, 1(Jan.-Jun., 1992), pp. 30-49.Handerson, Donald G., The “Magic Flute” of Peter Winter, Music & Letters, LXIV, 3/4 (Jul.-Oct., 1983), pp.193-

205.

Videografia:

Mozart, Wolfgang A., Il Flauto Magico, Kaiser, Carson, Davis, Moi, Pape, Petrova, Regia di Kenneth Branagh,2007, 01 Distribution.

Mozart, Wolfgang A., Die Zauberflote, Battle, Moll, Serra, Kilduff, Arazia, regia di Brian Large, 2000, DeutscheGrammophon

Mozart, Wolfgang A., Die Zauberflote , Davis, Keenlyside, Roschmann, Hartmann, Damrau, regia di DavidMcVicar, 2010, Opus Arte.

Winter, Peter, von, Das Labyrinth (“Der Zauberflöte zweyter Theil”), Christof Fischesser, Julia Novikova, MalinHartelius, Michael Schade, Salzburger Bachchor, Mozarteumorchester Salzburg, Ivor Bolton, regia diAlexandra Liedtke, registrazione dei Salzburger Festspiele 2012, Arthaus, 2012.

Discografia:

Dioguardi, Patrizia, Rage (da W.A.Mozart Der Hölle Rache), I am Patrizia, CD Baby 2012, CD.

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