BLU, VERDE E FULIGGINE I COLORI DELL’ARCHEOLOGIA ALL’ISOLA D’ELBA.

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©Foto Luigi Ruffini Il Laghetto delle Conche - Rio Marina di/by Franco Cambi BLU, VERDE E FULIGGINE I COLORI DELL’ARCHEOLOGIA ALL’ISOLA D’ELBA

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Il Laghetto delle Conche - Rio Marina

di/by Franco Cambi

BLU, VERDE E FULIGGINE I COLORI DELL’ARCHEOLOGIA ALL’ISOLA D’ELBA

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Dicono i geologi che l’Elba, dal punto di vi-sta mineralogico, è una sintesi della geo-diversità continentale. Per questo, appena

possono, portano i loro studenti all’isola per fare de-gli stage. In pochi altri luoghi si trova tanta geologia tanto concentrata. Oltre al granito e ai minerali di ferro c’è molto altro, come si vede visitando il Museo Mineralogico e Gemmologico Luigi Celleri di San Piero, nel cuore dell’Elba occidentale o anche dando un’occhiata al profilo FB del Museo stesso oppure partendo dai “cinquemila elbani” (nel senso di mine-rali) del nuovo Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze. La percezione dei colori, importante ovunque, diviene centrale in un’isola me-diterranea. I colori usualmente associati all’Elba so-no il verde e il blu perché più attraente appare l’isola immersa nella luce di una bella giornata di tramonta-na o di grecale, in cui sono amplificati il timbro sme-raldino delle piante o il cobalto del mare, più che nei toni tenui, grigi, a tratti metallici, dei giorni di sci-rocco. I Greci avevano chiamato l’Elba “Aithale” (co-lor fuliggine) perché l’isola appariva a quegli antichi navigatori come una massa scura sul mare. Avvici-nandosi, si percepiva che lo scuro dell’isola era rotto, qua e là, da una serie di incidenti cromatici: spiagge chiare, rocce rilucenti, promontori bianchi. Questi luoghi erano punti di riferimento preziosissimi per chi navigava senza bussola e senza sestante, potendo contare soltanto sull’osservazione del sole e degli astri e su portolani ormai perduti. Queste anomalie cromatiche erano utili a identificare luoghi ricchi (di acqua, di cibo e di altre risorse), zone abitate da ami-ci/nemici, buoni approdi. Spingendo il ragionamen-to ai limiti, queste macchie di colore potevano segna-re la differenza fra la vita e la morte. I “Capo Bianco” (Portoferraio, Porto Azzurro), la “Punta Bianca” (Capoliveri), la spiaggia delle Pietre Albe (a Pomon-te) si chiamano così probabilmente dalla notte dei tempi. Il bianco riflettente delle rocce di aplite spez-za il verde, il blu e la fuliggine. Gli Elbani del passato remoto sono, dal punto di vista etnico, sfuggenti ma questo non deve meravigliare. In un mare ad alta den-sità di circolazione (uomini, donne, oggetti, tecnolo-gie, idee) una comunità cambiava continuamente. La storia e l’archeologia di questi luoghi fanno capire

che, più che i caratteri fisici di questo o quel gruppo, erano i caratteri culturali a contare. E la cultura (e la lingua) greca erano più visibili e vincenti da vari pun-ti di vista, spesso anche rispetto a grandi imperi, poli-ticamente e militarmente più forti, come quelli per-siani. Ancora più visibili e vincenti furono i mixing fra Greci e popolazioni locali. Analisi condotte sul DNA degli scheletri, in altre zone dell’Italia antica, mostrano che, trascorse tre-quattro generazioni dall’arrivo dei coloni Greci, non esistevano più due gruppi distinti (coloni e autoctoni) ma un’unica co-munità ibrida. La stessa città di Populonia aveva, per gli antichi, una identità poco definita: fondata dai Corsi, colonia di Volterra o strappata ai Corsi dai Vol-terrani? È certo che a Populonia e dintorni i Corsi era-no di casa (vi sono molti oggetti còrsi nelle tombe di Populonia) e che sulla costa e nelle isole la situazione etnica era piuttosto fluida e soggetta a variazioni. Ricerche recenti condotte nella rada di Portoferraio, a Monte Moncione, stanno mostrando che i Corsi frequentarono l’isola assiduamente, almeno a partire dal 1000 a.C., importando anche alcune loro tradi-zioni, come quella di seppellire i morti in grotticelle scavate sotto i massi. L’archeologia dell’Elba raccon-ta la vicenda di un’isola sospesa fra grandi cambia-menti e grandi conservazioni ma sempre, comun-que, esposta ai forti venti della storia: Corsi, Greci, Punici, Etruschi, Romani… Le ricerche che stiamo facendo all’Elba mostrano la notevole ricchezza dell’archeologia elbana e come questa archeologia possa farsi racconto. Tuttavia, l’archeologia moderna va concepita nel contesto della geografia di cui fa par-te: un territorio scaturito dall’operare delle istituzio-ni politiche, un ambiente con propria fisionomia, un paesaggio trasformato dal lavoro di comunità e gene-razioni. L’archeologia elbana emerge ovunque e si ve-de dappertutto. Arrivando con la nave, scorgiamo da lontano profili e cromatismi inconfondibili: il pro-montorio dell’Enfola e il riflesso argenteo di Capo Bianco. Entrando nella rada di Portoferraio abbia-mo a sinistra l’altura delle Grotte e a destra la Lin-guella, ciascuna con una villa romana a coronamen-to, simboli e biglietti da visita di una storia millena-ria. In fondo alla rada c’è la collina del Lazzeretto, se-de di un probabile culto antico (di Ercole?) e

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dell’ultimo, affascinante, monumento di archeolo-gia industriale. I grandi monumenti archeologici dell’Elba attendono ancora una adeguata valorizza-zione e l’apertura di percorsi nella natura, nella storia e nella archeologia, nel verde, nel blu e nel color fu-liggine della costa orientale. Questo matrimonio, fra ambiente e cultura, è un matrimonio che s’ha da fa-re. Il visitatore curioso potrà, tuttavia, trovare molte risposte alle sue domande nei tre musei archeologici dell’isola.

, si staglia sul blu della rada e racconta molte storie. Il Museo è ospi-tato in ambienti costruiti agli inizi del XVI secolo per la conservazione del sale prodotto nelle grandi sa-line della rada, situati all’estremità della Darsena di Portoferraio, sul sottile promontorio suggestiva-mente denominato “La Linguella”. In seguito questi ambienti divennero magazzini della tonnara (situata nel mezzo della rada) e, a partire dal ‘700, trasforma-ti in carcere (fino ai primi del ‘900). La Linguella ven-ne pesantemente danneggiata dal bombardamento alleato che provocò la devastazione dell’intera città nel 1944. All’esterno del Museo sono ancora visibili i resti degli ambienti termali di una lussuosa villa ro-mana, con pavimenti a mosaici policromi. Dopo un lungo periodo medievale, ancora del tutto oscuro, la Linguella viene fortificata con la fondazione di Cosmopolis (1548), imponente cittadella voluta da Cosimo de’ Medici come baluardo contro i pirati tur-chi e barbareschi. Il Museo è diviso in tre sale, dispo-ste su due piani. Al piano terreno, anfore provenienti dai relitti di Patresi, Barbarossa e Montecristo rac-contano le rotte mercantili che interessarono l’Arcipelago a partire dall’VIII secolo a. C.I “ripostigli” di bronzi scoperti a Colle Reciso e a San-ta Lucia testimoniano la vivacità della rada di Porto-ferraio fra l’età del Ferro e l’età etrusca più antica: che rapporti avranno avuto con i “Corsi” di Monte Mon-cione? Nei secoli successivi l’Elba entra a far parte a pieno titolo del territorio di Populonia, che costrui-sce sull’isola numerose fortezze d’altura. Fra queste: il Castiglione di San Martino, incombente sulla loca-lità che ospita la dimora rurale di Napoleone, e il

BLU - IL MUSEO ARCHEOLOGICO DELLA LINGUELLA DI PORTOFERRAIO

Monte Castello di Procchio (Marciana), i cui reperti sono divisi fra i Musei di Portoferraio e di Marciana.Nella vetrina in fondo alla sala le anfore vinarie gre-co-italiche provenienti dal relitto della nave naufra-gata a Cala del Diavolo (isola di Montecristo) nel III secolo a.C., l’ancora di ferro su cui si sono saldate, per le concrezioni marine, alcune coppette a vernice nera e altra suppellettile in bronzo, sono ulteriori con-ferme della centralità del ruolo dell’isola nelle rotte del tempo. Gli oggetti provenienti dai corredi fune-rari della necropoli del Profico (Capoliveri), fra il III e il I secolo a.C., provano l’esistenza di un ceto medio locale discretamente benestante. A partire dalla fine del II secolo a.C. all’Elba si costruiscono ville marit-time destinate all’otium di illustri senatori romani: La Linguella, Capo Castello e Le Grotte. Il commer-cio marittimo del vino italico è testimoniato dalle an-fore vinarie dei relitti di S. Andrea (II-I secolo a.C.). Anche l’Elba fu terra di vino, come sta dimostrando lo scavo dell’edificio rustico situato ai piedi del pro-montorio delle Grotte. L’Ara di Attiano, ritrovata nel-le cave di granito di Seccheto nel 1899, fu dedicata ad Ercole da P. Acilio Attiano, prefetto del pretorio dell’imperatore Adriano durante i primi anni del re-gno. Anfore ed altri oggetti provenienti dai relitti del-le grandi navi onerarie localizzati a Chiessi e a Punta Cera (Porto Azzurro) mostrano l’importanza dell’isola per le rotte marittime di età imperiale.

ristruttura-to e riaperto nel 2002, si staglia sul muro verde di ve-getazione e grigio di granito che sale verso la vetta del Monte Capanne. Il museo racconta la storia del ter-ritorio dell’Elba occidentale. Oltre agli strumenti liti-ci del Paleolitico e del Neolitico, vanno segnalati i ric-chi insediamenti di Madonna del Monte e di Monte Giove (età del Bronzo). All’età del Ferro (VIII secolo a.C.) sono databili le asce del “ripostiglio” di Valle Gneccarina (Chiessi) e i corredi dalle necropoli rupe-stri del Monte Capanne. La suggestiva sezione dedi-cata allo sfruttamento del granito descrive le aree di cava, le tecniche di escavazione e gli strumenti. Due relitti sono stati rinvenuti nella baia di Procchio: una nave oneraria romana che trasportava una grande va-

V E R D E - I L M U S E O C I V I C O ARCHEOLOGICO DI MARCIANA,

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rietà di merci provenienti da tutto il Mediterraneo (vino dalla Gallia, conserve di pesce dalla Spagna, fi-chi africani, pani di zolfo) ed una piccola nave mer-cantile, che trasportava alla fine del ‘700 vasellame in ceramica, forbici in metallo e pietre focaie.

F U L I G G I N E - I L M U S E O C I V I C O ARCHEOLOGICO DEL DISTRETTO MINERARIO DI RIO NELL’ELBA, allestito nell’edificio del Barcocaio, si staglia sul color fuliggi-ne delle miniere di Rio e illustra la storia dello sfrut-tamento dei ricchi giacimenti minerari (soprattutto ferro) della parte orientale dell’isola, dalla Preistoria al Medioevo. Uno degli insediamenti archeologici più affascinanti dell’isola intera è certamente la grot-ta eneolitica di San Giuseppe a Rio nell’Elba, luogo di sepoltura di un villaggio tra la fine del III e gli inizi del II millennio a.C. La popolazione, coinvolta in at-tività di estrazione e commercio del rame, era inseri-ta nelle culture della Toscana meridionale e dell’alto Lazio. Lo studio antropologico dei resti (circa 90 in-dividui) ha analizzato patologie e aspetti nutrizionali di una comunità caratterizzata da un certo benessere. La fiorente attività metallurgica caratterizza anche il periodo compreso tra la fine dell’età del Bronzo e gli inizi dell’età del Ferro, come dimostrano i ricchi ri-trovamenti di San Martino, di Cima del Monte, del Volterraio, di Colle Reciso e di Campo. ?Nella sezione etrusca sono esposti i reperti dei corre-di tombali tardo-arcaici e proto-classici provenienti da tombe a cassone trovate a Le Trane (Portoferraio) e i materiali relativi al grande opificio siderurgico etrusco di San Bennato (Cavo). Per saperne di più, potete consultare il sito web della Provincia di Livor-no: http://www.archeologiaprovincialivorno.it

BLUE, GREEN AND SOOT GRAY

GTHE COLORS OF ARCHEOLOGY ON

THE ISLAND OF ELBA

eologists say that, from a mineralogical po-int of view, Elba embodies the geo-diversity of the entire continent. That is

why the Island is the destination for internships for so many scholars. Few other places can boast such a

concentration of geology. There is much more than granite and iron minerals, though, as testified by the Luigi Celleri Mineralogy and Gemology Museum in San Pietro, located in the heart of western Elba, or by the new Museum of Natural History in the Uni-versity of Florence. The perception of colors, though important anywhere, becomes vital on a Mediterra-

nean island. Elba is usually associated with green and blue, which become more intense when the island is blessed by the sunlight that amplifies the emerald green of the plants and the cobalt blue of the sea, mo-re so than the tenuous colors such as soot gray. Ancient Greeks called Elba by the name of Aithale (soot gray) because that is how the island appeared to the eyes of sailors from a distance: a dark rock stan-ding out in the middle of the sea. Sailing closer to the coastline, though, they realized that the dark was really scattered in spots, interrupted by incident co-lors: the white of the beaches and cliffs, the shimme-ring rocks. These were key reference points for sailors who were unequipped with a compass or a sextant, who could only count on the observation of the sun and the stars for navigating. These chromatic ano-malies were useful for pinpointing spots rich in wa-

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Elba orientale - Laghetto costiero di Terra Nera Porto Azzurro

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ter, food and many other resources, the places inha-bited by friendly people or enemies, as well as good moorings. These patches of color could even serve to tell the difference between life and death. Many of these places, such as the “Capo Bianco” (white cliff ) in Portoferraio and Porto Azzurro, the “Punta Bian-ca” (white tip) in Capoliveri, the beach of Pietre Albe (stones of dawn) in Pomonte have been called by these names since time immemorial. The ethnic origin of the locals is difficult to define with preci-sion; but that is not surprising. In a sea that was den-se with heavy circulation of men, women, objects, technology, and ideas, the community underwent continuous changes. The history and archeology of these places teach us that the cultural traits of these peoples were more meaningful than mere physical traits. Greek culture (and language) was more visible and winning from several points of view and, often, even more powerful than great empires that were po-litically and militarily stronger, such as the Persian. Even more winning, though, was the mix between the Greek and local peoples. Analyses conducted on the DNA of skeletons in other areas of ancient Italy show that two distinct groups (colonists and au-tochthones) no longer existed after three or four ge-nerations after the arrival of Greek colonists but, rat-her, a unique hybrid community. For instance, the town of Populonia, which witnessed to the conquest by the Corsicans (or was it the Volterran people who snatched the island from the Corsicans?!), does not have a well identified origin. Recent research con-ducted in the bay of Portoferraio showed that the Corsicans assiduously landed on the Island of Elba importing their traditions, for example burying the-ir dead inside small grottoes dug beneath the rocks. The archeology of Elba therefore tells of an island su-spended between great changes and long-lasting tra-ditions and always exposed to the great winds of hi-story: Corsicans, Greek, Punic, Etruscans, Ro-mans… The research we are currently carrying out on Elba shows an incredible richness in archeology that must be studied within its geographical frame-work: a territory with distinct features of its own, a landscape transformed by the labor of several com-munities and generations. Archeology emerges and

transpires anywhere on the island. Arriving from the sea, from a distance our eyes are struck by unmista-kable profiles and colors: the cliff of Enfola and the silver reflexes of Capo Bianco. Mooring in the bay of Portoferraio, to the left we see the Grottoes and, to the right, the Linguella, crowned by a Roman villa. To the edge of the bay is the hill of Lazzaretto, once a place of worship (of Heracles?) and, today, the seat of the latest, fascinating monument of industrial arche-ology. The grand archeological monuments still awa-it proper enhancement and the opening of trails amidst the nature, the history and archeology of the island, amidst the green, the blue and the sooty gray of the eastern coast. This union between environ-ment and culture is a wedding that has yet to take pla-ce. Curious visitors may nonetheless find responses to their many questions by visiting any of the three ar-cheological museums on the Island.

, stands out against the blue of the bay and tells many a story. The premises that accommodate the museum date back to the early 16th century, originally built for the storage of the salt produced in the large salt evapora-tion ponds along the bay. Later, the building served as a warehouse for tuna fish and, from the end of the 16th century up until the early 20th century, was used as a jail. The Tower of the Linguella suffered se-rious damage during World War II. Near the tower that accommodates the museum, the remains of the

BLUE - THE ARCHEOLOGICAL MUSEUM OF LINGUELLA IN PORTOFERRAIO

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Dolia con impresso nell’argilla ancora fresca un bollo © F

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thermal baths of a luxury Roman villa can still be se-en, famous for its polychrome mosaic floors. This area was fortified upon the wishes of Cosimo de’ Me-dici in 1548 as a bastion (called the Cosmopolis) to protect the bay against the attacks of Turkish and bar-barian pirates. The Museum is divided into three halls on two stories. The amphorae on display on the ground floor testify to the mercantile routes that af-

fected the Tuscan Archipelago beginning from the 8th century BC. The bronzes come from Colle Reci-so and Santa Lucia; remains from the Iron Age to the Etruscan period that witness to the presence of the Corsicans on the island, arriving probably from Po-pulonia. The Greek-Italic wine amphorae in the glass display were retrieved from the ship wrecked on the island of Montecristo in the 3rd century BC. The objects from the funerary set in the necropolis of Pro-fico (Capoliveri), dating back to the 3rd century BC prove the existence of a quite rich local class within

the community. Beginning from the end of 2nd cen-tury BC, several villas were built on the Island as ‘lei-sure resorts’ for illustrious Roman senators. The mari-time trade of Italic wine - Elba was truly a wine pro-ducing land - is witnessed by the amphorae retrieved from wrecks in Sant’Andrea. The Altar of Attiano, found in the granite quarries of Seccheto in 1899, was dedicated to Heracles by P. Acilio Attiano, a pre-fect under Emperor Adriano. Amphorae and other objects retrieved from the wrecks of large ships te-stify to the importance played by the Island along the mercantile routes during the Imperial period.

, renovated and re-opened to the public in 2002, stands out for its impo-sing granite wall covered with green vegetation clim-bing toward the peak of Mount Capanne. The muse-um tells the story of the western side of the Island. Be-side the remains from the Paleolithic and Neolithic periods, important are the remains from the settle-ments during the Bronze Age (Madonna del Monte and Mount Giove). The suggestive section devoted to the exploitation of granite describes the quarries, the techniques and tools used. Two wrecks were inve-stigated in the bay of Procchio: one Roman ship tran-sporting a great variety of goods from all over the Me-diterranean (like wine from Gallia, preserved fish from Spain, African figs), and one smaller mercantile ship from the end of the 18th century that transpor-ted ceramics, metal tools and flint stones.

SOOT GRAY - THE CIVIC ARCHEOLOGICAL MUSEUM OF THE MINING DISTRICT OF RIO NELL’ELBA, set up inside the building of Bar-cocaio, stands out for its gray colors recalling the quarries of Rio. The objects on display testify to the history of the exploitation of the rich mineral depo-sits (mostly iron) in the eastern side of the Island, from the Prehistoric Age until the Middle Ages. One of the most fascinating archeological sites is undoub-tedly the grotto of San Giuseppe in Rio nell’Elba da-ting back to the Copper Age. The locals were enga-ged in copper extraction and trading activities, the latter being addressed to southern Tuscany and up-

GREEN - THE CIVIC ARCHEOLOGICAL MUSEUM OF MARCIANA

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Spiaggia con la sabbia color nero-fumo - Rio Marina

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per Lazio, as shown by a study on the remains of ap-proximately 90 individuals. This flourishing mining activity also interested the period between the end of the Bronze Age and the beginning of the Iron Age, as testified by the rich retrievals in San Martino, Cima del Monte, Volterraio, Colle Reciso and Campo. The Etruscan section of the Museum displays burial

remains from the late Archaic and Protoclassic pe-riods coming from the tombs in Le Trane (Portofer-raio) and materials relating to the grand Etruscan fer-rous metallurgy site of San Bennato (Cavo). For fur-ther information, please consult the website of the Province of Livorno:http://www.archeologiaprovincialivorno.it

Parco Archeologico Villa Romana delle GrotteLoc. Le Grotte Portoferraio

Facebook parco archeologico villa romana delle grotteinfo + 39 338 5439270 - [email protected]

www.archeocolor.com

Museo Archeologico della Linguella Calata Buccari - Portoferraio

info + 39 0565 944024? (Cosimo de Medici)www.comune.portoferraio.li.it

Museo Civico Archeologico di MarcianaVia del Pretorio, 66 Marciana

info + 39 0565 937371info +39 0565 937248

www.comune.marciana.li.it

Museo Archeologico del Distretto MinerarioTerrazza Barcocaio - Rio nell’Elbainfo + 39 0565 943428 o 943459

www.comune.rionellelba.li.it

Museo Mineralogico e Gemmologico Luigi Celleri di San Piero

San Piero in Campo - Campo nell’Elbainfo + 39 0565 979311

www.comune.camponellelba.li.it

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Uno scorcio dell’Elba occidentaleNatura e archeologia appaiono armoniosamente coniugate

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