Archeologia e archeometria della ceramica ellenistica e romana in Sicilia: per una “politica delle...

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IMMENSA AEQUORA Workshop Ricerche archeologiche, archeometriche e informatiche per la ricostruzione dell’economia e dei commerci nel bacino occidentale del Mediterraneo (metà IV sec. a.C. - I sec. d.C.) Atti del convegno Roma 24-26 gennaio 2011 a cura di Gloria Olcese ESTRATTO

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Ricerche archeologiche, archeometriche e informaticheper la ricostruzione dell’economia e dei commerci

nel bacino occidentale del Mediterraneo(metà IV sec. a.C. - I sec. d.C.)

Atti del convegnoRoma 24-26 gennaio 2011

a cura diGloria Olcese

9 788871 405407

EDIZIONI QUASAR

IMM

ENSA

AEQ

UO

RA

Workshop

ISBN 978-88-7140-540-7

€ 65,00

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Ideazione e coordinamento scientifico Gloria Olcese - www.immensaaequora.com

Redazione scientificaIlaria Manzini

Progetto di copertinaGloria Olcese, Emanuele Gabellini

In copertinaMare di Ischia (fotografia di Andreas Hiener)

Ove possibile sono stati richiesti i permessi di riproduzioni di foto e disegni, si resta comunque a disposizione di eventuali detentori dei diritti che non è stato possibile contattare

ISSN 2240-9831

ISBN 978-88-7140-540-7

© Roma 2013, Edizioni Quasar di Severino Tognon srlvia Ajaccio 43 - 00198 Roma, tel. 0685358444 fax 0685833591e-mail: [email protected] – www.edizioniquasar.it

Volume finanziato grazie ai fondi del MIUR, Progetto FIRB 2005-2011 RBNE03KWMF “Ricostruire i commerci nel Mediterraneo in epoca ellenistica e romana

attraverso nuovi approcci scientifici e tecnologici”

Dipartimento di Scienze dell’Antichità“Sapienza” – Università di Roma

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Ricerche archeologiche, archeometriche e informatiche per la ricostruzione dell’economia e dei commerci

nel bacino occidentale del Mediterraneo (metà IV sec. a.C. - I sec. d.C.)

Atti del convegno Roma 24-26 gennaio 2011

a cura di Gloria Olcese

Immensa Aequora 3

Edizioni Quasar

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The contribution wants to focus the attention of archaeologists, pottery experts, archaeometry experts in implemen-ting a new “research policy” for the activation of research projects involving different actors   in a deep and fruitful collaboration(i.e. Universities, Research Institutes, Museums etc). This path analysis will illustrate some case studies undertaken by CNR - IBAM in Sicily  during the recent years.

keywords: Hellenistic and Roman Sicily, material culture, archaeometry.

1. Per una “politica della ricerca”

L’invito rivolto dagli organizzatori del Convegno ad offrire un contributo sul tema “siciliano” credo debba subito inquadrarsi all’interno di un contesto molto più generale che è quello Mediterraneo nel significato storico-arche-ologico ma è anche quello “internazionale” della ricerca e, forse più correttamente, della “politica della ricerca” messa in campo da noi archeologi per poter costruire quella tanto auspicata rete di relazioni e contatti tra attori diversi che operano nel campo della ceramologia ellenistica e romana. Se definire il primo contesto appare asso-lutamente semplice perché si tratta di un dato storico-archeologico acquisito, più complicato è, invece, definire decisamente il secondo. Facevo prima riferimento ad una “politica della ricerca” perché credo che nel campo in cui noi operiamo sia assolutamente necessario individuare forme di dialogo e di interazione che camminino su binari diversi di una linea ferrata a più diramazioni che congiunge però realtà diverse all’interno delle quali più attori giochino ciascuno un proprio specifico ruolo. Così l’archeologo che ha scavato quello specifico contesto preso in esame, guarderà con attenzione i dati che il ceramologo gli metterà a disposizione e che gli serviranno per consolidare l’impalcatura cronologica dell’area oggetto della ricerca; il ceramologo, invece, trarrà per sé le informazioni di natura tipologica, cronologica, funzionale alle sue ricerche sulla cultura e sulla società indagata; l’archeometra, mettendo a disposizione del ceramologo le sue competenze offrirà un servizio straordinario di conoscenze altrimenti non ricavabile da chi è in possesso di competenze esclusivamente umanistiche; allo stesso tempo, egli accrescerà le sue conoscenze nel settore dell’archeometria, della petrografia, delle tecniche di indagi-ne, etc. Questo mutuo scambio di conoscenze e questa costruttiva forma di dialogo tra saperi diversi e, dunque, tra attori diversi potrebbe continuare all’infinito e potrà reggere fino a quando ciascun attore sarà in grado di dominare il proprio ruolo all’interno dello spazio di manovra a lui assegnato e che lui stesso avrà accuratamente delimitato. Basta, purtroppo, solo che un ingranaggio di un sistema delicato come questo non funzioni perché la ricerca si blocchi, perché tutto si areni, perché intervengano veti incrociati, perché, insomma, si mandi all’aria tutto.Perché questa premessa? perché, capita spesso che l’atteggiamento dell’archeologo/ceramologo è quasi sempre quello di chiedere per avere ed ottenere tutto subito e presto. Chiedere, spesso ai colleghi delle Soprintendenze archeologiche titolati ad effettuare indagini archeologiche sul territorio nazionale, di prendere visione di ma-teriali da loro scavati senza curarsi dell’interesse specifico che lo scavatore di quel contesto ha; oppure, ancora, di campionare materiali senza curarsi di contesti, agendo al di fuori di quel circuito virtuoso cui sopra abbiamo accennato. Tutto ciò, spesso, è causa di rallentamenti alla ricerca, incomprensioni o blocchi totali che nuociono grandemente ai progressi della ricerca stessa. Superare difficoltà di questo tipo, credo, potrà significare molto. Nelle pagine che seguono, illustrando i progetti archeologici ed archeometrici su cui stiamo attualmente lavoran-do in Sicilia, emergerà, spero, il senso di questa azione “politica” che abbiamo voluto mettere in campo. Il tempo e la velocizzazione delle iniziative, l’accesso ai materiali, il dialogo sempre più stringente tra attori diversi delle Università, degli Istituti di ricerca, delle Soprintendenze e dei Musei ci dimostrano che stiamo andando verso la giusta direzione. E su questa linea è opportuno proseguire per recuperare anche il troppo tempo perso negli anni passati.

Archeologia e archeometria della ceramica ellenistica e romana in Sicilia: per una “politica delle ricerca” in direzione di nuovi progetti

Daniele MalfitanaConsiglio Nazionale delle Ricerche - Direttore Istituto per i Beni archeologici e Monumentali, Catania

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2. Le linee d'azione

Focalizzerò da subito l’attenzione su alcune iniziative sulle quali chi scrive ed il gruppo di giovani ricercatori che collabora con me lavorano ormai da tempo¹. Prima di entrare nello specifico dei temi da discutere è op-portuno puntualizzare alcune cose. Mi occupo ormai da parecchi anni di ceramologia ellenistica e romana, tra Oriente ed Occidente, più Oriente che Occidente in verità e mi capita spesso di essere chiamato da colleghi, op-pure di ricevere mail piene di immagini, profili di vasi, sezioni sottili, etc. che mi giungono da parti disparate del Mediterraneo e in cui mi si chiede se quel frammento d’anfora, quel piatto, quella coppa, possano essere definiti “siciliani” in termini di produzione. Spesso, rispondo con un più o meno secco “non lo so”, “devo vedere”, “lasciami controllare”.Ebbene, questo è il primo problema: le produzioni siciliane².Perché parlo di problema? perché spesso capita che quando si analizzano, schedano, classificano, etc. materiali da contesti ellenistici e romani di parti diverse del Mediterraneo – ma soprattutto di area italica, e più in generale di contesti occidentali – quando si incappa in frammenti problematici dove spesso una semplice visione ad occhio nudo o talora anche con microscopio non sembra essere in grado di offrire chiari elementi per una attribuzione certa, c’è l’abitudine, direi sempre più dilagante, di dire: “beh ! probabilmente è produzione siciliana”. E questo, capiamo tutti bene che non fa altro che accrescere le difficoltà che già noi stessi che operiamo in Sicilia abbiamo nell’isolare, con certezza, le specifiche produzioni dell’isola, accrescendo, in maniera esponenziale, om-bre, dubbi, perplessità e, dunque, mantenendo quasi sempre in un limbo oscuro quei manufatti presi in esame. Si, infatti, difficoltà perché neppure chi opera in Sicilia è talvolta in grado di distinguere con certezza una produzione locale da quella importata, sebbene notevoli passi avanti si sono fatti proprio in quest’ultimo decennio: diciamo, in verità, che qualcosa si sta facendo in questi ultimi anni e progetti in corso su cui tornerò più avanti potranno offrire un significativo contributo. Ho fatto questa premessa non certo per dare una giustificazione ai ritardi nel processo di conoscenza dei dati ma per dire, invece, che tutto ciò è da collegare ad una tradizione di studi che ha fortemente privilegiato dall’ultimo cinquantennio lo studio di fenomeni artistici, sociali e culturali della Sicilia greca, coloniale, etc. giungendo, ti-midamente, fino alle soglie dell’ellenismo mentre nulla o quasi è stato mai fatto in direzione di fasi cronologiche successive³. Se dunque conosciamo molto bene le produzioni coloniali, arcaiche e classiche, le ceramiche importate di offi-cine attiche, corinzie, calcidesi, etc. nulla o molto poco sappiamo di produzioni ellenistiche, romane e meno che mai di produzioni tardo romane e alto medievali. È chiaro che una soluzione va trovata: una soluzione che non può vedere, ovviamente, singoli ricercatori armati di grande entusiasmo se questi stessi non sono messi nelle condizioni di operare direttamente sui materiali ma nella logica del gioco di squadra. La recente apertura del secondo piano del Museo Archeologico Regionale di Siracusa⁴ dedicato ad ellenismo e romanità rappresenta – per chi ha avuto modo di visitarlo – uno spaccato stra-ordinario di quello che arriva nell’isola e che qui viene anche prodotto: insomma, una vera e propria “miniera” da cui attingere informazioni e dati veramente di grande importanza, per il ceramologo e per l’archeometra. Ma Siracusa, non è la sola: vorrei ricordare, ad es., i contesti di Tindari recentemente ben editi⁵ ed il restaurato Antiquarium; per non parlare, infine, dei contesti eoliani⁶ che offrono uno spaccato straordinario di quanto arri-vava in Occidente e proseguiva verso Sud, cioè verso la Sicilia o verso Nord, verso il continente italico. Dicevo prima che una soluzione va trovata: non più singole persone, ma un grande gioco di squadra che pos-sa vedere finalmente dialogare mondo della ricerca e mondo della tutela, cioè Università, Enti di ricerca e Soprintendenze. Il progetto di cui parlerò più avanti può rappresentare – neppure io, devo ammetterlo, credevo che potesse raggiungere risultati così importanti ed adesioni totali – un modello di sinergia da sperimentare ed applicare e sul quale puntare se veramente vogliamo far progredire i nostri studi e le nostre ricerche. Attualmente tre sono i filoni di ricerca su cui siamo impegnati: Il primo riguarda la revisione, archeologica ed archeometrica delle produzioni siciliane di “Campana C”: parten-do da un caso-studio intrigante dato dalla Campana C proveniente dagli scavi americani di Morgantina⁷ (Fig. 1). Grazie alla liberalità di Ninina Cuomo di Caprio che ringrazio, abbiamo avviato una revisione dei materiali in Campana C da Morgantina (Fig. 2). L’insediamento produttivo di Morgantina gioca, nel contesto delle produ-zioni isolane di ceramica a vernice nera del tipo “Campana C”, un ruolo decisamente importante. Esso si iscrive all’interno di un modello di economia regionale destinato ad assumere una posizione forte nel sistema econo-mico del mondo romano. Infatti, la conclusione della seconda guerra punica aveva sancito la definitiva presenza

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romana nei territori dell’Italia meridionale e della Sicilia, in particolare, ed aveva, al tempo stesso, con-tribuito a generare il terzo grande “polo” produttivo che si andava così ad aggiungere a quello campano (della “Campana A”) ed a quello centro italico (del-la “Campana B”). Si era così generato un circuito economico e produttivo di straordinaria importan-za e durata che aveva inserito la Sicilia in un con-testo commerciale trans-nazionale determinando ricchi flussi di economie e scambi. Nel volume sulle fornaci di Morgantina, Nini-na Cuomo di Caprio pubblicava diversi gruppi di frammenti in Campana C che presentavano signi-ficativi inclusi di sabbia vulcanica, la cui presenza è stata confermata da analisi archeometriche con sezioni sottili pubblicate in quella sede. A questi esemplari, però, continuano ad affiancarsi prodotti, invece, totalmente privi di tale incluso. Già in quella sede, la Cuomo di Caprio, individuava la possibi-lità, da parte delle officine artigianali locali, di una duplice modalità di rifornimento della materia pri-ma: qualcuno avrebbe utilizzato argilla locale, pri-va quindi di inclusi vulcanici, qualche altro argilla “importata”, probabilmente dalla costa orientale dell’isola dove le concentrazioni vulcaniche sono sicuramente maggiori rispetto al territorio della Si-cilia centrale. Quanto alle ragioni che abbiano spinto i vasai a fare uso di questo particolare digrassante, la cui colora-zione nera poteva costituire un motivo preferenzia-

le di scelta, esse potrebbero essere spiegate all’interno di particolari metodologie di lavorazione, forse: la neces-sità, come penso, di trovare un corretto equilibrio tra l’eccessiva plasticità e l’eccessiva magrezza dell’impasto argilloso. Forse, il vasaio o gruppi di vasai attivi nella città avevano intuito che l’utilizzo della sabbia vulcanica poteva rivelarsi adatta a correggere, in alcuni casi e in specifiche condizioni, la plasticità così da favorire l’essicca-mento del manufatto. Egli dunque ne spolverava un poco sull’impasto argilloso prima della modellazione, il che potrebbe spiegare come mai la sabbia si trovi quasi sempre addensata in alcune parti dei manufatti e manchi in al-tre; o anche che il vasaio utilizzasse la sabbia vulcanica durante le operazioni di rifinitura del vaso al fine di evitare un’eccessiva aderenza al tornio del manufatto stesso. Questo spiegherebbe l’addensamento dei granuli vulcanici riscontrato nel piede di alcuni piatti (Figg. 3-4), granuli che a causa del loro peso tendevano ad accumularsi verso il basso. Le sezioni sottili lasciano chiaramente intendere il movimento e la presenza degli inclusi. Dunque, il problema, archeologico-archeometrico: da dove proviene questa sabbia vulcanica? Certamente essa è estranea all’area geologica di Morgantina dove, per quel che sappiamo, sembrano prevalere argille plioceniche ricche di quarzo, in particolare. Bisogna, allora, guardare altrove: cioè la zona paleovulcanica sud-orientale dell’i-sola. Più recentemente sul problema – ma solo marginalmente – è ritornato Shelley Stone che sta per pubblicare il volume sulla ceramica romana da Morgantina. Sono grato all’autore per le notizie dateci in anteprima. Egli ci ha confermato che numerosi altri esemplari sono stati ritrovati nelle campagne successive e che tutti dimostrano di avere la stessa componente di sabbia vulcanica che caratterizzava gli esemplari già individuati dalla Cuomo di Caprio. Stone sostiene che sono artigiani che si spostano dalla costa orientale della Sicilia ma questo dovrebbe far pensare anche che si portavano la sabbia da utilizzare come componente? E per quale motivo? Perché?Può tutto questo assumere un ruolo importante all’interno di un problema archeologico-archeometrico che con-sidero significativamente aperto? Credo proprio di sì. Nei prossimi mesi faremo partire, d’intesa con i colleghi del Museo archeologico regionale di Siracusa, una campagna di analisi archeometriche su ceramiche in “Campana

Fig. 1: Morgantina: aree produttive.

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C” di provenienza siracusana per capire se in quelle officine sia stato utilizzato il medesimo procedimento tecni-co. Il secondo filone di ricerca riguarda, invece, un progetto avviato nel 2008 quando grazie ad un finanziamento del CNR italiano e del CNRS francese iniziammo, in stretta collaborazione con Michel Bonifay un progetto, archeologico-archeometrico, sulle ceramiche africane presenti in Sicilia⁸.La centralità geografica della Sicilia nel Mediterraneo rende l’isola, come ben sappiamo, punto di snodo di im-portanti assi commerciali tra Oriente ed Occidente, e più in particolare, verso le regioni dell’area tirrenica, del golfo del Leone, o ancora, verso l’Adriatico e, più in generale, verso il Mediterraneo orientale. Le ricerche archeo-logiche condotte dal secolo scorso nell’isola, sia con indagini estensive sul territorio che nelle acque adiacen-ti, hanno permesso di portare alla luce una documentazione straordinariamente importante, relitti soprattutto (ad es. Ognina, Plemmirio B, Trapani) che hanno restituito ceramiche di produzione e provenienza africane. Tuttavia, la concentrazione della ricerca su altri aspetti o su altri contesti regionali del Mediterraneo ha parados-salmente portato a trascurare l’avvio di uno studio sistematico delle testimonianze relative alle importazioni di ceramiche africane nell’isola. L’indagine già avviata e che sta ora muovendo verso una prima conclusione vede il coinvolgimento di archeologi di tutte le Soprintendenze siciliane. I risultati ottenuti potranno colmare lacune e potranno riuscire a determinare con maggiore precisione l’afflusso delle merci dalle regioni africane di produzio-ne all’area isolana di consumo e di redistribuzione. Nell’impostazione generale del progetto è stato previsto un censimento sistematico dei dati ed un’analisi detta-gliata degli stessi analizzati su diversi livelli di lettura indagando, in primo luogo, aspetti archeologici e archeo-metrici, ed in secondo luogo, aspetti di storia economica e sociale all’interno di una arco cronologico lungo oltre sette secoli. La problematica centrale del progetto prende spunto da una serie di osservazioni fatte nel 2004 da Lisa Fentress la quale ha individuato delle marcate differenze nelle presenze di ceramiche africane rinvenute in alcuni siti della costa settentrionale e centro orientale della Sicilia (casi di Monreale e Morgantina) da una parte, e quelle della costa sud occidentale (contrada Mirabile), dall’altra parte. Per spiegare queste divergenze, E. Fentress ha avanzato l’ipotesi di lavoro⁹ che l’approvvigionamento della ceramica africana in Sicilia possa essere avvenu-to almeno attraverso due meccanismi: «Two mechanisms, which are not necessarily exclusive (…) explain these differences. The first is the potential role of cabotage as a distribution mechanism for ARS, given the proximity of Sicily to Africa; and the second is the potential role of Rome as an entrepôt between Africa and the western Mediterranean

Fig. 2: Ceramica a vernice nera da Morgantina.

Figg. 3-4: Sezioni di piatti in ceramica a vernice nera da Morgantina; si noti l’addensamento dei granuli vulcanici nel piede.

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in the redistribution of ARS, given the pivotal role played by Rome in the economy of the Mediterranean». Questa ipotesi, seducente, che dovrà tuttavia essere ulteriormente verificata, apporterà significative novità nel sistema di ricostruzione dei commerci del Mediterraneo in età romana, non solo occidentale ma anche orientale nella considerazione del ruolo «chiave» giocato dalla Sicilia tra le due porzioni del Mediterraneo. Compito dei ricer-catori, italiani e francesi, impegnati nel progetto è dunque quello di cercare di dare conferma a questa ipotesi, ora grazie all’analisi di tutte le produzioni africane (non solo sigillate, ma anche vasi da cucina, lucerne, laterizi, etc.) alla luce di quanto rinvenuto sui siti di consumo della Sicilia; il tutto, ovviamente, inserito all’interno del sistema di rotte marittime che interessavano l’isola a Sud – il canale di Sicilia e le sue isole (Pantelleria, l’arcipelago delle Pelagie e Malta) e a Nord-Est, cioè l’area delle stretto di Messina. Il progetto di cui in questo contesto generale si anticipano alcuni orientamenti è attuato dai due centri di ricerca e dalle rispettive équipes di specialisti coinvolte che ormai da lungo tempo conducono ricerche sugli aspetti storici, economici, sociali quali appaiono riflessi dalle testimonianze delle produzioni artigianali di produzione africana.Terzo ed ultimo filone di ricerca è quello più impegnativo e sul quale stiamo concentrando giovani forze: cercare di mettere un po’ d’ordine nel quadro complessivo di quello che si produceva dal tardo ellenismo alla tarda età romana in Sicilia e quello che qui arrivava¹⁰. È in avanzata fase di stesura – contiamo entro il 2013 di averlo fuori – un volume che vede impegnati numerosi giovani ricercatori. Abbiamo provveduto a passare in rassegna tutti i dati sinora editi che riguardano attestazioni di ceramiche ellenistiche e romane in Sicilia. Abbiamo compiuto un lungo ed estenuante lavoro di traduzione di vecchie informazioni nelle nuove ed aggiornate classificazioni, isolato contesti stratigrafici importanti, isolato contesti produttivi, importazioni, produzioni locali, avviato una faticosa fase – ove possibile – di ricontrollo dei materiali pubblicati. Tutto sta confluendo in un ricco database che verrà aperto sul web in parallelo all’edizione cartacea e dove finalmente, chiunque, potrà agevolmente ricercare cosa viene da Catania, cosa da Agrigento, quali ceramiche, quali anfore, etc. Insomma, un lavoro che abbiamo ritenuto indispensabile per poter cominciare a muoversi con una certa cautela all’interno di un mare magnum finora – lo confesso – per nulla gestibile né im-maginabile.

Fig. 5: Home page del sito web: romansicilyproject.org.

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NOTE

1 Sono impegnati nelle ricerche coordinate da chi scrive: Samuele Barone, Alberto Branca, Giuseppe Cacciaguerra, Annarita Di Mauro, Carmela Franco, Marco Musco, Rosario Pignatello, Placido Sangiorgio.2 Hayes 2006.3 Malfitana 2006.4 Ringrazio la dott.ssa B. Basile, direttrice del Museo ed il suo staff di collaboratori, per la disponibilità mostrata nei confronti delle nostre ricerche e per aver agevolato lo svolgimento delle stesse.5 Leone, Spigo (a cura di) 2008.6 Si vedano le serie Meligunìs Lipàra: Bernabò Brea, Cavalier (a cura di) 1960; Bernabò Brea, Cavalier (a cura di) 1965; Bernabò Brea, Cavalier (a cura di) 1994; Bernabò Brea, Cavalier, Villard (a cura di) 1998a; Bernabò Brea, Cavalier, Villard (a cura di) 1998b; Bernabò Brea, Cavalier (a cura di) 2000; Bernabò Brea, Cavalier, Villard (a cura di) 2001a; Bernabò Brea, Cavalier, Villard (a cura di) 2001b.7 V. Cuomo di Caprio 1992.8 Malfitana, Bonifay, Capelli 2007.9 Fentress et al. 2004, p. 157.10 Il riferimento è al Roman Sicily Project: ceramics and trade. V. www.romansicilyproject.org (Fig. 5). Bibliografia sul tema è in Malfitana et al. 2010; Malfitana, Franco 2011, Malfitana et al. c.s.

ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Bernabò Brea, Cavalier (a cura di) 1960: L. Bernabò Brea, M. Cavalier (a cura di), Meligunìs Lipàra I, La stazione preistori-ca della contrada Diana e la necropoli protostorica di Lipari, Palermo.

Bernabò Brea, Cavalier (a cura di) 1965: L. Bernabò Brea, M. Cavalier (a cura di), Meligunìs Lipàra II, La necropoli greca e romana nella contrada Diana, con la collaborazione di P. Pelagatti, Palermo.

Bernabò Brea, Cavalier (a cura di) 1994: L. Bernabò Brea, M. Cavalier (a cura di), Meligunìs Lipàra VII, Lipari. Contrada Diana. Scavo XXXVI in proprietà Zagami (1975-1984), con contributi di S.L. Agnello, F. Villard. Appendici di S. Verga, M.A. Mastelloni, Ph. Bogard, L. Campagna, M.C. Martinelli, Roma.

Bernabò Brea, Cavalier, Villard (a cura di) 1998a: L. Bernabò Brea, M. Cavalier, F. Villard (a cura di), Meligunìs Lipàra IX, I, Topografia in età greca e Romana, Appendici di M.A. Mastelloni, E. Messina, G. Ancona, A. Ollà, L. Campagna, U. Spigo, Palermo.

Bernabò Brea, Cavalier, Villard (a cura di) 1998b: L. Bernabò Brea, M. Cavalier, F. Villard (a cura di), Meligunìs Lipàra IX, II, Topografia di Lipari in età greca e Romana, La città bassa. Appendici di M.A. Mastelloni, E. Messina, G. Ancona, A. Ollà, L. Campagna, U. Spigo, Palermo, 1998.

Bernabò Brea, Cavalier (a cura di) 2000: L. Bernabò Brea, M. Cavalier (a cura di) Meligunìs Lipàra X, Scoperte e scavi archeologici nell’area urbana e suburbana, studi monografi-ci di A. Sardella, M.G. Vanaria, Ph. Bogard, A. De Filippis,

L.M. Rendina, con contributi di G. Ancona, E. Messina, M. Denaro, Roma.

Bernabò Brea, Cavalier, Villard (a cura di) 2001a: L. Bernabò Brea, M. Cavalier, F. Villard (a cura di), Meligunìs Lipàra XI, I, Gli scavi nella necropoli greca e romana di Lipari nell’area del terreno vescovile, Roma.

Bernabò Brea, Cavalier, Villard (a cura di) 2001b: L. Bernabò Brea, M. Cavalier, F. Villard (a cura di), Meligunìs Lipàra XI, II, Gli scavi nella necropoli greca e romana di Lipari nell’area del terreno vescovile, Roma.

Cuomo di Caprio 1992: N. Cuomo di Caprio, Morgantina studies, 3. Fornaci e officine da vasaio tardo ellenistiche, Princeton.

Fentress et al. 2004: E. Fentress, S. Fontana, R.B. Hitchner et al., Accounting for ARS: Fineware and Sites in S. E. Alcock, J. Cherry (a cura di), Sicily and Africa, in Side by Side Survey, Oxford, pp. 147-162.

Hayes 2006: J. W. Hayes, Le ricerche sulle produzioni regionali e locali della Sicilia romana ed il significato delle importa-zioni ed esportazioni in età romana e paleocristiana, in D. Malfitana, J. Poblome, J. Lund (a cura di), Old Pottery in a New Century. Innovating Perspectives on Roman Pottery Studies. Atti del convegno internazionale di Studi (Catania, 22-24 Aprile 2004), Catania 2006, pp. 423-434.

Leone, Spigo (a cura di) 2008: R. Leone, U. Spigo (a cura di), Tyndaris I, Ricerche nel settore occidentale: campagne di scavo 1993-2004, Palermo.

Malfitana 2006: D. Malfitana, Metodologie, problemi e prospet-tive di ricerca negli studi di ceramologia ellenistica e romana in Sicilia. Un planning per future ricerche tra archeologia e archeometria, in D. Malfitana, J. Poblome, J. Lund (a cura di), Old Pottery in a New Century. Innovating Perspectives on Roman Pottery Studies. Atti del convegno internazionale di Studi (Catania, 22-24 Aprile 2004), Catania 2006, pp. 399-421.

Malfitana, Bonifay, Capelli 2007: D. Malfitana, M. Bonifay, C. Capelli, Un progetto italo francese (CNR-CNRS) per lo stu-dio delle importazioni di ceramiche africane nella Sicilia ro-mana, vandala, ostrogota e bizantina. Problemi archeologici e archeometrici. Status quaestionis, metodologie e percorsi di indagine, in RdA 31, pp. 227-235.

Malfitana, Franco 2011: D. Malfitana, C. Franco, “Archeologia dell’artigianato” nella provincia Sicilia. Nuove prospettive di indagine dal Roman Sicily Project. Ceramics and trade, in T. Nogales, I. Rodà (a cura di), Roma y las provincias. Modelo y difusión, Roma, pp. 79-91.

Malfitana et al. 2010: D. Malfitana, C. Franco, A. Palazzo, G. Di Stefano, G. Fragalà, Un progetto internazionale per uno studio multidisciplinare della cultura materiale della Sicilia romana (“Roman Sicily Project: ceramics and trade”), in D. Malfitana, F. D’Andria, N. Masini, G. Scardozzi (a cura di), Il dialogo dei Saperi. Metodologie integrate per i Beni Culturali, Napoli, pp. 189-240.

Malfitana et al. c.s.: D. Malfitana, G. Cacciaguerra, A. Di Mauro, C. Franco, Archeologia della Sicilia romana, tardo romana e medievale: focus e prospettive di ricerca su documenti, cultura materiale e paesaggi, in I Congreso Internacional so-bre Estudios Cerámicos Congreso Homenaje a Mercedes Vegas (Cadice 2011), c.s.

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